Macchine autonome, droni e intelligenza artificiale hanno steso 158 km di asfalto senza l’intervento umano. Una lunghezza pari all’Autostrada dei Fiori.
La prima autostrada costruita senza operai umani: sarà il futuro anche da noi?
# Cantiere da record: 158 km asfaltati senza una mano d’uomo, la stessa lunghezza dell’Autostrada dei Fiori

Nel cuore della superstrada Pechino–Hong Kong–Macao, una delle arterie più trafficate del pianeta, la Cina ha realizzato un intervento senza precedenti: 158 chilometri di asfalto posati da macchine autonome, senza l’intervento diretto di manodopera umana. Un tratto lungo come l’Autostrada dei Fiori. È la prima volta nella storia che un’infrastruttura di queste dimensioni viene completata grazie a robot, droni e intelligenza artificiale. Il sistema è stato progettato dal colosso Sany, che ha schierato sul campo una flotta composta da un pavimentatore automatico largo 19,25 metri, sei rulli compressori da 13 tonnellate e altri tre da 30, tutti sincronizzati da algoritmi e satelliti Beidou. Il risultato è un nastro d’asfalto uniforme, senza giunzioni, steso in un solo passaggio. Il sistema garantisce precisione centimetrica e massima compattezza, riducendo tempi e difetti. I droni monitorano il tracciato dall’alto, mentre le macchine si fermano automaticamente se un ostacolo si avvicina sotto al metro. L’unico personale presente è di supporto: tecnico, distante, pronto a intervenire solo in caso di emergenza.
# Meno costi, più precisione: l’ingegneria stradale entra in una nuova era

Questo cantiere automatizzato è stato pensato per affrontare alcune delle sfide più classiche del settore: la fatica fisica, il caldo estremo, la sicurezza sul lavoro, l’efficienza. Il nuovo sistema riduce gli infortuni a zero, migliora la precisione e taglia i costi operativi. L’asfalto viene steso in modo continuo e controllato, senza sovrapposizioni o angoli compressi male. Il tracciato dura di più, necessita di meno manutenzione e si realizza in meno tempo. Non è un caso se la Cina, che ha portato la sua rete stradale da 50.000 a 183.000 km in soli vent’anni, ha scelto proprio questa tratta, nota per aver ospitato un ingorgo da 9 giorni, per testare la nuova frontiera. Ogni macchina è dotata di sensori multipli, “recinti elettronici” e tracciatori ambientali per adattarsi in tempo reale. Le tecnologie, già operative, sono pronte per essere esportate: investitori stranieri hanno già messo gli occhi su Sany e sul modello cinese.
# Il confronto impietoso con l’Italia e l’Europa
L’Europa, e l’Italia in particolare, non sono rimaste immobili, ma il confronto è impietoso. Nel Regno Unito, progetti come il CAP (Connected and Autonomous Plant) stanno testando macchinari semi-autonomi per la riduzione dei rischi, e i droni vengono impiegati per il monitoraggio dei cantieri, ma nessuna infrastruttura è ancora stata completata senza operai. In Italia si utilizzano tecnologie simili solo per rilievi topografici e mappature. In futuro si costruiranno anche qui autostrade senza operai? Il primo passo per avvicinarsi alla Cina sarebbe quello di dotarsi di un quadro normativo che permetta l’utilizzo di mezzi autonomi su larga scala, investire in reti a bassa latenza per il controllo da remoto, e formare tecnici specializzati nella gestione dei cantieri robotici. Tutto questo deve però nascere da una volontà politica e visione industriale, che al momento non si vede all’orizzonte.
Continua la lettura con: In Italia l’autostrada più corta del mondo: 9 chilometri. Il costo? 57 milioni per chilometro
FABIO MARCOMIN