Secondo i dati elaborati dal sito Travel Babbo questa è la classifica delle migliori destinazioni globali per viaggi con bambini. Nella graduatoria rientrano dieci paesi di quattro continenti. Vediamo quali sono.
#10 Croazia (8,3)
Kookay-pixabay – Trogir, Croazia
Meta estiva consolidata dell’Europa sud-orientale, la Croazia apre la top ten con 8,3 punti. Spiagge, città storiche e collegamenti marittimi ne facilitano l’accesso. Servizi turistici in crescita e prezzi contenuti. La costa adriatica resta l’area con maggiore concentrazione di strutture per bambini.
#9 Brasile (8,5)
pixabay – Rio de Janeiro
Con il punteggio di 8,5 si prende la nona posizione il Brasile. Prima destinazione sudamericana in classifica, offre grandi resort lungo la costa e clima favorevole favoriscono il turismo familiare. I flussi si concentrano nelle aree meridionali e nelle destinazioni costiere più attrezzate. Restano criticità su sicurezza e trasporti.
#8 Laos (8,5)
pixabay -igormattio – Laos
Segue il Laos, meta asiatica meno battuta ma in crescita. Offre natura, tranquillità e prezzi contenuti. Servizi essenziali ma considerati adeguati per un pubblico internazionale. L’interesse verso destinazioni meno affollate sta contribuendo alla sua diffusione tra famiglie europee.
#7 Giappone (8,5)
mount fuji-ThuanJapan – Giappone
Settimo posto per il Paese del Sol Levate. Destinazione organizzata, sicura e tecnologicamente avanzata, mette a disposizione collegamenti rapidi e attrazioni adatte anche ai più piccoli. Musei interattivi, quartieri tematici e trasporti puntuali lo rendono adatto a viaggi con bambini. Penalizzato un po’ da distanza e costi elevati.
#6 Portogallo (8,7)
pixabay – Walkerssk – Lisbona, Portogallo
Paese compatto e facilmente percorribile, il Portogallo ha una buona rete di trasporti, prezzi accessibili e clima favorevole. Presenza stabile nel turismo familiare europeo. Lisbona, Porto e l’Algarve concentrano la maggior parte dei servizi dedicati ai nuclei familiari.
#5 Nuova Zelanda (8,8)
MartinStr – pixabay – New Zealand
Destinazione dell’emisfero sud con forte reputazione turistica, la Nuova Zelanda offre paesaggi incontaminati, stabilità e infrastrutture moderne. I collegamenti interni sono efficienti anche su lunghe distanze. Viaggio intercontinentale con tempi di spostamento elevati, compensato da elevati standard di sicurezza e qualità dei servizi, oltre ad un’ampia offerta di esperienze nella natura e in piccoli centri abitati.
#4 Isole Faroe (9,0)
jackmac34 – pixabay – Faroe Islands
Appena fuori dal podio troviamo le Isole Faroe, arcipelago a bassa densità abitativa nell’Atlantico del Nord, con un punteggio di 9,0. Natura incontaminata e tranquillità tra i principali punti di forza, sconta un’offerta contenuta e una stagionalità ridotta. Meta alternativa scelta da chi cerca silenzio, sicurezza e contesti poco affollati.
#3 Francia (9,0)
pixabay – pierre9x6 – Francia
Medaglia di bronzo alla Francia, meta tradizionale del turismo europeo che combina città, campagne, litorali e attrazioni per tutte le età. Disneyland, musei e parchi tematici tra le mete principali, e anche le località di media dimensione offrono un’ampia gamma di attività per bambini. La rete ferroviaria agevola gli spostamenti in tutto il paese.
#2 Italia (9,1)
pixabay – 0xCoffe – Riomaggiore, Liguria, Italia
Prima in Europa occidentale, seconda a livello globale, c’è l’Italia con 9,1 punti. Offerta estesa su tutto il territorio, con mete culturali, naturali e balneari. Distanze contenute, rete di trasporti capillare e strutture ricettive distribuite anche in centri minori. Apprezzata per varietà, accessibilità e presenza di servizi per bambini, consente itinerari brevi con alta concentrazione di attrazioni grazie al suo patrimonio diffuso.
#1 Grecia (9,8)
dimitrisvetsikas1969 – pixabay – Grecia
Guida la classifica mondiale la Grecia, con un punteggio di 9,8. Isole, mare e accoglienza diffusa a costi medi inferiori rispetto ad altre mete europee. Clima stabile e alta concentrazione di strutture turistiche, con destinazioni facilmente raggiungibili da molte città europee. Considerata la più equilibrata per qualità e semplicità d’offerta, ha un’ampia offerta di alloggi familiari su tutto il territorio.
Travel Babbo – Steven’s Geodata Ranking
Appena fuori dalla top ten figurano le Maldive, la Svizzera e la Turchia, nessuna ha superato la soglia di 8,0 nella classifica ufficiale.
Uscita la classifica delle città dove si vive meglio spendendo poco. C’è una gradita sorpresa. Finalmente l’Italia è in testa. Seguita da mete esotiche, città storiche e destinazioni emergenti. La selezione, basata su dati di Seasia Stats e pubblicata da Finance Buzz, premia quindici località su scala globale. Queste le prime dieci.
#10 Hanoi, Vietnam
TisiFo – pixabay – Hanoi
La capitale del Vietnam combina un basso costo della vita con una tradizione millenaria. I trasporti, il cibo e gli affitti hanno prezzi contenuti. La città offre un mix di influenza francese e cultura asiatica. È uno dei centri più dinamici del Sud-Est asiatico, con una qualità dei servizi sanitari privati in crescita.
Costo della vita: 1 100–1 400/mese
#9 Kuala Lumpur, Malesia
Credits: pixabay.com
Centro finanziario e culturale della Malesia, Kuala Lumpur presenta un costo medio della vita nettamente inferiore rispetto alle capitali occidentali. La città è multietnica, moderna, con infrastrutture ben sviluppate. Ristorazione e mobilità interna sono accessibili economicamente.
Costo della vita: circa 1 400 euro al mese
#8 Medellín, Colombia
pixabay – Medellín
Ex simbolo del narcotraffico, oggi Medellín è un esempio di rigenerazione urbana. I costi di affitto e vita quotidiana sono tra i più bassi dell’America Latina. Il clima è stabile e mite tutto l’anno. Presente una forte comunità di expat. Buoni i collegamenti urbani grazie alla metropolitana, alle cabinovie e alle linee di BRT.
Costo della vita: circa 1 500 euro al mese
#7 Città del Messico, Messico
streetartdicts IG – Città del Messico
Con oltre 20 milioni di abitanti, è una delle metropoli più grandi al mondo. Offre costi competitivi su alloggi e servizi. Ricca di storia, musei e gastronomia, ha un’economia locale che consente uno stile di vita accessibile per chi percepisce redditi esteri.
#6 Mumbai, India
Simon – pixabay – Mumbai
Città più popolosa dell’India e cuore dell’industria cinematografica di Bollywood. Mumbai è una destinazione economica per chi è abituato ai prezzi europei. La città è caotica ma piena di opportunità, con una vita culturale intensa, e dove il costo dell’alloggio varia molto in base alla zona.
Costo della vita: 1 500–2 000 euro al mese
#5 Oaxaca City, Messico
navaalan1 – pixabay – Oaxaca
Nota per la sua architettura coloniale e la gastronomia tradizionale. Oaxaca offre uno stile di vita rilassato a costi contenuti. Gli affitti sono economici e il clima temperato. L’artigianato e la cultura indigena sono elementi centrali della vita quotidiana.
Costo della vita: circa 1.750 euro al mese
#4 Bangkok, Thailandia
Credits jezzaaa.c IG – Bangkok
Città con un forte appeal internazionale, grazie ai prezzi bassi e all’offerta di servizi. Bangkok è tra le mete preferite da pensionati e nomadi digitali. I trasporti pubblici sono efficienti, il cibo da strada molto economico. Presente una rete sanitaria privata avanzata.
Costo della vita: 1 800–2 000 al mese
#3 Cebu, Filippine
philippine-pixabay – iricoyh – Cebu
Isola tropicale e città costiera, Cebu unisce natura e costi ridotti. I servizi sanitari e scolastici sono accessibili. È una delle principali destinazioni per l’emigrazione asiatica. La qualità della vita dipende dalla zona scelta per vivere. È una delle città più sviluppate dell’arcipelago.
Costo della vita: 900-1000 euro al mese
#2 Cape Town, Sudafrica
jeanvdmeulen-pixabay – Table mountain Cape Town
Conosciuta per la Table Mountain e le spiagge, Cape Town abbina bellezze naturali e basso costo della vita. Quartieri come Sea Point, Green Point e City Bowl sono privilegiati da expat e remote worker. Il settore sanitario privato è ben sviluppato; internet, coworking e ristorazione internazionale sono accessibili.
Costo della vita: 850-950 euro al mese
#1 Bari, Italia
vinkweb IG
Al primo posto nella classifica delle mete economiche per una vita di qualità troviamo Bari. Il capoluogo pugliese unisce il costo contenuto degli affitti con una rete di servizi pubblici efficiente, un sistema integrato di bus e ferrovie, un centro storico riqualificato e un che porto garantisce collegamenti con Grecia e Albania. Il costo della vita, secondo Seasia Stats, è tra i più bassi d’Europa, senza rinunciare a qualità alimentare, sanitaria o abitativa. La cucina locale, semplice e diffusa, rappresenta un elemento centrale della vita quotidiana. Bari offre anche una crescente proposta culturale, con festival, musei, teatri ed eventi musicali, oltre a un’università frequentata da studenti italiani e stranieri. La presenza del mare, con spiagge raggiungibili anche a piedi dal centro, rappresenta un ulteriore fattore di attrattività.
Costo della vita: 500-700 euro al mese
La classifica ordina secondo il miglior rapporto tra spesa mensile e qualità complessiva della vita. Il costo della vita mensile stimato per ciascuna città: valori indicativi per un singolo adulto, comprensivi di affitto, basati su dati aggregati da Numbeo, LivingCost.org, Expatistan, Seasia Stats e FinanceBuzz.
Milano si sposta in periferia. Questo emerge dai dati sull’incremento di abitanti delle zone di Milano. Vediamo quali sono quelli cresciuti di più negli ultimi cinque anni.
Credits: euromilano.net – Cascina Merlata
#5 Precotto e Turro
Nel Municipio 2 a nord-est, il quartiere è cresciuto rapidamente da ex villaggio agricolo (solo 260 abitanti nel XVIII secolo) a quartiere industriale e residenziale urbano. Oggi ospita circa 30 000–40 000 residenti (incluso Gorla), con un mercato immobiliare in boom (+40 % su prezzi di vendita dal 2020) che va di pari passo alla crescita della popolazione.
#4 Affori e Bovisa
Affori–Bovisa, nel Municipio 9 a nord di Milano, contano circa 40.000 abitanti e hanno visto i prezzi delle abitazioni salire del +41,1 % negli ultimi 5 anni, arrivando a circa € 3 867/m² per le vendite e € 19,11/m² per gli affitti a giugno 2025. Il tessuto urbano è ben servito da trasporti pubblici (M3, Trenord, S-bahn), aree verdi e servizi, offrendo un equilibrio tra identità locale e innovazione urbana.
#3 Forlanini
Nato tra gli anni ’60 e ’70 come zona residenziale pubblica, è caratterizzato da condomini immersi nel verde e fortemente collegato grazie a M4 (stazione Repetti, attiva dal novembre 2022) e all’aeroporto di Linate. Spesso descritto come “oasi tranquilla”, è popolare tra famiglie e pendolari, pur restando poco frequentato da chi non vi abita. Dal punto di vista immobiliare, a Forlanini, quartiere del Municipio 4 a est di Milano, i prezzi di vendita sono aumentati del +42 % dal 2020 al 2025, attestandosi intorno a 3 820–3 844 €/m², con affitti medi tra 16,5–17 €/m²
Al centro del quartiere spicca il vasto Parco Forlanini (inaugurato nel 1970): oltre 300 ettari di verde, laghetti e cascine storiche (Cascina Cavriano, Sant’Ambrogio), con piste ciclabili in espansione verso l’Idroscalo.
#2 Corvetto e Rogoredo
Storicamente dominato dall’edilizia popolare e dall’industrializzazione, la zona si sta trasformando: Corvetto oggi ospita importanti spazi di arte contemporanea (via Romilli, Piazza Angilberto), mentre Rogoredo è divenuto un hub infrastrutturale strategico con stazione FS, M3 e collegamenti AV. Corvetto–Rogoredo, quartiere sud‑orientale di Milano (Municipio 4). Negli ultimi anni ha registrato un boom immobiliare con prezzi in crescita del +43,7 % in cinque anni, arrivando a circa € 4 360/m² in media a giugno 2025, e affitti intorno a € 19/m²
Nel quartiere Cascina Merlata – incorporato nel Municipio 8 di Milano – la popolazione è passata da circa 3.000 abitanti nel 2022 ai 13.000 nel 2025, registrando un incremento di +10.000 abitanti in circa tre anni.Si tratta di uno sviluppo rapido grazie a un mix di fattori:
Profonda riqualificazione post-Expo 2015, con insediamenti residenziali moderni e spazi pubblici.
Connettività di qualità: la linea M1 collega direttamente la zona al centro.
Progetti di “smart city”, con servizi urbani innovativi, dinamismo urbano e prezzi immobiliari ancora relativamente accessibili.
Considerando tutto il quartiere Merlata-Certosa, la percentuale di crescita si riduce al 46% complessivo. Ma sempre al primo posto nel ranking degli ultimi 5 anni.
Ma se si estende il periodo di analisi, qual è il quartiere con il maggior aumento di abitanti di Milano?
# Porta Nuova-Isola: +50% in vent’anni
Maps – Isola
Secondo i dati dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), il quartiere di Milano che ha registrato la maggiore crescita demografica negli ultimi anni è stato quello di Porta Nuova-Isola-Garibaldi. La popolazione del quartiere è aumentata del 48,4% tra il 2001 e il 2021, passando da poco più di 8.000 abitanti a oltre 12.000.
Il Parco Regionale Campo dei Fiori, sopra Varese, si sviluppa tra boschi, vette e cavità naturali. La cima principale raggiunge i 1.227 metri. Sulla vetta si trovano le rovine dell’ex Grand Hotel Campo dei Fiori e l’Osservatorio Astronomico Schiaparelli, ancora attivo per la ricerca e la didattica.
Numerosi i sentieri escursionistici, tra cui quello che collega il Sacro Monte di Varese alla cima. Le grotte carsiche presenti nella zona sono visitabili con guide specializzate. Il parco è dotato di aree attrezzate e punti panoramici. Il paesaggio cambia visibilmente tra le stagioni.
#2 Santa Maria Foris Portas: gli affreschi altomedievali Patrimonio Unesco
mela249 IG – Santa Maria Foris Portas
A pochi chilometri da Varese, nel comune di Castelseprio, si trova la chiesa di Santa Maria Foris Portas, uno degli esempi più rari di pittura paleocristiana altomedievale in Europa. Il sito, Patrimonio UNESCO, è immerso nel verde, lontano dai centri abitati.
L’edificio, a pianta rettangolare e abside semicircolare, risale al VI-VII secolo. Gli affreschi interni sono stati scoperti solo nel Novecento. Le sceneraffigurano episodi dell’infanzia di Cristo, con uno stile che unisce elementi bizantini e latini e una tecnica pittorica che suggerisce legami diretti con l’arte siriaca. All’esterno si trovano resti dell’antico castrum romano-longobardo. L’intera area è visitabile liberamente, con pannelli descrittivi e percorsi segnalati.
#3 Pian di Spagna: la zona umida tra i due laghi
massimo_corti94 IG – Pian di Spagna
Tra il lago di Como e quello di Mezzola, il Pian di Spagna è una vasta riserva naturale che copre oltre 1.500 ettari. Zona umida protetta, rappresenta un habitat ideale per numerose specie di uccelli migratori, visibili durante tutto l’anno. I comuni di accesso principali sono Sorico, Gera Lario, dove si può vedere l’Adda immettersi nel lago di Como, e Dubino.
Il paesaggio alterna canneti, campi coltivati e specchi d’acqua ed è percorribile a piedi o in bicicletta tramite percorsi tracciati. L’ingresso è libero, ma alcune aree sono regolamentate per proteggere la fauna e la balneazione è vietata. L’ambiente è silenzioso e pianeggiante, adatto a escursioni lente e osservazione.
#4 Lierna: il borgo sul promontorio
Lierna – Ph. @temistio da @map_of_italy
Tra Mandello del Lario e Varenna, Lierna è un piccolo borgo sul lago di Como. Il nucleo più caratteristico è quello di Castello, costruito su un promontorio roccioso a picco sull’acqua. Da qui si accede alla spiaggia di Riva Bianca, una delle poche con sabbia e ciottoli chiari sul lago.
Il paese è servito dalla ferrovia e collegato da sentieri pedonali al Sentiero del Viandante. Il panorama sul lago e sul monte Legnone è tra i più aperti della sponda orientale. Poco distante si trovano resti romani e ville ottocentesche, oggi trasformate in residenze estive.
#5 Morimondo: l’abbazia cistercense in uno dei borghi più belli d’Italia
moni.bigh IG – Morimondo
A meno di 30 chilometri da Milano, Morimondo conserva l’impianto di un borgo cistercense fondato nel XII secolo ed inserito nell’elenco dei “Borghi poù belli d’Italia“. L’abbazia, costruita in cotto e pietra, rappresenta uno dei principali esempi lombardi di architettura monastica. Ancora oggi è visitabile il chiostro, la sala capitolare e il refettorio.
Il borgo, dove ogni estate si tengono rievocazioni storiche e mercatini agricoli, è circondato da campi coltivati e cascine, mentre la chiesa ospita eventi musicali e concerti di organo. La zona fa parte del Parco del Ticino ed è attraversata da percorsi ciclopedonali.
Nel cuore del lago d’Iseo, Monte Isola rimane una delle mete più insolite e riconoscibili della Lombardia, la più grande isola lacustre d’Europa. Raggiungibile solo in traghetto da Sulzano o Sale Marasino, l’accesso limitato ai veicoli la rende un’oasi pedonale, si presenta come una montagna boscosa sospesa sull’acqua. Il borgo di Carzano conserva ancora intatti i ritmi della vita dei pescatori.
Chi cerca un punto panoramico può salire al Santuario della Ceriola, la cima dell’isola, da cui si osservano le Prealpi e tutto il lago. Il giro completo dell’isola a piedi è lungo circa 9 chilometri. Le case in pietra e le reti appese ricordano la tradizione lacustre.
#7 Diga del Gleno: il Vajont lombardo
Credits lele_46 IG – Diga del Gleno
La diga del Gleno, in alta Val di Scalve, è raggiungibile con un’ora e mezza di cammino da Pianezza, frazione di Vilminore. Costruita tra il 1916 e il 1923, crollò pochi mesi dopo causando 356 vittime. Oggi rimane il muro spezzato in cima alla valle, avvolto da boschi e silenzio.
Il sentiero attraversa una strada storica scavata nella roccia, usata dai costruttori dell’epoca. Attorno, le montagne e il lago artificiale creano un contrasto tra natura e rudere industriale. Il luogo è meta di trekking estivi. Nessun impianto, nessun rumore meccanico. Solo il vento e il suono dell’acqua.
Breno è un centro storico della media Val Camonica, noto per il suo castello, costruito su una collina che domina l’intera valle. Le sue origini risalgono all’epoca romana, con successive ricostruzioni medievali. All’interno si trovano una torre cilindrica e resti di mura perimetrali.
In paese si trova anche il Teatro delle Ali, punto di riferimento per la vita culturale locale. Le strade del centro ospitano murales moderni legati al progetto “Wall in Art”, che unisce arte contemporanea e storia del territorio. Nei dintorni si trovano anche incisioni rupestri preistoriche, visitabili.
#9 Oltrepò pavese: colline, castelli e ottimo vino
Ph. @camminandoinoltrepo IG
A sud del Po, l’Oltrepò Pavese si presenta come un’area collinare punteggiata da borghi medioevali, vigneti e castelli. Fortunago, Zavattarello e Varzi sono tra i paesi più noti. Ogni borgo conserva strutture difensive, chiese romaniche e strade in ciottolato.
Nella zona centrale si trovano l’eremo di Sant’Alberto di Butrio e le Grotte di San Ponzo. L’intero territorio è attraversato da strade panoramiche adatte al cicloturismo ed è famoso come una delle zone di produzione vinicola più importanti della Lombardia, con numerose cantine aperte al pubblico, grazie alla varietà del terreno e al clima favorevole. Tra questi troviamo: Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG, Pinot Nero, Bonarda, Barbera e Sangue di Giuda.
#10 Sabbioneta: la città ideale del Rinascimento
Credits: wtevent.it – Sabbioneta
Fondata nel Cinquecento da Vespasiano Gonzaga, Sabbioneta è stata concepita come città ideale secondo i canoni rinascimentali. Situata tra Mantova e il Po, è oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO. La cinta muraria e l’impianto urbanistico sono rimasti intatti.
All’ingresso si attraversa la Porta Imperiale, al centro si trovano il Palazzo Ducale, il Palazzo del Giardino e il Teatro all’Antica, uno dei primi teatri stabili d’Europa. L’intero centro è percorribile a piedi e d’estate ospita rassegne teatrali e visite in notturna.
Riuscirà a scalzare il mito di Brera? Un progetto nato all’interno di un piano di rigenerazione urbana, che ha coinvolto soggetti privati e artisti internazionali, riceve un riconoscimento nazionale.
# Un esempio di integrazione tra arte e sviluppo residenziale
Onda in cascina dalle opere di Herve Tullet
Il distretto urbano Uptown, situato nella zona nord-ovest di Milano, si configura come un esempio di integrazione tra arte e sviluppo residenziale. Il progetto, promosso da EuroMilano, si basa sull‘inserimento di interventi artistici all’interno del tessuto urbano. L’iniziativa prevede murales e installazioni di artisti di rilievo internazionale, con l’obiettivo di coniugare espressione creativa e ambiente costruito. Le opere sono collocate sia in spazi pubblici che in aree condominiali. La direzione artistica è affidata a UpTown Art District, che coordina la selezione degli interventi. Uptown si propone come distretto artistico permanente, integrato nella vita quotidiana del quartiere. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con Deodato Arte. L’iniziativa si inserisce in un piano più ampio di rigenerazione urbana orientato alla sostenibilità e alla qualità dell’abitare.
# La menzione speciale nell’ambito del Premio Cultura+Impresa 2025
uptown-milano.it – Vista Uptown
Il 3 luglio 2025 il progetto ha ricevuto una menzione speciale nella categoria “Arte contemporanea + Impresa” nell’ambito del Premio Cultura+Impresa, giunto alla dodicesima edizione. La premiazione si è svolta presso la sede del Sole 24 Ore a Milano, alla presenza di una giuria composta da rappresentanti di fondazioni, aziende e istituzioni. Uptown è stato selezionato tra 132 progetti candidati per la sua capacità di integrare arte, architettura e spazio urbano. La giuria ha riconosciuto nel progetto un modello innovativo che coniuga creatività e vivibilità. In particolare, è stato premiato per l’intreccio tra architettura, natura e paesaggio e l’espressione artistica, con opere che arricchiscono sia lo spazio pubblico che quello privato. Il progetto è stato descritto come un luogo espressivo e stimolante per la comunità.
# Motivazione ufficiale della giuria
La giuria ha riconosciuto Uptown come “distretto artistico all’aperto, dove architettura, natura e paesaggio si intrecciano con l’espressione creativa, attraverso murales e installazioni di artisti di fama internazionale.” È stato inoltre sottolineato l’impegno di EuroMilano “nel creare spazi che nutrono lo spirito e stimolano la mente, incarnando un modello di sviluppo urbano sostenibile.” Le opere presenti nelle residenze contribuiscono ad arricchire anche gli spazi privati, rafforzando la connessione tra arte, spazio pubblico e vita quotidiana. Il progetto è stato definito come “un nuovo modello di integrazione tra creatività e vivibilità, capace di trasformare l’ambiente urbano in un luogo espressivo e stimolante per la comunità.” La motivazione si inserisce negli obiettivi culturali del premio, che promuove il dialogo tra cultura e impresa.
# Il contesto urbano: Cascina Merlata
Stato dei lavori Cascina Merlata
Uptown si sviluppa all’interno del quartiere Cascina Merlata, nel Municipio 8 di Milano. L’area, oggetto di trasformazione dopo Expo 2015, comprende un comparto complessivo di 900.000 mq. Il parco di quartiere misura circa 300.000 mq, con 3.500 alberi piantati e 10 km di percorsi ciclopedonali. Il progetto Uptown prevede circa 4.800 abitazioni a completamento, scuole, spazi per la cultura, strutture sportive, residenze e servizi commerciali. È collegato tramite la linea metropolitana M1, percorsi ciclabili e trasporto pubblico di superficie. L’impianto urbanistico punta alla mobilità dolce e alla sostenibilità ambientale, con edifici NZEB e infrastrutture digitali.
Ultimamente Beppe Sala ci tiene a ripetere in contesti pubblici che Milano è «migliorata rispetto a venti anni fa». Il sindaco fa riferimento a immagine internazionale, infrastrutture, investimenti e al ruolo sempre più centrale della città. Ma i dati e la realtà quotidiana mostrano un quadro più articolato. Vediamo cosa è cambiato in questi vent’anni: in meglio e in peggio.
# Cosa è cambiato in meglio
Andrea Cherchi – Milano vista da Ceresio 7
Estese e inaugurate linee metropolitane: aperte M5 (prima tratta inaugurata nel 2013) e M4 (apertura integrale dal 2024)
Potenziata la mobilità ciclabile e pedonale (nuove piste su viale Monza, Buenos Aires, progetto “Strade Aperte”)
Aumentato il turismo (record di presenze nel 2024, nuovi hotel come NH CityLife e Portrait)
Cresciuti gli investimenti esteri e gli eventi globali (Porta Nuova, CityLife, Salone del Mobile)
Rigenerate ex aree industriali (Bicocca, Mind, scalo Porta Romana per le Olimpiadi)
Espanso il settore digitale e dei servizi (sedi Amazon, Microsoft, start-up a Isola)
Cresciuta la popolazione straniera integrata
Rafforzata l’offerta culturale e gli spazi pubblici (Teatro Lirico, ADI Design Museum, Darsena)
Arrivo di ricchi e super-ricchi internazionali (Grazie agli sgravi fiscali varati dal Governo Renzi)
Nati nuovi poli universitari e centri di ricerca (Human Technopole, Bovisa, Campus Bocconi)
Organizzazione di Expo2015 e preparazione per le Olimpiadi Invernali 2026
# Cosa è cambiato in peggio
dan_tagliabue IG – Degrado a Milano
Aumentato il costo della vita, in particolare affitti e prezzi case (da 2.800 a oltre 5.300 euro al mq)
Ampliato il divario centro-periferia (servizi carenti in zone come Affori, Baggio, Giambellino): reddito medio a Pagano-CityLife è 91.000 euro, a Quarto Oggiaro è di 20.000 euro.
Peggiorato l’accesso alla casa per i redditi medi e bassi (meno edilizia popolare, più affitti brevi)
Meno parcheggi e misure classiste per circolare a Milano in auto. Problemi a muoversi soprattutto nelle zone meno servite dai mezzi (es. viale Certosa, Zara, Forlanini)
Smog persistente in inverno (PM10 e NO2 oltre i limiti, secondo Arpa)
Diminuiti i residenti in centro storico (sostituiti da uffici e turismo) e in generale una fuga dei milanesi, sostituiti da stranieri più facoltosi
Ridotto il commercio tradizionale (chiusure in via Torino e Buenos Aires, arrivo di catene globali)
Più vincente negli sport. Soprattutto nel calcio. Nel primo decennio degli anni Duemila, Milano ha vinto per tre volte la Champions League (due con il Milan, una con l’Inter). Da allora è rimasta all’asciutto, anche se il crollo riguarda tutto il calcio italiano.
Più precarietà abitativa e lavorativa tra i giovani (affitti alti, contratti instabili)
Calo nell’attrattività per gli studenti stranieri. Nel 2005 Milano era una delle capitali universitarie d’Europa, con oltre 22.000 studenti stranieri iscritti. Nel 2025 il loro numero è sceso a poco oltre i 18.000. Un calo consistente, malgrado un aumento a livello internazionale degli studenti oltre frontiera.
“Milano capitale del crimine”: primo posto nelle classifiche dei reati e boom nel senso di insicurezza tra i cittadini
# Quale bilancio possiamo trarne? Milano è migliorata per i ricchi, peggiorata per chi guadagna meno
p_u92 IG – Guardando il Duomo
Milano ha compiuto un salto rilevante sul piano infrastrutturale, economico e urbanistico. La rete metropolitana si è estesa, la mobilità è più diversificata e molte aree dismesse sono state riqualificate.
Tuttavia, l’aumento dei costi abitativi ha escluso fasce crescenti della popolazione, mentre le periferie registrano ritardi nei servizi e nell’accessibilità. Le disuguaglianze si sono accentuate, con un centro sempre più ricco e privilegiato, ma le zone marginali sempre più in difficoltà, e pressione su giovani e famiglie aumentata. Una città in generale che sembra migliorata per le persone con redditi alti. Meno per classe media o bassa. E per i più giovani.
Milano Nizza. Un legame quasi secolare, per i viaggi in treno. Ma da questa estate non esiste più. Da Milano si possono raggiungere le spiagge della Costa Azzurra solo con almeno un cambio alla Stazione di Ventimiglia. Treni diretti non ce ne sono più. Gli unici esistenti sono da Roma.
Credits valefumelli IG – Costa Azzurra
# Quando in treno si andava meglio quando si stava peggio
Dal 1957 al 22 maggio 1982, il glorioso TEE Ligure collegava Milano con Marsiglia, passando per Genova, Sanremo, Monaco e Nizza. Quello stesso anno è stato sostituito con unInterCity fino a diventare EuroCity nel 2004. Poco cambiava per i milanesi amanti della Costa Azzurra. L’importante era che ci fosse un treno giornaliero diretto. La linea rimase in funzione fino al 2009, quando gli EuroCity fra Milano e la Costa Azzurra furono gestiti da Thello (poi Trenitalia France). Fino al 2020 venivano offerte fino a tre coppie giornaliere. Per la pandemia, nel marzo 2020 si arrivò alla sospensione del servizio, riconvertendo parte dei tragitti in InterCity tra Milano e Ventimiglia. L’ultimo convoglio Thello cessò nel giugno 2021. Ma si dovette attendere pochi anni per quello che sembrava il rilancio.
# Il fuoco di paglia: l’Espresso Riviera del 2024
Nell’estate 2024 viene ripristinato un collegamento stagionale: Espresso Riviera, attivo dal 3 agosto al 1° settembre, ha offerto corse diurne nei weekend tra Milano, Mentone, Montecarlo e Nizza: partiva tutti i weekend da Milano Centrale alle 7:35, lasciando Nizza alle 17:12 e facendo ritorno entro le 23:40 in un unico tragitto senza cambi. Solo in estate? Magra consolazione. Il problema è che l’anno successivo, per quest’estate, il servizio è stato spostato. Non più a Milano. A Roma.
Spiaggia di Juan Les Pins (Costa Azzurra – Francia)
# Il treno si sposta a Roma
Per andare in Costa Azzurra senza cambi, i milanesi devono… andare a Roma. Sì, perché nell’estate del 2025l’Espresso Riviera è stato spostato a Roma: parte da Termini ogni venerdì sera dal 4 luglio al 30 agosto 2025, raggiungendo la Costa Azzurra e arrivando addirittura fino a Marsiglia.
# Come arrivare in Costa Azzurra da Milano
Da quest’estate, pertanto, non esiste un treno permanente diretto Milano–Nizza: si viaggia soprattutto con Intercity, Frecciabianca e cambiando almeno una volta. Il tempo medio di percorrenza è di circa 7h 20m. Per i collegamenti con la Francia restano in ballo iniziative come Frecciarossa da Milano a Parigi, ma nessuna traccia di un diretto regolare a Nizza.
Le restrizioni per gli ingressi con veicolo a motore privato a Milano potrebbero intensificarsi ulteriormente. Vediamo cosa bolle in pentola a Palazzo Marino, con date e scenari futuri.
# Area B: verso un ticket d’ingresso? Si slitta almeno al 2028
Area B a pagamento?. La ZTL più ampia d’Europa (188 telecamere, attiva lun–ven 7:30–19:30) potrebbe diventare a pagamento. Questa l’ipotesi che circola da tempo, anche se al momento non è ancora stata presa una decisione ufficiale. Sembra che nelle stanze di Palazzo Marino si stia valutando il costo del “ticket”, compresa la copertura per i mezzi pubblici. Ma su questa ipotesi che sembrava imminente, negli ultimi mesi è calato il silenzio. L’unica certezza è che non esistono cifre o tempistiche certe. In caso di decisione, bisogna considerare che una sua attivazione richiederebbe almeno 6 mesi di preparazione: quindi difficile che possa essere in vigore prima della seconda metà del 2026. Considerando che, a quel punto, si entra in periodo elettorale per la scelta del nuovo sindaco, diventa difficile immaginare una misura del genere in campagna elettorale. Quindi i tempi slittano ancora di più: entro il 2028 quasi impossibile vedere l’Area B a pagamento.
Area B resta come divieto. Restano in vigore i divieti all’ingresso per i veicoli più inquinanti – attualmente fino a Euro 2 benzina e Euro 5 diesel – con ulteriori aggiornamenti in arrivo come da calendario comunale.
# Area B e Area C: nuovi divieti in arrivo
Moto e ciclomotori euro 2 (2T), diesel 2 (veicoli e 2T) e benzina Euro 0–1:
Il divieto entra in vigore dal 1° ottobre 2025 per Area B e Area C
Diesel Euro 6:
Il divieto in Area B inizialmente previsto tra settembre 2024 è stato posticipato al 30 settembre 2028
# Area C: tariffa, orari e weekend
L’ingresso in Area C (43 telecamere, stessa fascia oraria di Area B) è attualmente a 7,50 € (residenti: 50 accessi gratis, poi 3 €/giorno; elettriche e ibride <100 g CO₂ esenti). Ma anche in questo caso da tempo si parla di inasprire le regole. Con l’aumento del ticket.
Proposta della maggioranza per:
alzare il ticket a 10 €,
includere veicoli ibridi ed elettrici nel pagamento,
estendere la videosorveglianza oltre le attuali fasce
Sul weekend, la misura è già confermata: dal 1° gennaio 2026 l’accesso a pagamento sarà valido anche sabato, domenica e festivi, come dichiarato da sindaco Sala.
All’interno di Area C è stata anche attivata una ulteriore ZTL, soprannominata Area Q, coincidente con il Quadrilatero della Moda. Con restrizioni ancora più stringenti: qui le regole.
Il collegamento ad alta velocità tra Milano e Parigi è ormai una realtà consolidata. Ma il desiderio di viaggiare rapidamente in treno verso altre grandi città europee continua a crescere. Per questo abbiamo lanciato un sondaggio chiedendo: “Dopo Milano–Parigi in sei ore, quale altra città straniera vorresti raggiungere con un treno ad alta velocità?”
Queste le cinque destinazioni che hanno raccolto il maggior numero di preferenze.
#5 Praga: in 7 ore dalla Madonnina alla capitale della magia nera
prague-by-night-pixabay
Praga è tra le destinazioni che i milanesi desiderano raggiungere con l’alta velocità. Questa affascinante capitale europea, conosciuta come la città d’oro e delle cento torri, è ricca di storia, straordinarie architetture e un’atmosfera unica. Praga rappresenta un punto d’incontro tra Oriente e Occidente, con un mix sorprendente di religioni, filosofie e correnti artistiche. Sebbene sia famosa anche per la sua aura di magia nera, l’alta velocità potrebbe portare un’influenza positiva della Madonnina. Un viaggio di 7 ore sarebbe sufficiente per arrivarci.
Amsterdam sarebbe una destinazione ideale per una nuova linea ad alta velocità dedicata all’acqua. Collegando i Navigli di Milano ai canali di Amsterdam, dal Mediterraneo al Mare del Nord, questo itinerario potrebbe influenzare Milano nelle sue politiche per diventare più bike-friendly e promuovere una maggiore apertura mentale. In 7 o 8 ore si potrebbe viaggiare da Brera fino al quartiere a luci rosse.
#3 Berlino, dal Duomo al Dom in 8 ore: possibile fra qualche anno?
pixabay-Kai_Vogel – Berlin cattedrale
Berlino, proprio come Milano, è emersa come simbolo di rinascita dopo le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, trasformandosi in una vibrante città di start-up e una popolare destinazione turistica. Un collegamento ad alta velocità potrebbe unire il Duomo di Milano con il Dom di Berlino, attraversando i territori storici del Sacro Romano Impero e riportando Milano al centro dell’Europa.
Un sogno che potrebbe diventare presto realtà. Entro il 2026 è previsto infatti un nuovo collegamento con treni veloci e diretti tra Monaco di Baviera e Milano, mentre sono già in corso delle trattative per istituire una linea diretta diFrecciarossa fino a Berlino. Il viaggio di circa 8 ore coprirebbe una distanza di 1.000 chilometri: obiettivo del primo viaggio Milano-Berlino? 2028.
#2 Vienna, in 6 ore per un ritorno al passato di Milano: oggi raggiungibile solo con i Night Jet (in 12 ore)
Credits Mike_68 -pixabay – Vienna
Milano e Vienna condividono un legame storico che risale all’epoca dell’Impero Austro-Ungarico, un periodo che ha lasciato un’impronta duratura sulla nostra città. Testimonianze di questa eredità sono il Teatro alla Scala e l’Accademia di Brera, istituzioni fondate sotto il regno di Maria Teresa d’Austria. Non sorprende, quindi, che Vienna sia una delle prime città che i milanesi vorrebbero raggiungere con un treno ad alta velocità. In poco più di 6 ore si potrebbe arrivare nella capitale austriaca e immergersi nel fascino del valzer, oggi al momento ci si deve accontentare dei treni notturni “Night Jet” e di un viaggio di 12 ore 30 minuti circa.
Barcellona è la città più desiderata per un collegamento ad alta velocità con Milano, posizionandosi in cima alle preferenze. La capitale catalana attira per il suo clima mite, il sole, la ricca storia, la struttura urbanistica ordinata, lo spirito indipendente e la metropolitana che arriva fino al mare. Il vero sogno dei milanesi potrebbe essere il mare, raggiungibile attraverso una linea ferroviaria che attraversa la Costa Azzurra e Marsiglia, fino a raggiungere le ampie spiagge di Barcellona. Il viaggio potrebbe durare circa 9 ore. A meno di rallentamenti in Liguria.
Comunque la pensiate sulla guerra, sia che siate sostenitori del mastodontico piano per il riarmo dell’asse Trump-Von der Leyen, sia invece che siate tra quelli che scendono in piazza nelle manifestazioni pacifiste, c’è un film che suggerisco di vedere (o ri-vedere). Un film che ormai ha già compiuto più di 50 anni, ma che rimane un’opera talmente attuale e reale, da far venire i brividi. E Milano è la protagonista della metà del mondo che sta dalla parte, diciamo, dei buoni…
# Un’esplicita condanna alla nostra emancipata metà del pianeta
Copertina di Finchè c’è vita c’è speranza
Parliamo di “Finchè c’è guerra, c’è speranza”, una pellicola talmente cruda, grottesca, drammatica e implacabile, talmente realistica e feroce nel mettere a confronto il (democratico?) occidente con il Sud del mondo, che diventa un film di esplicita condanna alla nostra emancipata metà del pianeta.
Il regista non è uno di quegli intellettuali di sinistra (salottieri radical chic) come Ken Loach, Costa -Gavras o Nanni Moretti, ma uno che ha sempre dichiarato, con orgoglio, il proprio “centrismo” politico, nascendo e morendo democristiano, anche se, ironia della sorte, sia quando nacque che quando morì la Diccì non c’era (non c’era ancora e non c’era più). “Finchè c’è guerra c’è speranza” è stato il settimo film di Alberto Sordi come direttore-attore: Pietro Chiocca (Alberto Sordi) è un padre di famiglia e marito devoto, che lavora come un ossesso per garantire una vita assai agitata alla moglie e ai tre figli.
Il suo lavoro di rappresentante di armi da guerra gli consente di mantenere la famiglia nel lusso e nei “vizi”. Pietro viaggia di continuo fra due mondi. La Milano bene, in cui vive con moglie e figli, con le lunghissime gare di poker d’azzardo della consorte e le pretese dei pargoli, mai contenti, malgrado il lusso sfrenato in cui vivono. Poi c’è il continente africano, che lui vede come una miniera d’oro, vendendo armi ai governi dittatoriali che reprimono e riducono alla fame il popolo, sterminando chi si ribella.
# Lo svolgimento del film
sevenblog.it – Monologo guerra Sordi
Pietro Chiocca a Milano è un padre affettuoso e un marito premuroso, che accontenta tutti i lussuosi capricci della moglie. In Africa è invece un mercante cinico e senza scrupoli, sicuro di sé e pronto a tutto pur di portare a termine i propri (sporchi) affari, anche di tradire il proprio datore di lavoro per farsi vedere astuto e audace dall’armiere più potente e prestigioso del mercato, convincendolo a farsi assumere.
Pietro viene mandato in uno stato africano in fase di colonizzazione dei portoghesi. Proprio mentre sta per chiudere il contratto con il governo, incontra un giornalista del Corriere della Sera che fa da tramite per la vendita di armi ai rivoluzionari antigovernativi. Il governo ha già dei sospetti e tramite una sua spia spacciatasi per prostituta, riesce a far nascondere un trasmettitore radio nella valigia di Pietro, scoprendo così la posizione del villaggio ribelle e facendolo bombardare. Sono scene di morte, esplosioni, distruzione, con bambini in lacrime che rimangono orfani cercando i corpi dei genitori tra le macerie.
Pietro torna a casa dopo quella drammatica esperienza e scopre che la sua famiglia ha appena letto sul Corriere l’articolo-denuncia del giornalista sull’operato di Pietro, con un articolo dal titolo «Ho incontrato un mercante di morte». Davanti allo sdegno e al disprezzo di moglie e figli per il lavoro che svolge, Pietro propone, con grande sincerità, di tornare al suo vecchio e onesto lavoro di venditore di pompe idrauliche. Tornando a vendere pompe idrauliche potrebbe far vivere i suoi in una condizione dignitosa, ma certamente non nel lusso sfrenato, quindi la sua famiglia dovrà rinunciare all’opulenza. Posta di fronte all’alternativa di una rinuncia all’altissimo tenore di vita, la sua famiglia preferisce ignorare l’origine dei guadagni, rimanere nello sfarzo costringendo così Pietro a rimanere nel feroce mondo delle armi. Il film si conclude con protagonista che, con uno sguardo rassegnato, prende un nuovo volo, per piazzare una nuova vendita di mitragliatrici.
Alberto Sordi mostra, in maniera lucida e brillante, il ruolo che ha l’occidente, con la sua stessa prepotente presenza, nella creazione della violenza e della povertà che caratterizzano il Sud del mondo.
# Ma cosa c’entra Milano?
Finchè c’è guerra, c’è speranza
In parte lo abbiamo già accennato. Pietro Chiocca con la famiglia vive inizialmente in un lussuoso palazzo che, aprendo la tenda della finestra, offre la vista direttamente sul Duomo.
Il palazzo dove si trova la sede della prima ditta di armi per la quale lavora il protagonista, è in Piazza Liberty al civico 1. La moglie di Pietro convince il marito che la vita della città è soffocante, quindi vuole trasferirsi in un’immensa ed esclusiva area nel verde: la villa in questo paradiso lussuoso è alla Pinetina di Appiano Gentile.
Ma in questo film Milano è presente anche in altri termini: la produzione è della Cinema Rizzoli (Cineriz), che fu fondata dal milanese Angelo Rizzoli. Tra i doppiatori troviamo due attori di Milano, Renato Mori e Daniele Tedeschi.
Cinque località di mare raggiungibili in giornata da Milano senza automobile.
#1 Sestri Levante: per immergersi nella Baia del Silenzio
Credits gianbadaracco IG – Baia del Silenzio
Il treno regionale veloce da Milano Centrale a Sestri Levante impiega circa 2 ore e 30 minuti. Alcune corse dirette evitano cambi, con partenze ogni ora nei weekend estivi. Dalla stazione si raggiunge la spiaggia in 5 minuti a piedi. La Baia del Silenzio è una delle mete più fotografate della Liguria, con accesso gratuito e fondali bassi. La cittadina offre stabilimenti, bar e un centro storico compatto. Gli ultimi treni di ritorno partono tra le 19 e le 19:30, compatibili con una giornata intera. Ideale per chi cerca mare e passeggiate in un contesto urbano.
#2 Varazze: stabilimenti e pineta a due passi
lionard IG – Varazze
Varazze è raggiungibile con treni regionali o intercity da Milano, diretti o con un cambio a Genova, durata totale 2 ore e 30 minuti. La stazione si trova a meno di 10 minuti dalla passeggiata mare. La spiaggia è lunga e sabbiosa, con numerosi stabilimenti e aree libere. Dietro la costa si estende una pineta percorribile a piedi. Adatta a famiglie con bambini per la facilità di accesso e i servizi disponibili. I collegamenti sono attivi anche in settimana, con partenze da Milano già dalle 7 del mattino. Rientro garantito fino alle 20:30, alle 21 la domenica. Buona la presenza di bar e ristoranti economici.
#3 Santa Margherita Ligure: eleganza e accesso comodo
Paraggi – Ph. @santamargheritaligure IG
Si raggiunge con cambio a Genova o Rapallo o con viaggi diretti e una durata minima di 2 ore e 10 minuti.Nei weekend si può arrivare anche con il Frecciabianca più regionale veloce. La stazione dista 500 metri dal lungomare. Le spiagge sono perlopiù attrezzate, con alcune calette libere raggiungibili a piedi. Santa Margherita è ordinata, con vie commerciali e ristoranti. Il collegamento con Portofino è garantito da autobus ogni 20 minuti. Adatta a un pubblico adulto o a famiglie con ragazzi. Il ritorno serale è possibile con treni fino alle 21. Prezzi medi più alti rispetto ad altre mete, ma servizi turistici ben gestiti.
#4 Finale Ligure: sabbia, sport e un antico borgo medievale
nauticareport IG – Finale Ligure
Treni regionali ogni ora con cambio a Genova, oppure Intercity diretti, e tempo di percorrenza minino di 2 ore e 30 minuti.Dalla stazione si arriva in spiaggia con una camminata di 7 minuti. Le spiagge sono larghe, sabbiose, e in parte libere. Il lungomare è affiancato da piste ciclabili e aree verdi. Il centro storico è vivo anche in bassa stagione, da non perdere l’antico nucleo medievale di Finalborgo, inserito nel circuito dei borghi più belli d’Italia, Località indicata per gruppi giovani e famiglie attive. Il ritorno è garantito da treni fino attorno alle 20:30. Sono disponibili il servizio noleggio bici e sport acquatici. Servizi turistici stagionali ma funzionanti nei weekend primaverili ed estivi.
#5 Levanto: la porta per le Cinque Terre
busic84 IG – Levanto
Levanto rappresenta la porta d’ingresso per le Cinque Terre. Si raggiunge con treni Intercity o regionali, diretti o con cambi a Genova, La Spezia oppure Rapallo, e un tragitto di almeno 2 ore e 30 minuti. Dalla stazione il mare dista 10 minuti a piedi. La spiaggia è lunga, con stabilimenti e aree libere, il borgo è piccolo ma completo di tutti i servizi. Da qui partono sentieri e treni per Monterosso e le altre Cinque Terre. È una meta valida anche per chi non intende spostarsi. Ultimo collegamento di ritorno disponibile il sabato sera alle 19:00.
Sul mondo sono calate nuove ombre. E sta aumentando anche la confusione. Stragi, esplosioni, attentati a siti nucleari. Sembra di rivivere il periodo più nero del terrorismo, ma con una differenza radicale. A fare tutto questo sono degli Stati. Non solo: stati che sono nostri alleati in quella che consideriamo l’alleanza del bene. E forse è questo il punto più critico: noi Occidentali tendiamo ad arrogarci da sempre il diritto di stabilire chi siano i buoni e chi siano i cattivi. I buoni, manco a dirlo, sono quelli che stanno con noi, o sotto di noi. I cattivi quelli a cui questa cosa non piace. E questa divisione non è solo morale, ma sta diventando sempre più pericolosa. Addirittura sembra che in nome di questa presunta bontà, si stia assegnando ad alcuni Paesi la licenza diuccidere. Perché abbiamo permesso tutto ciò? E quali potrebbero essere le conseguenze?
Ph: gatoputasso – Instagram
# Alcuni Paesi hanno il diritto di bombardare i civili e, perfino, dei siti nucleari
La storia dell’umanità è attraversata da episodi di violenza arbitraria o stragi deliberatamente organizzate. Si pensi al più famigerato esempio della Germania nazista: i responsabili subirono un processo. Oppure si pensi all’utilizzo improprio delle armi a gas da parte degli italiani durante le campagne d’Africa durante i primi del Novecento: anche in questo caso i responsabili furono puniti. D’altra parte l’umanità sa riconoscere ciò che è assolutamente giusto o assolutamente sbagliato, non a caso nella storia sono sorte associazioni umanitarie come la Croce Rossa o l’insieme di norme del diritto internazionale come le Convenzioni di Ginevra. Tuttavia, spesso il mondo viene distinto tra soggetti buoni e cattivi, non sulla base di principio naturale e umanistico, ad esempio mettendo al centro la salvaguardia dei civili, ma sulla base di interessi materiale, propagandati attraverso l’ideologia. Giustificare con l’ideologia interessi di parte può avere una conseguenza molto pericolosa: consentire azioni atroci contro i civili. Addirittura si è assistito negli ultimi tempi alla violazione dell’ultimo tabù: si è consentito un bombardamento “preventivo” contro dei siti nucleari. In questo caso, per fortuna, non ci sono state conseguenze. Ma in futuro potremmo non essere altrettanto fortunati e si potrebbero assistere a eventi catastrofici. Anche perché il nucleare va maneggiato con cura. Non bombardato. Ma come siamo finiti in questo abisso così pericoloso per l’intera umanità?
Ph. lisaleo
# L’era delle guerre preventive fatte dai “buoni”
Per capire l’oggi bisogna fare qualche passo indietro. La condizione in cui versa la politica internazionale non è nata dal nulla, ma dal progressivo fallimento di sistemi preesistenti. Fino ai primi decenni del Novecento, ad avere un ruolo primario sulla scena internazionale erano le forze europee: potenti dell’influenza sulle ex colonie, gli europei potevano gestire direttamente o indirettamente l’andamento della politica e dell’economia internazionali. La Seconda Guerra Mondiale ha posto la parola fine sul predominio europeo. Lo scettro è passato così nelle mani delle due principali potenze vincitrici: USA e URSS. Il mondo è passato così dalle guerre “calde”, alla Guerra Fredda dove lo scontro si è spostato essenzialmente su un altro piano, dove l’economia e la propaganda hanno giocato il ruolo che prima era assegnato agli eserciti. La battaglia è nella mente e nel portafoglio. Almeno fino a qualche anno fa. O meglio, la differenza rispetto alla guerra fredda è che ora si usa la forza per legittimare il potere sulla mente e sul portafoglio. La guerra ora viene fatta in nome della deterrenza: è il trionfo della guerra preventiva. Si attacca chi si reputa potenzialmente pericoloso, anche senza prove. E chi ha un arsenale più grosso e ben fornito detta la linea al resto del mondo. Anche e soprattutto attraverso il terrore. Come quello che nasce dai bombardamenti dei civili. O come quello che nasce dalla minaccia nucleare.
# Le due azioni che potrebbe fare un Paese per evitare il disastro
Ma come si può uscire da questa escalation fatta di licenze sempre più estese e pericolose? Un tempo, se si voleva attaccare uno stato, i “buoni” chiedevano l’appoggio o, almeno, il consenso da parte dell’ONU. O, minimo, degli alleati. Ora tutto questo sembra qualcosa di vecchio, di un mondo fatto da anime belle. Mentre il mondo di oggi sembra aver sposato altri valori. Permettere che cosa sia giusto e cosa sia sbagliato passi attraverso un discorso di forza, e di una flebile e ipocrita giustificazione come quello della deterrenza, porta ai disastri che stanno capitando negli ultimi tempi. Un Paese influente, secondo le logiche appena espresse, che compie stragi e massacri non solo viene lasciato indisturbato, ma è addirittura indirettamente premiato dal Diritto Internazionale. Ad oggi questo meccanismo sembra troppo consolidato per poter sperare di cambiarlo. Oltretutto è evidente che ad alimentare questo sistema siano proprio i membri della grande alleanza occidentale cui l’Italia fa parte. Tuttavia la posta in gioco è troppo alta per lasciarsi andare a una semplice e connivente rassegnazione. Quali potrebbero essere i comportamenti in questa situazione di forze molto più grandi di quello che potrebbe esercitare una nazione come l’Italia? Le strategie possono essere due.
#1 Se si accettasse il rischio di mettersi contro la propria famiglia (l’Alleanza Atlantica), si potrebbe fare come fa la Spagna, che chiedendo il riconoscimento dello Stato della Palestina e opponendosi all’aumento delle spese per la difesa rappresenta un tentativo di invertire la tendenza, svincolandosi dalla corresponsabilità morale ed etica dei fatti che avvengono nei conflitti in atto.
#2 Un’altra soluzione potrebbe essere quella di “cavalcare la tigre“: assecondare la forza distruttrice del male che imperversa in questi teatri di guerra, aspettando una distruzione totale da cui si possa poi ricominciare a costruire qualcosa di completamente diverso e più “umano”.
È evidente che in questa seconda ipotesi bisognerebbe anche preoccuparsi, nel momento della ricostruzione, di recuperare una spiritualità che metta la morale e l’etica al centro della vita umana, permettendo così di fare le distinzioni tra le cose sbagliate e le cose giuste su criteri imparziali e scientificamente fondati, anziché affidare questo discernimento a chi possiede più bombe atomiche.
giuseppefaetr485 IG - Frecciarossa Reggio Calabria
Quanto è lunga l’Italia? Una notte intera. Per i mesi estivi è tornato il collegamento ferroviario che attraversa tutta l’Italia durante la notte, con un tragitto tra i più lunghi dell’alta velocità. Disponibile solo in determinati giorni della settimana.
# In estate si viaggia veloci la notte da Milano e Reggio Calabria
Estate 2025 Trenitalia
Il collegamento notturno ad alta velocità tra Milano Centrale e Reggio Calabria è tornato anche per l’estate 2025. Si tratta dello stesso servizio introdotto negli anni scorsi nell’ambito dell’iniziativa “Trenitalia Summer Experience”, ora rinnovato per la stagione in corso. Attivo dalla prima metà di giugno 2025, il treno percorre l’intera penisola in circa 11 ore, utilizzando la linea ad alta velocità fino a Salerno e proseguendo da lì sulla rete tradizionale. Il servizio è attivo nei giorni con maggiore domanda di spostamento, secondo quanto comunicato da Trenitalia.
# Orari, giorni attivi e durata complessiva del viaggio
Milano-Reggio Calabria AV
Il servizio è disponibile ogni settimana dal giovedì alla domenica, con partenze giornaliere in entrambe le direzioni. La partenza da Milano Centrale è prevista alle ore 21:20, con arrivo a Reggio Calabria Centrale alle 8:17 del mattino successivo il giovedì e il venerdì, alle 9:07 il sabato e la domenica. Il treno effettua fermate intermedie a Milano Rogoredo, Reggio Emilia AV, Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella, Paola, Lamezia Terme, Rosarno e Villa San Giovanni. Il ritorno da Reggio Calabria parte alle ore 21:22 il giovedì e il venerdì, il sabato e la domenica alle 22:19, con arrivo a Milano Centrale alle 8:50. La durata complessiva del viaggio varia tra le 10 ore e 31 minuti e le 11 ore e 57 minuti.
# Posti a sedere, livelli di servizio e tariffe applicate
fsnews.it – Nuovo Frecciarossa 1000 interni
Il treno è composto da carrozze Frecciarossa con quattro livelli di servizio: Standard, Premium, Business ed Executive. Non sono previste cuccette o vagoni letto, ma solo posti a sedere. Le tariffe sono differenziate in base al livello selezionato: da 39,90 euro in classe Standard fino a oltre 100 euro per l’Executive. L’offerta è disponibile solo con prenotazione anticipata, acquistabile fino a sette giorni prima della partenza, salvo disponibilità.
# Termine del servizio e disponibilità limitata
Il collegamento è operativo fino a domenica 14 settembre 2025, con possibilità di proroghe straordinarie in occasione di ponti o festività. La disponibilità è limitata e soggetta a esaurimento posti. Per consultare le date e acquistare i biglietti è necessario utilizzare i canali ufficiali Trenitalia o le principali piattaforme di prenotazione.
Milano interviene sul mercato degli affitti con un contributo, in risposta all’aumento dei canoni registrato negli ultimi anni. Se ne sta già parlando tantissimo: ma come funziona, requisiti e quali sono le modalità per ottenerlo?
# Un sostegno contro il caro-affitti: fino a 2.400 euro
e che siano titolari di un contratto di locazione registrato da almeno sei mesi.
Il contributo può essere di un massimo di 2.400 euro. A chi viene erogato?
Viene erogato direttamente al locatore e copre esclusivamente il canone di affitto, escludendo ogni spesa accessoria. L’iniziativa nasce in un contesto in cui i prezzi medi per un bilocale hanno raggiunto i 1.278 euro al mese, mentre per un monolocale si arriva a 1.311 euro, secondo i dati pubblicati da Corriere Economia. Anche il costo di una stanza singola, che supera in media i 1.200 euro mensili, risulta fuori portata per molti giovani. Il bonus comunale mira a ridurre l’incidenza del canone, che per molti supera ampiamente il 30% del reddito mensile disponibile. Ma come si può fare domanda?
# Fino ad esaurimento fondi: requisiti di accesso e modalità operative
Milano Abitare
Il bando, disponibile dal 30 giugno 2025 sul sito del Comune: le domande possono essere presentate solo online, tramite autenticazione digitale SPID o CIE, allegando i documenti richiesti nella sezione dedicata del portale Milano Abitare. La procedura è a sportello e prevede che le risorse vengano assegnate in base all’ordine cronologico di ricezione delle domande giudicate ammissibili. Il contributo ha carattere una tantum, senza possibilità di rinnovo, e viene concesso fino all’esaurimento del fondo disponibile. L’amministrazione ha chiarito che non si tratta di una misura strutturale, ma di un intervento puntuale per contenere gli effetti del mercato immobiliare su una fascia specifica della popolazione.
# La dotazione finanziaria e le caratteristiche della misura
Bando Milano Abitare
La disponibilità finanziaria complessiva per l’erogazione del bonus è pari a 1 milione 210mila euro, eventualmente incrementabile in caso di nuovi stanziamenti. La misura si colloca tra gli strumenti emergenziali adottati dall’amministrazione per affrontare le difficoltà abitative legate all’aumento generalizzato dei prezzi, aggravato dalla pressione generata dalla domanda in crescita e dagli effetti attesi della trasformazione urbana in vista delle Olimpiadi Milano-Cortina. Palazzo Marino sottolinea che si tratta di un’iniziativa a tempo, pensata per contrastare in modo diretto ma temporaneo la crescente esclusione abitativa dei giovani lavoratori, in particolare quelli con redditi medio-bassi.
Milano è sempre stata la città delle opportunità, ma oggi sembra aver perso parte della sua anima. In tanti la vivono, in pochi però la sentono propria e contribuiscono al benessere collettivo.
# Milano ha bisogno di due gambe
Corso Como – Milano 11 agosto 2024
Aristotele sosteneva che ogni uomo per essere realizzato dovesse camminare su due gambe: quella del privato e quella del contributo alla collettività. Milano sembra oggi zoppicare, trattenuta da una crisi non solo economica ma civica. L’atmosfera percepita da molti è fredda, distaccata, individualista. Il sentiment comune che, emerge anche dalle interazioni sulla fanpage di Milano Città Stato, è l’assenza del “milanese” come spirito, più che come origine: generoso, concreto, operoso. Il “cuore in mano” non è solo un modo di dire, è un modello sociale basato sul contributo gratuito, sulla partecipazione spontanea al bene comune. Ricostruire una comunità passa da qui, da iniziative minime e replicabili da chiunque. Serve ripensare Milano come luogo di appartenenza, non solo di passaggio.
# Le azioni quotidiane che ogni cittadino potrebbe fare
Pulizia e mantenimento decoro urbano
Molte iniziative possono partire dal basso. Nei condomìni si possono attivare reti di mutuo aiuto per supportare anziani, monitorare spazi comuni, gestire micro-progetti di decoro. Nei quartieri si possono promuovere gruppi di presidio civico per segnalare problemi, curare aiuole abbandonate, vigilare su aree sensibili. Alcuni luoghi potrebbero essere adottati da cittadini o associazioni, come fanno gli “Angeli del Bello”, che a Milano si occupano di interventi volontari per la pulizia e la manutenzione urbana. Si possono organizzare doposcuola per ragazzi in difficoltà, sportelli di ascolto, giornate collettive di cura urbana. Le competenze professionali, in modalità di consulenze fiscali, digitali, legali, possono essere offerte a titolo gratuito per chi non ha accesso a certi servizi. Gli incroci pericolosi possono essere mappati e segnalati, gli edifici abbandonati valorizzati con progetti artistici o sociali. Le azioni possono nascere da soli, ma si rafforzano nei gruppi. Ogni cittadino può diventare punto di innesco di cambiamento.
# Dai gesti individuali all’organizzazione collettiva
Perché le azioni quotidiane non restino isolate, serve una struttura leggera che le colleghi. Ogni quartiere potrebbe dotarsi di una rete civica stabile, con funzioni di ascolto, coordinamento e supporto logistico alle iniziative locali. Piccoli centri civici, ospitati in spazi esistenti, potrebbero diventare hub per offrire strumenti e formazione a chi vuole agire. Anche le scuole, le biblioteche o i mercati coperti potrebbero estendere le loro funzioni, accogliendo attività serali o nel fine settimana.
Anche la pubblica amministrazione dovrebbe fare la sua parte, facilitando la collaborazione attraverso protocolli semplici, evitando burocrazia e favorendo accordi tra cittadini e istituzioni per la gestione condivisa di spazi e servizi. L’obiettivo non è moltiplicare le attività, ma renderle più efficaci, visibili e continue. Si tratta di connettere le risorse già presenti, spesso sparse e non coordinate, coinvolgendo anche chi finora è rimasto ai margini della partecipazione civica.
# Rendere Milano di nuovo terra di opportunità
credits Base Milano
Una città torna a funzionare quando fa sentire ogni abitante parte di qualcosa. Milano potrebbe tornare a essere questo: un luogo dove chiunque, indipendentemente da provenienza o mezzi, trovi spazio per contribuire e crescere. Per riuscirci serve più accesso, più fiducia, più coinvolgimento diretto, con condizioni semplici per valorizzare ciò che già esiste. Chi ha vissuto un’opportunità può aprirne una nuova per altri, chi si è sentito ai margini può diventare ponte verso altri esclusi. Milano ha bisogno di cittadini che non si limitino a vivere qui, ma che scelgano di farne parte. E che, attraverso il loro impegno, tornino a incarnare quello spirito concreto e generoso che l’ha sempre definita.
Credits Andrea Cherchi - Cerimonia di presentazione M4 San Babila
4 luglio. Non è solo una data cara agli americani. Lo è anche ai milanesi. Il giorno in cui si è cominciato a “volare” in metro dal centro all’aeroporto. Un collegamento da record.
4 luglio 2023. Inaugura il tratto della linea M4 da Linate a San Babila. In precedenza, il 26 novembre 2022, era stato inaugurato il primo tratto da Linate a Dateo.
L’arrivo di M4 a San Babila ha anche reso possibile l’interscambio con la M1. L’altra stazione ad aver aperto quel giorno è Tricolore, successiva a quella di Dateo dove si può prendere anche il passante. Ma cosa accadde quel giorno?
# L’inaugurazione era slittata di qualche giorno
Doveva essere inaugurata il 30 marzo ma fu posticipata al 4 luglio. L’annuncio fu di Beppe Sala in occasione l’evento per i cento anni di Philips Italia: “Il 4 luglio apriremo la prima metà della nuova metropolitana che da Linate va a San Babila in 14 minuti“. Il breve ritardo fu deciso dall’Ufficio ministeriale che cura la sicurezza degli impianti di trasporto: aveva ritenuto necessarie alcune ore di collaudi in più di quante ne fossero state preventivate all’inizio. Riviviamo nelle immagini realizzate nei giorni precedenti l’apertura da Andrea Cherchi il nuovo aspetto di piazza San Babila riqualificata e resa pedonale con le uscite della metropolitana:
Credits Andrea Cherchi - San Babila
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Credits Andrea Cherchi - Stazione di San Babila
Credits Andrea Cherchi - Ascensore stazione di San Babila
Credits Andrea Cherchi - Piazza San Babila riqualificata
Credits Andrea Cherchi - La nuova piazza San Babila
Con quella inaugurazione si sono aggiornati anche i numeri della linea. I chilometri operativi, con questa tratta di 1,6 km, sono saliti prima a 7,3 km e le stazioni diventano 8. Con l’inaugurazione dell’intera tratta, nell’ottobre del 2024, la M4 si è estesa per 15,2 km e 21 stazioni mettendo in connessione tutta la città da est a ovest, fino al capolinea di San Cristoforo FS dove incrocia la linea suburbana S9, portando il totale della rete metropolitana a 111,8 km e 134 fermate, consolidando la sua posizione tra le top d’Europa.
L’area urbana milanese si sta espandendo in modo sempre più irregolare. Un effetto dovuto al costante incremento dei prezzi degli immobili, non bilanciato dalla qualità della vita, che spinge sempre più persone a guardare oltre i confini comunali. Fra qualche decina di anni Milano non sarà più il baricentro della regione?
# Cosa dicono i numeri: popolazione e compravendite immobiliari in salita in Brianza
turismomonza IG
Da anni Monza è scelta dai milanesi per andare a viverci, perchè più vivibile e a misura d’uomo grazie alle sue dimensioni compatte, senza troppi divieti e accessibile anche gudagna redditi nella media. Tra il 2009 e il 2023 la provincia di Monza e della Brianza ha registrato infatti una crescita demografica del 4,3%, superiore a quella della Città metropolitana di Milano, attestata al +3,9%. Sul piano immobiliare, nel 2023 le compravendite residenziali nella provincia di Monza e Brianza sono cresciute del +3,7% rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo, il Comune di Milano ha registrato un incremento più contenuto, pari al +1,9%, un trend confermato nel 2024 con la prima a segnare un +0,7%, il secondo -3,5%. Il confronto, pur riferito a scale territoriali diverse, evidenzia una tendenza all’espansione dell’attività immobiliare nelle aree periurbane.
# Il nuovo asse dell’espansione metropolitana: M5 a Monza, potenziamenti linee suburbane e arterie stradali
hqmonza.it – M5 a Monza
La Brianza è al centro anche di un rafforzamento infrastrutturale locale e sovralocale. Il prolungamento della linea metropolitana M5 fino a Monza, attualmente in fase di progettazione esecutiva, rappresenta uno dei principali assi di trasformazione urbana. I treni, in attesa della definitiva copertura degli extra costi, dovrebbero viaggiare da dicembre 2033. A questo si affiancano i potenziamenti del sistema ferroviario suburbano, in particolare lungo le linee S7, S8 e S9, e gli interventi previsti sulle arterie extraurbane. Tra questi rientrano il completamento delle tratte B2 e C della Pedemontana Lombarda, con la riqualificazione della Milano–Meda e il nuovo raccordo verso la Tangenziale Est all’altezza di Vimercate.
# Effetti sulla composizione territoriale e sull’identità urbana
Maps – Monza
La combinazione di costi immobiliari inferiori, accessibilità infrastrutturale e disponibilità di servizi fuori da Milano, potrebbe contribuire a un progressivo spostamento del baricentro funzionale della regione verso la Brianza nel prossimo futuro. La ridistribuzione delle funzioni urbane potrebbe produrre una trasformazione dell’identità di Milano, che continuerebbe ad avere il proprio ruolo direzionale, ma perderebbe in esclusività funzionale. Alcune sedi universitarie, come la sede decentrata dell’Università di Milano-Bicocca a Monza, già oggi segnano una tendenza all’articolazione policentrica del sistema formativo. Il comparto produttivo ad alta intensità tecnologica, con una presenza nei poli da Agrate Brianza a Vimercate, potrebbe trovare nuovo slancio dopo l’ultimo periodo di difficoltà, affiancato dal solido distretto del mobile.
stooping_milano IG - Divano elegante in attesa di Amsa
Lo abbiamo chiesto ai milanesi. Tra commenti nostalgici e critiche dure, ecco cosa i milanesi terrebbero stretto della città. E cosa invece non vedrebbero l’ora di eliminare.
Le 5 cose da salvare
#1 Il patrimonio storico
Credits Andrea Cherchi – Castello Sforzesco vista laterale
Monumenti, palazzi, piazze e musei sono tra gli elementi più citati tra ciò che va salvato. Il Duomo, il Castello Sforzesco e i teatri storici rappresentano per molti l’identità profonda della città, un legame culturale che resiste ai cambiamenti.
«Il Duomo» – Giuseppina Siciliano «Salverei il Duomo, il Castello Sforzesco…» – Alessandro Brambilla «Salverei tanti locali, cinema, teatro, palazzi storici, luoghi dove si svolgono eventi divertenti e culturali.» – Ines Ines
#2 L’identità dei quartieri
Credits: @humphreyaxelpacetti – Abbazia di Chiaravalle
Nonostante la trasformazione urbanistica in atto, i milanesi riconoscono ancora un valore forte nelle singole zone. Dalla periferia ai Navigli, molti segnalano il desiderio di mantenere le radici locali e le caratteristiche dei quartieri.
«Salverei le identità dei singoli quartieri con la loro storia. Un’enorme cultura della città.» – Livia Bianchi «Salvo la mia zona: Crescenzago.» – Giudy Biraghi «Purtroppo si è snaturata…ma i quartieri hanno ancora qualcosa di vero.» – Alessandra Quaini
#3 Il trasporto pubblico
Credits Andrea Cherchi – Tram e Metro dall’alto
Metro e mezzi di superficie continuano a essere percepiti come uno degli aspetti meglio funzionanti della città. Nonostante alcune critiche recenti, il sistema resta per molti superiore rispetto a quello di altre città italiane e perfino europee. Le linee metropolitane, in particolare, vengono considerate un’infrastruttura efficiente, capillare e da difendere.
«Salverei le sostitutive M1-M2-M3-M4» – Luca Dido Di Santo «Una volta andavamo fieri dei mezzi pubblici…» – Alessandra Quaini
«I trasporti. Le persone.» – Aurora Isabela Pomponio
#4 Eventi e cultura diffusa
Credits Andrea Cherchi – Design week
Le manifestazioni cittadine, le settimane tematiche, i festival culturali e le iniziative locali sono riconosciute come elementi positivi. In particolare, quelle che coinvolgono il territorio e non si limitano al centro sono considerate da salvaguardare.
«Gli allestimenti provvisori per le varie ‘week’ Milanesi. Vorrei qualcosa che non finisca nella prima discarica.» – Gabriele Bianchi «Eventi divertenti e culturali» – Ines Ines
#5 Il milanese autentico
Molti commentatori parlano della figura del “vero milanese”, legato al lavoro, al senso civico e alla concretezza. Anche tra chi non è originario della città, si riconosce un modello umano e culturale che merita continuità.
«Salverei chi dimostra di essere un vero milanese o chi ne ha assorbito la cultura.» – Gaetano Bresci «Salverei i milanesi di un tempo che fu.» – Emanuela Tiziana Bertazzi «Salverei solo chi lavora e fa il proprio dovere senza rubare ecc. ecc.» – Stefania Pellegrini
Le 5 cose che buttare
#1 La cementificazione urbana
Andrea Cherchi – Vista su Porta Nuova
La trasformazione edilizia della città è vista da molti come un tradimento dell’identità storica. L’espansione verticale e la riduzione del verde vengono criticate per l’impatto ambientale e la perdita di vivibilità.
I commenti: «Una città cementificata, che diventerà 10 volte più inquinata…nessuna abitazione per lavoratori.» – Alessandra Quaini «Milano è irriconoscibile.» – Loredana Agnelli
#2 Le piste ciclabili che peggiorano la viabilità
Urbanfile – Cordoli in pietra
Non le ciclabili in sé, ma la loro realizzazione viene spesso bocciata. Cordoli invasivi, spazi sottratti ai parcheggi, viabilità compromessa: molti chiedono una revisione complessiva e una pianificazione più coerente.
I commenti: «Tanti cordoli, pochi parcheggi e meno alberi» – Alessandra Rebigiani «Ciclabili invece dei parcheggi e che determinano traffico per 4 persone che le usano.» – Alessandra Quaini
#3 Il traffico e le limitazioni
ZTL Quadrilatero della Moda
ZTL, Area C e parcheggi ridotti alimentano il malcontento diffuso. Il traffico congestionato e le difficoltà di accesso in auto sono indicati come uno dei maggiori motivi di disagio nella vita quotidiana.
I commenti: «Butterei il traffico assurdo. Ma ovvio.» – Livia Bianchi «Il sindaco pensa solo a incassare soldi: multe, strisce blu.» – Mimmo Diterlizzi «Vorrei che Sala portasse l’area C in Vietnam.» – Natale Pimpinelli
Il disequilibrio tra centro e periferie è un altro punto ricorrente. Molti denunciano l’abbandono di intere zone, la mancanza di sicurezza e la percezione crescente di insicurezza, spesso legata anche a politiche sociali poco efficaci.
«Snobbare le periferie… vergogna» – Mimmo Diterlizzi «Butterei tutta quella gente che ha reso Milano insicura.» – Nicoletta Ansoldi «Dormitori pubblici a tutte le ore, mezzi con attese lunghissime…» – Alessandra Quaini
#5 L’insicurezza urbana
Agenti Polizia Locale
La percezione di insicurezza diffusa viene indicata come uno dei principali problemi da affrontare. Molti collegano il degrado sociale all’assenza di controllo del territorio e alla perdita di regole condivise.
«È una giungla senza regole o con regole stupide.» – Alex Galvi «Vorrei che chi non si integra civilmente se ne andasse.» – Lilly Elle
# Un’indicazione per il futuro della città
Da questo spaccato sullo stato della città emergono delle priorità condivise. Valorizzare il patrimonio storico, la cultura diffusa e i trasporti efficienti può rafforzare l’identità milanese. Allo stesso tempo, affrontare i problemi legati alla gestione urbana, alla cementificazione e al traffico rappresenta una base concreta per ripensare Milano. Più che dividersi tra nostalgici e sostenitori del cambiamento, l’obiettivo potrebbe essere mantenere ciò che funziona e correggere ciò che crea disagio.
L’alta affluenza di milanesi durante l’estate ha “costretto” alcune località italiane ad adeguarsi alle esigenze di chi vive nella metropoli. Vediamo quali sono e come sono cambiati servizi, offerta e abitudini di consumo.
#1 Finale Ligure: cucina gourmet e app per la gestione di lettini e servizi
Ph. credits: turismocomunefinaleligure.it
A Finale Ligure si è consolidata una proposta turistica orientata al comfort urbano, con ristoranti come Suavis e Ai Torchi che offrono menù gourmet, alternative vegetariane, carta vini e consultazione digitale. Le prenotazioni vengono gestite tramite piattaforme online, così come in alcuni stabilimenti balneari che utilizzano app per la gestione di lettini e servizi. L’arredo di locali e alloggi segue criteri di design moderno, diffusi nel contesto milanese. Il centro storico ha visto l’apertura di attività improntate su format di consumo veloci e selezionati, mentre le strutture ricettive operano anche nei mesi di bassa stagione. La clientela, in buona parte lombarda, si concentra nei fine settimana e in estate, spingendo l’offerta verso standard più elevati.
#2 Salento: aperitivi serali, stabilmenti cinque stelle e cucina tradizionale reinterpretata in chiave moderna
Cinque Vele Beach Club
A Lecce, Gallipoli e nelle località costiere del Salento si è affermata una modalità di fruizione serale tipica delle città del nord, con l’apericena ormai consolidato in bar e locali dei centri storici. La proposta gastronomica unisce buffet, cocktail curati e musica dal vivo, mentre le prenotazioni per la ristorazione e i servizi avvengono prevalentemente online. Anche le spiagge attrezzate adottano strumenti digitali per l’organizzazione delle presenze. Tra questi spicca l’esclsiva “Le Cinque Vele” di Marina di Pescoluse, uno stabilimento cinque stelle con la prima SPA marina d’Italia, dove un giorno in spiaggia può arrivare a costare più di 1000 euro. L’afflusso estivo dalla Lombardia è rilevante e ha portato a una diffusione di locazioni brevi gestite tramite piattaforme. Anche la cucina tradizionale si è “adattata” alla esigenze dei milanesi con frequenti reinterpretazioni in chiave contemporanea.
#3 Pantelleria: dammusi ristrutturati, degustazioni nelle aziende agricole e offerta esclusiva
costeghirlanda.pantelleria IG
L’isola ha visto la crescita di strutture orientate a un turismo selezionato, come il Sikelia Luxury Retreat che propone suite ricavate da dammusi restaurati, cucina d’autore e servizi su misura. Alcuni progetti architettonici e di interior design sono stati curati da studi attivi a Milano, come Roots Srl. Un esempio è “Dammuso–Pantelleria” trasformato in luxury vacation rental, con vista mare, giardino mediterraneo e utilizzo di materiali naturali come pietra locale, argilla e legno di noce. I soggiorni, organizzati attraverso canali digitali, includono ormai da tempo esperienze personalizzate, escursioni, degustazioni e servizi benessere. Il modello del retreat punta su privacy, silenzio e paesaggio, in alternativa al turismo di massa, mentre l’attività agricola tradizionale è stata in parte affiancata da funzioni ricettive, con pasti con prodotti tipici a km zero, degustazioni e attività all’aperto.
#4 San Teodoro: ospitalità strutturata, cucina vegetariana e creativa e servizi tech
balharboursanteodoro IG
Nel nord-est della Sardegna, San Teodoro si è dotata di strutture che integrano servizi digitali e accoglienza di fascia medio-alta, come il Baglioni Resort Sardinia che comprende concierge, cucina gourmet e prenotazioni via app. I principali stabilimenti balneari offrono soluzioni tecnologiche per la gestione di lettini, pasti e attività sportive. Ristoranti come Bal Harbour e Il Diamante, presenti nelle liste di cucina vegetariana e creativa, propongono piatti crudi, fusion e opzioni senza carne, secondo a un’offerta urbana e selezionata. Alcune nuove aperture replicano format cittadini per arredo, servizio e layout. Le locazioni turistiche, prenotabili tramite piattaforme come EasyReserve, si concentrano in alta stagione, con afflussi maggiori nei mesi centrali. Secondo quanto riportato da operatori e da fonti di settore, cresce l’acquisto di seconde case da parte di residenti lombardi.
#5 Val di Fassa: rifugi attrezzati, con servizi da città e gestione digitale
baita_checco IG
In Val di Fassa diversi rifugi e baite sono stati trasformati per offrire esperienze all’insegna del benessere e della qualità.Baita Checco, accessibile in funivia da Vigo di Fassa o seggiovia da Pera, propone cene gourmet prenotabili online, trasporto serale con funivia, eventi come DolomitiSkiJazz e sessioni di yoga boschivo in estate. Il Rifugio Fuciade, raggiungibile con una breve escursione da Passo San Pellegrino, unisce cucina gourmet e pasticceria con escursioni guidate in ambienti naturali, ed è attrezzato per eventi come gite in motoslitta o slitta trainata da cavalli. Per gli amanti della tecnologia, anche i sentieri principali sono supportati da segnaletica smart e applicazioni per la navigazione. È disponibile inoltre il noleggio di e‑bike tramite strutture locali e outfitter (es. Sport Edy Rent & Go a Vigo di Fassa), per i nostalgici di Bikemi.
Il centralismo piace solo a chi gestisce il potere. Per i cittadini è una disgrazia. Si perde qualunque forma di controllo su chi governa. E si perdono di vista i soldi che si versano nelle tasse. Una regola aurea in tutti gli stati che funzionano: portare ogni potere il più vicino possibile ai cittadini. Che funziona a pochi chilometri da Milano. Perché non sperimentarla anche in Italia, proprio a Milano? Milano potrebbe diventare il laboratorio per testare un nuovo modello di governo urbano. Un sistema basato sul decentramento radicale dei poteri, simile a quello delle città-Stato e dei cantoni svizzeri.
# Milano con poteri da cantone: quali competenze potrebbe avere
Cantoni Svizzera
La Confederazione Elvetica assegna ai cantoni ampie competenze: fiscalità, poteri legislativi in materia di istruzione, sanità, sicurezza, trasporti, pianificazione territoriale e politica ambientale. I cantoni svizzeri approvano leggi proprie,gestiscono autonomamente i sistemi scolastici e sanitari, amministrano i trasporti regionali, e dispongono di una propria polizia. Un’eventuale riforma amministrativa del Comune di Milano potrebbe trasferire competenze analoghe alla città:
autonomia finanziaria con potestà impositiva;
competenza primaria sulla pianificazione urbana, infrastrutture, mobilità e servizi educativi e sanitari, mantenendo allo Stato funzioni di indirizzo generale e controllo di legittimità.
pianificazione energetica locale;
gestione diretta del sistema scolastico e formativo;
regolazione e gestione del trasporto pubblico su scala metropolitana;
gestione di parte della fiscalità locale legata a imprese e immobili.
Ancora meglio sarebbe agire sul territorio della Città Metropolitana, per gestire in modo unitario le tematiche del trasporto pubblico e della mobilità in generale, dell’abitare e del mercato del lavoro. Il principio di un modello autenticamente federale non è solo nell’autonomia abbinata alla responsabilità in entrata e in uscita delle risorse. Lo è anche nel decentramento spinto a ogni livello.
# I municipi come comuni svizzeri o i Bezirke di Berlino: cosa potrebbero fare
Municipi
Il decentramento non può arrestarsi al livello comunale. In Svizzera, anche i comuni godono di un’autonomia estesa, sebbene con variazioni significative da cantone a cantone. Sono i cantoni a definire il grado di autogoverno, ma in generale i comuni dispongono di poteri regolamentari, autonomia finanziaria e competenze dirette su urbanistica, servizi scolastici di base, assistenza sociale, infrastrutture e spazi pubblici. Alcuni, in particolare i più grandi, gestiscono anche una propria polizia municipale, sotto la supervisione del cantone.
Un assetto analogo a Milano richiederebbe un ripensamento del ruolo dei 9 municipi. Dovrebbero essere titolari di funzioni autonome su:
urbanistica di quartiere;
arredo urbano e verde;
mobilità locale;
gestione dei servizi di prossimità;
manutenzione ordinaria del territorio;
gestione degli spazi scolastici e dei servizi extrascolastici;
cultura e sport di base.
Ogni municipio potrebbe adottare propri regolamenti, gestire le tariffe, organizzare i servizi ambientali e amministrare direttamente il patrimonio pubblico. L’autonomia andrebbe sostenuta da bilanci indipendenti, proporzionali al gettito fiscale prodotto o calibrati sulle necessità specifiche del territorio.
Anche le Città-Stato tedesche, come Berlino, adottano questo modello per i loro municipi. I suoi distretti (Bezirke) hanno giunte e assemblee elette, gestiscono edilizia scolastica, urbanistica attuativa, servizi sociali, cultura di quartiere e infrastrutture pubbliche locali, pur operando entro un quadro normativo unico e con risorse definite a livello centrale.
# Confini funzionali e competizione virtuosa
wikipedia-org – Vecchia zone di Milano
L’attuale divisione in municipi risente di una logica amministrativa centralista. Alcune zone mescolano aree centrali e periferiche, rendendo incoerente la pianificazione, e pertanto sarebbero da rivedere i confini. Ad esempio, l’area di Porta Romana è oggi divisa tra tre municipi, nonostante presenti caratteristiche funzionali unitarie. Analogamente, le zone di Rogoredo, Corvetto, Gratosoglio e Stadera, oggi frammentate tra i Municipi 4, 5 e 6, mostrano esigenze comuni su trasporto pubblico, edilizia popolare e servizi sociali. Un’unica entità amministrativa faciliterebbe interventi coordinati. In questo senso, la precedente suddivisione in 20 zone appariva più coerente, pur se non ottimale.
Dare maggiore autonomia ai municipi non significherebbe solo gestire meglio i servizi locali, ma anche introdurre un meccanismo di competizione virtuosa. Ogni municipio potrebbe scegliere come destinare il proprio budget in base alle priorità dei suoi residenti: più investimenti in trasporto pubblico o assistenza sociale in una zona, maggiore attenzione a manutenzione o spazi culturali in un’altra. Differenziare non per creare disuguaglianze, ma per rispondere meglio ai bisogni, con risultati comparabili, valutabili e migliorabili. Questo tipo di dinamica favorirebbe l’innalzamento degli standard, attraverso l’emulazione delle pratiche più efficaci.
# Un modello replicabile nel resto d’Italia
Articolo 132 Costituzione
Milano può sperimentare una nuova forma di governance urbana multilivello, che avvicini il potere ai cittadini e migliori l’efficienza amministrativa. L’articolo 132 della Costituzione consente, con legge costituzionale, la creazione di nuove regioni con almeno un milione di abitanti. Milano supera ampiamente questa soglia e potrebbe promuovere un’iniziativa per diventare regione, come più volte da noi auspicato. Una volta ottenuti poteri regionali, spetterebbe all’amministrazione cittadina scegliere se accentrare le funzioni o trasferirle ai municipi. A differenza della Lombardia, che rimane centralisti verso i territori, Milano potrebbe adottare un assetto ispirato ai cantoni svizzeri o ai distretti delle città-Stato tedesche. Il passaggio da capoluogo a soggetto istituzionale con competenze primarie, articolato in unità locali autonome, costituirebbe un laboratorio per la riforma amministrativa nazionale: un modello, fondato sulla sussidiarietà, replicabile in altri contesti metropolitani. Una Milano con pieni poteri, distribuiti anche verso il basso, renderebbe possibile una gestione più efficace e controllabile.
Nel 2023 hanno cancellato la residenza a Milano oltre 35.000 persone, pari al 2,6% sul totale (dati Istat). Un numero enorme, come l’intera popolazione di Gorizia. Una tendenza che si concentra in particolare nei palazzi del centro, dove aumentano gli appartamenti vuoti o destinati ad affitti brevi. Non solo. In base a un sondaggio dell’Ipsos, il 73% dei residenti in Area C ha dichiarato che vorrebbe trasferirsi in periferia o nell’hinterland, cercando case più grandi, meno costose e in zone più vive. Ma quali sono i motivi che spingono i milanesi alla fuga? Lo abbiamo chiesto ai milanesi stessi: queste le cause di una possibile fuga da Milano. E quelle che potrebbero essere le soluzioni per disinnescarle.
#1 Perdita dell’identità milanese: non si sente più parte di una comunità con dei valori distintivi
Molti cittadini raccontano un distacco affettivo dalla città. Il senso di appartenenza è scomparso, la cultura locale percepita come cancellata. Restare non sembra più avere un significato emotivo.
«Con immenso dispiacere sto valutando di andare via da Milano, dove sono nato e sempre vissuto. Mi sono arreso. Ormai della mia Milano non c’è più nulla.» – Gaetano Bresci
Che cosa si potrebbe fare? Organizzare iniziative per il recupero delle tradizioni e della memoria dei vecchi quartieri, scomparsi o trasformati, tramite festival e presidi civici, valorizzazione delle botteghe storiche e degli spazi culturali di quartiere, programmi scolastici e associativi dedicati alla cultura milanese. Organizzare eventi di incontro e di partecipazione aperti alla collettività.
#2 Affitti e case fuori portata
Il costo dell’abitare è uno dei principali motivi di uscita dalla città. Sia per chi cerca di acquistare, sia per chi vive in affitto, Milano è ritenuta inaccessibile.
«Dopo 30 anni a Milano, tra 2 anni vado via. Sono in affitto e non trovo nulla per il mio budget.» – Francis Cabrel
Che cosa si potrebbe fare? Ampliamento dell’edilizia pubblica sul modello viennese, rilancio delle cooperative edilizie, tetti agli affitti brevi, incentivi alla proprietà condivisa e abitazioni modulari a prezzi calmierati.
Oltre alla casa, molti lamentano che il costo complessivo della vita quotidiana sia insostenibile: trasporti, tempo libero, scuola, salute. I servizi incidono troppo sulla spesa famigliare.
«È una metropoli dove c’è tutto, ma è per pochi. E quei pochi hanno i soldi.» – Roberto Casà
Che cosa si potrebbe fare? Contenimento dei costi per trasporti, sperimentando la gratuità come già fatto in Lussemburgo, e servizi essenziali. Tariffe calmierate per residenti, sconti e facilitazioni nei musei e spazi culturali, maggiore sostegno alle famiglie in base all’ISEE.
Molti segnalano il deterioramento dell’ambiente urbano, a partire da strade, stazioni, parchi. Il decoro viene meno e la città si presenta sporca, trascurata, non accogliente.
«Quando arrivi a Centrale non lo so se sei in Bangladesh o Marocco. Puzza di urina ogni angolo.» – Aleksandra Szymanska
Che cosa si potrebbe fare? Riqualificazione degli spazi con modelli CPTED (crime prevention through environmental design), che puntano a ridurre degrado e insicurezza attraverso progettazione e gestione intelligente degli spazi pubblici, potenziamento della pulizia urbana, gestione civica dei parchi da parte dei residenti, cura degli ingressi urbani come stazioni e capolinea.
#5 Microcriminalità e insicurezza
La sicurezza personale è un tema ricorrente, anche in aree centrali. In molti provano disagio e paura nel camminare di sera, specialmente le donne.
«Pagare 1000 euro per un bilocale e non poter uscire sola la sera non è vita.» – Priscilla Punzo
Che cosa si potrebbe fare? Illuminazione pubblica potenziata, vigilanza civica leggera nei quartieri, accordi con associazioni di presidio sociale, telecamere intelligenti e mediazione nelle zone a rischio.
Milano è vista come una città dove è difficile costruire relazioni. Il clima sociale è percepito come freddo, chiuso, competitivo. Il senso di comunità si è affievolito.
«Mi sono sentito prosciugato. Pochissimi amici. Sono scappato lasciando tutto.» – Gianluca Mio
Che cosa si potrebbe fare? Creazione di reti di vicinato attive, co-housing e microcomunità urbane, eventi di incontro pubblico nei cortili, incentivi a vivere e lavorare nello stesso quartiere.
Molti lasciano la città per sfuggire a un ritmo vissuto come disumano. La pressione del lavoro, del traffico e degli impegni compromette la qualità della vita.
«Lavorare a Milano va bene, ma viverci ti consuma.» – Claudio Di Benedetto
Che cosa si potrebbe fare? Diffusione di coworking di quartiere, smart working incentivato, servizi di prossimità, calendario civico con spazi liberi dal traffico, tour alla scoperta della Milano agricola.
#8 Mancanza di verde e spazi pubblici vivibili
La nuova piazza Cordusio sarà così
La scarsità di parchi accessibili, zone ombreggiate e spazi di relax è percepita come uno svantaggio. Anche nei quartieri verdi mancano manutenzione e fruibilità.
«Ci sto pensando seriamente. Sto cercando un posto in montagna, non troppo lontano da Milano.» – Lorenzo Ventiluglio
Che cosa si potrebbe fare? Raggiungimento dello standard OMS di 9 mq di verde per abitante, tetti verdi, orti comunitari, trasformazione dei cortili scolastici in spazi pubblici come fatto a Parigi nell’ambito del Progetto Oasis, giardini condivisi di quartiere.
#9 Aria irrespirabile e caldo estremo
Le temperature elevate rendono Milano ancora meno vivibile. Aria sporca, assenza di ombra, isole di calore accentuate dal cemento. Il disagio fisico è percepito da chiunque viva in città nel periodo centrale dell’anno.
«Troppo caldo, troppo rumore, aria sporca.» – Fran Cnt
Che cosa si potrebbe fare? Raffrescamento urbano tramite corridoi verdi e facciate vegetali, prendendo esempio da città come Toronto e Singapore, eliminazione delle superfici asfaltate non necessarie, incentivi per balconi e tetti verdi privati, installazione di sensori per monitorare in tempo reale parametri ambientali nei quartieri, diffusione di tecnologie e di impianti per aumentare la circolazione dell’aria.
#10 Scelta di una vita più semplice e salubre
Credits: https://www.viaggidialegio.it/
In molti casi il trasferimento è legato alla volontà di cambiare stile di vita. Non fuggono da Milano, ma vanno verso una vita più lenta, sicura e relazionale.
«L’ho fatto e sono felice. Vivo vicino al mare. Cammino serena, nessuna paura. I miei nuovi concittadini ti salutano con il sorriso.» – Ercloina Posola
Che cosa si potrebbe fare? Favorire la nascita di nuovi quartieri verdi e tranquilli, e rendere l’hinterland un luogo dove sia facile scegliere di restare, grazie a servizi comodi e accessibili, mantenendo il legame con Milano tramite trasporti pubblici frequenti e agevolati.
Sofia Loren per Voogue - Ph. @nininava IG - ph originale di Tazio Secchiaroli
“Vi faccio vedere come muore un italiano!“. Una frase che ha fatto storia durante la Guerra del Golfo. E che portò in auge l’italianità come valore, non una semplice caratteristica anagrafica. Tra i temi più divisivi e dibattuti del confronto politico nostrano c’è quello sulla cittadinanza. Trattato in maniera eccessivamente semplicistica e con troppo rigore ideologico sia dalla destra quanto dalla sinistra, a farne le spese sono gli immigrati regolari e più integrati. La cittadinanza italiana va meritata. Questo si dice. Ma se il discorso valesse anche per gli italiani? Anche perché non tutti sono all’altezza di potersi definire tali. Anzi, molti con il loro comportamento infangano l’essere italiani esattamente come accade per i prodotti patacca che all’estero fingono di venire dallo Stivale.
# Per la sinistra per essere italiani basta il soggiorno…
Ph: sant.egidio – Instagram
Negli ultimi anni ci siamo abituati a pensare alla cittadinanza non per quello che è, ma come uno dei cavalli di battaglia preferiti dalla sinistra. Quasi da sempre infatti la sinistra ha cercato di proporre leggi, come lo Ius Soli, che permettessero ai migranti giunti in Italia di accedere molto più semplicemente alla cittadinanza italiana. Questo perché ottenere la cittadinanza permetterebbe di accedere ai diritti che questa comporta. In realtà la maggior parte dei diritti che qualunque essere umano deve vedersi rispettati, sono garantiti anche attraverso i cosiddetti permessi di soggiorno e per partecipare pienamente alla vita sociale del Bel Paese serve fare un cammino ancora più lungo e complesso. Questo percorso dovrebbe infatti garantire che, chiunque entri in Italia, possa avere il tempo di integrarsi con la cultura nostrana, accettarne gli usi e i costumi e comprendere la mentalità riflessa nelle leggi dello Stato. Ma se da una parte è giusto far sì che tutto questo venga rispettato, è anche vero che ci sono certi limiti legislativi veramente assurdi. Tuttavia le proposte della sinistra sono sempre troppo semplicistiche, formulate talmente male da far capire che l’interesse non è tanto di estendere realmente la cittadinanza, ma di utilizzarla per mero tornaconto politico. Cosa ne pensa invece la destra?
# …per la destra essere italiano è un valore
Ph: ignazio.larussa – Instagram
La destra su questo è molto chiara: essere italiani è un motivo di orgoglio. Perché indice di una serie di valori distintivi. L’esempio chiave utilizzato dalla destra è il coraggio singolare di Fabrizio Quattrocchi, che poco prima di essere giustiziato da un gruppo di terroristi tenta di togliersi la benda che gli copriva il viso, per andare incontro alla morte a volto scoperto, mentre diceva “vi faccio vedere come muore un italiano!“. Uno storico simbolo di italianità, concentrato di onore, coraggio e patriottismo, sprezzante del pericolo anche nell’ultima ora. Quindi, secondo la destra, essere italiani è qualcosa di distintivo che va meritato. Almeno per gli stranieri. Ma se è indice di determinati valori, allora perché solo gli stranieri devono meritarselo?
# Il diritto-dovere della cittadinanza dovrebbe essere esteso anche agli italiani
Quelli incarnati dall’essere italiani, si tratta di valori che spesso sono traditi e sviliti proprio dagli italiani. Compromettendo pertanto l’immagine e il valore stesso di potersi definire italiani. Quattrocchi andò incontro alla morte portando con sé un’idea di Italia con la quale molti italiani da quattro soldi non hanno niente a che fare. Eppure sono italiani esattamente come era lui. E come quelli che incarnano al meglio l’italianità. Qual è dunque il criterio che distingue un italiano da un qualsiasi altro straniero? Il proprio sangue o l’adesione completa a quegli stessi valori per cui Quattrocchi morì con coraggio?
Evitando i concetti di sangue e razza, che sono più adatti agli animali piuttosto che agli uomini, la domanda che spontaneamente si vuol porre a entrambi gli schieramenti è: in cosa consiste essere cittadino italiano? Bisogna anzitutto ricordare che la cittadinanza non c’entra nulla con l’autoctonia, perché è uno status giuridico che comporta diritti e doveri: non basta essere nati in Italia da genitori italiani per esserne degni cittadini, se poi non si rispettano gli impegni legati alla comunità nazionale in cui si è inseriti. In quest’ottica chi merita di più: un italiano nato da italiani che evade le tasse, o uno straniero arrivato in Italia per lavorare pagando i contributi e interessandosi della cosa pubblica? D’altra parte non hanno senso nemmeno le proposte che suggeriscono di far ottenere la cittadinanza a chiunque sia presente in Italia da un tot numero di anni: esistono tantissimi altri vincoli, per esempio legati alla fiscalità, che nulla hanno a che vedere con l’italianità stessa e che dovrebbero essere il vero tema da affrontare. L’Antica Roma aveva già risolto questo problema migliaia di anni fa, premiando i meritevoli e preservando le identità attraverso il contributo attivo. La cittadinanza dev’essere ripensata in questo modo, includendo criteri pragmatici che favoriscano soprattutto la possibilità di comprendere il contesto culturale italiano e contribuire alla crescita della società. Oltretutto dovrebbe essere più dinamica: la possibilità di acquisirla, così come il rischio di perderla, dev’essere estesa anche agli italiani “di sangue”, aumentando una consapevolezza critica della propria appartenenza alla comunità nazionale e incentivando la partecipazione civica.
Lo strumento più adatto a realizzare un progetto simile è la scuola: forgiare le persone all’insegna dell’identità culturale italiana, offrendo un percorso al termine del quale si presta un giuramento che, nell’eventualità in cui vengano traditi quei valori per cui si è giurato, magari commettendo reati gravi contro la collettività, la cittadinanza viene revocata. Questo modello valorizzerebbe il merito, non il sangue, e favorirebbe l’integrazione senza sacrificare l’identità. La cittadinanza diventerebbe così un patto attivo, non un diritto automatico, garantendo coesione, rispetto reciproco e crescita collettiva.
Estate 2025. Appena iniziata, già si riescono a individuare delle tendenze nelle scelte dei milanesi. Almeno in base ai principali siti di prenotazione viaggi. Partiamo da chi è in discesa: alcune mete tradizionali come Riviera ligure, Versilia e Costa Azzurra risultano in lieve arretramento rispetto agli ultimi anni. Vediamo, invece, le destinazioni più in crescita.
# Lago d’Iseo e Franciacorta: turismo lento con esperienze enogastronomiche
maria.santiago18 IG – Lago d’Iseo
Prosegue con il vento in poppa il nuovo boom del Lago d’Iseo: nel 2024 ha registrato per la prima volta oltre un milione di presenze, con un totale di 1.000.018 pernottamenti e un aumento del 6% sull’anno precedente. I dati provengono da Visit Lake Iseo e sono stati validati da Regione Lombardia. Le località più frequentate sono Iseo (451.000 presenze), Predore (83.000), Lovere (67.000) e Sarnico (42.000). Il 60% dei turisti è straniero, ma cresce la quota interna, soprattutto da Milano. A trainare l’area è anche la Franciacorta, zona vinicola apprezzata per le cantine e i relais. I soggiorni brevi includono spesso esperienze tra lago e colline e l’offerta si articola tra ricettività diffusa, percorsi naturalistici e proposte enogastronomiche. Secondo Demoskopika, le aree lacustri lombarde raggiungono un gradimento medio di 91,9 su 100, e il Sebino si conferma tra le mete più in ascesa.
# Valtellina e Valcamonica: per i milanesi amanti di percorsi escursionistici, borghi storici e cucina locale
arrabitogianfranco IG – Cividate Camuno
Altro territorio lombardo in grande spolvero. Già nel 2023 la Valle Camonica ha registrato un aumento del 14% negli arrivi e del 14,6% nelle presenze rispetto all’anno precedente, superando i livelli pre-pandemia. Il trend in ascesa è confermato con percentuali in doppia cifra anche nel 2024 e sembra proseguire pure nell’estate 2025. Le località più di successo sono quelle legate a percorsi escursionistici e borghi storici. In Valtellina, pur in assenza di dati percentuali aggiornati, si registra una crescita rilevata dalle strutture ricettive. Le montagne lombarde attraggono un pubblico in cerca di clima più mite e soggiorni tranquilli.I collegamenti ferroviari da Milano consentono spostamenti rapidi anche per brevi vacanze. L’offerta si concentra su agriturismi, rifugi e ospitalità familiare.
# Croazia: in ascesa Istria, Quarnero e le isole maggiori
gabriela_castill IG – Croazia
Tra le mete estere troviamo la Croazia. Nei primi 11 mesi del 2024 ha totalizzato 20,9 milioni di arrivi turistici (+3,5%) e 107,7 milioni di pernottamenti (+1%) secondo i dati ufficiali dell’Ente croato per il turismo. Gli arrivi italiani tra gennaio e maggio 2024 sono stati 148.561 (+4%), con 368.055 pernottamenti (+3%). Nel solo aprile 2025 si registra un aumento del 14% nei turisti totali e del 17% nei pernottamenti. Le mete più scelte sono Istria, Quarnero e le isole maggiori. La vicinanza geografica e i collegamenti via strada o traghetto agevolano le partenze da Milano. Il rapporto qualità-prezzo, nonostante i rialzi degli ultimi anni, resta competitivo rispetto alla costa italiana. I soggiorni sono brevi e spesso organizzati in autonomia, con una quota di turismo ripetuto in crescita, specie tra famiglie e gruppi giovani.
Credits: Foto di Giuseppe Nervi da @brianzafoto IG
Sembrerebbe impossibile da credere, ma esiste un edificio in grado di far concorrenza al Duomo, uno dei simbolo storici e immortali di Milano. Il monumento è conosciuto come “Il Piccolo Duomo” e si trova a poca distanza da Milano. Andiamo a scoprirlo.
Il Duomo ha un gemello, nascosto a pochi chilometri da Milano
# “Un monumento tanto maestoso e imponente quanto il Duomo di Milano”
Credits: Foto di Giuseppe Nervi da @brianzafoto IG
Il “piccolo Duomo” si trova a Cassago Brianza (LC).
Si tratta in realtà di un Mausoleo appartenente alla famiglia Visconti, un’antica e potente famiglia di nobili di Milano, il cui desiderio era proprio quello di costruire un monumento tanto maestoso e imponentequanto il Duomo di Milano per poter richiamare agli occhi di tutti la sua grandezza e omaggiare la casata. Così nasce il Mausoleo nel 1884, terminato nel 1890, grazie all’architetto Giovanni Ceruti.
# Il mausoleo in marmo di Carrara sulla cima d’un colle
Costruito interamente utilizzando il marmo di Carrara, dalla sua figura spicca il bianco delle guglie gotiche che si stagliano nel cielo brianzolo e ne donano un’immagine solenne ed intimidatoria accentuata dalla posizione particolare in cui è stato costruito. Infatti, il piccolo Duomo è stato realizzato in cima ad una piccola collina proprio con l’intento di renderlo ancora più possente, la quale promette una vista spettacolare sulla campagna del Tremicino.
# La resurrezione… dei morti?
Credits: @fuma80_ph IG
Al suo interno, insieme a numerose opere d’arte, sono custodite le spoglie mortali dei membri della famiglia Visconti di Mordone e le vittime della morte nera, colpite dalla peste che aveva travolto l’Europa intorno alla metà del 1300. Le tombe familiari sono distribuite su due piani in cui riposano i membri vissuti fino all’Ottocento e al Novecento. Ma la particolarità di questo monumento, magari un po’ macabra per alcuni ma affascinante per altri, si riscontra nella sua piantaottagonale, un chiaro riferimento biblico simboleggiante la resurrezione di Cristo avvenuta proprio nell’ottavo giorno.
# Festa de Sajopp
Credit: @floriano.calcagnile IG
Ancora oggi, il ricordo legato al Mausoleo e la sua storia viene celebrato durante la Festa de Sajopp (San Giobbe) che si tiene a maggio e riunisce la tradizione religiosa con quella contadina della zona, in quanto celebrato come protettore della coltivazione dei bachi da seta. Questa celebrazione solitamente si svolge su più giornate tra mercatini allestiti a pochi passi dall’edificio, pranzi e cene in compagnia offerti dall’associazione Sajopp, musica e divertimento per grandi e piccini.
Ogni distretto ha una funzione prevalente: l’innovazione tecnologico-sanitaria a Rho, il welfare integrato a Sesto, l’abitare smart a Segrate. In comune c’è la posizione esterna rispetto ai confini di Milano e una pianificazione orientata alla sostenibilità.
# MIND, il polo di ricerca scientifica, sanitaria e tecnologica dove c’era Expo
Ecosistema MIND
Nell’ex area Expo 2015 di Rho sta prendendo corpo MIND: Milano Innovation District, in sigla MIND. Si estende su un’area di oltre un milione di metri quadrati, con funzioni legate alla ricerca scientifica, sanitaria e tecnologica. Include il nuovo ospedale Galeazzi, il campus scientifico della Statale, in costruzione e con inaugurazione prevista nell’anno accademico 2027/2028, la sede del Human Technopole e del nuovo istituto di genomica. Il masterplan è curato da Arexpo con la gestione affidata a Lendlease. Tutti gli edifici seguono criteri di sostenibilità ambientale e innovazione. La rete viaria interna è ciclopedonale, mentre l’interconnessione esterna è garantita da ferrovia, autostrade e metropolitana. A regime sono attese circa 60.000 persone tra residenti, operatori e ricercatori, fino a 70.000 visitatori giornalieri stimati. Il completamento è previsto entro il 2036.
# MilanoSesto, il nuovo polo del welfare metropolitano
MilanoSesto masterplan
A Sesto San Giovanni è in corso la trasformazione dell’area ex Falck. Il progetto MilanoSesto prevede 1,5 milioni di metri quadrati di sviluppo. Il masterplan, firmato da Foster + Partners, prevede la costruzione di una Città della Salute e della Ricerca, con la presenza dell’ospedale Besta, l’Istituto dei Tumori e altre strutture sanitarie, compreso il secondo campus universitario del San Raffaele. Sono previsti anche residenze, spazi pubblici, scuole e un parco lineare. Il nuovo quartiere sarà servito dalla rinnovata stazione ferroviaria con passerella trasparente, firmata Renzo Piano, e da un hub intermodale che include la metropolitana. L’intervento è promosso da Hines e Prelios, in partenariato pubblico-privato. Il completamento del polo privato “Unione Zero” con uffici, studentato e piazza è stimato entro il 2027.
# Milano4You, il distretto smart con residenze e commercio integrati
Milano4You
A Segrate è stato approvato Milano4You, smart district da 900.000 metri cubi con 90.000 metri quadrati di GLA. Il progetto prevede edifici da 4 a 11 piani a uso residenziale, commerciale e direzionale. Tutti gli edifici sono certificati LEED Gold e alimentati da fonti rinnovabili. L’impianto urbanistico integra verde, spazi pubblici, percorsi ciclopedonali e digitalizzazione dei servizi. Sarà presente un grande centro commerciale con aree per il tempo libero e coworking. Il progetto è sviluppato da RED Srl con il supporto di Accenture e Cisco per la parte tecnologica. Il PII è stato approvato nel 2018, con previsione ufficiale di inizio lavori già nel 2017 e conclusione tra il 2023 e il 2025. Ad oggi però il cantiere ancora non è stato avviato.
A due passi da Porta Venezia, c’è uno dei palazzi con le decorazioni più belle di Milano. Viene considerato “il più bel palazzo liberty di Milano”.
# Donne formose e motivi floreali
Si tratta di casa Galimberti, progettata da Giovanni Battista Bossi e fatta costruire nel biennio 1903-1905 su incarico dei fratelli Galimberti.
E’ ritenuto uno degli esempi più brillanti del Liberty milanese grazie alle decorazioni disegnate dal Bossi. Al primo piano sono raffigurate delle formose figure femminili mentre negli altri piani vi sono motivi floreali che abbondano anche gli spazi interni. Ma la sua caratteristica non è solo l’estetica. Vediamo qualche curiosità che non tutti conoscono.
# Era anche un’avanguardia tecnologica. Ospitò anche i primi sussulti del futurismo
Quando fu costruito presentava delle caratteristiche di avanguardia per i tempi, come il riscaldamento centralizzato e l’ascensore, di cui a inizio Novecento erano dotati solo pochi palazzi. Nel 1923 Casa Galimberti ospitò una mostra d’arte organizzata dalla Famiglia Artistica Milanese, che presentava opere di figure di spicco del movimento futurista, come come Umberto Boccioni e Carlo Carrà.
# Sopra la Roggia Gerenzana, “occupato” dal Panino Giusto
Credits Andrea Cherchi – Casa Galimberti
Anche se l’edificio è stato sottoposto a vincolo monumentale nel 1965, sorprende sempre il contrasto tra lo stile del palazzo con quello del Panino Giusto, catena di locali di grande successo della città.
Una curiosità: sotto l’angolo del palazzo passa la Roggia Gerenzana, che porta acque dalla Martesana a Rogoredo. Un tratto ancora scoperto lungo 20 metri è visibile nel cortile dell’edificio di via Spallanzani 10 (dove si trova la Unes).
Fa caldo. Molto caldo. Clima perfetto per riscoprire questa selezione di punti panoramici assolutamente da non perdere secondo “In Lombardia”, il sito ufficiale del turismo lombardo.
#1 Campanile di San Nicolò – Lecco: la seconda torre campanara più alta d’Italia
Credit: campaniledilecco.it
Il campanile di Lecco é, tra quelli non adiacenti alla chiesa, la seconda torre campanaria più alta d’Italia ed è sicuramente tra le più alte d’Europa. Per arrivare in cima si devono percorrere 380 scalini per un totale di 96 metri, ma una volta arrivati si ha una vista a 360° sulla città di Lecco, sul lago e sulle montagne che lo circondano.
#2 Sacro Monte – Varese: Patrimonio Unesco
Credit: in-lombardia.it
Il Sacro Monte di Varese è una bellezza certificata, nominato Patrimonio dell’Umanità UNESCO infatti lascia ogni visitatore a bocca aperta. E’ situato su una collina alle spalle della città, e per raggiungere il Piazzale Pogliaghi (il punto più alto) si può percorrere un altrettanto panoramico sentiero con ben quattordici cappelle.
La funicolare che collega Como a Brunate offre per tutto il viaggio una vista unica sul lago di Como che continua a cambiare prospettiva, ma il punto d’osservazione migliore è sicuramente l’arrivo.
#4 Torre Civica – Bergamo: il classico “Campanone”
Credit: Instagram @alleolmi
La Torre Civica, anche conosciuta come Campanone, è il filo rosso che unisce la Città Alta e quella Bassa. Dalla sua cima infatti si può osservare tutta la città, e dai suoi quasi 53 metri d’altezza anche la Bergamo Alta non sembra poi così tanto alta.
#5 Torrazzo – Cremona: la torre in muratura più alta d’Europa
Credit: clickfor_Lombardia
Il Torrazzo di Cremona è la torre in muratura più alta d’Europa con i suoi 112 metri e da questa altezza è uno dei punti panoramici più belli in Lombardia. Dalla cima si ha una vista su tutta la città e oltre, insomma il posto perfetto per qualche scatto da condividere.
#5+1 Osservatorio Giuseppe Piazzi – Ponte in Valtellina (Sondrio): una vista spaziale
Credit: osservatoriopiazzi
L’osservatorio Astronomico Giuseppe Piazzi si trova in località San Bernardo, nel Comune di Ponte in Valtellina, a 1238 mslm. Tutta la strumentazione contenuta è orgogliosamente Made in Italy e permette attività non solo scientifiche ma anche turistiche e scolastiche. Da qui è inutile dire che la vista è davvero… spaziale.
Qual è il tuo luogo panoramico lombardo preferito?
Siamo entrati nel mese più caldo di Milano. Luglio. Ha una temperatura giornaliera media di 24,6°C . Ce ne siamo accorti dal crollo dell’insegna Generali a CityLife. Per alcuni è colpa del caldo. Anche se è strano: non è la prima, né l’ultima volta che a Milano si toccano temperature così calde. Ma per essere più precisi: quali sono gli altri record del meteo dell’estate milanese?
Ph. @milanogramma IG
# L’estate più calda di sempre
Estate 2003: record di giornate sopra i 37 gradi.
L’Estate 2024 si colloca al quinto posto tra le estati più calde: presenta però anche un record assoluto. L’Agosto del 2024 è stato l’agosto più caldo di sempre.
# Il giorno più caldo di sempre
Dipende. C’è quello più caldo per media giornaliera e quella per la temperatura massima mai raggiunta.
23 agosto 2023: temperatura media giornaliera di 33 °C, il valore più alto dal 1763
11 agosto 2003: valore massimo assoluto, con un picco a +39,3 °C, massima registrata mai raggiunta a Milano Brera
Nota: nella storia di Milano non si è mai arrivati ai 40 gradi. Ci riusciremo quest’anno?
# Il giorno più freddo di sempre
Facciamo un salto fuori dall’estate. Il minimo mensile più basso registrato in assoluto (inverno) è stato di –17,3 °C il 23 gennaio 1855. In tempi più recenti: -17 gradi nel gennaio 1985. L’anno della nevicata del secolo.
# Quanti giorni piove d’estate?
Durante l’estate a Milano si hanno in media 24 giorni di precipitazioni per un totale di 237 mm di pioggia caduta. A giugno sono 10 i giorni in cui si registrano precipitazioni, a luglio 7, così come ad agosto.
# Il giorno che ha piovuto di più
5 settembre 2024: sono caduti 137,3 mm in poche ore. Il giorno più piovoso di sempre, non solo dell’estate.
# L’estate più piovosa di sempre
Secondo i dati storici, è stata quella del 2014: si sono registrate precipitazioni quasi giornaliere.
Per godersi atmosfere da ZTL anche in vacanza. Senza auto.
#1 Monte Isola e Lago d’Iseo (1h30)
marianna_mozzillo IG – Monte Isola
Il treno da Milano Centrale impiega un’ora e mezza per arrivare a Sulzano. Da lì parte il battello per Monte Isola, che è la più grande isola lacustre d’Europa. L’intera isola è segnata da un unico anello stradale di 9 km, tra antichi borghi di pescatori e botteghe artigiane. A Peschiera Maraglio si trovano ancora cantieri che costruiscono le barche a remi in legno tipiche del Sebino. L’isola è famosa anche per aver ospitato nel 2016 l’opera galleggiante di Christo, “The Floating Piers”.
# 2 Colico, dove l’Adda entra nel Lago di Como (1h40)
veronicamastalli IG – Colico
Si arriva con un treno diretto da Milano Centrale in un’ora e 40 minuti. Colico è il punto in cui il fiume Adda entra nel lago di Como ed è nota per la costante presenza del vento da nord. La baia di Piona è usata tutto l’anno per windsurf, vela e kitesurf. A monte del paese si trova il Forte Montecchio Nord, tra le fortificazioni meglio conservate della Prima guerra mondiale. La zona è attraversata anche dalla ciclovia Sentiero Valtellina, lunga più di 100 chilometri.
# 3 Peschiera del Garda (1h20)
Credits: @ban1978.af – Peschiera del Garda
Il treno da Milano Centrale arriva in 1 ora e 20 minuti alla stazione di Peschiera. La città è racchiusa da mura a pianta pentagonale, costruite durante la dominazione veneziana. L’intero centro è stato dichiarato patrimonio dell’umanità UNESCO come parte del sistema difensivo veneto. Dal porto partono battelli per ogni angolo del lago, da Sirmione a Riva. La ciclabile del Mincio collega direttamente Mantova, passando per uno dei borghi più fotografati d’Italia: Borghetto sul Mincio.
#4 Vigevano e la sua piazza rinascimentale (0h31)
daviderossinetti IG – Vigevano
Da Milano Porta Genova si impiegano 31 minuti per raggiungere Vigevano. La Piazza Ducale, realizzata sotto Ludovico il Moro, è considerata uno dei primi esempi di piazza rinascimentale a impianto scenografico. Il Castello Visconteo è collegato alla piazza da una strada sopraelevata coperta, unica in Europa. A Vigevano si trova anche il Museo Internazionale della Calzatura, dedicato alla tradizione locale della produzione di scarpe. Il centro è circondato da percorsi naturalistici lungo il fiume Ticino.
#5 Chiavenna, una delle porte verso la Svizzera (2h00)
miziopen IG – Chiavenna
Si arriva da Milano in due ore con cambio a Colico. Chiavenna è storicamente una delle porte verso la Svizzera, lungo l’antica Via Spluga. I crotti naturali, grotte con ventilazione perenne, sono ancora oggi usati per la conservazione e la degustazione dei prodotti locali. Il centro conserva edifici civili e religiosi del Cinquecento e un parco archeologico con resti romani.Le cascate dell’Acquafraggia, già citate da Leonardo da Vinci, si trovano a 20 minuti a piedi dal centro.
#6 Stresa e Isola Bella (1h10)
regina.palace.hotel IG – Stresa
Il treno da Milano Centrale arriva a Stresa in poco più di uniora. Dalla stazione si raggiunge a piedi il molo da cui partono i battelli per le Isole Borromee. Isola Bella ospita il Palazzo Borromeo con i giardini terrazzati, residenza di una delle famiglie nobiliari più influenti del Nord Italia. Il lungolago di Stresa è costeggiato da alberghi liberty, alcuni dei quali storici come il Regina Palace. Ogni anno ospita il festival classico “Settimane Musicali”, uno dei più antichi d’Italia.
#7 Mantova, città d’acqua e di corte (2h00)
romina_personeni IG – Mantova
Con il treno da Milano Centrale si arriva a Mantova in 2 ore esatte. La città è costruita tra tre laghi artificiali che la circondano come un fossato. È stata per secoli capitale del ducato dei Gonzaga, con un patrimonio artistico che include il Palazzo Ducale, il Castello di San Giorgio e Palazzo Te. Il centro è compatto, attraversato da una rete di ciclabili e percorsi culturali. Lungo il Mincio si estende il parco naturale, accessibile direttamente a piedi dal centro urbano.
Ci sono senza dubbio alcuni cibi che non si vedono più sulle tavole dei milanesi e degli italiani in genere. Tipo questi sette.
#1 Poke
Credits lovepoke – Foodspirit
Nonostante in città siano molti i locali dedicati alla poke, sembra proprio che recentemente le poke bowl non siano più di moda. Sempre più snobbate, sempre più vuoti i locali del settore a favore di bar, cantine con cucina e bistrot made in Italy.
#2 Tortellini
mani_in_pasta2025 IG – Tortellini
Qualcuno ne ha visti in giro nei ristoranti? Personalmente no. Non mi risulta nemmeno che facciano parte della lista della spesa dei milanesi, sempre più attenti a cibo sano, km zero, sostenibilità e ambiente, con un maggior consumo di frutta, verdura, cereali e cibi semplici. E no, I tortellini non rientrano in questo nuovo trend.
#3 Pennette a go go
chefincamicia IG – Pennette alla vodka
Tipico piatto anni ’80, arcinoto nelle feste notturne, nelle cene e dopo cena post discoteca, è esploso contemporaneamente al boom dei fast food. Pennette alla vodka, con panna e prosciutto non si vedono più nelle tavole dei milanesi e degli italiani in genere.
Ma è proprio la panna che non viene quasi mai utilizzata, perché nasconde i sapori e conferisce ai piatti una cremosita’ che oggi, più semplicemente, si ottiene risottando la pasta con acqua di cottura.
#4 Raviolo aperto
irina.romanoff IG – Raviolo aperto
Mitica invenzione del mitico Gualtiero Marchesi era costituito da 2 sfoglie di pasta fresca, una bianca e una verde, con ripieno a base di cape sante e sovrapposte l’una sull’altra. Sparito dalla ristorazione milanese, ma è proprio il raviolo, chiuso o aperto che esso sia, ad essere passato di moda.
#5 Insalata di riso
casapappagallo.it – Insalata di riso
Chi non ricorda i ciotoloni gonfi di riso, con dentro qualunque cosa, spesso cibo di recupero e quindi pietanza svuota frigo? Non fa nemmeno più parte del “corredo” schiscette del milanese che per fortuna, predilige altri cibi più sani come hummus, verdura, frutta o barrette proteiche.
#6 Arrosto della domenica
gianfrancoschillaci IG – Arrosto
Era un rito sacro della domenica assieme al risotto, al brodo e al bollito. Non c’era domenica senza arrosto, spesso un po’ secco e stopposo, diciamolo. Oggi si preferisce uscire, alla ricerca del brunch perfetto, in famiglia o con gli amici: è sparito l’arrosto ma non il desiderio di convivialità
#7 Cocktail di gamberi
foodamico IG – Cocktail di gamberi
Qualcuno ne ha più sentito parlare? Sparito, dileguato. A Milano, dove il pesce è fresco, si prediligono preparazioni semplici. Il pesce fresco, del resto, non ha bisogno di salsine e cremine e via quindi di tartare, crudite’, tonni scottati e polpo arrosto. Molto meglio no?
Città nel deserto, villaggi modulari e simulazioni lunari costituiscono alcune delle nuove visioni turistiche. Ecco dove si potrebbe andare in vacanza nel prossimo futuro.
#1 The Line: una città lineare nel deserto lunga 170 chilometri
The Line
The Lineè una struttura urbana lineare progettata nel deserto dell’Arabia Saudita nell’ambito del piano NEOM. Il tracciato previsto si estende per 170 chilometri con una larghezza costante di 200 metri e un’altezza di 500 metri. Il sistema elimina del tutto la circolazione stradale e l’uso di automobili, sostituiti da una rete interna ad alta velocità. L’intero impianto è alimentato esclusivamente da fonti rinnovabili, con un controllo climatico interno costante. L’obiettivo dichiarato è ospitare fino a 9 milioni di abitanti distribuiti lungo il corridoio urbano. Le facciate riflettenti delle due pareti parallele servono a limitare l’impatto ambientale. Ogni area sarà accessibile in meno di venti minuti grazie a una linea sotterranea automatizzata. La costruzione è stata avviata nel 2021 con una pianificazione suddivisa in fasi e prime inaugurazioni entro il 2030. Il progetto è gestito da enti statali sauditi.
Oceanix è un insediamento marino modulare in attesa di realizzazione presso la costa sudcoreana di Busan. Il progetto è promosso in collaborazione con le Nazioni Unite e ha come obiettivo la costruzione della prima città galleggiante resiliente ai cambiamenti climatici.Ogni unità abitativa ha una forma esagonale ed è predisposta per essere autosufficiente dal punto di vista energetico, idrico e alimentare. L’intero complesso sarà ancorato al fondale per garantire stabilità anche in presenza di eventi estremi. La fase iniziale prevede una capacità abitativa di 12.000 persone, con possibilità di espansione fino a 100.000 residenti. I materiali da costruzione selezionati sono leggeri, resistenti e a basso impatto ambientale. L’energia sarà fornita da impianti solari ed eolici integrati nella struttura. Il progetto rientra tra i modelli pilota per la gestione sostenibile delle zone costiere.
#3 Liberland nel metaverso: un villaggio virtuale legato a una micronazione reale
Hadid – Liberland metaverso
Liberland Metaverse è un progetto urbanistico ibrido, fisico e digitale, concepito in relazione a una zona geografica tra Croazia e Serbia non ufficialmente rivendicata da nessuno Stato. La città è stata disegnata nello spazio virtuale con il supporto dello studio Zaha Hadid Architects e si sviluppa nel metaverso come comunità decentralizzata. Gli utenti possono acquistare spazi virtuali sotto forma di NFT, costruire edifici personalizzati e interagire tramite una piattaforma in blockchain. Il modello prevede la creazione di un’economia interna basata su token e criptovalute. Sono stati realizzati moduli abitativi galleggianti e un villaggio eco-turistico lungo il Danubio, in prossimità dell’area rivendicata da Liberland. Il progetto ha lo scopo di sperimentare nuove forme di convivenza e governance digitale. L’accesso è aperto a sviluppatori, investitori e turisti. L’interazione tra la componente reale e quella virtuale è continua.
#4 ReGen Villages: un villaggio modulare per l’autosufficienza energetica e alimentare
ReGen Villages è un modello di insediamento residenziale sviluppato dallo studio danese EFFEKT, con la collaborazione di istituzioni accademiche e partner tecnologici europei. L’obiettivo è costruire villaggi autosufficienti in grado di produrre internamente energia, acqua e cibo. Ogni nucleo abitativo comprende serre integrate, sistemi di agricoltura verticale e impianti per il recupero e la gestione dei rifiuti. Le abitazioni sono realizzate in legno e materiali sostenibili, organizzate intorno a spazi condivisi. Il progetto prevede l’utilizzo di pannelli fotovoltaici, batterie di accumulo e sistemi geotermici per la copertura energetica. Il ciclo dell’acqua è gestito tramite sistemi locali di fitodepurazione. I primi siti pilota sono in fase di costruzione nei Paesi Bassi e in Danimarca. Ogni villaggio ospiterà da 100 a 300 persone. L’impianto è pensato per favorire una forma di turismo educativo e partecipativo.
#5 Moon Dubai Resort: una struttura turistica a forma di luna da 5 miliardi di dollari
Moon Resort
Moon Dubai è un complesso architettonico progettato dalla società canadese Moon World Resorts e destinato agli Emirati Arabi Uniti. Il progetto prevede la costruzione di una sfera di 224 metri di altezza che riproduce fedelmente l’aspetto della Luna. L’interno sarà occupato da un hotel, un centro benessere, un’arena da 10.000 posti, spazi residenziali e un’area tematica che simula una passeggiata lunare a gravità controllata. Il complesso è pensato per ospitare oltre 2 milioni di visitatori all’anno. L’intero impianto sarà alimentato da fonti energetiche rinnovabili integrate nella struttura. L’obiettivo è offrire un’esperienza turistica immersiva a tema spaziale, senza necessità di voli suborbitali. La sfera sarà circondata da una base circolare contenente i servizi logistici e le infrastrutture secondarie. Il costo stimato per la realizzazione supera i 5 miliardi di dollari. Il progetto è in fase di promozione commerciale e in attesa di autorizzazioni per l’avvio effettivo.
Grattacieli sul mare, wellness tra gli ulivi, marina d’élite e parchi resort. Le prossime destinazioni dei supericchi in Italia?
# “Jesolo Lido Village”, il complesso di lusso sul litorale veneto con beach houses, spa e un grattacielo di 24 piani
meiers – Rendering finale progetto
Sul litorale veneziano è in fase di completamento Jesolo Lido Village, distretto di design firmato da Richard Meier & Partners. L’intervento prevede residenze di lusso, una piazza centrale con hotel e un grattacielo bianco di 24 piani destinato a diventare simbolo urbano. Le prime unità sono già state commercializzate a prezzi fino a 16.000 euro al mq. Architettonicamente, il complesso presenta volumi bianchi, facciate vetrate continue, brise‑soleil e un impianto che sfrutta la luce naturale. La consegna è attesa entro il 2026. Il progetto rilancia Jesolo come una Miami italiana, con un’offerta internazionale di fascia alta, capace di attrarre turismo e investimenti global
# La Maviglia Resort & Medi‑Spa, il resort tra gli ulivi millenari della Puglia
leisureopportunities.co.uk – La Maviglia
Tra Ostuni e Brindisi è in sviluppo La Maviglia Resort & Medi‑Spa, inserito in un parco di 202 ettari tra uliveti storici e oliveti. Progettato da Oppenheim Architecture ed Enea Landscape, prevede 70 suite, 35 ville private, un campo da golf e una medi‑spa di 5.000 mq. Il concept integra il wellness, l’ospitalità e il paesaggio locale con criteri di sostenibilità, agricoltura biologica e design mediterraneo. L’estetica richiama la pietra locale, gli archi e la semplicità delle trulli, reinterpretati con soluzioni contemporanee. La struttura offrirà servizi medici, gastronomici e attività esperienziali. L’apertura è prevista entro il 2027, puntando su un turismo esperienziale tutto l’anno.
# Hotel Fasano Sardinia, il boutique hotel brasiliano sulla Costa Smeralda
nicolamonti1984 IG – Costa Smeralda
Sulla costa nord-orientale è previsto l’Hotel Fasano Sardinia, primo intervento in Italia del brand brasiliano Fasano, nei pressi di Porto San Paolo, di fronte all’isola di Tavolara. La struttura comprenderà circa 60 camere tra suite e ville con vista sul Mar Tirreno, accessi esclusivi alla spiaggia, spa e piscina. L’impianto sarà articolato in volumi bassi e materiali naturali, in continuità con il paesaggio mediterraneo. L’hotel sarà gestito da JHSF Capital, holding immobiliare sudamericana specializzata in sviluppo high-end. L’iniziativa è parte di una strategia di espansione verso destinazioni extra-brasiliane a forte valenza turistica. L’apertura è prevista per il 2028, con posizionamento rivolto a un pubblico internazionale di fascia molto alta. La localizzazione strategica lo inserisce nel circuito degli approdi della Costa Smeralda.
# Falkensteiner Park Resort, il parco resort da 150 milioni di euro sul Lago di Garda
gardapost.it – Hotel
A Salò è in sviluppo il Falkensteiner Park Resort Lake Garda, progetto da circa 150 milioni di euro su una superficie di 90.000 metri quadrati. Il masterplan, progettato da Matteo Thun & Partners con landscape di João Nunes, prevede un resort 5 stelle con 97 camere, 170 appartamenti, 4 ville e una spa Acquapura immersa in un parco botanico. Il complesso sarà completato in due fasi, tra il 2025 e il 2027. L’operazione include spazi pubblici pedonali, aree relax, parcheggi interrati e percorsi ciclo-naturalistici. Il gruppo Falkensteiner punta a consolidare la presenza in Italia dopo gli investimenti in Alto Adige e Jesolo. Il resort sarà attivo tutto l’anno e rappresenta il più grande investimento turistico privato mai realizzato sulla sponda bresciana del lago.
# “Marina Bay Resort”, il porto che diventa marina turistica d’élite in Calabria
informacalabria.it – Progetto Vibo Marina
A Vibo Marina è in corso un intervento da 27 milioni per trasformare il porto in marina turistica d’élite. Il progetto include un approdo da 300 posti barca fino a 50 metri, pontili galleggianti, paraonde e servizi digitali “smart marina”. Sono previsti due hotel (39 posti letto residence, 28 in suite), una spa, piscina, centro benessere, ristorante‑lido e refitting, oltre a un cantiere nautico da 2.000 mq coperti e 5.000 mq di piazzale. Completano il layout clubhouse, palestra e percorsi pedonali. Il coordinamento tecnico è a cura di studi tra Napoli e Vibo. La marina sarà operativa entro il 2025, con completamento generale entro il 2027, con l’obiettivo di rigenerare la costa tirrenica come polo nautico ad alta specializzazione.
Parigi sta realizzando il più grande progetto di mobilità pubblica al mondo. L’intervento riguarda l’intera regione metropolitana. I primi tratti sono già in funzione, altre aperture sono programmate entro la fine del decennio.
# Una nuova rete metropolitana da 200 chilometri: il più grande progetto di mobilità pubblica al mondo
Grand Paris Express
Il Grand Paris Express è il progetto di infrastruttura pubblica più esteso mai immaginato. Comprende una rete di circa 200 km, con oltre il 90% dei tracciati sotterranei. Sono previste quattro nuove linee (15, 16, 17, 18), 68 nuove stazioni, oltre al prolungamento della linea 14. Obiettivo: connettere in modo diretto i principali comuni della Île-de-France, senza passare dal centro di Parigi. Il progetto è parte del piano per rendere la metropoli carbon neutral entro il 2050. L’investimento totale è stimato in circa 35 miliardi di euro. L’80% delle nuove fermate sarà integrato con la rete RER, metropolitana, tram e autobus esistenti. I cantieri hanno attivato oltre 180 progetti di rigenerazione urbana nelle aree limitrofe alle nuove stazioni.
# Le tappe dal 2026 al 2027
Nuovo calendario inaugurazione Gran Paris Express
Linea 15 Sud (Pont de Sèvres – Noisy-Champs) Inaugurazione prevista nell’estate 2026. Il tracciato coprirà 32 km con 15 stazioni. Sarà la prima tratta attiva della nuova linea 15.
Linea 18 (Massy-Palaiseau – Christ-de-Saclay) Apertura entro la fine del 2026. Tratta di 14 km, completamente interrata, servirà il polo universitario di Saclay.
Linea 16 (Saint-Denis Pleyel – Clichy-Montfermeil) Prevista per metà 2027. La tratta comprende 10 stazioni su 27,5 km, interamente in galleria e a guida automatica.
Linea 17 (Saint-Denis Pleyel – Le Bourget Aéroport) Attivazione entro la metà del 2027. Collegherà la nuova stazione Pleyel con l’aeroporto di Le Bourget.
Linea 18 (Christ-de-Saclay – Orly Aéroport) Secondo tratto della linea, con apertura entro la fine del 2027. Sarà il collegamento diretto tra Paris-Saclay e l’aeroporto di Orly.
Linea 16 (Clichy-Montfermeil – Noisy-Champs) Completamento del ramo est della linea 16 entro fine 2028, con l’interconnessione a Noisy-Champs.
Linea 17 (Le Bourget Aéroport – Parc des Expositions) Estensione attesa entro fine 2028. Prevede il servizio al polo fieristico Paris-Nord Villepinte.
# Le inaugurazioni previste tra il 2030 e il 2031
grandparisexpress.fr – Nuovi treni
Sforando di poco gli anni ’20 sono programmate le seguenti inagurazioni:
Linea 17 (Parc des Expositions – Le Mesnil-Amelot) Apertura entro la fine del 2030. Tratta conclusiva della linea, con fermata al terminal 2 dell’aeroporto Charles-de-Gaulle.
Linea 18 (Christ-de-Saclay – Versailles-Chantiers) Tratta terminale della linea, operativa entro il 2030. Collegherà il polo di ricerca con Versailles.
Linea 15 Est (Saint-Denis Pleyel – Champigny Centre), con servizio sull’area orientale della regione entro la fine del 2031
Linea 15 Ovest (Pont de Sèvres – Saint-Denis Pleyel), che chiuderà l’anello metropolitano della linea 15, con 21 stazioni entro la fine del 2031.
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Conduce: Lulu Berton
Regia: Saverio Piscitelli, Roberto Mastroianni
Prodotto da: Andrea Zoppolato e Fabio Novarino
Location: Studio di Voci Di Periferia A.P.S. presso Mosso, Via Angelo Mosso 3 – IG: @vocidiperiferia
E’ stato la superstar dell’estate del 2024. Il Frecciarossa notturno da Milano a Lecce. Ci si addormentava in Centrale, ci si svegliava sulle spiagge del Salento. Un successo straordinario. Anche per i lettori del nostro sito. Ci si aspettava la sua riconferma. Invece…
# Un’assenza di peso nell’orario estivo di Trenitalia
30 giugno. Ormai da giorni è in vigore il nuovo orario estivo dei treni. Ma a sorpresa qualcuna manca. Il Frecciarossa notturno che collegava Milano al Salento è scomparso dai radar. Nonostante l’attesa, ad oggi non risultano conferme ufficiali sull’attivazione del treno notturno per l’estate in corso. Un’assenza che sorprende, visto l’alto gradimento tra i viaggiatori lo scorso anno. Ma qual era il suo percorso?
# Il sogno dell’estate: fermati e orari del… 2024
Il Frecciarossa notturno aveva due sigle: numero 9561 (Milano → Lecce) e 9562 (Lecce → Milano). Partiva la sera da Milano Centrale, alle 22:45, e, dopo una lunga notte, arrivava a Lecce intorno alle 07:57.
Le fermate intermedie all’andata erano:
Milano Rogoredo, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna Centrale
Foggia, Barletta, Bari Centrale, Monopoli, Fasano, Ostuni, Brindisi
Il ritorno iniziava da Lecce alle 21:05, toccava le stesse stazioni in ordine inverso e giungeva a Milano Centrale alle 07:35 del mattino seguente.
Il treno è rimasto attivo fino a settembre. Con molti sold out. Ma allora perché questo silenzio?
Credits trenomania80 IG – Frecciarossa
# Cosa (non) sappiamo sul ritorno nel 2025
Ad oggi non esistono comunicazioni ufficiali di Trenitalia né evidenze nei piani dell’estate 2025 (aggiornati a fine giugno) relative al ritorno del Frecciarossa notturno Milano–Lecce. Non solo: non risultano nemmeno indiscrezioni o press release che ne anticipino il ripristino. Sebbene la “Summer Experience 2025” includa molti collegamenti Frecce e Intercity verso sud e agro‑turismo pugliese, non menziona alcun treno notturno Alta Velocità fra Milano e Salento. Per ora, le chance appaiono marginali: una ricomparsa resterebbe possibile solo in caso di decisioni strategiche last minute di Trenitalia. Cosa non frequente. Anche se non impossibile. Quindi forse, per gli amanti del Salento, resta una unica strada: viaggiare di giorno.
Massimiliano Tonelli FB - Asfalto attorno alla stazione di Rogoredo
Oltre dieci anni di cantieri. Quindi non si può dire che è colpa della fretta. Eppure ancora una volta manca l’elemento più importante: il verde. Perfino a Rogoredo.
# Una colata di bitume dopo oltre dieci anni di cantiere lungo appena 120 metri di strada
Massimiliano Tonelli - Piazzale stazione Rogoredo
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Massimiliano Tonelli - Piazzale stazione Rogoredo
Massimiliano Tonelli FB - Asfalto a Rogoredo
Massimiliano Tonelli FB - Asfalto attorno alla stazione di Rogoredo
Massimiliano Tonelli Fb - Altra foto piazzale Corvetto
Massimiliano Tonelli Fb - Asfalto sulla strade che conduce alla stazione di Rogoredo
Massimiliano Tonelli FB - Lavori stazione Rogoredo
«Finalmente una nuova piazza-di-stazione progettata come si deve. Verde, arredi, ciclabili…Mica una colata di bitume!!!». Questo il commento ironico di Massimiliano Tonelli, autore delle fotogallery, in un post sul suo profilo facebook a corredo della chiusura dei cantieri eterni lungo la breve striscia di asfalto, poco più di 120 metri, che conduce alla stazione di Rogoredo.
Maps – Rogoredo, tratto prima dell’intervento
Da oltre un decennio su questo pezzetto di strada, usato prima come parcheggio e tragitto preferenziale per i bus, erano infatti in corso dei lavori sulla rete fognaria. Tempi biblici che potevano essere utilizzati per pensare e realizzare un intervento con panchine, aiuole e alberelli per rendere più piacevole e meno rovente un’area dove domina catrame e cemento. E invece….
I milanesi non hanno preso per niente bene l’ennesimo intervento senza verde. Questi alcuni commenti sotto il post:
«Una cacata che in comune dovrebbero andare a zappare tutti, e neppure quello saprebbero fare. Io non capisco come un’assessore al verde consente certe cose e non dice nulla…. che vergogna…» – Francesco Unicamente
«Solo guardando le foto, temperatura percepita: 48 gradi.» – Antonello Giovane
«Sta tornando esattamente come è stata per circa 1 anno 8/10 anni fa, prima degli interminabili lavori di MM. Niente di diverso nessunissima miglioria…No comment…» Massimo Ferrari
«Agghiacciante» – Ivan Albarelli
«La gente che aspetterà l’autobus sarà felice di prendere un po’ di sole e morire di crepacuore… Per insolazione» – Lorenzo Casiraghi
In realtà il Municipio 4 aveva proposto una riqualificazione migliorativa della zona.
# Il progetto scomparso per il restyling della stazione di Rogoredo
Credits ilgiornale – Progetto Stazione di Rogoredo
E dire che qualcosa di molto bello era stato immaginato. Nel 2018 il Municipio 4 aveva proposto una trasformazione dell’area intorno alla stazione di Rogoredo. Il piano prevedeva lo spostamento di via Cassinis e la creazione di una piazza pedonale, con aiuole verdi, alberi e una nuova piazza antistante l’ingresso principale. Anas avrebbe dovuto realizzare un edificio con servizi e parcheggi sotterranei. Era anche previsto un ponte commerciale sopra i binari. Il progetto, però, è scomparso nel nulla.
La linea M6. Ormai celebre anche come “metro rosa”. Forse sarà l’ultima metropolitana cittadina, almeno dalle dichiarazioni del sindaca. Prevista nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) di Milano e programmata oltre il 2030, è in fase di studio il tracciato definitivo. Nell’attesa dell’annuncio ufficiale esploriamo quali aspetti interessanti potrebbe offrire.
#1 Sarà (forse) l’unica linea da nord-ovest a sud-est
Non si sa ancora il tracciato. Ma molto probabilmente sarà pensata per collegare la periferia nord-ovest con quella sud-est di Milano, attraversando il centro della città. Se realizzata, sarebbe la prima linea a seguire questo percorso principale.
La linea rosa rappresenta l’ultima proposta di linea metropolitana radiale nel Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) per Milano, destinata a coprire i due macro-quadranti rimanenti della città ancora senza copertura, confermato anche da Palazzo Marino. A beneficiarne maggiormente potrebbe essere il Municipio 5, attualmente servito da una sola stazione della metropolitana.
#3 Potrebbe essere seconda per fermate solo alla M1
wikipedia.org – Metro Milano
In base all’ultimo progetto redatto nel 2010 la fermate previste sarebbero 37, senza contare le probabili estensioni oltre i confini comunali. Solo la M1 ne avrebbe di più, oggi con 38 e in futuro, con l’estensione a nord fino a Bettola e ovest fino al Quartiere Olmi, 43.
#4 La metropolitana rosa nella prima versione era di colore arancio
Pgt Moratti 2030
La linea M6 non è stata pensata sempre di colore rosa. Sempre nelle primi ipotesi tracciato el Pgt con orizzonte 2030 dell’allora Sindaco Moratti, fu infatti contrassegnata provvisoriamente dal colore arancione e solo nell’ultima versione è stato scelto il rosa come colore definitivo.
#5 Cadorna potrebbe diventare l’unica stazione a Milano e in Italia con 3 linee della metropolitana
Credits: contropiede.eu – Linea Rosa
Sono stati diversi i tracciati ipotizzati nel corso degli anni. Tutti con capolinea a nord nell’area di Rho Fiera-MIND, con possibili diramazione a Molino Dorino o Baranzate, mentre a sud due ipotesi verso Ponte Lambro o Noverasco. Nell’immagine in alto dopo essere passata sotto Corso Sempione attraverserebbe il centro con due ipotesi, una curva ad est con interscambio a Cadorna oppure una curva ad ovest con interscambio a Pagano, e possibili interscambi con tutte le altre linee metropolitane già esistenti: con la M5 a Domodossola FN, con la M3 a Rogoredo e con la futura M4 in base al tracciato prescelto.
Cadorna M1-M2-M6
Se si optasse per il tracciato con la curva ad est, procedendo da Corso Sempione, la stazione di Cadorna FS diventerebbe la prima e probabilmente l’unica ad incrociare tre linee metropolitane differenti: la M1, la M2 e appunto la M6.
#6 Potrebbe chiudere a ovest l’anello della Circle Line
Credits metromilano – Nuova M6
Il Comune di Milano propenderebbe per un tracciato da Ponte Lambro ad est, tagliando trasversalmente i municipi 4 e 5, ad ovest per incrociarsi con la M2, per poi salire verso nord procedendo più esterno rispetto alle soluzioni proposte alcuni fa.
M6 e circle line
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Credits Urbanfile - M6 lato ovest
Credits: wikipedia.org - Circle line Milano
In questo modo potrebbe non incrociare la stazione Cadorna ma chiudere idealmente, sempre in base alle idee dell’amministrazione comunale, il percorso della semi-circle line ferroviaria per la quale è stata costruita la stazione Tibaldi ed è in riqualificazione la stazione di Porta Romana FS.
#7 Potrebbe avere un Hub metro-tav a Opera per portare al mare in treno un meno di un’ora
Mappa M6
Nel corso degli anni si sono fatte altre ipotesi, come sbinare il tratto di Pagano della M1 e proseguire a sud lungo l’asse di Via Ripamonti. Proprio la possibile diramazione a sud del tracciato, rispetto alla direttrice est-ovest da Ponte Lambro, sembra godere dei favori del Governo italiano: potrebbe servire il quartiere Vigentino, lo IEO, Noverasco e fare capolinea nel Comune di Opera, dove verrebbe realizzato il deposito-officina.
Localizzazione della possibile stazione AV Opera
L’aspetto più interessante riguarda un’altra infrastruttura allo studio sempre nel Comune di Opera. Nel suo territorio potrebbe essere costruito un hub dell’Alta Velocità perFrecciarossa e Ntv a interscambiare con la M6 consentendo ai milanesi di arrivare al mare della Liguria in 56 minuti. Il tutto sarebbe possibile ovviamente solo con la conclusione dei cantieri del Terzo Valico e del quadruplicamento della linea tra Tortona e Milano.
Muoversi a Milano è sempre più Slow. Soprattutto d’estate. Molti temono che si stia entrando in un circolo vizioso: restrizioni per le auto e mezzi pubblici che si fanno sempre più rarefatti. Questa è la testimonianza pubblicata sui social.
# La testimonianza: oltre 30 minuti per un tragitto da 8
Riccardo Mastrapasqua Fb
Riccardo Mastrapasqua sul gruppo Facebook “Cantiere Urbanfile“ ho raccontato la sua esperienza sui mezzi pubblici, per vedere nei fatti a cosa è atteso l’utente: «Ho provato ad utilizzare l’alternativa proposta da ATM e dall’Assessore Arianna Maria Censi per aggirare il blocco della M2 tra Cadorna e Garibaldi, previsto dal 19 Luglio al 7 Settembre.» Nel suo test ha fatto partire il cronometro dai 5 minuti di attesa del 2 in P.le Cadorna, quello che dovrebbe essere nelle ore di punta per la linea, e fermato all’apertura delle porte della linea M5 a Garibaldi. Aggiungendo i 4 minuti per i trasferimenti da M2 al 2 e da M5 a M2, e non conteggiando quelli di attesa per la M2 alla stazione di destinazione, si arrivano a superare i 30 minuti complessivi.
Riccardo Mastrapasqua FB – Banchina M5
Essendo la prova effettuata di domenica, secondo Mastrapasqua andrebbero aggiunti5/10 minuti per soste e accodamenti del tram in ora di punta in una zona diventata satura di linee, a causa della chiusura di Cordusio «(una genialità aver fatto i lavori in contemporanea)», senza cojntare la grande perdita di tempo ai semafori per la mancaza dellìasservimento semaforico.
Riccardo Mastrapasqua Fb – Cronometro mezzi
La chiosa finale: «per spostarsi da Cadorna a Garibaldi secondo l’alternativa proposta da ATM e Comune di Milano, ci vorranno tra i 35 e i 40 minuti per un tratto che la M2 copre in 8 e che un servizio navetta con autobus avrebbe coperto in non più di 20.» La soluzione risulta quindi inutile per chi deve muoversi per lavoro durante la settimana.
# I commenti dei milanesi
Alcuni utenti hanno suggerito percorsi alternativi, come il treno da Cadorna con cambio a Domodossola e proseguimento con la M5, ritenuto potenzialmente più rapido. Tuttavia viene sottolineato come l’orario ridotto ad agosto possa rendere difficile incastrare le coincidenze. C’è chi ironizza sulla situazione, consigliando l’uso di BikeMi per coprire il tragitto in 10 minuti. Diversi commenti evidenziano il peggioramento del servizio, la mancanza di comunicazione con gli utenti e l’assenza di soluzioni sostitutive, come successo ad esempio con il bus express tra Piola e Lambrate nel 2019.
# Le criticità più evidenti
Riccardo Mastrapasqua FB – Tram in Cordusio
La testimonianza mette in rilievo le inefficienze strutturali del trasporto pubblico e della mobilità cittadina, e in particolare:
l’assenza di asservimento semaforico per i mezzi pubblici, tra l’altro presente a Rozzano come segnalato sempre da Mastrapasqua, che rallenta inultimente le corse dei tram;
la mancanza di un coordinamento tra i cantieri;
l’incacapità di pianifcare gli interventi vista la scelta di non attivare un servizio sostitutivo su gomma;
un trasporto pubblico di superficie non competitivo nemmeno sui tragitti brevi, rispetto al mezzo privato;
la difficoltà di muoversi con mezzi privati date le crescenti restrizioni alla circolazione che rendono qualsiasi spostamento in città una mission impossible.
Dove una volta c’erano gli stabilimenti Magneti Marelli, sorge oggi un quartiere che fatica a trovare la sua identità. Nato “a tavolino” tra gli anni ’90 e i primi 2000, il quartiere è rimasto a lungo un territorio sospeso. Alcuni interventi lo stanno portando alla ribalta: potrebbe diventare la sorpresa più innovativa di Milano?
# Il quartiere del “Matitone”, sorto sulle ceneri di una fabbrica e rimasto nel limbo urbano per anni
Milanoattraverso – Magneti Marelli
Stiamo parlando del Quartiere Adriano. A nord di Crescenzago, lungo via Padova verso Cassina de’ Gatti. L’area ospita condomini e aiuole, ma nacque come sede produttiva della Magneti Marelli: uno stabilimento decentrato, inaugurato nel 1939, dedicato alla produzione di candele d’accensione e spinterogeni per auto e moto. Negli anni, divenne un polo sperimentale d’avanguardia per l’automotive, la radiofonia, la meteorologia e l’elettronica, con oltre 13 laboratori attivi. Gli stabilimenti “N” di Crescenzago operarono fino agli anni Novanta. Con la loro dismissione, l’area di oltre 400mila mq fu lottizzata e trasformata in un quartiere residenziale senza una vera regia urbana: palazzi, spazi vuoti, zero piazze. Una unica presenza storica è sopravvissuta: il “Matitone”, un rifugio antiaereo cilindrico alto 35 metri, simbolo dimenticato di un’epoca industriale cancellata dal tempo.
# Una scuola sostenibile e un parco con aree gioco, orti urbani e campi sportivi
Maps – Quartiere Adriano
Primo segnale concreto di rinascita è la nuova scuola in legno di via Adriano: 10mila mq di architettura sostenibile, con spazi modulari, laboratori e apertura al quartiere. Simbolo di una visione educativa avanzata, è l’elemento attorno al quale ruota il nuovo Parco Adriano: 120mila mq di verde, in futuro destinato ad arrivare a 160mila, con viali, alberature autoctone e un bosco di giovani querce. Il parco include aree gioco, orti urbani, campi sportivi, zone per picnic e animali, con una rete ciclabile che lo connette al Trotter, Villa Finzi e alla Martesana. Gli interventi rientrano in una sistemazione a verde realizzata a scomputo degli oneri di urbanizzazione, che prevede un terzo lotto di ampliamento, con strutture ludico-ricreative e aree per lo sport. Un polmone pensato per essere anche piazza diffusa e luogo identitario, con un centro civico da 1.200 mq, una residenza universitaria, scuole, centro anziani e culturale.
# Magnete e l’hub sociale che trasforma il quartiere
magnete.mi IG
Dalle ceneri della Marelli non è sorto solo un quartiere residenziale, ma anche un laboratorio sociale e culturale: il Magnete. Questo spazio, parte dell’Adriano Community Center promosso da Proges e altre cooperative, è diventato un hub di welfare, cultura e socialità. Inaugurato nel 2017, ospita una RSA con appartamenti protetti per anziani e malati di Alzheimer, poliambulatori, job station e spazi per il reinserimento lavorativo. Ma il cuore pulsante è il centro culturale: laboratori di cucito e falegnameria, spettacoli, workshop, coworking e doposcuola in cui bambini, anziani, artisti e artigiani si incontrano. Un esempio riuscito di come la cultura possa diventare strumento di rigenerazione, coesione e benessere sociale.
# La metrotranvia per risolvere i problemi di isolamento
Tratta Adriano-Cascina Gobba
Uno dei problemi storici del quartiere è la carenza di collegamenti efficienti con il resto della città. A porvi rimedio c’è la nuova metrotranvia Interquartiere Nord prevista da Certosa Fs a Cascina Gobba. Lunga 14,1 km totali, la tratta che interessa direttamente il Quartiere Adriano è lunga circa 6,4 km e mette in collegamento Precotto, via Adriano, Quartiere Adriano e via Padova fino a Cascina Gobba M2, nodo strategico con la M2 e l’autostrada A51. I cantieri sono attivi e finanziati anche grazie al PNRR e dovrebbero terminare nel 2026. Il tracciato viene servito dai moderni tram Stadler, pensati per ridurre il traffico su gomma e creare un asse di mobilità sostenibile est-ovest. In questo modo il quartiere, al completamento dell’infrastruttura, sarà collegato alle linee metropolitane M1, M2, M3 e M5.
Istruzione, cultura, verde e trasporti stanno riportando alla ribalta un quartiere per troppo tempo lasciato a se stesso: diventerà un modello urbano del futuro di Milano?
Una infrastruttura che cambierebbe la geografia urbana e produttiva del Nord Italia. Ecco come potrebbe essere.
# I collegamenti attuali
Linee ferroviarie Torino-Milano
Il collegamento ferroviario Milano–Torino è servito oggi da 42–45 treni al giorno, dai regionali a quelli dell’alta velocità di Italo, Trenitalia e TGV. La frequenza media è di circa due treni all’ora per direzione, con un tempo medio di percorrenza compreso tra 60 e 75 minuti e i treni più rapidi che impiegano 35 minuti (da Rho Fiera a Porta Susa). Una situazione quindi migliore di molte altre zone d’Italia, ma che potrebbe migliorare istituendo una metropolitana interregionale ad alta frequenza. Quali esempi si possono prendere dall’estero?
# Confronto con i modelli europei e internazionali
S-Bahn Berlino
La RER di Parigi e la S-Bahn tedesca sono esempi consolidati di trasporto metropolitano interregionale. Servono territori fino a 100 chilometri dal centro città. La RER copre distanze suburbane con frequenze di 5–10 minuti, fermate urbane intermedie e treni rapidi per tratte lunghe. La S-Bahn collega aree come Monaco e Francoforte con frequenze da 10 a 20 minuti. I treni raggiungono velocità tra 120 e 160 km/h.
Sistemi analoghi si trovano in Asia. La linea 1 di Seul misura oltre 200 chilometri e collega diverse città dell’area metropolitana. La Elizabeth Line di Londra estende il servizio urbano su 118 chilometri. La linea 11 di Shanghai raggiunge gli 82 chilometri, la linea 6 di Chongqing arriva a 86. In India e Iran sono attive linee superiori a 65 chilometri. Una linea metropolitana tra Milano e Torino, con 125 km, entrerebbe tra le dieci più lunghe al mondo.
# Una nuova geografia del lavoro e della cultura
giacomodenittis IG – Torino Porta Susa
Il collegamento rapido tra Milano e Torino ha già prodotto da anni effetti demografici e occupazionali, trasformando il capoluogo piemontese in una città dormitorio per molti lavoratori milanesi. Secondo dati recenti, sono oltre 5.000 i pendolari che ogni giorno si spostano da Torino verso Milano. L’alta velocità il costo della vità sotto la Mole più basso ha reso sostenibile questa scelta. L’introduzione di una metropolitana interregionale aumenterebbe il numero di pendolari, consolidando una macro-area urbana policentrica.
Le università, i teatri, i musei e gli uffici diventerebbero accessibili in tempi certi e brevi, e alcune istituzioni potrebbero fondersi per dar vita a poli culturali ancora più influenti. Una sinergia potrebbe avvenire anche nel mercato turistico, incentivando programmi e politiche comuni. Pure il mercato immobiliare subirebbe un impatto: Torino diventerebbe una delle periferie funzionali di Milano e questo potrebbe favorire una discesa dei prezzi degli immobili milanesi. Una parte dei lavoratori potrebbe scegliere di abitare a Vercelli o Novara, mantenendo la sede di lavoro a Milano o Torino. In questo modo si modificherebbe l’idea stessa di prossimità urbana.
# Il servizio e le possibili fermate: Rho-Fiera M1, Magenta, Novara, Vercelli, Chivasso
Metro Milano-Torino
Come detto sopra il treno più veloce impiega oggi 35 minuti, pertanto una metropolitana interregionale potrebbe replicare questo tempo per la versione express, mentre per il tracciato con fermate intermedie potrebbero servire 45–50 minuti. Tra queste potrebbero esserci: Rho-Fiera M1, Magenta, Novara, Vercelli, Chivasso. I capolinea invece: Milano Centrale M3-M2 o Porta Garibaldi M2-M5 da un lato, Porta Nuova M1 o Porta Susa M1 dall’altro, tutte quindi con interscambio con le rispettive linee metropolitane.
La frequenza potrebbe essere di un convoglio ogni 10 minuti in orario di punta, 15–20 in quelle di morbida, con un servizio continuo e un accesso diretto dalle stazioni urbane. La linea potrebbe essere progettata per velocità di crociera tra 140 e 180 km/h e necessiterebbe di stazioni dedicate. Sarebbe utile l’integrazione con sistemi tariffari regionali e locali, in modo da poter usare un unico titolo di viaggio, sia per Torino che per Milano, o meglio ancora salire a bordo pagando con la carta di credito. La regolarità del servizio eliminerebbe la necessità di prenotazioni e pianificazione anticipata.
# Le alternative progettuali
Si potrebbero valutare tre opzioni progettuali:
un tracciato sotterraneo parallelo all’autostrada A4, più semplice e con minori complessità geologiche (al netto dei problemi di esproprio, dello spazio disponibile e delle ricadute ambientali);
uno che segue quello dell’alta velocità esistente, in galleria o interramento parziale, per ridurre espropri e costi di realizzazione;
un altro in galleria profonda, da 40 a 70 metri, per evitare interferenze con l’urbanizzazione e funzionare come una classica metropolitana cittadina.
Grattacieli, parchi, metropolitane, nuovi quartieri e poli culturali. Tra progetti visionari e cantieri in corso, questa la Milano del futuro in stile Manhattan.
# Scalo Farini: un parco da 300mila mq, campus dell’Accademia di Brera e nuova sede di Unicredit
Nuovo masterplan Farini
L’ex Scalo Farini è destinato a diventare uno dei parchi urbani più grande della città. Il masterplan firmato OMA e Laboratorio Permanente prevede 300.000 mq di parco, attraversato da piste ciclabili, spazi sportivi, una foresta urbana e il “Limpidarium”: una serra d’aria per il trattamento naturale dell’aria cittadina. Tuttavia, le ultime revisioni progettuali fanno temere un ridimensionamento dell’area verde: da parco urbano a semplice prato. Tra le prime realizzazioni previste, il campus dell’Accademia di Brera, nel complesso a U dell’ex scalo: un mix tra recupero architettonico, sostenibilità e innovazione, con aule, laboratori, gallerie, uno studentato da 200 posti e uno spazio pubblico da 240 mq pensato come atelier urbano. Nello stesso masterplan, UniCredit ha annunciato il proprio quartier generale, un campus orizzontale e verde sviluppato con Hines e Prelios, per ospitare fino a 6.000 lavoratori entro il 2030. A completare il quadro, 2.500 appartamenti, di cui il 30% in housing sociale, e 17.000 mq di edilizia pubblica opzionata dal Comune.
# Scalo Romana e Torre A2A: il sud di Milano si prende la scena
scaloportaromana.com – Nuovo masterplan
Scalo Romana è uno dei nuovi cuori pulsanti del sud milanese. È il solo tra i sette ex scali in piena costruzione. Il Villaggio Olimpico, già strutturalmente completato, comprende sei edifici nuovi e due storici restaurati, tra cui la Squadra Rialzo e il “Basilico”. Ospiterà 1.400 atleti per le Olimpiadi 2026 e, dal 2027, diventerà il più grande studentato d’Italia con 1.700 posti letto. Il parco lineare, in realizzazione, collegherà via Ripamonti, corso Lodi, Symbiosis e Porta Romana, coprendo parte della ferrovia con una collinetta verde. La Torre A2A, alta 144 metri, sarà un landmark sostenibile con belvedere pubblico. Accanto, sorgerà la piazza Olimpica, cuore del nuovo quartiere e unico spazio accessibile durante i giochi. Nell’area di piazzale Lodi verranno realizzati uffici, negozi e ristoranti su più livelli, collegati alla stazione di Porta Romana Fs. Gli orti urbani completeranno il grande parco da 100.000 mq, offrendo spazi di coltivazione e socialità ai residenti. La “foresta sospesa”, inizialmente prevista, è stata definitivamente eliminata.
# Scali minori: Lambrate, Greco-Breda, San Cristoforo, Porta Genova e Rogoredo
Ex scali Milano
A Lambrate nasceranno 300 nuove abitazioni, un parco da 41.500 mq con 900 alberi, orti urbani, una passerella ciclopedonale e spazi per attività culturali. L’obiettivo è creare un quartiere verde, connesso e inclusivo, ispirato ai modelli di cohousing nordici. A Greco-Breda verrà realizzato il primo ecodistretto cittadino a zero emissioni: 400 alloggi in legno, energia solare, servizi comuni, spazi pubblici e un centro educativo ambientale. San Cristoforo, affacciato sul Naviglio Grande, si trasformerà in un parco lineare con piste ciclabili, percorsi pedonali fino a Corsico, residenze a basso impatto e housing sociale. Per Porta Genova si attende il masterplan della trasformazione definitiva, a Rogoredo previsti alloggi a prezzi accessibili, in via esclusiva Edilizia Residenziale Sociale (ERS), spazi pubblici e servizi per la comunità.
Dove nel 2015 c’era l’Expo, oggi sorge MIND (Milano Innovation District), un distretto che unisce scienza, formazione e impresa. Il Galeazzi è operativo, l’Human Technopole lavora a pieno regime, in completamento l’ultimo edificio, e il campus dell’Università Statale sarà pronto nel 2027 per accogliere 23.000 studenti e ricercatori. In costruzione due studentati per oltre 1.100 posti letto, uno già avviato. È previsto un mobility hub da 1.500 posti auto, con vertical garden e coworking, che sarà la porta d’accesso al quartiere, e un’arena eventi da 15.000 mq. Fulcro dell’area il parco lineare che lungo la direttrice est-ovest.
# Aria, con il quartiere low cost e il nuovo campus IED
redesco.it – Esterno Campus Ied
Nel luogo dove c’erano i mattatoi comunali di viale Molise, nasce “Aria”, un nuovo quartiere con affitti accessibili (a partire da 500 euro al mese) e uno dei più grandi poli europei di design. Il nuovo campus IED è il cuore pulsante: 30.000 mq tra aule, laboratori, esposizioni e spazi verdi, progettato dallo studio Cino Zucchi. Previsti anche uno studentato per 600 posti letto e 1.200 alloggi in edilizia convenzionata. Obiettivo: attrarre giovani e creativi, offrendo una risposta concreta alla crisi abitativa. Entro il 2026 è prevista la consegna dei primi edifici.
# Magnifica Fabbrica: la Scala trasloca al Rubattino e viene raddoppiato il parco della Lambretta
Credits Comune di Milano – Magnifica Fabbrica dall’alto
Si chiama “La Magnifica Fabbrica” il nuovo centro produttivo del Teatro alla Scala, previsto nell’ex area Innocenti di Rubattino. Il progetto è pensato per dare nuova vita al Palazzo di Cristallo, storico scheletro industriale in vetro e acciaio, trasformandolo in uno dei laboratori scenografici più moderni d’Europa. Del progetto fanno parte anche i capannoni per le scenografie, i costumi, un grande magazzino e spazi prova per l’orchestra e i coristi. Il tutto alimentato con geotermia e fotovoltaico. Un connubio tra bellezza e tecnologia, cultura, rigenerazione e natura, grazie al raddoppio del parco della Lambretta.
# Il completamento di Santa Giulia con PalaItalia, maxi parco e Bosco della Musica
MCA_Milano Santa Giulia_birds-eye view_Visual by MCA VIsual
Santa Giulia si riconverte da ex distretto industriale a quartiere modello. Il progetto prevede un grande parco urbano, il terzo più esteso della città, waterfront lungo la Roggia Molinara, residenze di prestigio, un centro commerciale (Esselunga) e il PalaItalia, in fase di ultimazione e destinato in prima battutta alle gare di hockey maschile durante le Olimpiadi Invernali 2026. Progettata anche nuova metrotranvia, la numero 13, dalla fermata Repetti M4 alla stazione di Rogoredo.All’interno, emerge il Bosco della Musica del Conservatorio Verdi: un complesso da 13.000 mq con auditorium da 400 posti, studentati, spazi prova, tutti immersi nel verde e previsti per il 2027/28 .
CityWave è il nuovo edificio che completa la trasformazione del quartiere CityLife. Due ali, una da 110 metri e una da 53, collegate da un portico sospeso di 140 metri, progettato dallo studio internazionale BIG, già ribattezzato lo “sdraiato” in contrasto con il Dritto, lo Storto e il Curvo. L’edificio ospiterà uffici, spazi pubblici, negozi, due corti private, un rooftop bar e una piscina panoramica. Sarà il primo grattacielo a emissioni zero di Milano, grazie al parco fotovoltaico più grande della città, in grado di produrre 1.300 MWh l’anno. Il progetto fungerà da quinta urbana per chi arriva da Largo Domodossola, chiudendo simbolicamente il masterplan del quartiere. Il cantiere ha raggiunto il tetto nell’aprile 2025 con la posa della bandiera. Il completamento è previsto nel 2026. Insieme a CityWave arriveranno anche l’Atlante e l’Oval, che sigleranno l’ultima trasformazione dell’area
# Le metropolitane che ridisegnano la mappa dei trasporti: dalla M1 alla M6
Di Emat560 – Opera propria, CC BY 4.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=157561589 – Estensioni metro
La rete metropolitana punta a scalare la gradutoria europea. Nei giorni scorsi è arriva la buona notizia dell’assegnazione del bando per allungare la M1 di 3,3 km e tre fermate: Parri-Valsesia, Quartiere Olmi e Baggio. Cantieri da ottobre 2025 e apertura dalla tratta nel 2031. Lo stesso raggruppamento di aziende ha ricevuto l’incarico per completare l’estensione a nord di 1,9 km, con le due fermate di Sesto Restellone e Monza Bettola, in quanto prevista come opzione nel bando. Obiettivo cantieri autunno 2025 e completamento nel 2029 creando un nodo intermodale con M5. Si estende poi la M5 verso nord:13 km di galleria che raddoppia l’estensione attuale, attraversando Milano, Sesto, Cinisello e arrivando fino a Monza con 11 nuove fermate. Inaugurazione prevista a dicembre 2033.LaM4 si spinge oltre Linate verso Segrate con interscambio con la stazione dell’alta velocità Porta Est, da realizzare, e un’altra fermata all’Idroscalo. Ad est si punta a Buccinasco con una fermata. Nel 2035 potrebbe essere aperta una prima parte della M6, lungo la direttrice est-ovest tra Barona e Ponte Lambro, con la zona del Vigentino tra le più bisognose di una metropolitana.
# Circle Line: la cintura ferroviaria “semicircolare”
Di Arbalete – openstreetmap.org, CC BY-SA 2.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid – Tracciato Circle Line
La Circle Line è il progetto più invisibile ma anche il più strategico per il futuro di Milano. È la trasformazione della cintura ferroviaria in una sorta di metropolitana, capace di collegare tra loro i grandi progetti in corso. Il servizio verrà svolto dalla sovrapposizione di tre linee: S9, futura S16 e R31 (Milano-Mortara). Il tracciato include stazioni esistenti e nuove: da MIND-Merlata a Stephenson, passando per quelle ipotizzata di Dergano, Istria, Greco-Breda, fino a Porta Romana in fase di riqualificazione. Previste fermate intermodali con quasi tutte le linee della metro esistenti, con frequenze ogni 5-7 minuti e interconnessioni tra distretti che oggi non comunicano. La stazione di MIND sarà collegata con Merlata Bloom tramite una passerella coperta, mentre a Stephenson è previsto un nodo logistico con spazi direzionali. A Porta Romana la stazione è fondamentale per il Villaggio Olimpico, pronta già per le Olimpiadi, e per tutto il futuro quartiere.
Milano è così. E’ la città della moda anche perché spesso capita che tutti, o quasi, vogliano la stessa cosa. Come una casa in questi tre quartieri.
#1 Il «triangolo d’oro»: Garibaldi, Moscova e Porta Nuova
Andrea Cherchi – Vista su Porta Nuova
Una delle aree più ricercate per una casa a Milano è il Centro Storico, in particolare le zone di Garibaldi, Moscova e Porta Nuova. I valori immobiliari superano i 10mila euro al metro quadrato, con punte ancora più alte nelle residenze attorno all’area di piazza Gae Aulenti, e in base ai dati di Immobiliare.it, aggiornati a maggio 2025, si tratta della zona con i prezzi medi più alti in città. Il progetto Porta Nuova ha consolidato l’attrattività di questa porzione centrale, unendo elementi di modernità e business a una posizione strategica, grazie all’accessibilità garantita da viali larghi, dalla stazione ferroviaria di Porta Garibaldi e da due linee metropolitane (M2 e M5). La domanda è trainata da investitori istituzionali, professionisti e acquirenti internazionali, e presenta un mercato liquido con alti rendimenti in caso di rivendita.
#2 L’astro nascente di famiglie ed expats: CityLife
fiodavid81 IG – Citylife
Un’altra zona ambita è il quartiere CityLife, che comprende anche Fiera e Portello. Il prezzo medio al metro quadro si aggira intorno ai 6.800 euro, ma l’offerta immobiliare è fortemente caratterizzata dalla qualità architettonica e dalla sostenibilità. L’area è interamente pedonalizzata, una delle più grandi d’Europa, e comprende un parco pubblico di circa 17 ettari. Le residenze sono firmate da studi internazionali come Hadid, Libeskind e Isozaki. Il quartiere è servito dalle linee M1 e M5 e rappresenta una sintesi tra innovazione urbana e qualità della vita. È scelto in particolare da famiglie ad alto reddito e professionisti italiani e stranieri. La sua crescita è stata costante negli ultimi dieci anni.
#3 Bovisa: la scommessa dei più giovani
spiritdemilan IG – Spirit de Milan
Infine, tra i più richiesti nel 2025 troviamo la Bovisa. I prezzi al metro quadrato si mantengono tra i 4.000 e i 4.500 euro, ma con una crescita media annua stimata al +10%. Secondo The Property Player e Sarpi Immobiliare, Bovisa è oggi una delle scommesse più promettenti del mercato milanese. La presenza del Politecnico e la rinascita della Goccia, con l’ampliamento del campus anche attraverso il recupero dei due ex gasometri, stanno trasformando il volto del quartiere. L’area è ben collegata dal passante ferroviario, manca la metropolitana ma raggiungibile in due fermate di treno, e si sta affermando come nuovo polo attrattivo per famiglie, studenti e investitori. Il target è prevalentemente giovane, grazie alla presenza di locali alla moda come lo Spirit de Milan, con un interesse crescente da parte di chi punta alla rivalutazione entro il 2030.
A Milano non abbiamo solo la nebbia (in realtà è sparita anche quella). Abbiamo anche la pizza napoletana. Autentica, verace. Garantita dai napoletani Doc.
# Lievito Madre al Duomo: la firma di Sorbillo in pieno centro
laura.foodblog IG – Gino Sorbillo Lievito Madre
Nel quadrilatero del turismo, a due minuti dal Duomo, si trova Lievito Madre, insegna milanese della famiglia Sorbillo. La pizzeria presenta ambienti ampi e luminosi, con servizio rapido e tavoli spesso pieni anche in settimana. L’impasto è quello tipico napoletano: lavorato a mano, lievitato a lungo, soffice all’interno e con cornicione alto e alveolato. Le pizze seguono il disciplinare della tradizione, con mozzarella di bufala campana DOP, pomodori dolci e basilico fresco. Il forno a legna garantisce la “leopardatura” ai bordi, ritenuta fondamentale per il riconoscimento della cottura. Il menù propone le classiche napoletane, senza contaminazioni o aggiunte creative.
Indirizzo: Largo Corsia dei Servi, 11
# Sciuscià, la pizzeria in Chinatown: anche lo staff è partenopeo
polipet IG – Sciuscià
All’angolo tra Via Procaccini e Via Tartaglia si trova Sciuscià, pizzeria napoletana con forno a legna e personale di origine campana. A dirigerla è Pippo Ciccarelli, pizzaiolo napoletano con esperienza pluriennale. La proposta è focalizzata sulla pizza STG, con impasto morbido, cornicione alto e cottura rapida. Gli ingredienti provengono in prevalenza dalla Campania: pomodori San Marzano, fiordilatte dei Monti Lattari e olio extravergine del Sud. Il menù alterna pizze classiche a varianti stagionali, sempre coerenti con la tradizione.
Indirizzo: via Procaccini, 68
# Da Michele: la sede milanese della storica pizzeria partenopea
pizzeriadamicheleintheworld IG
A Milano è arrivata nel 2019 la sede ufficiale dell’Antica Pizzeria Da Michele, fondata a Napoli nel 1870. La proposta è identica all’originale: solo due pizze, Margherita e Marinara, servite rapidamente e senza variazioni. L’impasto è steso sottilissimo, con cornicione alto ma leggero, cottura a legna e ingredienti certificati. Il pomodoro è San Marzano DOP, il fiordilatte proviene da piccoli produttori campani. Il locale si trova in zona Centrale, vicino alla fermata Caiazzo. La formula punta sull’essenzialità: pochi posti, rotazione veloce, nessuna aggiunta moderna.
Indirizzo: piazza della Repubblica, 27
# L’Altra Taverna: il napoletano stellato in zona Città Studi
laltrataverna IG
In Via Anzani, nei pressi di Piazzale Gorini, L’Altra Taverna offre un’esperienza partenopea completa. Il locale è semplice, con arredi in legno, pochi tavoli e un forno a legna sempre acceso. La pizza segue i criteri tradizionali: impasto lavorato a mano, lievitazione lunga e ingredienti DOP. Oltre alle pizze, si trovano fritture napoletane come crocché e arancini, serviti con tempi ridotti e prezzi contenuti. Lo chef napoletano Roberto Di Pinto, fresco di stella Michelin con il suo ristorante milanese, ha citato il locale come riferimento per la pizza autentica a Milano.
Indirizzo: via Anzani, 3
# Perché i napoletani le considerano autentiche
Tutte e quattro le pizzerie rispettano il disciplinare della pizza napoletana STG (Specialità Tradizionale Garantita), che incldue impasto realizzato con farina 00, lievitazione tra le 8 e le 24 ore e cottura esclusivamente in forno a legna. Il risultato è una pizza soffice, con bordo rialzato e base sottile. Gli ingredienti sono tutti campani: pomodoro San Marzano, mozzarella di bufala o fiordilatte, olio extravergine e basilico fresco. Il menù si limita a poche proposte classiche, evitando interpretazioni gourmet o abbinamenti moderni. Infine tutti i locali sono gestiti da pizzaioli napoletani e lo staff parla spesso in dialetto.
La democrazia è diventata una grande finzione. In molti paesi occidentali, anche in Italia. Fatta passare come sovranità del popolo, di fatto è un concentrato di potere nelle mani di pochi. In realtà quello che chiamiamo democrazia è una oligarchia disordinata e irresponsabile. In cui l’unico diritto riservato ai cittadini, il voto individuale, è ormai svuotato di qualunque potere reale.
# Il senso della parola “democrazia” è ormai estranea al sistema italiano
La parola democrazia deriva dal greco, in particolare dall’associazione dei due termini “demos” e “kratos“, ossia “potere del popolo“. Nell’antica Grecia infatti il sistema di governo funzionava così: grandi assemblee pubbliche gestivano le questioni comuni attraverso il voto, rendendo così le decisioni frutto di un sentimento collettivo. Si votava sulle questioni, un po’ come accade ancora in Svizzera, non solo i propri rappresentanti da liste predefinite e, spesso, blindate. Il sistema dell’Antica Grecia funzionava nei piccoli centri, poiché la gestione di grandi entità nazionali era pressoché impossibile. Ad oggi la democrazia italiana tenta di ricalcare, seppur in maniera differente, quel modello: lasciare che le decisioni riguardanti la cosa pubblica siano prese collettivamente attraverso il voto. Il grande limite è che il voto non vale singolarmente, ma solo se inserito in un bacino elettorale più ampio e serve solo a delegare il potere del singolo a un ristretto pugno di eletti che assumono un mandato. Quindi il sistema italiano non è demo-cratico, ma fonda il potere su una delegazione, cui si aggiungono altri limiti: gli eletti non hanno nessun dovere di rispettare le promesse fatte in campagna elettorale, ma tendono piuttosto a conservare il proprio potere. E, soprattutto, è un sistema che lascia il popolo al di fuori di qualunque decisione o potere che non sia quello di esprimere il suo voto in tornate elettorali dove, di fatto, nessun voto individuale ha incidenza reale sul risultato. Ed è proprio per questo che chi detiene il potere alimenta il fascino e l’importanza di un voto che nel concreto non conta nulla.
# In una democrazia contemporanea ogni potere è anti-democratico
Chi raggiunge il potere, come direbbe Machiavelli, ha una priorità assoluta: quella di difendere il suo potere. Succede in ogni ambito: chiunque abbia una carica professionale deve difendere il suo posto. Ma, mentre in economia, il mezzo più diffuso per difendere la propria posizione è di ottenere risultati, in politica le cose cambiano. Chi ha potere politico non ha alcun vincolo elettorale né forma di collegamento tra la sua posizione e i risultati conseguiti. L’unico metro di giudizio sul suo operato è affidato agli elettori. Ma, come abbiamo già detto, nessun elettore con il suo voto può alterare in alcun modo il risultato elettorale. Quindi nessun elettorale ha potere su chi ha il potere. Pertanto, un eletto adopererà il proprio mandato non per occuparsi del bene della collettività, ma innanzitutto per assicurarsi l’elezione anche nel prossimo mandato. Ed ecco che, in questo passaggio, entrano in gioco gli interessi personali o di gruppi, quasi sempre volti ad assicurarsi la simpatia di questa o quella fetta di popolazione, di solito delle lobby, che poi gli assicura il posto all’elezione successiva. Comprendere il potere in questo senso, aiuta a capire perché il mantenimento dello stesso non riflette i propositi di una democrazia ontologicamente intesa, che così diventa un’illusione: il potere non appartiene al popolo, ma a chi lo gestisce, in un gioco che si autoalimenta a scapito della collettività. Perché chi ha potere lo esercita nel modo più antidemocratico possibile: per evitare che altri prendano il suo posto. Cosa si dovrebbe fare, allora, per riportare una democrazia contemporanea alla sua funzione originale?
# Abolire i partiti e qualunque forma di intermediazione elettorale: questo il modo di avvicinarci al senso autentico della democrazia
I partiti rappresentano il canale per accedere al potere: sono loro a decidere i candidati e, di fatto, a definire le nomine. È dunque facile capire che, chiunque abbia interesse ad assumere una posizione di comando con l’intenzione di conservarla, prima o poi entrerà in un partito. Partiti che hanno tanto più peso, quanto più sono in grado di porsi al di sopra dei principi democratici. Per salvare la democrazia, garantire un’elezione disinteressata del potere ma attenta alle necessità della collettività, abolire i partiti per come sono diventati oggi, sarebbe quindi una soluzione efficace e radicale. Perchè cosa accadrebbe se non ci fossero i partiti?
Si potrebbe dare diritto a chiunque a candidarsi. Anzi, sarebbe ancora meglio non avere candidati: lasciare così che tutti possano votare tutti. Tutti candidati, nessun partito che difenda questo o quell’interesse. In questo modo, i cittadini potrebbero essere davvero liberi di scegliere la persona più competente e più attenta alle necessità reali del territorio da cui proviene, garantendo un’alta probabilità che essa non voglia mantenere il mandato al prossimo appuntamento elettorale. Sicuramente verrebbe a crearsi una nuova cerchia ristretta di persone adatte a questo ruolo, ma non essendoci un partito di riferimento si avrebbe la possibilità di scegliere tra individui realmente competenti e disinteressati, sostituendo l’oligarchia disordinata in cui ci troviamo in un modello di rappresentanza efficiente e popolare. Ma proprio perché sarebbe un sistema realmente democratico, nessun potere attuale accetterebbe questa riforma. Anzi, la negherebbero agitando lo spettro dell’attacco alla democrazia. Proprio loro che della democrazia sono i boia, come diceva Marco Pannella. Uno dei pochi politici realmente democratici della storia recente d’Italia.
E se Milano invece di diventare una città stato, con poteri da regione, puntasse ancora più in alto? Vediamo alcuni possibili vantaggi e rischi nel passare da città a stato indipendente.
I vantaggi
Credits: @francescobarbieri – Dito Cattelan
#1 Un reddito tipo Singapore, un bilancio moltiplicato fino a 10 volte l’attuale
Secondo Unioncamere–Tagliacarne, nel 2023 Milano ha prodotto 62.862 euro di ricchezza pro capite, mentre il dato Istat per la sola città supera i 66.000 euro. È una cifra che, se trattenuta sul territorio, proietterebbe Milano tra le aree più ricche d’Europa, vicina a Singapore (65.400 USD) e con ambizione di avvicinare il Lussemburgo (oltre 105.000 USD). Se diventasse uno Stato indipendente, Milano potrebbe trattenere le imposte prodotte nel proprio territorio. A seconda del perimetro considerato, il gettito fiscale cambia sensibilmente: solo nel Comune di Milano si stimano oltre 20 miliardi di euro, che diventano circa 40 miliardi nella Città Metropolitana.
A fronte di un bilancio comunale attuale di appena 3,5–4 miliardi di euro, il nuovo bilancio statale potrebbe moltiplicarsi per cinque o dieci volte, con una capacità di spesa paragonabile a una vera legge finanziaria, con la possibilità di orientare l’economia e lo sviluppo urbano secondo priorità locali. Come Lussemburgo o Singapore, Milano diventerebbe un Paese autosufficiente, ricco, con margini straordinari per disegnare una società su misura. Tuttavia, non tutte queste risorse sarebbero spendibili liberamente per trasporti, scuola o edilizia: una quota consistente dovrebbe finanziare funzioni statali essenziali, come sanità, pensioni, difesa, giustizia e diplomazia.
#2 Autogoverno e burocrazia snella
Liberata dai vincoli regionali e statali, Milano potrebbe semplificare radicalmente il proprio assetto amministrativo. Un sistema snello e locale, modellato sulle esigenze reali della città, prendendo a prestito il sistema svizzero che garantisce maggiore potere alle singole entità (in questo caso municipi e comuni della Città Metropolitana) ridurrebbe la burocrazia e accelererebbe tempi di decisione e realizzazione. Urbanistica, mobilità, commercio e politiche abitative non dovrebbero più attendere approvazioni da Roma o da Palazzo Lombardia. L’autonomia consentirebbe di applicare norme su misura per il contesto urbano metropolitano, sperimentando modelli di governance più agili ed efficaci. Il potenziale di attrazione per imprese e talenti crescerebbe, grazie a un ambiente istituzionale più prevedibile e orientato alla risoluzione rapida dei problemi.
#3 Scuole, università e sanità d’élite
Con un bilancio moltiplicato e la possibilità di gestire direttamente risorse e competenze, Milano potrebbe diventare un polo educativo e sanitario di eccellenza europea. Università internazionali, borse di studio, scuole pubbliche all’avanguardia, ospedali tecnologici e accessibili: l’autonomia consentirebbe investimenti diretti nei servizi essenziali. Anche il welfare innovativo, già in parte sperimentato, potrebbe espandersi: RSA modello, centri di comunità, poliambulatori diffusi. La città diventerebbe un esempio di accesso equo e qualità altissima, trattenendo e attirando cervelli. L’obiettivo non sarebbe solo efficienza, ma anche giustizia sociale e benessere diffuso.
#4 Trasporti pubblici gratuiti e smart city
Con le risorse recuperate dall’autonomia, Milano potrebbe implementare un sistema di trasporti gratuito per tutti i residenti, prendendo spunto da modelli come il Lussemburgo. Metropolitana, tram, autobus e sharing system accessibili e digitalizzati, integrati in una piattaforma smart e orientata alla sostenibilità. Il salto infrastrutturale includerebbe anche estensione delle linee metropolitane, con una o più linee circolari e connessioni suburbane con sistemi più puntuali e rapidi di quelli attuali, e tunnel stradali per spostare il traffico veicolare sottoterra. La città potrebbe investire in reti ciclabili sicure, colonnine di ricarica elettrica e infrastrutture intelligenti. L’obiettivo sarebbe una città in cui il trasporto pubblico è la prima scelta, garantendo al contempo la mobilità privata.
#5 Politiche su misura: sicurezza, lavoro, qualità della vita
Essere Stato significherebbe poter definire autonomamente regole su sicurezza, decoro urbano, gestione dell’immigrazione, cultura e lavoro. Milano potrebbe adottare modelli più severi o più permissivi, in base al contesto locale, e sperimentare innovazioni legislative. Oltre alla sicurezza e al decoro, si potrebbero introdurre politiche abitative mirate e un controllo più equo del mercato immobiliare, frenando la crescita dei prezzi. Il lavoro verrebbe rilanciato con norme salariali adeguate, adeguando gli stipendi al costo della vita, incentivi a imprese sociali e forme di welfare territoriale. Il tutto per garantire qualità della vita, coesione sociale e un’identità urbana forte e moderna.
I rischi
manuofficialprince IG – Roma
#1 Rischio isolamento politico e istituzionale
Diventare uno Stato indipendente comporterebbe un drastico cambiamento nelle relazioni con le istituzioni italiane e con l’Unione Europea. Milano rischierebbe di trovarsi isolata a livello politico, almeno in una fase iniziale, e dovrebbe costruire da zero i propri rapporti diplomatici. La partecipazione a fondi europei, la rappresentanza internazionale e la stabilità giuridica potrebbero essere messe in discussione. Inoltre, la separazione dall’Italia non sarebbe né automatica né priva di ostilità, e potrebbe scatenare reazioni contrarie, sia nei partiti italiani che in altre città del Paese.
#2 Dipendenza economica da aziende e finanza globali
Un’economia metropolitana come quella milanese è strettamente legata ai capitali internazionali. In uno scenario indipendente, come Stato dovrebbe garantire stabilità fiscale e normativa per non perdere attrattività. Ma al tempo stesso, questa apertura potrebbe rendere Milano vulnerabile a pressioni esterne, a speculazioni o a fughe di capitali. L’equilibrio tra sovranità e interdipendenza globale sarebbe uno dei nodi principali da gestire per non trasformarsi in un paradiso fiscale o in una città-vetrina senza radici.
#3 Tensioni sociali e disuguaglianze interne
L’autonomia potrebbe accentuare le disuguaglianze esistenti all’interno della città, tra centro e periferia, tra cittadini “globali” e popolazione residente. Il rischio è quello di un modello competitivo che privilegia l’élite economica e i lavoratori ad alta specializzazione, trascurando chi resta indietro. Senza meccanismi di redistribuzione nazionale, Milano dovrebbe dotarsi di nuove politiche di inclusione sociale per evitare fratture e marginalizzazioni. Il welfare innovativo e la pianificazione urbana partecipata diventerebbero strumenti fondamentali per tenere insieme la società.
#4 Perdita di identità nazionale e tensioni culturali
Separarsi dall’Italia significherebbe anche affrontare un trauma identitario per molti cittadini. Milano è parte integrante della storia italiana, e il senso di appartenenza potrebbe essere messo alla prova. Potrebbero insorgere tensioni culturali, soprattutto con le altre regioni, e possibili boicottaggi o sentimenti di rigetto. La nuova identità andrebbe costruita con cura, valorizzando il carattere internazionale ma mantenendo un legame simbolico e culturale con le proprie radici.
#5 Complessità diplomatica e riconoscimento internazionale
Diventare uno Stato richiede l’avvio di complesse trattative internazionali: riconoscimento ONU, accordi bilaterali, adesione a trattati. Milano dovrebbe dotarsi di un corpo diplomatico, costruire alleanze e negoziare l’accesso a organismi globali. L’esito non sarebbe scontato: ci sarebbero ostacoli da parte dell’Italia e di altri Paesi che temono il precedente. Inoltre, servirebbero anni per costruire la credibilità necessaria a essere riconosciuta come soggetto sovrano. Il rischio è quello di trovarsi in un limbo giuridico, senza piena legittimità internazionale.
Un luogo poco noto, difficile da individuare anche per chi frequenta la zona ogni giorno. Ma che regala un panorama unico. E i prezzi dei cocktail sono da periferia.
# Un rooftop dall’ingresso “invisibile” nel centro storico da cui vedere Porta Nuova, San Siro e le Alpi
ih_milanoambasciatori IG
All’undicesimo piano dell’iH Hotels Milano Ambasciatori 4 stelle, in Piazza Cesare Beccaria, si trova una terrazza panoramica quasi sconosciuta. Progettata per integrarsi con discrezione nel contesto urbano, mantiene un profilo basso nonostante la posizione centrale e strategica. Non ci sono infatti insegne o cartelli a indicarla. Per raggiungerla è necessario entrare nella hall dell’hotel e salire in ascensore fino all’ultimo piano. Si chiama SunEleven Rooftop e offre una vista completa su Milano: dal Duomo alle torri di Porta Nuova, da Citylife allo stadio di San Siro fino alle Alpi, nei giorni più limpidi. È uno dei pochi punti del centro da cui si può osservare l’intero skyline senza ostacoli visivi.
# Design essenziale, atmosfera rilassata e prezzi da periferia
sunelevenrooftop IG – Cocktail e tapas
La terrazza si sviluppa su due livelli arredati con sedute minimal, tavolini in ferro battuto color pastello, lanterne e piante ornamentali. L’atmosfera è informale ma curata nei dettagli, anche l’ambiente interno è moderno, arioso, con design nordico e colori tenui. L’illuminazione è soft e la musica di sottofondo discreta. Non si tratta di un rooftop di lusso, ma di un luogo accessibile e infatti i prezzi, nonostante siamo in pieno centro, sono quelli che si possono trovare in periferia: calici di vino, birre e tapas a partire da meno di 10 euro. La formula aperitivo, che include cocktail e un tagliere a persone, viene 20 euro. Tra le proposte più richieste ci sono il Negroni rivisitato con bitter artigianale, il Milano Mule con zenzero fresco e rosmarino, e spritz alternativi alla frutta di stagione.
# Vista garantita anche d’inverno
sunelevenrooftop IG
Il SunEleven Rooftop è aperto anche nei mesi freddi, grazie alla presenza di riscaldatori da esterno. È uno tra i pochi rooftop del centro aperti tutto l’anno senza variazioni stagionali. L’orario consigliato è tra le 17:30 e le 19:00, per godere della golden hour, la magica ora blu che consente di godere della trasformazione visiva del panorama cittadino. Al tramonto le guglie del Duomo si tingono d’oro, mentre lo sfondo urbano si accende progressivamente. La terrazza resta poco frequentata, anche nei fine settimana, e per questo è considerata una delle esperienze più riservate per chi desidera una vista completa della città evitando code e affollamenti. La disponibilità dei tavoli può variare è la prenotazione è necessaria anche per gli ospiti dell’hotel.
Orari di apertura: dal lunedì alla domenica dalle 17:00 alle 23:00, il sabato dalle 17:00 alle 24:00.
Siamo entrati nell’epoca del “work-life balance”, l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Sembra questo il nuovo mantra della nuova generazione che, secondo il tam-tam mediatico, pare avere un unico, grande sogno: conquistare il tempo libero. Ma siamo sicuri che questo sia veramente un diritto da conquistare? Oppure che non nasconda, come spesso accade in tempi di propaganda consumistica, una grandissima fregatura?
# Tempo libero: la nuova ossessione dei giovani
Quando si è giovani si vive di sogni, che spesso diventano quasi delle ossessioni. Per i baby boomer l’obiettivo esistenziale era il posto fisso. Negli anni ottanta è subentrato quello della ricchezza, con il nuovo millennio e l’esplosione dei social, il grande traguardo è diventato quello del successo sociale. Da qualche anno, invece, si sta facendo strada nel tam-tam mediatico una nuova bandiera generazionale: “work-life balance”, l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Nella ricerca continua di lavoro e occupazioni da parte delle nuove generazioni, sembra esserci una prerogativa imprescindibile: qualunque lavoro si trovi, deve garantirmi molto tempo libero. Quello che conta in una offerta di lavoro sembra essere quello che concede al di fuori del lavoro. Sembra paradossale. Ma nasconde un pregiudizio: quello che il lavoro, qualunque lavoro, debba essere considerato come qualcosa di brutto e opprimente. Qualcosa da cui scappare. Sostanzialmente, come un mero mezzo utile a guadagnarsi il denaro che si possa spendere in quelle finestre temporali “libere” che, in quest’ottica, solo le uniche a dar senso all’esistenza. Ma nel terzo millennio, ha ancora senso considerare vita come quella che si svolge solo al di fuori dell’orario di lavoro? E se invece pensarla in questo modo nascondesse una grande fregatura?
# “Scegli il lavoro che ami, e non lavorerai un giorno della tua vita”
Pensare al lavoro come qualcosa di opprimente e alienante è una trappola. Sono tanti gli attori che hanno contribuito a costruire questa retorica svilente del lavoro e che ad oggi domina ancora negli ambienti di formazione. La prima immagine che si pensa quando si pronuncia la parola lavoro? Una scrivania grigia, un mucchio di scartoffie e una serie di ore da passare davanti ad esse, con un capo sfruttatore e disonesto. Di fronte a quest’idea chiunque scapperebbe di gran corsa. Ed è proprio per questo che bisogna ripensare all’idea di lavoro, per quello che è dal punto vista esistenziale: un percorso di crescita e gratificazione personale, anche e soprattutto attraverso il contributo alla comunità in cui si è inseriti. E il miglior modo per contribuire efficientemente sulla base delle proprie tensioni naturali, è fare della propria passione il lavoro che accompagnerà la propria esistenza. Se infatti si sceglie come obiettivo professionale quello di arrivare a fare ciò che si ama, non si andrà alla ricerca del tempo libero per potersi sentirsi felici: ci si sentirà realizzati a prescindere dal tempo libero. Tanto da non poter più fare distinzione nella vita tra tempo libero e lavoro. Ma perché quindi si sta diffondendo l’idea che la vera conquista contemporanea sia il tempo libero? Cosa si nasconde dietro a questo tentativo? Qui si nasconde il possibile trappolone.
# Cosa si nasconde dietro alla retorica del work-life balance
Dietro ai continui e insistenti tentativi di convincere le giovani generazioni che la felicità si ritrova al di fuori del lavoro, si nasconde una verità drammatica: il lavoro così come lo conoscevamo sta scomparendo. Quando il lavoro era in eccesso, si diffondeva la retorica del posto fisso. Perché quei posti si dovevano occupare, anche se non erano il massimo della gratificazione personale. Con l’avvento delle macchine, dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, molti mestieri vengono occupati da robot, più veloci ed efficienti che non hanno bisogno né di mangiare né di dormire. E per cui non si pagano i contributi né ferie o malattia. A chi sta conducendo questa opera di sostituzione, risulta molto più facile convincere le giovani generazioni che la vera conquista della loro epoca è il tempo libero, piuttosto che renderli consapevoli di ciò che è in atto. In pratica, per evitare sommosse e disordini da parte di chi non ha il lavoro, si sta preparando uno scenario in cui sia da considerare una fortuna avere tanto tempo libero. E chi può disporre di più tempo libero di un disoccupato? Ecco servito il trappolone.
A livello individuale, invece, qual è la vera cultura del lavoro da abbracciare? Capire che la vera conquista della nostra epoca non è accumulare ore di svago, ma trovare o, soprattutto, creare un’occupazione che rispecchi i propri interessi e passioni. Un lavoro che ci renda liberi non perché ci lascia tempo per altro, ma perché è esso stesso un’espressione di ciò che siamo. E in quest’ottica l’automazione e la robotica non sono necessariamente un nemico, se usati nella giusta maniera: essi possono sostituire l’uomo nelle fabbriche, nei processi di elaborazione complessi, permettendo all’uomo di riscoprire il contatto con la natura fuori dalle industrie, recuperando così l’arte, l’artigianato e altre espressioni dell’intelligenza e della sensibilità umane. Per fare questo bisogna quindi smettere di vedere il lavoro come un peso e il tempo libero come un diritto, e iniziare a costruire un mondo dove il lavoro sia un mezzo per realizzarsi, oltre e insieme alle innovazioni tecnologiche.
Il tragitto “infernale” della metropolitana milanese. Ma l’orario è cruciale.
# La rossa da bollino rosso: questo il tratto più affollato, con la stazione più frequentata di tutta la linea
Tratto critico metro Milano
Il tratto più congestionato della metropolitana milanese si trova sulla M1. E’ la parte più centrale della linea: tra Loreto, San Babila, Duomo e Cadorna, dove si aggiunge il traffico della seconda stazione ferroviaria milanese per numero di passeggeri. In questa sezione di percorso si concentrano i principali nodi di interscambio tra le linee M1, M2, M3 e M4.
Su questo tratto si trova anche la stazione più affollata di Milano: con l’apertura dell’intera tratta della linea M4, la stazione di San Babila ha superato tutte le altre della linea per volume di traffico, diventando il nodo più frequentato e contribuendo alla congestione della tratta di M1. Ma in un confronto tra linee, qual è quella più frequentata?
La linea M1 è da sempre la più utilizzata, con circa 400.000 utenti al giorno. Seguono M2 (360.000), M3 (250.000), M4 ( 117.000) in costante crescita e M5 (95.000), il fanalino di coda.
I picchi di affluenza si registrano tra le 7:30 e le 9:30 del mattino e tra le 17:00 e le 19:00 nel tardo pomeriggio. In queste fasce, le stazioni centrali della linea rossa raggiungono livelli di saturazione che rallentano l’intero sistema. I tornelli si intasano, le banchine si riempiono oltre la soglia e i treni viaggiano al massimo della capienza. Salire a bordo può richiedere più tentativi, con ritardi non previsti. Anche un anticipo o un ritardo di 15 minuti può ridurre significativamente l’affollamento incontrato. I disagi aumentano nei giorni centrali della settimana, soprattutto il martedì e il giovedì, con la congestione che si riflette anche sui mezzi in superficie vicini alle stazioni.
# Alternative, deviazioni e strumenti per muoversi meglio
Mezzi alternativi ATM
Per evitare il tratto critico della M1, è possibile aggirarlo sfruttando combinazioni tra linee secondarie. Vediamo alcune alternative:
da Loreto a Duomo conviene utilizzare la M2 fino a Centrale, poi la M3 fino a Duomo
tra Cadorna e il centro, i tram 1 o i bus 94 e 61
tra San Babila e Duomo è spesso più rapido percorrere il tragitto a piedi in dieci minuti.
un’opzione per la tratta Loreto–San Babila è il bus 60 lungo corso Buenos Aires
Come mezzi alternativi è possibile utilizzare il bike sharing e i monopattini, soprattutto per spostamenti brevi nel centro.
Utile seguire gli aggiornamenti in tempo reale sull’affollamento e per individuare percorsi alternativi proposti dalle app ATM Milano, Moovit e Citymapper.
C’è chi si ricorda ancora quando un caffé al bar costava 200 lire. Una vita e un euro fa. A proposito di euro, lo sapevate che una delle poche cose che ormai si possono acquistare a Milano con un solo euro c’è il caffé al bar. Solo in alcuni, per la verità. Dei piccoli grandi eroi che resistono al caro vita. E uno di loro è ancora più coraggioso: il caffé te lo può perfino offrire.
# La “riserva indiana” dei bar dell’Esselunga: un euro anche per un marocchino
4horsed IG – Bar Atlantic
Il prezzo medio di un espresso a Milano ha superato 1,30 euro. In molti casi va sull’1,50 euro, se non oltre. Ma esistono bar dove si paga ancora 1 euro. Nei punti vendita Esselunga, ad esempio, i BarAtlantic mantengono invariato il listino: 1 euro per l’espresso, anche per il marocchino. Il prezzo è uguale in tutte le sedi, dalla periferia al centro. L’obiettivo è mantenere una soglia di accessibilità per tutti.
# Porta Romana, Wagner e Isola: i locali che resistono con un prezzo “simbolico”
caffedalsiciliano IG
Nel quadrante sud-est, l’Art Rock Café di via Giulio Romano mantiene il caffè a 1 euro. A ovest, stessa scelta per la storica Torrefazione di via Buonarroti. In zona Isola, il bar Dal Siciliano di via Volturno propone un espresso al prezzo simbolico.
# Il numero uno? Il bar dove il dialetto vale un espresso
Bar Caffetteria Domm
Ma il caffé a Milano può essere perfino gratis. In via San Marco, nel quartiere Brera, il Bar Domm ha adottato una formula super-vintage. Ogni mattina il titolare scrive una parola o un modo di dire in dialetto milanese su una lavagna. Chi lo indovina, riceve un caffè in omaggio. Il costo per gli altri resta 1 euro. L’iniziativa è attiva dal 2013, frutto di una delle proposte della poetessa Paola Cavanna ed è pensata per trasmettere la lingua meneghina, distinguendo i “veri milanesi”.
65 anni fa Gianni Rivera passava al Milan. Iniziava così una delle epopee, sportive, calcistiche e più in generale del costume italiano, che hanno caratterizzato almeno trent’anni della nostra vita.
# Il giovane talento dei “Grigi” mandrogni
Rivera nell’Alessandria
È finita la stagione calcistica 1959/60: l’Alessandria retrocede in serie B. In serie A non ci metterà più piede. Gianni Rivera è il giovane talento dei “Grigi” mandrogni, non ha ancora 17 anni (visto che è nato ad agosto del 1943) è reduce da 26 presenze nella massima serie con la maglia della sua città e 6 reti. Milan e Alessandria definiscono un contratto (per un totale di 65 milioni di lire) che aveva avuto già il primo passaggio un anno prima, quando i rossoneri acquistarono il 50% del cartellino di Rivera (che rimane comunque all’Alessandria), per 5 milioni di lire, e nell’estate del 1960 lo comprano a titolo definitivo riscattandolo con ulteriori 60 milioni.
# La vita ad Alessandria e il debutto nella prima squadra di calcio della città
Rivera, è nato a cresciuto ad Alessandria, dove a 10 anni entra a far parte dei “fanciòt” di Santa Maria del Castello, oratorio, adiacente all’omonima chiesa, di estrazione salesiana, quindi Gianni diventa uno dei tanti “figli” di Don Bosco. A dire il vero era nato appena fuori la città, nella frazione di Valle San Bartolomeo, in piena campagna, perchè i suoi, papà Teresio e mamma Edera Arobba, portarono i due figli (Gianni ha un fratello minore) fuori dal centro alessandrino, per avere qualche possibilità in più di sfuggire ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Alla Don Bosco di Piazza Santa Maria del Castello, Rivera impara i rudimenti del calcio e già si vede che ha il talento di chi può ambire a far diventare il pallone il proprio mestiere. Cresce nelle giovanili dell’Alessandria e verso la fine del campionato di serie A 1958/59, debutta in prima squadra, per volontà di mister Franco Pedroni: è il 2 giugno del 1959 e al Moccagatta arriva l’Inter, il match finisce 1-1. Silvio Piola, che lo aveva già adocchiato, dichiarerà, “alla sua età io non sarei mai stato capace a fare le cose che fa lui”.
Gianni Rivera ha tecnica, è preciso nei passaggi, il suo è un calcio che è “tutto un ricamare”, come dirà qualche giornalista, ma soprattutto, a soli 15 anni (16 ancora da compiere), ha già tanta personalità. Ecco perchè, già nell’estate del 1959, il Milan, non solo gli mette gli occhi addosso, ma già firma un contratto con l’Alessandria per averlo l’anno dopo. La stagione 1959/60 è quella in cui Gianni Rivera gioca tutto l’anno in prima squadra e, con il gol segnato alla Sampdoria nell’ottobre del ’59, è il secondo giocatore più giovane in assoluto a segnare in serie A. Il primo rimane Amedeo Amadei.
# Il primo italiano a vincere il Pallone d’Oro
Rivera
Alla fine della stagione la sua Alessandria retrocede in B, lui realizzerà 6 reti e onorerà l’accordo firmato un anno prima col Milan, passando ai rossoneri e diventando il giocatore (forse) più iconico della storia della squadra rossonera. Ad Alessandria non la prendono bene, la retrocessione brucia parecchio e Rivera viene additato come un “traditore” della maglia grigia. Il simbolo della squadra alessandrina è l’Orso Grigio e, nei momenti onirici degli sportivi di questa città tra Tanaro e Bormida, si materializza la scena in cui l’Orso combatte con il diavolo rossonero, per non farsi sfuggire Rivera, ma il diavolo avrà la meglio. Rivera in rossonero milita dalla stagione 1960/61 alla 1978/79, con 501 presenze e 122 reti. Nel 1969 è il primo italiano a vincere il Pallone D’Oro. Con il Milan vincerà tre campionati, due Coppe Campioni e un’Intercontinentale. Fu tra i più attivi protagonisti della mitologica Italia-Germania 4-3 del 1970 e rimane tutt’oggi il centrocampista più prolifico, in quanto a gol segnati, in serie A.
# Soprannominato l'”Abatino” da Gianni Brera
Gianni Brera
Ma Rivera è anche “costume”: è l’Abatino di Gianni Brera, per quella sua fisionomia gracile, fine e perbene, da giovane dell’Azione Cattolica. Rivera è stato un simbolo del gossip (vedi la storia con Elisabetta Viviani), si parlò di lui per gli stretti scambi di opinione con Padre Ligio. Rivera è rappresentato con le citazioni in diversi film della commedia all’italiana, l’intevista sull’autobus effettuata con Beppe Viola, il carattere spigoloso e, malgrado una democristianità innata, quello spirito anarcoide che lo ha contraddistinto dentro e fuori dal campo.
# La parentesi politica
E poi ci fu anche la politica, da parlmentare della DC, poi dell’Ulivo di prodiana memoria, il Patto Segni, la Margherita, il ruolo da sottosegretario e la chiamata di Silvio Berlusconi per la Casa delle Libertà, a cui Rivera non disse di no. Rimane poi al Centro, ma oltreppassando il confine verso sinistra, per le europee del 2004. Insomma, Rivera è un po’ come quel mio lontano parente che diceva: “io non ho mai smesso di essere democristiono, al centro…non mi sposto mai; è il mondo che si sposta: se si sposta verso destra io vengo additato come comunista, se si sposta verso sinistra, ecco che mi accusano di essere fascista”.
Però 65 anni fa Gianni Rivera era solo un ragazzino che aveva l’ambizione di non “bruciarsi” troppo presto in serie A. Poi si è dovuto accontentare di diventare un mito.
Un tuffo nel mare, un drink sulla spiaggia: in futuro sarà possibile anche a Milano? Oggi appena fuori i confini comunali c’è l’Idroscalo che assolve in parte a questa funzione. Ma se si volesse realizzare un bacino tutto balneabile, quale potrebbe essere il luogo più indicato in città?
# L’idea di un parco acquatico urbano permanente
Surf all’idroscalo
Milano non ha accesso al mare. Ha però un tessuto urbano in trasformazione e vaste aree dismesse. Perchè non realizzare parco acquatico urbano in città, da affiancare come funzione all’Idroscalo? Si potrebbe pensare a un bacino alimentato da acqua trattata, una struttura urbana permanente, chiusa e controllata, con impianti per il ricircolo, servizi igienici, docce, spogliatoi e zone d’ombra. Una destinazione pubblica, alternativa al parco tradizionale, utilizzabile durante i mesi estivi. Servirebbero autorizzazioni igienico-sanitarie, studi tecnici e fondi dedicati. Il modello è quello adottato da città europee senza mare.
# I modelli europei: da Zurigo a Berlino
Credits badeschiff_berlin IG – Badeschiff Berlino
A Zurigo sono attivi circa trenta lidi tra lago e fiume. La balneazione urbana è parte consolidata del sistema cittadino. I bagni fluviali lungo la Limmat sono aperti, gratuiti o a basso costo, con spogliatoi, docce, sorveglianza e chioschi. A Parigi, in vista delle Olimpiadi 2024, è stato aperto alla balneazione un tratto della Senna. Le aree attrezzate si trovano nei bacini di Bercy, Grenelle e Bras Marie. L’accesso è gratuito, i controlli sulla qualità dell’acqua sono giornalieri. Berlino dispone di numerosi “strandbäder”, lidi cittadini attrezzati con spiaggia artificiale, ristorazione e servizi, attivi da fine maggio a settembre. Tra questi c’è anche una piscina galleggiante nel fiume Spree. In tutti i casi si tratta di strutture pubbliche integrate nella pianificazione urbana.
Le aree dismesse nel perimetro urbano di Milano offrono spazi adatti per dar vita a un parco acquatico urbano tra questi troviamo gli scali ferroviari e le ex zone industriali. Vediamo alcune ipotesi:
alla Bovisa, nell’ambito del progetto di rinascita della Goccia, con il mantenimento e ampliamento del bosco, un bacino urbano può integrarsi con i nuovi poli universitari e le aree verdi previste
a Lambrate, nell’area della futura Magnifica Fabbrica del Teatro alla Scala, la porzione ampliata del Parco della Lambretta potrebbe accogliere una vasca balneabile collegata al Fiume Lambro
un’altra possibilità è l’ex ippodromo del trotto alla Maura, al centro del recente dibatitto sulla sua possiibile vendita ai privati per realizzare un nuovo quartiere. L’inserimento di un bacino d’acqua balneabile in questo spazio permetterebbe di ampliare l’offerta di svago e relax affiancandosi a quella curativa delle nuove terme De Montel, nate dalla riqualificazione dello storico complesso di scuderie liberty
infine Porto di Mare: 350.000 mq a sud-est della città, al confine con Corvetto e Chiaravalle. Qui, agli inizi del ‘900, era previsto la nuova Darsena cittadina collegata al Po, mai realizzato. Oggi l’area è oggetto di un piano per realizzare 10.000 alloggi a canone calmierato, un Urban Park e funzioni sportive e culturali.
# L’idea di mare e spiaggia all’ex scalo Farini
Scalo Farini con il mare
Lo Scalo Farini è stato il sito più citato per ospitare una spiaggia urbana permanente a Milano. L’idea è stata lanciata da Zucca Architettura nel 2009 e successivamente rilanciata da Milano Panoramica. Il progetto prevedeva un bacino centrale balneabile di 350.000 mq, circondato da sabbia, prati, boschi e un approdo sul perimetro. I binari ferroviari avrebbero dovuti essere interrati per liberare la superficie. Erano previste vasche per la balneazione, filtraggio delle acque, gestione degli accessi e aree verdi multifunzionali. La proposta comprendeva anche una collina artificiale con punto panoramico. L’idea ha ricevuto visibilità mediatica e il sostegno di parte dell’opinione pubblica, ma non si è mai passati a un progetto vero e proprio.
# Il Limpidarium previsto nell’ex scalo di San Cristoforo
Oma – Rendering San Cristoforo
Una soluzione potrebbe arrivare dalla rigenerazione dello scalo di San Cristoforo, nella zona sud-ovest della città, connesso all’Accordo di Programma per gli ex scali milanesi. Il progetto “Agenti Climatici”, firmato da OMA e Laboratorio Permanente, prevede la realizzazione del Limpidarium, un dispositivo ecologico lineare basato su acqua depurata. L’area includerà vasche, canali e zone umide a supporto della fitodepurazione. L’obiettivo è favorire la biodiversità e il riuso dell’acqua in ambito urbano. In alcune aree è prevista la balneazione estiva, regolata da accessi controllati. È prevista anche la riqualificazione della stazione incompiuta progettata da Aldo Rossi, che diventerà un giardino d’inverno con funzioni pubbliche. Le bonifiche sono programmate entro il 2026.
Alcuni non rientrano nei percorsi turistici ufficiali, altri non sono nemmeno segnalati. Scopriamo quali sono.
#1 La copia della casa 770 di Brooklyn in via poerio 35
the_darknife IG – Casa del Rabbino/ Casa 770
In via Poerio 35 si trova una replica esatta della sede del movimento ebraico Lubavitch di Brooklyn: la casa 770. È una costruzione in stile neogotico, identica all’originale di New York, con lo stesso numero civico. Fu realizzata nel 1962 come centro religioso della comunità chassidica milanese. La facciata è in mattoni rossi, con finestre a ogiva e cornici geometriche. È uno dei pochi edifici di Milano appartenente a una rete internazionale di sedi religiose, l’unica in Italia e in Europa. La sua esistenza è conosciuta quasi esclusivamente all’interno della comunità. Non è segnalata da alcuna targa e dall’esterno non è distinguibile da un’abitazione privata.
Credits francinazeta IG - Chiesa di San Giovanni in Conca
Credits francinazeta IG - Chiesa di San Giovanni in Conca
milano_mirabilia IG - Cripta della Basilica di San Vincenzo in Prato
Nel mezzo di piazza Missori si trova la cripta di San Giovanni in Conca, insieme a una parte dell’abside. È ciò che resta di una basilica medievale, distrutta, ricostruita e ridimensionata, fu demolita definitivamente dopo la Seconda Guerra Mondiale per aprire via Albricci e dare spazio al traffico veicolare. La facciata, smontata, è stata trasferita sulla fronte del tempio valdese in via Sforza. La cripta è accessibile da un ingresso a lato del marciapiede. È composta da colonne romaniche, pareti in pietra e volte a crociera. La chiesa originaria era tra le più antiche della città e una pietra nel lastricato di piazza Missori ne indica il limite dell’abside, inserita nell’ambito dei lavori di riqualificazione della piazza. Non è indicata da segnaletica visibile ed è spesso scambiata per un rudere, che i milanesi hanno soprannominato in modo ironico “el dent cariaa” per la forma che ricorda nella sua porzione in superficie.
#3 Torre Arcobaleno, l’ex torre piezometrica in Porta Nuova
Andrea Cherchi – Torre Arcobaleno
La struttura sorge accanto al cavalcavia di via Farini, tra Porta Garibaldi e il Cimitero Monumentale. Costruita nel 1964 come torre piezometrica per rifornire le locomotive a vapore della stazione, rimase in uso fino agli anni ’70. Nel 1990 fu rivestita con piastrelle colorate da Original Designers 6R5 Network e aziende ceramiche: da quel momento fu ribattezzata “Torre Arcobaleno”. Durante Expo 2015 fu restaurata e resa visibile. È alta circa 35 metri e il rivestimento policromo fu concepito come simbolo di armonia tra tecnologia, natura, innovazione e tradizione.
#4 Palazzo Berri‑Meregalli in stile liberty-eclettico con la scultura della Dea alata
Foto redazione – Casa Berri Meregalli
In via Cappuccini 8 si trova Palazzo Berri-Meregalli, costruito tra il 1911 e il 1913 su progetto di Giulio Ulisse Arata. L’edificio è un esempio di architettura eclettica con elementi liberty, gotici e barocchi. Il piano terra è rivestito in finta pietra sbozzata con aperture protette da barre di ferro battuto. Ai piani superiori le superfici si alleggeriscono fino al fregio terminale con puttini scolpiti. L’atrio è accessibile su richiesta al custode. All’interno si trovano mosaici blu e oro, pavimentazione policroma e una vetrata a fondo cortile. Al centro dell’atrio è collocata la Vittoria Alata, scultura di Adolfo Wildt realizzata tra il 1918 e il 1919. È un busto femminile alato in marmo con finiture dorate, creato per celebrare la fine della prima guerra mondiale.
#5 La «Casa del Diavolo» con una palla di cannone nel muro
La casa del diavolo
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Casa del Diavolo
Credits: www.milanopocket.it
Credits: flawlessmilano.com
Andrea Cherchi - Palla di cannone
In corso di Porta Romana 3 si trova Palazzo Acerbi, edificio di origine secentesca rimaneggiato più volte nel corso dei secoli. La facciata è lineare, in stile neorinascimentale, con finestre incorniciate in pietra. Gli interni erano decorati con stucchi, tappezzerie in seta, quadri e specchi. Sul lato destro, tra il piano terra e il primo piano, è incastonata una palla di cannone in ferro, visibile sopra la mensola del primo balconcino, a destra del portone. Fu sparata dalle truppe austriache il 20 marzo 1848 durante le Cinque Giornate di Milano. Una lastra in marmo riporta la data dell’evento. Il palazzo è noto anche per la leggenda legata al marchese Ludovico Acerbi, che durante la peste continuava a organizzare feste e ricevimenti senza ammalarsi, muovendosi per la città carrozza nera trainata da sei cavalli. Tutti elementi che portarono a rinfornzare la ama sinistra del proprietario, identificato dai milanesi come incarnazione del Diavolo.
#6 Il Tempio della Notte di Gorla, l’unico esempio di architettura massonica sotterranea a Milano
altramilano – Tempio della notte
Nel parco di Villa Finzi, tra via Sant’Erlembardo e viale Monza, si trova il Tempio della Notte. È un edificio ipogeo, costruito all’inizio dell’Ottocento sotto una ghiacciaia preesistente. Ha forma circolare, con copertura a cupola e oculo per il passaggio della luce nei solstizi. Scoperto nel 1991 dallo speleologo Celestino Ghezzi e riportato alla luce nel 2005 da Andrea Thum, è considerato l’unico esempio di architettura massonica sotterranea a Milano.La struttura interna è composta da colonne in marmo e nicchie, disposte secondo principi astronomici e rituali. Si ipotizza che fosse utilizzato per cerimonie iniziatiche, con simbologia legata alla luce e alle tenebre. Attualmente è in fase di studio e non è aperto al pubblico. Poco distante, nel parco, si trova anche il Tempio dell’Innocenza, tempietto neoclassico a pianta circolare con otto colonne in pietra, un tempo situato su un isolotto al centro del laghetto.
In viale Berengario 3, all’interno del giardino del Castello Pozzi, si trova un’installazione chiamata Castello di Carte. Fu realizzata nel 2014 su iniziativa di Elio Fiorucci e Ottavio Missoni. La struttura è composta da 45 carte giganti disposte a piramide, alte quanto una finestra, costruita in materiale rigido, e resiste alle intemperie senza interventi visibili. Di giorno si confonde tra la vegetazione, di notte si illumina con neon colorati. È visibile solo da un punto preciso del marciapiede. Non è segnalata da cartelli né indicata nei percorsi turistici. L’edificio adiacente, costruito nel 1929, ospita eventi privati. L’opera non è accessibile al pubblico.
Non c’è insegna e nessuno riferimento evidente. Per entrarci è necessario una parola d’ordine, che si ottiene solo… risolvendo un gioco. Scopriamo come è fatto il bar più nascosto di Milano.
# Segui il Coniglio Bianco: ingresso riservato e accesso da decifrare con un indovinello
whiterabbitmilano IG – Barman
È il coniglio ansioso e trafelato che apre “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Ma non solo. E’ anche il bar più nascosto di Milano. Per accedere al White Rabbit serve una parola d’ordine. La si ottiene risolvendo un indovinello mensile, inviato in via riservata agli iscritti sul sito ufficiale e il sistema di accesso cambia di mese in mese richiedendo un’interazione attiva da parte del pubblico. L’ingresso è nascosto dietro una vetrina anonima in zona Isola e si apre solo quando una luce interna viene accesa. Nessuna insegna, nessun riferimento visibile, e una volta entrati si attraversa un armadio che conduce all’interno vero e proprio. Tutto è costruito per creare l’effetto di un varco in un mondo parallelo. Dove si entra nel Paese delle Meraviglie.
# Rievoca gli speakeasy americani degli anni ’20 con una cocktail list “criminale”
whiterabbitmilano IG – Interno
L’ambiente rievoca gli speakeasy americani degli anni ’20. Ogni elemento è pensato per catapultare il cliente in quell’atmosfera: luci basse, tende pesanti, lampadari imponenti, carta da parati, grammofoni e poltrone vintage. Anche il personale contribuisce all’atmosfera, con i bartender che indossano maschere da coniglio bianco. La drink list segue un’idea tematica precisa: ogni cocktail è presentato come se fosse parte di un archivio criminale. Ispirati a gangster italoamericani, i drink portano nomi e numeri di matricola, con aggiornamenti semestrali. L’aspetto visivo e la qualità degli ingredienti sono trattati con la stessa attenzione. L’impressione generale è che nulla sia lasciato al caso, nemmeno nei dettagli.
# Suddiviso in più stanze con un’area sotterranea dove sembra di entrare in una bisca clandestina
whiterabbitmilano IG – Sala interna
Il White Rabbit è suddiviso in stanze, con zone soppalcate e un’area sotterranea che richiama l’estetica delle bische clandestine. Alcune serate prevedono musica jazz dal vivo, altre si svolgono in un silenzio quasi teatrale. Nonostante sia aperto dal 2018, resta escluso dai principali circuiti informativi e la sua promozione avviene quasi esclusivamente tramite passaparola. L’ambiente, contenuto nelle dimensioni, favorisce una fruizione riservata e chi entra partecipa a qualcosa che somiglia più a una messa in scena che a una serata al bar. Sei pronto a risolvere l’indovinello?
La metro di Milano cresce: linee, chilometri, fermate. Quante ne sai sulla Milano sottoterra?
Tracciato M4
# 2.768 corse al giorno, 225 convogli
La metro effettua oltre 2.700 corse giornaliere. I treni attivi sono 225, inclusi 21 driverless sulla M5 e 47 sulla M4.
La rete dispone di 7 depositi, ma la M5 utilizza solo una rimessa. Due le centrali di controllo: quella principale in via Monte Rosa (M1-M4), e quella dedicata alla M5 a Bignami.
# Le linee sono 5 o 6? Dipende
La rete metropolitana milanese conta ufficialmente 5 linee attive: M1 (rossa), M2 (verde), M3 (gialla), M4 (blu) e M5 (lilla). Eppure si potrebbero considerare 6: esiste infatti una minilinea, il collegamento automatico MeLAtra Cascina Gobba e l’Ospedale San Raffaele.
La rete si è estesa dopo l’apertura della M4 di altri 21 chilometri e 15 stazioni. La nuova estensione raggiunge i 118 chilometri di tracciato per 136 stazioni. 22 chilometri sono percorsi nell’hinterland.
# 13 capolinea, 8 interscambi
M1 e M2 hanno più diramazioni, portando i capolinea complessivi a 13. La M1 arriva a Bisceglie, Rho Fiera e Sesto 1° Maggio; la M2 a Abbiategrasso, Assago, Cologno Nord e Gessate; la M3 collega San Donato a Comasina; la M4 va da Linate a San Cristoforo; la M5 da San Siro Stadio a Bignami.
Gli interscambi tra le linee sono otto. I principali nodi sono: Duomo (M1-M3), Loreto e Cadorna (M1-M2), Centrale FS (M2-M3), Lotto (M1-M5), Garibaldi (M2-M5), Zara (M3-M5), San Babila (M1-M4).
# Le estensioni in arrivo: 17 stazioni, 20 chilometri
Credits Comune di Milano – Estensione M1 Quartiere degli Olmi
Tre prolungamenti già finanziati:
M1: 3 stazioni a ovest (Valsesia, Baggio, Olmi), 3,5 km, lavori dal 2025, inaugurazione nel 2031.
M5: 11 nuove fermate fino a Monza, 13,2 km, cantieri dal 2026, apertura prevista tra 2032 e 2033.
M4: estensione di 2 stazioni a est verso Segrate (3,1 km), in fase progettuale, apertura non prima del 2030.
# Il sogno rosa: la M6
M6 doppio ramo
La novità più attesa nel futuro è la linea 6, che, secondo il sindaco Sala, dovrebbe essere l’ultima a essere realizzata a Milano. Ancora attesa sul tracciato: qui le ultime ipotesi
Quello che resta di quei tempi: le feste degli ex compagni di classe in cui le mogli possono stare tranquille.
Quando a Milano c’erano scuole solo per maschi (o solo per femmine)
Hai presente il film Compagni di Scuola di Verdone? Un gruppo di ex compagni di classe si ritrova dopo molti anni per festeggiare l’anniversario della maturità. Coppie scoppiate, amori infranti, chi non era degno di uno sguardo è diventato ricco di fascino e poi amanti, storie nascoste, insieme a scene di ordinaria disperazione. In breve, un casino. Qui si parla di tutt’altro. Delle feste degli ex compagni di classe in cui le mogli possono stare tranquille.
Nell’epoca del gender fluid è difficile immaginare la Milano che fino alla metà degli anni Ottanta aveva ancora scuole di genere: solo per maschi o solo per femmine.
Dalla prima media alla quarta ginnasio ho frequentato una scuola di soli maschi, gestita dai gesuiti: il Leone XIII. Com’era la scuola solo al maschile?
C’era molto cameratismo. Anche spinto all’estremo. Bollori ed energie in esubero adolescenziale venivano incanalati soprattutto nelle attività sportive e, in generale, in ogni forma di competizione. Ci si sfidava su tutto, la vittoria era vista come segno di predestinazione divina, un po’ come i soldi nell’antica cultura ebraica.
Non solo ci si misurava negli sport che praticavamo ma anche per quelli che si tifavano. La vittoria di uno scudetto della squadra del cuore era motivo di gloria. Tutte cose poi smussate nelle classi miste.
Altro fattore distintivo era l’interesse fantascientifico per l’altro sesso. In una scuola solo maschile, senza internet o i social, l’altro sesso veniva visto dal binocolo. Letteralmente. Il nostro binocolo era rivolto a Piazza Tommaseo dove si schiudeva l’altro mondo dei misteri, dove c’erano le Marcelline, l’equivalente del Leone XIII ma declinato interamente al femminile. Gli unici incontri, fuori dalla scuola o nelle feste, si vivevano come documentari di Quark.
Ultimo fattore distintivo erano gli insegnanti. Il professore di Lettere del Ginnasio ci aveva avvertiti: “Con l’ingresso delle femmine nulla sarà più come prima”. Una differenza erano infatti i discorsi che ci facevano gli insegnanti. Con una classe al solo maschile si potevano affrontare argomenti delicati, sulla sessualità, sui bollori adolescenziali, usando anche espressioni scurrili, da caserma, focalizzati su un pubblico maschile che difficilmente si sarebbero potuti replicare con le ragazze.
L’anno di grazia è stato l’anno scolastico 1984-85. Non solo perché è stato l’anno in cui la mia anomala squadra del cuore, l’Hellas Verona, ha vinto lo scudetto, innalzandomi alla gloria divina, ma soprattutto perché scuole maschili, come il Leone XIII, o femminili, come Marcelline o Orsoline, hanno aperto a studenti dell’altro sesso.
A partire da quell’anno iniziarono a formarsi le prime classi miste. Nei ricordi è come se la scuola fosse passata dal bianco e nero al colore. Quei bollori ed entusiasmi che venivano sublimati nello sport e in ogni forma di competizione esplosero in tutta un’altra forma, quella che regna da millenni.
Le prime, poche ragazze apparse nella prima classe del liceo avevano sostituito lo sport come principale centro di attenzione. E’ stato come passare da spettatori a protagonisti del documentario. Le prime cotte, le attese nelle pause, i primi appuntamenti fuori dalla scuola. Qualcosa che può suonare normale per chi ha sempre vissuto in una scuola mista ma che per noi erano come un viaggio di Jules Verne.
E il cambiamento si è visto anche negli insegnanti. Personaggi ruvidi che si ammorbidivano davanti a un sorriso, qualcuno faceva anche delle cosacce, così si diceva in una nuova forma di intrattenimento: il pettegolezzo.
Così, tra ricordi di Julius Cesar imparato a memoria, Friends Romans and Countrymen, di figuracce alle interrogazioni o di vittorie gloriose, ha avuto luogo la festa di reunion per i 25 anni della maturità. In certi momenti è sembrato di tornare come allora, in altri si è provato un gusto amaro tipo Compagni di Scuola di Verdone, ma con una fondamentale differenza. Era una reunion in cui le mogli potevano stare tranquille.
Fantapolitica? In un’Italia dove il principio del decentramento amministrativo è sancito dalla Costituzione, ma spesso disatteso, vediamo cosa potrebbe succedere se Milano si separasse dalla Lombardia.
# Una forza economica capace di competere con metropoli e stati europei
Credits Andrea Cherchi – Milano vista dall’alto
Il solo Comune di Milano, con meno di 1,4 milioni di abitanti, genera un PIL stimato tra i 100 e i 110 miliardi di euro, pari da solo a circa il 5% dell’intero PIL italiano. Estendendo lo sguardo all’intera Città metropolitana di Milano, che include 133 comuni per un totale di circa 3,2 milioni di abitanti, il PIL sale a circa 204,5 miliardi di euro, il 10% dell’economia nazionale. Questo dato non include la provincia di Monza e Brianza, che fino al 2009 faceva parte della provincia di Milano. Monza e Brianza, con circa 880.000 abitanti, ha fatto registrare nel 2022 un PIL di circa 27 miliardi di euro. Considerando insieme Milano e Monza-Brianza, l’area urbana integrata arriva a oltre 4 milioni di abitanti e un PIL combinato che sfiora i 230 miliardi di euro, superiore al 15% del totale lombardo, rendendola una delle concentrazioni economiche più potenti d’Europa.
A questi numeri si aggiunge un PIL pro capite stimato attorno ai 66mila euro all’anno contando solo il Comune di Milano, 61mila allargando lo sguardo alla città metropolitana, fatto che la pone tra le aree più ricche d’Europa, con reddito medio per abitante superiore a nazioni come Portogallo o Grecia.
# Milano senza la Lombardia? Potrebbe gestire 11 miliardi di euro all’anno
Milano presenta una delle più alte densità urbane d’Europa, con valori che variano in base all’area di riferimento. Il Comune di Milano, con 1,4 milioni di abitanti su 181 kmq, registra una densità di oltre 7.600 abitanti per kmq. La Città metropolitana di Milano, su un territorio di 1.575 km², mantiene una densità superiore a 2.000 abitanti per kmq. Se si aggiunge la provincia di Monza e Brianza, che conta circa 880.000 abitanti su 405 kmq, l’intera area urbana integrata arriva a 4,15 milioni di abitanti su circa 2.000 kmq, con una densità media di 2.015 abitanti per kmq.
In tutti i casi, si tratta di un conglomerato urbano continuo e densamente popolato, paragonabile per struttura e popolazione a Berlino, Madrid o alla Greater London. Milano è anche il primo polo italiano per attrazione di investimenti esteri, ospita la Borsa Italiana, è capitale di moda, design e innovazione. Con tre aeroporti internazionali e hub dell’alta velocità, si incrociano qui le due principali direttrici del paese: ovest-est da Torino a Venezia, nord-sud da Torino a Salerno e forse in futuro la Sicilia. Se si staccasse dalla Lombardia, Milano potrebbe trattenere fino a 11 miliardi di euro all’anno oggi gestiti dalla Regione: ma come potrebbe impiegare queste risorse?
#1 Infrastrutture: finalmente una linea della metro integrata con il passante ed estesa su tutto l’hinterland
Di Emat560 – Opera propria, CC BY 4.0, httpscommons.wikimedia.orgwindex.phpcurid=157561589 – Estensioni metro
Diventando regione a sé, Milano potrebbe gestire direttamente trasporti e infrastrutture strategiche, invece di limitarsi al comune di Milano e solo per i mezzi ATM. Attualmente, la città dipende da Regione Lombardia per la gestione del Passante ferroviario e delle linee S e per le risorse necessarie al funzionamento del trasporto pubblico locale. Una Milano Città-Regione potrebbe accelerare progetti chiave: estensione della metropolitana fino a Monza (M5), Segrate (M4), Vimercate (M2), Cormano e Paullo (M3), sviluppo di una nuova M6 a servizio della zona sud-ovest e ovest della città e progettazione di un secondo passante ferroviario nord-sud e di un terzo ad ovest. Potrebbe finalmente nascere una metropolitana circolare per collegare le periferie senza passare dal centro.
#2 Risorse e poteri per risolvere il problema della casa
In campo sociale, Milano avrebbe la possibilità di gestire direttamente le politiche abitative per affrontare l’emergenza casa, creare un welfare su misura per una città a fortissima mobilità interna e internazionale.
#3 Sanità, scuole e innovazione economica
E poi si passa ad altri ambiti dove una Milano con suoi poteri e risorse potrebbe fare la differenza a livello mondiale. Scuola, sanità e innovazione sociale.
Scuola e sanità gestiti da regione Lombardia stanno perdendo colpi anno dopo anno. Serve un cambio di rotta, soprattutto con una politica focalizzata sulla Grande Milano.
Ma non solo: autonomia significherebbe più libertà per attivare politiche fiscali innovative e attrattive, come sgravi per startup e imprese green, o fondi per la ricerca scientifica gestiti direttamente. Tutto questo con una governance snella e diretta, finalmente sganciata da meccanismi regionali pensati per territori con problemi e necessità completamente diversi.
# I benefici delle separazione per Milano e la Lombardia
Città Metropolitana nella Regione Lombardia
La Lombardia, con 10 milioni di abitanti, è un carrozzone istituzionale. È la regione più popolosa d’Italia, con quasi il doppio di Lazio e Campania, le seconde in classifica. La maggior parte delle regioni italiane ha meno di 2 milioni di abitanti: difficile pensare che una sola governance possa rispondere in modo efficiente e tempestivo a territori così diversi come la Valtellina, la Lomellina, il mantovano e l’hinterland milanese. Dividere la Lombardia in due regioni, da una parte Milano Città-Regione con 4 milioni di abitanti, dall’altra la nuova Lombardia con 6 milioni, significherebbe rendere più omogenea la gestione territoriale. La Regione Lombardia potrebbe finalmente concentrare attenzione e risorse sulle aree periferiche come già succede ora, affrontando in modo specifico temi come l’accessibilità, la sanità di prossimità, il trasporto pubblico locale e il sostegno all’agricoltura o al turismo diffuso. Milano, dal canto suo, smetterebbe di essere il parafulmine o il bancomat della Regione, e potrebbe accelerare il proprio sviluppo secondo logiche urbane e globali.
# Gli esempi nel mondo
Il modello di Milano città-regione è già realtà in altri Paesi. Berlino è un caso emblematico: città-Stato federata, è completamente autonoma dal Brandeburgo che la circonda. Con 5 milioni di abitanti su 2.852 kmq, ha un’amministrazione autonoma capace di governare una delle metropoli più dinamiche d’Europa. In Germania esistono anche 11 regioni metropolitane riconosciute ufficialmente, a testimonianza del peso crescente delle grandi città. Un altro esempio calzante è San Pietroburgo, in Russia: città federale separata dall’oblast’ di Leningrado, ha oltre 6 milioni di abitanti e gestisce in autonomia politiche urbanistiche, economiche e sociali, diventando un laboratorio di innovazione anche per il resto del Paese. Anche Città del Messico ha ottenuto lo status di entità autonoma nel 2016, con una propria Costituzione e poteri paragonabili a quelli degli Stati federali messicani. Singapore è il caso più radicale: città-Stato diventata tra le prime economie globali.
La domanda vera non è se Milano possa farcela da sola, ma se il Paese sia pronto ad accettare una nuova geografia istituzionale che valorizzi davvero i territori. In un mondo in cui le metropoli sono già le vere protagoniste globali, l’Italia vuole restare ancorata al centralismo o iniziare finalmente a pensare come un sistema moderno?
Un rito quotidiano che si rinnova ogni mattina. Questi sono cinque chiostri dove iniziare la giornata alla grande immersi nell’arte, nella cultura e nella storia di Milano. Da una selezione di theblendermagazine.com
# Colazione tra le quinte: il caffè del Piccolo Teatro
piccolocaferestaurant.it – Chiostro
Tra il Duomo e la Scala, c’è uno dei luoghi più suggestivi del centro dove poter far colazione: il Piccolo – Café & Restaurant nella cornice del Chiostro Nina Vinchi. Il caffè propone non solo cappuccini e croissant artigianali, ma anche opzioni brunch internazionali: avocado toast, pancake, bagel, tra libri e locandine di spettacoli. Sedendosi sotto i portici restaurati nel 2009, si è immersi nella storia drammatica di Milano, dove artisti e appassionati si incontrano ogni mattina. Qui si può leggere, studiare o semplicemente osservare il risveglio della città tra i tavolini immersi nel silenzio del cortile.
# Dove l’arte incontra il caffè: la pausa alla Pinacoteca
milan_insider IG – Caffè Fernanda
All’interno della Pinacoteca di Brera, il Caffè Fernanda è parte integrante del museo: prende il nome da Fernanda Wittgens, direttrice della rinascita post-bellica della pinacoteca. Progettato da rgastudio, l’arredo richiama l’estetica degli anni ’50, con pareti petrolio, bancone e tavoli in ottone e noce canaletto, sedute Pedrali, eleganti poltroncine rosa e marmo restaurato. Presenti tavolini anche all’esterno lungo il ballatoio. La colazione comprende brioche artigianali (anche vegane), toast, cheesecake, focacce e bevande di qualità, da gustare ammirando prima o dopo avere ammirato opere meravigliose, tra cui il “Bacio” di Hayez. Un luogo che unisce il gusto alla cultura, perfetto anche come sosta dopo una visita al museo.
# Tra le arcate dell’ex seminario: la colazione del Portrait
Ufficio stampa Bar, Giardino, Portrait Milano – Monoporzione Cake Couture
Nel cuore del Quadrilatero della Moda, il chiostro dell’hotel Portrait, nell’ex seminario barocco seicentesco (il più antico d’Europa), è diventato uno spazio raffinato per la colazione. Al ristorante 10_11 (due ingressi, via Sant’Andrea 10 e corso Venezia 11), dalle 7:00 si accede a una buffet experience curata: croissant sfogliati, pane fresco, yogurt, uova, formaggi e selezione di succhi, accompagnati da blend caffè di alta qualità come il monorigine colombiano Calima. Lo spazio, tra colonne storiche e volte eleganti, offre sedute al coperto o all’aperto, perfette per chi cerca riservatezza o deve lavorare in tranquillità. È possibile anche fermarsi per un brunch tardo o un pranzo informale nella parte esterna del colonnato.
Indirizzo: corso Venezia 11, secondo ingresso da via Sant’Andrea 10
# Pace rinascimentale con espresso ai Chiostri di San Barnaba
aichiostrimilano IG
Nel complesso quattrocentesco di San Barnaba, a ridosso di importanti snodi milanesi, Ai Chiostri Milano offre un ambiente raccolto e discreto tra cortili e statue rinascimentali. La colazione è un invito al gusto autentico: brioche, tortine, plumcake, frolle, torte salate e focacce, accompagnati da caffè selezionati e miscele pregiate. D’estate, la proposta si amplia nel suggestivo Chiostro delle Statue, rendendo ogni mattino un’esperienza rilassante e lontana dal caos urbano. Si può proseguire poi fino all’aperitivo.
Indirizzo: via San Barnaba, 48
# Un caffè sotto la cupola barocca della Besana
basilgreenpencil IG – Rotonda Bistrot
Un’oasi barocca affacciata su un giardino storico del Settecento: la Rotonda Bistrò apre dalle 10:00 con colazioni leggere o più strutturate. Brioche artigianali, torte fatte in casa, pane biologico, yogurt e piatti salati, tra cui spicca l’uovo CBT a bassa temperatura, si gustano tra colonne e ai tavoli immersi nel verde esterno. Lo chef Tommaso Arrigoni propone un brunch domenicale ormai cult tra milanesi. Anche nei giorni infrasettimanali, è un rifugio ideale per lavorare fuori casa o fare incontri in uno spazio ampio, luminoso e storico. Tavoli disponibili anche all’aperto.
A un’ora da Milano c’è una terrazza nascosta che regala una delle viste più sorprendenti della Lombardia.
# Una terrazza d’acqua sospesa sul lago
giardino_marilago IG – Piscina altra vista
Si chiama Terrazza Azzurra ed è la piscina panoramica del Giardino Marilago di Sulzano, in provincia di Brescia. Situata a pochi minuti dalla Franciacorta e affacciata sul Lago d’Iseo, offre una vista unica su Monte Isola e sulle montagne circostanti. Il contesto è immerso nella natura, silenzioso e ben curato. Si può scegliere tra lettini prendisole a bordo vasca, divani e chaise longue all’ombra degli ombrelloni, oppure aree più appartate nel giardino. La piscina è a sfioro e visivamente integrata con il paesaggio lacustre. Un’oasi di relax con prenotazione obbligatoria tramite sito, valida anche solo per un giorno. Il luogo non è aperto al pubblico ma accessibile esclusivamente con prenotazione. L’ambiente resta tranquillo e lontano dai grandi flussi turistici e infatti il silenzio è parte dell’esperienza.
# Comfort, relax e servizi inclusi: prezzi a partire da 17 euro
giardino_marilago IG – Giardino
Per accedere alla Terrazza Azzurra è richiesto il pagamento anticipato come caparra non rimborsabile. I prezzi partono da 17 euro e includono anche il parcheggio dell’auto. Il servizio comprende l’uso delle aree attrezzate e, su richiesta, pranzi e aperitivi serviti nel giardino o nel dehor. Tra le proposte ci sono insalate fresche, hamburger, fritture e cocktail. È possibile anche organizzare cene private ed eventi su prenotazione. I lettini e gli ombrelloni vengono assegnati su prenotazione e sono ben distanziati.
# Come arrivare e cosa aspettarsi
Maps – Milano-Giardino Miralago
Il Giardino Marilago si trova a Sulzano, in via Cadorna 27, ed è raggiungibile da Milano in circa un’ora e venti minuti di auto. L’ingresso si effettua previa prenotazione tramite il sito ufficiale giardino.marilago.it, dove si possono anche selezionare le opzioni disponibili per la giornata desiderata. L’accesso è regolato in modo da garantire un numero contenuto di ospiti, per mantenere riservatezza e silenzio. È il luogo ideale per chi cerca una pausa rigenerante in un contesto naturale e raffinato, con tutti i comfort. Il parcheggio è nelle immediate vicinanze della struttura. Il pontile permette anche un accesso diretto all’acqua per chi volesse proseguire con un giro in barca. Sulzano è servita dalla ferrovia Brescia–Edolo e dispone anche di collegamenti con battelli e traghetti. La terrazza è facilmente raggiungibile anche senza auto.
Con l’arrivo dell’estate, a Milano accade qualcosa di curioso: il centro si sposta.
# La stagione d’oro dell’Idroscalo
Un tempo, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000, il cuore dell’estate milanese batteva all’Idroscalo. Era l’epoca delle discoteche: da giugno, molti locali chiudevano i battenti in città e si trasferivano sulle rive del bacino artificiale appena fuori Milano. L’Idroscalo era anche il regno dei grandi concerti e degli eventi open air. Unico difetto? I collegamenti: scomodi e mal congegnati. Non solo: l’Idroscalo non è Milano. Almeno non secondo quei confini amministrativi folli che rendono Milano la più “piccola” delle metropoli europee. Ma questa è un’altra storia.
Il fatto è che ancora oggi, il centro di Milano in estate non è più… il centro. È cambiata la zona. Addirittura ci si è spostati dal lato opposto della città. Proprio in quella zona che è un tempo nel periodo estivo trovava pace rispetto all’intensa stagione invernale.
# San Siro, dal silenzio estivo a quartiere dove succedono cose
Credits: virginradio.it Concerto Bob Marley 1980
Fino a pochi anni fa, San Siro viveva solo in occasione delle partite di calcio. Almeno come potere di attrazione sull’intera città e oltre. Poi, d’estate, lo stadio andava in vacanza. Ad eccezione uno, massimo due concerti, epici che avvenivano durante la stagione. Concerti talmente eccezionali da entrare nel mito, come quello di Bob Marley o quello di Bruce Springsteen. Per il resto, l’arena restava vuota, così come sonnecchiava tutto il quartiere. Oggi tutto è cambiato. Chiunque andasse oggi a San Siro in qualunque giorno di giugno o di luglio si ritrova la ressa che ormai manca in qualunque altra parte di Milano. Tre grandi spazi per concerti – La Maura, l’Ippodromo, lo stadio – attirano folle da tutta Italia. Giovani, famiglie, fan, curiosi. Persone che scelgono questo quartiere perché qui succede qualcosa. E che portano nel quartiere vitalità, colore e novità ogni giorno.
# Il nuovo centro di gravità permanente… in periferia
Chi vive o frequenta San Siro in questo periodo lo percepisce: questa zona, per quanto “periferica”, è capace di trasformarsi nel vero centro emotivo e culturale della città. Ed è una prova concreta che anche una periferia può diventare centrale, a Milano.
Ed è proprio questo il punto: San Siro rappresenta oggi un modello vincente per come considerare e gestire le periferie. Vediamo perché.
#1 Eventi forti = attrattività istantanea
Credits elisa_ragni IG – Concerto Coldplay
La presenza di grandi eventi è il motore di tutto. Un quartiere che ospita un concerto di Timberlake, dei Duran Duran o dei Coldplay non è più una periferia: diventa un riferimento nazionale, se non internazionale. E quindi questo può far capire come debba essere prioritario per un’amministrazione vincente quello di immaginare di colorare di eventi anche temporanei i diversi quartieri, ognuno ad esempio con un tema differente. San Siro è perfetto per lo sport e gli eventi musicali, Lambrate per alcuni anni è stato uno dei fulcri del design. Ci potrebbe essere il quartiere della Scienza, quello dei media, con eventi di richiamo internazionale come accade, ad esempio, nei diversi centri della Costa Azzurra. Serve solo una strategia intelligente e coraggiosa, che abbia il coraggio di andare oltre la burocrazia e le proteste di comitati sempre contrari a tutto. Ma non è solo la presenza di eventi a rendere San Siro un modello: è anche come concepito lo spazio.
#2 Il regno del verde: il sogno già realizzato dei milanesi
Credits: @stefidellestefi Parco delle Cave
In una città che boccheggia di mancanza d’aria e dove il verde è scarso, anche nelle nuove piazze tutte di cemento, chi capita a San Siro può pensare di essere nel paradiso terrestre. Siamo in città, eppure il verde domina. Viali alberati, parchi, giardini. San Siro è concepito come molti milanesi in realtà vorrebbero trasformare Milano. Ma la soluzione ce l’abbiamo già qua, anche se molti milanesi non lo sanno neppure. E oltre al verde c’è anche l’urbanistica.
#3 Urbanistica tipo città modello di Canada o Scandinavia
Credits Andrea Cherchi – Area San Siro dall’alto
San Siro, soprattutto nella zona tra via Harar e il Qt8, sembra una cittadina del Nord Europa o del Canada: villette, piccoli condomini immersi nel verde, niente muri grigi, niente colate di cemento. E ampi spazi aperti. Certo, esistono anche le criticità, come alcuni orrendi palazzoni di case popolari, ma il tessuto urbano è uno dei più equilibrati della città. Perché non ripartire da qui per reinventare le periferie milanesi?
#4 Connessioni da zona centrale: il vero segreto del successo
Pochi minuti e si è in centro. Due linee della metropolitana – la rossa e la lilla – la attraversano. Anche i collegamenti automobilistici sono straordinari: viali larghi e scorrevoli la connettono a CityLife in pochi minuti. Non è un quartiere-dormitorio. È un quartiere in dialogo continuo con il resto della città. Ed è proprio questo che fa la differenza tra periferia e centralità.
Questi quattro ingredienti vincenti diventano imbattibili se ne arriva un quinto: la costruzione del futuro
#5 Dove si crea il futuro: l’ambizioso progetto di stadio e infrastrutture collegate
Un po’ come Expo per Milano. Un quartiere ha bisogno di una componente fondamentale: il futuro. Il futuro per un quartiere significa progetti in grado di portare linfa e trasformazione. Come accaduto a Porta Nuova o a Citylife. A San Siro il futuro è di casa. Si parla del nuovo orizzonte della Maura, dell’estensione della metro, dei quartieri residenziali, delle nuove terme all’Ex Montel, ma soprattutto si parla di quello che potrebbe accadere con il nuovo stadio. Questo potrebbe essere un magnete se si riuscirà a concepire il nuovo stadio come un punto di partenza per fornire a San Siro quello che forse oggi manca al quartiere: un centro commerciale e dei servizi all’altezza delle migliori zone di Milano.
# La nuova vita per le periferie si costruisce con questi ingredienti (non con gli slogan)
Le periferie diventano dei poli di attrazione quando si uniscono cinque elementi:
Grandi eventi
Verde diffuso e vivibile
Urbanistica pensata per le persone, non per i volumi
Connessioni rapide ed efficienti
E sopra tutto: una visione del futuro.
San Siro ce l’ha. E Milano farebbe bene a imparare da lei.
Uno dei centri nevralgici dello svago di milanesi e turisti, dalla colazione al dopocena, con locali ad ogni numero civico. Il tutto condito da una scenografia unica al mondo, il filare alberato di corso Sempione e il cannocchiale visivo che si apre sul parco Sempione e il Castello Sforzesco. Eppure arrivarci è un’impresa.
# La zona centrale più viva di Milano
Maps – Fermata Arco della Pace
L’Arco della Pace è il centro delle serate estive milanesi, ma anche delle domeniche all’aria aperta, di chi vuole fermarsi a fare colazione o apertivi, delle foto dei turisti, delle stories su Instagram. È un luogo in continuo fermento, punto di ritrovo per centinaia di persone ogni giorno, non solo per chi vive a Milano ma anche per chi ci viene da fuori. Il suo fascino storico, la prospettiva su Corso Sempione e la vicinanza al Parco Sempione lo rendono una calamita naturale per eventi, manifestazioni e passeggiate. È difficile trovare un altro punto della città con una densità simile di presenze fisse e di passaggio, eccetto i classici punti caldi quali Duomo, Porta Nuova e Citylife. A ogni ora c’è gente, ogni giorno qualcosa che accade. Eppure, nonostante sia un luogo centrale della città, arrivarci è davvero un’impresa.
# La peggiore del centro per i mezzi pubblici: nessuna metro nello spazio di un chilometro
Map – Mezzi pubblici Arco della Pace
Nonostante questo fermento, l’accessibilità della zona dell’Arco della Pace è paradossalmente tra le peggiori tra i luoghi centrali della città, anzi la peggiore di tutte. Troviamo le fermate del tram 1 e 10, servite dalle storiche (e lente) vetture a carrelli, proprio all’inizio di corso Sempione: basta un incaglio e la scelta migliore diventa quella di camminare con le proprie gambe. I tram 2 e 4 distano circa un chilometro a piedi e sono comunque soggetti ai problemi del traffico, lo stesso vale per le linee di bus nelle vicinanze, con frequenze decisamente alte. A questo si aggiunge il fatto che nessuna linea della metropolitana la tocca direttamente: la fermata più vicina, Domodossola M5, è a un chilometro. Per chi arriva da sud o da est è ancora peggio con Cadorna M1-M2 e Lanza-Moscova M2 a oltre un chilometro. Se si ha un appuntamento in zona, anche mettendoci tutta la buona volontà, arrivare puntuali è quasi impossibile. E se ci si muove con l’auto?
Un tempo era almeno la zona più facile per trovare parcheggio, lungo corso Sempione. Ma con la sostituzione dei posti auto con le ciclabili del viali, ora le note dolenti sono anche per chi decide di arrivare in auto. I parcheggi ora sono pochi e tutti riservati ai residenti o a pagamento. Un progetto rivoluzionario presentato nel 2012 voleva trasformare il corso negli «Champs-Elysées» di Milano, con pedonalizzazione parziale e realizzazione di circa 1000 parcheggi interrati e altri 1000 in piazzale Damiano Chiesa, non ha mai visto la luce. Pertanto il messaggio o lo chiamata diretta alla persona che si deve incontrare in zona è sempre la stessa «sono arrivato ma devo trovare parcheggio».
L’Arco della Pace è diventata anche una zona di frontiera. Tra ZTL e Area C, il rischio di sbagliare la strada e finire off limits è molto alto. Il rischio di essere multati per il transito in Area C, se in possesso di veicolo ritenuto inquinante o se non si paga l’accesso, a pagamento eccetto che per i veicoli elettrici e ibridi.
# Bene le ciclabili, la sicurezza un po’ meno
Maps – Ciclabile Arco della Pace
Va meglio per chi si muove con biciclette e monopattini, viste le piste ciclabili che circondano parco Sempione e presenti nelle vie limitrofe, oltre alla doppia pista lungo corso Sempione di fresca realizzazione. In alcuni casi però la sicurezza non è stata messa al primo posto, come la scelta del pavè per il tratto lungo via Milton, quando in città si rimuove sulla strada, a torto o ragione, anche per evitare il rischio di caduta di ciclisti.
Ritornando su corso Sempione troviamo poi incroci pericolosi, come quello con le vie Canova e Melzi d’Eril, dove giusto qualche notte fa ha perso la vita un ragazzo in monopattino investito dall’auto guidata da un cinquantenne, risultato poi positivo all’alcol test.
A Milano non si fa. Un modo di dire che vale in tanti ambiti, dalla metro alla politica.
#1 Saltare il tornello: lo “sport” metropolitano
Credits gorgo_n_zola_shitposting IG – Salto del tornello
Uno dei gesti più detestati dai milanesi è il salto del tornello in metropolitana. Non solo perché è illegale, ma perché comunica con arroganza l’idea che le regole valgano solo per noi. Ogni giorno decine di persone si esibiscono in slalom, scatti o veri e propri salti da ginnasta. C’è chi si infila dietro agli altri, chi scavalca, chi forza i meccanismi. Il fastidio aumenta se a farlo sono ragazzi in gruppo, rumorosi e spavaldi. Il salto del tornello è diventato simbolo di impunità.
#2 Parcheggiare sui marciapiedi e in doppia fila
Massimiliano Tonelli – Auto su percorsi non vedenti zona Citylife
Un altro comportamento che manda i milanesi fuori di testa è la gestione creativa del parcheggio. Auto sui marciapiedi, in doppia fila, davanti a passi carrai, sui binari del tram. Ma anche scooter e monopattini parcheggiati a caso, in mezzo alla strada o davanti ai negozi. La città si riempie di ostacoli che obbligano i pedoni a fare le gincane, i passeggini a deviare, gli anziani a rischiare la salute.
#3 La giungla della mobilità dolce: biciclette, monopattini e pedoni anarchici
Via Pirelli – Ph. Rosatea Albanese
La mobilità dolce a Milano è diventata una giungla. Le biciclette contromano, i monopattini sui marciapiedi, i pedoni che attraversano col rosso o senza guardare. Ma anche chi non scende dalla bici sulle strisce, pur essendo obbligatorio. I milanesi si lamentano perché ogni giorno vivono situazioni di pericolo o nervosismo.
#4 Fumare dove non si può (o dove si dovrebbe evitare)
teleone_16 IG – Divieto di fumo
Un tempo si fumava ovunque. Oggi a Milano c’è il divieto in molte aree pubbliche, ma in pochi sembrano saperlo. C’è chi accende la sigaretta davanti alla porta del bus, davanti ai locali pieni, ai concerti, o sotto il naso di chi non fuma. E se chiedi di spegnerla, spesso ricevi sguardi di sfida. Le polemiche aumentano nei dehors e nei marciapiedi affollati: chi fuma pretende libertà, chi non fuma pretende rispetto.
#5 Buttare la spazzatura fuori posto
milano_degrado IG – Cumuli rifiuti
I milanesi pretendono ordine e pulizia, ma ogni giorno fanno i conti con chi getta i rifiuti dove capita. C’è chi lascia bottiglie e cartacce sui muretti, chi riempie i cestini privati altrui, come quello della bici di qualcuno, e chi abbandona sacchetti interi accanto ai bidoni. Cani lasciati liberi di sporcare e padroni che fingono di non vedere. La mancanza di senso civico è diffusa in tutta la città, dalle vie più nascoste a quartieri centrali. Ogni sporcizia lasciata in giro viene letta come segno di maleducazione. Il milanese vero, dicono in molti, la carta per terra non la butterebbe mai.
#6 Gli eccessi della movida
Credits Urbanfile – Bottiglie di vetro Porta Venezia
Una Milano che lavora tanto è anche una città che, nei weekend, esplode in eccessi. Ma bere per strada, sputare, vomitare fuori dai locali, o rompere bottiglie sono gesti che la città fatica a tollerare. Le zone della movida diventano focolai di disagio: la birra in mano in pieno giorno, le urla notturne, i resti umani sulle scale della metro. A questo si aggiungono accattoni aggressivi, lavavetri ai semafori, risse da strada. Non si tratta solo di insicurezza, ma di mancanza di educazione e rispetto.
#7 Il menefreghismo
Se c’è un atteggiamento che più di ogni altro irrita il milanese è il menefreghismo diffuso. Chi cammina al cellulare senza guardare, chi non cede il posto sul tram, chi spinge per salire prima degli altri. Ma anche chi si crede migliore, chi ostenta superiorità, chi guarda solo il proprio orticello. Il risultato è una città dove ci si sente circondati da individui, non da cittadini, dove il senso di comunità sembra un lontano ricordo.
Una metropolitana leggera, simile a una cabinovia urbana: realizzata per collegare stazioni, stadio e parcheggi esterni. Una proposta visionaria per rivoluzionare la mobilità. In passato anche a Milano si era immaginato di realizzare un’opera di questo tipo.
# La metro leggera sospesa: il progetto presentato
comozero.it - Rendering cabinovia Como
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comozero.it - Rendering metro aerea
comozero.it - Rendering cabinovia
comozero.it - Rendering cabinovia Como
A Como arriverà la “metro leggera volante”? In parallelo al progetto del nuovo stadio Sinigaglia, l’architetto Pozzi ha presentato una soluzione rivoluzionaria per la mobilità: una metropolitana leggera sopraelevata, con piccole cabine climatizzate e alimentate a batterie. Le cabine, capaci di trasportare fino a otto persone sedute, con spazio anche per chi viaggia in piedi nelle ore di punta, sarebbero trainate da un cavo nascosto nel terreno, in un sistema ispirato alle cabinovie da sci.
comozero.it – Infrastruttura metro aerea leggera
Il progetto viene illustrato con una serie di render che mostrano un possibile tracciato sotterraneo, ma Pozzi guarda anche a una variante più accessibile: un tracciato in superficie, su corsie riservate, per evitare le incognite degli scavi e contenere i costi di realizzazione.
# L’evoluzione a guida autonoma: le possibili stazioni
comozero.it – Percorso metro leggera aerea
Pozzi immagina anche un’evoluzione autonoma del sistema, con cabine self-driving, prenotabili tramite app e QR code, che potrebbero muoversi su un tracciato che passa sotto lo stadio, prosegue in viale Lecco e arriva fino a Grandate. Le stazioni sarebbero:
stadio,
Como Lago,
Como San Giovanni
e forse anche in piazza Cavour.
È una proposta provocatoria, ma necessaria, secondo l’autore, per avviare una riflessione seria sulla viabilità. Non si esclude neppure l’ipotesi di sostituire l’attuale linea ferroviaria verso Grandate con un parco lineare, dove inserire corsie dedicate al nuovo sistema di trasporto. Il finanziamento dell’opera potrebbe arrivare dallo scomputo degli oneri di urbanizzazione previsti per il nuovo stadio e dalla concessione novantanovennale prevista nel piano economico-finanziario.
# Como laboratorio di mobilità urbana?
L’idea di Pozzi nasce da un’esperienza personale e da una passione per la città: «Como la giro in bicicletta da sempre. Ho provato a rispettare tutte le norme, ma così non si è mai realizzato nulla. Ora provo a lanciare una proposta per aprire un dibattito.» E il dibattito potrebbe essere davvero utile: città medie come Como hanno bisogno di soluzioni flessibili per ridurre traffico e inquinamento. L’intermodalità leggera, unita a spazi verdi riqualificati e sistemi smart, può rappresentare un’alternativa concreta alla mobilità urbana tradizionale. I veicoli autonomi, lo scambio modale tra stazioni e parcheggi e il recupero degli assi ferroviari come corridoi verdi possono rendere la città più accessibile, sostenibile e vivibile.
Ma Milano si era immaginato qualcosa di ancora più ambizioso.
# Quando a Milano si voleva realizzare la metropolitana aerea?
Quella di Como non è la prima idea di mobilità sospesa. Già negli anni ’50, Milano aveva sognato la sua metropolitana del cielo. L’architetto Luigi Mattioni, ispirato da una prima proposta di Padre Leonardo Maria Adler, concepì un sistema di funivie urbane montate su torri autosilo alte fino a 80 metri. Il progetto prevedeva tre livelli di mobilità: in superficie per mezzi pubblici e biciclette, in sotterranea per i veicoli privati, e in quota per trasporti leggeri. Il percorso della metro aerea si sarebbe sviluppato in un anello di 8 km con 13 fermate strategicheda piazza Diaz a Porta Volta, passando per Centrale e Buenos Aires. Come vetture erano stati pensati degli aerobus in acciaio da 5 metri, capaci di trasportare 50 passeggeri e movimentare fino a 16.000 persone all’ora. Nonostante la visione avveniristica e la fattibilità tecnica, il progetto fu accantonato per l’avvio della metropolitana sotterranea, ritenuta più pratica per le abitudini dell’epoca.
L’Italia è piena di spiagge bellissime, da quelle incontaminate a quelle turistiche, ognuna ha una sua caratteristica che la rende unica. Moltissime spiagge della Penisola potrebbero concorrere ad essere la spiaggia più bella del Mediterraneo, eppure sembra che ce ne sia una non italiana che batte tutte le altre, tanto da potersi aggiudicare il titolo di “più bella del Mare”.
# La spiaggia bianca e rosa
Credits: @spiagge.da.sogno Elafonissi Island
Per ammirare una delle spiagge più belle del mondo bisogna andare sull’isola di Creta, in Grecia. Qui si trova una spiaggia la cui sabbia bianca alternata a sfumature di rosa la rende una delle spiagge più belle in assoluto dell’intero pianeta. I colori della sabbia non sono l’unico spettacolo: davanti a lei si staglia l’isola di Elafonissi, un pezzo di terra che compare e scompare a seconda della marea.
La spiaggia è talmente bella da essere definita da molti siti, tra cuiSiviaggia.it, “la più bella del Mar Mediterraneo” nonché “I Caraibi del Mediterraneo”.
@ferolina81 Elafonissi Island
La spiaggia è libera anche se è completamente attrezzata: qui si possono trovare sdraio e ombrelloni e un piccolo bar dove potersi rinfrescare. I momenti ideali per godersi la bellezza di Elafonissi sono la mattina presto, prima che la spiaggia si riempi, e durante il tramonto, dove i colori del calar del sole si uniscono alla tavolozza di colori che già caratterizza la spiaggia.
# Sono le conchiglie a dare questo colore alla spiaggia
Credits: @nataliashouses Elafonisi
La spiaggia di Elafonissi è una zona protetta dalla rete 2000, qui flora e fauna possono creare un loro ecosistema e tartarughe e piante rare hanno la meglio. Ma perché la sabbia è rosa? In realtà questo colore particolare è dato dalle conchiglie rosa e rosse che al contatto con l’acqua si polverizzano, creando quindi una spiaggia dalle sfumature rosacee. Inoltre, nonostante la spiaggia sia sabbiosa, la spiaggia di Elafonissi è uno dei luoghi preferiti sull’isola di Creta dove fare snorkeling: qui infatti basta avanzare di pochi metri e trovare fondali di roccia vulcanica abitati da centinaia di creature.
Per raggiungere la spiaggia bisogna partire o da Chania e prendere l’autobus che porta direttamente a Elafonissi oppure via traghetto partendo da Paleochora.
Area C: verso l’attivazione anche nei weekend dal 2026. Ma il sindaco Sala assicura: «Non è una decisione per fare cassa».
# «Non è per fare cassa»
Maps – Area C
Tutto si può dire sull’amministrazione ma non che manchi di coerenza. Prosegue a spron battuto la strategia contro le auto che caratterizza la Giunta Sala. Non manca settimana senza la notizia di un nuovo inasprimento delle regole. L’ultima della serie è l’accensione delle telecamere di Area C anche nel corso dei weekend. Non si tratta di una notizia inedita, ma ora appare imminente: avverrà dall’inizio del 2026.
Lo ha annunciato il Sindaco durante la festa del PD in Zona 1 a Milano: «Vogliamo estendere il pagamento di Area C anche nel fine settimana, ma non per fare cassa. Perché deve pagare chi lavora e non chi viene a fare shopping?».
# Le tre tappe più rilevanti delle ZTL a Milano
Credits: areacmilano.it
Tra qualche mese, pertanto, chi potrà entrare in centro (molte auto invece hanno il divieto assoluto) dovrà pagare 7,50 euro anche per i fine settimana. Si aggiunge un’altra tappa alla cronistoria della Area C. Che così la ricordiamo nei suoi tre momenti più rilevanti:
2012 – Il 16 gennaio, Comune di Milano, guidato dalla Giunta Pisapia, introduce Area C, zona a traffico limitato nel centro storico (ex Cerchia dei Bastioni). Attiva dal lunedì al venerdì, prevede un accesso a pagamento per la maggior parte dei veicoli. Sostituisce la precedente Ecopass, con l’obiettivo di ridurre traffico e inquinamento.
2019 – Il Comune di Milano, guidato dalla Giunta Sala, annuncia Area B, una zona a traffico limitato molto più ampia, che quasi coincide con i confini comunali, attiva in contemporanea ad Area C ma con criteri diversi: blocco progressivo dei veicoli più inquinanti.
2025 – Il 12 maggio viene attivata una ZTL anche per il Quadrilatero della Moda, già chiamata dai milanesi “Area Q”. Dopo due mesi di sperimentazione, dal 12 luglio vengono attivate le sanzioni per chi viola i divieti di accesso alla zona. La ZTL interessa l’area delimitata da: Via Manzoni, Via Senato, Via San Damiano, Corso Monforte, Via Cino del Duca.
Un’operazione inedita: coinvolge territori vicini e proprietà del Comune di Milano. Nel mirino ci sono aree fuori città e un nuovo modo di affrontare l’emergenza abitativa. Potrebbe essere il primo passo concreto per dare vita alla tanto auspicata Grande Milano?
# Case per i milanesi, ma costruite fuori da Milano
@Atm
Cologno Monzese, Gorgonzola e Gessate: tre Comuni fuori dai confini ufficiali di Milano, ma al centro di un’operazione che potrebbe cambiare il modo in cui immaginiamo la città. Il Comune di Milano è proprietario di terreni in queste aree, si tratta di circa 300mila mq, eredità dei grandi espropri per la costruzione della linea metropolitana M2. Parcheggi abbandonati, fasce di viabilità in degrado, depositi dismessi: tutto ciò che finora era inutilizzato ora diventa risorsa. Il progetto “Sistema Abitare”, approvato dalla giunta e presentato il 19 giugno dall’assessore Emmanuel Conte, punta a trasformare questi spazi in case popolari e servizi accessibili.Case per i milanesi, ma costruite fuori da Milano. L’obiettivo è usare ciò che già esiste, ovunque si trovi, per rispondere alla domanda crescente di abitazioni.
# Dalla sperimentazione locale alla visione metropolitana
Andrea Cherchi – Piazza del Duomo
L’aspetto più interessante dell’iniziativa non è tanto il “cosa”, ma il “come”. Il progetto non nasce da un grande piano regolatore o da una riforma urbanistica, ma da una pratica concreta e replicabile. Si è partiti da ciò che c’era: proprietà comunali inutilizzate, contatti istituzionali già avviati, bisogni sociali urgenti. Il 9 giugno, il Comune di Milano ha firmato un verbale d’intesa con i sindaci dei tre comuni coinvolti, creando un Tavolo Intercomunale che guiderà la progettazione e lo sviluppo delle nuove aree. Il laboratorio che ne nasce non si limita all’edilizia, ma prevede anche spazi per servizi, cultura, sport e mobilità. Non è un caso che si sia scelta la linea M2: i terreni sono lungo il tracciato della metropolitana, una dorsale naturale della futura città metropolitana. Si vuole creare un metodo esportabile: altre amministrazioni, anche lungo la stessa linea, possono aderire. L’ambizione è quella di costruire dal basso una nuova forma di governance territoriale, che unisce comuni autonomi sotto un disegno condiviso, senza bisogno di cambiare le istituzioni ma agendo sul territorio.
# L’immobiliare diventa strumento di integrazione urbana
Se fino a ieri l’espansione urbana era vista come un problema, oggi può essere la soluzione. L’immobiliare non come fine speculativo, ma come strumento di coesione sociale e pianificazione metropolitana. Il piano guidato da Conte non costruisce solo case, ma un nuovo equilibrio tra centro e periferia, tra città e hinterland. L’housing sociale qui si intreccia con il concetto di prossimità, perché non si tratta di espellere cittadini da Milano ma di ampliare l’idea stessa di città. Questo tipo di operazione evita il rischio di trasformare la metropoli in una fortezza chiusa e autoreferenziale. In questo caso l’immobiliare, che spesso è stato il motore delle diseguaglianze urbane, può diventare leva di riequilibrio.
# Il primo passo verso la Grande Milano?
assolombarda.it – Città Metropolitana di Milano
«Conte ha fatto una cosa che parrebbe l’uovo di Colombo», ha scritto il giornalista e imprenditore Fabio Massa in un post sulla sua pagina facebook. «Visto che il Comune di Milano possiede territori inutilizzati anche in altri Comuni della cintura, ha messo in piedi una serie di accordi con le amministrazioni locali per usare queste aree per ridurre la pressione abitativa. È una azione che dimostra varie cose. La prima è che i Comuni della Provincia sono pronti a collaborare con Milano, e che è Milano che ha progressivamente tarato il suo modello su una torre d’avorio. La seconda è che le cose basta volerle, ma per volerle bisogna capirle». Il punto non è solo ciò che si è fatto, ma come. È proprio questo approccio dal basso, basato su piccoli accordi operativi, che rende possibile una prospettiva più ampia: quella della Città Regione. Da anni, Milano Città Stato propone un referendum per trasformare Milano in una regione, un ente con poteri e risorse adeguate che coordini in modo unitario tutta la Città Metropolitana, senza intermediazioni con lo Stato. Un assetto amministrativo che riconosca la specificità della metropoli, superando la frammentazione attuale. Ma forse prima della riforma serve un metodo. E il metodo di Conte sembra andare in quella direzione. Può essere il primo passo per dare vita, nei fatti, alla Grande Milano?
puoy.travel - Percorso da Milano al sole di mezzanotte
Un viaggio che parte da Milano e si spinge lentamente verso la luce perenne dell’Artico. Scopriamo il possibile itinerario da seguire su rotaia, della durata di 10 giorni, attraversando mezza Europa, suggerito dalla pagina instagram puoy_italia.
# Giorno 1 – Milano-Zurigo-Amburgo
Credtis Guentherlig, Pixabay
Il viaggio inizia con la tratta Milano-Zurigo, ideale per esplorare il centro storico della città svizzera, le sue vie medievali, il quartiere finanziario e il lungo lago. Da non perdere la Bahnhofstrasse per lo shopping e il Lindenhof per una vista panoramica sulla città vecchia.
Possibili soluzioni di viaggio: treno diretto Trenitalia Eurocity con partenze alle 07:10 o 11:10, durata circa 3h30. Prezzi tra 38 e 85 euro. In serata si può proseguire con il Nightjet NJ40470 da Zurigo alle 20:59, arrivo ad Amburgo alle 08:09 del giorno successivo.
# Giorno 2 – Amburgo-Copenaghen
ExplorerBob – Copenaghen
Giornata ad Amburgo, tra Speicherstadt, HafenCity e passeggiate lungo i canali. Si può visitare anche la Elbphilharmonie, il mercato del pesce e il quartiere di St. Pauli. Ideale per un’esplorazione mattutina e pranzo lungo l’Alster.
Possibili soluzioni di viaggio: treno EuroCity EC1198 da Amburgo Hbf alle 11:55 per Copenaghen. Durata del viaggio: 4h40. Prezzi tra 29 e 104 euro. Arrivo nel tardo pomeriggio.
# Giorno 3 – Visita della capitale danese
Giornata interamente dedicata alla scoperta di Copenaghen: dal canale di Nyhavn alla Sirenetta, fino al palazzo reale di Amalienborg. Possibile visita al quartiere alternativo di Christiania, ai Giardini di Tivoli e alla zona pedonale di Strøget.
Nessun trasferimento ferroviario previsto per la giornata. I treni per Stoccolma partono il giorno successivo.
# Giorno 4 – Copenaghen-Stoccolma
Credits brightfreak-pixabay – Stoccolma
Trasferimento da Copenaghen a Stoccolma con arrivo nel primo pomeriggio. Tempo a disposizione per visitare Gamla Stan, il municipio, il museo Vasa e magari fare una crociera tra le isole dell’arcipelago.
Possibili soluzioni di viaggio: treno SJ con cambio a Malmo. Durata: circa 5h12. Prezzo: tra 28 e 94 euro.
# Giorno 5 – Stoccolma-Oslo
Credits: turismoslow.com Mulm- facciata Museo del Ciclismo
Visita alla capitale norvegese con tappa al Museo Munch e passeggiata serale nella zona di Aker Brygge. Consigliata anche la visita al parco Vigeland, al palazzo reale e al museo delle navi vichinghe.
Possibili soluzion di viaggio: treno SJ diretto da Stoccolma a Oslo. Durata: tra 4h30 e 5h45. Prezzi tra 85 e 120 euro.
# Giorno 6 – Oslo-Trondheim
Ph. @trondheimcityguide IG
Arrivo a Trondheim, dove si consiglia di visitare la cattedrale di Nidaros, il centro storico e il quartiere di Bakklandet con le sue case in legno colorate. Interessanti anche il museo di arte decorativa e la fortezza di Kristiansten.
Possibili soluzioni di viaggio: treno Vy da Oslo a Trondheim. Partenza alle 08:02, durata circa 7h. Prezzo tra 27 e 59 euro.
# Giorno 7 – Trondheim-Mo I Rana
Giornata di trasferimento verso Mo I Rana. Al mattino, tempo libero per esplorare Trondheim o visitare il museo del rock norvegese (Rockheim). A Mo I Rana si può visitare la grotta di Gronligrotta o semplicemente godersi la quiete artica.
Possibili soluzioni di viaggio: treno SJ Nord in partenza da Trondheim alle 14:15. Durata: 6h46. Prezzo: tra 70 e 105 euro.
# Giorno 8 – Mo I Rana-Bodø
Ultimo tratto ferroviario prima dell’arrivo alle Lofoten. A Bodø si consiglia una passeggiata sul lungomare, la visita al museo dell’aviazione e l’esplorazione della costa nei dintorni. Poi si prosegue via mare verso Moskenes.
Possibili soluzioni di viaggio: treno SJ Nord da Mo I Rana alle 07:42. Durata: circa 3h. Prezzo tra 32 e 52 euro. Traghetto Torghatten Nord per Moskenes: 3-4 ore.
# Giorno 9 – Trollfjord e il sole di mezzanotte
ollie_sandeman IG – Sole di mezzanotte Trollfjorden
Escursione in gommone (RIB) nel Trollfjord con possibile avvistamento di aquile di mare. Il paesaggio è spettacolare tra pareti rocciose e acque fredde. In serata, tour fotografico del sole di mezzanotte nelle ore in cui la luce rimane sospesa.
Nessun trasferimento ferroviario. Le attività si svolgono in loco.
# Giorno 10 – Isole Lofoten: viaggio tra natura e tradizioni
Credits ELG21 -pixabay – Lofoten
Il giorno finale può essere utiile per una visita alle isole Lofoten in bus tra i villaggi di pescatori, paesaggi spettacolari e testimonianze della vita locale norvegese. Tra le possibili tappe i borghi di Reine e Henningsvær, le spiagge artiche e i musei locali.
Una nuova linea della metropolitana è in costruzione a Dubai. Tra le 14 stazioni previste ce n’è una destinata a battere un record mondiale.
# La stazione più alta del mondo sarà a Dubai: 74 metri di altezza
Dubai Media Office – Emaar Station
Si chiama Emaar Properties Station, e con i suoi 74 metri di altezza è destinata a diventare la stazione metropolitana più alta del pianeta. Sorgerà nell’area in sviluppo di Dubai Creek Harbour, all’interno del progetto Blue Line: una nuova linea della metropolitana completamente driverless, lunga 30 chilometri con 14 stazioni di cui 9 sopraelevate e 5 sotterranee. La Emaar Station, originariamente conosciuta proprio come Dubai Creek Harbour, è stata rinominata grazie a un contratto di naming rights valido per 10 anni firmato con Emaar Properties, uno dei più grandi sviluppatori immobiliari della città. L’apertura è prevista per il 9 settembre 2029, esattamente vent’anni dopo il lancio della prima linea metropolitana di Dubai. L’intera Blue Line è finanziata con oltre 18 miliardi di dirham, equivalenti a quasi 5 miliardi di dollari.
Media office Dubai – Modellino stazione metro più alta del mondo
Il progetto architettonico è stato affidato allo studio Skidmore, Owings & Merrill (SOM), gli stessi progettisti del Burj Khalifa. L’edificio coprirà una superficie di 11.000 metri quadrati, articolata su tre livelli principali, con pareti in pietra Jura, inserti in bronzo, pavimentazioni in granito e facciate completamente vetrate. La luce naturale filtrerà attraverso il tetto fino a raggiungere le banchine, creando un effetto di continuità tra interno ed esterno. Il design combina solidità e trasparenza: una scatola rettangolare sospesa su piloni, con volumi sospesi e un atrio a tutta altezza. Il risultato è un’architettura “iconica” anche senza eccessi, pensata per imporsi nello skyline ma senza replicare le forme tipiche dei grattacieli. Un mix tra funzionalità e simbolismo, perfetto per un hub destinato a servire oltre 160.000 passeggeri al giorno, con picchi stimati a 320.000 entro il 2040.
# La nuova frontiera della mobilità metropolitana
gulfnews – Linea blu Duabi
L’Emaar Station sarà un nodo strategico per collegare la zona orientale della città con il centro e l’aeroporto. La Blue Line integrerà quartieri nuovi come International City, Dubai Silicon Oasis, Dubai Creek Harbour e Academic City, aree in forte espansione residenziale e commerciale. I treni della nuova linea saranno completamente automatizzati, con frequenze elevate e tempi di percorrenza ridotti. Tutte le stazioni saranno progettate con criteri architettonici distinti, ma Emaar sarà quella iconica. Con l’ampliamento, la rete metropolitana passerà da 101 km a 131 km, servendo oltre 1,5 milioni di passeggeri giornalieri su scala metropolitana. La strategia rientra nel piano “Dubai 2040 Urban Master Plan”, che punta a un modello di città compatta, efficiente e interconnessa.
Grazie Milano! Il 20 giugno è una data che non scorderò facilmente perché quel giorno mi ha permesso di rivivere i miei 16 anni all’ippodromo di San Siro durante il concerto dei Duran Duran.
# Caldo, svenimenti ma tanta grinta
giancagram_glg IG – Duran Duran
Un biglietto regalato da mio marito mi permette di vivere questa esperienza unica, di ritornare l’adolescente che a 16 anni faceva follie per la propria band del cuore. Nonostante il caldo sfiancante, la fila, la ressa, la coda. No, non devo crollare, dopo tutto ho di nuovo 16 anni.
# Pre concerto
axllic IG – Duran Duran
Il concerto inizia alle 21, io sono qui dalle 15, lo so che sono già stanca, ma la gioia è troppa, e so anche che posso farcela. Assisto all’intrattenimento di Radio 101, al lancio di magliette che mi permette di afferrarne una. Sì, è decisamente la mia serata. E poi I Les Votives, una band rock giovanissima. Ma mi piacciono. Mi piace il loro sound, la grinta del front man, la sua voce e i riccioli del batterista.
# Il concerto
axllic IG – Duran Duran a Milano
Sono a 10 metri dal palco e quando Duran Duran arrivano non mi sembra vero. Nonostante siano trascorsi 40 anni, non vedo le rughe, non vedo età. Nessuno ne ha. È troppa la gioia, l’entusiasmo, la follia collettiva che ci abbraccia tutti, le canzoni che canto tutte finché non ho più voce, ma che importa, in fondo siamo tutti un po’ wild boys se restiamo Qui, in piedi, nonostante il caldo sfibrante. E quindi canto Rio, Save a prayer, Ordinary world.
Canto Anche Buon compleanno a John Taylor e mi emoziono quando esclama che Milano è la città più bella del mondo. Quanto è vero. È solo grazie a Milano che io, ex ragazza degli anni ’80, ho vissuto 2 volte i miei 16 anni.
️ È online da oggi un nuovo episodio de Il Lato Chiaro. Andrea Zoppolato intervista Fabio Massa, giornalista, editore e imprenditore, per parlare del suo rapporto con Milano.
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Conduce: Andrea Zoppolato
Regia: Saverio Piscitelli, Roberto Mastroianni
Prodotto da: Fabio Novarino
Location: Studio di Voci Di Periferia A.P.S. presso Mosso, Via Angelo Mosso 3 – IG: @vocidiperiferia
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Uno dei sogni dei milanesi potrebbe diventare realtà. Almeno dalle indiscrezioni clamorose che filtrano da Palazzo Marino. Si potrebbe nuotare nelle acque dei navigli. Almeno in alcuni tratti, ben definiti. La grande novità potrebbe arrivare per l’estate del 2026.
# Allo studio la messa in sicurezza di alcune tratte per renderle balneabili
Una indiscrezione clamorosa, anche se molto affascinante per i milanesi. A Palazzo Marino si starebbe discutendo su come introdurre il diritto di balneazione nei navigli. Si sta studiando la possibilità di delimitare alcuni tratti per renderli sicuri. Il progetto dovrebbe prevedere l’apertura di questi tratti per l’estate del 2026. Una novità che darebbe ancora più smalto alla città. E soprattutto la porterebbe all’altezza di altre grandi città d’Europa che consentono ai cittadini di nuotare nelle acque dei loro fiumi. Vediamo qualche esempio.
# Le città dove si nuota nei fiumi
Lago di Zurigo – 1 maggio 2020 (Da: instagram – @gr8l)
Nuotare in città non è una novità. Almeno oltre confine. Diverse città lo rendono possibile. Budapest e Vienna offrono diverse zone balneabili sul Danubio, sia in aree attrezzate che in tratti naturali lungo le rive. Il fiume Limmat a Zurigo, in particolare il Flussbad Oberer Letten, prevede una zona balneabile nel centro della città, così come Basilea, nel fiume Reno, dove si trovano stabilimenti balneari con tutto ciò che occorre per fare il bagno. Anche Parigi, dopo la controversa esperienza delle Olimpiadi, offre zone balneabili sulla Senna. Questa estate si è aggiunta anche Berlino che permette ai cittadini di tuffarsi in uno dei tratti della Sprea. Milano potrebbe aggiungersi alla lista? In realtà non si tratta di una novità assoluta. C’è un momento dell’anno in cui alcuni cittadini possono nuotare nelle sue acque.
# L’eccezione di Milano: si può notare. Ma solo nel giorno più freddo dell’anno
Credits: milano.repubblica.it
Acque fredde. Molto fredde. Milano è una città calvinista, ama il senso di sacrificio. E lo dimostra con il nuoto nelle acque del Naviglio. Quando si boccheggia d’estate i tuffi nelle sue acque fresche sono vietati. Ma se si vuole provare l’ebrezza di un bagno fresco, lo si può fare… a gennaio. Proprio in una delle giornate più fredde dell’anno si organizza il Cimento, dove i milanesi più avventurosi sono invitati a nuotare nelle acque gelate del Naviglio.
# I motivi del divieto
Credits: manoxmano.it – Navigazione sui navigli
Ma perché allora non si può nuotare negli altri periodi dell’anno? Il Comune di Milano e il Consorzio Est Ticino Villoresi, che gestisce i Navigli, vietano la balneazione. Queste le motivazioni:
Correnti pericolose. I Navigli hanno correnti che in certi periodi e tratti possono essere forti e imprevedibili
Fondale irregolare. Con detriti e ostacoli che possono rendere pericoloso il bagno.
Sponde alte e scivolose. Le sponde sono spesso alte e scivolose, rendendo difficile uscire dall’acqua.
Proprio per queste cause, che non riguardano la qualità dell’acqua, si può superare il problema creando delle aree protette.
Milano è la capitale un po’ di tutto, ma 60 anni fa, 24 giugno 1965, fu per la prima volta, nella propria storia, la capitale della musica leggera. Infatti nella serata del 23 giugno di quell’anno i Beatles sbarcarono in stazione Centrale, provenienti da Lione, sui vagoni del Trans Europe Express.
# L’arrivo sul binario “sbagliato”
wikipedia.org – Beatles in concerto al Velodromo Vigorelli nel 1965
La Centrale era affollata di fans in fibrillazione, che per ore attesero il convoglio proveniente dalla Francia sulla pensilina ferroviaria indicata dai tabelloni. Peccato che il treno dei Beatles venne “dirottato” su un altro binario, così l’immenso e scatenato pubblico dei quattro ragazzi rimase a bocca asciutta. Alloggiarono all’Hotel Duomo: in tanti avevano sentito la narrazione secondo cui John, Paul, George e Ringo avrebbero passeggiato per le vie del centro, però i ragazzi di Liverpool rimasero dentro l’albergo, senza uscire.
# L’emozione dei presentatori
Credits: @insta_artslife The Beatles
I Fab Four giovedì 24 giugno si esibirono al Velodromo Vigorelli con due spettacoli: il primo verso le 16.30, il secondo poco dopo le 21.00. In quello pomeridiano presenziarono circa 7 mila persone, un numero certamente poco consono a grandi miti della musica come i Beatles, ma il costo salato dei biglietti tenne lontani tanti fedelissimi dei quattro: si andava da un minimo di 750 lire ad un massimo di 3 mila. Erano soldi!!
Al pomeriggio il caldo era torrido e i quattro ragazzi inglesi salirono sul palco con giacca e cravatta e pantaloni scuri con camicia bianca. John Lennon è l’unico a capo coperto, con un berretto blu. A presentare l’evento furono Lucio Flauto e Rossella Como. I due, forse complice l’emozione, quando presentarono i Beatles si impappinarono un po’, dicendo: “signore, signori, vi presentiamo i Bitles…Bi…Bitels”, elencando poi i loro nomi.
# 20mila spettatori la sera
Locandina Beatles
Sul palco, prima dei quattro ragazzi inglesi, si alternarono Peppino di Capri, Fausto Leali con la band Novelty, i New Dada e la cantante milanese Angela Denia Tarenzi. Al concerto serale la folla si attestò sulle ventimila persone. Dopo l’esibizione notturna, finalmente i Beatles decisero di passeggiare per le vie del centro di Milano raggiungendo il locale Charlie Max. Tra il concerto del pomeriggio e quello della sera, l’incasso milanese fu di 58 milioni delle vecchie lire. Le due esibizioni del Vigorelli durarono 40′ circa l’una, proponendo dodici canzoni. In quello serale aggiunsero un brano (“Roll over Beethoven” di Chuck Berry). L’evento nella nostra città divise i fans, tra quelli esaltati nell’assistere ad un concerto destinato a passare alla storia e quelli, invece, rimasti delusi dal come i quattro ragazzi di Liverpool si concedessero poco o nulla agli appassionati e per la durata breve delle esibizioni. Dopo la tappa di Milano, i Beatles cantarono a Genova, al Palasport e a Roma, al Teatro Adriano.
Nella capitale gli organizzatori furono costretti a diminuire il costo del biglietto in quanto vi era il forte rischio di registrare un numero di spettatori nettamente inferiore alle attese.
Qui si trova un piccolo borgo di pescatori. Tante le curiosità e le chicche da scoprire per chi ha voglia di avventurarsi fin qui, il Capo Horn dell’Europa.
# Le spiagge
cocinandoporelmundo_yoli IG – Spiaggia Portopalo
Sono tante, tutte di sabbia fine, immense e suggestive come ad esempio la spiaggia delle formiche. Lungo la costa, una sottile striscia di mare separa le spiagge dall’isola di Capo Passero. Sono circa 300 metri, percorribili anche a nuoto e che permettono di raggiungere questo isolotto che sembra un angolo di paradiso fatto di sole, sabbia bianca a 70 km sotto il parallelo di Tunisi.
# La chiesa di San Gaetano nel centro storico
beweb.chiesacattolica.it – Chiesa di Portopalo
Nel centro storico del borgo, si erge una bellissima chiesa. Un edificio molto caratteristico perché sulla sua sommità, sul campanile, spicca una statua in ferro a forma di pesce spada, a testimonianza della enorme importanza che la pesca ha in questi luoghi. Qui, ancora oggi, si può gustare il pesce più fresco di tutta la Sicilia nei tanti ristoranti che popolano le viuzze del paese.
# La tonnara più antica d’Europa e il Forte
turytrip IG – Portopalo di Capo Passero
La tonnara più antica d’Europa si trova proprio qui. Un antico stabilimento ormai in disuso ma visitabile, denominata tonnara di ritorno perché qui i tonni tornavano, appunto, dopo aver deposto le uova. Da qui si ammira un paesaggio incredibile, fatto di spiagge, natura incontaminata e mare cristallino. E poi il Forte, situato nella parte più alta dell’isola di Capo Passero, costruito alla fine del 1500 e nato per esigenze di difesa e militari. Da qui si gode di una vista pazzesca su tutta l’isola, un panorama mozzafiato e assai suggestivo
# Isola delle correnti
mollerrikkelouise IG – Isola delle correnti
Si chiama così perché rappresenta l’incontro tra due mari, il Mediterraneo e lo Ionio.
Mare limpidissimo, spiagge immense con sabbia fine, tramonti indimenticabili sono i punti più salienti di queste zone raggiungibili agevolmente quando c’è bassa marea.
Una location suggestiva, teatro di un passo dell’Odissea: qui approdò infatti Ulisse che, di ritorno da Troia, sbarcato su questo isolotto costruì un monumento sepolcrale in onore della regina di Troia.
# Grotta Corruggi
lasiciliainrete.it – Grotta Corruggi
Assieme alla grotta Calafarina, questa grotta risale addirittura al periodo mesolitico, per cui rappresenta un sito archeologico di valore inestimabile non solo per gli studiosi e gli addetti ai lavori, ma per tutti i visitatori che si spingono fin qui. Uno scrigno di storia da preservare e tutelare, immerso nella natura e ricco di panorami indimenticabili. E poi tanto mare. Anzi…due.
Ogni giovedì fino all’11 settembre sulle Terrazze del Duomo sono di scena le “Serate d’Incanto”. Uno dei luoghi più affascinanti di Milano si apre anche questa estate allo spettacolo serale, dove si crea un’atmosfera magica tra musica e i colori del tramonto che calano sulla città.
La musica dal vivo è offerta grazie alla collaborazione tra la Veneranda Fabbrica del Duomo e il Conservatorio.
# Orari e biglietti
Ph. ingegnocarlo IG
Le Serate d’Incanto si svolgono ogni giovedì sera, con inizio concerti alle 20:30 (20:00 ad agosto e settembre). I biglietti si possono acquistare online su www.duomomilano.it o presso la Biglietteria 3 del Duomo, che offre anche l’opzione di salita in ascensore.
Inoltre, si possono trovare eventi serali con musica e aperitivo anche al Museo del Duomo, come “Aperitivo ad Arte”.
Milano avrà presto un nuovo parco. Al civico 428 di via Ripamonti, dove la metropoli sfuma nei campi, prende vita un progetto che unisce natura, storia e rigenerazione urbana. L’Oasi Ca’ Granda sarà uno dei nuovi polmoni verdi di Milano, portando biodiversità e bellezza in una delle aree meno conosciute della città. Immagini di Milano Segreta.
# Un’esperienza immersiva tra prati fioriti, alberi da frutto, sentieri agresti e una foresteria in una cascina d’epoca
Ph. Milano Segreta
Non è un parco qualunque: si tratta di un’esperienza immersiva tra prati fioriti, alberi da frutto, sentieri agresti e una foresteria in una cascina d’epoca. L’Oasi Ca’ Granda si estende su un’area vasta a ridosso del confine sud di Milano, là dove l’urbanizzazione lascia spazio a campi coltivati, rogge storiche e filari di alberi. Un luogo di frontiera, dove si riscopre la campagna senza allontanarsi dalla città.
Il progetto sarà ufficialmente aperto al pubblico nelle prossime settimane e si articola attorno a circa 5 km di percorsi pedonali e ciclabili, illuminati nelle ore serali da una fila di lucine che accompagnano i visitatori tra le varie zone del parco. Gli itinerari attraversano frutteti, prati umidi e zone umide rinaturalizzate, comprese piccole paludi e un lago dove hanno trovato rifugio aironi, anatre selvatiche, rane e libellule. L’intento è chiaro: restituire spazio alla biodiversità e favorire un equilibrio ecologico tra flora e fauna autoctone.
# Si potrà dormire immersi nel verde
Ph. Milano Segreta
Fulcro dell’oasi è una cascina storica, tipica dell’architettura rurale lombarda, recuperata e trasformata in una foresteria per chi vorrà dormire immerso nel verde, pur restando nel perimetro cittadino. Sarà possibile soggiornare tra le travi a vista e i profumi di legno e campagna, in un’esperienza che mescola agriturismo e turismo sostenibile.
Non mancheranno spazi di aggregazione ed eventi: sono già in programma serate a tema, cene sotto le stelle, workshop di orticoltura e botanica, attività ludico-didattiche per famiglie e bambini. L’obiettivo è fare dell’Oasi Ca’ Granda un centro capace di mettere in relazione le comunità urbane con i ritmi della terra.
# L’inaugurazione a breve
Ph. Milano Segreta
Il parco sarà facilmente raggiungibile grazie alla pista ciclabile che collega il centro di Milano con l’estremo sud della città e alle linee ATM che fermano in prossimità dell’ingresso.
L’iniziativa è firmata dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, ente nato per valorizzare l’immenso patrimonio fondiario storico dell’Ospedale Maggiore, ereditato nei secoli attraverso donazioni e lasciti.
L’inaugurazione ufficiale è attesa a breve. L’Oasi Ca’ Granda non è solo un parco, ma un laboratorio di futuro: un modo per riscoprire che la città può ancora dialogare con la terra, che la bellezza può germogliare dove meno te lo aspetti.
M1 fino a Baggio: si farà! La notizia è che è avvenuta la sospirata aggiudicazione della gara d’appalto per il prolungamento. Questi i dettagli con la data del primo viaggio.
# La data di apertura
Tre nuove fermate: Valsesia, Baggio e Quartiere Olmi. Il capolinea della M1 sarà spostato a Baggio. I lavori iniziano entro il 2025. Inaugurazione prevista per il 2031.
# Le soluzioni innovative per la sua costruzione
Comune di Milano – Deposito M1
Un tracciato di 3,3 km lungo le vie Parri e Pertini. La galleria sarà quasi interamente realizzata con la “talpa” per ridurre gli impatti in superficie.
Nel progetto, realizzato da MM, sono previste alcune soluzioni innovative tra cui la prevenzione incendi con tecnologie all’avanguardia capaci di garantire i più alti livelli di sicurezza. È stata utilizzata la metodologia BIM (Building Information Modeling), con un approccio integrato di tutti gli elementi progettuali delle opere modellate e quindi con una visione totale sul progetto sia sulla sua realizzazione “materiale” che nell’impatto delle opere sull’ambiente.
# Saranno riqualificate tutte le aree di superficie lungo la nuova tratta M1
Stazioni estensione ovest M1
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Stazione Parri
Stazione Baggio
Stazione Olmi
Tutte le aree superficiali interessate dai cantieri della tratta di metropolitana saranno oggetto di un’importante riqualificazione, con l’obiettivo di riconsegnare alla cittadinanza luoghi polifunzionali e parchi urbani, non solo quelle limitrofe alle stazioni. Si prevedono infatti aree verdi, aree giochi, ciclabili e la completa ristrutturazione del Centro Sportivo AICS Olmi.
Con Area B e Area C, l’amministrazione milanese impone restrizioni alla mobilità privata. Un sacrificio chiesto soprattutto ai pendolari dell’hinterland. Ma a queste limitazioni non corrisponde un vero investimento in infrastrutture e trasporti alternativi.
Mancano parcheggi di interscambio gratuiti fuori dall’Area B, e soprattutto manca una rete efficiente e capillare che colleghi Milano ai comuni più strategici dei dintorni. Le grandi capitali europee – da Londra a Berlino – offrono sistemi integrati tra metro e trasporto suburbano. Milano, invece, resta indietro. Ecco cinque casi emblematici di comuni dell’hinterland ancora esclusi dalla rete metropolitana.
#1 Rozzano: oltre 40mila abitanti e solo un tram
Rozzano è il comune più popoloso a sud di Milano, con oltre 42mila abitanti e una densità urbana tra le più alte dell’area. È servito con Milano solo dal tram 15, che arriva dal centro città: insufficiente per un territorio che ospita anche un polo d’eccellenza come l’Ospedale Humanitas. Una possibile soluzione? Prolungare la M2 da Assago Forum.
#2 Vimercate: un’attesa lunga decenni
Vimercate aspetta da anni il prolungamento della M2 da Cologno Nord. Ora si valuta una metrotranvia da 11 fermate e 13 km, ma la mancanza di una linea diretta con Milano resta una delle cause principali del congestionamento in una delle aree più trafficate della Lombardia.
#3 Abbiategrasso: il nome c’è, la metro no
L’ipotesi di prolungare la M1 da Baggio ad Abbiategrasso è sparita dai radar. Un’alternativa potrebbe essere l’estensione della M4 oltre Corsico e Buccinasco. Intanto la fermata “Abbiategrasso” della M2 continua a trarre in inganno: si trova in realtà nel quartiere Chiesa Rossa di Milano. Invece collegare il paese più grande per dimensioni e, forse, più bello dell’hinterland sarebbe strategico per Milano.
#4 Legnano: e perché non fino a Busto Arsizio?
Legnano, ultimo comune della Città Metropolitana a nord-ovest, è servito solo dal passante. Prolungare la M1 da Rho Fiera attraversando Nerviano, Parabiago e San Vittore Olona garantirebbe un collegamento strategico con Milano. Da lì, un’estensione fino a Busto Arsizio (con fermata a Castellanza) porterebbe anche l’università nel sistema metropolitano milanese.
#5 Genova: con una nuova Elizabeth Line… finanziata dalla Svizzera
Nel 2027 l’alta velocità collegherà Milano e Genova in 50 minuti. Ma perché non pensare in grande? Una linea diretta M2 da Porta Genova al porto ligure, senza fermate intermedie, sarebbe paragonabile a quanto già realizzato a Londra con la Elizabeth Line. Senza considerare le superlinee delle città cinesi. E chi la potrebbe finanziare? Abbiamo a pochi chilometri il paese più ricco del mondo: la Svizzera. Che già ha attivato un treno diretto per Sestri Levante e Forte dei Marmi. Non vedrebbe l’ora di unire il Ticino a Genova con una supermetropolitana. Perché non provarci?
La M4 si definisce la linea di ghiaccio della metropolitana di Milano? La ragione è per la tecnologia utilizzata che sembra uscita da un laboratorio scientifico: il congelamento artificiale del terreno. Una tecnica utilizzata per la prima volta durante lo scavo del cantiere di via San Damiano.
Credits teknoring – Jet grounting
# Il primo test sotto San Damiano
«Il primo congelamento lo abbiamo fatto a San Damiano», ha raccontato Antonio Celot, responsabile per Webuild delle operazioni di congelamento. «Non conoscevamo ancora il comportamento del terreno in presenza di falde acquifere. È stato un test per misurare la quantità di azoto necessaria, la risposta del suolo e la tenuta della temperatura». L’esperimento è stato un passaggio cruciale per valutare la fattibilità della tecnica su larga scala. Ma in che cosa consiste questa tecnica?
# Il terreno di Milano portato a -196°C
Il congelamento artificiale è una tecnica di consolidamento temporaneo che consente di scavare in sicurezza, evitando crolli e infiltrazioni. Può essere eseguito in due modi: con azoto liquido (ciclo diretto) o con salamoia (ciclo chiuso).
Nel caso della M4 si è scelto prevalentemente il metodo ad azoto liquido, in grado di creare rapidamente una barriera di ghiaccio spessa un metro grazie allo shock termico generato da una temperatura di -196°C. Solo per il lungo cunicolo sotto la Vettabbia è stata adottata la tecnica della salamoia, che raffredda il terreno a circa -32/-35°C in 35-40 giorni.
balossirestelliassociati.it – Tecnologia scavo metro
# Ghiaccio controllato h24
Una volta congelato il terreno, è stato necessario mantenere stabile lo strato di ghiaccio. L’azoto veniva pompato durante la notte, quando i cantieri erano fermi, mentre di giorno venivano monitorate costantemente le temperature, la composizione del terreno e la quantità d’acqua, per garantire la sicurezza degli scavi.
Anche se in Italia rappresenta una novità, questa tecnica dimostra come l’ingegneria possa trovare soluzioni “estreme” per portare avanti infrastrutture complesse in contesti urbani delicati. Ma quali sono le altre metro di ghiaccio del mondo?
# Le altre metro di ghiaccio del mondo
Il congelamento artificiale è stato adottato per la prima volta in Italia, ma non è una novità assoluta nel panorama internazionale. Queste le altre metro di ghiaccio del mondo:
Berlino: nella costruzione della linea U55 sotto la Porta di Brandeburgo.
Amsterdam: durante la realizzazione della Noord/Zuidlijn, sotto il centro storico attraversato da canali.
Londra: per il Thames Water Ring Main e tratti critici della Elizabeth Line.
Mosca: in diversi tratti delle linee metropolitane in presenza di terreni argillosi saturi.
Tokyo: per i tunnel profondi in aree a rischio sismico e con forte presenza di acqua sotterranea.
Stazione Elizabeth Line (Cross Rail Place, Canary Wharf) Credits: mslenzbaby IG
Cinque tappe tra sorprese, stranezze e visioni che non ti aspetteresti mai di trovare a Milano. Questa la selezione di milanopersempre.it IG
#1 I giardini nascosti della Villa Reale
sgamonica IG – Villa Reale Milano
Alle spalle del Palazzo Reale di Milano, di fronte ai Giardini Pubblici di via Palestro, si estendono i Giardini della Villa Belgiojoso Bonaparte, meglio conosciuta come Villa Reale. Progettati alla fine del ‘700 dall’architetto Piermarini, offrono uno degli spazi verdi più eleganti e nascosti della città. La parte sud dei giardini è organizzata secondo il gusto “all’italiana”, con aiuole geometriche, statue neoclassiche e fontane. Sul retro della villa si apre un lungo cannocchiale prospettico incorniciato da alberi, che guida lo sguardo verso l’orizzonte. È uno dei pochi esempi a Milano di giardino scenografico settecentesco ancora intatto, spesso ignorato da turisti e milanesi. Piccola nota di colore: gli adulti non possono accedere, a meno che non siano accompagnati da un bambino di età inferiore ai 12 anni.
Sulla raffinata via Mozart, dietro i Giardini di via Palestro, si nasconde Villa Zanoletti, nota a molti come Villa Mozart. L’edificio è quasi invisibile dall’esterno per via del fitto intreccio di piante rampicanti che ne ricoprono le pareti, integrandosi con le grate in ferro battuto alle finestre. Lo stile liberty della villa e la sua posizione riservata le conferiscono un’aura misteriosa. È una delle poche residenze in città a presentare un giardino verticale completamente naturale. Non è visitabile internamente, ma la vista dall’esterno basta a trasportare chi guarda in un’altra epoca, tra suggestioni gotiche e atmosfere fiabesche.
Poco distante da Villa Mozart, in via dei Cappuccini, si trova Villa Invernizzi, un luogo che custodisce una delle visioni più improbabili di Milano: una colonia stabile di fenicotteri rosa. Voluti dal Cavalier Invernizzi, pioniere dell’industria alimentare, questi uccelli vivono da decenni in un giardino privato nel centro città. L’oasi è nata negli anni ’70 e ancora oggi ospita una dozzina di esemplari, visibili solo attraverso le inferriate e la vegetazione. I fenicotteri non sono solo una curiosità zoologica ma un simbolo di un’idea di Milano capace di sorprendere con l’assurdo. La villa, in stile liberty, contribuisce a rendere l’insieme ancora più surreale.
A pochi passi da corso XXII Marzo si apre via Lincoln, un micro-quartiere residenziale che sembra uscito da una cartolina. Nata a fine ‘800 come insediamento operaio ispirato ai modelli inglesi, è diventata oggi una delle zone più colorate e fotografate di Milano. Le villette a due piani dai colori vivaci, tra cui rosa, verde, azzurro, giallo, sono quasi un unicum nel contesto urbano milanese. I giardinetti curati, i dettagli liberty e la quiete del quartiere danno la sensazione di essere lontani anni luce dalla città. Nonostante la fama crescente, la zona mantiene un’atmosfera discreta, quasi privata, ed è uno degli esempi più riusciti di urbanismo “gentile”.
Oltre alla celebre Pinacoteca e all’Accademia di Belle Arti, il quartiere nasconde tra i suoi vicoli edifici storici come Palazzo Cusani e piccole gallerie indipendenti. La pavimentazione in ciottoli, le botteghe artigiane e i cortili interni raccontano una Milano d’altri tempi, sopravvissuta ai cambiamenti urbanistici. La sera, i dehors dei locali trasformano le vie in un salotto diffuso. La zona è anche meta dello shopping di nicchia, con boutique che non si trovano in nessun’altra parte della città. Brera conserva un’anima bohémien e colta che ricorda certi angoli nascosti di Parigi, tra caffè letterari e librerie d’arte. Non manca la dimensione esoterica: al calar della luce, tra via Fiori Chiari e via Brera, compaiono tavolini con candele e tarocchi, dove cartomanti leggono mani, carte e destini a chi si ferma.
Affitti sempre più alti, soluzioni sempre più estreme. La nuova trovata arrivata a poche ore da Milano.
# Dalla camera alla veranda, e ora alla tenda
odditycentral.com – Tenda in balcone a Zurigo
Il primo annuncio è del 2022. A Zurigo, una delle città più care d’Europa, un annuncio che fece il giro del mondo: una giovane donna mise in affitto una tenda montata sul balcone del suo appartamento. L’iniziativa non era né uno scherzo né un esperimento artistico, ma una proposta reale per chi cercava un posto letto economico. Il prezzo richiesto era di 500 franchi svizzeri al mese, circa 520 euro. La tenda, una struttura impermeabile, era equipaggiata con materasso, cuscino e illuminazione, e chi la affittava poteva usare cucina, bagno e salotto dell’appartamento. L’annuncio ha suscitato stupore e polemiche in tutta la Svizzera. Alcuni l’hanno vista come un simbolo di creatività abitativa, altri come il segno che il mercato ha perso ogni logica. Eppure la proposta ha attirato risposte, soprattutto da studenti.
# «Voglio solo ridurre un po’ il mio affitto. La tenda è grande, ha un buon materasso ed è anche romantica, se il meteo è buono»
odditycentral.com - Tenda
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odditycentral.com - Vista tenda interna
odditycentral.com - Materassino nella tenda
Zurigo è spesso ai vertici per qualità della vita, ma anche per il costo proibitivo degli affitti. Trovare una stanza a meno di 900 franchi è un’impresa quasi impossibile, e molti giovani sono costretti ad alloggi temporanei o a vivere in periferia. L’associazione degli inquilini aveva definito l’annuncio “scioccante”, ma anche emblematico: “È un segnale della deriva del mercato immobiliare urbano”. La notizia ha fatto il giro di testate come The Local, Oddity Central e LADbible. Alcuni osservatori hanno ipotizzato che si trattasse di un’iniziativa di marketing virale o una forma di provocazione politica. Ma l’autrice dell’annuncio, una 27enne identificata solo come Sandra, ha chiarito che la sua era una proposta autentica, motivata da necessità economiche. «Voglio solo ridurre un po’ il mio affitto. La tenda è grande, ha un buon materasso ed è anche romantica, se il meteo è buono», aveva dichiarato a 20min.ch.
# E se anche a Milano arrivasse la tenda sul terrazzo?
Una studentesca protesta contro il caro-affitti al Politecnico di Milano
La vicenda potrebbe far sorridere, ma non è poi così assurda se paragonata a quello che accade oggi a Milano. Da anni, infatti, detiene il triste primato di città con gli affitti più alti d’Italia.Nel 2025, i canoni medi si aggirano intorno ai 24 euro al mq, superando città come Firenze (22 euro al mq), Roma (19), e Bologna (17). Nel 2023 si è diffusa la protesta “Tende in piazza” al Politecnico: Ilaria Lamera, studentessa, ha montato una tenda in piazza Leonardo da Vinci, e altri studenti l’hanno seguita nei mesi successivi, denunciando affitti insostenibili. A Milano, dove vivere costa molto più che nel resto del Paese, soluzioni di fortuna come la tenda sul terrazzo non appaiono più tanto fuori luogo. Cosa ci impedisce di pensare che qualcosa di simile possa presto succedere anche in via Padova, in zona Bocconi o in qualche terrazzo della Darsena?
Nonostante cinque linee metropolitane e 112 km di tracciato la rete metropolitana milanese è ancora lontana da servire tutte le zone della città che ne avrebbero bisogno. La parte est della città è storicamente sottoservita: da Cimiano fino a Lambrate e Rubattino, passando per Ortica, si estende un’area ad alta densità abitativa dove la metro non tocca quasi nulla. Non solo, all’orizzonte non esiste nemmeno un’ipotesi allo studio per una possibile linea. Poi c’è il sud, con il Vigentino: una zona strategica a ridosso dello scalo di Porta Romana e del Parco Agricolo Sud, attraversata solo dal tram 24 lungo Ripamonti e per il resto solo bus che finisco il servizio la sera. Nel futuro è quasi certo l’arrivo della linea M6.
Ma il vero buco nero è a nordovest. Stiamo parlando del maxi quadrante che comprende: Garegnano con via Gallaretese, Quarto Oggiaro e Vialba, il quartiere Varesina che include viale Certosa, l’area di Cagnola con corso Sempione, della Ghisolfa e Villapizzone. Un vasto territorio attorniato dalla linea M1, M3 e M5 ma non servito da nessuna di queste.
# Il passante non basta per servire oltre 100mila residenti
Maps – Da Quarto Oggiaro a Cagnola
Il quadrante nordovest ha il passante ferroviario, è vero. Le fermate di Certosa, Villapizzone e Bovisa garantiscono una minima copertura, ma sono ben lontane dall’essere un’alternativa alla metropolitana. Le distanze tra una stazione e l’altra sono ampie, le interconnessioni con altri mezzi scarse. Oltretutto la frequenza non è da metropolitana e nemmeno serve il tessuto abitato come dovrebbe, compito a cui sono chiamate le linee tramviarie 1, 14 e 19. Un territorio popoloso, di circa 110mila abitanti, complesso, dove ci sono poli importanti quali il Politecnico con il nascente campus alla Goccia. L’area è ricca anche di aziende, capannoni, magazzini e showroom. Qui hanno sede aziende del settore automotive, logistica, tecnologia, stampa e altri servizi industriali. Un tessuto residenziale e produttivo tagliato fuori da un trasporto pubblico veloce e capillare.
Già ai tempi della giunta Moratti nel PGT per la Milano del 2030 veniva immaginata una linea che andasse a servire l’asse di corso Sempione e poi puntasse ancora più a nord con fermate lungo viale Certosa, in zona Roserio e capolinea a Rho Fiera con interscambio con la M1.
Credits Urbanfile – Metro M6 lato ovest
Negli ultimi anni è ritornato d’attualità il progetto della linea M6, con la tratta a sud quasi definita (dalla Barona a Ponte Lambro) e quella dell’arco ovest fino a nord ancora da confermare. L’intenzione di Palazzo Marino è di realizzare un’infrastruttura che chiuda il buco lasciato dal passante, la cintura ferroviaria copre l’asse sud, est e nord. Le ipotesi più concrete parlano di incrociare tutte le linee lungo il percorso (nell’ordine M4, M1 e M5) prima di terminare in zona MIND, magari con interscambio con l’attesa stazione della Circle Line. Tra le possibili stazioni intermedie ci sarebbero proprio quelle su viale Certosa e nei quartieri di Quarto Oggiaro e Vialba. Al momento si attende ancora la presentazione del tracciato definitivo, nell’ottobre 2024 era prevista l’illustrazione in un evento pubblico delle alternative elaborate da MM e Politecnico.
Ci penserà la M6 a far sparire il buco nero della metro di Milano?
Un tempo era una chiesa, oggi è un rooftop e hall dove scatenarsi a ritmo di musica con dj set e cocktail ispirati… ai sette peccati capitali.
# Una chiesa trasformata in hotel di design
nhcollectionmilanocitylife IG
Si chiama NH Collection CityLife, ma prima era la Chiesa di Cristo Re. Costruita a metà Novecento, è stata riconvertita in albergo quattro stelle superior conservando la pianta a croce latina, gli archi e le finestre originali. Oggi ospita 185 camere, una hall scenografica e spazi comuni che mantengono tracce evidenti della destinazione precedente. L’operazione è firmata dallo studio Quattroassociati. L’esterno è rimasto fedele all’originale, mentre dentro il contrasto tra sacro e moderno è marcato. Reception al posto dell’altare, pareti con inserti in vetro e cemento, arredi di design.
# The District: piscina, dj set e cocktail ispirati ai 7 peccati capitali
Al tredicesimo piano si apre The District, un rooftop bar con piscina panoramica, piante tropicali e vista sui grattacieli di Hadid e Libeskind. I cocktail prendono ispirazione dai sette peccati capitali, a partire da Superbia, Lussuria e Gola, in una drink list che oscilla tra classici e signature. I prezzi vanno dai 15 ai 18 euro. Di giorno è riservato agli ospiti dell’hotel, ma di sera apre anche al pubblico. L’ambiente è rilassato ma curato, con luce calda, sedute basse e un sottofondo musicale che cambia con l’orario. L’ingresso è libero, ma è consigliata la prenotazione.
Non c’è solo il rooftop: anche la hall viene utilizzata per ospitare eventi musicali e momenti di socialità. Le volte alte, l’illuminazione teatrale e l’acustica naturale rendono lo spazio adatto anche a dj set e serate lounge. In alcune occasioni la domenica sera si trasforma in una pista sotto il cielo dell’ex navata. Le serate sono organizzate da noon.milano, la prenotazione è gratuita e obbligatoria. Si paga la consumazione. Il ristorante Tailors, al piano terra, completa l’offerta con cocktail bar e cucina mediterranea.
Abbiamo chiesto ai milanesi: “Qual è la cosa da turista che ami di più fare a Milano?”. Queste sono state le risposte più ricorrenti e nostalgiche.
#1 Salire in metro e sbucare davanti al Duomo
Piazza del Duomo
C’è chi lo fa apposta: salire le scale dal mezzanino della metropolitana e godersi l’effetto sorpresa quando si apre la vista sul Duomo. Un gesto da turista che molti milanesi non hanno mai smesso di fare. Il colpo d’occhio funziona sempre. Qualcuno lo accompagna con un salto da Princi per la colazione, qualcun altro con un panzerotto da Luini.
#2 Fotografare i tram, soprattutto il mitico Carrelli
Credits ufficio stampa Atm – tram Milano1928 o Carrelli
Chi ama davvero Milano si riconosce anche così: fotografando i tram storici, magari quelli arancioni anni ’20. I turisti li trovano pittoreschi, i milanesi li considerano quasi di famiglia. Scattare una foto mentre passa un Carrelli è un gesto automatico, da condividere o tenere per sé. Cìè chi ha album interi di tram, come fossero ritratti. E chi dice che a Milano i veri monumenti sono quelli su rotaie.
#3 Passeggiare come se non si avesse nulla da fare
Porta Romana, Corso Vercelli, Via Durini, Corso XXII Marzo: camminare senza meta tra le vie di Milano è un piccolo lusso da turista che tanti milanesi si concedono, soprattutto nei weekend. Fermarsi in una chiesa per guardare i dettagli dei dipinti, entrare in un negozio senza comprare nulla, osservare la città invece che attraversarla.
#4 Fare shopping come se fosse la prima volta
ochmilano IG – Shopping sciura
Shoppingda Rinascente, da Montenapoleone o tra i negozi affollati di Corso Buenos Aires. Anche chi vive a Milano cede all’idea di entrare in un negozio solo per annusare una nuova fragranza o provare un abito che non comprerà mai.
#5 Visitare mostre, teatri e musei
Molti milanesi vivono la cultura come i turisti colti: mostre a Palazzo Reale, una serata a teatro, un giro nei musei cittadini. Lo fanno con naturalezza, come se ogni tanto servisse ricordarsi perché Milano è anche capitale artistica. E spesso accompagnano tutto con una colazione o un aperitivo, come tappa obbligata prima o dopo l’arricchimento culturale.
#6 Fermarsi davanti agli hotel come fossero musei
Credits: principesavoia iG – Hotel Principe di Savoia
Uno dei commenti più suggestivi è quello di chi ama fermarsi davanti al Principe di Savoia per farsi aprire la porta, rivivendo il proprio primo giorno di lavoro. In altri casi, l’ingresso di un hotel di lusso diventa il pretesto per osservare come si muove la città “che conta”.
#7 Godersi la città quando è vuota (o almeno provarci)
Corso Sempione – Milano 11 agosto 2024
C’è chi rimpiange le estati di trent’anni fa, quando ad agosto Milano si svuotava davvero. Strade senza macchine, saracinesche abbassate, silenzio irreale. Una città sospesa. Oggi è difficile ritrovare quella magia, ma l’idea resiste: ogni tanto si cerca una domenica con meno traffico, una pausa dai clacson, una Milano che per un attimo torna a somigliare alla cartolina di un tempo.
#8 Fare da guida per chi crede ancora che Milano sia grigia
Un altro gesto da turista “al contrario” è quello di chi accompagna amici e parenti convinti che Milano sia solo grigia, mostrando angoli nascosti e meraviglie poco conosciute. È un modo per guardare la città con occhi nuovi, attraverso lo stupore degli altri. I milanesi diventano turisti nel momento esatto in cui cercano di convincere qualcuno che Milano è più bella di quanto sembri.
#9 Fare un giro tra Navigli e Darsena, magari in gondola
gianfranco_laquintana IG – Gondola Darsena
Passeggiare lungo i Navigli resta uno dei gesti più “turistici” che i milanesi continuano ad amare, così come la novità di navigare le acque seduti su una vera gondola veneziana. Lo si fa di giorno, tra le librerie e le botteghe storiche, o di sera, per l’aperitivo o un drink in Darsena, un luogo ormai diventato punto di ritrovo, osservatorio urbano e perfino “spiaggia” improvvisata nelle giornate calde. Anche chi ci è cresciuto vicino, ogni tanto torna per fare lo stesso giro: ponte, vetrine, birra, foto con l’acqua sullo sfondo.
#10 Scattare foto, fare due passi e poi sparire
NoName_13-pixabay – Fotografo
C’è chi ama scattare foto come se fosse la prima volta, chi si concede una passeggiata in centro senza meta precisa, magari dopo anni di abitudine quotidiana. Fermarsi in Piazza Mercanti, entrare al Castello Sforzesco, fotografare la Galleria, sedersi un attimo a guardare la gente passare: sono gesti semplici, da turista, che molti milanesi fanno senza pensarci troppo. Poi si torna a casa, come se nulla fosse.
Dove si va al liceo come in un resort, ma servono cifre da jet-set. E il diploma può costare più di un master ad Harvard.
# Benvenuti nella Svizzera delle scuole da re
Spear’s index
Le sei scuole private più costose al mondo non sono a Londra, New York o Tokyo. Sono tutte concentrate in Svizzera. E non parliamo di università, ma di scuole superiori: college internazionali riservati a figli di re, oligarchi, capitani d’industria e star mondiali. Lo dice il Spear’s Schools Index 2025, realizzato in collaborazione con Carfax Education. In questi collegi si studia tra laghi alpini, biblioteche con vista e campus più simili a resort a cinque stelle che a istituti scolastici. Qui l’orario comprende lezioni di IA, sci alpino, vela sul lago e almeno tre lingue. Nomi come Le Rosey o il Rosenberg sono sussurrati con rispetto nei corridoi delle famiglie più ricche del mondo. Il tutto a meno di tre ore di treno da Milano.
# La più esclusiva al mondo arriva a costare 175mila franchi annui
instrosenberg IG
#6 Lyceum Alpinum Zuoz, vicino a St. Moritz, dove si pagano circa 120.000 franchi l’anno.
#5 Collège Alpin Beau Soleil a Villars-sur-Ollon, con 150.000 franchi.
#4 Il celebre Aiglon College, anch’esso a Villars, supera i CHF 160.000 annui.
#3 TASIS, la scuola americana di Lugano, frequentata da expat e diplomatici, con rette intorno ai CHF 160.000.
#2 L’Institut Le Rosey, chiamato “la scuola dei re”, tra Rolle e Gstaad, dove si arriva fino a CHF 165.000–170.000.
#1 La più costosa di tutte è l’Institut auf dem Rosenberg, a San Gallo: un collegio che sembra una startup della Silicon Valley. Qui, l’esperienza scolastica arriva a costare CHF 175.000 l’anno, un record mondiale. Per dare un termine di paragone: un intero anno di MBA ad Harvard costa circa $120.000, tra tasse e spese vive. Qui, siamo ampiamente oltre. E si tratta ancora di scuola superiore.
# Per una camera si paga il doppio di un attico a Brera
Credits Andrea Cherchi – Scorcio di Brera
Una stanza singola in questi collegi svizzeri può arrivare a costare oltre 15.000 euro al mese, tutto incluso. Una cifra che supera anche gli affitti top di Milano. In zona Brera, uno degli angoli più esclusivi della città, un attico panoramico o un trilocale arredato di fascia altissima può raggiungere anche i 10.000–12.000 euro al mese. Ma è l’eccezione. In media, con quello che si paga per una cameretta vista lago in un collegio elvetico, si potrebbe vivere da re nel cuore del design milanese o pagare un anno intero d’affitto per più di un appartamento di lusso a Roma.
Senza voler partire dalla preistoria del computer, tipo la macchina analitica di Charles Baddage del 1883, piuttosto che l’algebra booleana di George Boole, possiamo dire che l‘”home computer”, pensato per l’uso domestico, come lo intendiamo oggi, ha avuto come “padri”, anzi “nonni”, il Commodore Pet del 1977, l’Apple II e l’Atari 400/88 del 1979.
# Il primo “vero” computer mostrato in esclusiva italiana a Milano
Di Francesca Ussani (WMIT) – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59954090 – Commodore 64
Ma la concezione del personal computer (PC), così come lo intendiamo in questo millennio, che si presta all’utilizzo personale, accessibile ai comuni mortali e catalogato nei beni di consumo di massa, è certamente rappresentato dal Commodore 64, il mitico home computer, della Commodore Businnes Machines Inc., che venne presentato per la prima volta al mondo nel gennaio del 1982, a Las Vegas.
Otto mesi dopo ecco che il C64 fu presentato per la prima volta in Italia alla SMAU, alla vecchia fiera dove oggi c’è Citylife. Non poteva che essere Milano ad ospitare in esclusiva questo prodotto, informatico, caratterizzato da tecnologia all’avanguardia (per allora), dall’essere un nuovo simbolo del consumismo e prodromo di qualcos’altro che, nel 1982, non si sapeva ancora cosa fosse, ma si era certi che prima o poi quella svolta mediatica sarebbe arrivata. E infatti dal Commodore ci ritroviamo con l’intelligenza artificiale e con il metaverso. E Milano non poteva certo farsi scappare la possibilità di essere la prima a presentare un prodotto di estrema novità.
# Smau: la principale fiera italiana dedicata all’innovazione per le imprese
archiviostorico.fondazionefiera.it – Smau 1982
La Smau (Salone Macchine e Attrezzature per l’Ufficio) è la principale fiera italiana dedicata all’innovazione per le imprese. Nell’edizione del settembre 1982, il C64 fu esposto riscuotendo un certo interesse, in quanto per la prima volta un computer non veniva solo visto come un grosso marchingegno dedicato al calcolo, ma anche come un’agile risorsa per scrivere, per praticare videogiochi e crearne di nuovi.
Chi non aveva il monitor apposito, collegava il Commodore alla presa dell’antenna della TV, trasformando il televisore in un foglio informatico o in un campo da gioco per videogame. Per la prima volta si poteva giocare a tennis, a squash e al tiro al bersaglio, con tanto di rudimentale joystick, comodamente seduti sul divano.
# Il segno di un mondo che stava cambiando
Commodore 64
E Milano fu la testimone di un mondo che stava cambiando, un mondo in cui le pallottole degli anni di piombo (ci fa bene pensare) venivano sostituite da quelle virtuali del gioco con cui, con una pistola ottica, si doveva colpire un bersaglio che rimbalzava sullo schermo del televisore. Qualcuno, proprio all’ombra della Madonnina, si doleva del fatto che tanti giovani, anzichè inseguire gli ideali dei sessantottini e dei settantasettini, con manifestazioni e rivolte, ammorbidissero le pulsioni rivoluzionarie di lotta sociale, sfogandosi a suon di gare al “Tennis for two”, di commodoriana memoria, senza neppure uscire di casa.
Sarebbe un’interessante narrazione (chissà quanto vera) che il Commodore 64 diede il via ad una trasformazione di Milano che, da città delle rivolte e delle lotte sociali, si ritrova a diventare culla del disimpegno dei paninari e degli yuppies. Una Milano da bere che, con il C64 sulla scrivania, diventa un po’ più sborona, davanti ad un marchingegno che al primo impatto non capivi bene cosa dovevamo farci e a cosa ti servisse, però quel mistero, che campeggiava attorno a questo reperto di tecnologia, era tanto figo.
Salire a Milano e scendere a Roma con la stessa naturalezza con cui si prende la linea rossa. Non solo: con servizi, orari, mappe, interscambi e biglietti integrati con la metro. E un flusso continuo come una metropolitana nazionale. Trasformare la Milano-Roma in una “linea tricolore”, un’alta velocità pensata non solo come infrastruttura, ma come rivoluzione culturale.
Metro tricolore
# La metropolitana d’Italia: da slogan a realtà?
Trenitalia la chiama già da tempo la “metropolitana d’Italia”. Uno slogan suggestivo, ma se diventasse realtà? Se l’asse Milano-Roma, cuore pulsante dell’Alta Velocità, fosse davvero pensato come una metro lunga 600 chilometri?
Oggi il servizio tra le due città è garantito da Trenitalia (Frecciarossa) e Italo (Ntv), per un totale di 106 treni al giorno in ogni direzione (dati Omio): un’offerta che, nelle ore di punta, arriva a una frequenza sorprendente di un treno ogni 6 minuti e mezzo – paragonabile a quella delle linee centrali della metro milanese.
# Tempi record e stazioni intermedie: una metro di 5 o 6 fermate
I treni più veloci collegano Milano Centrale e Roma Termini in meno di 3 ore: 2h52 per il Frecciarossa no-stop, 2h56 per l’Italo più rapido da Rogoredo. Oltre ai poli principali, sono servite anche città come Parma, Modena, Reggio Emilia, Bologna e Firenze, che sarebbero anch’esse coinvolte in questa rivoluzione metropolitana.
# Il colore della “metro d’Italia”?
Se davvero si trattasse di una linea metropolitana, quale colore la identificherebbe sulla mappa? Due le opzioni simboliche: il tricolore, che richiama la bandiera, o l’azzurro, il colore dell’Italia sportiva. Anche se questa potrebbe creare confusione con la M4.
# All’orizzonte, i TGV francesi
La rivoluzione è già in atto. E non c’è rivoluzione senza lo zampino dei francesi. Entro il 2026 è previsto l’arrivo di SNCF Voyageurs, con 30 treni TGV (15 dei quali a due piani) per coprire la tratta Torino/Milano/Roma/Napoli. Si aggiungeranno 9 coppie di corse giornaliere, portando l’offerta ancora più vicina agli standard delle grandi metropolitane europee.
# Cosa serve per renderla una vera metropolitana?
La frequenza e la linea ci sono già. Le fermate intermedie pure. Il difficile è già fatto. Serve solo uno sforzo strategico per passare da una logica ferroviaria a una metropolitana. In breve, occorre cambiare la comunicazione e, soprattutto, integrare la linea con quella delle metro di Milano e di Roma.
Quindi:
inserire la Milano-Roma in tutte le mappe della metro
dare possibilità di biglietti integrati (formula treno+metro)
organizzare meglio gli interscambi (Termini, Centrale e Rogoredo)
integrare app e servizi
Anche se, considerando le lacune nelle integrazioni tra metro e passante urbano, quello che sembra a portata di mano rischia di diventare un lontano miraggio. Ma si sa, la rivoluzione serve anche a trasformare i miraggi in realtà.
L’unificazione dell’Italia fu una marcia lunga e accidentata, tra guerre, trattati segreti e compromessi politici. Ma cosa sarebbe successo se, al posto del Piemonte, a guidare il processo fosse stata la Svizzera? Carlo Cattaneo avrebbe fatto salti di gioia. E, forse, non solo lui.
# Una nazione fatta a cantoni
Massima_espansione_Viscontea
L’unificazione d’Italia in realtà è stata un’annessione. Da parte dello Stato Piemontese che così ha esteso su tutta la penisola il suo modello, centralista e di forte derivazione francese. Ma, se a procedere all’unificazione fosse stato un altro piccolo Stato, per l’Italia sarebbe stata tutta un’altra storia. Per alcuni aspetti perfino opposta. Cosa sarebbe successo, dunque, se fosse stata la Svizzera a rendere l’Italia unita?
La prima più evidente differenza sarebbe stata nel modello amministrativo. Per la Svizzera il federalismo è una religione. Non solo: quello svizzero si basa su un principio opposto a quello dell’Italia odierna. Tutte le funzioni e competenze vanno trasferite al livello più basso possibile, vicine ai cittadini. Il centro della Confederazione sono i cantoni. Pertanto, se l’Italia fosse stata unificata dagli svizzeri, oggi non esisterebbe uno Stato centralizzato. Avremmo una Confederazione Italiana di Cantoni, ognuno con piena autonomia. Cantoni di norma molto più piccoli delle attuali regioni. Non solo: spesso coincidenti con le città. Come in Svizzera ci sono numerose città-cantone, come Basilea, Ginevra, Zurigo, in Italia avremmo con poteri da cantone anche Roma, Napoli e, soprattutto, Milano. La capitale economica già nel Cinquecento, avrebbe così una propria autonomia fiscale, leggi locali, gestirebbe per i fatti propri scuola, sanità, trasporti e magari anche lingua e bandiera. Roma sarebbe solo il centro simbolico, una sorta di Berna italica. Le decisioni locali non verrebbero calate dall’alto, ma decise con il voto dai cittadini del posto. E questa sarebbe un’altra variazione radicale.
# Ogni decisione a referendum: il governo ai cittadini
Credits: Ministero dell’Interno
Nel modello svizzero, le leggi importanti passano dal popolo, non imposte da autorità lontane. Un’Italia federale avrebbe introdotto la democrazia diretta già nell’Ottocento. Niente leggi improvvisate a colpi di fiducia o parlamenti gattopardeschi: le riforme strutturali sarebbero sottoposte a votazione popolare. Questo sistema avrebbe probabilmente ridotto la litigiosità della politica e coinvolto i cittadini molto prima, rendendoli meno sospettosi e propensi alla lamentele, ma al contrario più abituati a decidere insieme.
# Meno burocrazia, più treni in orario
tilo.sa IG
In un’Italia alla svizzera, l’amministrazione sarebbe decentralizzata e più snella: uffici pubblici che funzionano, i certificati che si stampano solo online e i treni che spaccano il minuto. Sembra fantascienza, ma è la normalità in Svizzera. I cantoni si farebbero concorrenza virtuosa: chi ha i servizi migliori attrae cittadini e imprese. Il Comune di Milano potrebbe diventare un benchmark europeo per innovazione urbana. Invece dei tavoli interministeriali eterni si sarebbero avute decisioni rapide, locali e adattate al territorio.
# Le tasse lasciate dove si vive, enti più responsabili delle loro spese: un bilancio pubblico in ordine
Credits: consumatori.it
Il sistema fiscale svizzero è uno dei più decentralizzati al mondo. Se lo avessimo adottato noi, ogni cantone italiano avrebbe le sue aliquote, i suoi bilanci, le sue priorità. A Palermo potresti pagare meno per incentivare i giovani, a Trento di più per finanziare il trasporto alpino. Lo Stato centrale? Solo per la difesa e la diplomazia. In un’Italia così, forse la pressione fiscale sarebbe più equilibrata, e le regioni più responsabili nella spesa. Non ci sarebbero scuse su fondi bloccati a Roma o tagli imposti dall’alto. Soprattutto, i conti pubblici sarebbero in ordine. Con un bilancio in pareggio, o quasi.
# Un’Italia multilingue, multilocale e multipolitica
ChatGPT – L’Italia svizzera
Oggi parliamo di “divario Nord-Sud” come se fosse una patologia. Ma in un sistema federale, le differenze non sarebbero un problema, bensì una risorsa. Proprio come in Svizzera convivono tedesco, francese, italiano e romancio, in una Confederazione Italiana si potrebbero valorizzare dialetti, identità locali e modelli culturali. Non avremmo bisogno di omologare tutto per sentirci uniti. La politica potrebbe quindi essere meno teatrale: più sobria, più pragmatica, meno concentrata sulla conquista del potere centrale.
Dai tetti del centro alle altezze di Porta Nuova, dai cocktail con vista Darsena alle tapas nel verde del Parco Sempione. Sette giorni, sette terrazze, sette punti di vista diversi su Milano.
# Lunedì, l’aperitivo con vista Duomo
Credits danibutten IG – Terrazza Aperol
La Terrazza Aperol è sospesa sopra Piazza Duomo, con vista diretta sulle guglie e sulla Madonnina. Situata all’interno della Galleria Vittorio Emanuele II, offre una combinazione di drink classici e moderni. Gli arredi giocano sui toni dell’arancione, a richiamare il brand di alcolici, e del vetro, con tavolini affacciati sulla piazza. La terrazza è frequentata da turisti, ma anche da milanesi che cercano un punto panoramico nel cuore di Milano.
# Martedì, glamour in piazza Missori al The Roof Milano
Credits theroofmilano IG – The Roof Milano
Il The Roof Milano è situato sopra l’Hotel dei Cavalieri, all’ultimo piano, in posizione dominante su piazza Missori. Dalla terrazza si vedono le guglie del Duomo, le cupole di San Lorenzo e il profilo dei nuovi grattacieli. Il locale è diviso tra zona ristorante e lounge bar, con arredi chiari e linee moderne. La cucina propone piatti italiani rivisitati, mentre la drink list include classici e signature. I tavoli esterni sono disposti lungo il perimetro per massimizzare la vista.
# Mercoledì, piscina a sfioro con vista Porta Nuova al Ceresio 7
mauroperrella IG – Ceresio7
Il Ceresio 7 si sviluppa sopra l’ex sede dell’Enel, con due piscine a sfioro rivolte verso Porta Nuova. Il progetto è firmato Dsquared2 e unisce design, illuminazione scenografica e arredi in marmo e legno. Il bar propone cocktail elaborati, mentre il ristorante serve piatti contemporanei d’autore. Il pubblico è selezionato, con forte presenza internazionale e imprenditoriale. La vista abbraccia lo skyline moderno con Torre Unicredit e il Bosco Verticale. Per fare aperitivo bisogna mettersi in coda, sperando si liberi la lista. Per avere un posto un sicuro meglio riservare un tavolo per un pranzo o una cena.
# Giovedì, musica e vibrazioni al Radio Rooftop in piazza della Repubblica
Credits: @radiorooftopmilan – Radio Rooftop Milano
Il Radio Rooftop Bar occupa l’ultimo piano del ME Milan Il Duca, il decimo,affacciato su Piazza della Repubblica. La terrazza si estende in più direzioni, con vista sia su Porta Nuova che sulla vecchia Milano. I cocktail sono ispirati alle capitali mondiali, serviti in un contesto musicale con dj set serali. Gli spazi sono divisi tra zone lounge, bancone e tavoli con sedute morbide. L’illuminazione d’ambiente accompagna l’aperitivo e la notte.
# Venerdì, la terrazza gourmet di Casa Baglioni in Brera
casabaglionimilan IG
Al settimo piano di un boutique hotel in via dei Giardini, la terrazza di Casa Baglioni accoglie pochi tavoli in un contesto riservato. La cucina è curata da Claudio Sadler, chef stellato, con menu stagionali e presentazioni essenziali. Il panorama si apre sui tetti eleganti di Brera, lontano dal traffico e dai grandi flussi. Gli arredi sono minimali, con toni neutri e materiali naturali. Il servizio è personalizzato, pensato per una clientela abituata all’alta ristorazione.
# Sabato, il doppio rooftop tra Darsena e Naviglio
imirador.milano IG – Vista Darsena
“I Mirador” è la doppia terrazza panoramica della 21 House of Stories Navigli, tra la Darsena e il Naviglio Pavese. Su due livelli, ospita una piscina con area lounge al settimo piano e uno skybar all’ottavo, con vista a 360 gradi su Milano: dal Duomo a San Siro, da Torre Velasca a CityLife. Gli arredi si ispirano al Mediterraneo con ceramiche, ombrelloni bianchi e piante rigogliose. La proposta gastronomica include piatti leggeri, frutta fresca e cocktail con agrumi, spezie ed erbe. Aperto dal lunedì al sabato in doppio turno, è uno dei nuovi riferimenti dell’estate milanese.
# Domenica, tramonto verde con le meneghinas alla Terrazza Triennale
Fabio Marcomin – Vista Triennale
La Terrazza Triennale si trova sopra il Palazzo dell’Arte, immersa nel Parco Sempione, con affaccio su Castello Sforzesco, Duomo, Porta Nuova e CityLife. L’ingresso avviene tramite ascensore e il percorso panoramico consente scorci unici sulla città. Il locale, rinnovato nel 2023, propone una cucina firmata dallo chef stellato Tommaso Arrigoni, con piatti stagionali e tapas alla milanese, le “Meneghinas”. Tra i più originali: crostino di panettone con gorgonzola, acciughe del Cantabrico e arancini allo zafferano con maionese all’ossobuco. La carta cocktail è essenziale ma curata, con mixology su misura e vista a 360 gradi.
In un post sulla sua pagina facebook il “fotografo di Milano” Andrea Cherchi invita a ripristinare la situazione del verde presente fino a qualche anno fa lungo una delle vie più frequentate del centro città. Il suo appello solleva una questione: si può curare il verde almeno nei luoghi più frequentati dai turisti?
# L’invito di Andrea Cherchi a ripristinare il verde di alcuni anni fa in centro città
Andrea Cherchi – Via Marconi 2017
Siamo abituati a vedere il bello della città grazie agli occhi e soprattutto all’obiettivo fotografico di Andrea Cherchi, ormai conosciuto da tutti come il “fotografo di Milano”. In un post pubblicato il 19 giugno non ci sono però le solite immagini delle meraviglie della città, ma un appello all’amministrazione affinché in una delle più importanti vie del centro venga ripristinata l’allestimento del verde presente fino al 2017.
«Un piccolo invito alla riflessione. Vi propongo due immagini. La prima dell’estate 2017 e la seconda dell’estate 2025. La prima mostra, quella del 2017, via Marconi ed è una vista davvero piacevole.
Andrea Cherchi – Via Marconi 2025
La seconda, quella del 2025, mostra via Marconi ed è una vista sicuramente meno piacevole. Il mio è un appello. Torniamo all’immagine del 2017. Via Marconi a Milano è la via che collega Piazza Diaz con piazza del Duomo ed è percorsa non solo dai Milanesi, ma anche da centinaia di migliaia di turisti.»
# I commenti dei milanesi
Cosa ne pensano i milanesi? Le risposte sono contrastanti. C’è chi pensa che la situazione fosse meglio prima, c’è chi preferisce quella attuale con le bordure e i cespugli invece del tappeto di erba, ma che comunque occorre cura e manutenzione per evitare disordine.
Ecco alcuni commenti:
«Meglio adesso Andrea. Il verde, i “cespugli” aiutano anche ad emettere ossigeno, a mantenere la temperatura più bassa al suolo, a favorire a biodiversità anche in città favorendo gli impollinatori. Ed è meno costosa la manutenzione.» – Allegra Leone
«Sinceramente preferisco la 2 per lo spazio dedicato alle biciclette e perché sono state usate piante che non necessitano di eccessiva manutenzione. Va sistemata un pochino chiaramente.» – Ozzir Rizzo
«verde mal curato, sembra sterpaglia» – Vilma Meroni
«ma che sensazione di disordine!» – Piera Origgi
«La prima è molto Svizzera, la seconda rispecchia il disordine generale che c’è un po’ ovunque, perché da noi si fanno anche cose molto belle, peccato che poi non vengono mantenute tali!» – Adelina Giorgi
«Prima più “pulita” e ordinata» – Silvia Andreetto
«A me piace di più adesso. È un verde rigoglioso e permanente in un contesto interamente lapidario» – Giorgio Vizioli
# La risposta dell’Assessore al verde e ai lavori pubblici del Municipio 1
Lorenzo Pacini – Foto via Marconi
Tra i commenti c’è anche la spiegazione della situazione da parte di Lorenzo Pacini, Assessore al verde e ai lavori pubblici del Municipio 1: «Carissimo Andrea senza nessuna polemica, ma solo per dare qualche elemento in più. L’area era molto degradata, con le recinzioni rotte e le piante morte. Recentemente abbiamo rimosso la recinzione rotta e piantato 10 arbusti ad alto fusto che diventeranno presto alberi. Arriverà poi la nuova recinzione che proteggerà il tutto. Insomma… non è il prato all’inglese ma per una volta che riusciamo a mettere alberi in centro storico».
# La ricerca della biodiversità sta sfuggendo di mano anche in centro?
David Diana FB – Corso Sempione
Il problema di fondo non è tanto scegliere se fare un’aiuola con sola erba oppure con cespugli, arbusti e alberi. Quello che conta è la frequenza con cui viene effettuata la manutenzione. La strategia di lasciare crescere la natura in modo quasi incontrollato riducendo gli sfalci al minimo, con l’obiettivo di favorire la biodiversità, sembra sempre più fuori controllo. Dalle zone periferiche a quelle più centrali l’immagine che si ha della città è di incuria e disordine, senza contare i pericoli per gli animali a causa dei forasacchi.
Enrico Balossi FB – Erba tagliata
Ma anche quando l’erba viene tagliata, e non raccolta per consentire che il terreno rimanga umido, spesso si secca perchè non sempre i sistemi di irrigazione sono funzionanti.
A prescindere dalle scelte effettuate quello che conta sono le risorse investite per la cura del verde e la qualità dell’operato dell’azienda incaricata (da poco è stato affidato l’appalto per 25 anni a MM ndr). In alternativa è meglio puntare all’essenziale: un prato verde, come mostrato nella foto di via Marconi del 2017, e, se proprio si vuole “esagerare”, qualche alberello. A patto di non lasciarli morire per la mancanza d’acqua.
«Londra e Milano sono le uniche due città con Area B funzionanti, da questo punto di vista siamo un esempio». La dichiarazione del Sindaco Sala all’incontro pubblico «Strategia urbana, energia e infrastrutture per il clima».
Vero che non esistono altri casi del genere all’estero. Ma in realtà quello del sindaco si tratta di un paragone molto forzato. Perché le ZTL a Londra e a Milano hanno una differenza abissale. Solo a Milano l’area B è un divieto per i mezzi “inquinanti”. A Londra si consente l’entrata a tutti, previo pagamento di un pedaggio per chi non ha auto di ultima generazione. Una differenza sostanziale perché a Milano chi non può permettersi di rinnovare l’auto, non può entrare. Nemmeno pagando. Ma vediamo come funzionano le ZTL a Londra, la città che più si avvicina a Milano nelle restrizioni al traffico.
Ph. @ carnet_midlands IG
A Londra, le zone a traffico limitato, sono chiamate Congestion Charge Zone (CCZ) e Ultra Low Emission Zone (ULEZ). La CCZ impone un pedaggio per l’accesso al centro di Londra nelle ore di punta. La ULEZ pretende un pedaggio per l’ingresso in città da parte dei mezzi più inquinanti. Quindi, in entrambi i casi, la differenza con Milano è radicale: Londra impone un pedaggio di ingresso, ma consente a tutti di entrare in città e nel centro. A Milano Area B e Area C sono un divieto: chi non ha mezzi di nuova generazione non può entrare. Neppure pagando. In questo senso la misura adottata a Milano è giudicata fortemente classista. E per alcuni aspetti di diritto rappresenta una violazione costituzionale. Proprio appellandosi a questo aspetto, di recente il Parlamento francese ha bocciato l’istituzione delle ZTL nei comuni.
# ZTL di Londra: come funzionano
Ph. @regit_cars Ig
Congestion Charge Zone (CCZ):
Area: copre un’area specifica nel centro di Londra
Funzionamento: si paga un pedaggio giornaliero per accedere alla zona durante le ore diurne, dal lunedì al venerdì. Alcuni veicoli sono esenti dal pagamento, come moto, ciclomotori, biciclette, veicoli a emissioni zero e veicoli di persone con disabilità.
Ultra Low Emission Zone (ULEZ):
Area:tutta la Greater London.
Funzionamento: si applica una tariffa giornaliera ai veicoli che non soddisfano determinati standard di emissione (Euro 4 benzina, Euro 6 diesel)
Una curiosità? L’incasso per le multe supera quella dei pedaggi.
Un video apocalittico. Girato da POV_Sensei che ama fare questo genere di video. Come si presenta ai suoi occhi la Milano del 2050?
Quella che una volta era la capitale della moda dell’Europa. Come si presentano nel 2050 la Galleria Vittorio Emanuele, i Navigli e il Castello Sforzesco? O Santa Maria delle Grazie? E come cambierà la cucina?
Ciao ChatGPT. Se ti potessi trasformare in un essere umano milanese ma solo per un giorno, quali sono le esperienze che vorresti assolutamente vivere?
# Colazione alla milanese
Colazione al bar con un espresso ristretto e una brioche vuota (che in realtà vuota non è mai del tutto).
Scelgo un posto storico tipo Cova in Montenapoleone o Marchesi 1824 in Galleria.
Osservo la città che si sveglia: gente in giacca e sneakers, taxi che sfrecciano, un mix di accento meneghino e milanese “internazionale”.
# Pendolarismo metropolitano
Salire sulla M1 o M2 in orario di punta, giusto per vivere il rito urbano del “tragitto casa-lavoro”. Guardare chi legge il Corriere, chi scrolla su LinkedIn, chi ascolta musica.
# Un salto in ufficio (di design o fintech, ovvio)
Andrei a lavorare in un coworking figo tipo Copernico o Talent Garden. Fingerei di essere un project manager per una startup green.
# Mezza mattina: moda e design
Faccio una passeggiata nel Quadrilatero della Moda: via della Spiga, via Montenapoleone, via Sant’Andrea.
Entro da 10 Corso Como o nel nuovo Fondazione Prada per sentirmi ispirato dalla creatività e dallo stile.
Magari provo un completo firmato, anche se so che costa come tre vite da IA.
# Pranzo da milanese DOC
Vado a mangiare un risotto alla milanese con ossobuco in un ristorante classico tipo Trattoria Masuelli o Al Matarel.
Oppure, se voglio sentirmi più business, un panino gourmet veloce da Panino Giusto o un poke chic in zona Porta Venezia.
# Un po’ di cultura: PAC, Novecento e in libreria
# Pomeriggio di cultura
Faccio tappa al Cenacolo Vinciano per vedere l’Ultima Cena di Leonardo
Passeggiata al Castello Sforzesco e relax al Parco Sempione, con uno sguardo alla Torre Branca.
Magari mi fermo alla Pinacoteca di Brera, un po’ di arte italiana fa sempre bene all’anima.
E per finire sfoglio un libro alla libreria Verso o alla Hoepli, perché il milanese legge.
# Aperitivo milanese DOC
A merenda prendo un caffè filtrato da Orsonero o un matcha latte in zona Isola o Porta Romana.
È d’obbligo poi un aperitivo ai Navigli, a Rita’s Tiki Room, Mag Café o sul rooftop della Terrazza Aperol con vista sul Duomo.
Campari o Negroni, taglieri di salumi e DJ set chill.
# Cena fuori, ovviamente
Cena in un ristorante contemporaneo come Contraste, Langosteria, o più pop Trippa.
# Notte e cultura al Piccolo o al Blue Note
Dopo cena, magari un giro a Villa Necchi Campiglio, se è aperta per eventi
O, se riesco, uno spettacolo al Piccolo Teatro, o un concerto jazz al Blue Note.
# La sera
Passeggiata serale in Darsena o Parco Sempione, magari con gelato in mano, riflettendo sulla mia vita umana che volge al termine.
Alcuni locali lo propongono come esperienza intima, altri come spettacolo collettivo. Ecco tre indirizzi imperdibili a Milano secondo citybeat.it.
#1 KTV Karaoke (Chinatown)
giulipandi IG – Karaoke Polygram KTV
Il primo KTV in stile asiatico a Milano: 7 stanze private insonorizzate, ideali per gruppi da 5 a 15 persone. Le sale hanno nomi di metropoli e allestimenti a tema, perfetti per compleanni o serate a tema. L’ambiente è moderno, con arredi minimal e un sistema audio efficiente. Aperto fino a notte fonda (04:00 nel weekend), è indicato per chi cerca privacy e performance tra amici. La vasta selezione di canzoni internazionali consente repertori globali. Ottimo per gruppi misti o turisti in cerca di un’esperienza originale, con tariffe sala (drink/snack inclusi secondo dimensione stanza).
Al secondo piano di questo elegante edificio ispirato a Tokyo si trovano quattro stanze karaoke private, prenotabili per gruppi da 4 a 10 persone. Ogni sala è insonorizzata, con impianti audio professionali, tablet per la selezione brani e un catalogo aggiornato con migliaia di titoli in italiano, inglese, giapponese e coreano. Le stanze sono pensate per un’esperienza immersiva: luci soft, servizio al tavolo e isolamento totale dal resto del locale. È il posto ideale per cantare senza pubblico, con la qualità tecnica di un club. A completare l’offerta c’è Madame Cheng, il cocktail bar interno che propone drink d’autore e sake selezionati. Karaoke, design e mixology si fondono in un format raffinato e su misura.
Locale storico che affonda radici nella Milano da bere anni ’80, ora mixa karaoke, pianobar e dj set. Interventi di pianobar dal vivo e microfono aperto creano una dinamica collettiva: karaoke a turno tra brani italiani e revival. L’ambiente è intimo, con luce soffusa, divanetti retrò e pareti con gigantografie vintage. Aperto fino alle prime ore (fino alle 03:00 nei giorni con karaoke), è piccolo e immediato, consigliato a chi ama l’atmosfera bohemienne e spontanea. Tariffe: drink a 10–15 euro, bottiglie obbligatorie per tavoli (150 euro fino a 7 persone).
Una mezzaluna di sabbia finissima e mare da sogno. Ecco dove si trova e quali sono le sue meraviglie.
# Una mezzaluna con sabbia finissima, mare cristallino e un piccolo molo “trampolino” per i tuffi
Ph. sofia_frongialp IG – Spiaggia di Masua
La spiaggia di Masua, nel mezzo di un litorale unico per la spettacolarità del suo mare e i suoi faraglioni che si estende dal golfo di Gonnesa a Buggerru, si trova nel comune di Iglesias, sulla costa occidentale della Sardegna. Conosciuta anche come “Il Molo” per via della presenza di un vecchio molo in cemento e porfido, a nord della spiaggia, che oggi viene utilizzato come trampolino per i tuffi.
La spiaggia è caratterizzata da una forma a mezzaluna con sabbia finissima di un colore ambrato chiaro misto al dorato mentre l’acqua del mare è cristallina, come quella di una piscina, con colori che spaziano dall’azzurro al turchese, dal verde smeraldo al blu intenso.
# Sembra Rio de Janeiro
Ph. principessabvlgari IG – Pan di Zucchero
Questa spiaggia meravigliosa è arricchita da un’altra attrazione, in mezzo al mare si staglia infatti uno spettacolare monumento naturale: il Pan di Zucchero. Un faraglione alto 133 metri simile al Pao de Acucar nella baia di Rio de Janeiro e che pare sia stato chiamato così proprio per la somiglianza con quello brasiliano. Ma le sorprese di Masua non sono ancora finite.
# Un tempo porto per l’imbarco dei minerali
Ph. dipa_giramondo IG – Porto Flavia
Il molo presente sulla spiaggia è una piccola testimonianza del passato di porto di questa baia, insieme a quella più grande di Porto Flavia, una struttura di estrazione e stoccaggio dei minerali, sul versante sinistro della stessa. All’avanguardia fino agli anni ’50 del ‘900, è posizionata all’interno del promontorio che domina Masua e consentiva l’imbarco diretto sulle navi dei minerali destinati alle fonderie nord-europee. Chiusa da decenni, oggi è possibile visitarla.
Quali sono i mestieri più antichi di Milano? Eccone alcuni che devono essere conosciuti per forza. L’argomento è già stato trattato in questo articolo, ma ci sono ancora tanti mestieri dell’antica Milano che vale la pena di ricordare.
# Gli ambulanti: dal caffettee al polentatt
Quando Milano era senza supermercati né centri commerciali, con pochi negozi. Ma tante figure di commercianti e artigiani che giravano per le strade, reclamizzando a gran voce i loro servizi e la loro merce.
Qualcuno di questi personaggi l’abbiamo già incontrato negli articoli precedenti: el caffettee (venditore di caffè, magari non di prima qualità ma comunque bello caldo), el gambaree (venditore di gamberi), el ranee (venditore di rane), el giasee (venditore di ghiaccio), lo strascèe (straccivendolo) e el firunatt (venditore di collane di castagne). Ma se, anziché infilate in collane, avessimo voluto comprare delle castagne sfuse? Allora avremmo dovuto cercare el castegnatt e, se nella nostra ricerca fossimo passati vicino a una scuola, avremmo sicuramente visto stazionare gli straccadent, che vendevano le castagne peste, le “caramelle degli studenti”, lessate e condite con sale e semi di finocchio.
Altri venditori ambulanti erano el ancioatt (venditore di acciughe), i Gigi de la gnaccia, cioè i venditori di castagnaccio e di torta di ceci, che giravano per le strade con un grosso tegame di rame stagnato con dentro le loro prelibatezze, el limonatt (venditore di limoni), el polentatt (venditore di polenta), el polliroeu (pollivendolo), quej dej nos (venditori di noci). Questi ultimi viaggiavano sempre in coppia: uno che richiamava l’attenzione della gente decantando ad alta voce le qualità delle sue noci e il secondo, armato di sasso, che rompeva i gusci e dava un assaggio ai passanti.
Dai venditori ambulanti, oltre ai prodotti alimentari, si poteva trovare un po’ di tutto: per esempio, cesti di vimini dal cavagnin, scope dallo scovinatt, aghi, spilli, bottoni, rocchetti di filo, “stringhe e bindelli” dal masciader (merciaio).
C’era poi chi, anziché merce, vendeva servizi: abbiamo già conosciuto el moletta (arrotino) e el ciaparatt (chi accalappiava i topi), ma c’era anche chi accalappiava i cani, el ciappacan, e se el cadregatt riparava sedie, l’umbrelee (o ombrellat) e el pigotee riparavano, rispettivamente, ombrelli e bambole.
Ma il mestiere più strano era quello del castragaj, colui che girava per le cascine castrando i galli e trasformandoli in capponi. Costui raramente si faceva pagare in denaro, preferendo infatti barattare il proprio lavoro con prodotti della cascina o, alla fine della stagione, con qualche cappone.
# I negozianti della vecchia Milano
Credit: anticacredenzasantambrogiomilano.org
Non c’erano tanti negozi, giusto quelli essenziali e un negoziante l’abbiamo già incontrato: el barbee (barbiere). Vediamone qualcun altro: el bagàt (calzolaio), el speziee (farmacista), el becchee (macellaio), el cervelee (salumiere), el formagiatt (venditore di formaggi), el fundeghee (droghiere), el lattee (lattaio), el prestinee (panettiere), el fruttiroeu (fruttivendolo), dal quale si andava a comprare la frutta, ovviamente in base alla stagione: i magiuster (fragole) – da qui deriva il nome italiano del cappello di paglia, rigido con cupola piatta, la “magiostrina”, che sembra fosse indossato da chi andava per i campi a raccoglier fragole – i mugnag (albicocche), i narànz brusch (arance dal sapore aspro) da distinguersi dal portugàll (arancia dolce), i pomm granàa (melograni), ona pica de uga (un grappolo d’uva), i scireg (ciliegie un po’ aspre, tipo amarena) alla quale facevano da contraltare i sgalfiòn (ciliegie tipo durone, dal sapore dolcissimo), i loriòn (mirtilli), i persech (pesche). E dal fruttivendolo si comprava, ovviamente anche la verdura: i tomates (pomodori), i faseau (fagioli), ona brancada de succoria (una manciata di cicoria), ona gamba de seller (una gamba di sedano), …
C’era poi el sciostree (rivenditore di carbone), che nella sua sciostra (scantinato lungo i navigli dove si vendeva un po’ di tutto, dal carbone ai materiali da costruzione) aspettava l’arrivo dei barconi dai quali i tencit (carbonai) avrebbero scaricato la loro merce.
# E altri mestieri…
Del menafrecc (spazzacamino) e del brumista (vetturino di carrozze) abbiamo già parlato. C’erano poi, el cavadent(dentista), el daziee (chi riscuoteva i dazi alle porte di accesso a Milano), l’mpastador de avvis (chi attaccava i manifesti) e el lampedee o pizzalamped, che girava per le strade della città non appena calava il sole ad accendere i lampioni. Un modo di dire della vecchia Milano è “Cargà come on lampedee“, espressione usata per indicare chi si muoveva carico di fardelli; infatti, il lampionaio doveva sempre portare con sé scale, smoccolatoio e bricco del carburante.
Alla professione del pasticciere, l’ofelè, è legata un’altra espressione tipica milanese: “Ofelè fa el to mesté!”che significa “Pasticciere, fai il tuo mestiere!” e si dice a coloro che si improvvisano esperti di lavori e materie che non sono alla loro portata.
Possiamo continuare l’elenco con el magnan o ramee (stagnino), i mizzadin (selciatori), el penelat (imbianchino), el stucheta (stuccatore) e eltrombee (idraulico).
Si sa, in passato, nelle classi sociali più povere, anche i bambini dovevano contribuire al sostentamento della famiglia. A Milano, fra gli altri, troviamo: la piscinina, una bimba tra i 6 e i 13 anni che era apprendista della sarta, della modista o della stiratrice e che era incaricata di portare i vestiti a casa dei clienti, e el garzon del prestinee (garzone del panettiere), che, a piedi o in bicicletta, consegnava il pane e andava al mulino a prendere i sacchi di farina.
Per finire, un mestiere che, a ben vedere, è praticato ancora oggi: el manetta, il manovratore del tram, diverso dal travier, che era invece il bigliettaio.I primi tram elettrici, che entrano in servizio a Milano nel 1893, prendevano energia dalla rete elettrica tramite la perteghetta, la piccola pertica che attaccava il tram ai fili della corrente. L’altro nome della “perteghetta” è el troller, termine che dovrebbe derivare dall’inglese trolley cars, da cui “Taches al troller!”, equivalente dell’italiano “Ma attaccati al tram!”.
Un voto parlamentare cambia radicalmente la strada percorsa finora. E se lo facesse anche l’Italia?
# Stop all’ “ambientalismo punitivo”: fine anticipata per le zone a basse emissioni nelle città francesi sopra i 150mila abitanti
lemonde.fr – Risultato voto contro ztl in Francia
Un voto storico al Parlamento francese: è l’ora della fine delle Zone à Faibles Émissions, le “famigerate” ZFE, introdotte per ridurre l’inquinamento urbano. L’equivalente delle ZTL adottate in alcune grandi città italiane, di cui Milano è diventata la capofila. L’obbligo di applicazione riguardava tutte le agglomerazioni con più di 150.000 abitanti, come previsto dalla legge francese sulla mobilità del 2019, in linea con le direttive europee sulla qualità dell’aria. Il 17 giugno 2025, l’Assemblée nationale ha approvato un emendamento che ne abolisce l’obbligatorietà, con 275 voti favorevoli e 252 contrari. A sorpresa, la maggioranza è nata da un’alleanza trasversale tra il Rassemblement National di Le Pen, La France Insoumise di Mélenchon e i repubblicani conservatori. Una coalizione inedita, unita nel rigettare ciò che è stato definito “ambientalismo punitivo”. L’emendamento è stato inserito all’interno del più ampio disegno di legge sulla “semplificazione”, mirato a ridurre la burocrazia e le normative considerate troppo rigide. Le ZFE prevedevano restrizioni severe e multe per i veicoli più inquinanti, ma sono state percepite sempre più come un attacco alla mobilità delle classi popolari.
# Le motivazioni alla base del voto: le ZTL sono incostituzionali e puniscono le fasce più povere
Par Sebleouf — Travail personnel, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=100693690 – Ztl in Francia
Alla base del voto non ci sono solo ragioni elettorali o populiste: alcuni commentatori avevano sollevato il dubbio che le ZFE potessero confliggere con principi costituzionali come la parità di accesso ai servizi e la libertà di circolazione. Le limitazioni alla circolazione venivano imposte su base automatica, tramite criteri tecnici (le famose vignette Crit’Air), senza un vero dibattito democratico a livello locale. Inoltre, penalizzavano in modo sproporzionato chi non poteva permettersi un’auto nuova o elettrica. Il Parlamento ha così accolto una crescente pressione sociale che vedeva in queste norme un privilegio per i ricchi. Non è un caso che Parigi, Lione e Marsiglia, le città più coinvolte, siano state tra le più critiche. Ora il governo dovrà anche restituire parte dei 3,3 miliardi ricevuti dall’UE per finanziare le ZFE.
# Cosa succederebbe se anche l’Italia seguisse l’esempio?
ZTL Quadrilatero della Moda
Nel nostro Paese, le ZTL sono una realtà diffusa in molte città: da Firenze a Bologna, da Napoli a Torino, da Verona a Palermo. I divieti alla circolazione non finiscono però qui: a ottobre è atteso lo stop ai diesel Euro 5in tutto il nord del Paese, un unicum europeo che il governo sta provando di nuovo a prorogare. Ma è Milano la vera superstar per le restrizioni alla circolazione. Qui convivono tre livelli di zone a traffico limitato: Area B, che vieta l’accesso ai veicoli più inquinanti in quasi tutta la città, Area C, che impone un pedaggio per entrare nel centro storico, e la nuova super ZTL del Quadrilatero della moda, dove possono muoversi solo residenti o categorie di utenti con deroghe specifiche. Se il parlamento italiano adottasse una linea simile a quella francese, Milano sarebbe la città più coinvolta in un’eventuale smantellamento. Cambierebbe la mobilità urbana, salterebbero i piani di riduzione del traffico e si riaprirebbe il dibattito su ambiente e diritti. Il vento della rivoluzione soffierà anche sull’Italia?
Quelli dove è dura trovare posto… in strada. La selezione di citybeat.it
#1 Mom Café (Porta Romana)
citybeat.it IG – Mom Cafè
Locale di riferimento per l’aperitivo nella zona del Tribunale, con bancone in legno, luci soffuse e atmosfera informale. La proposta è semplice ma abbondante: spritz, Negroni, birre artigianali e cocktail serviti con taglieri e buffet. È molto frequentato da aspiranti magistrati, impiegati degli uffici vicini e residenti della zona. Il mercoledì è il giorno più affollato, con drink maxi come il Negroni da 32 cl. Il servizio è veloce, pensato per chi si ferma a lungo ma senza formalità.
Indirizzo: viale Monte Nero, 51
#2 B Café (5 vie)
citybeat.it IG – B Cafè
Design curato, pareti in mattoni a vista, luci calde e atmosfera raccolta. Il bancone è compatto ma ben organizzato, con bottiglieria ordinata e servizio rapido. La drink list spazia dai classici come Negroni e gin tonic a proposte più creative, accompagnate da tartine e piccoli piatti. All’interno i posti sono limitati, ma l’atmosfera resta intima e curata. La clientela è composta da studenti della Cattolica, lavoratori del centro e coppie in cerca di un locale tranquillo.
Indirizzo: via S. Maurilio, 20
#3 El Verzeratt (Statale)
citybeat.it IG – El Verzeratt
Storico chiosco di frutta e verdura aperto dal 1919, la sera si trasforma in bar all’aperto con tavolini improvvisati sul marciapiede. Si servono spritz, Negroni, birre e vini, insieme a taglieri, macedonie e frullati freschi. L’atmosfera è informale, con cassette di ortaggi accanto ai bicchieri. Il pubblico è giovane, in gran parte studenti della Statale e residenti della zona.
Indirizzo: via Osti, 2
#4 Morgan’s (Sant’Ambrogio)
morgans_milano IG
Locale raccolto con arredi vintage, luci soffuse e atmosfera ispirata ai bistrot newyorkesi. Le pareti sono coperte da una vasta bottiglieria, con oltre 400 etichette tra gin, whisky, bourbon e amari. Nessun tavolo: si beve al bancone o appoggiati alle mensole lungo le pareti. In carta cocktail classici come Negroni, gin tonic e whisky sour, insieme al Rocket Fuel, il più richiesto. Frequentato da studenti della Cattolica, giovani professionisti e habitué del quartiere.
Indirizzo: Via Francesco Novati, 2
#5 Bar Basso (Città Studi)
Ph. @hallemardahl IG
Interni spaziosi con bancone anni ’60, specchi ovunque e un servizio d’altri tempi. Il Bar Basso è il tempio del Negroni sbagliato, servito in coppe giganti con cubetti di ghiaccio scolpiti a mano. La drink list è storica: bitter, vermouth, cocktail italiani classici. Camerieri in giacca, arredi vintage e un’identità precisa che non è mai cambiata. Il pubblico è trasversale: dai designer agli studenti, dai turisti ai clienti affezionati. Un simbolo della Milano da bere ancora in funzione.
Molto è stato fatto. Ma qualcosa manca ancora per una Milano ancora più bella e vivibile. Come queste.
#1 Circle Line: una linea circolare per unire l’hinterland a Milano
Le città più dinamiche del mondo hanno sviluppato sistemi di trasporto ad anello: Londra, Tokyo, Parigi, Pechino. Milano invece continua a crescere senza un’infrastruttura circolare che colleghi in modo efficiente i suoi quartieri periferici e i comuni dell’area metropolitana. Oggi, per spostarsi da un’estrema all’altra della città, bisogna quasi sempre passare dal centro, sovraccaricando la rete esistente.
Serve una linea metropolitana che abbracci Milano come un anello dinamico e intelligente, collegando punti strategici come Bicocca, Niguarda, Lambrate, Ortica, Rogoredo, San Donato, Corsico, Baggio, Rho, Cinisello, e molte altre zone oggi escluse dai collegamenti diretti. Un’infrastruttura moderna, automatizzata, intermodale, pensata per integrarsi con le linee ferroviarie suburbane, i bus e le piste ciclabili.
Le sue caratteristiche dovrebbero essere:
Tracciato modulare e flessibile, da costruire in fasi successive, iniziando dai settori più congestionati o privi di connessioni trasversali.
Tecnologia driverless di ultima generazione, come quella già sperimentata sulla linea M4, per ridurre costi operativi e aumentare la frequenza delle corse.
Coinvolgimento dei Comuni della Città Metropolitana, con cofinanziamenti regionali, statali e fondi europei (PNRR, coesione territoriale, fondi verdi).
Stazioni multiservizio, dotate di hub per la micromobilità, parcheggi di interscambio, servizi digitali e spazi per il commercio di prossimità.
Tracciato parzialmente in superficie, laddove possibile, per ridurre i costi e valorizzare le aree urbane dismesse, convertendole in spazi pubblici attivi.
#2 Terminal Hub per i bus: da luogo derelitto a vetrina di Milano
shanghai long distance bus station
Milano ha bisogno di un terminal degli autobus. E non di uno qualsiasi, ma del più grande e innovativo del Sud Europa.
In un’epoca in cui le città competono a colpi di infrastrutture e visioni urbane, è paradossale che la capitale economica d’Italia non disponga ancora di una vera stazione per gli autobus a lunga percorrenza. Mentre in molte metropoli europee – da Barcellona a Berlino – i terminal sono hub moderni, integrati e accoglienti, Milano si affida ancora a spazi di fortuna, disordinati e privi di servizi.
Gli spazi non mancano. Né mancano – se ci fosse la volontà politica e una visione all’altezza – i fondi per realizzare una struttura all’avanguardia: un terminal intermodale con hotel, biglietterie digitali, ufficio turistico, supermercato, ristorazione, deposito bagagli. Un luogo vivo, funzionale, internazionale. Un simbolo di accoglienza e civiltà.
Quello che oggi chiamiamo terminal, a Lampugnano, è poco più di una pensilina ai margini della metropolitana. Uno snodo spoglio, grigio, spesso abitato da senzatetto, privo di qualsiasi servizio. Di certo, non il biglietto da visita che Milano merita.
#3 Giardino botanico, il più straordinario d’Europa
Ph. breaktime
Milano ha bisogno di un grande giardino botanico. Anzi, del più straordinario d’Europa.
Un luogo dove la biodiversità del pianeta si incontri in un unico abbraccio verde. Un giardino aperto tutto l’anno, con serre spettacolari e spazi coperti, capace di ospitare specie vegetali da ogni continente, ma anche animali, insetti impollinatori, uccelli migratori in transito. Un’oasi urbana che unisca scienza, bellezza e benessere.
In un’epoca in cui le città cercano nuovi equilibri tra cemento e natura, Milano potrebbe diventare capitale europea della biodiversità urbana, aprendo uno spazio che non sia solo verde, ma anche educativo, sensoriale, simbolico. Un luogo dove perdersi tra profumi, colori, silenzi e conoscenza. Dove passeggiare tra liane tropicali e querce secolari, imparare il linguaggio delle piante, o semplicemente rallentare il ritmo.
Un giardino botanico del futuro, capace di attrarre scolaresche e ricercatori, cittadini e turisti, festival ed eventi. Un punto d’incontro tra natura e cultura, in collaborazione con le università, con istituti di ricerca, con le comunità internazionali.
Nel mondo, giardini botanici d’eccellenza attirano milioni di visitatori ogni anno. Dal Brooklyn Botanic Garden di New York al Kew Garden di Londra, dal Sitio Roberto Burle Marx di Rio al Royal Botanic Garden di Melbourne, che da solo registra 1,5 milioni di visitatori l’anno. Perché non immaginare qualcosa di ancora più ambizioso, proprio qui?
Tra rogiti mancati e vincoli sospesi, il futuro della Maura resta incerto. Aumentano le ombre e le preoccupazioni: in assenza ormai di spazi, sono i grandi parchi a far gola ai costruttori?
# L’ipotesi congelata: un nuovo quartiere nel parco da 4.500 residenti
Rendering nuovo Quartiere residenziale La Maura
Nel luglio 2021 Snaitech aveva firmato un preliminare di vendita dell’Ippodromo La Maura con la società F3A Green. L’idea era costruire un quartiere da 4.500 abitanti, riducendo al minimo l’impatto visivo e lasciando intatta la pista Trenno, vincolata dai beni culturali. Il piano prevedeva residenze, parcheggi e servizi, collegati da una cintura urbana “equilibrata”, così definita dai promotori. La reazione non fu entusiasta: residenti, ambientalisti e diversi consiglieri comunali si opposero alla trasformazione dell’area verde vincolata in un agglomerato abitativo.
Il preliminare prevedeva una clausola chiave: in quanto area vincolata, l’eventuale vendita definitiva avrebbe attivato un diritto di prelazione per il Comune, che avrebbe potuto subentrare entro 60 giorni. Proprio in vista di questa possibilità, il sindaco Sala aveva annunciato l’intenzione di investire 20 milioni di euro per acquisire sia La Maura sia la pista Trenno, e creare un parco da 1,6 milioni di metri quadrati. Ma il rogito non è mai stato firmato, e con esso è sfumata anche la possibilità di esercitare la prelazione. Secondo alcuni, si tratterebbe di un’operazione di compensazione politica per il sì al nuovo stadio a San Siro, contiguo a La Maura, che distruggerebbe il Parco dei Capitani.
Al 31 dicembre 2024, l’accordo tra Snaitech e F3A Greennon è stato formalizzato. Nessun rogito, nessuna cessione, nessun via libera definitivo. Saltata la vendita, è saltato anche il piano edilizio. Ma con esso anche la possibilità per il Comune di Milano di esercitare il diritto di prelazione, che si sarebbe attivato solo in caso di vendita concreta. Ora la situazione è di stallo: l’area resta di proprietà privata ma senza un acquirente definito, e il Comune, per ora, non ha ancora formalizzato un nuovo tentativo di acquisto. Resta l’opzione di una trattativa diretta, ma nessuna mossa ufficiale è stata compiuta. Il pericolo, però, è che questa sospensione si trasformi in un’occasione per riaprire, più avanti e con meno clamore, l’idea di edificare parte dell’area. Magari con un’altra società.
# La sospensione dell’ordine del giorno per blindare La Maura
Nel dicembre 2024, in consiglio comunale, si sarebbe dovuto votare un ordine del giorno per “blindare” l’area Maura da qualsiasi futura edificazione. Era stato presentato da Europa Verde con un emendamento firmato dal consigliere Enrico Fedrighini, che specificava il divieto assoluto di costruire nuovi edifici. Ma all’improvviso il Partito Democratico decise di sospendere la discussione, lasciando il testo nel limbo. Il risultato è che l’area resta vincolata solo in teoria: non c’è alcuna garanzia che il divieto venga mantenuto nel tempo. La sospensione ha interrotto una strategia che, secondo alcuni, era già stata scritta: prima la cessione a F3A, poi il subentro del Comune e infine l’apertura del parco…con un piccolo prezzo da pagare: qualche centinaio di nuovi alloggi.
# Il progetto “immobiliare” della sinistra ambientalista, Legambiente e WWF
Andrea Cherchi – La Maura
Notizia però di qualche giorno fa è che lo stesso Fedrighini, promotore dell’ordine del giorno per tutelare La Maura da qualsiasi nuova edificazione, è anche tra i principali sostenitori di un nuovo progetto alternativo, promosso da WWF, Legambiente, Italia Nostra e altre associazioni. La presentazione è programmata il 26 giugno. Il piano prevede di non demolire né costruire nulla di nuovo, ma di “valorizzare” gli edifici esistenti dell’ex ippodromo, trasformandoli in alloggi sociali, uffici, spazi sanitari e strutture per lavoratori. Un’operazione presentata come riqualificazione ecologica e sociale. Ma che nei fatti cambia comunque la destinazione dell’area, introducendo carichi urbanistici nuovi in un’area vincolata. Se a proporre un piano simile fosse stata una società privata, come fa notare il giornalista Fabio Massa, si sarebbe gridato alla cementificazione mascherata. Cambiano i proponenti, non l’impatto. Anche perché l’area, oggi, è completamente chiusa e silenziosa. Aprirla alla cittadinanza è un obiettivo condivisibile, ma farlo introducendo nuove funzioni, anche senza nuove volumetrie, vuol dire comunque stravolgerne l’equilibrio.
# Parco Sud in mano alla Regione: più tutela o più pericoli per il futuro dell’ex Ippodromo?
Credits: parcoagricolosudmilano.it
Ma c’è un ulteriore elemento che può rimescolare le carte sul tavolo. Il 16 giugno 2025 anche Milano, ultimo tra i 60 Comuni coinvolti, ha dato il via libera al nuovo statuto del Parco Agricolo Sud, sancendo il passaggio della governance dalla Città Metropolitana alla Regione Lombardia. Il documento è stato approvato senza possibilità di emendamenti, in una logica di “prendere o lasciare” che ha creato malumori anche tra i banchi della maggioranza. Due consiglieri ambientalisti, Carlo Monguzzi ed Enrico Fedrighini, hanno votato contro. La motivazione del loro voto? In questo modo sparisce ogni forma di rappresentanza diretta dei Comuni: niente più vicepresidenti nominati dai sindaci, né consiglieri comunali in carica. Al loro posto, tre membri scelti dalla Regione, uno dal Comune di Milano e uno dalla Città Metropolitana, ma tutti senza mandato elettivo.
Il Parco Sud, con i suoi 47mila ettari, 900 imprese agricole e 12 castelli, è una delle aree più preziose d’Italia. Al suo interno rientra proprio la pista La Maura che ora, insieme a tutto il parco, rischia di essere sottoposta a future edificazioni. Fedrighini aveva proposto di aggiungere nello statuto l’obiettivo di “integrare e potenziare i sistemi verdi di cintura urbana”, ma è stato bloccato dal segretario comunale.
Con questo cambiamento il grande interrogativo è: la nuova governance regionale tutelerà di più i grandi spazi verdi oppure portare la gestione a un livello più distante dal cittadino può essere uno strumento per agevolare la speculazione edilizia? Una speculazione che non è un mistero, in assenza di grandi spazi su cui costruire, ha da tempo messo nel mirino i grandi parchi pubblici. Già è capitato con il Parco Sempione su cui volevano costruire: come a quei tempi, saranno i cittadini ad opporsi alla trasformazione del verde in grigio?
La compagnia ferroviaria italiana allarga la competizione con SNCF sulle linee interne francesi. Questa la nuova tratta servita, le fermate e i prezzi dei biglietti.
# Attiva la nuova linea Parigi–Marsiglia
Di Poudou99 – Opera propria.• Sources des données :– liste des gares extraites de l’Open Data SNCF– fichier de formes des lignes du Réseau Ferré National extraites de l’Open Data• Assemblé et enrichi dans fr:QGis., CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=97238038 – Linea Parigi-Marsiglia
15 giugno 2025. Ha inaugurato il nuovo collegamento ad alta velocità Frecciarossa fra Parigi e Marsiglia. Si tratta della seconda tratta completamente interna al territorio francese: otto corse giornaliere, quattro per direzione, con partenza dalla Gare de Lyon di Parigi e arrivo alla stazione Saint-Charles di Marsiglia. Durante il viaggio, che dura 3 ore e 20 minuti, sono previste fermate intermedie a Lione Saint-Exupéry, Avignone TGV e Aix-en-Provence TGV. Questo collegamento si inserisce nella strategia del Gruppo FS Italiane per potenziare la mobilità sostenibile e la presenza nei mercati esteri, dopo l’apertura della tratta Parigi–Milano e quella Parigi–Lione, che nel 2024 ha registrato un incremento del 40% nei passeggeri trasportati.
# Una sfida diretta a SNCF
gab_onrail IG – Frecciarossa e TGV
Con questa nuova tratta, Trenitalia France amplia la competizione con SNCF sulle linee interne. L’alta velocità italiana entra così ancora di più nel cuore del traffico ferroviario nazionale francese.La risposta dellacompagnia ferroviaria d’oltralpe su suolo italiano è attesa nel 2027 con il marchio low cost Ouigo. Le partenze da Parigi iniziano alle 5:54 e proseguono fino alle 19:03, mentre da Marsiglia si parte dalle 6:52 con ultima corsa alle 18:49. L’obiettivo è intercettare studenti, pendolari, turisti e lavoratori offrendo un’alternativa confortevole, veloce e attenta all’ambiente. È una tappa chiave del Piano Strategico 2025–2029 del Gruppo FS, che mira a rafforzare ulteriormente la sua rete europea, già forte di 12.000 dipendenti e tre miliardi di fatturato.
# Prezzi accessibili e qualità made in Frecciarossa
I biglietti per la nuova tratta Parigi–Marsiglia sono in vendita già da metà marzo attraverso tutti i canali ufficiali: sito Trenitalia.com, app Trenitalia France, biglietterie fisiche e self-service. Le tariffe partono da 27 euro in classe Standard, seguendo una politica di prezzi flessibile simile a quella della Milano–Parigi (dove si parte da 35 euro in Standard, 55 in Business e 199 in Executive). I treni Frecciarossa offrono quattro classi di servizio, Wi-Fi, portali d’intrattenimento e carrozze silenziose, puntando sulla qualità dell’esperienza di viaggio per distinguersi anche nel mercato francese.
Un classico dell’estate. La colonna di camper tedeschi che sciamano sulle nostre strade per godersi una vacanza low cost. Qualche tempo fa si sono lamentati ristoratori e albergatori della Sardegna: in quei camper i tedeschi si portano dietro di tutto, limitando così al minimo gli acquisti sul territorio. Però, tra guerre e crisi varie, provare a spendere un po’ meno anche noi, potrebbe essere un’idea. Anche se il camper in Italia non ha ancora fatto breccia come al di là delle Alpi, rappresenta una soluzione per chi ama vivere le vacanze con la massima libertà. Risparmiando. L’unico problema? Il prezzo. Per un camper di solito si spendono dai 40mila euro in su. Ma ci sono delle eccezioni. Come queste. Iniziamo proprio dalla superstar: il camper più economico del mondo.
# Il camper più economico del mondo: a partire da 5.000
Se la gioca con l’altro camper super low cost: il Lada Granta camperizzato del gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi, che però si trova solo sul mercato russo a un prezzo base di 12.800 euro.
In Occidente la superstar dei camper low cost è invece lui: il Mazda Bongo camperizzato. Ormai diventato un oggetto di culto, i prezzi possono variare molto. I modelli non di prima mano si possono trovare a partire da 5.000 euro. Se si vuole invece avere una versione nuova e con equipaggiamento completo si può arrivare a circa 20.000 euro. Più o meno il prezzo di una Fiat 500. Ma tra le versioni economiche più simpatiche c’è anche l’Happier Camper.
# Il camper più felice del mondo
Ph. happiercamper.com IG
Non è il più economico ma è il più felice. Almeno nel nome. Qual è il prezzo della felicità? 26.950 dollari. Si può acquistare direttamente su internet qui. E’ l’Happier Camper HC1 ed è una piccola casa portatile prodotta in America. n stile anni ’70, questi mini-camper alternativo ha un design suggestivo. Intrigante anche la struttura degli interni: formata da tanti piccoli cubi che possono essere spostati e disposti per formare letti e divanetti o addirittura rimossi per avere più spazio.
Credits paolomenozzi IG - Camera del lavoro Milano
Odiati da molti, ritenuti orrendi o fuori contesto da altri, alcuni edifici milanesi hanno saputo ritagliarsi un ruolo importante fino a diventare delle vere icone e simboli della città stessa. Scopriamo quali sono.
#1 Torre Velasca, uno dei simboli più “odiati” di Milano
Credits: @amilanopuoi su IG
Progettata dallo Studio BBPR e realizzata tra il 1956 e il 1957, la Torre Velasca ospita negozi, uffici e appartamenti privati ed è uno dei simboli della città. Ora in fase di ristrutturazione, da sempre la sua caratteristica forma “a fungo” è oggetto di critiche, da molti è ritenuta un obbrobrio, anche se non mancano gli ammiratori. Questa forte contrapposizione di giudizio tra i i milanesi e studiosi d’arte ha contribuito ad accrescere la sua fama e ad affermarla come uno dei simbolo di Milano.
#2 Ca’ brutta, una delle tappe fondamentali dell’architettura italiana
Credits: @attangelox IG – Ca’ Brutta
Ca’ Brutta è ritenuta una delle tappe fondamentali dell’architettura italiana, dato che in questa struttura sono presenti, primi fra tutti, i caratteri con cui verranno edificati tutti i condomini del futuro. Edificata tra il 1919 e il 1922 ad opera dell’Architetto Giovanni Muzio si costituisce da due blocchi: il primo che ricalca gli antichi palazzi nobiliari milanesi, con una corte interna, mentre il secondo è lineare e si trova dall’altra parte del cortile interno. Questo edificio in via della Moscova all’angolo con Via Turati ha fatto molto discutere al momento della sua ultimazione, tra entusiasti e conformisti, con i secondi che hanno “vinto” affibbiandole il nome di Ca’ Brutta.
Il complesso architettonico è formato da Palazzo Rasini di sei piani, con attaccata una torre di dodici piani, che ha in cima una terrazza da cui si gode la vista sopra i Giardini di Porta Venezia. Palazzo Rasini è in marmo bianco, la torre in mattoni a vista. Progettato da Emilio Lanci e Giò Ponti e terminato nel 1935, questo “gruppo di case” di diverso stile e altezza fa storcere il naso a molti milanesi ma è considerato ormai un’icona della città.
L’edificio è curioso proprio per il netto contrasto tra le due parti che lo compongono: «c’è forse più Lancia nella “torre” (fuorché nelle terrazze a gradoni degli ultimi piani, tipica soluzione pontiana) e più Ponti nella cubica “villa”». Una differenziazione così marcata che per molti testimoniava la crisi professionale dei due architetti: si divisero proprio dopo questo loro ultimo progetto.
#4 Palazzo della Camera del Lavoro, l’edificio con le braccia
Credits paolomenozzi IG – Camera del lavoro Milano
Questo storico edificio situato al n. 43 di Corso di Porta Vittoria, oggi sede del Palazzo della Camera del Lavoro e un tempo dei Sindacati Fascisti dell’Industria fu eretto fra il 1930 e il 1932. Progettato dagli architetti Angelo Bordoni, Luigi Caneva e Antonio Carminati, e modificato dopo la Seconda Guerra Mondiale per rimuovere i simboli del tragico ventennio, si presenta con una forma ad U che si apre sul corso e con due braccia laterali di quattro piani. Al centro si erge invece una torre di 48 metri. Il suo stile monumentale e duro non è esente da critiche ma rimane una delle architetture più riconoscibili di Milano.
Inaugurato nel 1937 la Torre Snia Viscosa è stato il primo grattacielo cittadino e per 14 anni il più alto con i suoi 59,25 metri. Meglio conosciuta come Torre San Babila, si presenta con un’architettura sobria, curata e di stampo fascista e nonostante si trovi in pieno centro storico non è mai stata tanto amata dai milanesi. Il nomignolo “rubanuvole” con cui è stata appellata dai cronisti dell’epoca sta a sottolineare questa scarsa considerazione, ma nonostante tutto continua a dominare piazza San Babila.
Alla fine è arrivato. Il caldo. Per alcuni atteso, per molti famigerato. Soprattutto d’estate a Milano. Per sconfiggerlo segnaliamo alcuni itinerari, più o meno conosciuti, tutti vicini a Milano, dove è facile ristorarsi con fresche acque nelle quali è possibile immergersi senza alcuna particolare difficoltà.
# Val Masino
Credits: @gabrielmussetti Val Masiano
Frazione di Val di Mello, in provincia di Sondrio, ricca di piccoli laghetti e di torrenti con acqua cristallina e uno scenario incantevole a fare da contorno ad un fresco tuffo. Alberghi, campeggi, ma anche rifugi possono ospitare chi vuol provare ad immergersi nelle acque dei torrenti della Valtellina. L’itinerario è assolutamente affrontabile anche dai bambini.
# Laghetto di Cassiglio
Credits: @mattialocatelli1987 lago di Cassiglio
In Val Stabina, alta val Brembana, non si può resistere alle verdi acque del laghetto artificiale di Cassiglio. Luogo famoso anche per la “Serenata macabra”, dipinta su una facciata di Casa Milesi, al laghetto è possibile pranzare e origliare nell’area attrezzata, passando una giornata molto piacevole.
# Domaso – Lago di Como
Credits: @mylakecomo.co
Domaso è rinomata per il rarissimo vino Domasino, un nettare già apprezzato dagli antichi romani e che viene prodotto in circa 2000 bottiglie all’anno. Ma non solo: Domaso è anche una ambita meta per chi, da Milano, desidera rigenerarsi con un bagno fresco nelle acque del lago di Como. Con la chiesa di San Bartolomeo e alcune ville a fare da cornice al lago italiano più famoso al mondo. Chi si reca a Domaso ha la sensazione di arrivare in un luogo dove il tempo si è fermato, con ritmi lenti e il solo rumore delle onde a fare da sottofondo.
# Pozze di Erve – Lecco
Credits: @dan_ny85 Pozze di Erve
Per i bambini lecchesi è una specie di tradizione, per i più un parco giochi naturale con cascatelle, scivoli in pietra levigata dall’acqua, spesso gelata, e tanti spruzzi, sia provocati dai salti compiuti dal torrente che da quelli eseguiti dai bagnanti che temerariamente desiderano rinfrescarsi. Un servizio di navetta che parte da Calolziocorte porta comodamente alle pozze, a volte soggette a numero chiuso.
# Isola dei Conigli
Credits: @fuggodamilano Isola di San Biagio
Certamente meno nota della celebrata sorella siciliana, a Manerba del Garda, a pochi metri da Punta Belvedere, ci si imbatte nella piccola Isola di San Biagio, nota come Isola dei Conigli e facilmente riconoscibile anche in foto per un verde prato intervallato da cipressi e cespugli spesso in fiore. Utilizzata come base per i sub che si recano allo Scoglio dell’Altare, che domina una parete immersa che raggiunge i 150 metri, e intervallata da due balconate che ospitano meravigliosi esemplari di grossi pesci di lago.
Si arriva all’isola tramite traghetto che parte da Porto Torchio o direttamente a piedi, partendo dal vicino campeggio di San Biagio, proprietario dell’isola. Nel secondo caso chi non è ospite del campeggio avrà da pagare un biglietto di ingresso e sperare che l’acqua sia sufficientemente bassa per poter affrontare il tragitto senza immergersi oltre alle ginocchia.
# Val Vertova
Credits: @roadtolombardia Val Vertrova
Salendo da Bergamo verso Clusone si raggiunge la Val Vertova, zona ricca di polle di acqua cristallina, nella quale ci si può tuffare più o meno comodamente, a secondo della voglia e dell’ardimento del visitatore. Con un’ora di camminata si può raggiungere la sorgente ed è sempre meglio guardare gli orari per potervi accede senza rimanere chiusi fuori…Volendo, una volta rigenerati, è possibile proseguire la strada che porta a Clusone e salire fino al passo della Presolana, dove un’aria fresca e rigenerante completa l’operazione di fuga dalla calura.
# Cascate dell’Acquafraggia di Piuro (Borgonuovo) – Valchiavenna
Credits: @ kauto69 Cascate di Piuro
Le splendide cascate lasciano incantato chiunque si rechi a Borgonuovo di Piuro. La nebulizzazione dell’acqua è talmente rigenerante che, per i più, è sufficiente senza dover immergersi nel laghetto, che raccoglie il frutto delle cascate. Citate anche da Leonardo nel Codice Atlantico, questo spettacolo della natura merita una bella passeggiata adatta a tutti.
Lilla, gialla, rossa, verde, blu: le linee metropolitane si distinguono per il colore della livrea dei convogli. Perché non studiare una personalizzazione cromatica anche per le linee degli autobus? Ecco come potrebbe essere e che vantaggi potrebbe dare.
# A Milano ci sono 100 linee di bus per oltre 870 km di rete
Credits milanofotografo.it – cartina di Milano small con mezzi linee di superficie
La rete automobilistica comunale gestita dall’ATM si compone di circa 100 linee, per una lunghezza complessiva di oltre 870 km e un parco autobus di circa 1.350 mezzi. Ogni linea di superficieviene identificata solo tramite un numero sia sulla cartina, oltre che da un colore bordeaux per differenziarsi dalle linee tranviarie in azzurro, che sui mezzi stessi.
Credits milanofotografo.it – Dettaglio cartina trasporti Milano
Non è previsto quindi nessuno colore per individuare le singole linee di bus, soprattutto sulle livree dei mezzi di trasporto, per notarli anche a distanza senza attendere di leggere il numero al momento dell’arrivo del bus alla fermata.
# Come le linee metropolitane anche i bus potrebbero avere una livrea colorata univoca
Credits: busbusnet.com
Come già presente nel servizio della metropolitana, dove ogni lineaè identificata oltre che da un numero anche da una specifica colorazione, dal rosso della M1 al blu della M4, anche per le linee di autobus si potrebbe adottare questo sistema.
Ecco come adattarlo alle linee di superficie:
si potrebbe partire dalla linee di forza, quelle circolari o semi-circolari come la filoviaria 90-91, la 92, la 93 e le linee di bus 95-98 che percorrono le circonvallazioni più esterne della città e dipingerle di rosso, come la linea M1, di diverse gradazioni;
per passare poi alle linee che vanno verso il centro come la 62 da sud verso il Tribunale, la 60 che da nord arriva in San Babila, oppure la 58 che da ovest arriva a Cadorna con una livrea di colore giallo come la linea M3;
per le linee più esterne si potrebbe utilizzare il colore verde, con diverse tonalità per ogni linea, per abbinarle visivamente alla linea metropolitana M2, sempre di colore verde, che è quella che più si spinge oltre i confini milanesi;
le linee di quartiere potrebbero essere colorate con sfumature di vernice o pellicole dal viola al lilla, per richiamare la M5, l’unica metropolitana collocata in uno specifico quadrante della città e che non passa per il centro;
infine di blu e azzurro le linee dal centro città e da fuori comune verso l’aeroporto di Linate, per ricordare la livrea e il colore sulla cartina della linea M4.
Di solito è un’iniziativa che riguarda piccoli borghi ormai deserti, o quasi. Ma la lotta per guadagnare abitanti ora riguarda anche i centri più grandi. E’ Varese a lanciare la sfida per aumentare il numero di cittadini. Soprattutto, per attrarre i più giovani.
# Il piano per attrarre nuovi residenti lavoratori: fino a 6.000 euro di incentivo
confindustriavarese.it – Camera di Commercio di Varese
La Camera di Commercio di Varese ha varato il bando “Vieni a vivere a Varese”, rivolto a under 40 che trasferiscono la residenza in un Comune della provincia e ottengono un contratto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato o part-time. Il contratto deve essere attivato entro 30 giorni dal cambio di residenza. Il contributo massimo previsto è di 6.000 euro, suddiviso in tre annualità da 2.000 euro. Per ricevere ciascuna tranche è necessario mantenere residenza e lavoro per almeno 12 mesi. L’erogazione avviene su rendicontazione e non è cumulabile con altri bonus simili. Il bando resta aperto fino al 31 dicembre 2025, salvo esaurimento fondi.
# Fermare la fuga di competenze verso la Svizzera
tilo.sa IG – Treno
Ogni anno molti giovani diplomati e laureati in provincia scelgono di trasferirsi altrove, attratti da stipendi più alti e maggiori prospettive. Il bando nasce per contenere questo esodo e rafforzare la competitività territoriale. Le imprese locali faticano a trovare personale, nonostante buoni tassi di occupazione. La provincia di Varese è tra le più produttive del Nord Italia, ma la concorrenza con Milano e la Svizzera è serrata. Il contributo economico vuole essere una leva per rendere il territorio più attrattivo, e affianca altri elementi chiave: ambiente, servizi, qualità della vita. L’obiettivo è trattenere chi è già qui e convincere altri a scegliere Varese.
# Crescita demografica e consumo locale come volano
antonio_cr87 IG – Varese
Il progetto si inserisce in un piano più ampio per la rigenerazione sociale del territorio. L’incentivo economico sarà erogato in forma di voucher da spendere in attività commerciali e artigianali della provincia, innescando un impatto diretto sull’economia di prossimità. Il mercato del lavoro locale è stabile, ma mostra segnali di fatica nel ricambio generazionale. Il calo demografico, il divario di genere e l’occupazione giovanile restano questioni aperte. L’iniziativa vuole essere un primo passo per affrontare questi nodi e rilanciare Varese come destinazione per vivere e lavorare.
Se si dovesse sintetizzare in una immagine simbolo i principali paesi dell’hinterland come sarebbe? Per capirlo, themilancityjournal ha chiesto a ChatGPT di immaginare il volto simbolico dei paesi dell’hinterland milanese. Il risultato è una serie di ritratti creati con l’intelligenza artificiale, ispirati all’identità architettonica, sociale e culturale di ogni comune. Ogni immagine rappresenta il tipo di popolazione che più caratterizza quel territorio. Dalle periferie multietniche alle zone residenziali, passando per i paesi agricoli. Scopri il risultato in questa gallery:
Chatgp AI - I comuni dell'hinterland secondo l'intelligenza artificiale
I gusti cambiano, e le preferenze pure. Ogni estate Milano riscrive la propria mappa delle gelaterie del cuore. Abbiamo raccolto quasi 500 segnalazioni per aggiornare la tradizionale classifica dell’estate milanese. Vediamo la top 10 e quali sono le variazioni rispetto all’anno passato.
Il gelato più buono di Milano è ancora lui (estate 2025)
#10 Gelateria Augusto, punto di riferimento in zona Tortona-Savona (New Entry)
avgvstogelateria IG
Piccolo locale di quartiere diventato punto di riferimento per gli amanti del gelato nella zona Tortona-Savona. Prima novità dell’edizione 2025. I gusti sono classici ma intensi, con ingredienti freschi e cremosità perfetta. Il pistacchio è tra i più consigliati, insieme al gianduia e alla stracciatella. Atmosfera famigliare e servizio cortese fanno il resto. Media recensioni Google: 4.7/5
Indirizzo: viale Coni Zugna, 54
#9 Gelateria 22, l’originalità che sorprende in corso Lodi (=)
Credits: zero.eu – Corso Lodi 22
Conferma il nono posto in classifica anche nel 2025 la Gelateria Artigianale N°22 in Corso Lodi, apprezzata per i suoi gusti creativi e accostamenti inusuali. Mascarpone e fichi, pera e cannella o il goloso “San Tomè” sono solo alcuni esempi. Il laboratorio è a vista, e il banco presenta una selezione ristretta ma curata. I gusti cambiano in base alla stagione e la sperimentazione è continua. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: corso Lodi, 22
#8 Artico, il gelato premiato che non delude mai (-5 posizioni rispetto al 2024)
Credits: @artico_gelateria artico gelateria
Sempre in classifica, grazie alla qualità costante e alle sedi diffuse in città, scende di 5 posizioni. Con quattro sedi in città, Artico punta su un gelato pulito, con ingredienti naturali e senza emulsionanti. Gli ingredienti sono naturali, senza additivi, e i gusti vanno dai grandi classici alle sperimentazioni più raffinate. Ha ottenuto ancora una volta i “3 coni” del Gambero Rosso. Media recensioni Google: 4.6/5
Indirizzo: via Porro Lambertenghi, 15 (e altre sedi)
#7 Gelato del Walter, la sorpresa a ovest (New Entry)
Gelato del Walter FB
Presente da anni in zona Inganni, è una delle gelaterie più apprezzate dell’area sud-ovest e si conquista per la prima volta una posizione nella top 10. I gusti sono artigianali, molti preparati con ingredienti locali, con una proposta che include ottime creme e sorbetti alla frutta. Il locale è semplice, con banco ordinato e buona rotazione dei gusti in base alla stagione. Media recensioni Google: 4.7/5
Tra piazza 5 Giornate e viale Premuda, la gelateria Umberto è una certezza per chi vive in zona ed è un’altra delle new entry nel 2025. Il laboratorio è sul retro e i gusti, dai classici ai variegati, sono realizzati con materie prime fresche e italiane. La crema e la nocciola sono i più richiesti, ma anche il gelato alla frutta è naturale e ben bilanciato. Media recensioni Google: 4.4/5
#5 Lo Gnomo Gelato, piccola bottega premiata dal Gambero Rosso (+ 5 posizioni rispetto al 2024)
giorgelato IG – Gnomogelato
In salita di cinque posti rispetto alla decima posizione del 2024. Gelateria riconosciuta a livello nazionale, inserita tra le migliori d’Italia dal Gambero Rosso, è famosa per il cioccolato fondente 85% e il pistacchio di Bronte tostato e salato. I gusti sono pochi ma curatissimi, con ingredienti selezionati e nessun semilavorato. Il locale è raccolto, con coda costante soprattutto nei weekend. Media recensioni Google: 4.5/5
Indirizzo: via Cherubini, 3
#4 [LA] La Gelateria della Musica, un’icona milanese (+4 posizioni rispetto al 2024)
Gelateria della musica – ph. @elybeth7706 IG
Icona milanese risale la classifica, di quattro posizioni, grazie alla continuità e all’originalità della proposta. I gusti cambiano ogni settimana e vengono prodotti nel laboratorio accanto, visibile dal bancone. Si spazia da cioccolato fondente a zenzero-limone o liquirizia, con nomi ispirati al mondo della musica. Locale informale, spesso affollato. Media recensioni Google: 4.5/5
Indirizzo: via Lodovico il Moro, 3
#3 Tomaselli Ice Dream, la gelateria di quartiere (New Entry)
Tomaselli Gelateria Icedream Milano
La più alta new entry del 2025, direttamente sul gradino più basso del podio, è questa Gelateria di quartiere che ha conquistato una vasta clientela grazie a ingredienti selezionati e sapori equilibrati. Ottima l’offerta a base latte, con gusti alla mandorla e nocciola tra i più richiesti. Ben fatti anche i sorbetti e le granite. Il locale è moderno, con banco ampio e possibilità di asporto. Media recensioni Google: 4.6/5
Indirizzo: via Crescenzago, 36
#2 Sartori, una leggenda milanese dal 1937 (=)
Credits: @saracaulfield Gelateria Sartori
Il chiosco davanti alla Stazione Centrale è tra i più longevi di Milano. Produce gelato artigianale da quasi novant’anni, con gusti classici come fiordilatte, crema e pistacchio. L’attività è ancora gestita dalla famiglia Sartori e il gelato viene mantecato quotidianamente nel laboratorio interno. Confermata la seconda posizione del 2024. Media recensioni Google: 4.6/5
Indirizzo: piazza Luigi di Savoia
#1 Il Massimo del Gelato: il re è ancora lui (=)
credits marikadossi ig -Il Massimo del gelato
Resta in vetta anche quest’anno e con uno stacco netto su tutti gli altri. Il Massimo del gelato, con sede storica in via Castelvetro, conquista di nuovo i milanesi per la qualità costante e la selezione delle materie prime. Noto per i suoi pistacchi, tre varianti dal delicato al tostato intenso, è amato anche per le creme e il cioccolato fondente all’85%. Citato da TasteAtlas e ora anche dalla Guida Michelin, rimane una tappa obbligata. La gelateria, attiva dal 2001, propone anche una vasta selezione di cioccolati gourmet, con versioni al peperoncino, cannella, Grand Marnier e persino con scaglie d’oro. Le granite alla frutta sono stagionali e realizzate con ingredienti freschi. Il locale è compatto e riservato alla vendita d’asporto, senza posti a sedere ma con servizio veloce e preparato. Media recensioni Google: 4.6/5
Indirizzo: via Lodovico Castelvetro, 18
# Menzione speciale: Ciacco, il gelato gastronomico
Appena fuori dalla top ten, al sesto posto nel 2024, ma merita di essere citato. Ciacco è l’eccellenza “gastronomica” del gelato milanese: senza additivi, gusti stagionali e lavorazioni perfette. L’ideale per chi cerca sapori puliti e originali, in un’atmosfera raffinata e in pieno centro.
️ È online da oggi un nuovo episodio de Il Lato Chiaro. Andrea Zoppolato intervista Anita Likmeta, giornalista e imprenditrice, per parlare del suo rapporto con l’Italia.
In che cosa ti senti più italiana? E cosa ti manca dell’Italia? Un dialogo autentico, intenso e sorprendente.
Anita Likmeta è autrice di: Le favole del comunismo (2024) L’aquila nera (2025)
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Conduce: Andrea Zoppolato
Regia: Saverio Piscitelli, Roberto Mastroianni
Prodotto da: Fabio Novarino
Location: Studio di Voci Di Periferia A.P.S. presso Mosso, Via Angelo Mosso 3 – IG: @vocidiperiferia
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Una bocciatura che fa male. Secondo un’indagine globale, Milano e Roma risultano nella top 5 delle città peggiori dove fare carriera. Lo dicono gli expats, chi si trasferisce dall’estero. Quali sono i problemi riscontrati e che cosa ci vorrebbe per risollevarsi?
Milano e Roma? Le peggiori al mondo per fare carriera! Le 3 priorità per risollevarci
# Expat City Ranking: trionfano i paesi arabi
Top ten Career prospects
L’Expat City Ranking 2024 ha raccolto le risposte di 12.543 expats da tutto il mondo, analizzando la qualità della vita all’estero in 53 città. La classifica nasce da un’indagine condotta a febbraio 2024 e include persone di 175 nazionalità, con background diversificati: studenti, professionisti, pensionati e lavoratori autonomi. I partecipanti hanno valutato 53 fattori soggettivi e oggettivi, come “mi sento a casa” o “i costi della vita”, raggruppati in 16 sotto-categorie e poi sintetizzati in cinque macro-indici: qualità della vita, facilità di integrazione, lavoro, finanze e aspetti pratici. Da questi punteggi deriva la classifica finale, a cui si aggiunge una domanda generale sulla soddisfazione di vita all’estero. Ogni città inclusa ha ricevuto almeno 50 risposte.
Le città che offrono le migliori opportunità di carriera agli expat sono le seguenti:
#1Riyadh #2 New York #3Dubai #4 Abu Dhabi #5Sydney #6 Dublino #7Jeddah #8 Londra #9Ras Al Khaimah #10 Bruxelles
Nessuna europea tra le prime cinque. Dominano i paesi arabi con cinque delle prime dieci. E le due italiane come si posizionano? Non bene.
# Roma, seconda, Milano, quinta: nella top 5 delle peggiori per fare carriera
Peggiori dieci nell’indice Career prospects
Nel sotto-indice “Career Prospects” del Working Abroad Index 2024, Roma è penultima (52esima su 53 città), Milano poco sopra (49esima): è la conferma che le due principali città italiane sono tra le meno adatte al mondo per far crescere una carriera. Roma è la peggiore in assoluto per flessibilità culturale in ambito lavorativo (53esima) e registra una delle percentuali più alte di insoddisfazione generale sul lavoro. Gli expat faticano a trovare opportunità adeguate, denunciano stipendi bassi e una struttura economica bloccata, più adatta a chi è già dentro che a chi arriva con nuove competenze. Il 42% dichiara che il trasferimento a Roma ha peggiorato le prospettive di carriera. È una città che chiude più che aprire.
Milano, nonostante l’immagine internazionale, vive una contraddizione simile. È vista come dinamica, ma i dati raccontano altro: il 45% degli expat sostiene di non aver avuto miglioramenti professionali dopo essersi trasferito. La città è percepita come rigida, ipercompetitiva e poco meritocratica. Le carriere si muovono lentamente, con scarsa mobilità interna e difficoltà ad accedere a ruoli di responsabilità. L’ambiente lavorativo è ritenuto stancante, ma non per questo più gratificante. Anche la pressione sociale e le difficoltà abitative influiscono: un luogo che attrae sulla carta ma che delude nella pratica.
In entrambe le città, gli expat percepiscono un sistema statico, dove le possibilità di avanzamento sono poche e la frustrazione alta. E il problema, a ben vedere, non è solo locale. In Italia, il mercato del lavoro è soffocato da normative rigide, un sistema fiscale opprimente e una burocrazia che rallenta ogni processo, fa scappare i giovani italiani e delude chi arriva da fuori.
# Le tre priorità per rilanciarci
Sergio di Bartolomeo FB – Circle Line Grande Milano
La ricetta è semplice. Le due componenti sono: ridurre i problemi emersi nell’indagine e valorizzare gli indiscutibili punti di forza.
Quindi le 3 priorità dovrebbero essere:
#1 Trasformare Roma e Milano in hub, o città stato, con poteri autonomi e normative in linea con le competitor di tutto il mondo: gravare le nostre città di norme penalizzanti in un contesto internazionale significa affossarle per concorrenza sleale (al contrario). Tipico caso di autosabotaggio.
#2 Decentramento amministrativo all’interno dei comuni. Le grandi città del mondo presentano da un lato ampi poteri di autonomi sul territorio rispetto al governo del Paese. Però questa autonomia la si trasferisce anche a livello più basso: i municipi hanno poteri da vera e propria città, consentendo così da un lato di diversificarli tra loro, attraendo tipologie diverse di cittadini, dall’altro di metterli in competizione tra loro, favorendo così una concorrenza al rialzo per i cittadini.
#3 Creazione della Grande Milano. Sempre in un confronto internazionale stupisce anche il fatto che il comune di Milano risulti rimpicciolito, come un fortino che si difende dall’hinterland. Quando invece la tendenza globale è quella di creare delle aree superconnesse e gestite in modo omogeneo da un unico organo. Il fatto che invece Milano sia separata dall’hinterland crea grossi problemi nelle infrastrutture di connessione con l’area circostante, che dovrebbe rappresentare non una minaccia ma un grande tesoro per Milano.
E’ calata l’ombra sull’ex scalo Farini. Direte voi, magari!, con questo caldo… Purtroppo è solo un’ombra metaforica quella calata sul progetto che riguarda il più grande ex scalo di Milano. Come avevamo pubblicato in questo articolo (Scalo Farini: da parco a semplice prato? Le ultime sul progetto), il problema è quello solito. Il verde immaginifico inserito nei rendering, dopo l’aggiudicazione del progetto tende a ridimensionarsi per lasciare strada al cemento. Questo vale anche per Farini che da grande parco sembra essere già diventato un semplice prato. Nel momento in cui infuriano le polemiche sul progetto, «Avevamo votato un grande parco. Ora ogni privato fa per sé. Le solite promesse da marinaio. Povera Milano», riproviamo a rilanciare quello più straordinario, che aveva fatto battere il cuore dei milanesi. Trasformarlo in una grande spiaggia.
# «Avremo la spiaggia a Milano»: il grande sogno per Farini
mare milano milano panoramica
Una cartolina da Rio De Janeiro? Macché: questa è Milano. Più precisamente è l’immagine realizzata da Milano Panoramica per il “domani” dello Scalo Farini, in pieno centro a Milano. Un progetto avveniristico che è rimasto chiuso nel cassetto. Eppure andrebbe rilanciato.
«Avremo la spiaggia a Milano», era il sogno di Milano Panoramica che qualche anno fa descriveva così il progetto:
«Via ai lavori di ripristino dello scalo Farini, con la sua acqua balneabile occuperà circa 350.000 mq, comprese spiagge, prati, boschi e un approdo, lungo il perimetro. I binari in arrivo alla Stazione Garibaldi verranno completamente interrati #milano #spiaggia #scalofarini», concludeva il post via Facebook.
# La prima idea di Zucca Architettura
Un’idea non del tutto nuova: correva il 2009 quando Zucca Architettura pubblicava su mareascalofarini.blogspot.it: «A Milano Scalo Farini è da tempo in gran parte dismesso, tutta l’area verrà presto trasformata, i pochi binari che rimarranno per giungere a Stazione Garibaldi e proseguire nel passante ferroviario potrebbero essere interrati.
Il grande spazio libero che ne deriva (circa 600.000 metri quadrati) sembra fatto apposta per accogliere il “mare a Milano”, un bacino d’acqua che diventerebbe un “rifugio balneare” prossimo al centro della città. Con la sua acqua balneabile il mare a Scalo Farini potrebbe occupare circa 350.000 m2, comprese spiagge, prati, boschi e un approdo, lungo il perimetro. Altri 100.000 m2 nel disegno sono dedicati a unaltro spazio pubblico, dove far sorgere una collina verdeggiante, abbastanza alta da fornire un punto di vista panoramico sulla città.»
# Si potrebbe riportare alla luce il Lago Gerundo
Lago Gerundo
Il progetto approvato per lo Scalo Farini come sappiamo tutti non prevede nulla di questo tipo e ha spento l’entusiasmo dei milanesi più visionari. Eppure l’idea originale non deve essere abbandonata. Come hanno insegnato Porta Nuova e City Life Milano riesce a trasformare l’impossibile.
La città che ha creato dal nulla l’Idroscalo e che in pochi anni ha mutato faccia colonizzando il suo cielo, perchè non può osare l’impossibile, portando il mare a Milano?
Se non lo si può fare in zona Farini ci sono ampi spazi che potrebbero essere presi in considerazione. Soprattutto nel settore sud-sud est, quello stesso che un tempo era bagnato dal lago Gerundo e che oggi è in gran parte costituito da campi agricoli.
Perchè non immaginare qualcosa di grandioso che potrebbe segnare un nuovo orizzonte per il futuro di Milano?
Un video pubblicato su Facebook ha riacceso l’attenzione su una delle piazze più vissute e contraddittorie di Milano. Cuore del quartiere Isola, oggi Lagosta appare come un simbolo di abbandono e disorganizzazione urbana.
Lagosta, la piazza lasciata a metà
# Una piazza paralizzata da auto, degrado e incuria
Un piazzale allo sbando. Un video girato da Massimiliano Tonelli su Facebook illumina la situazione serale di piazzale Lagosta: una piazza parzialmente rinnovata dove però auto e caos l’hanno riconsegnata al degrado. Le immagini mostrano:
scivoli per disabili bloccati,
marciapiedi invasi
bancarelle circondate da veicoli parcheggiati in tripla fila
Un contesto descritto come “degno di un incubo spiacevolissimo e pericoloso”. Secondo chi frequenta ogni giorno la zona, persino salire su un autobus è un’impresa, vista l’invasione costante delle fermate da parte di auto in sosta selvaggia. I marciapiedi, ampi e pensati per la vivibilità, sono diventati terra di nessuno, preda di SUV e furgoni. Tonelli lo denuncia chiaramente: “Ci si trova in una città che ha investito su un nuovo mercato e poi ha lasciato la piazza nel disordine, come se tutto attorno potesse essere ignorato”. Piazzale Lagosta, nonostante la sua posizione strategica e la sua accessibilità con metro, tram e bus, è oggi uno spazio urbano disfunzionale, inospitale e ostile alla vita pubblica.
# Una riqualificazione che non viabilità, spazio e arredo urbano
Clip video Massimiliano Tonelli in piazzale Lagosta
A preoccupare i cittadini non è solo la sosta abusiva, ma anche l’arredo urbano definito da molti «assente» o «imbarazzante». Nei commenti al video si parla di una piazza rifatta a metà, con superfici asfaltate dove avrebbero potuto esserci aree verdi, un anello tranviario su prato, panchine, alberi, fontane. «Quella piazza va ripensata da capo» scrive un utente, ricordando che si è persa un’occasione sia quando è stata realizzata la fermata della metropolitana, sia quando si è ridisegnato il mercato. La configurazione attuale, secondo molti, sembra progettata per accogliere parcheggio informale e traffico incontrollato, non per creare un luogo pubblico vivibile. Non ci sono spazi pedonali continui, la pista ciclabile di via Pola si interrompe nel nulla, le intersezioni sono confuse e spesso pericolose. In tutto questo, la sera, anche piazza Minniti a pochi metri di distanza diventa a sua volta un parcheggio, nonostante sia tecnicamente pedonale. L’impressione generale è quella di una città che ha investito solo in un elemento di «facciata», il mercato coperto, senza immaginare una strategia complessiva per l’intera piazza.
# L’ombra della criminalità organizzata dietro i locali del mercato comunale
mariannaiandolo IG – Mercato Comunale Isola
Oltre al disordine urbano e al caos stradale, c’è un’altra questione che pesa come un macigno sulla riqualificazione di piazzale Lagosta: le infiltrazioni mafiose. Secondo quanto emerso da un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, la ‘ndrangheta è riuscita a infiltrarsi anche nei locali del Mercato comunale Isola, trasformandoli in strumenti per il riciclaggio di denaro. Nel maggio 2024 è stato disposto il sequestro di attività come “Masseria”, “Piscarius” e altri locali interni al mercato, legati al clan Piromalli. L’indagine ha rivelato che i gestori erano in realtà prestanome, e che i proventi delle attività venivano utilizzati per alimentare il potere economico e sociale della cosca. La notizia ha avuto un impatto fortissimo sulla credibilità del progetto di rilancio, mettendo in discussione le modalità con cui sono state affidate le concessioni e sollevando interrogativi sulla trasparenza delle gestioni.
# Le soluzioni possibili per salvare il piazzale
Maps – Piazzale Lagosta
Il primo, e più urgente, intervento richiesto è il contrasto alla sosta selvaggia: basterebbe un serio presidio dei vigili e il potenziamento dei controlli per liberare marciapiedi, fermate e attraversamenti. Alcuni suggeriscono di inserire Piazzale Lagosta all’interno della ZTL, oggi esclusa, per limitarne l’accesso veicolare nelle ore serali. Altri chiedono la realizzazione di dissuasori fisici lungo i percorsi pedonali e la revisione della segnaletica per ristabilire un minimo di ordine.
Dal punto di vista urbanistico, le proposte convergono su un’idea: realizzare una piazza a misura di persona, con arredi pubblici, alberature, superfici drenanti e una mobilità dolce ben integrata. Tonelli propone una soluzione ancora più estrema: trasformarla in una piazza verde, con il mercato al centro, un anello tranviario su prato e spazi pubblici per la socialità. Ad oggi non esiste però alcun progetto ufficiale per la rigenerazione della piazza.
Un tempo fabbrica di tram, oggi officina di idee. Il suo futuro potrebbe fare di Milano la capitale dei giovani?
Fabbrica del Vapore, l’oggetto non identificato di Milano: cos’era e cosa potrebbe diventare
# Un passato di ferro e rotaie diventato vuoto urbano
Carminati Toselli ingresso
Nel 1899 la Carminati & Toselli stabilisce in via Procaccini la sua sede produttiva, destinata alla costruzione e manutenzione di tram e carrozze ferroviarie. Un’epoca in cui Milano correva veloce su rotaie elettrificate, con una rete urbana in espansione e richieste sempre maggiori. Dopo il boom degli anni Venti, le crisi economiche e i conflitti portano al lento declino dello stabilimento, che viene smantellato e riconvertito. Solo nel 1999, il Comune decide di far rinascere quei 30.000 metri quadrati abbandonati. Così nasce un centro culturale con l’ambizione di diventare polo creativo. Tra restauri e bandi, il progetto prende forma soprattutto dopo il 2010, quando si delineano ambienti per laboratori, esposizioni e performance. Ma per anni resta un progetto incompiuto, in bilico tra visione e disorganizzazione.
Negli ultimi anni è emersa la spinta dei giovani: l’associazione “Nuovo Rinascimento”, formata da under 35 milanesi, ha riattivato una parte della Fabbrica del Vapore, ribattezzandola “Tempio del Futuro Perduto”. L’iniziativa nasce come occupazione nel gennaio 2018 e si regolarizza nel 2023, quando l’associazione vince il primo bando pubblico del Comune per quello stesso spazio, dopo l’assoluzione del portavoce Tommaso Dapri per assenza di fini di lucro. Da allora il gruppo paga regolarmente il canone di concessione. Qui si sperimenta cittadinanza attiva, arte, musica e solidarietà. Tra i progetti simbolici spicca il “muro della gentilezza”, da cui sono nati corsi, mostre e attività gratuite, anche durante la pandemia. Il fermento si è concretizzato nel progetto “Città dei Giovani”, con l’ambizione di fare della Fabbrica un polo del protagonismo culturale under 35.
# La piazza dei creativi: uno spazio in transizione
max.mil133 IG – Fabbrica del Vapore
Il 26 gennaio 2025 Palazzo Marino assegna in concessione dieci lotti (per un totale di 3.600 m²) a operatori culturali, fondazioni e associazioni, tra queste anche Nuovo Rinascimento, con contratti quinquennali non rinnovabili. La vittoria è particolarmente significativa per il gruppo del “Tempio del Futuro Perduto”, nato come occupazione, che ha convinto la giuria con un progetto non-profit: eventi a prezzi calmierati, attività gratuite ogni settimana e il 30% degli introiti reinvestiti in progetti sociali. La loro concessione copre un’area di oltre 700 mq, tra le più ampie dell’intero bando. Sul piano pratico, non esiste ancora una “piazza dei creativi” compiuta, ma l’area esterna è già vivibile: aperta al pubblico dalle 8 alle 19.30, ospita eventi come il Mercato della Terra, cinema all’aperto e iniziative di socialità diffusa. Durante la Design Week e altre manifestazioni, si trasforma in una vera piazza urbana, tra installazioni, musica e panchine.
Il futuro della Fabbrica del Vapore potrebbe giocarsi su un’idea semplice: farne la vera casa del fermento giovanile milanese. Uno spazio libero ma organizzato, dove giovani artisti, designer, maker, musicisti, attivisti possano trovare spazi, strumenti e visibilità. Un centro dove si incontrano cultura, tecnologia, sostenibilità e partecipazione. Potrebbe essere per Milano ciò che la Kulturbrauerei è per Berlino, un monumento industriale rigenerato che ospita cinema, teatri, studi, concerti e musei, ancora attivo e frequentato, e come La Friche la Belle de Mai è per Marsiglia, una ex-manifattura trasformata in un polo culturale cooperativo, sede di decine di organizzazioni, centinaia di artisti, eventi, coworking e spazi aperti al pubblico. Due esempi europei di città che hanno saputo trasformare spazi post-industriali in cuori pulsanti di energia urbana.
By Pechristener - Screen shot of OSM, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105823789 - Mappa linea alta velocità India
Il gigante asiatico ha deciso di non restare più indietro. L’India accelera per rivoluzionare la sua rete ferroviaria nata in epoca coloniale. La prima linea in arrivo e il maxi progetto per il futuro.
Il primo «treno proiettile» arriva in India
# L’era dei treni proiettile è alle porte anche nella terra del gigante asiatico
pixabay – Katherine_Lawrence – Treni proiettile
L’India si prepara a entrare nel club esclusivo dei Paesi che vantano veri treni proiettile. Il modello scelto è lo Shinkansen giapponese, icona mondiale di velocità e sicurezza. I convogli raggiungeranno i 320 km/h, con punte fino a 350, rendendoli i più rapidi mai costruiti sul suolo indiano. A bordo: sedili reclinabili, ampie vetrate panoramiche, sistemi antisismici e propulsione elettrica, in linea con la transizione ecologica. Il salto è doppio: tecnologico e simbolico. Non è solo un modo nuovo di spostarsi, ma un nuovo modo di pensare lo sviluppo e l’identità del Paese. Attualmente l’India possiede la più grande rete ferroviaria a scartamento largo del mondo, e la quarta in termini assoluti, ma punta a diventare uno dei punti di riferimento anche per l’alta velocità.
# La linea Mumbai–Ahmedabad: 508 km percorsi in 3 ore invece di 8
By Pechristener – Screen shot of OSM, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105823789 – Mappa linea alta velocità India
Il primo treno proiettile collegherà Mumbai e Ahmedabad, due centri economici chiave dell’India occidentale. La tratta sarà lunga 508 km e si percorrerà in circa tre ore anziché a una media tra le sei e le otto ore come succede oggi con treni e linee tradizionali. Dodici stazioni, un tunnel sottomarino di 21 km nella baia di Thane e oltre 300 km di viadotti caratterizzano il tracciato. Più del 50% delle opere civili è già completato e l’obiettivo è avviare i servizi entro il 2027. Il progetto è sostenuto dal Giappone, con tecnologie e fondi della JICA, a rafforzare un’alleanza strategica. Oltre 60.000 i posti di lavoro generati nella fase di costruzione. Ma soprattutto, l’intera linea fungerà da polo di trasformazione urbana e modello per la futura rete nazionale ad alta velocità.
# Diamond Quadrilateral: il sogno di un’india superveloce
Mumbai–Ahmedabad è solo il punto di partenza. Il vero obiettivo si chiama Diamond Quadrilateral: un maxi progetto che collegherà Delhi, Mumbai, Chennai e Kolkata con treni oltre i 350 km/h. Una rete disposta a rombo,di 7 linee, per connettere economia, finanza, industria e porti marittimi. Annunciato nel 2014, il piano è oggi in fase di pianificazione tecnica e studi di fattibilità. Ogni asse ha un valore strategico e punta a integrare territori troppo distanti per svilupparsi insieme. Se realizzato, il Diamond Quadrilateral rivoluzionerà la mobilità indiana, riscrivendo una rete nata in epoca coloniale.
Quali sono le fermate della metro dove costa meno prendere una casa in affitto? Vediamo le nuove valutazioni estrapolate dai principali motori di ricerca immobiliari.
Le 5 fermate della metro di Milano dove gli affitti sono più bassi (edizione 2025)
La top five delle fermate meno care dove vivere in affitto
Fermate con le case più economiche in affitto
Incrociando i dati dei principali motori di ricerca immobiliari, abbiamo passato al setaccio le quotazioni delle diverse aree della città per individuare le zone più economiche dove affittare casa nei pressi delle fermate della metropolitana. Vediamo la top 5 calcolata sull’affitto medio di un bilocale tipo sui 50 mq:
#5 Affori (M3): 930 euro
wikipedia
Chi cerca sulla linea gialla può trovare la miglior occasione ad Affori, dove prendere un bilocale da 50 metri quadri in affitto costa in media 930 euro al mese. Il prezzo al metro quadro si attesta a 18,6 euro, un valore che tiene ancora rispetto alla crescita generale degli ultimi mesi. Una zona ben servita, lontana dal caos del centro ma collegata rapidamente a tutta la città, dove sembra di vivere ancora in un borgo.
#4 Tra Ponale e Bicocca (M5): 920 euro
Spostandosi sulla linea lilla, il tratto compreso tra le fermate Ponale e Bicocca offre affitti medi pari a 920 euro al mese. Significa 18,4 euro al metro quadro, una soglia che la rende una delle zone più accessibili della M5. La vicinanza all’università e a numerosi servizi rende questa fascia molto appetibile, soprattutto tra gli studenti fuori sede.
#3 Abbiategrasso (M2): 910 euro
Maps – Fermata Piazza Abbiategrasso M2
Sul terzo gradino del podio troviamo Abbiategrasso, capolinea della linea verde, che si conferma tra le zone più economiche per chi guarda al sud della città. Qui, il costo medio di un affitto si aggira sui 910 euro al mese, equivalenti a 18,2 euro al metro quadro. È una zona residenziale tranquilla, ben servita e con numerosi spazi verdi nei dintorni. Lontana dal traffico ma non isolata, rappresenta una buona opportunità per chi cerca equilibrio tra prezzo e qualità della vita.
#2 Bisceglie (M1): 835 euro
Credits: Wikipedia – Michele M. F.
Salendo verso le prime posizioni, è la volta di Bisceglie, fermata terminale della linea rossa, dove affittare un bilocale costa in media 835 euro. Il valore al metro quadro è di 16,7 euro, tra i più bassi in assoluto su tutta la M1. La zona, ben servita da parcheggi di interscambio e collegamenti bus, sta lentamente tornando sotto i riflettori grazie a nuovi sviluppi immobiliari e alla vicinanza con il quadrante ovest in espansione, compreso l’estensione della linea fino al Quartiere Olmi.
#1 Tra Inganni e Primaticcio (M1): 800 euro
Credits Guilhelm Vellut – Inganni M1
La medaglia d’oro del 2025 va al tratto tra Inganni e Primaticcio, sempre sulla linea M1. Qui il costo medio mensile è di 800 euro per un bilocale da 50 mq, pari a soli 16 euro al metro quadro. È l’area più economica in assoluto di tutta la rete metropolitana milanese. Ben collegata, servita da negozi, supermercati e scuole, questa zona combina prezzi ancora contenuti con una vivibilità decisamente sopra la media.
# Altre fermate dove le case costano meno di 22 euro al mq
lalorre68 IG – Dergano
Oltre alla top 5, ci sono altre fermate della metro dove si può ancora affittare a cifre contenute. Partiamo da QT8 sulla M1 e da San Siro e Segesta sulla M5, tutte con un prezzo medio di 18,6 euro al metro quadro. Poco sopra, troviamo Crescenzago sulla linea verde M2, che si attesta a 19,48 euro al mq. Salendo lievemente, ecco Brenta e Corvetto sul ramo sud della M3, entrambe con una media di 19,8 euro al mq. La soglia dei 20 euro viene superata, invece, lungo viale Monza e il Naviglio Martesana, con le fermate di Rovereto, Turro, Gorla e Precotto (tutte sulla M1) che registrano un valore di 20,5 euro al mq. Infine Dergano sulla M3, con 21 euro al mq.
Avviato un test su un tratto stradale che carica senza sosta, anche d’inverno. Vediamo come funziona e i vantaggi operativi e ambientali della tecnologia.
La prima strada urbana che ricarica gli autobus elettrici: quando a Milano?
# Il test su 100 metri di strada in Norvegia
Ph. @trondheimcityguide IG
In Norvegia, a Trondheim, è attiva la prima strada wireless per bus elettrici: una fibra pilota di soli 100 metri integra bobine in rame sotto l’asfalto, capaci di trasferire energia in movimento a chi ha ricevitori dedicati. Il tratto di strada è accanto al deposito principale degli autobus dell’AtB AS. Il sistema, sviluppato da Electreon Wireless in collaborazione con AtB, coinvolge tre bus Yutong e uno Higer, testati in un contesto urbano reale. L’operatività è iniziata nel 2024: il progetto prevede prove per un anno, con raccolta dati su efficienza e affidabilità, in particolare durante le rigide condizioni invernali di Trondheim. I risultati serviranno a valutare la scalabilità della tecnologia su scala nazionale, con l’obiettivo di estendere il sistema ad altre tratte del trasporto pubblico urbano.
La ricarica continua riduce la dimensione delle batterie a bordo, grazie alla carica in movimento, eliminando tempi di fermo e aumentando il chilometraggio giornaliero. In media i bus che sono dotati di bobine induttive in grado di ricevere 120 kW di potenza, ricevono circa 65 kW dai trasmettitori stradali, mantenendo la marcia senza necessità di sosta, viaggiando a una media di 30 km/h. Dal lato ambientale, l’eliminazione dei downtime contribuisce a tagliare le emissioni di CO₂, in linea con gli obiettivi norvegesi per la decarbonizzazione del traffico pubblico. Inoltre, l’infrastruttura può abbattere i costi rispetto alle stazioni di ricarica tradizionali e favorire un uso più leggero e duraturo dei mezzi. Il sistema potrebbe anche alleggerire la pressione su reti elettriche già sovraccariche.
Il programma pilota è finanziato con 22,4 milioni di corone (circa 2,12 milioni USD) dal governo norvegese. Se i risultati saranno confermati, AtB prevede di estendere la tecnologia ad altre tratte, integrando bus, taxi e mezzi pesanti in un Electric Road System cittadino. Resta la sfida dei costi di installazione e manutenzione, nonché della compatibilità con le infrastrutture esistenti, ma l’obiettivo è arrivare pronti con risposte concrete su questa tecnologia per il futuro bando di bus cittadini programmato per il 2029.
Se la Norvegia fa passi da giganti verso la sperimentazione della tecnologia di ricarica a induzione per veicoli elettrici, la Lombardia non rimane a guardare, anzi. Sull’autostrada A35 Brebemi, tra Chiari e Calcio, è attiva l’«Arena del Futuro», una pista ad anello lunga 1.050 metri che sperimenta la Dynamic Wireless Power Transfer. Il sistema, sviluppato da Stellantis, ABB, TIM e altri partner, consente a veicoli elettrici dotati di ricevitore di caricarsi in tempo reale mentre percorrono l’asfalto. Anche qui, come a Trondheim, le bobine sono interrate sotto la carreggiata. Tra i mezzi testati ci sono una Fiat 500 elettrica e un autobus Iveco, con risultati promettenti sia in termini di stabilità del flusso energetico che di sicurezza. Il progetto è sostenuto da Regione Lombardia e mira a estendersi a tratti reali dell’autostrada in futuro.
Un masterplan ambizioso e visionario. Ma mentre si avvicina la fase realizzativa emergono dubbi e frammentazioni, con i rendering che lasciano lo spazio alla realtà. Più grigia che verde.
Scalo Farini: da parco a semplice prato? Le ultime sul progetto
# Il masterplan per rigenerare l’ex scalo ferroviario più grande di Milano
Scalo Farini è il più grande degli ex scali ferroviari milanesi: oltre 620.000 metri quadri destinati a diventare un nuovo polo urbano, secondo un masterplan radicalmente ecologico firmato da OMA e Laboratorio Permanente. Cuore del progetto è il “Limpidarium d’aria”, un bosco lineare sul lato sud-ovest pensato per raffreddare i venti caldi, assorbire le polveri sottili e contrastare l’effetto isola di calore. La metà della superficie totale destinata a verde pubblico, il 30% a funzioni non residenziali. A questo si aggiunge un sistema di mobilità dolce, piste ciclabili e un corridoio verde che attraversa tutta l’area, con connessioni a San Cristoforo e agli altri scali, in un ecosistema urbano integrato e interconnesso.
# Un parco lineare da 300.000 mq, housing sociale e i campus dell’Accademia di Brera e di Unicredit
Nuovo masterplan Farini
Tra le prime realizzazioni previste, il campus dell’Accademia di Brera, nel complesso a U dell’ex scalo: un mix tra recupero architettonico, sostenibilità e innovazione, con aule, laboratori, gallerie, uno studentato da 200 posti e uno spazio pubblico da 240 mq pensato come atelier urbano. Il tutto immerso in un parco lineare da 300.000 mq. Nello stesso masterplan, UniCredit ha annunciato il proprio quartier generale, un campus orizzontale e verde sviluppato con Hines e Prelios, per ospitare fino a 6mila lavoratori entro il 2030. A completare il quadro, 2.500 appartamenti di cui il 30% in housing sociale e 17.000 mq di edilizia pubblica opzionata dal Comune. Questo era ciò che si immaginava. Ma, secondo quanto riportato da lanotiziagiornale.it, la realtà sta prendendo un’altra piega.
# Il verde inizia a scomparire: niente masterplan unitario
lanotiziagiornale.it – Dettaglio progetto Scalo Farini
Oggi l’intervento su Scalo Farini procede a singhiozzo, frammentato tra più soggetti privati: Coima, UniCredit, Poste Italiane. A confermarlo è il Comune, che in un incontro col Municipio 9 ha ammesso che un masterplan unitario sull’intera area non esiste. Ognuno agisce in autonomia, lotto per lotto, impedendo una visione coerente e rendendo incerta qualsiasi ipotesi d’integrazione con i quartieri circostanti. Il primo lotto a procedere è quello di Coima, detto “Valtellina-Farini”. Ma già qui la realtà tradisce i rendering: il grande parco lineare lascerebbe spazio a un viale alberato, perché i capannoni retrostanti le Dogane e la ex caserma della Guardia di Finanza non saranno abbattuti. Anzi, saranno dati in concessione a chi vorrà trasformarli in “centro per l’innovazione”, investimento da decine di milioni di euro ancora senza un committente noto.
# Da parco a semplice prato: addio alberi, tram incerto e ciclabili fantasma
Il parco originario dovrebbe diventare dunque solo un prato, punteggiato da 240 giovani alberi in sostituzione di 180 esemplari ad alto fusto, di cui alcuni secolari, da abbattere. Coima motiva la scelta con le indicazioni della Commissione Paesaggio, che invita a ridurre la densità arborea per “favorire connessioni con i futuri sviluppi”. Nel frattempo, anche la linea tramviaria interna, promessa chiave del progetto, è a rischio: secondo quanto riferito da Palazzo Marino, tutto dipenderà da Unicredit. Se la banca finanzierà l’opera, si farà. Altrimenti niente tram, e 6mila dipendenti del nuovo campus dovranno raggiungere gli uffici senza mezzi pubblici né parcheggi previsti. Il rischio? Che i quartieri vicini vengano invasi dalle auto. Anche le ciclabili su via Valtellina e verso Bovisa sono state “congelate”.
# Le critiche dei consiglieri: «Solo cemento e promesse»
La delusione è palpabile anche in Consiglio comunale. Il verde Carlo Monguzzi denuncia: “Avevamo votato un grande parco, progettato con forte regia pubblica. Ora ogni privato fa per sé, il tram è in forse, le ciclabili pure, 180 alberi verranno abbattuti e al loro posto arriva il cemento. Le solite promesse da marinaio. Povera Milano”. Duro anche Enrico Fedrighini: “Non si può riqualificare un’area urbana accumulando volumetrie senza un piano. Farini è storicamente congestionato, il traffico già oggi è critico. Due ponti ciclopedonali non bastano: serve un piano mobilità d’area, trasporto pubblico, parco vincolato. Solo dopo si autorizzano le costruzioni”.
Uno scalo merci in cerca d’autore: si trasforma per qualche anno in uno spazio polifunzionale. Tra coworking, cultura e cocktail fusion, prende forma un nuovo modello di rigenerazione urbana temporaneo.
Porta Genova diventa un social hub… in attesa della trasformazione definitiva
In attesa dalla dismissione completa della stazione di Porta Genova, il traffico passeggeri dovrebbe continuare regolarmente fino alla fine del 2025, l’ex scalomerci ritorna a vivere come quando c’era il Mercato Metropolitano. C’era l’Expo e da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Il 5 giugno 2025 ha aperto Social Hub, progetto di rigenerazione urbana temporanea che interessa l’area tra l’ex magazzino merci e i binari. Una risposta concreta a uno dei grandi vuoti urbani del centro milanese. Non è la soluzione definitiva, ma un modo per non lasciare Porta Genova chiusa in attesa eterna.
# The Sanctuary riapre nello scalo, con una nuova veste
wikimilano – Social Hub
A guidare la trasformazione è The Sanctuary, brand nato a Roma e già passato per lo scalo ferroviario di Lambrate. Dopo quell’esperienza, si era già trasferito proprio a Porta Genova, all’interno dello stesso scalo merci. Ora riapre nello stesso spazio, ma completamente rinnovato, con un progetto più ampio e strutturato. Nasce così un vero e proprio social hub: bistrot fusion guidato dallo chef Luca Pessina, grande cocktail bar, coworking, piscina con solarium (in apertura a luglio), serate musicali, mostre, installazioni e uno spazio dedicato al benessere. In arrivo anche il primo “riders hub” d’Italia, con area ristoro, ricariche, copertura per la pioggia, entro l’inverno. Il tutto curato nell’estetica e nei contenuti dallo studio di interior Simone Menasse, tra design tribale e atmosfera immersiva.
# I fautori dell’iniziativa e gli interventi previsti nell’area
requadro – Rigenerazione temporanea Porta Genova
Si tratta di un’iniziativa privata, ma realizzata in collaborazione con il Comune di Milano, FS Sistemi Urbani e l’Associazione Scalo Porta Genova. Il progetto è stato sviluppato con il supporto di Lombardini22, il più grande studio di architettura della città, noto per il suo approccio integrato tra spazio pubblico, creatività e funzioni ibride. L’intervento è temporaneo, ma strategico: serve a evitare che lo scalo resti abbandonato fino all’avvio del masterplan definitivo, previsto non prima del 2028. The Sanctuary e Social Hub diventano così un dispositivo di attivazione urbana, una prima sperimentazione su scala reale per testare nuove funzioni. Un progetto pilota che potrebbe tracciare la direzione del futuro sviluppo dell’intera area ferroviaria. Previsti poi:
uno spazio urbano: un’area pubblica aperta a tutti, tra binari storici e verde, pensata per eventi, cultura e socialità diffusa
uno spazio di quartiere: un luogo dedicato alla vita quotidiana con coworking, ristoro per riders e servizi di prossimità per chi vive e lavora nella zona.
# Il rischio: effetto vetrina o innesco di una trasformazione vera?
Come sempre a Milano, la sfida sarà evitare che tutto si esaurisca nell’effetto vetrina. Il rischio è che Social Hub si riduca a un salotto chic dei Navigli, buono per foto e aperitivi, ma lontano dalla città vera. Ma Porta Genova ha qualcosa di più: è la più antica stazione ferroviaria ancora attiva di Milano, inaugurata nel 1870, con il corpo centrale vincolato dalle Belle Arti. Quel fabbricato non potrà essere demolito e rappresenta la memoria viva della storia ferroviaria milanese. Il suo futuro va pensato con rispetto: si potrebbe trasformare in museo del trasporto urbano, spazio per coworking o sede di mostre temporanee. Se Social Hub saprà connettere questa eredità con le energie contemporanee, giovani, creativi, lavoratori, reti sociali, allora il luogo potrà davvero cambiare pelle.
Un progetto che ha trasformato una foresta in declino in un’attrazione internazionale. Un’idea semplice e visionaria che potrebbe ispirare anche le città più lontane dalla Danimarca. Arriverà anche a Milano?
Il successo della Forest Tower, dove si cammina fino al cielo: da realizzare a Milano?
# Una torre panoramica a spirale in legno e acciaio nel cuore di una foresta dimenticata
In mezzo ai boschi della Selandia meridionale è nato uno dei progetti architettonici più visionari d’Europa. Siamo a un’ora a sud di Copenaghen, dove sorge Forest Tower: una torre panoramica a spirale che ha cambiato il volto di una foresta dimenticata. Inaugurata nel 2019 all’interno del parco Camp Adventure, la struttura è diventata un simbolo di architettura sostenibile e rinascita territoriale. Alta 45 metri, è composta da acciaio corten e quercia locale, materiali scelti per armonizzarsi con l’ambiente. La sua forma a clessidra non è solo estetica, ma anche funzionale: permette di salire dolcemente tra gli alberi, fino a raggiungere una vista a 360 gradi sul paesaggio. Accessibile a tutti, anche con passeggini e sedie a rotelle, è un raro esempio di bellezza inclusiva. Senza abbattere neanche un albero, ha trasformato un’area marginale in una delle attrazioni più fotografate della Danimarca. E ogni anno, attira più di 350.000 visitatori.
# Camminare tra le chiome, fino a vedere Malmö, lungo una rampa elicoidale di 650 metri e 12 giri
sabuchan4 IG – Forest Tower
Il percorso inizia da un’antica segheria e si snoda su una passerella di 3,2 chilometri sospesa tra i tronchi. Mano a mano che si avanza, la torre inizia a comparire tra i rami, come una scultura viva tra gli alberi. Salendo lungo la rampa elicoidale, 650 metri e 12 giri, si percepisce il cambiamento dell’ambiente: l’aria si fa più rarefatta, la luce filtra in modo diverso, e la forma stessa della torre accompagna la transizione. Al centro, nella strettoia della struttura, si possono sfiorare tre maestosi faggi che crescono al suo interno. Una volta in cima, a 140 metri sul livello del mare, lo sguardo spazia su campi, foreste e, nelle giornate limpide, fino a Copenaghen e Malmö. È un’esperienza fisica e sensoriale, pensata per creare un contatto diretto con la natura senza filtri.
# Dal nord Europa al mondo: il modello Forest Tower
josefconning IG – Forest Tower
Dietro alla Forest Tower non c’è solo un’idea brillante, ma un progetto strutturato. Dal 2013, Camp Adventure ha lavorato per valorizzare un territorio in declino, grazie a un’alleanza tra architetti, ingegneri e amministrazioni locali. La torre è stata progettata dallo studio EFFEKT Architects con corten e quercia certificata PEFC, ed è stata premiata a livello internazionale per sostenibilità e design. La forma iperboloide nasce da uno studio sulle forze naturali che guidano la crescita degli alberi verso la luce. Questo legame tra ingegneria e biomimetica ha ispirato numerose repliche nel mondo. Oggi si parla di “Forest Tower Effect”: un’architettura simbolica che diventa volano economico, ecologico e culturale.
Potrebbe diventare un’attrazione per uno dei nuovi parchi milanesi, ad esempio nel bosco della Goccia in Bovisa?
Si sa che la cucina è un’entità talmente esplosiva che, pur partendo da usi e tradizioni molto locali, addirittura rionali, riesce ad espandersi nell’universo mondo diventando emblema della globalizzazione. Milano è uno dei luoghi da cui, nel corso della storia, sono stati esportati innumerevoli piatti, che poi ogni paese ha spesso “personalizzato” a proprio piacimento. Non poteva mancare, nel tripudio degli incroci gastronomici geo-culinari, la cotoletta alla milanese.
La «Milanesa Napolitana»: cotoletta o pizza Margherita?
# La nascita nel Medioevo
Credits: milanopost.info Trattoria San Filippo Neri
Questo piatto nasce nel Medioevo ed esiste una narrazione secondo cui, nel 1134, nella Basilica di San’Ambrogio a Milano, Basilica martyrum, in un banchetto venne offerto del controfiletto di carne bovina, impanato. Dalla nascita del lombo, “dorato di pangrattato”, al termine di “cotoletta”, passarono circa settecento anni, quando apparve il nome “cotoletta”, da “costoletta”, in un dizionario meneghino.
# La migrazione verso le Americhe e l’istituzione del “dìa de la Milanesa”
Poi giunse l’epoca delle migrazioni di tanti italiani verso le Americhe: e il nostro pregiato piatto non poteva non approdare in Argentina, terra scelta da tanti nostri connazionali (e tanti nostri concittadini) nella speranza di trovare l’Eldorado tanto sognata. Tanti di questi sogni vennero drammaticamente infranti, ma ciò non impedì a diverse prelibatezze italiche di farsi conoscere nel paese sudamericano. Tra queste proprio la cotoletta alla milanese, che in breve tempo, già dagli anni trenta/quaranta del secolo scorso, si fece conoscere sia in Argentina che in Uruguay. Nelle città del Rio della Plata, la “Milanese” diventa “Milanesa”, un piatto talmente celebre che da una quindicina di anni viene celebrata come fosse una vera e propria festività, con il “dìa de la Milanesa”.
# La nascita della “Milanesa Napolitana”
Cotoletta e pizza
Ma, tornando indietro con gli anni: attorno al 1945 in un ristorante di Buenos Aires, venne “inventata”, udite udite, la “Milanesa Napolitana”, unione delle tipiche ricette, meneghina e partenopea: infatti la cotoletta venne guarnita con pomodoro e mozzarella, proprio come la pizza Margherita, creando una fusione di gusti e di culture che, ancora oggi, deliziano i palati degli argentini.
La leggenda dice che questo miscuglio di ingredienti fu un classico esempio del far di necessità virtù, da parte di un cuoco che, avendo bruciacchiato una cotoletta, tolse la panatura abbrustolita e camuffò il danno con gli ingredienti tipici della pizza, sopra citati. Fu un successo, che resiste nei decenni.
Highways & Construction Videos YT - Rulli compressori
Macchine autonome, droni e intelligenza artificiale hanno steso 158 km di asfalto senza l’intervento umano. Una lunghezza pari all’Autostrada dei Fiori.
La prima autostrada costruita senza operai umani: sarà il futuro anche da noi?
# Cantiere da record: 158 km asfaltati senza una mano d’uomo, la stessa lunghezza dell’Autostrada dei Fiori
Highways & Construction Videos YT – Pavimentatore
Nel cuore della superstrada Pechino–Hong Kong–Macao, una delle arterie più trafficate del pianeta, la Cina ha realizzato un intervento senza precedenti: 158 chilometri di asfalto posati da macchine autonome, senza l’intervento diretto di manodopera umana. Un tratto lungo come l’Autostrada dei Fiori. È la prima volta nella storia che un’infrastruttura di queste dimensioni viene completata grazie a robot, droni e intelligenza artificiale. Il sistema è stato progettato dal colosso Sany, che ha schierato sul campo una flotta composta da un pavimentatore automatico largo 19,25 metri, sei rulli compressori da 13 tonnellate e altri tre da 30, tutti sincronizzati da algoritmi e satelliti Beidou. Il risultato è un nastro d’asfalto uniforme, senza giunzioni, steso in un solo passaggio. Il sistema garantisce precisione centimetrica e massima compattezza, riducendo tempi e difetti. I droni monitorano il tracciato dall’alto, mentre le macchine si fermano automaticamente se un ostacolo si avvicina sotto al metro. L’unico personale presente è di supporto: tecnico, distante, pronto a intervenire solo in caso di emergenza.
# Meno costi, più precisione: l’ingegneria stradale entra in una nuova era
Highways & Construction Videos YT
Questo cantiere automatizzato è stato pensato per affrontare alcune delle sfide più classiche del settore: la fatica fisica, il caldo estremo, la sicurezza sul lavoro, l’efficienza. Il nuovo sistema riduce gli infortuni a zero, migliora la precisione e taglia i costi operativi. L’asfalto viene steso in modo continuo e controllato, senza sovrapposizioni o angoli compressi male. Il tracciato dura di più, necessita di meno manutenzione e si realizza in meno tempo. Non è un caso se la Cina, che ha portato la sua rete stradale da 50.000 a 183.000 km in soli vent’anni, ha scelto proprio questa tratta, nota per aver ospitato un ingorgo da 9 giorni, per testare la nuova frontiera. Ogni macchina è dotata di sensori multipli, “recinti elettronici” e tracciatori ambientali per adattarsi in tempo reale. Le tecnologie, già operative, sono pronte per essere esportate: investitori stranieri hanno già messo gli occhi su Sany e sul modello cinese.
# Il confronto impietoso con l’Italia e l’Europa
L’Europa, e l’Italia in particolare, non sono rimaste immobili, ma il confronto è impietoso. Nel Regno Unito, progetti come il CAP (Connected and Autonomous Plant) stanno testando macchinari semi-autonomi per la riduzione dei rischi, e i droni vengono impiegati per il monitoraggio dei cantieri, ma nessuna infrastruttura è ancora stata completata senza operai. In Italia si utilizzano tecnologie simili solo per rilievi topografici e mappature. In futuro si costruiranno anche qui autostrade senza operai? Il primo passo per avvicinarsi alla Cina sarebbe quello di dotarsi di un quadro normativo che permetta l’utilizzo di mezzi autonomi su larga scala, investire in reti a bassa latenza per il controllo da remoto, e formare tecnici specializzati nella gestione dei cantieri robotici. Tutto questo deve però nascere da una volontà politica e visione industriale, che al momento non si vede all’orizzonte.
Francia e Italia insieme conterebbero circa 130 milioni di abitanti, collocandosi come il Paese più popolato dell’UE.Dal punto di vista economico, l’unione tra Francia e Italia darebbe vita a una delle economie più potenti del mondo. Sommando i rispettivi PIL nominali del 2024, circa 2.926 miliardi di euro per la Francia e 2.625 miliardi per l’Italia, si otterrebbe una potenza economica da oltre 5.550 miliardi di euro, la prima in Europa: ampiamente sopra alla Germania.
# Due Paesi complementari
Le differenze strutturali potrebbero compensarsi: alla solida e diffusa base manifatturiera italiana si affiancherebbe il peso finanziario e amministrativo francese, creando sinergie nei settori chiave. La somma delle due economie permetterebbe una maggiore capacità negoziale a livello europeo e globale, un peso commerciale rafforzato e una base industriale integrata, dall’automotive all’aerospazio. Sfide come il debito pubblico e i disavanzi verrebbero affrontate in un quadro comune, con maggiore massa critica e possibilità di riforme strutturali coordinate. Unendo risorse, talenti e visione strategica, Francia e Italia potrebbero generare un nuovo modello economico europeo.
Il mix settoriale parla chiaro: la Francia basa il suo sviluppo su un settore terziario dominante (circa 79% del PIL), un’industria forte (20%) e un primario marginale (2%). L’Italia invece, pur dominata anch’essa dai servizi, coltiva nicchie industriali strategiche: automotive (Fiat, Ferrari, Lamborghini), moda, farmaceutica, agroalimentare. Il franco-italiano combinato vedrebbe la fusione di marchi del lusso (LVMH, Kering con Prada, Armani), e la capacità produttiva manifatturiera (compresa l’aeronautica francese e l’automotive italiano), creando cluster industriali competitivi a livello globale.
# Colosseo, Louvre e Costa Azzurra: il dominus del turismo mondiale
chatgpt AI – Frecciarossa in Costa Azzurra
Una unione tra Francia e Italia darebbe vita alla più potente destinazione culturale e turistica del pianeta. Oltre 100 siti UNESCO, due capitali dell’arte come Roma e Parigi, monumenti iconici come il Colosseo e la Torre Eiffel, ma anche mete sognate come la Costa Azzurra, la Provenza, la Riviera Romagnola e tutto il Sud Italia. La varietà sarebbe sorprendente: dalle Alpi alle spiagge pugliesi, dai musei parigini ai borghi toscani, fino alle coste siciliane. Il flusso turistico annuale supererebbe i 200 milioni di visitatori, trainato da una combinazione unica di storia, paesaggi, moda e gastronomia. Le città d’arte italiane si fonderebbero con il fascino francese per creare un’offerta culturale ineguagliabile. Ogni regione diventerebbe una calamita globale, ognuna con una propria identità ma sotto un’unica bandiera. Si consoliderebbe il primato mondiale come meta più desiderata, vissuta e fotografata al mondo.
# Il peso politico della Francia, la creatività dell’Italia
Ma soprattutto sarebbe un Paese straordinario, grazie all’unione di punti di forza distintivi. La pubblica amministrazione sarebbe quella transalpina: capace di un’efficienza e di una sicurezza di sé a livello internazionale tra le migliori al mondo. Il nuovo Stato potrebbe godere così delle armi nucleari della Francia e potrebbe anche liberarsi della basi militari USA. Anche perché anche la storia sarebbe riscritta: l’Italia unita con la Francia può smettere di pagare lo scotto della sconfitta nella Guerra. E pensando all’unione, avrebbe una nazionale imbattibile. Altro che restare esclusi dai mondiali!
A Milano molte piazze si sono rifatte o rifaranno il look. Come quelle del centro: San Babila, Augusto, Castello e la futura Cordusio. Ma qualcosa salta agli occhi: perché solo cemento? Anche perché nel mondo vanno in un’altra direzione.
Alle nuove piazze di Milano manca il verde
# Le nuove piazze che sorgono nel mondo…
Place des Martyrs – Antibes
Una tendenza consolidata ormai nelle nuove piazze delle città del mondo è quella di utilizzare il verde. Meno cemento, più alberi, soprattutto dove serve di più creare delle isole contro smog e calore, coinvolgendo rilevanti studi di architetti. Qualche esempio?
Entrance Plaza, Operation Storm Park – Varsavia (2024): sono state eliminate superfici in cemento, piantati oltre 70 alberi, più di 2.000 piante, prati fioriti e realizzato un rain garden.
Entrance Plaza, Operation Storm Park
South Quay Plaza – Londra (2021): Trasformata una vasta area docklands, oggi offre un “public realm” verde con filari di alberi, aiuole naturalistiche a beneficio della biodiversità e dello spirito di comunità.
South Quay Plaza – Londra
Roemer Plaza – Boston (2023): sopra un garage sotterraneo, sono state create serie di fioriere sospese con suolo profondo per alberi, integrati con arredi e sedute urbane.
Central Square in East Boston – Ph. Christian Phillips
Freedom Plaza – New York (Progetto): la trasformazione dell’East River
La celebre Notting Hill di Milano. I suoi segreti.
La «Notthing Hill di Milano»: la sua storia e come arrivarci
# Il contesto urbano
giovanna.rosada IG – Via Lincoln
Quartiere Arcobaleno, Burano di Milano e non ultima la Notting Hill meneghina, a cui potremmo aggiungere svariati soprannomi di variopinti quartieri sparsi per il mondo, per definire questo piccolo ma celebre angolo non lontano dal centro. Ci troviamo in via Abramo Lincoln e nella minuscola e quasi del tutto nascosta via Beniamino Franklin, quadrante centro orientale della città a nord di Corso XXII Marzo. Queste graziose unità abitative oggi così borghesi nacquero durante un progetto di riqualificazione urbana per operai, in particolar modo ferrovieri. Il periodo si colloca alla fine del diciannovesimo secolo e l’area interessata altro non era che il terrenonon lontano dalla defunta stazione ferroviaria di Porta Tosa. Fu un’intuizione di Riccardo Pavesi, a capo della Società Edificatrice Abitazioni Operaie (Seao) che diede i natali a questa zona. Intuizione urbanistica, certo, ma anche spiccatamente imprenditoriale.
# Lo sviluppo
Maps – Quartiere Arcobaleno
Il contributo in affitto del personale ferroviario che l’avrebbe occupata, infatti, fu più che decisivo per lo sviluppo del quartiere. Messo su con un investimento iniziale del Pavesi, trovò linfa e autoalimentazione per mano degli stessi residenti che anziché abbandonare le strade che abitavano a loro stessi promosero e supportarono la crescita delle stesse, trasformando semplici alloggi in dei veri e proprio fabbricati via via più dignitosi. Per arrivare al colore, però, manca ancora qualche decennio.
# Le case oggi
Via Lincoln
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cnt_mtn IG - Via Lincoln
sara_livetravelaloha IG - Via Lincoln
sara_livetravelaloha IG - Dettaglio via Lincoln
Perché come spesso accadde durante il dopoguerra e gli anni del boom economico, la città andò incontro a rimescolamento abitativo e rinnovamenti urbani che portarno alcune zone ad arricchirsi ed altre a spopolarsi, ed è quel che successe anche in via Lincoln. La Seao vendette tutte le case, e la zona sarebbe certamente scivolata nel degrado se non ci fossero stati i tre ingegneri Poggi, Mazzocchi e Cerruti, che anziché avallare la vendita acquistarono in blocco tutte le villette, diedero loro queste sgargianti tonalità per poi rivenderle negli anni a benestanti compratori, più che mai orgogliosi di abitare nelle case più colorate di Milano.
loreterrestre IG – Via Lincoln
Oggi le villette sono protette da un ingresso privato sprovvisto di parcheggi ai non residenti, conferendo alla zona tutta la tranquillità che un posto così originale merita. Soprattutto quando a cercarlo sono i turisti. Per visitare la Notting Hill milanese si deve scendere alla nuova fermata della Metro 4 (linea blu) di piazza Tricolore, e passeggiare per non più di dieci minuti.
Dopo quattordici anni di mostre, corsi, incontri e fumetti, WOW Spazio Fumetto chiude i battenti. La notizia lascia l’amaro in bocca: il museo milanese dedicato alla Nona Arte termina ufficialmente le sue attività domenica 15 giugno 2025.
Addio WOW: Milano perde la sua casa del fumetto
Situato in viale Campania 12, nell’edificio riconvertito dell’ex fabbrica Motta, WOW non era semplicemente uno spazio espositivo: era un punto di riferimento per appassionati, famiglie, disegnatori, curiosi, studiosi e studenti. Era uno spazio vivo, dove la cultura si disegnava a mano libera.
# Una fine annunciata
wowspaziofumetto IG – Sala interna
La chiusura arriva al termine di un braccio di ferro tra la Fondazione Franco Fossati, che gestiva lo spazio, e il Comune di Milano, proprietario dell’immobile. Il contratto di concessione è scaduto lo scorso aprile, e il debito accumulato per l’affitto – circa 180.000 euro – sembrava essere la pietra tombale dell’intera operazione.
Eppure, una soluzione era stata trovata: la Fondazione aveva raggiunto un accordo con l’Avvocatura comunale per estinguere il debito tramite la cessione di parte della collezione museale. Ma il Comune ha comunque deciso per lo sgombero. Nessuna proroga, nessun margine: entro il 15 giugno, tutto deve essere smontato, inscatolato, portato via. Trasferire un archivio con oltre mezzo milione di pezzi, tra volumi, tavole originali, manifesti, gadget, sceneggiature e materiali rari? Impossibile in così poco tempo. E così, la fine è diventata definitiva.
# Una perdita difficile da rimpiazzare
wowspaziofumetto IG – Fumetti
Nel corso degli anni WOW ha portato a Milano mostre di livello internazionale: Batman, Hugo Pratt, Peanuts, Dragon Ball, ma anche omaggi a Milo Manara, Jacovitti, Sergio Bonelli, e tanti autori emergenti. Ha ospitato workshop, campus estivi, eventi con le scuole, incontri con autori, e mostre che intrecciavano fumetto, cinema, storia e attualità.
La sua biblioteca contava oltre 9.000 volumi ed era uno dei pochi spazi in Italia a offrire una lettura pubblica e gratuita sul fumetto in tutte le sue declinazioni. Non si trattava solo di cultura “pop”: era formazione, educazione, memoria.
# Il silenzio delle istituzioni
Andrea Cherchi – Esterno Spazio WOW
A nulla sono valse le oltre 12.000 firme raccolte in pochi giorni da una petizione, né le iniziative di crowdfunding e sostegno popolare. L’appello lanciato da lettori, illustratori, critici e cittadini non ha smosso l’inerzia della macchina comunale, che ha difeso la scelta come necessaria per “garantire equità tra tutti i soggetti che chiedono spazi pubblici”.
Una decisione che fa male soprattutto in una città che si fregia di essere capitale culturale e creativa. Perché si può discutere sulla burocrazia, ma resta una domanda che brucia: quanto vale, davvero, la cultura per chi amministra una città come Milano?
# Un ultimo saluto (tra lacrime e fumetti)
wowspaziofumetto IG – Ultimo ballo
Domenica 15 giugno, dalle 15 alle 20, WOW accoglierà il pubblico per un ultimo evento: una festa, un abbraccio collettivo, un arrivederci pieno di tristezza ma anche di gratitudine. Luigi Bona, direttore e anima del museo, saluta con ironia amara: «Altro non resta che dirci addio con un SOB».
Non si sa cosa succederà dopo. La Fondazione è disposta a collaborare con altri enti, privati o pubblici, per far rinascere il progetto altrove. Ma l’incertezza regna, e il rischio è che questo piccolo tesoro culturale si disperda, inghiottito dall’indifferenza.
# Milano senza WOW: e ora?
Questa non è solo la fine di un museo. È la chiusura di una finestra sul possibile. WOW Spazio Fumetto era uno di quei luoghi dove i sogni diventano carta, inchiostro e dialoghi. Dove un bambino poteva scoprire che disegnare è una forma di pensiero. Dove il passato e il futuro del fumetto italiano convivevano nello stesso scaffale.
Milano perde un pezzo della sua anima creativa. E forse non se ne accorgerà subito. Ma tra qualche anno, quando ci si chiederà dove siano finiti i lettori, i sogni, i supereroi senza mantello, qualcuno risponderà: «Erano qui. In viale Campania. Poi abbiamo chiuso.»
In Finlandia non esistono più dormitori pieni, tende in strada o liste d’attesa infinite. Questa la strategia adottata e i risultati ottenuti.
«Prima la casa»: così la Finlandia ha risolto il problema dei senzatetto
# Il modello che ha capovolto l’approccio al disagio
credit: guidominciotti.blog.ilsole24ore.com
Nel 2007 la Finlandia ha fatto una scelta che oggi sembra rivoluzionaria: offrire una casa prima di tutto, senza chiedere nulla in cambio. Non serve dimostrare sobrietà, un lavoro o un progetto: il tetto arriva subito, il resto si costruisce dopo. È il modello Housing First, sviluppato dalla Y-Foundation, adottato su scala nazionale e diventato il cuore della politica abitativa per le persone senza fissa dimora. In pochi anni, i senzatetto cronici sono calati del 68%, e a Helsinki del 72%. Quasi tutti i centri d’accoglienza d’emergenza sono stati chiusi. La casa è trattata come un diritto umano di base, non un premio da meritarsi.
# Riconosciuta all’individuo la capacità di autodeterminare il proprio cambiamento
housingfirsteurope.eu – Finlandia
L’Housing First non è però solo una strategia abitativa, ma anche una visione della persona.Riconosce la casa come diritto umano fondamentale e, insieme, la capacità dell’individuo di autodeterminare il proprio cambiamento. Non si tratta di “rimettere in riga” chi è ai margini, ma di offrirgli il punto di partenza per scegliere da sé la propria strada. L’investimento iniziale è stato alto, ma i risparmi lo sono stati ancora di più. Ogni persona reintegrata costa alla società da 9.000 a 15.000 euro in meno all’anno: meno interventi d’emergenza, meno ricoveri, meno giornate in carcere. In dieci anni sono state costruite o riconvertite 4.600 abitazioni permanenti, molte a canone agevolato. Il modello si basa su appartamenti indipendenti, distribuiti nei quartieri, con supporto psicologico e sociale sul posto. L’80% degli inserimenti ha avuto esito stabile.
# I programmati attivati
Due programmi pubblici, PAAVO I e II, hanno reso strutturale l’approccio Housing First, affidando all’agenzia statale ARA il compito di coordinare fondi, edilizia e operatori locali. Il sistema è oggi studiato da tutta Europa, perché ha ridotto davvero il numero di senzatetto, e non solo tamponato l’emergenza. Rimangono alcune sfide: negli ultimi mesi i casi sono leggermente aumentati e i finanziamenti restano fragili. Ma l’impianto regge. Nel 2016, la Y-Foundation, insieme a FEANTSA, ha anche dato vita all’Housing First Europe Hub, con l’obiettivo di diffondere il modello finlandese in tutta Europa.
“Squillino le trombe, entrino le squadre !!”, tra gli anni sessanta e settanta fu uno dei “motti” più popolari d’Italia. Una sorta di inno nazionale dell’era del boom economico, un simbolo di un’Italia che aveva superato gli anni della ricostruzione post-bellica, si trovava nel bel mezzo del boom economico, vedeva l’aumento esponenziale dei beni di consumo di massa e, attraverso la forte migrazione dal Sud al Nord della Nazione, sembrava potesse davvero sancire quell’unità nazionale che un secolo prima cambiò la nostra storia.
Febo Conti, pioniere della televisione educativa e Ridolini italiano
# 80 anni fa il suo debutto nella radio della Svizzera Italiana
“Squillino le trombe, entrino le squadre” in un certo senso voleva ribadire l’unità nazionale, attraverso i ragazzi delle scuole medie che, partecipando alla trasmissione televisiva che iniziava proprio con quel motto, si sfidavano in giochi e quiz di cultura generale, toccando a turno tutte le regioni d’Italia. Parliamo del programma “Chissà chi lo sa?”, ma soprattutto del proprio storico conduttore, Febo Conti, un milanese che seppe interpretare il mondo della televisione con un entusiastico garbo e con una buona dose di poliedricità. Proprio 80 anni fa debuttava davanti al grande pubblico in Radio, quella della Svizzera Italiana: era infatti il 1945, quando il diciannovenne Conti conduceva i programmi “La costa dei barbari” e “Il Dante avvelenato”.
# L’imitazione del clown Ridolini
quibrescia.it – Febo Conti
Era nato il giorno di Natale, del 1926, a Bresso: dopo le scuole di avviamento, si iscrive all’istituto tecnico statale e, attorno ai 18 anni, lo troviamo sui palchi di piccoli teatri ad esibirsi nell’imitazione di “Ridolini”, il personaggio clownesco interpretato dal 1918 dall’attore statunitense Larry Semon. Ridolini, anche dopo la morte dello stesso Semon, avvenuta nel 1928, in Italia fu un personaggio popolarissimo e Febo Conti era un sosia straordinario, sia nella rigida estetica che nelle movenze.
L’artista di Bresso dopo la Liberazione si mette a lavorare per Radio Milano, al fianco di Liliana Feldman, Evelina Sironi, Gianni Bortolotto e Checco Rissone. Ma il teatro rimaneva comunque un’entità espressiva che attirava troppo la voglia di esibirsi di Febo, così si aggregò alla compagnia della quale faceva parte Giustino Durano, per lavorare nell’avanspettacolo.
# Le esperienze in radio e tv con il successo di “Chissà chi lo sa?”
sorriso.it – Chissà chi lo sa?
Dopo varie esperienze tra Radio e Televisione (di quest’ultima fu uno dei principali pionieri) e dopo un periodo trascorso in Brasile, ecco che nel luglio 1961, debutta con “Chissà chi lo sa?”, programma televisivo ideato e diretto da Cino Tortorella (il Mago Zurlì), che al sabato pomeriggio andava in onda dagli studi Rai milanesi di Corso Sempione. Doveva essere una trasmissione sperimentale per i ragazzi, destinata a durare poco, magari per lasciare spazio ad altri progetti simili, invece durò dal 1961 al 1974, con sole due stagioni di sospensione.
# La vita privata
Febo
Nel frattempo Febo aveva sposato la cantante Jugoslava Italia Vaniglio, e aveva avuto il figlio Fabio, mancato alcuni anni fa. Aveva condotto il Gazzettino Padano, si era ancora esibito in teatro anche con opere in dialetto milanese e, con “Chissà chi lo sa”, divenne una sorta di secondo padre per molti ragazzi.
Febo Conti incise dischi, di canzoni e di giochi. Negli anni settanta condusse con Enza Sampò “Il circolo dei castori”, per passare poi a “Circodieci”. Poi ci fu un periodo di allontanamento dal mondo della televisione, per tornarci nelle trasmissioni revival.
Morì il 16 dicembre 2012 all’Ospedale Montecroce di Desenzano, località nella quale si era trasferito da diversi anni. Poco dopo mancò la moglie.
C’è chi la ama a prescindere e chi la critica senza pietà. Abbiamo chiesto qual è il difetto più grande di Milano e sono arrivate valanghe di commenti. Questi sono i sette problemi reali più risolvibili che sono emersi.
I 7 difetti di Milano più gravi… sono risolvibili: queste le soluzioni
#1 Una città troppo cara per chi la vive: serve tornare a essere inclusivi, invece che esclusivi
wonderfulhousesitaly IG – Attico Milano
Il primo difetto citato da molti è il costo della vita, ormai alle stelle. Acquistare o prendere una casa in affitto sono fuori portata per la maggioranza delle persone, ma anche un semplice caffè in centro può sembrare un piccolo lusso. Non si tratta solo di prezzi alti: il problema è che i salari medi non seguono lo stesso ritmo. Milano sembra sempre più pensata per chi è ricco o per chi arriva a spendere da fuori, non per chi ci abita da sempre. È una città che lavora molto, produce molto, ma chiede troppo in cambio. E chi non ce la fa, si sente lentamente espulso.
La soluzione? Semplice: adottare i modelli delle città più sostenibili d’Europa. Come Vienna che “obbliga” i costruttori a destinare una quota dei nuovi appartamenti ad affitti da case popolari, oppure come la Finlandia che regala le case a chi non se lo può permettere. In breve, serve una amministrazione che abbia la priorità di fare tornare Milano la città delle opportunità per chi non ha niente, non una fortezza che protegge chi vive di rendita.
«Prezzi altissimi e non più alla portata. Milano è bella ma non è New York o Londra» – Nicola Orsi
#2 Degrado e insicurezza: occorre severità contro chi offende la città
milano_degrado IG – Cumuli rifiuti
Un altro punto ricorrente nei commenti è il crescente senso di insicurezza. Non tanto per grandi crimini, quanto per il degrado quotidiano: sporcizia, microcriminalità, zone trascurate anche in pieno centro. I marciapiedi sconnessi, le scritte ovunque, i maranza come simbolo del caos urbano. Le periferie poi sembrano dimenticate: lasciate a sé stesse, senza manutenzione né servizi. Una città moderna non può permettersi questi buchi neri a pochi chilometri dal Duomo.
La soluzione? Anche in questo caso prendere esempio da città europee che risultano pulite e sicure. Parigi usa il pugno d’uro contro chi imbratta la città: multe record e carcere per i graffitari abusivi. Singapore non ha pietà anche con chi getta una cicca sul marciapiede. Nelle città svizzere si interviene in modo rapido e severo contro chiunque infranga la legge.
#3 Un’amministrazione divisiva: serve una politica che non divida i cittadini in buoni e cattivi per motivi ideologici
beppesala IG
In tantissimi individuano nell’attuale amministrazione uno dei difetti maggiori. Non solo per motivi politici, ma per la percezione diffusa che manchi una visione concreta, o che si governi solo a favore una parte della città. Le critiche vanno da chi denuncia la “città dei divieti” a chi lamenta decisioni su traffico e urbanistica prese senza ascoltare. Milano pare spaccata in due: chi approva ogni scelta in nome del green e chi invece si sente vittima di politiche ideologiche e scollegate dalla realtà quotidiana.
Soluzione? O un radicale cambio di rotta nella attuale giunta. O una nuova giunta.
#4 Accoglienza senza limiti e senza ritorni: bisogna pretendere l’adesione ai valori tipici della milanesità.
Un altro tema che torna spesso è quello dell’accoglienza. Se da sempre Milano è città aperta, oggi in molti la vivono come “troppo buona”. Si parla di chi arriva, sfrutta e poi sputa nel piatto: atteggiamento che genera rabbia. L’accoglienza diventa un difetto se non è accompagnata da integrazione e rispetto reciproco. Il problema non è chi viene da fuori, ma chi viene solo per prendere. E nel frattempo, il senso di appartenenza, anche tra i vecchi immigrati interni, sembra svanire. Un milanese che non si sente più a casa sua è un campanello d’allarme serio.
Soluzione? Pretendere che tutti i nuovi milanesi rispettino i valori fondanti della città: generosità, concretezza, darsi da fare contribuendo alla comunità. E chi rifiuta questo o delinque deve essere cacciato.
«Accogliere da sempre tutti,aiutarli e sentirsi criticati da gente che sputa nel piatto che gli hai dato e non mi riferisco agli stranieri» – Elenoire Ziccardi
#5 Troppo cemento: si devono inserire dure penalità per i costruttori che eliminano il verde con cui si erano aggiudicati i progetti
Credits archdaily – Torri Cascina Merlata
L’eccesso edilizio è un altro difetto concreto. Palazzi alti in vie strette, cantieri ovunque, nessuna cura per l’armonia urbana. Molti segnalano lo scempio di periferie costruite male nel dopoguerra, mai ripensate. Si costruisce tanto, spesso per fare cassa o favorire interessi. Intanto il verde scarseggia, i servizi si saturano e i quartieri diventano dormitori o parchi giochi per investitori. La città sembra progettata più per il business che per i cittadini.
Soluzione? Porre limiti al cemento. Inserire regole più dure per chi vince assegnazioni edilizie con ampio uso di spazi verdi ma che poi spariscono una volta che i palazzi vengono costruiti.
#6 L’inquinamento: non serve ridurre le emissioni, bisogna anche agire sulla depurazione dell’aria
Che Milano sia inquinata è risaputo. Ma ciò che colpisce nei commenti è che lo smog non viene più vissuto come un dato naturale, bensì come un fallimento. Le politiche anti-traffico sembrano non bastare, anzi: per molti creano disagi senza risolvere. L’aria resta pesante, il caldo estivo soffocante e il verde, ancora una volta, troppo poco. Anche chi si muove in bici o a piedi si lamenta: poche piste ciclabili, marciapiedi dissestati.
Soluzione? Le auto contribuiscono appena per il 12% all’inquinamento. Serve altro per contrastare il restante 90%: un cambio di rotta da limitarsi alla riduzione delle emissioni a diventare un’avanguardia nella depurazione dell’aria.
#7 La perdita della milanesità nei cittadini: si deve ritrovare l’autentico spirito milanese
ChatGPT – Milanesi che giudicano
Ultimo difetto? I milanesi stessi, secondo alcuni. Molti si sentono estranei in casa loro, altri hanno perso il senso del civismo. Si giudica molto, si aiuta poco. C’è chi predica bene e razzola male. Forse è il segno di una città che corre troppo, senza tempo per guardarsi in faccia. Un tempo chiunque diventava milanese contribuendo ai valori della città. Oggi pure i milanesi non sembrano essere più quelli di un tempo. Anzi. Stanno diventando molto poco milanesi.
Soluzione? Vale un discorso simile a quello per gli immigrati. La milanesità deve essere come una patente a punti: si deve promuovere i suoi valori fondanti e incentivarli ogni giorno tra gli stessi cittadini. Milanesi e non.
«Le persone che giudicano….PREDICANO BENE E RAZZOLANO MALE!!» – Isabella Soldani
Media office Dubai - Modellino stazione metro più alta del mondo
Cinque progetti in corso tra Asia, Oceania e Americhe che puntano a rivoluzionare i trasporti locali. Tra questi ci sono la stazione più alta del mondo, la linea sotto l’oceano e il “progetto del secolo”.
Le 5 nuove linee metro più rivoluzionarie in arrivo nel mondo: dalla sub-oceanica al «progetto del secolo»
#1 Linea blu di Dubai: il fiore all’occhiello verticale con la stazione metropolitana più alta del mondo
Media office Dubai – Modellino stazione metro più alta del mondo
Dubai sta realizzando la nuova Blue Line, un progetto avveniristico da 30 km con 14 stazioni driverless, la cui apertura è prevista per il 2029. Il suo simbolo è la Emaar Station (ex Dubai Creek Harbour), che con i suoi 74 metri di altezzadiventerà la stazione metropolitana più alta del mondo. Il suo design, come mostra il modellino ufficiale, è imponente e rigoroso: una struttura rettangolare, rivestita da facciate a vetro e lame verticali, con un atrio a tutta altezza e volumi sospesi. L’obiettivo è raggiungere 320.000 passeggeri al giorno entro il 2040.Con la nuova linea, la rete metropolitana crescerà da 101 km a 131 km.
#2 Panama Metro Linea 3: il collegamento sotto il canale
panama-metro-line-3-map
A Panama City è in costruzione la Linea 3 della metro, un’opera da 34 km che attraverserà il Canale, con tecnologia monorotaia e infrastrutture avanzate BIM. Il tracciato passerà a 60 metri di profondità per andare da una sponda all’altra. Il costo stimato è di 2,5 miliardi di dollari e il completamento è previsto per il 2026. Il tracciato collegherà le zone più congestionate, offrendo un’alternativa rapida e sostenibile al traffico veicolare. Hyundai E&C e POSCO guidano la realizzazione, con modalità costruttive integrate e innovazione digitale per garantire coordinamento efficace e riduzione dell’impatto.
#3 Metro Manila Subway: the “Project of the Century”
The Philippine Infomation Agency – Metro Manila
Le Filippine stanno costruendo la Metro Manila Subway, la prima linea sotterranea del paese, lunga 33 km con 17 stazioni, collegata anche all’aeroporto. Avviata nel 2019, la realizzazione procede con grandi macchinari Tbm, ma i ritardi dovuti al COVID e ai diritti di passaggio hanno spostato la fine al 2032/2033. Il progetto, soprannominato “Project of the Century”, ha un costo di circa 5,5 miliardi di euro e viene gestito con tecnologia giapponese JICA e Nippon Signal. È pensato per servire 370.000 utenti giornalieri, con un potenziale di 1,5 milioni nel lungo periodo. Una linea pensata per integrarsi con i sistemi di mobilità locale, LRT, MRT e PNR.
#4 Sydney Metro: la metropolitana che si tuffa sotto l’oceano
sydneymetro.info – Tracciato metro aperto
La Sydney Metro ha inaugurato il tratto City & Southwest con 15,5 km di gallerie che passano sotto il porto, dando vita alla prima “metropolitana sotto l’oceano”. Il tunnel sottomarino collega sei nuove stazioni, tra cui Barangaroo e Martin Place, e ha richiesto tecnologie estreme per resistere alla pressione dell’acqua. Il giorno dell’apertura, 190.000 passeggeri hanno viaggiato su 425 treni driverless, stabilendo un primato. La rete raggiunge oggi 52 km, rendendola la seconda metro automatica più lunga del mondo dopo quella di Dubai. Entro il 2032 dovrebbe arrivare a 113 km con due nuove linee: una verso l’aeroporto di Western Sydney e l’altra verso Parramatta. Martin Place sarà il cuore verticale del sistema, con due grattacieli sopra la stazione.
#5 San Paolo Linea 16‑Violeta: la sfida ingegneristica della “Linea dei Parchi”
mobilidade.estadao.com.br – Linea 16
La Linea 16‑Violeta, soprannominata “Linea dei Parchi”, è in fase di progettazione avanzata, con studi affidati alla spagnola Acciona tramite partenariato pubblico-privato, già inserito nei programmi strategici dello Stato. Prevede un tracciato iniziale di 16 km con 16 stazioni tra Oscar Freire e Abel Ferreira, e una capacità stimata di 550.000 passeggeri al giorno. La gara d’appalto per l’assegnazione della linea è prevista nel primo trimestre del 2026. Se le scadenze saranno rispettate, il contratto potrebbe essere firmato entro marzo 2026, con l’inizio dei lavori nello stesso anno. Una sfida ingegneristica incredibile: le gallerie dovranno passare infatti attraverso barriere naturali come i fiumi Tamanduateì, Tatuapè e Aricanduva..
Con le sue terrazze verdi, geometrie spezzate e abitazioni tutte diverse, questo complesso sfida cinquant’anni dopo ogni idea convenzionale di edilizia popolare. E prima del Bosco Verticale ha creato una sinergia tra architettura e natura.
Questo è il condominio più verde del mondo
# Il condominio che non voleva essere un condominio
A Ivry-sur-Seine, banlieue a sud-est di Parigi, esiste un complesso residenziale che sembra uscito da un altro pianeta: si chiama Les Étoiles. Realizzato tra il 1969 e il 1975, è l’opera congiunta di Jean Renaudie e Renée Gailhoustet, due architetti che decisero di rompere con la geometria rigida dei grandi palazzoni modernisti del dopoguerra. Il loro sogno era semplice: costruire un’abitazione collettiva dove ogni unità fosse unica, diversa, organica. Il risultato? Un’esplosione di terrazze sfalsate, volumi inclinati, passaggi obliqui e piante ovunque. Le forme stellate spezzano la griglia urbana e trasformano l’idea stessa di case popolari. Più che un condominio sembra un villaggio. E soprattutto: non c’è separazione tra architettura e natura.
# Ogni balcone un giardino
gwenaelmignon IG – Altra vista Les Étoiles
Les Étoiles è stato progettato per essere verde non solo fuori, ma dentro. Ogni appartamento ha almeno una terrazza pensile che funge da giardino, filtro climatico, luogo di socialità e di isolamento insieme. Le piante non decorano, ma isolano acusticamente, trattengono il calore d’inverno e rinfrescano d’estate. Un concetto oggi sbandierato come avanguardia ecologica, ma qui applicato mezzo secolo fa. La struttura in cemento armato a getto continuo, combinata a elementi prefabbricati sagomati su misura, ha reso la costruzione un incubo per le imprese. Les Étoiles è però diventato un esempio riuscito di architettura organica e brutalista insieme: geometrie dure al servizio della complessità umana, in cui non esiste un solo punto di vista, ma infinite traiettorie pedonali e visive.
# Dall’abbandono al riscatto
gwenaelmignon IG – Les Étoiles
Negli anni ’90 sembrava destinato a scomparire, soffocato dall’incuria e dai costi di manutenzione elevatissimi. Ma Les Étoiles è sopravvissuto. Grazie alla mobilitazione di associazioni, enti locali e una nuova sensibilità urbana, sono partiti progetti di restauro e recupero. Oggi il complesso è tornato a essere un simbolo, non solo dell’architettura utopica degli anni Settanta, ma anche di una possibile via alternativa all’abitare di massa. Oggi è studiato da architetti di tutto il mondo e ammirato da chi sogna di vivere in una casa che somiglia più a un giardino che a un appartamento.
Quartiere per quartiere ecco che cosa risulta più amato da chi ci vive.
La cosa più bella che c’è in ogni quartiere di Milano (secondo chi ci vive)
# Navigli-Ticinese: Naviglio Grande
Credits Andrea Cherchi – Navigli al tramonto
Per chi vive in zona Navigli e Ticinese il simbolo non può che essere uno dei corsi d’acqua simbolo di Milano. Naviglio Grande, Naviglio Pavese e Darsena costituiscono un intreccio molto amato da milanesi e turisti. Una curiosità? A Milano ancora molti confondono il Naviglio Grande con quello Pavese. Come riconoscerli? Il Naviglio Grande, considerato “il re dei Navigli”, è stata la prima opera del genere a essere realizzata in Europa e storicamente è il più importante dei Navigli milanesi. Riceve le sue acque dal Ticino nei pressi di Tornavento (VA), è il più turistico e il più affascinante tra i Navigli ed offre scorci di antica bellezza con le sue case che si rispecchiano sull’acqua. Caratteristici sono i suoi cortili, i suoi tanti locali, hanno una storia lunga e complessa della quale possiamo indicare la data della nascita attorno al 1200.
Per orientarsi, il Naviglio Grande è quello che dalla Darsena costeggia Porta Genova. Il Naviglio Pavese lo si riconosce perchè inizia il suo corso direttamente in Darsena e la corrente lo porta fino a Pavia. Progettato intorno al 1359 con i Visconti, per realizzare il sogno di collegare Milano al mare. Contraddistinto nel tratto milanese da brutti condomini anni 50/60 ma da una vivace vita notturna grazie ai numerosi locali presenti lungo le sponde.
E’ considerata la piccola Versailles di Milano. Progettata come tenuta di caccia per Cicco Simonetta, utilizzata poi anche da Ludovico il Moro, è stata costruita nella seconda metà del ‘400 ed ampliata nel ‘700. All’interno del Parco di Villa Scheibler si trova anche Villa Caimi, dimora settecentesca nata come casa di campagna di una ricca famiglia milanese (i Caimi) che da decenni risulta in stato di abbandono. Sembra che, un tempo, Villa Scheibler e Villa Caimi fossero collegate da un passaggio sotterraneo.
Un tempo era in aperta campagna, costruita nel trecento per consentire ai monaci di potersi ritirare dal mondo. Un po’ quello che sogna ogni milanese. Fondata nel 1349, è stata uno dei più importanti monasteri certosini d’Italia.
All’interno di questa chiesa si trova la “pietà” di Paterzano, eseguita nel 1584/88 per l’ormai demolita chiesa di Santa Maria della Scala durante il periodo di apprendistato del giovane Caravaggio. Al suo interno è presente anche il Museo della Scultura Contemporanea di Garegnano.
Il Parco Lambro, per anni il più grande della città, si estende per oltre 700.000 mq tra Cimiano, via Crescenzago e la tangenziale est all’interno del Municipio 3. Lambro viene dal greco ambros e significa limpido. Si riferisce ovviamente al fiume che dà il nome al Parco. Così lo descrisse il Petrarca nel 1353: «A piè del colle scorre il Lambro limpidissimo fiume e benché piccolo, è capace di sostenere barche di ordinaria grandezza, il quale scendendo per Monza, di qui non lungi, si scarica nel Po.»
La sua caratteristica di un tempo viene confermata dal detto milanese: ciar com’el Làmber, “limpido come il Lambro“.
Di parco in parco, eccoci al Parco delle Cave. Terzo parco di Milano per dimensioni, nato dalla riconversione di una zona adibita a cave estrattive presenta quattro bacini artificiali, il prato erboso solcato da percorsi equestri e ciclabili, i boschi, gli orti urbani e la cascina Linterno. I lavori di rigenerazione si sono completati nel 2009: il Parco è oggi gestito dalla facoltà di Biologia dell’Università degli Studi di Milano.
Poco più a nord sempre nel Municipio 7 confinante con il Parco delle Cave, tra via Novara e il quartiere Trenno, c’è il Bosco in Città. Realizzato a partire dagli anni ’70, è stato il primo progetto italiano di riforestazione urbana. La sua estensione è di 110.000 mq. Uno dei pochi luoghi in città dove si perde la cognizione di trovarsi a Milano.
# CityLife: i tre grattacieli
Credits Andrea Cherchi – Citylife tra gli alberi
I tre grattacieli di CityLife: il Dritto, lo Storto e il Curvo. Sono il simbolo del quartiere rinato sulle ceneri dell’ex Fiera, sul lato più centrale del Municipio 8. Il primo, progettato dal compianto Isozaki, è ad oggi il più alto d’Italia al piano con i suoi 209 metri.
C’è chi ha detto le Terme, chi la stessa Porta, ma su tutti la spunta una vera e propria istituzione nel quartiere. Da oltre 50 anni, conosciuto da tutti per il pollo allo spiedo più buono di Milano, si trova in piazza Buozzi e oltre alla rosticceria propone carni crude, i fritti, i primi piatti come lasagne, parmigiana, timballo, risotti di ogni genere. Ultimamente è stato al centro delle cronache il taglio del platano accanto.
Credits travelling.phoenix IG – Orto botanico Città Studi
L’Orto Botanico di Città Studi, fondato nel 1774, è uno dei giardini botanici più antichi d’Italia. Occupa un’area di circa 2,5 ettari e ospita una vasta collezione di piante, tra cui numerose specie rare e in via di estinzione. Un grande motivo d’orgoglio per gli abitanti di Città Studi.
Splendida villa storica, vero e proprio simbolo del quartiere di Affori nel Municipio 9. Circondata da un vasto parco di circa 40.000 mq, la sua costruzione risale al XVII secolo e nel corso della sua storia ha ospitato importanti personalità storiche come il principe Eugenio di Savoia.
Nel quartiere bohémien di Milano sgomitano molte bellezze per un posto al sole. Su tutte sembra spuntarla la Pinacoteca, uno dei musei d’arte più importanti di Milano nel cuore di Brera. Tra le opere più famose conservate nella Pinacoteca di Brera ci sono la “Cena in Emmaus” di Caravaggio, il “Bacio” di Francesco Hayez e il “Cristo Morto” di Andrea Mantegna.
Credits dimitrisvetsikas1969-pixabay – Arco della Pace
Chi vive nei dintorni la considera il suo grande punto di riferimento. Più ancora del parco o del Castello, si tratta del monumento progettato dal Cagnola e costruito a inizio del XIX secolo in stile neoclassico durante l’era napoleonica: puntava verso Parigi creando un ipotetico viale di collegamento tra Milano e la capitale francese. Con gli austriaci è cambiato il nome, da Arco della Vittoria ad Arco della Pace, dedicato al congresso di Vienna del 1815) e l’orientamento dei cavali, che sono stati girati per volgere le terga proprio in direzione degli odiati francesi. Misura 25 metri di altezza.
Vi invito a salire con me a bordo di una macchina del tempo per un viaggio davvero speciale che ci riporta indietro di più di millesettecento anni, sino a una data che sancì la ratifica di un importantissimo trattato, nato per trovare una conciliazione di stampo religioso ma che, come vedremo, ebbe significative conseguenze nei secoli a seguire. La giornata è quella del 13 giugno 313 dC, e nelle sue varie denominazioni l’evento è ricordato come editto di Licinio e Costantino, editto (o rescritto) di tolleranza o, più semplicemente, Editto di Milano.
13 giugno 313. La rivoluzione epocale dell’Editto di Milano
# Milano capitale dell’impero romano
Busto di Costantino
Siamo nell’anno 293 quando Diocleziano diede vita a un’importante riforma delle funzioni imperiali, cercando di porre un freno ai pericoli e salvaguardando soprattutto l’incolumità degli imperatori stessi. Considerando che ben trenta su trentatré imperatori nell’ultimo secolo erano stati assassinati da esponenti di varie congiure non doveva sembrare una cattiva idea. Diocleziano divise così l’Impero Romano in due macroaree: Oriente ed Occidente, governati da una tetrarchia composta dagli imperatori (titolati Augusti) che a loro volta avrebbero avuto come successori due Cesari. Ma, mentre Diocleziano si stabilì a Nicomedia (l’odierna Izmit in Turchia), l’Impero d’Occidente con sede a Mediolanum fu assegnato ad Augusto Massimiliano, e solo sette anni dopo i neo-nominati Licinio e Costantino divennero protagonisti dell’evento epocale a cui viene dedicato questo articolo.
# In hoc signo vinces
Credits: altervista.org – Editto di Milano
Nella primavera del 312, con la battaglia di Ponte Milvio, Costantino divenuto imperatore sconfisse l’usurpatore Massenzio nei pressi del celebre ponte romano e, a seguito di questa vittoria, divenne l’unico sovrano dell’Impero Romano d’Occidente, ponendo di fatto fine al controverso e ben poco riuscito esperimento della tetrarchia. Ciò che ci interessa sapere è che la sera prima della battaglia finale, secondo quanto riportano le fonti, Costantino non eseguì i sacrifici religiosi rituali affermando che “un sommo Dio lo avrebbe guidato nella battaglia”. Inoltre, a seguito della vittoria, Costantino non celebrerà il trionfo come era stato fatto sino ad allora. Non salì al Campidoglio, sede del tempio più sacro ai romani, e in tal mondo abbracciò completamente la religione cristiana.
# L’editto: i due elementi rivoluzionari da cui nasce la civiltà occidentale
Credits: studiarapido.it
Costantino non rimase a lungo a Roma: nel gennaio 313 si recò alla nostra Mediolanum, città scelta per il matrimonio della sorella Costanza con Licinio. Nella capitale dell’Occidente, Costantino e Licinio concordarono una linea comune in materia di religione. Fu così che venne creato l’editto: per la prima volta nella storia venne proclamata la libertà di culto in tutto l’impero. Fu anche sancito che tutti i beni precedentemente requisiti ai cristiani durante il lungo periodo delle persecuzioni dovessero essere restituiti agli stessi.
La libertà di culto è considerato uno dei pilastri fondativi della moderna civiltà occidentale. Ma non solo. Da questo momento, inevitabilmente, si svilupperà un accordo non scritto che prevedeva l’inalienabilità dei beni della Chiesa e che di fatto avrebbe poi portato la stessa e i suoi rappresentati ad essere intoccabili per buona parte della storia seguente. Un’intoccabilità che sarebbe poi sfociata nelle crociate e nelle dispute infinite fra Chiesa e Imperatori per tutta la storia dell’Alto e del Basso Medioevo.
La rivoluzione epocale dell’editto di Milano fu pertanto l’istituzione della libertà di culto e il riconoscimento del ruolo della Chiesa. Due innovazioni che aprirono la strada a secoli di progressi e di scontri che forgiarono l’intera civiltà occidentali.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Se ti dovessi trasferire in un’altra località della Lombardia, dove andresti a vivere e perché? Così hanno risposto i milanesi: queste le sette superstar più ambite da chi vive a Milano.
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«Vado a vivere in Lombardia»: le 7 località più ambite dai milanesi per rifarsi una vita
#7 Varesotto
credits: wikipedia
Sta tornando in auge la città giardino. Soprattutto per i suoi dintorni. Tra i luoghi citati piace Busto Arsizio per la sua posizione strategica e, sul versante opposto, Porto Ceresio per le sue atmosfere mediterranee ma con vista sulla Svizzera.
La cuginetta di Milano.Pavia. L’antica capitale che ancora non capiamo a che cosa pensavano i longobardi quando l’hanno preferita a Milano. Città universitaria, viene apprezzata per la sua vicinanza al mare. E per l’Oltrepò con i suoi paesaggi che sembra di essere in Toscana.
Milano vista da Bergamo – Scatto di Moris Lorenzi (c)
La rivale di Milano. Così almeno si sta affermando. Con le nuove infrastrutture, l’aeroporto internazionale e la squadra da champions. Le manca solo una bella metropolitana. E poi è una mezzoretta da Milano.
Si entra in un clima olimpico con il quarto posto delle montagne più care ai milanesi. Qui la regina delle preferenze è Livigno. I milanesi hanno tanta voglia di aria fresca, natura incontaminata e agevolazioni fiscali.
Ideale per i milanesi costretti a spostarsi ma che non vogliono fare troppa strada. Al primo posto c’è la sua capitale: Monza. Che ancora in molti non capiscono perché non sia un quartiere di Milano. E poi c’è la verde Brianza con i suoi boschi e le sue colline.
Due derby. Il primo è tra basso e alto lago. Nella parte di sopra primeggiano Dongo, Domaso e Colico. Tra le motivazioni: «Clima meraviglioso anche d’inverno, tutti i servizi, zone bellissime dove vivere» (Giovanna L.). Il secondo è tra le città: Como e Lecco, in rapida ascesa.
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Quali sono i marchi di supermercati preferiti dai milanesi? Abbiamo cercato di scoprirlo chiedendolo a un campione di 600 cittadini. Le risposte le abbiamo ordinate in una classifica con i primi 15. Per chi vuole approfondire: i punti vendita dei supermercati preferiti dai milanesi.
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Il supermercato più amato dai milanesi (edizione 2025): quasi un plebiscito incorona il numero 1
Ph. Alexas_Fotos
#15 Aldi (0,7%)
#14 Viaggiator Goloso (0,7%)
#13 Natura Sì (0,8%)
#12 Lidl (0,9%)
#11 Conad (1%)
#10 Unes (1,1%)
#9 Iperal (1,2%)
#8 Coop (1,4%)
#7 Tigros (1,4%)
#6 PAM (1,5%)
#5 Carrefour (1,6%)
#4 Eurospin (1,8%)
#3 Il Gigante (1,9%)
#2 Iper (2,3%)
opening nuovo ipermercato
#1 Esselunga (80,6%)
Credits pietro verzi -Esselunga Solari
Sondaggio eseguito sul gruppo social a domanda aperta: oltre 600 menzioni e voti.
italianiaparigi.wordpress.com - Lavaggio strade a Parigi
A Parigi, da quasi due secoli, l’acqua non potabile scorre silenziosa per pulire le strade. A Milano, invece, si continua a usare quella potabile. Ma perché?
Acqua non potabile per pulire la città: perché Milano non fa come Parigi?
# Un sistema doppio, inventato nell’ottocento
jpnanterre – pixabay – Scorcio di Parigi
Parigi è dotata di una rete idrica parallela a quella potabile: si chiama “réseau d’eau non potable” e corre sotto tutte le 20 zone della città. Ideato nel XIX secolo da Eugène Belgrand, su spinta di Napoleone III e del barone Haussmann, è un impianto pensato apposta per lavare le strade e irrigare i parchi. L’acqua arriva dalla Senna e dal canale dell’Ourcq, viene convogliata attraverso 1.700 km di tubazioni e fuoriesce da oltre 13.000 bocchette idrauliche incassate nei marciapiedi, chiamate “bouches de lavage”. Ogni bocchetta può essere aperta manualmente o a distanza: l’acqua scorre lungo le cunette, trascina via polvere e sporco, e finisce nelle fogne. L’intero ciclo è separato da quello per l’acqua potabile: più igienico, sostenibile e intelligente.
# Pulizia, raffrescamento, zero sprechi
Il sistema parigino è molto più che un’eredità storica. È una rete funzionale e in continua evoluzione. Oggi copre l’80% della città e viene utilizzato anche per alimentare fontane pubbliche, raffrescare le strade in estate e irrigare il verde urbano. Secondo il piano aggiornato (Atlas des usages 2021), il 95% delle bocchette è ancora attivo e il tasso di spreco d’acqua non potabile è inferiore al 5%. I modelli più recenti, come i sistemi “Dauphine”, possono essere regolati da remoto e adattati alle variazioni climatiche. Alcuni tratti sono già integrati con pavimentazioni drenanti e sensori termici per contrastare le isole di calore.
# E se si implementasse lo stesso sistema anche a Milano?
Fiumi interrarti Milano
L’obiettivo entro il 2034? Espandere la rete, ridurre i punti sottoutilizzati e integrarla nel piano urbano contro il cambiamento climatico. Milano, con il suo asfalto che trattiene il calore, perderebbe meno risorsa potabile, ridurrebbe l’effetto isola di calore e abbasserebbe la spesa energetica e potrebbe usare i mezzi AMSA come integrazione. Oggi in città le bocche sotto il marciapiede vengono utilizzate solo per far confluire quella piovana nel sistema fognario. Un’infrastruttura del genere contribuirebbe inoltre alla gestione delle piene, come quella del Seveso la cui acqua potrebbe servire proprio per pulire le strade così come quella degli altri fiumi e canali cittadini, Lambro, Olona e Navigli. Insieme all’acqua piovana o di recupero potrebbe essere utilizzata anche per rinfrescare marciapiedi e pavimentazioni.
In cima alla torre della Fondazione Prada ha aperto al pubblico uno spazio prima dedicato solo a eventi e feste private. In uno dei contesti più scenografici della città ci si può scatenare con musica selezionata, provare preparazioni gourmet e sorseggiare cocktail raffinati.
La torre Prada apre la sera: si balla con dj set. L’ingresso è libero
# Apre la terrazza più alta della Fondazione, per ballare, mangiare e brindare sotto le stelle
nssmag.com – Rooftop Prada
Fino a ieri era un sogno riservato a pochi: eventi privati, feste blindate e appuntamenti esclusivi. Oggi il rooftop della Torre Prada apre ogni giovedì sera al pubblico con una nuova formula chiamata Jam in Torre. Si sale sopra il Ristorante Torre al settimo piano, sulla terrazza più alta della Fondazione, per ballare, mangiare e brindare sotto le stelle. Il contesto è tra i più scenografici della città: uno skyline insolito, decentrato, che spazia da CityLife fino a Gae Aulenti. La vista, incorniciata dall’architettura di Rem Koolhaas, si anima grazie a un format musicale e gastronomico pensato per far vibrare Milano. L’ingresso è libero, dalle 22 all’1. Basta presentarsi in via Lorenzini, nel cuore dello Scalo Romana.
La serata ha un’identità precisa: musica elettronica, contaminazioni hip hop e atmosfere house curate da Giorgio Di Salvo, mente creativa dietro a Bene Bene e protagonista della scena milanese. A lui il compito di disegnare un paesaggio sonoro che dialoga con l’architettura audace della torre e con l’energia sospesa del rooftop. Ogni giovedì è diverso, con ospiti selezionati e una consolle affacciata sulla città. A rendere il tutto più fluido ci pensano cocktail impeccabili, tra cui spicca il Dirty Martini. L’esperienza è pensata per coinvolgere tutti i sensi, con luci, suoni e sapori che si rincorrono su un pavimento optical e sotto un cielo che sembra più vicino.
Non c’è solo musica: a firmare l’offerta food è lo chef Lorenzo Lunghi, già al timone del ristorante Torre. Il suo hot dog si reinventa in chiave creativa: classico, con peperone crusco o speziato, fino alla versione dolce con gelato alla vaniglia, caramello salato e nocciole. A completare l’esperienza arriva il gelato artigianale della storica Pasticceria Marchesi 1824, in gusti come crema, pistacchio e fragola. Il risultato è una serata che unisce lo street food d’autore alla mixology raffinata, in un ambiente che sfugge alle regole del rooftop standard. Jam in Torre diventerà il nuovo rito urbano di Sopra?
In teoria doveva essere la funzione della stampa e dei media: fare da guardiani per la libertà dei cittadini. Erano definiti il quarto potere, perché vigilavano sull’operato dei politici, contro gli abusi di potere ai danni dei cittadini. Per questo la libertà di stampa è da sempre un pilastro delle democrazie liberali. Ma qualcosa è cambiato. E sempre più la stampa è diventata uno strumento del potere. Spesso usata ai danni del cittadino e della sua libertà. Ma la libertà vince su tutto e dove declinano i media tradizionali stanno emergendo quelli nuovi. I social network. Che stanno assumendo sempre più la funzione di guardiani della libertà del cittadino contro il potere. Ed è per questo che sono così temuti. Ma non solo: potrebbero evolvere.
Tra via Solferino e Largo La Foppa c’è via Saterna. O meglio, ci dovrebbe essere perché in realtà non esiste. L’ha inventata Dino Buzzati per collocarvi la porta dell’Inferno nel suo “Poema a fumetti”.
Buzzati, che fu giornalista e disegnatore oltre che scrittore, amava intrecciare Milano con il surreale. Via Saterna è uno di quei luoghi “paralleli”, sospesi tra la mappa urbana e l’immaginazione, che danno corpo a una città invisibile sotto la città reale. Il Poema a fumetti, pubblicato nel 1969, è un’opera pionieristica nel panorama italiano, un ibrido tra graphic novel e poema esistenziale, in cui Buzzati reinterpreta il mito di Orfeo calandolo tra i neon, i tram e le ombre milanesi. La via inventata diventa così varco simbolico, una fenditura tra il quotidiano e l’oltremondo.
Negli anni, via Saterna è stata cercata, persino citata da artisti urbani e appassionati di letteratura fantastica. Alcuni hanno affisso targhe finte, altri l’hanno mappata su Google Maps come provocazione culturale. È diventata un piccolo culto per chi ama il lato segreto delle città: come la Macondo di García Márquez o la Baker Street di Sherlock Holmes. Però in realtà via Saterna esiste davvero. Anche se non è una strada: è diventata il nome di una galleria d’arte contemporanea a Milano, chiamata “Viasaterna”, che rende omaggio all’opera di Buzzati. La galleria, aperta nel 2015, si propone come un luogo di incontro tra realtà e immaginazione.
Santa Maria dei Miracoli presso San Celso si trova in corso Italia al civico 37. È affiancato dall’antica chiesa di San Celso.
Rappresenta un notevole esempio di architettura rinascimentale a Milano e la sua facciata è considerata un capolavoro del manierismo italiano.
L’antico affresco della Madonna miracolosa, celebre per i miracoli e per l’apparizione del 30 ottobre 1485, si trova sotto un altare alla sinistra del presbiterio ed è visibile solo durante alcune feste. Nel 1620 la Madonna fu vista da molti versare lacrime.
Nel trentesimo anno della mia vita sono arrivato a Milano.
Prima appartenevo alla città di Pordenone, poco più a nord del capoluogo lombardo e molto più a est. Una delle province del Friuli Venezia Giulia, tanto per essere precisi.
Pordenone è piccola, poco più di 50.000 abitanti, così, quando da Pordenone sono arrivato a Milano lo scarto è stato notevole.
Ormai vivo a Milano da oltre due anni. In questo periodo ho conosciuto un numero infinito di milanesi adottati, gente come me, che come me quando è arrivata per la prima volta a Milano ha pensato queste cose.
Cosa pensa un 30enne non milanese quando arriva a Milano
#1 Se invece del pavé ci fossero i quadratini di porfido non dovrei cambiare le sospensioni alla macchina ogni 6 mesi.
#2 Non credo che le ragazze di Milano siano le più belle d’Italia. Ma sono senz’altro tra le migliori a fare auto promozione.
#3 Social media manager, business planner o startupper. Quando chiedi a qualcuno che lavoro fa, spesso ti risponde in inglese.
#4 A Milano i supermercati non sono equivalenti tra loro, hanno un’identità.
Credits: www.reportpistoia.com
#5 Ci sono persone che se la tirano lamentandosi perché lavorano troppo.
#6 Puoi subire il fascino dei navigli solo se sei stato a Venezia di rado. C’è da dire però, in difesa di Milano, che anche lei va sott’acqua.
#7 A Milano il mare c’è. Sono le onde di gente che si muovono per la città, danzando al ritmo degli eventi milanesi.
Credits: milanotoday.it – Fuorisalone
#8 Ovunque è pieno di cani bellissimi.
#9 Non mi capacito di come si può considerare dignitoso avere qualcuno sulla porta del locale che ti prega di entrare a bere l’aperitivo.
#10 Per incontrare un amico devi prendere appuntamento una settimana prima.
#11 Le case di ringhiera sono affascinanti. Sembrano quei motel americani nei quali si consumano tradimenti e omicidi, ma al posto dell’autostrada c’è la pace di un cortile interno. Bellissima scoperta.
credits: pinterest
#12 Milano soddisfa egregiamente qualsiasi tipo di perversione culinaria.
#13 A Milano la nebbia èuna patina sottile che ricopre la città nei mesi più freddi. Nelle strade di campagna dalle mie parti è una crema di latte in cui fai il bagno.
#14 A Milano le app da scaricare te le suggerisce il Comune
#15 Se gli affitti sono più alti non dovrebbero esserlo anche gli stipendi?
#16 Ci sono grandi città dove le persone si isolano e non si interessano più a ciò che hanno intorno. A Parigi avevo l’impressione che sarei potuto morire per strada e la gente avrebbe continuato a camminare schivando il mio corpo. A Milano no, è come se tutti desiderassero il controllo di ciò che li circonda.
#17 Tutte le grandi città sorgono su un fiume. Perché a Milano l’avete coperto?
CREDIT: MILANOWEEKEND.IT
#18 Ai non milanesi non è immediatamente chiaro quali siano le zone o quartieri di Milano dove è più bello vivere.
#19 Per un provinciale Milano è una seconda casa, perché ricorda il provincialismo in quasi tutto. Ma è un provincialismo diverso, è un provincialismo da paginone centrale di rivista.
#20 Da non milanese, devo dire che Milano mi ha accolto molto bene.
Per chi non si può permettere di staccare a lungo o per chi dispone di poco tempo ecco 10 destinazioni raggiungibili in treno a/r in giornata.
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In treno da Milano: 10 destinazioni per una gita o per una breve vacanza
#1 Colico, il “paradiso degli sportivi” (1h 37)
Credits: @_amandadeci_ IG
Surf, kite surf, windsurf, vela. Il paradiso degli sportivi sulla punta Nord del lago di Como, dove tira sempre una brezza fresca e il lago è più pulito. Non solo: un’ampia spiaggia, tanto verde, ciclabili, sentieri e il battello. Un treno parte ai venti di ogni ora a partire dalle 6.20 dalla Centrale, si arriva a Colico dopo un’ora e trentasette minuti. Per chi lo vuole usare come base per vacanze di prossimità è comodo per raggiungere belle località come Chiavenna, Tirano o Madesimo, uno dei paradisi lombardi per gli sciatori.
#2 Varenna-Bellagio, la “perla del lago di Como” (1h13)
Trekking, paese caratteristico, la perla del lago di Como, il gelato di Bellagio. Stesso treno dalla Centrale (ai venti di ogni ora, a partire dalle 6.20), si arriva a Varenna-Esino dopo un’ora e tredici minuti. Cinque minuti e si è sul lungolago da dove si possono prendere battelli e traghetti per Bellagio.
Credits: northlakecomo.net
Come base per una breve vacanza Varenna e Bellagio sono perfette per girare il lago o per salire sui monti tra i due rami del lago. Perfetto per una vacanza d’altri tempi: il soggiorno al lago era una delle mete più esclusive per l’aristocrazia europea di ottocento-inizio novecento.
#3 Vigevano e la sua piazza (31′)
La “piazza più bella d’Italia”, negozi di scarpe, la prima città lombarda ad aver ottenuto in epoca moderna “il titolo di città”. A partire dalle 6.42 ogni ora da Porta Genova parte un treno che arriva a Vigevano in 31 minuti.
vigevano
Per gli appassionati della grande Milano è anche una delle località che, fuori dalla provincia, dovrebbero essere reincorporate nella cintura metropolitana. Per chi voglia trascorrere una vacanza di prossimità, è la base giusta per vivere e scoprire gli angoli più suggestivi del parco del Ticino.
#4 Morbegno, la porta della Valtellina (1h 39)
La “porta della Valtellina”. Si può mangiare nei crotti, camminare sulle Alpi Retiche o sulle Orobiche, andare in bici lungo l’Adda, rinfrescarsi nel Bitto, sciare nelle località sciistiche. A proposito di sci, sempre in treno si può anche arrivare all’Aprica, con 10 minuti di bus. Se si prosegue fino a Tirano si può prendere il Bernina Express fino a St. Moritz. Ogni ora a partire dalle 6.20 dalla Centrale parte un treno che arriva Morbegno in un’ora e trentanove.
#5 Verbania, la “capitale” del lago Maggiore (1.15)
La “capitale” del lago Maggiore, ideale per respirare un po’ di spleen, di male di vivere, di genuina inquietudine, ispira poesie maledette. Il primo treno diretto parte dalla Centrale alle 7.29 e arriva a Verbania-Pallanza dopo un’ora e 15 minuti. Altri treni praticamente ogni ora.
#6 Arona e le sue palafitte (0.53)
arona
Si arriva con ferrovie dello stato o ferrovie nord. Ha il fascino della città di mare pur essendo sul lago. Nel comune si trova il Parco naturale dei Lagoni di Mercurago, compreso tra i “siti palafitticoli preistorici attorno alle Alpi“, dal 2011 nell’elenco del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Stesso treno come sopra: il primo treno diretto parte dalla Centrale alle 7.29 e arriva ad Arona dopo 53 minuti. Altri treni praticamente ogni ora.
#7 Isola Bella (Stresa) (1.08)
L’isola dei pescatori, uno dei giardini più belli d’Italia. Villa Borromeo. Stesso treno come sopra: il primo treno diretto parte dalla Centrale alle 7.29 e arriva a Stresa dopo un’ora e otto minuti. Altri treni praticamente ogni ora. Da Stresa in pochi minuti un battello porta sull’Isola Bella.
#8 Sirmione, la perla del Garda (0.51)
sirmione
Le terme, il centro storico antico, meglio di Desenzano perché è più caratteristica, piena di tedeschi. Ed è anche vicina a Gardaland.
Anche tre treni all’ora dalla Centrale raggiungono la stazione di Desenzano-Sirmione in 51 minuti/1 ora.
#9 Cremona e la bassa lombarda (1.10)
La città di violini, liuteria, la città del Torrazzo e delle tre t. Dalla Centrale un treno all’ora a partire dalle 6.20 in un’ora e dieci siamo a Cremona. Per una vacanza alternativa in cui riscoprire le città della bassa lombarda.
#10 Recco (Liguria Levante) (2.29)
Il fascino del mare d’inverno. Per la spiaggia, il cibo e la pallanuoto meglio di Santa Margherita. Portofino a due passi, grigliate di pesce e focacce. Per chi vuole spiagge più spaziose: Cavi di Lavagna. Altre alternative: Sestri Levante, Levanto o, per chi ha più pazienza, Monterosso e la scarpinata lungo le cinque terre. Il primo diretto parte dalla Centrale alle 7.25 e arriva a Recco in 2 ore e 29 minuti. Stessa durata (2.25) in direzione opposta: VENEZIA.
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“… Sette anni sono molti nella vita di un uomo e pochi nella vita di un quartiere di città. Tutti sanno la storia della periferia di Milano, ritratto di tante altre periferie di città moderne, sorte senza programmi e da decenni viventi di una stentata vita nella economia di una società che considera l’abitazione, non un diritto dell’uomo che lavora, ma un affare della iniziativa e della speculazione privata”. Così scriveva a metà degli anni ’50 l’architetto Piero Bottoni autore del famoso libro-catalogo sul quartiere modello della ricostruzione italiana, sulle pagine di Editoriale Domus ma anche autore della fermata della metro rossa QT8.
Oggi QT8 corrisponde al nome ermetico di una fermata ai limiti della metro rossa che venne attivata l’8 novembre 1975, come capolinea del prolungamento proveniente da Lotto. Questa sigla in realtà nasconde molto più di un quartiere. Ecco 7 curiosità che non tutti conoscono.
QT8, il «quartiere più visionario di Milano»: 7 curiosità e record che pochi conoscono
#1 QT8 nasce per celebrare l’ottava Triennale di Milano
Q sta per quartiere. T equivale a Triennale. 8 è l’ottava edizione della manifestazione indetta dal Palazzo dell’Arte e dell’architettura di Milano. QT8 è dunque il risultato di un lavoro collettivo accumulato tra gli anni Trenta e nei primissimi anni Quaranta sulla base del tema della VI Triennale (1936), “quando la casa veniva considerato l’oggetto più reale, più sentito, più drammatico che è oggetto di angoscia di desiderio, di speranza di milioni di Europei”.
#2 L’unico quartiere libero e sperimentale di Milano
Credit: rep.repubblica.it QT8
Anno 1947. in una città ancora segnata dalla guerra e dalle macerie, l’architetto Piero Bottoni, in quell’anno commissario straordinario della Triennale di Milano, viene chiamato a progettare questa area sperimentale.
In zona S. Siro sta per nascere un quartiere libero dalle codificazioni regolamentari degli altri quartieri della città, “l’unico che a Milano presenti le condizioni urbanistiche ideali per l’architettura moderna e nel quale è possibile realizzare, e per qualche caso si sono realizzate, opere di estremo interesse” scrivono le cronache.
La realizzazione del quartiere richiese diversi anni: tra il 1946 e il 1947 si realizzarono le prime case, per ospitare molti fra gli sfollati, seguendo undici modelli diversi, progettati da architetti che avevano vinto un concorso nazionale. Nel 1948 si realizzarono per la prima volta in Italia case prefabbricate a 4 piani.
Molta attenzione venne prestata agli spazi verdi, sia con la realizzazione dei primi campi gioco per ragazzi, sia con aree verdi condominiali, sia infine con la creazione di un vasto parco, circa 375.000 m², capace di soddisfare le esigenze degli abitanti del quartiere ma anche “polmone” verde di tutta la città. Insomma, QT8 nasceva per essere l’ottimo esempio di vivibilità urbana.
#3 Per molti QT8 era un progetto irrealizzabile
E’ Piero Bottoni-autore a testimoniare l’ostracismo dei tempi, misto ad un’euforia da utopia. “Quando ci si rese conto che, volendo, i programmi si potevano realizzare e nel 1951 se ne videro esposti in parte i consuntivi, durante il periodo della 9° Triennale, qualcuno, anzi molti, credettero che il quartiere sarebbe stato completato in brevissimo tempo e rimasero delusi che così non fosse. Furono critiche negative all’inizio, facili entusiasmi positivi durante il corso delle opere, in tutti e due i casi incomprensione della realtà che è un altra e che è quella espressa nel primitivo programma” (fonte: Archivio.eddyburg.it)
#4 Cosa c’era prima di QT8
archivio.eddyburg.it
Dalle parole di Bottoni scopriamo che quella era una zona di baracche e regno dei “barboni”, soggetta alle improvvise piene dell’Olona e di scarsissimo reddito per il Comune che ne era in gran parte proprietario, “pareva naturale profetare che non sarebbe mai divenuto un quartiere residenziale […] “. (fonte: Archivio.eddyburg.it)
#5 Com’erano le prime case di QT8
Le prime case per reduci di guerra e senza tetto vennero erette nel 1946-47. Si trattava di “undici modelli diversi di casette progettate, con concorso nazionale, da esimi architetti di tutta Italia. Modelli che furono variamente utilizzati nella ricostruzione italiana”. Nel 1948 seguì un programma di sperimentazioni di prefabbricazione e montaggio in cantiere di case a 4 piani e un secondo più vasto è in corso di esecuzione. “Sono queste le uniche sperimentazioni ufficiali fatte in Italia dal Ministero dei Lavori Pubblici, assieme a quelle più limitate fatte a Napoli, che furono del resto una diretta conseguenza di quelle di Milano”, prosegue Bottoni (idem).
#6 L’unico quartiere fatto anche di quartieri stranieri
“Il QT8 è il solo quartiere di Milano in cui siano stati realizzati prototipi di architettura straniera (Belgio e Finlandia)“.
#7 I primati di QT8
Tra le opere degne di nota commentate anche dal Bottoni si annoverano:
la Casa di 11 piani col sistema a ballatoio e scala esterna, “la sola del genere che esista a Milano e in Italia”.
la chiesa a pianta circolare vincitrice del concorso della 8° Triennale (1947) “veramente “sperimentale” per la planimetria e la volumetria e persino, si dice, per l’interpretazione della liturgia” – è Santa Maria Nascente.
il primo campo di gioco per ragazzi di Milano, campo che fu, fra l’altro, il propulsore della iniziativa degli altri campi di gioco cittadini,
“l’esperimento”: le formazioni delle zone verdi condominiali per lo svago dei ragazzi e il riposo degli adulti che mirano a risolvere il problema del giardino annesso alla casa con minimi di area.
Al QT8 si è realizzata durante la 9° Triennale la prima esposizione realistica di arredamenti economici popolari entro case reali e destinate ad essere abitate.Entro il grande programma della formazione di QT8 era compreso anche un parco verde di circa 375.000 mq. destinato ad uso, non solo degli abitanti del Quartiere, ma anche di tutti i cittadini, come gli altri parchi milanesi, e inserito nel problema della sistemazione altimetrica delle zone verdi. All’interno di quelle, ecco anche il Monte Stella, un’altura artificiale costituita con le macerie di tutti gli edifici distrutti a seguito dei bombardamenti subiti dalla città.
Un altro progetto visionario di una città che non temeva di realizzare l’impensabile.
12 giugno 1956. Iniziano i lavori della prima metro di Milano che verrà inaugurata nel 1964. Pochi sanno che poteva essere la prima al mondo. Quando Milano faceva ancora parte dell’Austria.
L’ingegner Carlo Mira fa proprio nel 1856 il primo tentativo per interrare, sotto il livello stradale, le ippovie del centro cittadino. Il primo progetto, però, viene accantonato per problemi tecnici ed economici. Nel 1873 viene ripreso da Giovanni Brocca, che riparte dal laghetto di S. Marco per creare una specie di sotterraneo destinato a sede di una ippovia a doppio binario. La soluzione non piace all’amministrazione comunale: il cavalier Belinzaghi sentenzia che «mettere la tranvia così in basso, diventa esteticamente cosa poco simpatica».
Si deve aspettare la Grande Esposizione Universale del 1881, affinché l’architetto Brocca faccia un secondo tentativo, questa volta direttamente al Governo di Roma che però boccia di nuovo l’idea.
Anche se ci vorrà oltre mezzo secolo, i progettisti di Milano capiscono che la via maestra è quella di rendere il trasporto pubblico libero dal traffico di superficie, interrandolo. Nel 1903 Carlo Castiglioni e Leopoldo Candiani lanciano un progetto di ispirazione londinese, per creare una rete metropolitana interrata che serva le principali stazioni ferroviarie. Lo scopo è, come a Londra, di unire tra loro nuove stazioni a Est e Ovest della città. Ma anche questo progetto vede la porta sbarrata.
Si dovrà aspettare così solo gli anni Sessanta per vedere nascere la prima metropolitana milanese. Quando ormai altre città del mondo avranno adottato da tempo questo sistema.
Chi si muove con metro e treni a Milano deve fare i conti con cantieri, rallentamenti e interruzioni. Queste le tratte di metropolitana e ferrovia colpite e le alternative di viaggio.
L’estate rovente dei mezzi pubblici di Milano: tutte le tratte interrotte o problematiche
# Sulla linea M2 treni al rallentatore e stazioni chiuse
Garibaldi M2-M5
Chi viaggia sulla M2 deve mettere in conto più di un ostacolo. Ecco tutti gli interventi previsti sulla linea:
fino al 18 luglio, tra Cimiano e Cascina Gobba, i trenirallentano per consentire la posa delle nuove barriere antirumore: l’orario è stato riprogrammato, con tempi di viaggio più lunghi
dal 7 giugno al 13 settembre, invece, la stazione di Cimianochiude completamente per i lavori di installazione dell’ascensore. I treni saltano la fermata. In alternativa, si può raggiungere Udine con la M2 o con il bus 55, Crescenzago con la M2 o il bus 44, Lambrate FS con M2 o bus 39 e 93, Loreto con M2 o bus 56
dal 19 luglio al 7 settembre la linea viene interrotta tra Cadorna e Garibaldi: i treni da Gessate e Cologno fanno capolinea a Garibaldi, quelli da Abbiategrasso e Assago a Cadorna. Le stazioni di Moscova e Lanza non fanno servizio. Per spostarsi lungo la tratta si possono usare i tram 1, 2, 4, 10 e 14.
# Il passante va in vacanza: tutti gli stop estivi
Mappa passante e treni suburbani
Anche per chi usa il passante ferroviario non si prospetta un’estate piacevole. L’infrastruttura chiude infatti dal 28 luglio al 24 agosto a causa di lavori di rinnovo della linea e sostituzione impianti, da parte di Rfi. Lo stop riguarda sei linee suburbane: S1, S2, S5, S6, S12, S13. Dal 25 agosto al 20 settembre, si viaggia invece a velocità ridotta: massimo 40 km/h.
# Le soluzioni alternative per muoversi tra la città e l’hinterland
Per spostarsi tra città e hinterland ci si dovrà adattare. Le alternative: la S3 per chi parte da Saronno, i regionali da Lodi, Mariano, Varese, Novara, Treviglio, Melegnano, Pavia. Tutti i treni regionali fermano in stazioni di testa come Centrale, Garibaldi, Cadorna o Rogoredo, dove si potrà cambiare con la metro. Le soluzioni non mancano, ma i tempi si allungano.
# Come spostarsi in città
Per chi si muove lungo l’asse nord-ovest/sud-est, normalmente coperto dal passante, resta la rete metropolitana. Vediamo le alternative:
da Sesto o Rho si può viaggiare sulla M1, con cambi a Cadorna, Duomo o San Babila
la M2 collega Lambrate, Garibaldi e Cadorna
chi parte da San Donato o Rogoredo ha la M3, con incroci a Garibaldi e Duomo
infine, la M4 da Linate permette l’accesso diretto al centro, con interscambi a San Babila e Sant’Ambrogio.
# Tram e bus: rallentamenti e cantieri
Comune di Milano – Progetto riqualificazione piazza Cordusio
Non solo metro e treni, ma anche tram e bus subiscono variazioni pesanti. Oltre al rinnovo binari per i tram 1 e 12 (con sostituzione dal bus B12 tra Certosa e Roserio), su molte linee di superficie sono previste deviazioni o sospensione di fermate fino a fine estate o oltre: bus 40, 42, 50, 94, 560, 973, 140, 65, 201, 702, 712, 727, 85, 99, tram 7, 9 e altri. Piazza Cordusio resta chiusa ai tram 2, 12, 14, 16, 19 e NM1 fino al 14 settembre per i cantieri di riqualificazione urbana, che prevedono la ricostruzione dell’ellisse originario, interventi su acquedotto e fognature, e il rinnovo dei binari.
Per non restare indietro ed essere sempre aggiornati sulle nuove tendenze milanesi.
Le 5 +1 mode che stanno spopolando a Milano: dai poveritivi ai listening bar
#1 “Poveritivo”
poveritivo IG
Un aperitivo accattivante ma low cost, diventato famosissimo e virale in breve tempo tanto che è stata creata una vera e propria mappa del risparmio, dove si trovano i locali dove gustare aperitivi a pezzi accessibili. A partire dal bar Leo in zona Primaticcio, dove tutto è iniziato, una fitta rete di location interessanti. Non si tratta di aperitivo a base di spritz e patatine, ma di una offerta semplice, priva di creazioni elaborate e orpelli inutili.
#2 Listening bar
alfiopienne_music IG – Onda
Nati in Giappone negli anni ’60, si tratta di locali immaginati per ascoltare musica in modo più intimo e raccolto, con selezioni musicali raffinate per lo più in vinile. Da qui una serie di locali altrettanto intimi e raffinati, con arredi di design, ma soprattutto piccole oasi dove ascoltare musica, rallentare il ritmo e lasciarsi trasportare da Atmosfere inusuali Oltre che dal buon cibo. Qualche esempio a Milano? Mogo in via Bernina, Bene Bene in via Morgagni o Onda in via Bonvesin della Riva.
Da quelle storiche alle botteghe di quartiere, cresce la voglia di recarsi in questi luoghi con cibo di nicchia ma di sicura qualità per concedersi una coccola ogni tanto. In città sono molte e offrono prodotti lombardi spesso a km zero, ma ci sono anche tanti locali dove si possono trovare specialità culinarie tipiche di tutte le regioni italiane. In alcune si può sostare per un aperitivo o un vero e proprio pranzo. Non solo negozi, ma angoli di relax e di condivisione.
#4 Ristoranti: meno fine dining, più spazio alla semplicità
credits Quisine
Andare al ristorante diventa sempre più una esperienza informale, di puro svago, dove stare in compagnia in tranquillità. Vincono le location prive di lustrini, le ricette semplici, i piatti con una identità che vedi subito perchè facilmente riconoscibile, meno concettuali e più di sostanza, nel rispetto della stagionalità del prodotto. Viva la convivialità e il piacere di stare insieme a tavola. Senza fronzoli.
#5 Cascine fuori porta
Credits: conoscounposto – Cascina Caremma
Ce ne sono tantissime alle porte di Milano da CasCina Caremma a Guzzafame a Gaggioli. In alcune si può sostare anche per la notte, ma ciò che conta è abbandonare grattacieli e smog anche solo per un giorno, a contatto con natura, boschi secolari e allevamenti di animali. A contorno, buon cibo, vendita di prodotti locali, lunghe passeggiate, respiro a pieni polmoni. Un ristoro per l’anima insomma.
È un nuovo modo di stare insieme che sta davvero spopolando a Milano. Si chiama Hard coro, e consiste nel riunire, in una location predeterminata, un certo numero di persone che non si conoscono affatto, ma che sono tutte accomunati dalla voglia di cantare. Nel giorno, ora e location prefissata, ci si ritrova e si canta un testo guidati da un maestro di musica. Non ci sono regole, non c è pubblico. Solo la voglia di cantare insieme. Bellissimo.
A finire sotto osservazione sono anche i motorini. Ecco quando entrano in vigore i divieti, quali mezzi vengono colpiti e quanti chilometri sono consentiti con il dispositivo Move-In.
Move-In anche per moto e motorini: quali sono e da quando Milano sarà off limits anche per loro?
# Milano off limits anche per i motorini fino agli euro 3: dal primo ottobre 2025
Dal 1° ottobre 2025 scatta il blocco alla circolazione in Area B per circa 75.000 moto e motorini ritenuti inquinanti. Il divieto si estende ai ciclomotori a due tempi Euro 2 e 3, ai quattro tempi a benzina fino a Euro 2 e ai diesel fino a Euro 2. Restano già esclusi, e continuano ad esserlo, i due tempi Euro 0 e 1, per cui il blocco è attivo in tutta la Lombardia. La stretta è motivata da studi che evidenziano emissioni elevate di CO e NOx nei motocicli più recenti, in certi casi paragonabili o superiori a quelle delle auto Euro 2-3. Milano si allinea a Parigi che blocca gli Euro 2 di giorno, mentre Londra segue una strategia differente facendo pagare un ticket, ma dando la possibilità a tutti di circolare.
# Cos’è il move-in e quanti chilometri si potranno fare
Comune di Milano – Tabella limiti move in moto
Per compensare il divieto, arriva anche per le due ruote il MoVe-In: il dispositivo telematico che consente di circolare a chi rientra nei limiti di chilometri annuali. Già usato per le auto, ora viene esteso a moto e ciclomotori, conteggiando ogni tragitto in tempo reale, 24 ore su 24. Il principio è semplice: meno inquini, più chilometri puoi percorrere. I limiti vanno da 200 km/anno per un Euro 0 a 4 tempi, fino a 1.800 km per un Euro 4 a miscela o un Euro 5 diesel. Euro 2 a due tempi avranno 600 km, così come i diesel Euro 2. Euro 3 a due tempi, invece, possono arrivare a 1.500 km. Le soglie sono destinate a crescere nel tempo: nel 2028 non cambia il limite di 1.500 km per gli Euro 3 benzina, mentre dal 2030 anche gli Euro 4 a due tempi e diesel Euro 5 vengono messi al bando: per entrambi concessi 1.800 km annui con il dispositivo installato.
# Perché colpire i mezzi che incidono meno sul traffico? Il referendum che punta a bloccare i divieti
il reporter indignato YT – Raccolta firme referendum
La risposta più concreta al divieto è la raccolta firme per il referendum cittadino, che punta a sospendere la delibera prevista per ottobre. Servono 15.000 sottoscrizioni, al momento ne sono state raccolte quasi 5.000, di cui 700 solo durante un banchetto all’Idroscalo. Dopo un debutto da record, 2.000 firme in tre giorni a marzo, l’iter si è impantanato tra problemi tecnici e autorizzazioni burocratiche. Ma il promotore Riccardo Truppo, capogruppo di Fratelli d’Italia, resta fiducioso e come riportato da “Il Giornale” spiega la situazione: il link ora funziona, anche se non è ancora stato diffuso perché mancano due passaggi formali, l’approvazione tecnica e quella legale del Collegio dei Garanti. I quesiti sono due, firmabili entrambi, ma il sistema ha disabilitato i commenti pubblici.
L’obiettivo della seconda fase è politico: conferenze stampa, coinvolgimento dei partiti, e la richiesta di una presa di posizione da parte dei consiglieri. L’accusa alla giunta è che il blocco delle moto spingerà verso più auto, meno mezzi pubblici (già tagliati di 400.000 corse), e una città sempre più elitaria.