Ok, non ha l’aria più buona del mondo, spesso il traffico è infame e l’asfalto è a rischio buche. Eppure ci dimentichiamo che Milano è una metropoli tascabile: una grande città che si riesce a percorrere a piedi come nessun’altra al mondo. Anzi, come solo un’altra a non troppi chilometri di distanza. Una classifica ricavata da Time Out celebra questa eccellenza meravigliosa di Milano.
Milano è la seconda città più “walkable” del mondo!
5 chilometri. E’ la distanza dal centro ai confini comunali. Significa che con un buon passo si può andare da una parte all’altra della città camminando in due o tre ore. Straordinario.
Solo Monaco di Baviera fa meglio al mondo. Dietro Milano c’è Helsinki e un’altra città che si gira in modo meraviglioso a piedi: Parigi. A sorpresa si piazza al sesto posto Tokio, la prima megalopoli in classifica e unica città al di fuori dell’Europa. Completano la top 10 Madrid e tre capitali della bicicletta: Oslo, Copenaghen e Amsterdam
Sotto Milano è nascosto un mondo. Antichi passaggi sotterranei, opere dimenticate, una vera e propria città perduta. Per vivere Milano da Indiana Jones.
Il cinema stenta a riprendersi. Dopo anni di chiusure, mascherine e di assalti di Netflix, molte sale sono ancora vuote. L’occasione giusta per godersi un film nella sala Nobel all’Anteo. Per vivere Milano con effetti speciali.
Uno dei luoghi di Milano dove si respira aria straniera. La nostra Notting Hill da quartiere operaio a zona unica, tra le più sorprendenti della città. Per vivere Milano in multicolor.
#26 Fare una Stramilano partendo dal fondo (dribblando tutti quelli che la fanno camminando)
Se ancora non l’hai fatto, rimetti ai piedi le scarpe da corsa e inizia ad allenarti che ogni primavera arrivano le grandi classiche. Tonifica corpo e spirito partire in fondo e superare più concorrenti possibile. Un’emozione da provare. Per vivere Milano in grande forma.
O almeno provarci entrando nel suo celebre club. Una serata a ballare in uno dei locali di Milano è d’obbligo. Per vivere Milano con stile.
#24 Amoreggiare all’aperto in una sera d’estate
Certe sere di tarda primavera o d’estate Milano è da baciare. Basta passeggiare con la giusta compagnia e si rischia di essere travolti da un’insostenibile passione. Per vivere Milano appassionatamente.
#23 Riuscire a trovare un posto nel bar più piccolo del mondo (Backdoor43)
Se vuoi farlo entro l’anno affrettati a prenotare. Per vivere la Milano più intima.
Milano non ha grandi parchi, almeno se ci confrontiamo con le grandi città europee. Però ha angoli verdi unici al mondo. Come i giardini della vigna di Leonardo. Ancora più esclusivi da quando li hanno comprato i francesi. Per vivere una Milano proibita.
#21 Assaporare a Milano una cucina straniera mai provata
Si dice che il tipico cibo di Milano sia il sushi. La verità è che poche città al mondo offrono così tante cucine internazionali di standard così elevato. Cingalese, Nepalese, Belga, l’importante è provarne una nuova. Per vivere la Milano internazionale.
A Porta Romana le grandi terme di Milano. Tra vasche di acqua calda e percorsi benessere in stile scandinavo, emerge un unicum nelle Spa del mondo: la sauna sul tram. Se non l’hai provata questo può essere il periodo buono. Per vivere la Milano caliente.
Incoronato tra i locali top del mondo, se non l’hai mai provato, devi bere un cocktail in questo piccolo locali di culto in zona Porta Venezia. Per vivere Milano col friccico nel cuore.
#17 Guardare Milano dall’ultimo piano del Palazzo Lombardia
Si apre e si chiude a intermittenza. Speriamo che chiunque vinca alle elezioni lo riapra al pubblico in modo permanente. Perché da lassù Milano è bella da togliere il fiato. Per vivere Milano con le vertigini.
#16 Sfidare la Serravalle Genova per fare colazione a Santa Margherita
Un tempo era una prova di iniziazione per i neo patentati. Un po’ come le prove del fuoco degli indigeni della Nuova Guinea. Poi è un po’ decaduto, anche per l’introduzione dei liiti e dei tutor. Però, anche senza mirare ai 180, resta l’autostrada più adrenalinica della nostra rete. E poi giunti al mare ci aspetta una colazione da capogiro a Santa Margherita. Per vivere Milano in quinta.
#15 Assistere a un derby o una partita di coppa europea a San Siro
Siamo o non siamo l’unica città al mondo ad aver vinto la Champions con due squadre diverse che giocano nello stesso stadio? In attesa che lo abbattano, muoviamoci ad ammirare lo spettacolo di San Siro con le luci accese e gli spalti esauriti. Per vivere Milano da campioni.
#14 Girare per la città in monopattino o in motorino
Comunque la si pensi, è indubbio che Milano non sia una città per automobili. Circolare a quattro ruote può trasformarsi in un inferno. Invece passare su due ruote può rivelarsi davvero intrigante. Agile ma al tempo stesso rischioso. Un’esperienza da brividi. Per vivere una Milano scattante.
#13 Un giro in elicottero sopra la città in una giornata di sole
E farlo assieme ad Andrea Cherchi che fa le foto è ancora più elettrizzante. Contattatelo. Per vivere una Milano panoramica.
La verità? Pochi milanesi lo hanno fatto. Che sia l’occasione per acquistare qualcosa nella strada più cara d’Italia? Per vivere Milano con le mani bucate.
La “Cappella Sistina” di Milano, uno dei luoghi più belli ma più sottovalutati della città. C’è anche il liocorno. Per vivere la Milano rinascimentale.
La superpedonale di Milano. Il grande classico. Da Brera al Bosco Verticale, passando per corso Garibaldi, Porta Nuova, Corso Como, Gae Aulenti e il Bosco Verticale. Per vivere Milano dal passato al futuro.
Il grande miraggio di noi poveri mortali di Milano: la prima alla Scala (non a tirare gli ortaggi). Che sia l’anno buono? Per vivere la Milano regale.
#2 Salire sul Duomo, a piedi, e guardare il monte Rosa con ancora le vertigini degli scalini
Vale lo stesso scritto sotto al Cenacolo. Per vivere Milano con il batticuore.
#1 Andarsene (e rimpiangerla)
A Milano si progetta di andare via. Per l’estate, per i ponti, per Natale, per il week end. Sapendo che una volta via, Milano ti manca da morire. Comunque sia, progettiamo grandi viaggi quest’anno, ok? Per vivere una Milano da rimpiangere.
Il Veneto conta ben 9 siti riconosciuti come Patrimonio dell’UNESCO. Scopriamo dove sono.
Le 9 meraviglie UNESCO in Veneto: l’elenco completo
Non è una novità dell’ultima ora, il fatto che Il Veneto sia una regione ricca di storia, arte e cultura. Grazie a ciò vanta una notevole concentrazione di siti riconosciuti dall’UNESCO per il loro valore universale. In questo breve articolo faremo un viaggio alla scoperta di tutti i siti UNESCO del Veneto, attraversando secoli di storia, arte e tradizione di questa bellissima regione italiana.
#1 Venezia e la sua Laguna
Non poteva non aprire la lista la città di Venezia, città dall’armonioso connubio tra natura e ingegno umano. Città unica al mondo, offre un esempio impareggiabile di come l’umanità abbia saputo trasformare le sfide ambientali e logistiche in opportunità di prosperità. Grazie alla sua magia, insieme alla bellezza mozzafiato della Laguna su cui si specchia, è stata ufficialmente inserita nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO nel 1987. Questo riconoscimento è stato conferito per l’eccezionale unicità e singolarità del suo patrimonio storico, archeologico, urbano, architettonico, artistico e delle sue tradizioni culturali.
#2 Gli affreschi del XIV secolo di Padova
Si tratta dell’ingresso più recente nella lista dei Patrimoni UNESCO della Regione Veneto. Otto monumenti situati nel centro storico di Padova, ciascuno dei quali custodisce tesori artistici di rara bellezza. Tra questi non potevano mancare la Cappella degli Scrovegni, famosa per i suoi affreschi di Giotto che narrano le storie della Vita di Cristo, e il Palazzo della Ragione.
All’interno dei monumenti sono conservati dei preziosi affreschi realizzati da maestri rinomati del XIV secolo. Tra questi, oltre al già nominato Giotto, si possono trovare il Guariento, Jacopo Avanzi, Jacopo da Verona, Giusto de’ Menabuoi eAltichiero da Zevio.
#3 Orto botanico di Padova
Fondato nel 1545, l’Orto Botanico di Padova è il più antico Orto Botanico Universitario del Mondo ancora in attività. Entra nella lista del Patrimonio Unesco nel 1997.
E’ considerato la culla degli orti botanici del mondo e ha svolto un ruolo cruciale nel progresso di numerose discipline scientifiche moderne, tra cui la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia.
#4 Dolomiti
Risale al 2009 L’iscrizione delle Dolomiti nella Lista del Patrimonio Mondiale. Tra le montagne più famose del Mondo, devono la promozione non solo alla loro bellezza estetica, ma anche al loro significato scientifico nel contesto geologico e geomorfologico.
Un insolito fenomeno noto come enrosadira regala uno spettacolo senza eguali ai frotunati visitatori: quando il sole del tramonto colpisce le vette dolomitiche, queste si accendono con tonalità che sfumano dal rosa al rosso intenso.
#5 I siti palafitticoli delle Alpi
Nel 2012 arriva invece il momento di entrare nella lista dei Patrimoni Culturali dell’Umanità per un complesso straordinario costituito da 111 insediamenti palafitticoli, distribuiti tra sei nazioni europee: Italia, Svizzera, Francia, Germania, Austria e Slovenia. Nella provincia di Verona, due località sono state insignite del prestigioso titolo. Una è a Peschiera del Garda, tra le zone di Belvedere e Frassino. L’altra è a Tombola, presso Cerea.
Anche la provincia di Padova vanta una località di notevole importanza: il Laghetto della Costa ad Arquà Petrarca, un piccolo paese ai piedi dei Colli Euganei, famoso per aver ospitato gli ultimi anni di vita di Francesco Petrarca.
#6 Le Ville Palladiane di Vicenza
Nel 1994 Vicenza viene dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. La città è adornata da una collezione di ville firmate dall’architetto rinascimentale Andrea Palladio.
L’artista ha contribuito a rendere Vicenza una città d’arte di primaria importanza, ideando edifici di inconfondibile eleganza, equilibrio e armonia. Solo due anni dopo, il sito è stato arricchito con l’aggiunta di altre 21 ville palladiane sparse in tutto il Veneto.
#7 Le opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo
Nel 2017, l’UNESCO ha insignito del titolo di Patrimonio dell’Umanità un complesso di beni che attraversa diverse nazioni, tra cui l’Italia, la Croazia e il Montenegro. In Veneto è stata premiata la città di Peschiera del Garda, una città-fortezza a forma di pentagono.
Le maestose mura, risalenti al XVI secolo (durante il dominio della Serenissima Repubblica), sono ancor oggi splendidamente conservate. Lo spettacolo che si ammira affacciandosi sul Lago di Garda dalle mura di Peschiera è un vero incanto.
#8 Verona
Si parla della seconda città in Italia per presenza di reperti archeologici risalenti all’epoca degli Antichi Romani estremamente ben conservati.
Solo per citare alcuni tra questi: l’Arena, il Teatro Romano, il ponte Pietra, l’arco dei Gavi, le porte Leoni e Borsari. Verona è entrata nella lista UNESCO solo nel 2000, come esempio eccezionale di piazzaforte.
#9 Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene
Nel 2019 l’UNESCO ha promosso a Patrimonio Culturale dell’Umanità le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. Il territorio si snoda interamente tra le colline della provincia di Treviso e si presenta come un’opera d’arte collettiva.
Storia, arte e cultura si sono incontrate, nel corso dei secoli, in questa cornice naturale, dove terrazze scoscese e filari di viti disposti con cura evocano un’armonia perfetta tra umanità e natura. I vigneti di queste colline producono alcuni tra i vini più pregiati della regione, famosi in tutto il Mondo. Ogni singola osteria, trattoria, locanda del posto offre la possibilità di scoprire i sapori autentici della tradizione veneta.
Che Milano sia sempre stata una città unica nel suo genere è uno dei capisaldi su cui Milano Città Stato fonda parte della propria idea di autonomia. Sì, perché Milano custodisce un microcosmo di vere e proprie stranezze che val ben la pena di ricordare.
Compie 10 anni una delle attrazioni più originali di Milano: l’installazione denominata Wall of Dolls, inaugurata nel 2014 in via De Amicis su iniziativa di Jo Squillo. Un intreccio metallico a muro, a un tiro di schioppo dalle colonne di San Lorenzo, dove sono state affisse una serie di bambole realizzate da fashion brand come Alberta Ferretti, Trussardi e Max Mara.
Un’iniziativa che spaventa chi si trovi a passar da quelle parti e a buona ragione: le bambole sono infatti un omaggio alla memoria delle vittime di femminicidio.
Le case di via Lepanto sono indubbiamente fra le costruzioni più bizzarre di Milano. Progettate nel 1946 dall’architetto Mario Cavallè, ne sono rimaste intatte poche, e si trovano nel cuore del Villaggio dei Giornalisti, oasi residenziale nella zona nord-est della città ove si possono ammirare, oltre alle case a Igloo, una serie di splendide villette che fanno sembrare questo quartiere lo scorcio autunnale di una città del Vermont.
Più che una stranezza è un vero e proprio horror dal sapore medievale. In piazza Santo Stefano si trova infatti la chiesa di San Bernardino, costruita nel lontano 1269 nei pressi del lebbrosario di via Brolo per ospitare le vittime di questa antica piaga.
Nella cappella dell’ossario, centinaia di ossa appartenuti agli “ospiti” dell’antico cimitero sono state affisse alla parete e, come se non bastasse, l’altare è pieno di teschi, custoditi in teche di vetro, e di resti di alcuni condannati a morte. Non esattamente un posto dove portare chi soffre di tanatofobia.
#4 I pinguini sui marciapiedi
I graffiti e i dipinti a muro sono ovunque, sia chiaro, ma a Milano, prima in Italia, si è diffusa la moda di dipingere anche su componenti impensabili dell’arredo urbano. Per la gioia dei writers, e, va detto, grazie a una continuità con l’amministrazione comunale che ha garantito un proliferarsi di varie forme di street-art. A questo proposito ricordiamo, per esempio, gli stranissimi pinguini colorati, graffiti realizzati sui “panettoni” dissuasori di traffico, ideati dall’artista Paolo Bordino detto Pao.
“Il Dritto, lo Storto e il Curvo” sembra il titolo di un western di Sergio Leone. Invece rappresentano il trittico del complesso di City Life, dove i tre grattacieli hanno assunto un nome cinematografico. La Torre Isozaki, la Torre Hadid e la Torre Libeskind rappresentano un vero e proprio castello moderno, composto da tre pilastri d’architettura diversissimi tra loro e, proprio per questo, unici al mondo.
Nel giardino del meraviglioso cortile di Villa Invernizzi quasi un secolo fa hanno trovato dimora alcune famiglie di fenicotteri rosa dando un sapore di Africa a Milano. La villa si trova su via Cappuccini e queste stupende creature si possono ammirare attraverso le inferriate che ne delimitano il giardino. La zona è soprannominata Quadrilatero del silenzio, in contrapposizione al più celebrato Quadrilatero della moda, altrettanto importante per la fama della città ma, certamente, molto più rumoroso.
Concludiamo l’articolo con una stranezza degna dei milanesi: via Roma. Sapete dove si trova, vero? Forse vi sfugge, e il motivo è semplice. Via Roma, a Milano, non c’è proprio. O meglio, c’è corso di Porta Romana, che per un periodo, negli anni successivi all’avvento del fascismo si chiamò appunto Corso Roma. Poi, caduto il fascismo, l’amministrazione dell’epoca ricambiò nuovamente il nome con quello originario, rendendo così Milano l’unica città italiana senza una strada intitolata alla Capitale.
Questa edizione del Fuorisalone potrebbe lasciare in eredità una piccola rivoluzione per Milano: non riguardo al design, ma sulla mobilità.
Queste le strade chiuse per il Fuorisalone (che non potrebbero riaprire mai più)
# Stop alla circolazione in queste strade
L’edizione 2024 del Fuorisalone prevede un stop alla circolazione in diversi quartieri interessati alla manifestazione. Fino al 20 aprile per alcune strade è prevista la chiusura in base alle esigenze del momento e per altre una chiusura dal primo all’ultimo giorno. Tra quelle colpite dal blocco del traffico ci sono:
via Solferino, da lunedì 15 aprile a venerdì 19 aprile dalle ore 17 alle 22, sabato 20 aprile dalle 14 alle 22 e domenica 21 aprile dalle 14 alle 20;
Via Savona, da Via Tortona a Via Bergognone;
Via Tortona, da Piazzale delle Milizie a Via Forcella e da via Voghera e via Savona;
Via Voghera;
Via Bergognone, da via Solari alla ferrovia;
Via Orseolo Pietro;
Via Montevideo, da Via Solari a Via Savona;
Via Cerano, da via Savona a via Voghera;
Via Novi; Via Forcella Vincenzo;
Via Bugatti Gaspare;
Via Stendhal, da Via Savona a Via Tortona;
Via delle Foppette;
Via Ventimiglia;
Via Bobbio;
Via Barbavara;
Largo delle Culture, Piazzale Stazione Genova, lato ferrovia.
# Il Sindaco Sala: “Qualcosa che è pensato per la Design Week può dunque diventare permanente”
Lo stop alla circolazione messo in atto in occasione del Design Week potrebbediventare permanente, o comunque tramutarsi in Ztl. A parlarne è stato il Sindaco Beppe Sala durante una diretta Instagram la scorsa settimana: “La mobilità è uno dei problemi della settimana del Fuorisalone. Consiglio di lasciare a casa l’auto. Ma il tema può essere utile per fare esperienza. Nel 2023 abbiamo chiuso via Durini. La chiusura era legata anche a lavori in corso, ma il Municipio 1 ha deciso di renderla permanente. Qualcosa che è pensato per la Design Week può dunque diventare permanente“. Nel 2024, ha aggiunto il Sindaco, l’idea è di replicare queste iniziative in altri quartieri: “Non so se poi saranno chiusure permanenti, ma sarà l’occasione per sperimentare la possibilità di cambiare il modo di vivere le nostre strade”.
In 7 minuti di treno o in 10 minuti di auto si passerà dalla costa nord della Germania all’isola di Copenaghen. Inoltre grazie ai corridoi ferroviari europei si potrà partire da Milano e arrivare in treno o in auto fino a Copenaghen in modo ancora più rapido da Amburgo, senza prendere un traghetto o senza allungare passando per la Danimarca continentale. Da lì si può procedere oltrefino a Capo Nord in Svezia, senza soluzioni di continuità. Quando è prevista l’inaugurazione di questa opera faraonica e gli ultimi aggiornamenti sui cantieri.
Il tunnel sottomarino più lungo del mondo: porterà l’Italia fino a Capo Nord. Le ultime novità sulla sua costruzione
# “Fehmarn Belt Tunnel”: 18 Km per unire Danimarca e Germania in soli 7 minuti di treno, 10 di auto
Il “Fehmarn Belt Tunnel” è stato definito come “una nuova porta d’ingresso per l’Europa” dal Ministero dei Trasporti danese. La lunghezza prevista è di 18 km, una distanza sei volte maggiore a quella che divide la Calabria dalla Sicilia, mentre la profondità sotto sotto il Mar Baltico è di 40 metri. Rispetto al tunnel della Manica o della galleria Seikan in Giappone, questo tunnel poggerà sul fondale marino invece di essere costruito sotto di esso.
Una volta ultimata consentirà di ridurre la distanza da Amburgo a Copenaghen da 450 km a 320 km, facilitando la comunicazione fra la Scandinavia, la Germania e tutta l’Europa. In auto serviranno appena 10 minuti dalla costa nord della Germania per andare all’isola di Lolland, da cui si raggiunge Copenaghen, grazie ai convogli che potranno viaggiare fino a 200 km/h il tempo di viaggio in treno sarà addirittura inferiore, solo 7 minuti.
# I numeri di questa opera faraonica
Questi i numeri di un’opera faraonica:
un’autostrada a quattro corsie e due binari elettrificati;
79 blocchi di cemento impiegati, ciascuno lungo 217 metri, e 10 elementi speciali con un piano inferiore per l’utilizzo delle attrezzature di esercizio e manutenzione del tunnel;
ogni elemento pesa 73.000 tonnellate, come 14.000 elefanti, mentre la quantità di acciaio equivale a 50 Torri Eiffel;
circa 3.000 persone al lavoro nei cantieri.
Credits FemernAS YT - Tunnel Fehmarn Belt
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L’investimento per la sua costruzione è pari a circa 7 miliardi di euro, di cui uno proveniente dall’Unione Europea, che dovrebbero essere ripagati dal pedaggio stradale dei veicoli che vi transiteranno nell’arco di 40 anni. La parte ferroviaria del tunnel sarà inserita nella rete TENS, la rete di treni diurni e notturni europea.
# Il tunnel prende il nome dall’isola tedesca di Fehmarn. Con la sua costruzione parte il nuovo progetto turistico “Destination Fehmarnbelt”
Il tunnel si collegherà all’attuale Fehmarn Belt, un ponte che connette l’isola tedesca di Fehmarn alla terraferma. Proprio dalla famosa isola tedesca attraversata, nello Schleswig-Holstein, prende il nome l’opera. Poi toccherà all’isola danese di Lolland, a sud di Copenhagen. Questa zona del Mar Baltico è molto turistica ed offre sia tantissime attività all’aria aperta legate alla natura e al mare sia molte visite a siti culturali. La costruzione dell’infrastruttura darà il via anche il nuovo progetto turistico “Destination Fehmarnbelt” che prevede itinerari in comune tra i due Paesi e tra le città di Copenhagen, Malmö e Amburgo.
Vediamo la cronistoria e il punto sui cantieri.
# Tra la fine del 2024 e la fine del 2025 la conclusione delle entrate del tunnel
Le prime operazioni nel cantiere per la realizzazione del tunnel Fehmarnbelt sono in corso dal 2021 a Rødbyhavn in Danimarca, dove è stato costruito il porto operativo oltre che il più grande tra i due previsti. Da qui partono anche le spedizioni delle grandi quantità di materiali da costruzione. A Puttgarden in Germania, sulla sponda opposta, i cantieri sono diventati operativi alla fine dello stesso anno.
Nei primi mesi del 2022 sarebbero dovuti partire in entrambi i lati, danese e tedesco, i lavori per la costruzione dell’entrata del tunnel, ma per il secondo si è dovuto attendere la fine del 2023 a causa di ritardi politici. Per questo motivo la conclusione di questa parte di cantiere è prevista alla fine del 2024 in Danimarca e alla fine del 2025 in Germania, con entrambe le strutture che saranno dotate di griglia luminosa sul tetto in grado di garantire una transizione graduale tra la luce naturale e quella nel tunnel.
# Avviato l’ammodernamento delle ferrovie di entrambi gli Stati
L’opera del tunnel richiede interventi anche sull’infrastruttura ferroviaria dei due Stati. In Germania la DB ha dato avvio all’ammodernamento degli 11,4 km di ferrovia sull’isola di Fehmarn, previsto il raddoppio dei binari, mentre dal 2026 è programmata la partenza dei lavori per la realizzazione di un nuovo tracciato di 55 km per collegare Lubecca alla terraferma tedesca.
In Danimarca nella tratta ferroviaria di 80 chilometri tra le località danesi di Ringsted e Nykøbing Falster, è in corso di raddoppio e potenziamento con l’eliminazione delle interferenze stradali, mentre i lavori per quella tra Nykøbing Falster e lo scalo del porto di Rødby che affaccia sullo stretto di Fehmarn verranno avviati in una seconda fase.
# Attesa per la posa dei primi moduli del tunnel, tra il 2025 e il 2028 asfaltatura delle strade e la posa di binari, a metà 2029 l’inaugurazione
Nel 2023 è iniziata la costruzione dei primi settori del tunnel, mentre la posa degli stessi sul fondo del mare è prevista a partire della metà del 2024. Tra il 2025 e il 2028 si prevede l’asfaltatura delle strade nelle gallerie, la posa dei binariferroviari e tutta l’infrastruttura tecnologica necessaria al funzionamento del tunnel.
In base al cronoprogramma, al netto dei ritardi sui cantieri in Germania, l’inaugurazione è stata fissata per la metà del 2029.
Tramite questo progetto si punta a rilanciare il turismo di due suggestive vallate tra Italia e Svizzera. Il percorso allo studio e quando potrebbe essere inaugurata.
La “metropolitana delle Alpi”: il progetto per unire Italia e Svizzera
# Un investimento di 52 milioni di franchi per rilanciare il turismo di due suggestive vallate tra Italia e Svizzera “oscurate” dalle località più rinomate
Un’opera che potrebbe rivoluzionare i collegamenti transfrontalieri. La “metropolitana delle Alpi” è stata infatti pensata per rilanciare due vallate splendide tra Italia e Svizzera che oggi soffrono la concorrenza delle località montane più rinomate e preferite dai turisti. L’investimento stimato per questo incredibile progetto da parte del Bak Economics, autorevole centro studi elvetico, è di 52 milioni di franchi, con un valore aggiunto lordo di 26,5 milioni di franchi generato solo in fase di costruzione. I posti di lavoro creati, tra occupazione diretta e indotto, sarebbero 235.
# La “metropolitana delle Alpi” prevede un tracciato di 5,8 km e 2 sole stazioni
Il tracciato previsto per questa metropolitana transnazionale è di 5,8 km interamente in galleria per ridurre l’impatto ambientale. Le fermate sarebbero solo due, il capolinea italiano nella località di Formazza, a 1.280 metri in Piemonte nell’omonima valle, e la località walser ticinese di Bosco Gurin, in Vallemaggia a 1.500 metri d’altezza. Si favorirebbe così la creazione di un circuito alpino insieme al progetto legato all’asse di mobilità nord-sud del Gottardo.
La durata del viaggio è stata calcolata in 8 minuti, mentre i convogli di questa funicolare sotterranea avrebbero una capienza di 50 posti e effettueranno sei corse all’ora. In questo modo potrebbero essere trasportati a regime 115.200 persone ogni anno, di questi molti dormirebbero almeno una notte nelle strutture ricettive e rimarrebbero a mangiare nei rifugi e nei ristoranti dei due comuni contribuendo a sostenere l’economia delle due valli.
Il Comune di Formazza ha avanzato la proposta presso la Provincia del Verbano-Cusio-Ossola, mentre il governo svizzero ha esaminato il piano, sottoposto alcune osservazioni e chiesto approfondimenti. In caso di benestare del progetto dovrà seguire l’eventuale adattamento del Piano regolatore di Bosco Gurin e la procedura d’approvazione federale. Prima di tutto serviràche anche dal lato italiano arrivi l’assenso a proseguire. Nel 2022, anno in cui è stato presentato il progetto della “metropolitana delle Alpi”, l’obiettivo dichiarato era di inaugurare entro la fine del 2027. Visto lo stato delle cose, nel caso venga realizzata l’opera, si dovrà con molta probabilità attendere qualche anno in più.
Un progetto ambizioso e innovativo, un’oasi di relax in una location contemporanea e di design. Vediamo cosa prevede il progetto.
Il progetto della “Piccola Atlantide” di Segrate
# Un’oasi nel quartiere verde all’interno del Centro Parco
Per il lago del Centro Parco, l’area un tempo occupata dalla cave e oggi oasi nella natura vissuta dai cittadini, è previsto un ambizioso e innovativo progetto di rigenerazione urbana. La presentazione è avvenuta nella primavera 2023 al Centro Verdi di Segrate. Il comune del primo hinterland di Milano ha commissionato allo studio danese Mast, fondato dall’Architetto Marshall Blecher, l’“Oasis – L’Oasi di Segrate”. Il progetto si ispira ad altri disegnati dallo studio specializzato in costruzioni sull’acqua e design marittimo e vincitore di svariati concorsi di architettura internazionali. Il finanziamento è interamente a carico dell’Unione Europea.
# Una darsena con costruzioni avveniristiche galleggianti
L’obiettivo è mettere a disposizione un’oasi di relax in una location contemporanea e di design. Il progetto vuole completare la riqualificazione del rinnovato laghetto Centro Parco, già avvenuta quella della sponda sud con la creazione di più punti di aggregazione per lo sport e il tempo libero di bambini, giovani, meno giovani e famiglie, proseguendo con la sponda nord. Qui è previsto che sorga un piccola darsena dedicata al noleggio di piccole imbarcazioni elettriche per fare escursioni sull’acqua e sulle isole galleggianti.
Queste ultime si caratterizzano per soluzioni fruibili totalmente “green”, realizzate con materiali ecocompatibili e ancorate al fondo del lago, e dal design avveniristico, che galleggeranno sull’acqua e saranno collegate da passeggiate lungo le sponde e ponti pedonali. Vogliono fungere da estensione del parco sull’acqua e un punto di vista differente e affascinante del lago del Centroparco. Nel progetto è prevista anche la piantumazione di piante ed essenze autoctone, terrestri e acquatiche capaci di svilupparsi in poco tempo e consentire alla fauna del posto di avere un rifugio naturale e sicuro.
# Un ponte verde di connessione tra i quartieri e i parchi della città
L’ambizione più grande è quella di fare del Nuovo Centroparco un ponte verde di connessione tra i quartieri e i parchi della città, (Laghetto di Redecesio, Golfo Agricolo, parco Alhambra, parco dei Mulini, parco Europa e parco dell’Idroscalo) e realizzare una rete ecologica locale che possa estendersi verso il limite dei confini comunali. Si pensa infatti di collegare tutti questi siti con nuovi ponti ciclopedonali connessi alla viabilità speciale diretta al futuro polo d’eccellenza per gli sport indoor, previsto al posto dell’ex stabilimento ex Fischer di via Morandi confiscato alla mafia.
Nella parte nord della città, il tessuto urbano nasconde delle sorprese. A ridosso del Villaggio dei Giornalisti, troviamo delle originalissime costruzioni che ancora oggi rappresentano uno degli esperimenti residenziali più curiosi mai realizzati in tutta Italia.
La strada di Milano con le case fungo e le case zucca
# Le origini: il villaggio dei giornalisti con “case per l’alta borghesia”
Ci troviamo in via Lepanto, quartiere Maggiolina, ai margini del cosiddetto Villaggio dei Giornalisti. Zona di (ex) case popolari per la piccola e media borghesia milanese progettata dall’ingegnere Evaristo Stefini e realizzata da una cooperativa composta principalmente da giornalisti, pubblicisti e avvocati (da qui il nome del Villaggio) tra il 1909 e il 1912, nell’allora comune di Greco. Il progetto nacque a seguito di un editoriale pubblicato nel 1911 da Mario Cerati, direttore de Il Secolo, nel quale si denunciava come l’attenzione del governo fosse concentrata solo sulle masse operaie e sull’urbanistica popolare, mentre scarseggiavano i quartieri dell’alta borghesia.
Fu così che fra palazzine liberty a due o tre piani e ampi spazi di verde che fanno oggi di questo quartiere il primo esempio di città-giardino in Italia, qualche anno più tardi sorsero anche gli otto igloo di cemento, costruiti nel 1946. Cavallè fu anche autore e realizzatore del progetto delle case fungo sempre alla Maggiolina, il cui destino come vedremo è stato meno fausto. Ma procediamo con ordine.
# Le case zucca o igloo: nate come risposta temporanea per gli sfollati della seconda guerra mondiale
Il progetto di Mario Cavallè, che oggi appare piuttosto eccentrico, era in realtà molto pragmatico: si trattava di unità abitativeprovvisorie che avrebbero potuto rappresentare una risposta veloce ai bisogni delle famiglie sfollate, con le case distrutte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Molti peraltro non sanno che il modello residenziale e la tecnica costruttiva delle case igloo, chiamate anche case zucca, sono un retaggio degli Stati Uniti, dove in quegli anni era piuttosto diffusa un’architettura delle dimore circolari.
# Dovevano essere abbattute ma…
È da qui che Cavalli prese spunto per progettare abitazioni a pianta rotonda di circa cinquanta metri quadrati sviluppate su due livelli (seminterrato e primo piano). Il sistema costruttivo a volta, formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, permetteva la massima libertà sulla sistemazione degli spazi interni, laddove la disposizione originaria prevedeva ingresso, bagno, due camere e cucina. Esattamente come per le case fungo costruite nello stesso periodo anche per le case zucca si parlò di demolizione negli anni Sessanta, ma l’architetto Luigi Figini si mobilitò per evitare che venissero abbattute, ottenendo per così dire un quarto di vittoria.
Oggi infatti solo due delle originarie otto case igloo (o zucca) hanno mantenuto questo impianto, mentre le altre hanno subito importanti interventi di ampliamento e rifacimento: una di loro ha un nuovo vano accorpato all’igloo originale destinato a bagno, un’altra è stata ripensata come loft open space e pian pianino anche le altre quattro sono progressivamente sparite fra mille ristrutturazioni.
Le due case igloo sonotuttora abitate e di proprietà privata, anche se qualcuno nelle amministrazioni spera che i proprietari possano un giorno cedere per realizzarvi un piccolo museo. Nello stesso quartiere è possibile inoltre imbattersi nell’unica casa palafitta di Milano, la Villa Figini (dal nome del sovracitato urbanista) sospesa da terra grazie a dodici pilastri di cemento. Insieme alle case igloo avremmo potuto vedere anche le case fungo…
Le “case fungo” scomparse
Le “case fungo” erano state costruite in due esemplari e insieme alle “case igloo” avevano contribuito a rendere il quartiere fiabesco e a tratti onirico. La caratteristica di queste costruzioni, oltre alla peculiare forma a fungo, era lo sviluppo su due livelli sovrapposti: il gambo al piano inferiore, più stretto, la cappella al piano superiore, più ampio. Sembra che l’ingegnere abbia tratto ispirazione dall’Amanita Muscaria, uno dei funghi psicoattivi più appariscenti del bosco.
Purtroppo chi è giovane non può averne memoria, poichè il nipote stesso dell’ingegnere decise di demolirle nel 1965, per realizzarci una costruzione tuttora abusiva. Però chi vuole vederle ha ancora una possibilità. Deve solo fare qualche chilometro in più.
Le copie a Novate Milanese
Per i nostalgici e per chi non ha potuto vederle dal vivo, a Novate Milanese ne hanno riprodotte tre unità, non corrispondenti al 100% alla forma e a i colori degli originali, ma in grado comunque di richiamarne la memoria.
Lanciamo la proposta: e se le ricostruissimo anche a Milano, nel loro luogo natale?
Abbiamo chiesto ai milanesi quale quartiere vorrebbero ricostruire da zero, se potessero. Queste le 5 prime scelte.
I 5 quartieri di Milano da ricostruire da zero
#5 Bicocca, un tempo occupata dalla Pirelli, la sua ricostruzione non ha avuto gli effetti sperati
La Bicocca è uno dei quartieri più recenti di Milano. I fenomeni di deindustrializzazione e delocalizzazione dalla fine degli anni ’70 hanno infatti pesantemente inciso nella zona e sui suo futuri sviluppi. A partire dagli inizi degli anni ’80 fino al 2005 un grande progetto di riqualificazione e smantellamento dell’area di oltre 300.000 mq prima occupata dagli stabilimenti della Pirelli, ne ha cambiato il volto. Di recente sono stati realizzati altri interventi edilizi, con nuovi edifici residenziali, oltre all’avvio del restyling dell’ateneo. A detta di molti esperti di urbanistica però la ricostruzione di questa parte di città non ha sortito gli effetti sperati. La soluzione migliore sarebbe forse quella di abbatterla e ricostruirla da zero per farlo diventare il quartiere del futuro.
#4 Giambellino, uno dei quartieri popolari più grandi di Milano
Lo storico quartiere variegato e dalle molteplici identità, che prende il nome dalla via principale che percorre tutta la lunghezza, è un rettangolo di palazzi a quattro piani costruiti negli anni ’40 per alloggiare gli operai del complesso industriale adiacente. Questo ne fa uno dei quartieri popolari più grandi della città, assieme al limitrofo Lorenteggio. Attualmente è in corso un grande progetto di riqualificazione che li coinvolge entrambi con demolizione e ricostruzione di diversi immobili, per ora solo tre delle otto abbattute, mentre sono in fase di bonifica e demolizione le tre stecche su Via Lorenteggio. L’apertura della M4 con la contestuale riqualificazione delle aree superficiale è un ulteriore step nel processo di rinascita del quartiere, sarà sufficiente a trasformarlo?
#3 Gratosoglio, il sogno infranto di realizzare un quartiere autonomo
L’idea per il Gratosoglio era quella di creare un grande quartiere autonomo. Per farlo si scelse lo studio BBPR, famoso per aver realizzato la Torre Velasca. Sviluppato su un’area di circa 50 ettari, nell’estrema periferia meridionale di Milano, è formato da otto torri alte 56 metri e 52 edifici in linea alti 30 metri. Il risultato non ha purtroppo mantenuto le aspettative, si presenta infatti anonimo, ripetitivo e con nessuno slancio estetico. Il quartiere sconta oggi anche anni di scarsa attenzione e manutenzione e conseguente degrado e, nonostante qualche timido intervento di riqualificazione, abbatterlo e rifarlo da capo potrebbe essere l’unica possibilità per farlo rinascere.
#2 Ponte Lambro, un quartiere isolato da decenni e in forte degrado
Ponte Lambro tra tutti quelli da rifare è quello che sconta anche il fatto di essere mal collegato al resto della città, non ha né fermate di metro né di tram. Tutto è partito dalla crisi economica del dopoguerra con la conseguente chiusura e delocalizzazione della fabbriche della zona e che ha portato al suo isolamento. Poi l’ampliamento dell’aeroporto di Linate e l’interruzione della strada Paullese negli anni ’60, e infine agli inizi degli anni ’70 la realizzazione della Tangenziale Est gli hanno dato il colpo di grazia lasciandolo come un corpo a se stante. Il risultato inevitabile è statoun forte degrado urbano, carenza di servizi sociali e molte case fatiscenti, che potrebbe essere risolto solo ricostruendo il quartiere da zero e ripensando il trasporto pubblico.
Veniamo a un altro quartiere difficile della città, la porzione di San Siroa sud di Piazzale Segesta. Come il Giambellino si caratterizza per case popolari e palazzi tipici dell’edilizia degli anni cinquanta, dall’estetica approssimativa e improntati alla mera funzionalità. Tristemente conosciuta per essere degradata e pericolosa, anche per la popolazione a prevalenza straniera e in particolare di origine araba, con frequenti fenomeni di occupazione e microcriminalità e per questo conosciuta come il “Quadrilatero dell’illegalità”. A complicare il tutto la conformazione e la localizzazione degli edifici nel contesto cittadino ha creato una sorta di ghetto. Alla fine del 2023 è stata presentata la proposta “Rigenerare la città” che punta a trasformare radicalmente questo quadrante nell’ovest della città. Potrebbe essere l’ultima speranza prima di un eventuale intervento radicale di demolizione e ricostruzione.
Queste le opere in costruzione o progettate che avranno un grande impatto sul pianeta.
Le grandi infrastrutture che rivoluzioneranno il mondo
#1 L’aeroporto per voli h24 pronto nel 2026
Su progetto degli studi Zaha Hadid Architects e Cox Architecture in Australia è in costruzione il secondo aeroporto di Sidney, il Western Sydney International (Nancy-Bird Walton) Airport. L’obiettivo del nuovo scalo è quello di rispondere alle esigenze di trasporto della città, dato che tra 20 anni vedrà raddoppiata la sua popolazione. A questo si aggiunge la necessità di tutelare la qualità della vita dei cittadini e garantire allo stesso tempo che gli aerei possano atterrare e decollare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Per questi motivi il luogo prescelto per la sua realizzazione è lontano dal centro abitato, in un zona dove per 30 anni non si potranno costruire abitazioni. L’inaugurazione è programmata per il 2026, quando si stimano 5 milioni di passeggeri annui, mentre nel 2031 e nel 2063 l’aeroporto dovrebbe movimentare rispettivamente 10 e 83 milioni di persone.
#2 L’alta velocità per unire l’Europa centrale e settentrionale prevista in funzione dal 2026
Passiamo al traporto su ferro. Sono attivi i cantieri per la Rail Baltica, una nuova linea ferroviaria convenzionale veloce a doppio binario a scartamento europeo standard, che consentirà di collegare rapidamente questi sei paesi: Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, quest’ultimo per ora in traghetto.
I numeri della linea: lunghezza di 950 km, la parte ferroviaria baltica sarà di 870 km, una velocità massima di 249 km/h per i treni passeggeri e 120 km/h per i treni merci, tre terminal merci multimodali e sette stazioni passeggeri internazionali. Questo nuovo tracciato transnazionale migliorerà collegamenti ferroviari tra l’Europa centrale e settentrionale e dovrebbe essere operativo nel 2026.
#3 Il tunnel sottomarino più lungo del mondo in attesa di approvazione
Alla Rail Baltica, come detto in precedenza, mancherebbe un tratto per essere completo, quello dall’Estonia alla Finlandia. Per questo motivo è stato ipotizzato un progetto che, se realizzato, diventerebbe il più lungo tunnel sottomarino del mondo. Stiamo parlando di Talsinki, pensato per collegare la capitale estone Tallin e quella finlandese Helsinki, dalla stazione centrale di Tallin e arrivo all’aeroporto di Helsinski. In totale sono circa 92 km, di cui 50nel sottosuolo marino. Nel territorio sono altre due le fermate considerate, Pasila e City Center. Si prevedono poi due isole artificiali della grandezza di 400 per 300 metri al largo delle due Nazioni da realizzare con la terra di scavo. Il costo previsto è tra i 9 e i 13 miliardi di euro e l’opera risulterebbe finanziariamente fattibile solo se l’Unione Europea coprisse almeno il 40% del costi. Al momento quest’ultima ha approvato un finanziamento di 3,1 milioni di euro per gli studi di fattibilità. La stima fatta per la durata dei cantieri è di un periodo compreso tra i 10 e 15 anni.
#4 Tra Germania e Danimarca il tunnel che collega l’Europa Continentale alla Scandinavia atteso per il 2029
In attesa della realizzazione del progetto Talsinki, il tunnel Fehmarnbelt con i suoi 18 km di lunghezza a 40 metri sotto il Mar Baltico potrà fregiarsi del titolo di tunnel più lungo del mondo. L’opera poggerà sul fondale marino e metterà in connessione la Germania con la Danimarca. Compreso nel progetto ci sono un’autostrada a quattro corsie e due binari elettrificati che consentiranno di raggiungere dalla costa nord della Germania l’isola di Lolland, per poi proseguire verso Copenaghen, e viceversa, in 7 minuti di treno e 10 minuti di auto. In questo modo si ridurrà da 450 km a 320 km la distanza da Amburgo a Copenaghen e verrà facilitata la comunicazione fra la Scandinavia, la Germania e tutta l’Europa. Il costo dell’opera è di circa 7 miliardi di euro. Nel corso del 2024 è prevista la posa dei primi moduli del tunnel, l’inaugurazione è programmata per la del 2029.
#5 Il treno Maya: per collegare i Caraibi con i siti storici del Messico, inaugurato il tratto da Palenque a Play del Carmen
In Messico è in costruzione il Tren Maya che punta a collegare le destinazioni turistiche dei Caraibi con i siti meno conosciuti dell’entroterra compresi, come dice il nome, i siti storici Maya, nella penisola dello Yucatán. Stiamo parlando di una ferrovia interurbana di 1.525 chilometri e 18 stazioni con partenza da Palenque in Chiapas fino a Cancún attraverso due percorsi che divergono a Escàrcega. Un’opera complessa di ingegneria, contestata da attivisti per i diritti ambientali e indigeni per l’attraversamento della giungla, l’abbattimento di 10 milioni di alberi, e la probabile distruzione di reperti archeologici.
Le prime quattro sezioni, per un totale di 892 km a nord-est da Palenque a Cancún, sono state inaugurate il 15 dicembre 2023, mentre nei primi mesi del 2024 ha inaugurato la quinta fino a Playa del Carmen. Il Primo Tribunale Collegiale in Materia Amministrativa ha imposto lo stop ai lavori, che porterebbero la linea a chiudere l’anello alla stazione di Escàrcega. La fine dei cantieri, per un’opera il costo è salito a 28,5 miliardi di dollari, era prevista nel 2024 ma si dovrà attendere ancora un po’ di tempo.
Abbiamo pubblicato questo post sulla Fan Page di Milano Città Stato:
Queste in sintesi le risposte principali. Ph. Cover @milanographies IG
Liberiamo Milano
#1 Superare la bagarre ideologica
Ai primi due posti di quello che si vuole eliminare nelle risposte risultano gli avversari politici: 1. Leghisti/fascisti (o fascio leghisti) da mandare via in 67 commenti che hanno preso un totale di 285 like 2. Piddini (o nelle varianti comunisti o “zecche”) in 62 commenti con un totale di 243 like
Pannella si starà rivoltando nella tomba. Leggendo i commenti si vede quanto sia forte la pressione ideologica e partitica tra i milanesi. Si parla di politica con la sobrietà di un capo ultras, inserendo insulti o frasi apodittiche senza alcuna argomentazione. Per noi che siamo alfieri di una comunità unita al di là delle fazioni e della diversità di pensiero questa evidenza ci crea sconforto. Per una nuova stagione di Milano servirà saper superare questa oppressione ideologica che ammorba la città.
#2 Sic transit gloria Sala?
“Milano si deve liberare del suo sindaco”: questo viene scritto in 43 commenti che hanno raccolto 164 like. A proposito di pressione ideologica, sicuramente il sindaco con le sue giunte ci ha messo del suo. Anzi. Spesso l’ideologia è servita a coprire errori o lacune dell’amministrazione. La sensazione è che l’ideologia sia oggi l’oppio del popolo ma il salvacondotto per chi governa. Nota: altro personaggio da bannare da Milano secondo i commenti è Salvini, ipotesi alimentata da 74 like.
#3 Questioni quotidiane
Passando a cosa più pratiche che si vogliono togliere da Milano ci sono: 1. Auto (i cui commenti raccolgono 161 like complessivi, anche se ci sono molti oppositori a questa idea) 2. Imbrattamenti dei muri/ sporcizia 91 like ai diversi commenti 3. Smog 87 like ai numerosi commenti Spiccano poi i 58 like a un commento contro chi tiene lo zaino sulle spalle sui mezzi pubblici. Molti infine i commenti e relativi like per levare da Milano finti rifugiati/immigrati illegali (152 like complessivi) e zingari (93 like complessivi). Da ultimo molti commenti legati a problematiche economiche, dal caro case alla povertà diffusa.
La stessa domanda su da cosa dovremmo liberare Milano ce la siamo posta anche noi della redazione. Ecco i nostri desideri.
Da che cosa dovremmo LIBERARE MILANO: le scelte della redazione di milanocittastato.it
# Il gap bassi stipendi-caro affitti
“Suggerisco di liberare Milano dalla voragine che separa ormai tanti stipendi dal costo della vita, in particolare dai prezzi gonfiati degli affitti e delle case in vendita. E dagli esercizi commerciali poco chiari che invadono la città fungendo da “lavanderie“ (Roberta)
# L’asfalto colante
“Dal pessimo asfalto dei marciapiedi che d’estate si incolla alle suole e si riempie di buchi causati dai cavalletti degli scooter. E poi dalle bancarelle stile suk, dai sopralzi indegni dei palazzi storici” (Fabio)
# Degrado e microcriminalità
“Milano va assolutamente liberata dal boschetto della droga, dal degrado di alcune periferie e dalla microcriminalità” (Luca e Marco)
# Burocrazia
“Milano va liberata da burocrazia e norme inutili in tre settori: edilizia, occupazione suolo pubblico, apertura esercizi commerciali/hotel. Ah. E ovviamente la gestione degli eventi” (Giacomo)
# Gli “insozzatori del nido”
“Manderei via da Milano quelli che i tedeschi chiamano Nestbeschmutzer, letteralmente gli ‘insozzatori del nido’. Ossia, chi critica senza fare niente per migliorare le cose, chi ha perso autonomia di pensiero e nasconde la sua assenza facendo con aggressività il servo di partito, chi non ha cura per la città, chi insulta e denigra gli altri, chi esercita il suo potere in modo mafioso, chi mette veleno nella comunità, chi insozza Milano con le sue parole e con le sue azioni” (Andrea)
Un’artista capace di rompere gli schemi femminili della sua epoca e superare il clichè della donna fatale. La sua storia, i suoi incontri e la sua gloriosa carriera.
Vera Vergani, l’attrice più amata del teatro degli anni ’20
# L’incontro con Antonio Gramsci e Piero Gobetti
Una sera del 1919, dopo aver recitato al Carignano di Torino, all’uscita del teatro incontra due giornalisti, esperti di spettacolo. Le fanno i complimenti e, con cortesia, garbo e ammirazione, la accompagnano, a piedi, fino all’albergo in cui questa attrice dimorava nella trasferta sabauda. Sono colpiti dall’intelligenza e dalla cultura di questa giovane artista, bella ma non fatale, carica di una simpatia difficile da vedere in quegli ambienti. Anche lei è intellettualmente rapita da questi due ragazzi, anche loro di grande cultura, educati e discreti: uno è piccolo, dai capelli nerissimi ricci e un po’ arruffati, l’altro è alto e magro, con un modo di rapportarsi estremamente fine. Lei è l’attrice milanese Vera Vergani, i due giornalisti sono Antonio Gramsci e Piero Gobetti. Vera, allora, non si rende conto che di fronte ha due ragazzi che diventeranno i simboli della storia antifascista del nostro Paese, loro invece sono ben consapevoli di avere intrattenuto una piacevole chiacchierata con una delle principali attrici italiane, non solo di quell’epoca. Un’attrice apprezzata da Pirandello e da D’Annunzio, che diventerà la più amata del teatro degli anni venti.
# Il debutto nella compagnia guidata da Virgilio Talli e Maria Melato
Vera Vergani nacque a Milano il 6 febbraio 1895, da una famiglia che, da parte di madre, era una leggenda per quanto riguarda il teatro dei burattini, con la creazione delle compagnia delle marionette “I Piccoli”, fondata dallo zio di Vera, Vittorio Podrecca, nel 1914. In quell’anno la nostra attrice, che era nata nella casa milanese di via Vigna, debutta nella compagnia guidata da Virgilio Talli e Maria Melato. Vera Vergani aveva conosciuto il proprio debutto nel 1912, con la commedia “Le distrazioni del Signor Antenore”. In principio si faceva chiamare Vera Podrecca, cognome della madre e degli zii, “principi” delle marionette, oltreché vivaci antifascisti e militanti del Partito Socialista.
L’attrice milanese, dopo diverse esperienze lontana dalla Madonnina, torna nella propria città al Teatro Kursaal Diana, con l’opera “Marcia nuziale”. Il caso la porta a sostituire la diva del tempo, Jone Frigerio, poi è la grande protagonista ne “L’invasore”, della scrittrice Annie Vivanti, ancora a Milano, ma al Teatro Olimpia.
# Dal teatro al cinema e ritorno
Giovanissima, la Vergani diventerà la prima attrice nella Compagnia Drammatica Italiana di Ruggero Ruggeri, ed è con questa nuova esperienza che l’artista milanese inizia a recitare con il proprio cognome dell’anagrafe. A 25 anni lascia il teatro (momentaneamente) per dedicarsi al cinema: sono gli anni in cui recita in pellicole come “La nemica”, di Guglilmno Zorzi, “La buona figliola” di Mario Caserini e, sempre guidata dal regista romano, “La modella”.Tornata al teatro, passa alla compagnia di Dario Niccodemi, entrando anche come dirigente della stessa società di recitazione. Nel ruolo della figliastra, riceve i complimenti di Pirandello in “Sei personaggi in cerca d’autore”, mentre per “La figlia di Iorio”, è lusingata da Gabriele D’Annunzio, che aveva scritto l’opera una ventina di anni prima.
# Il merito di rompere gli schemi femminili della sua epoca
Spavalda e impudente, Vera Vergani ha avuto il merito di rompere gli schemi femminili della sua epoca, capace, nella recitazione, di dar voce alle eroine tragiche e ai personaggi più comuni. Supera il cliché della donna fatale, per proporre un’immagine e un linguaggio nuovo, come donna artista. La Vergani ha recitato in circa venti pellicole e in tante opere teatrali, fino ai trentacinque anni, quando decide di salutare per l’ultima volta il pubblico e uscire dalle scene: era il 13 gennaio 1930 e l’ultima sua recitazione avvenne al Teatro Manzoni, proprio di Milano.
Passeggiando nella natura incontaminata, caratterizzata da scorci e panorami mozzafiato, ci si imbatte in un bosco “popolato” da figure legate a numerose leggende locali. Dove si trova e da chi è stato realizzato.
Il bosco incantato lungo il fiume, a due ore da Milano
# Il percorso: dal laghetto a Colle Vareno al balcone panoramico sulla Val Camonica
Ci troviamo in un’area quasi interamente di proprietà della Regione Lombardia: la Foresta di Lombardia Valle di Scalve. Qui si snoda un semplice percorso di circa 3 km e un dislivello di 100 metri caratterizzato da scorci panoramici mozzafiato. Si parte dal laghetto a Colle Vareno, con tratto iniziale di arroccamento sviluppatesi nel pascolo del Glisunder, si giunge alla strada forestale per Croce di Vareno e da qui si prosegue lungo la strada entrando poco dopo nel bosco.
A 1472 metri di quota, dove è posizionata la Croce di Vareno, c’è un meraviglioso balcone panoramico sulla Val Camonica.
# Le 40 sculture lignee del Bosco Incantato
visitpresolana.it - Sculture
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Le bellezze della natura vengono arricchite da numerose leggende, raccolte dal Professore Giorgio Gaioni del Comune di Angolo Terme, che prendono forma nel Bosco Incantato. Lungo il tracciato si possono infatti trovare circa 40 sculture lignee, realizzate dagli operai dell’Ente Regionale per i servizi all’ Agricoltura ed alle foreste (ERSAF), chemostrano contadini, boscaioli, malghesi, pastori. Nei punti di maggiore interesse sono installati dei pannelli informativi contenenti anche delle illustrazioni ad opera degli alunni delle scuole elementari di Angolo Terme e dei confinanti comuni della Valle di Scalve.
# Le 13 leggende rappresentate
Le sculturerappresentano le 13 leggende del bosco: il piè del Diaol, la diligenza del Diavolo, la leggenda della Presolana, la beffa di San Silvestro, Ol bras dè mort, il Monte Pora, il lago della culla, la Croce di Vareno, la storia del Pis de Cote, la baita dè la Mandola, le bacche rosse di Castello Orsetto, Ol bus de la Pora, le quattro matte della Presolana.I racconti hanno rappresentato un mezzo per fronteggiare le difficoltà della vita e per dare una ragione agli eventi negativi, per questo motivo sono state scelte raffigurazioni di persone comuni del luogo, oltre ad animali, gnomi e fate.
# A due ore di auto da Milano
Per arrivare alla partenza del percorso del Bosco Incantato servono circa 2 ore di auto da Milano. Si prende l’autostrada A4 e si esce a Bergamo, da qui si prosegue sulla strada statale 470, sulla provinciale 35 verso Nembro e infine sulla statale 671 fino a Castione della Presolana. Infine, dopo circa 36 km, all’altezza della frazione di Dorga si entra nell’abitato e procedendo lungo Via Monte Pora si arriva al parcheggio nei pressi del laghetto da dove inizia il percorso.
Mestre ospita nel suo modernissimo M9, una mostra (non) ufficiale dell’artista simbolo della nostra epoca.
Bansky a Mestre: i muri da strada all’interno di un museo
# Lo street artist più celebre al mondo
Banksy è forse l’artista contemporaneo più famoso del mondo, considerato uno dei maggiori esponenti della street art. Le sue opere, conosciute universalmente, sono molto eccentriche e incisive. Danno modo a chi ne fruisce di riflettere sul sistema e sulla società in cui viviamo: un simbolo di lotta e di protesta in un mondo in cui spesso gli interessi economici prevalgono su quello che dovrebbe essere il bene delle collettività.
Come cita il sitotheworldofbanksy.it, l’artista non autorizza le mostre dedicate ai suoi lavori, ma non le impedisce. Banksy incoraggia chiunque voglia far viaggiare il suo lavoro, chiunque voglia reinterpretarlo e dargli voce. L’arte secondo lui deve essere di tutti. I messaggi devono arrivare a chiunque.
# Bansky a Mestre
Fino al 2 Giugno 2024, l’ M9di Mestre (il Museo del ‘900 della terraferma veneziana) ospita Banksy. Painting Walls, una esposizione che conta oltre 70 opere dell’artista. Il team del museo, in collaborazione con l’associazione MetaMorfosi, ha compiuto un’impresa che certamente non può passare inosservata.
Sono stati infatti portati all’interno dello spazio espositivo ben tre muri originali, distaccati dalle pareti dove i dipinti sono nati. Si tratta del monumentale muro angolare di Season’s greetings al piano terra, e di Robot/Computer Boy e Heart Boy al terzo piano.
# Le contraddizioni dell’esposizione
Oltre ai tre muri originali, sono presenti alcuni pezzi unici che arricchiscono il percorso espositivo, fatto di contraddizioni (consapevoli), che riflettono con precisione quelle dell’artista stesso: “ci saranno sicuramente delle polemiche sul portare dei muri all’interno del museo. Anche in questo caso, ho voluto trattare i tre muri come se fossero dei reperti archeologici, esattamente come è successo per l’Altare di Pergamo e moltissimi altri monumenti. Oggi non lo vedremmo, se non fosse stato fatto quello sforzo”. La mostra è stata infatti così introdotta dalla sua curatrice Sabina de Gregori.
Tra cantieri in corso, fermi e in progetto sono diverse le stazioni che dovrebbero vedere la luce nei prossimi anni. Scopriamo quali sono.
La metropolitana di Milano: le stazioni del prossimo futuro già in costruzione (immagini)
# M1
Per la linea rossa sono due i progetti previsti: un’estensione a nord e una a sud-ovest.
L’estensione a nord di 1,9 km e due fermate: Sesto Restellone e Cinisello-Bettola
Quella a nord, un tracciato di 1,9 km di metropolitana e due stazioni, Sesto Restellone e Cinisello-Bettola, è in corso da oltre 12 anni e bloccato più volte per problemi burocratici ed economici.
La stazione di Sesto Restellone
Tra le due stazioni di prolungamento della M1 quella di Sesto Restellone è ancora nello stato in cui avevamo visto un anno fa. Sono già stati posati i binari e il corpo stazione ha la sua conformazione quasi definitiva ma il cantiere è in pausa.
La stazione di Cinisello-Bettola
Sono ripresi invece, anche se parzialmente, i lavori per la stazione di testa, futuro nuovo capolinea nord. Mancano circa 20 milioni e una nuova azienda per portare a conclusione i lavori di tutta l’estensione, si attende la gara d’appalto, e capire se verrà realizzato il centro commerciale soprastante con annessi parcheggi. Nella migliore delle ipotesi l’inaugurazione di entrambe le stazioni sarà nel 2028.
L’estensione a sud-ovest di 3,3 km e tre fermate: Parri-Valsesia, Baggio e Olmi
Attesa per il mese di aprile 2024 la gara di appalto per realizzare circa 3,5 chilometri di tracciato fino alla Tangenziale Ovest con tre nuove stazioni: Parri-Valsesia, Baggio e Olmi, tutte interrate e all’interno del territorio comunale. Oltre la tangenziale, al confine con il Comune di Settimo Milanese, è previsto il deposito.
Stazioni estensione ovest M1
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Il progetto definitivo è stato realizzato nel 2021, mentre a febbraio 2024 sono arrivati i 124 milioni di euro di extra costi promessi dal governo. Ogni stazione prevede aree verdi, alberi e piste ciclabili in superficie, quella di Parri avrà 3 accessi, quella di Olmi un parco con giochi per bimbi, una pista di educazione stradale, un circuito da corsa, un giardino con le dune e un campetto polivalente. I cantieri dovrebbero partire entro l’inizio del 2025 e terminare non prima del 2030.
Dopo l’inaugurazione delle stazioni di Tricolore eSan Babila,il 4 luglio 2023, sono salite a 8 quelle attive sulla linea M4 per un totale di 7,2 km di tracciato. Il restante tracciato della M4aprirà entro la fine di settembre 2024, anche se alcune stazioni centrali solo a dicembre. Vediamo lo stato di avanzamento dei rispettivi cantieri.
La tratta a Ovest della M4: da Sforza-Policlinico a San Cristoforo FS
Credits Urbanfile - Cantieri M4
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Lungo la lungo la tratta ovest è in corso la riqualificazione delle aree di superficie e in molte stazioni si è ai ritocchi finali. Dalle ultime immagini di Urbanfilesi può osservare la situazione di alcuni cantieri: San Cristoforo FS, Bolivar, Coni Zugna, California, Sant’Ambrogio, De Amicis e Sforza Policlinico. Nelle stazioni più esterne è in corso la piantumazione del verde, la sistemazione dei marciapiedi e di alcune parti esterne delle uscite.
dombul - Urbanfile
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Le stazioni della tratta centrale sono quelle più in ritardo con i lavori. Tra queste troviamo Sforza-Policlinico, anche se ha recuperato sulla tabella di marcia, Santa Sofia, Vetra e De Amicis, le ultime tre a causa dei ritrovamenti archeologici. Per questo motivo non sono ancora alla fase di sistemazione a livello strada e probabilmente sono le principali indiziate ad aprire a dicembre.
Tra le stazioni previste per la nuova Circle Line, dopo quella Tibaldigià inaugurata a dicembre 2022, altre due avranno la precedenza rispetto alle altre: Stephenson e MIND-Merlata. Per la seconda è già stato presentato un primo rendering.
Porta Romana FS
Rendering e cantiere stazione Porta Romana
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Non si tratta di nuova stazione ma di riqualificazione di una esistente. Stiamo parlando di quella di Porta Romana FS. Il progetto a cura dello studio AOUMM prevede il suo mantenimento nella posizione attuale, rispetto alle ipotesi iniziali, con un sistema integrato di accessibilità ciclopedonale con la stazione metropolitana M3 Lodi. Attualmente sono in corso il rifacimento le pensiline di copertura, altre serviranno per rendere riparato il camminamento tra Piazzale Lodi e la stazione, e la costruzione gli ascensori. Previsto inoltre la riqualificazione del vecchio edificio viaggiatori in stile modernista decò. L’inaugurazione è prevista per le Olimpiadi Invernali del 2026.
MIND-Merlata, la stazione giardino
Credits 3tiprogetti-Urbanfile - Stazione MIND-Merlata
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Tra le nuove stazioni c’è quella di MIND-Merlata, tra le stazioni di Milano-Certosa e Rho Fiera Milano. La sua struttura è stata pensata in metallo bianco, per integrarsi con la vicina passerella ciclopedonale e dovrebbe venire ricoperta di rampicanti e circondata da alberi. I rendering rilasciati dallo studio di progettazione 3TI Progetti si riferiscono però solo alla porzione di manufatto che si collega alla passerella, mentre a metà della stessa dovrebbe essere costruito l’edificio della stazione vero e proprio con annesse piattaforme e banchine dei treni. Nel settembre 2023 sono stati stanziati 10 milioni di euro per finanziare (insieme a RFI e Arexpo) la progettazione esecutiva vera e propria della nuova stazione.
Tra la stazione di Certosa e di MIND-Merlata è prevista quella di Stephenson, ma ancora non è stato presentato lo studio di fattibilità. Il finanziamento arriva dall’accordo scali e quindi a carico di RFI.
Oro sempre più alle stelle: superati oggi i 2.400 dollari l’oncia. A inizio anno gli esperti prevedevano una crescita nel 2024 non superiore ai 2.030. Previsione già polverizzata. Una cosa è certa: non si è mai visto un rialzo così prolungato e consistente, senza correzioni. La grande domanda: è corsa all’oro oppure fuga dalle valute?
Ogni giorno nuovi record: è corsa all’oro oppure fuga dalle valute?
# Salito di 300 dollari in sei settimane
Una corsa così non si era mai vista. L’oro ha messo il turbo segnando una serie di record. In appena sei settimane è salito di circa 300 dollari, registrando l’ascesa più rapida da decenni. Non solo: un’ascesa che pare non avere nessun punto di correzione. Addirittura, settimana dopo settimana aumenta l’inclinazione della crescita: nelle ultime 24 ore ha superato i 2.400 dollari l’oncia. A inizio anno gli esperti prevedevano una crescita nel 2024 non superiore ai 2.030. Previsione già polverizzata. Anche i future, i contratti sul futuro, presentano quotazioni siderali. E l’impennata riguarda anche i volumi: nelle ultime 24 ore risultano pari a 23,5.000 lotti rispetto alla media su 5 giorni di 17,85.000 lotti. Ma qual è il motivo di quanto sta succedendo? Per capirlo bisogna risalire a quali sono le mani che stanno accumulando il metallo giallo.
# La corsa all’oro delle banche centrali
Chi compra è ormai cosa nota. Si tratta delle banche centrali, ma con un sostanziale cambiamento nel corso delle ultime settimane. La prima a iniziare la corsa all’oro è stata la banca centrale cinese. Questo aprile è infatti il diciassettesimo mese consecutivo di acquisti da parte della massima istituzione finanziaria cinese (Fonte: Bloomberg)
Come si vede nel grafico, la Cina la fa sempre da padrone: a inizio 2024 ha acquistato sui mercati 22 tonnellate di oro. Seguita da Turchia e India. Poi ci sono altre nazioni emergenti dell’Asia con l’eccezione della Repubblica Ceca. Questo accadeva fino a febbraio. Ma l’impennata delle ultime settimane prova che altre banche centrali si stiano muovendo: anche quelle dell’Occidente, guidate dagli Stati Uniti d’America. Cosa può spingere le banche centrali, da sempre gli enti regolatori delle valute, ad accumulare oro?
# Bye bye, dollaro? (e le altre valute a ruota)
Come riporta il sito americano di attualità finanziariazerohedge.com, “l’attuale divergenza tra i prezzi dell’oro e i tassi reali a 10 anni suggerisce che qualcosa di terribile sta per accadere…”. Se le banche centrali stanno acquistando oro può significare solo una cosa: che si attendono un deprezzamento della loro valuta. L’unico modo per una banca centrale di cautelarsi da una consistente perdita nel potere di acquista di una o più valute è l’acquisto di oro.
“Ci sono decenni in cui non succede nulla e ci sono settimane in cui accadono decenni.”, ricorda sempre Zerohedge. Guardando la storia, il prezzo dell’oro può rimanere in stasi per molto tempo, ma quando esplode, l’impennata è solitamente rapida e furiosa. Come si vede nel grafico sopra i cosiddetti breakout dell’oro hanno sempre anticipato delle gravi recessioni, come nel 2008 o negli anni Settanta. Ma in questo caso quale può essere il rischio più probabile?
E’ sempre Zerohedge a riportare l’indiscrezione bomba: il FMI prepara la rivoluzione finanziaria: dite addio al dollaro, titola il sito americano. La tesi è inquietante quanto tutto sommato semplice: da quando il dollaro è stato sganciato dall’oro si è progressivamente attivata una sovrapproduzione di moneta, che negli ultimi anni ha raggiunto un livello esorbitante. Facile immaginare che da questo eccesso di produzione monetaria, che riguarda praticamente tutte le valute fiat del mondo, si arriverà al punto di rottura, ossia quando il mercato non riesca più ad assorbirla e, soprattutto, non abbia più fiducia nel suo valore. Il rally dell’oro, ma anche dell’argento, dei bitcoin e di ciò che non ha correlazione con questa quantità di denaro circolante potrebbe pertanto rappresentare uno scenario potenzialmente drammatico. Non sarebbe segno di una crescita nel valore di tali asset ma del crollo delle valute tradizionali. Che, in breve, potrebbero valere carta straccia, un po’ come accaduto nella Germania di Weimarnegli anni ’20 del Novecento.
Solo piatti genuini, preparati giornalmente con prodotti stagionali, a prezzi popolari. A condire il tutto l’atmosfera dalle vecchia Milano.
TTre latterie storiche di Milano dove mangiare come una volta
#1 Latteria La Cicala
La Cicala è il cognome della proprietaria, Anna, che ha rilevato diversi anni fa il locale da quello precedente mantenendo lo stile delle vecchie latterie. Questo locale in zona Porta Venezia/Monforte si presenta infatti con i classici tavoli apparecchiati proprio come in osteria, con tovaglie a quadri bianche e rosse e caraffe d’acqua sul tavolo. Tutto qui è realizzato con ingredienti biologici, solo piatti semplici e abbondanti, incluso il pane con lievito madre vecchio di tre generazioni sfornato ogni mattina e da accompagnare con burro e marmellata e un caffè fatto con la moka.
Il menu è prevalentemente vegetariano, anche se non mancano pasticci di patate e prosciutto, arrosti e polpettoni, e si possono comporre i piatti a proprio piacimento a partire da 10 euro. Aperto dalle 8 alle 19, il giovedì fino alle 22.30 e il sabato fino alle 15.30, mentre è chiuso la domenica. Per entrare bisogna però rispettare dieci condizioni, tra cui “non essere un gastrofighetto snob” e “Non chiamare il cibo food”.
A dieci minuti a piedi da La Cicala, in una traversa di Porta Venezia che sbuca sui Giardini Indro Montanelli, c’è Latteria Carlon. Da quando è nata, nel 1941, ha mantenuto intatta l’atmosfera genuina e cordiale e la sua impostazione di locale perfetto per un pasto veloce, con piatti tipici milanesi genuini, senza troppe pretese, a prezzi bassi. Da mangiare ce n’è per tutti i gusti: primi, secondi di carne e di pesce, verdure e torte della casa. Rimane aperto dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 18.30, chiuso nel weekend.
Indirizzo: Via Tommaso Salvini, 2
#3 Alla Vecchia Latteria
Qui siamo in pieno centro storico, a poche centinaia di metri da Piazza del Duomo, “alla Vecchia Latteria” è un locale che esiste dal 1885. Non c’è dubbio quindi che sia un’autentica latteria, piastrelle bianche, foto d’epoca e una vecchia cartina di Milano alle pareti, semplici tavoli in legno con gambe in ferro e sgabelli per una cinquantina di posti. La proposta in questo caso è esclusivamentevegetariana, il menu è realizzato con sole verdure di stagione. Si può scegliere tra piatti più “ricercati” e altri più semplici, frittate a 8 euro e primi a 13 euro, da non perdere il misto forno, una portata unica con una selezione di assaggi delle specialità della casa. Aperto da lunedì al sabato dalle 11 alle 15, chiuso la domenica.
Realizzare se stessi rimanendo autentici è possibile? “So di essere completo quando sono con altre persone”, “Trovando quella fiamma dentro di me e alimentarla”, “Restando coerenti con se stessi”. Alcuni tra i protagonisti della nuova generazione cercano soluzioni a uno dei grandi temi di sempre dell’esistenza umana. @fermento.online #fermento
Qui il video. Segui Fermento, il nuovo progetto di Vivaio, seguendoci su:
Per trovare un innevamento migliore rispetto a quello attuale bisogna risalire al 2001. Questi i dati forniti dal Servizio Glaciologico Lombardo. La neve caduta da febbraio ad oggi permette ai ghiacciai di recuperare il deficit degli ultimi inverni.
Neve ad alta quota: l’annata migliore degli ultimi vent’anni
# Neve record sopra i 2.000 metri
Le forti nevicate che hanno colpito l’arco alpino italiano a partire da febbraio hanno dato una sterzata alla stagione di accumulo di neve 2023-2024. La quantità di neve caduta al suolo, spiegano dall’ SGL – il Servizio Glaciologico Lombardo, ha raggiunto i valori tra i più elevati degli ultimi vent’anni, ma solo sopra i 2.000 metri di quota. Al di sotto di tale livello l’innevamento anche quest’anno è inferiore alle medie storiche. Il contrasto è dovuto al fatto che le temperature si sono mantenute elevate anche a marzo.
# Un innevamento migliore solo nel 2001: ottimismo anche per i ghiacciai
Per trovare un innevamento migliore rispetto a quello attuale bisogna risalire al 2001, ma è ancora presto per dire se i ghiacciai per la prossima estate avranno raggiunto una massa di equilibrio. Molto dipenderà dalle temperature dei prossimi mesi. I glaciologi sono moderatamente ottimisti: nella peggiore delle ipotesi il bilancio sarà meno catastrofico che negli ultimi due anni, nella migliore si potrebbe registrare un recupero rispetto a quanto perso nel 2023. Per incrementare lo strato di ghiaccio occorrono neve accumulata in inverno e temperature estive fresche. Ad oggi la prossima parte dell’equazione è garantita. Per la secondo dovremo aspettare i prossimi mesi.