Bruno Arena, il fico di Milano

Aveva saputo trasformare un brutto incidente in un marchio di fabbrica. Ma questa volta la botta è stata troppo forte. Anche per lui

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Vignetta di Fabio Buffa

Aveva saputo trasformare un brutto incidente in un marchio di fabbrica. Ma questa volta la botta è stata troppo forte. Anche per lui. 

Bruno Arena, il fico di Milano

Vignetta di Fabio Buffa

# Non era uno scherzo

Questo 2022, che ci stiamo lasciando alle spalle, si è portato via Bruno Arena, l’altra metà dei “Fichi d’India”. Se n’è andato lo scorso 27 settembre, era molto che mancava dalle scene a causa di un aneurisma che lo colpì nel 2013, a cui seguì un periodo in coma e una lunga quanto sofferta riabilitazione. Manco a farlo apposta stette male proprio durante la registrazione di una puntata di “Zelig”, la trasmissione televisiva che lo rese aveva reso celebre, al fianco del proprio compagno di cabaret Max Cavallari.
Era il 17 gennaio di quasi dieci anni fa, “stava registrando uno sketch, aveva appena finito, quando disse che si sentiva male, sentiva che gli stava venendo un ictus”, disse la moglie alcuni anni fa. “Finita la scena è andato dietro le quinte ed è svenuto; tutti pensavano che stesse scherzando, come faceva spesso, speravamo che fosse una gag“. Invece non era una delle tante trovate comiche di Bruno, quella era la bastarda realtà che ce lo ha tenuto lontano oltre nove anni, per poi spegnerlo, portandolo via.

# L’incidente trasformato in brand

Bruno Arena era nato a Milano il 12 gennaio 1957: dopo la maturità, presso un liceo artistico, si iscrive all’Università frequentando il corso Isef e diventa insegnante di educazione fisica nella provincia di Varese. D’estate si mette a fare l’animatore nei villaggi turistici e lì inizia a testare le proprie capacità di comico e di animale da palcoscenico.
Nel 1984 è vittima di un grave incidente stradale che, a causa degli interventi chirurgici subiti, gli lasciò i segni sul volto che divennero una sorta di “brand” del personaggio, che tra gli anni novanta e i duemila ha divertito tanto di quel pubblico, tra televisione, cinema e teatro, naturalmente al fianco dell’altra metà dei “Fichi d’India” Cavallari.

# “Io arrivavo con una Porsche, Bruno in bicicletta”

Ma torniamo indietro: Bruno e Max si conoscono in un oratorio di Varese, nel 1988 decidono di creare una coppia artistica, scegliendo il nome dai fichi d’india presenti sulla passeggiata di Palinuro, località dove nasce questo binomio di comicità.
Si esibiscono al “Fuori pasto” di Varese, poi passano al programma televisivo “Yogurt”, e a Radio Deejay al fianco di Marco Baldini. Siamo oltre la metà degli anni novanta e la loro popolarità raggiunge livelli notevoli con la partecipazione alla gara di barzellette su Canale 5 “La sai l’ultima?”. Il bello di Max Cavallari e Bruno Arena è che funzionano bene, anzi benissimo, proprio perchè non hanno nulla in comune: “agli studi di registrazione io arrivavo con una Porsche e Bruno in bicicletta da corsa”, confessò Cavallari alcuni anni fa.
Poi Bruno e il collega inseparabile spiccano il volo con “Zelig”, quando ancora era trasmesso su Italia1, passando a “Colorado” e a “Buona domenica”.

# Un colpo di fulmine, a modo suo

I “Fichi” partecipano a dieci film, tra cui “Pinocchio” di Roberto Benigni, interpretando il gatto e la volpe. Le scene più famose dei loro scketch erano quelle relative alla parodia dei “Neri per caso”, con quel “tichi tic” inconfondibile e “Amici Ahrarara”, con la presa in giro del venditore di Valenza Po, Sergio Baracco, esagerandone la già forte vena istrionica.
Bruno era un tipo capace di non abbattersi mai; anche dopo l’incidente del 1984, aveva saputo reagire, trasformando i segni di quel dramma in un’occasione di autoironia, con la quale incoraggiava tutti, grazie anche ad un carattere forte.
Emblematica la frase della moglie Rosy Marrone su come, oltre trent’anni fa, lei e Bruno si sono conosciuti: “la prima volta che ci siamo visti lui mi ha mandata a fanculo, poi ci siamo sposati”.
Ecco, appunto, questo era Bruno.

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Fabio Buffa
Nato ad Alessandria, classe 1969, nel 1988 sono entrato per la prima volta in una redazione giornalistica, per collaborare e fare gavetta al Piccolo di Alessandria. Sono pubblicista dal 1996 e ho collaborato per varie testate, sia come giornalista che come vignettista satirico e scrittore di freddure. Dal 1992 lavoro nel sociale.