Piccole ed efficienti, comode ed economiche, è così che potremmo definire le mini-case. Comprare case molto piccole, magari mobili così da poter girare il mondo senza dover pagare gli hotel, dove poter riscoprire gli spazi abitativi sta diventando ormai una moda, che sta spopolando in tutto il globo. Se poi costano anche meno di uno scooter, il gioco è fatto!
La MINI CASA di DESIGN che costa come uno SCOOTER
# É il processo di costruzione che fa il prezzo
Credits: msn.com benishells
“Benishell” è una casetta dal tetto a forma di conchiglia costruita, cito The Spruce, “usando un processo che è simile alla fabbricazione di una base per palloncini di cartapesta“. Sì perché per fare le “benishells” basta creare una struttura d’acciaio tondeggiante sulla quale si versa il calcestruzzo e la casa è pronta. Sarà forse questo procedimento che le fa costare così poco? Quasi sicuramente sì, anche perché, se non si era capito, le “benishells” costano veramente poco, meno di uno scooter, circa 3000 euro l’una.
Un sistema di produzione pratico, economico ed efficiente. Inoltre, la forma del tetto rende le casette molto resistenti agli urti, quindi si potrebbe dire che le “benishells” possono sopportare anche terremoti o eventi atmosferici estremi.
# Benishells: da case-rifugio al mercato delle mini-case
Credits: esquire.com benishell
Inizialmente queste mini-case sono state costruite per ospitare i senzatetto, delle sorta di case-rifugio, ma alla fine non hanno ospitato solo loro. Sono state usate anche come aule di emergenza e ora sono entrate ufficialmente nel mercato delle mini-case. Piccole sono piccole e hanno tutti i comfort tipici delle mini-case, non gli manca niente. E poi concedono anche un po’ di privacy e permettono di entrare in contatto con la natura, questo soprattutto grazie ad una veranda molto ben progettata.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Sarà un quartiere smart e ecosostenibile con tutti i servizi essenziali a 10 minuti, supportato da un’infrastruttura digitale gestire la produzione e i consumi di energia, il cibo locale e l’uso condiviso degli spazi comuni. Scopriamo le caratteristiche e i rendering di questo incredibile progetto.
Tutto in pochi passi: svelato il QUARTIERE del FUTURO. Ecco dove sarà costruito
# A Seul sorgerà un nuovo quartiere smart e ecosostenibile con tutti i servizi essenziali a 10 minuti a piedi
Credits wax & virgin lemon - Project H1
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Credits Wax & virgin - Vista boulevard commerciale Project H1
Credits wax & virgin lemon - Piazza vista dal basso Project H1
A Seul, in Sud Corea, nascerà un nuovo quartiere dove tutti i servizi essenziali saranno disponibili al massimo in 10 minuti a piedi. Project H1, questo il nome scelto da UNStudio, prenderà il posto di un deposito ferroviario e un sito industriale per diventare un denso spazio urbano a uso misto, votato alla massima efficienza e praticità.
Credits UNStudio – Piattafforma Project H1
Un’infrastruttura digitale, sviluppata da UNSense, fornirà un’interfaccia per gestire la produzione e i consumi di energia, il cibo locale e l’uso condiviso degli spazi comuni. Si verrà a creare un vero ecosistema sostenibile con riutilizzo dell’acqua piovana e delle piante, produzione di acqua calda dal riciclo dei rifiuti, utilizzo di materiali che garantiscono la massima efficienza energetica, sistemi di raffreddamento di uffici e appartamenti attraverso lo sfruttamento dell’acqua di irrigazione e spazi per l’agricoltura idroponica.
# Il masterplan ispirato a una foglia
Credits UNStudio – Vista area Project H1
Il masterplan del quartiere si ispira a una foglia, ma non è solo questo l’elemento della natura a caratterizzarlo. Il benessere è infatti al centro del progetto e le attività all’aria aperta saranno accolte e circondate da una rete di giardini, parchi e tetti verdi, secondo il principio del “paesaggio produttivo”: ci saranno pareti per l’arrampicata e piste da corsa.
# La struttura del quartiere: due zone connesse da tre piazze
Credits UNStudio – Vista area Project H1 suddivisione aree
Il quartiere sarà suddiviso in due zone a diversa densità messe in connessione tra di loro da tre piazze principali. Una zona ospiterà otto torri residenziali, con spazi terrazzati dedicati al divertimento, allo shopping e a programmi culturali, l’altra avrà aree commerciali e business, con un hotel, residenze pensate per il co-living, spazi di coworking e un modello di ufficio che combina le caratteristiche di una casa e di un hotel, chiamato “officetel”.
Credits UNStudio – Livelli del quartiere Porject H1
Ci sarà un’ampia offerta di servizi di trasporto in sharing, che si muoveranno prevalentemente sotto il piano strada eccetto biciclette e monopattini, a cui si aggiungerà un nuovo collegamento ferroviario oltre alla fermata della stazione metropolitana già presente a pochi minuti a piedi dal quartiere.
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Credits Il Sole24ore - Vaccinati per fascia d'età Lombardia
Gli ultimi dati sulla vaccinazione in Lombardia. La percentuale di vaccinati in alcune delle fasce meno a rischio di conseguenze per il Covid-19 è più alta rispetto ad altre più a rischio. Il Comune di Milano è al terzultimo posto per vaccinati tra le città capoluogo della Regione. Vediamo la fotografia della campagna vaccinale.
Lombardia. I VENTENNI si sono VACCINATI PIÙ degli ultra SETTANTENNI
# Meno del 5% i ventenni senza vaccino: solo gli ultra ottantenni si sono vaccinati di più
Credits Il Sole24ore – Vaccinati per fascia d’età Lombardia
La campagna vaccinale in Regione Lombardia prosegue a ritmi elevati, si è raggiunta la soglia dell’87%, quasi 3 punti oltre la media nazionale. In base agli ultimi dati disponibili al 19 novembre 2021 si evidenziano però alcune curiosità tratte da Infolab Il Sole 24ore:
#1 Ventenni e Ottantenni si sono vaccinati più di tutti
Il numero più evidente è il 91,97% di persone completamente vaccinate tra i 20 e 29 anni, una delle fasce meno a rischio per le conseguenze del Covid-19 e quindi con un rapporto rischi-benefici negativo in relazione al vaccino. L’unica fascia d’età in cui la copertura è maggiore, al 96,37%, è quella degli over 80, mentre tutte le altre si trovano a una percentuale inferiore, persino quella dei settantenni con il 91,94%.
Considerando la percentuale dei vaccinati con almeno una dose tra i ventenni la differenza con le altre fasce è ancora più marcata, si arriva al 95,27% e quindi a poco meno di 2 punti da quella degli ultraottantenni, più di 3 punti rispetto a quella dei settantenni e dai 10 ai 16 punti percentuali in più rispetto a tutte le altre fasce in cui sono comprese persone con un’età maggiore di 29 anni.
#2 Adolescenti e quarantenni i meno vaccinati
La fascia 30-39 ha più vaccinati di quella successiva, 40-49, l’84,01% contro l’82,13%. Una differenza di due punti percentuali che aumenta contando i cittadini con una sola dose si arriva rispettivamente all’86,53% e all’83,92%;
Nella fascia di età 40-49 la copertura vaccinale con almeno due dosi o con la monodose è superiore solo alla fascia 12-19 e di appena 7 punti percentuali, che scendono a meno di 5 contando solo una dose somministrata.
#3 Milano è terzultima per percentuale di vaccinati tra le città capoluogo lombarde
Credits Infolab Il Sole24ore – Completamente vaccinati per comune in Regione Lombardia
NelComune di Milano è vaccinato completamente il 78,33% della popolazione, una percentuale che posiziona la città al terzultimo posto tra gli enti capoluoghi di provincia della Regione Lombardia. I dati nel dettaglio:
la città con la più alta percentuale di cittadini che hanno ricevuto entrambi le dose o il vaccino monodose è Pavia con l’84,18%, a seguire Lodi con l’83,84% e Bergamo con l’82,41%;
sopra quota 80% c’è anche Lecco, Monza, Brescia e Sondrio rispettivamente con l’82,04%, 81,28%, 81,27% e 80,63%;
sotto questa soglia troviamo Varese con il 78,52%, Cremona con il 78,39%, Milano con il 78,33%, Mantova con il 77,58% e ultimo Como con il 77,50%;
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
Entro il 2030 tutti i veicoli italiani saranno interconnessi. Nel tratto milanese della A4 si testa la mobilità intelligente e se ne intravede il futuro.
L’AUTOSTRADA del FUTURO: nel tratto milanese dell’A4 si testa la prima interconnessione bidirezionale
# Anche le autostrade si fanno smart
Credits Ness.Sk – Smart Mobility
La visione del futuro è composta da “cose intelligenti“. Dopo che i dispositivi di comunicazione “smart” sono diventati delle vere e proprie protesi degli esseri umani, diventano smart anche le case, le auto, le scuole, grazie ad una fitta rete di connessioni wi-fi e interconnessioni tra mille dispositivi diversi che parleranno tra loro. Perché dovrebbero essere escluse le autostrade?
# Milano cambia comunicazione da “one-to-many” a “all-to-all”
Credits Anas- Autostrade intelligenti
Le autostrade fanno parte integrante della vita di tutti gli abitanti, pertanto faranno parte del processo. Queste arterie di spostamento diventeranno intelligenti, connesse e sostenibili, in grado di dialogare con i veicoli in transito, sentinelle di sé stesse per allertare gestori e viaggiatori in transito di ogni minimo cambiamento rispetto alla normalità.
Milano è già nel futuro, grazie al test in corso nel tratto Arluno-Rho della A4 in entrambe le direzioni di marcia. Il progetto si basa sulla piattaforma Emeras, che è in grado di supportare l’interconnessione e la cooperazione in tempo reale tra tutte le parti in transito (infrastruttura e utenti) in maniera bidirezionale, cambiando per sempre il paradigma di comunicazione “one-to-many” odierno in “all-to-all”. In questo scenario comunicativo aperto, operatori e utenti si scambieranno informazioni real time tramite Emeras e il risultato sarà un traffico ottimizzato, minor numero di incidenti, code ed emissioni tossiche
# Il test in A4 tra Arluno e Rho
Credits corriere – Traffico autostradale
Il test è stato eseguito tra Arluno e Rho grazie ad una Golf con tecnologia “Car2X” integrata, grazie al supporto di Volkswagen in collaborazione con ASTM Group, quindi presentato in un incontro alla PWC Tower. Il piano di comunicazione tra Emeras e la Golfha attivato immediatamente un piano di risposta attraverso messaggi geolocalizzati, avvisando il veicolo, quindi il conducente a bordo, di anomalie lungo il percorso. Il raggio di azione dell’interconnessione, arriva alla prossimità di 800 metri, abbastanza per avvisare il conducente che c’è una coda o un pericolo davanti o dietro a sé, geolocalizzando l’anomalia, in modo da far intraprendere la strada alternativa migliore e la decisione più giusta.
Ciò è reso possibile proprio dall’integrazione della tecnologia CAR2X, oggi già disponibile su diversi modelli di auto del gruppo tedesco, che ha intenzione di investire 27 miliardi di Euro entro il 2025. Man mano che cresce il numero dei veicoli dotati di questa capacità connettiva, si stima di abbattere tutti i parametri che oggi sono difetti delle autostrade. “Le auto sono sempre più device su ruote e sempre più connesse tra loro, con l’infrastruttura e l’ambiente circostante. I potenziali benefici in termini di sicurezza, sostenibilità e user experience sono evidenti, così come è evidente il ruolo cruciale del software” afferma Massimo Nordio, che di Volkswagen è Vice President Group Government Relations and Public Affairs.
# Previsioni per il futuro
Credits it.motor.com – crusotto del futuro
In questo momento si tratta di una sfida tecnologica che gli automobilisti si augurano venga vinta. Le previsioni entro il 2030, infatti, parlano di milioni di veicoli che circoleranno in strade e autostrade in maniera sempre più interconnessa con ogni aspetto della vita delle persone. Solo il gruppo tedesco stima in circa 40 milioni i propri veicoli, dotati di questa tecnologia, in circolazione in Europa – circa 3 milioni solo in Italia, sugli attuali oltre 51 milioni di veicoli). Lo scenario apre non soltanto a fornire una soluzione tecnologica alla sicurezza stradale, ma anche, come dichiara Massimo Nordio “a nuovi scenari di business, supportando efficacemente l’integrazione totale con i centri di controllo del traffico.”
Il futuro? Per quanto riguarda questo specifico settore, sono le auto a guida autonoma. Quelle a cui impartire il comando: “Cià, dem a càa che sunt strac”. Che ne dite, chiediamo ai produttori di smart-automotive di implementare il milanese nel pacchetto software?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il Ventennio fascista è una pagina molto oscura della nostra storia. È stato scritto tanto a riguardo e al di là dei giudizi e al di là di un certo revisionismo, è innegabile che quel periodo abbia segnato la nostra storia macchiandola di crimini con i quali, ancora oggi, ci ritroviamo a fare conti e chissà ancora per quanto.
Il binario della VERGOGNA di Stazione Centrale
# Il legame indissolubile con il FASCISMO
Milano e il fascismo sono indissolubilmente legati da un filo molto stretto. Basti pensare che i Fasci di Combattimento sono nati qui in Piazza San Sepolcro, la sede del giornale “Il Popolo d’Italia” aveva la sede in via Lovanio 10, il teatro Lirico è stato luogo dell’ultimo discorso di Mussolini e infine la città è piena di palazzi e costruzioni di quel periodo, tra queste la Stazione Centrale.
Il nostro viaggio nella storia si svolge proprio qui da dove le persone partivano, alcuni per ragioni di lavoro, per vacanza e alcuni andavano incontro a un terribile destino. La destinazione erano i campi di concentramento e il binario da cui partivano era sempre lo stesso.
# Il fiore all’occhiello del regime fascista
credits: @stazionemilanocentrale IG
La stazione Centrale di Milano fu costruita negli anni venti del secolo scorso e fu attivata in piena era fascista nel 1931. La sua architettura (un misto di liberty e art decò) fu il fiore all’occhiello del regime grazie alla sua facciata in marmo che si estendeva per ben 200 metri, per la celebre galleria delle carrozze da dove, poi, si saliva in stazione per partire, la biglietteria centrale e per la tettoia composta da cinque volte in ferro e vetro che copre i ventiquattro binari. Tra essi, nei pressi del Binario 21, l’imponente Sala Reale (purtroppo raramente aperta al pubblico).
# Il binario della morte
Allo scoppio del conflitto e in particolar modo nel biennio 43/45, i vagoni della stazione non sono più frequentati da semplici viaggiatori, ma purtroppo anche da ebrei, partigiani e dissidenti politici che sono stati prelevati con la forza dal regime. Portati in Stazione Centrale al Binario 21 dove li aspetta un treno con molti vagoni diretto verso i diversi campi di concentramento nazisti che già da anni portavano avanti un progetto mostruoso chiamato Soluzione Finale che prevedeva l’eliminazione totale degli ebrei.
Pochissimi sono tornati vivi.
# Il binario è diventato un memoriale della Shoah
credits @___.wandergypsy.___ IG
Oggi quel binario tristemente famoso è diventato un museo, un memoriale dedicato alla Shoah. Nel 2002 viene presentato il progetto nato dalla collaborazione delle Ferrovie dello Stato, del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, dell’Associazione Figli della Shoah, della Comunità Ebraica di Milano, dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e dalla Comunità di Sant’Egidio.
Finalmente nel 2010 la posa della prima pietra e due anni dopo viene inaugurato alla presenza di Mario Monti, Giuliano Pisapia, Roberto Formigoni, Guido Podestà, Mauro Moretti e soprattutto Liliana Segre (una delle sopravvissute) che portò una testimonianza molto cruda della situazione dell’epoca.
# L’unico a essere rimasto intatto
credits: @wee_art_tour IG
Il sito del mausoleo fu riportato al suo aspetto originario senza troppi recuperi moderni, probabilmente questa scelta fu dovuta dopo l’intervento dello Yad Vashem (l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah d’Israele) perché nella tradizione ebraica l’ordine di ricordare è categorico.
Il binario non si trova all’interno dell’attuale stazione, ma bisogna costeggiare il suo lato destro, arrivare in via Ferrante Aporti e, una volta giunti, ci troviamo di fronte all’ingresso del memoriale, costruito laddove venivano portati i prigionieri che salivano sopra a dei carri e, grazie a un montacarichi, giungevano al binario. La direzione non era mai certa e al tempo pochi avevano sentito parlare di Auschwitz, Mathausen-Gulsen, Bergen-Belsen o Dachau.
# Il silenzio assordante all’interno del mausoleo
credits: @flay020469 IG
Le operazioni si svolgevano con estrema segretezza e per questa ragione non è stato possibile ricostruire con precisione il numero esatto delle persone portate al Binario 21. All’interno però troviamo:
· La Sala delle Testimonianze dove si possono osservare oggetti appartenuti ai prigionieri.
· Il Muro dei Nomi dove sono riportati i pochi nomi riconosciuti.
· Il Monolite, una sorta di prisma lungo 14 metri sopra il quale vengono proiettati video interattivi e touch screen inerenti alla tragedia della Shoah.
· Il Binario della Destinazione ignota, una banchina originariamente utilizzata per il carico e scarico dei vagoni postali: attraverso un carrello traslatore e un monta vagoni avveniva il sollevamento dei carri al livello del piano dei binari. Sempre qui troviamo venti targhe con date e destinazioni dei convogli.
· Il Luogo di Riflessione, una sala a forma tronco-conica con diametro di circa 10 metri con una panca circolare sul perimetro, che consente il raccoglimento dei visitatori. Non vi sono simboli religiosi, ma solo una luce diretta verso Gerusalemme.
Infine, si arriva al punto principale del memoriale, il cosiddetto Binario 21, laddove tutto si è compiuto e tutta la tragedia appare in tutte le sue sfaccettature. Il silenzio è “assordante”, ma entrando pare ancora di sentire le urla e le sensazioni di paura e smarrimento dei prigionieri.
Scrivendo quest’articolo, le parole possono essere tante, ma vorrei terminare qui citando Primo Levi: “É successo, può succedere ancora”.
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Si avvicina il momento dell’elezione del Presidente della Repubblica. A inizio 2022 le camere si riuniranno per eleggere il nuovo capo dello Stato. Forse mai nella storia della Repubblica si è arrivati alla sua elezione in un momento così critico e con i pilastri della società così traballanti.
Per aprire una stagione nuova, di autentica rinascita civile e democratica per il nostro paese, ci vorrebbe un Presidente che possa essere un autentico difensore della Costituzione e dello spirito dello stato liberale. Questo il settebello di personaggi di valore che potrebbero incarnare questo ruolo al meglio.
Presidente della Repubblica: il SETTEBELLO di NOMI per una Italia più libera e più umana
Il primo presidente della Repubblica eletto in uno stato di emergenza. Non solo. L’elezione avviene in una società sulle ginocchia, devastata da due anni di pandemia e di una girandola di restrizioni, frantumata da norme che per la prima volta nella storia hanno assegnato diritti diversi tra i cittadini. Per la prima volta si arriva all’elezione in un momento in cui governo e istituzioni sono addirittura sotto attacco di lesa Costituzione, ossia accusati di aver tradito principi e articoli costituzionali. Addirittura contro lo Stato italiano si sta presentando una mozione per violazione dei diritti umani al Parlamento Europeo. Altro fatto mai accaduto prima.
Forse l’unico momento in cui l’elezione del Presidente è avvenuta in un clima sociale incandescente è stato nel 1992 quando Mani Pulite e gli attentati della Mafia contro Falcone Borsellino hanno scompaginato i piani dei partiti proiettando sul colle un outsider, Oscar Luigi Scalfaro. Forse l’unico punto in comune con quel precedente potrebbe essere che anche in questo caso il precipitare degli eventi potrebbe portare alla nomina di una figura al di fuori del recinto dei personaggi più in linea con i gusti dei partiti al potere.
Nel caso in cui questo accadesse, questi sono i personaggi che potrebbero rappresentare una reale svolta nella politica italiana, spostando il baricentro del potere presidenziale da governo e partiti verso i diritti dei cittadini e dei valori fondanti della Repubblica. Vediamoli in ordine alfabetico.
Grande avversario della biopolitica e del biopotere, Giorgio Agamben è uno dei filosofi viventi più autorevoli d’Europa. Formatosi in ambienti vicini al marxismo è diventato un alfiere dei diritti della persona contro l’abuso di potere dell’autorità. Per protesta contro i dispositivi di controllo imposti dal governo statunitense ai cittadini stranieri che si recavano negli Stati Uniti d’America, cioè lasciare le proprie impronte digitali ed essere schedati, ha rinunciato nel 2004 a tenere un corso all’Università di New York. In questo ultimo anno è stato tra gli intellettuali più critici contro lo stato di emergenza e le misure repressive attuate dal governo italiano per fronteggiare la pandemia. La sua nomina potrebbe dare grande spessore culturale all’istituzione presidenziale, oltre che siglare una riunificazione tra i cittadini così divisi tra loro dalle politiche del governo.
Altro protagonista di questa stagione, anche accanto allo stesso Agamben, nella battaglia per i diritti dei cittadini a suo dire violati dalle decisioni del governo. Veneziano, ex sindaco di Venezia, incarna l’ideale platonico di governante filosofo. Rispetto ad Agamben, Cacciari incarna anche la dimensione politica insieme a quella intellettuale. Un trascinatore, un uomo libero che garantirebbe una posizione super partes e realmente inclusiva, forte della sua appartenenza al mondo della sinistra ma molto apprezzato anche negli ambienti del centro destra. Piace a socialisti e liberali, insomma, garantendo un profilo di indipendenza. Sarebbe la carta giusta per una stagione di unità e di radicale rinnovamento.
Vicepresidente del Garante per la Protezione dei dati personali (Privacy) è Professore Ordinario di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato nel Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze. Ha ricoperto in passato anche ruoli all’interno di ministeri e incarichi direttivi nell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti. Si intende pertanto di Costituzione, di politica ma soprattutto di diritti dei cittadini. E’ infatti balzata alle cronache negli ultimi mesi difendendo i diritti dei cittadini dalle ingerenze del governo. Forse nell’unico organo istituzionale che ha davvero svolto il suo ruolo di contropotere rispetto all’esecutivo.
Politico ultra navigato. E’ stato ministro degli esteri, tra i fondatori di Forza Italia, una vita da Parlamentare alle spalle con ben 24 anni di legislatura. Si definisce un “liberale autentico” di stampo anglosassone. E tutto il suo percorso lo testimonia. In un momento in cui per la prima volta nella storia del Paese in molti, dentro e fuori i confini, accusano l’Italia di deriva totalitaria, un liberale al Quirinale potrebbe essere una svolta epocale.
Forse la scelta più punk. Altro personaggio balzato agli onori delle cronache per la sua ferma posizione durante questa emergenza. Giurista, docente universitario, per protesta contro le discriminazioni del Green Pass si è rifiutato di entrare nelle aule dell’Università di Torino dove insegna per tenere invece lezioni all’aperto. Invitato spesso in tv non lesina attacchi a politici e virologi. Come Agamben e Cacciari, proviene dal mondo della sinistra anche se negli ultimi tempi trova i più grandi ammiratori nella galassia trasversale dei no Green pass. Da esperto del Diritto potrebbe incarnare al meglio il ruolo di Garante della Costituzione, difendendola da derive autoritarie di partiti o governi.
Filosofo e politico ha ricoperto il ruolo di Presidente del Senato. Uno dei liberali più autentici d’Italia, da sempre si ispira alla “società aperta” di Popper e rivendica per la Scienza il beneficio del dubbio contro l’atteggiamento dogmatico, dominante negli ultimi tempi. Una figura di grandissima personalità e bandiera dell’autonomia di pensiero, stimata da tutti e capace di superare ogni steccato in nome dei valori fondanti del libero Stato. Celebre la sua spiegazione di pensiero liberale: “la libertà non la misuro nella mia libertà, ma nella libertà degli altri“. Il pensiero più rivoluzionario di questi tempi.
Giurista e presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali che, come visto sopra, si sta affermando come unico organo costituzionale capace di esercitare una vera funzione di controllo sulle decisioni di Governo e Parlamento. Sempre dalla parte dei cittadini, ha di recente affermato che l’ordinamento giuridico italiano esclude ogni possibilità di lockdown differenziato tra i cittadini. Da Garante della Privacy a Garante della Costituzione sarebbe un salto naturale.
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Credits ACPV - Render della nuova sede di A2A con vista verso nord
Ecco quando sarà pronto il nuovo grattacielo di design della città e come contribuirà a riqualificare tutta la zona attorno all’ex scalo merci di Porta Romana. Tutti i dettagli aggiornati del progetto.
Il FARO di MILANO: il progetto della nuova torre
# “Torre Faro”, il nuovo grattacielo debutterà nello skyline milanese entro il 2024
Torre Faro A2A
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Torre Faro A2A
Veduta bassa Torre Faro
Veduta Torre Faro da sud
Veduta torre Faro da ovest
Veduta Torre Faro da Viale Toscana
Torre Faro A2A
Credits: fanpage.it - Torre Faro A2A
Entro il 2024 anche la zona sud di Milano avrà il suo grattacielo di design, per competere con quelli di Porta Nuova e Citylife, che prende ispirazione anche dal passato industriale della zona, quella attorno all’ex scalo merci di Porta Romana. Progettato dallo studio Antonio Citterio Patricia Viel si svilupperà per un’altezza di 144 metri distribuiti su 28 piani e ospiterà la nuova sede della multitutility dell’energia A2A. Al suo interno oltre agli uffici, che ospiteranno 1.500 dipendenti dislocati oggi in diversi edifici, lo sky garden e il belvedere.
# La struttura nel nuovo grattacielo include uno “Sky Garden” e un “Belvedere” panoramico sulla città a 125 metri d’altezza
Credits, ACPV - Sezione parziale della torre
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Credits, ACPV - Sezione parziale della torre con l’area verde alla base
Credits, ACPV - Sezione parziale della torre con il Museo dell’Energia riqualificato
Il nuovo edificio si caratterizza per un attacco al suolo ridotto al minimo per aprire lo spazio all’uso pubblico e riattivare il quartiere con nuove aree pedonali, a favore anche dei negozi di vicinato. Ci saranno due serie di piani di uffici incorniciati dalla spaziosa hall d’ingresso al piano terra, con un cortile verde che collegherà la nuova sede al Museo dell’Energia, un edificio esistente che sarà riqualificato. Al centro del grattacielo è previsto uno Sky Garden, a 61 metri d’altezza, mentre i cima a 125 metri d’altezza il “Belvedere” offrirà una nuova vista panoramica su Milano.
# A scomputo oneri verrà realizzata una passeggiata continua tra piazza Medaglie d’Oro e piazza Trento
L’architettura dal design iconico e contemporaneo della “Torre Faro” contribuirà anche a riqualificare gli spazi pubblici e a dotare la zona di nuovo verde rendendo permeabile il paesaggio tra piazza Trento e l’ex scalo ferroviario di Porta Romana. Oltre a questo i nuovi spazi esterni diventeranno la cerniera di connessione tra il centro storico e la periferia milaneseriattivando l’asse nord-sud in una passeggiatacontinua lungo via Crema, da piazza Medaglie d’Oro a piazza Trento, che verrà realizzata a scomputo oneri. La strada riqualificata sarà a uso misto pedonale-ciclabile, alternata alla viabilità ordinaria, con pavimentazione in pietra, filari di alberi e aree verdi.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
In una celebre gag di Buster Keaton si vede il protagonista tentare di sparare a un aggressore ripetutamente ma senza esito. Alla fine, disperato, scaglia contro di lui la pistola inceppata che lo colpisce in testa facendolo svenire a terra. Un perfetto esempio di utilizzo improprio di un’arma e, in senso generale, di pensiero laterale.
Il governo si sta prodigando per arginare il virus con molte misure estreme che paiono a molti delle armi inceppate, incapaci di risolvere il problema. Ci domandiamo se, come nella gag di Keaton, potrebbe accadere che strumenti difettosi abbiano un effetto positivo, anche se diverso da quello pensato originariamente.
La vaccinazione e il possesso del Green Pass, ad esempio, trasmettono un senso di sicurezza alle persone e questo consente al virus di circolare indisturbato nella stagione invernale, quella cioè in cui è più attivo. Paradossalmente, potrebbe accadere quello che il governo sta cercando inutilmente di ostacolare ma che invece secondo molti scienziati è la strada maestra per uscire da ogni epidemia: la formazione di una immunità naturale tra le persone.
Non solo. Il fatto che la vaccinazione si stia rivelando inadeguata a risolvere il problema, sta inducendo il governo finalmente a utilizzare cure più efficaci sui malati, quale ad esempio gli anticorpi monoclonali o altri farmaci antivirali già esistenti o che stanno venendo immessi sul mercato. E per evitare il collasso negli ospedali, indeboliti anche dalla sospensione di molti medici e infermieri critici verso questo vaccino, sta portando a migliorare il protocollo per curare i malati a domicilio.
Come Keaton in preda al panico è riuscire a tramortire l’aggressore lanciando la pistola, così i governi terrorizzati dal dover affrontare l’opinione pubblica e ammettere il fallimento del vaccino potrebbero riuscire ad azzeccare involontariamente la strada giusta.
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Vediamo come nasce la stazione di servizio a forma di teiera a Zillah, Washington U.S.A., come diventa un monumento storico e come potrebbe ispirare Milano.
La stazione a forma di TEIERA: il BENZINAIO più strano del mondo può ispirare Milano?
# La pietra dello scandalo
Credits: routeyou.com Scandalo Teapot dome
La stazione di servizio a forma di teiera si trova al 117 della First Avenue di Zillah, nello stato di Washington, ed è stata progettata nel 1922 su quella che era il tracciato di una delle autostrade che poi diventeranno più iconiche, la U.S. Route 12. Quando la stazione di servizio è stata progettata, però, nessuno aveva intenzioni poetiche.
La teiera, Teapot Dome, è stata scelta per ricordare ai posteri un brutto scandalo che coinvolse l’amministrazione del Presidente Warren Harding, prima del Watergate certamente il peggior scandalo che vedeva implicati il Presidente USA e il suo Gabinetto.
# Teapot Dome
Credits: @overtacoma Teapote Dome
Teapot Dome è inizialmente il nome di una località situata nel Wyoming, una riserva in cui si scopre un grande giacimento petrolifero, concesso alle estrazioni senza che le compagnie petrolifere dovessero esborsare affitto, noleggio, cure e bonifica del terreno dopo le estrazioni. La solita storia legata alle scelte del progresso a tutti i costi e che nel 1921 era già la corsa al profitto senza conseguenze.
Così almeno credevano i politici di allora. In particolare fu il Segretario di Stato, Albert Fall, a concedere in leasing i diritti di produzione alla Mammoth Oil, senza la ricerca di offerte competitive che tenessero conto anche di come prendersi cura del giacimento a fine estrazione.
# La teiera
Credits: @andreajohnson1989 Teapot Dome Service Station
Lo scandalo Teapot Dome è costato all’Amministrazione Harding l’etichetta di “peggior Governo della storia americana” e il grande senso dell’umorismo del popolo USA ha fatto sì che nello stato di Washington venisse progettata una stazione di servizio a forma di teiera, denominata Teapot Dome service station, proprio per tramandare il più possibile il ricordo dell’alto livello di corruzione del governo. Un monito che, a ben guardare, è di ottima fattura e con alcune intuizioni architettoniche.
La stazione di servizio è un edificio circolare, con un tetto conico. La teiera è rifinita poi con il “manico” in lamiera e il “becco” di cemento. Questa Teapot Dome non funziona più come stazione di servizio da quando le reti interstatali USA hanno spostato alcuni nodi, come naturale evoluzione delle autostrade. La stazione di servizio è stata spostata, a fine anno ’70, lungo la Yakima Valley Hihìghway, poi riportata a Zillah e acquistata dalla città che la usa dal 2006 come centro visitatori.
# Il senso dell’umorismo Yankee
Credits: @dcxr7 Teapot Dome Service Station
Quello americano sarà anche il popolo di una giovane nazione con poca storia autoctona, è vero. Ciò che non manca negli Stati Uniti sono però alcune magagne pubbliche e il senso dell’umorismo per tramandarle ai posteri. La Tepot Dome è uno degli emblemi di un senso dell’umorismo tipicamente Yankee, molto osservazionale, che cerca di evitare la satira, evidenziando la cultura americana e mettendo in evidenza la ridicolaggine della storia di cui si sta parlando.
Nel 2021 abbiamo visto come una ridicola gaffe di una giornalista, intenta a nascondere il malcontento del popolo americano nei confronti dell’attuale Amministrazione Biden è stata trasformata in un gioco nel giro di qualche secondo, quel “Let’s Go Brandon” che ora tutta la Nazione usa per deridere un Presidente e la sua corte.
# Possiamo portare questa esperienza a Milano?
Credits: flickr.com Benzinaio Loreto
A Milano, la capitale del design, possiamo imparare qualcosa dalla Teapot Dome Oil Station, magari costruendo un elemento di design e trasformarlo in monumento per la memoria futura? Per adesso abbiamo esperienza di conversione di un paio di stazioni di servizio che sono riuscite benissimo. Prima di tutto Garage Italia, che ha permesso la ristrutturazione della bellissima stazione di servizio di Piazzale Accursio. Oppure il restyling della stazione di Paderno Dugnano, che continua la sua attività proiettandosi nel futuro con il rifornimento di carburante fossile e non.
Tutte opere di sicuro spessore, ma un po’ troppo convenzionali? Forse dobbiamo avere anche noi il coraggio di prendere in giro i misfatti della nostra politica, magari con una scuola a forma di banco a rotelle per esempio a Brera o Porta Venezia, i design district per eccellenza. Oppure ancora una stazione di servizio a forma di tangente di Tangentopoli, dove si potrebbe mettere, magari nel nuovo Piazzale Loreto?
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L’Europa è ripiombata nuovamente in piena emergenza da Covid-19, con più casi dello stesso periodo del 2020 quando ancora non era arrivato il vaccino. Ecco cosa sta succedendo.
🛑 Europa: RECORD di CONTAGI GIORNALIERI dall’inizio della pandemia
# Molti paesi sotto pressione. Merkel pensa al tampone anche per i vaccinati
Curva contagi Covid-19 Europa 17 novembre 2021
L’Europa è di nuovo in emergenza per il Covid-19. Il 17 novembre 2021 si è toccato un nuovo record di contagi giornalieri da quanto la pandemia è iniziata: 400 casi ogni milione di abitanti contro il precedente picco del 7 novembre 2020 di 383.
Credits ourworldindata – Curva contagi Covid- 19 GERMANIA
Tra i paesi più in difficoltà c’è la Germania che ha superato i 500 nuovi casi di contagio ogni milione di abitante, come si vede nel grafico con media mobile a 7 giorni, a tal punto che la Merkel ha proposto l’obbligo di tampone anche per i vaccinati.
Credits ourworldindata – Curva contagi Covid- 19 AUSTRIA
L’Austria ha toccato quota 1.300 contagi giornalieri ogni milione di abitanti e il governo ha deciso di introdurre un lockdown per i non vaccinati.
Credits ourworldindata – Curva contagi Covid- 19 OLANDA
Nella stessa situazione si trova anche l’Olanda, con 988 casi giornalieri ogni milione di abitanti contro i circa 700 dell’identico periodo 2020.
Ancora più grave la situazione nel piccolo territorio di Gibilterra dove la curva dei contagi è in crescita costante, con un numero che non si registrava da gennaio 2020.
Una situazione che appare sempre più fuori controllo e questo nonostante l’alta adesione dei cittadini europei alla vaccinazione. Come ha rivelato l’OMS l’Europa è in questo momento il continente con la quota di vaccinati più alta e, al contempo, con il maggior numero di casi e di ricoverati.
# Oltre il 60% dei cittadini europei ha ricevuto almeno una dose. In Olanda sono il 78%, a Gibilterra quasi il 100% ha entrambe le dosi
Credits ourworldindata – Vaccinazione con almeno una dose in Europa
La campagna vaccinale in Europa ha ormai coperto oltre il 61% della popolazione con almeno una dose. Nei paesi più in difficoltà questa percentuale è addirittura vicina o supera il 70%.
Credits ourworldindata – Vaccinati con almeno una dose Germania
In Germania alla data del 16 novembre 2021 il 69,57% dei cittadini ha ricevuto una dose di vaccino contro il Covid-19, ma il numero dei contagi è il 40% superiore allo stesso periodo del 2020 quando ancora non era arrivato il siero.
Credits ourworldindata – Vaccinati con almeno una dose Austria
Lo stesso scenario si presenta anche in Austria che ha superato la soglia del 68% di persone vaccinate con almeno una dose.
Credits ourworldindata – Vaccinati con almeno una dose Olanda
In Olanda la campagna vaccinale sta andando ancora meglio. Alla data del 7 novembre i cittadini a cui era stata somministrata almeno la prima dose di siero aveva superato il 76%.
Emblematico il caso di Gibilterra dove è vaccinato completamente quasi il 100% della popolazione ma la curva dei casi di contagio dell’ultimo periodo è simile a quella che a dicembre 2020, senza ancora alcun siero disponibile, ha portato al massimo di gennaio 2021.
La domanda che ormai circola in Europa è: quanto dura la protezione dei vaccini?
# Secondo uno studio internazionale la protezione dei vaccini durerebbe meno di tre mesi. Bertolaso: “Abbassare il Green Pass a tre mesi”
Lo studio “Waning Immunity after the BNT162b2 Vaccine in Israel“ ha analizzato la capacità di protezione del vaccino in seguito alla comparsa della variante Delta sulla popolazione vaccinata in Israele. I risultati hanno mostrato come l’immunità contro la variante delta di SARS-CoV-2 è diminuita in tutti i gruppi di età già dopo due mesi dopo aver ricevuto la seconda dose di vaccino.
Riguardo l’accertata riduzione della durata della copertura vaccinale l’ex responsabile della Protezione Civile Bertolaso, intervistato nella trasmissione televisiva Tagadà di LA7, ha dichiarato che il green pass si potrebbe addirittura ridurre a soli 3 mesi: “Vacciniamo obbligatoriamente il personale sanitario, accorciamo il Green pass a 6 mesi. [..] Fosse per me lo accorcerei anche a 3, non possiamo scherzare, dobbiamo mettere tutti nelle condizioni di vaccinarsi. Alcune categorie le vaccinerei subito: insieme ai medici, per esempio, gli insegnanti. Medici e personale dell’Rsa sono stati i primi a essere vaccinati, guardando le statistiche chi vive nelle Rsa non ha avuto più alcun problema.”
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Un’antica memoria di Milano risalente al Quattrocento che, purtroppo, è andata distrutta. Tuttavia, è sopravvissuta nel cuore e nella mente dei suoi cittadini.
Quando in Duomo c’era il Coperto dei Figini
# Il restyling di Milano
credits: lombardiabeniculturali.it
Nel 1858, quando venne aperta Piazza della Scala, la cui costruzione portò alla demolizione di alcuni caseggiati tra il Teatro e Piazza Marino, si decise di collegarla alla Piazza Duomo attraverso all’abbattimento dell’isolato che separa i due monumenti. In principio, fu difficile trovare l’approvazione del progetto ideato da Giuseppe Mengoni. Ci furono diversi concorsi ma nessuno dei progetti proposti sembrava convincere pienamente la Commissione Comunale. Alla fine, fu proprio Mengoni a ottenere l’incarico di stendere il progetto definitivo per Milano nel 1863.
# Il progetto di Mengoni: la Galleria Vittorio Emanuele II
credits:lombardiabeniculturali.it
Il suo progetto prevedeva il collegamento tra le due piazze tramite una galleria coperta ispirata ai passages parigini, facendo uso delle nuove tecnologie del ferro e del vetro, mentre per la piazza Duomo era prevista la costruzione di palazzi porticati, il Palazzo dell’Indipendenza e la creazione di una Loggia Reale. Fu Vittorio Emanuele II a posare la prima pietra nel 1865 per la realizzazione della Galleria, poi inaugurata a suo nome nel 1867.
# La demolizione di un pezzo di storia milanese
credits: milanoneisecoli.blogspot.com
Per la riuscita del progetto era, però, necessario riqualificare la zona. Ciò ha portato alla demolizione di un’antica costruzione porticata risalente al Quattrocento conosciuta con il nome di “Coperto, o Portico, dei Figini”. Si trattava di un edificio a pianta rettangolare commissionato nel 1468 da Pietro Figino, un discendente di una nobile famiglia che si era trasferita a Milano nel Trecento esercitando il capitanato in Porta Nuova.
Il nome “coperto” deriva dalla costruzione di un portico proprio sotto al palazzo, un’usanza frequente nella Milano del Quattrocento. La decisione di costruire questo splendido edificio rinascimentale a due piani con eleganti finestrelle in cotto fu presa in occasione del matrimonio tra Galeazzo Maria Sforza e Bona di Savoia.
# L’antica via dello shopping
credits: @milanoeprovincia IG
La sua costruzione fu una scelta importante poiché fu la prima soluzione alle esigenze commerciali della città. Proprio sotto al porticato, concluso nel 1480, aprirono tantissime botteghe di artigiani, in cui si vendevano principalmente prodotti dei “chincaglieri“, oggetti, ornamenti e soprammobili per la casa, ma anche botteghe in cui si vendevano stoffe e bottoni, telerie e tovaglie, opere d’arte, stampe e quadri antichi. Addirittura c’erano un dentista e un chirurgo.
Il Coperto venne demolito nel 1864, un anno prima della posa della prima pietra. Ad oggi, di tutti i Coperti che esistevano a Milano ne rimane uno solo, quello della Casa dei Panigarola in Piazza Mercanti.
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Fermi tutti: lo so a cosa state pensando. Squid Game, vero? Considerando che da mesi non si parla d’altro, non possiamo esimerci dal farlo anche in questa occasione e (per giunta) in testa all’articolo. Oggi parla proprio di giochi da strada che facevamo in gruppo fra bimbi all’oratorio, all’asilo o dove ci fosse un prato o un cortile pronto ad accogliere le esuberanze di un gruppo di marmocchi.
Naturalmente non è scontato dire che rispetto alla pluripremiata serie, i giochi erano simili ma con esiti personali ben diversi da quelli che toccavano agli sconfitti, e ci mancherebbe altro. In ogni caso, quando tanti anni fa si giocava in strada senza smartphone e tik-tok, i giochi meravigliosi con cui ci si teneva compagnia erano questi.
Quando i bambini giocavano in STRADA
# Tirare una corda e giocare a pallavolo
Una corda di materiali vari, di plastica, di gomma o di fili intrecciati. Bastava che vi fosse uno spazio adatto a tirarla alla meglio e il gruppo di ragazzi o ragazze poteva tranquillamente mettersi a giocare a uno dei giochi più gettonati dell’infanzia (dopo il calcio, naturalmente): la pallavolo. Che, per un assurda convenzione e luogo comune, era considerato essere il gioco delle ragazze, rispetto al più “maschile” calcio. Fortuna che negli anni questa idea è stata del tutto accantonata.
# Le biglie (con o senza tappini)
credits: @rosygreggio IG
Il traffico di cui ho memoria ai tempi delle scuole medie era secondario solo a quello di figurine di calciatori o dei mini-botti di capodanno come raudi, miniciccioli e via dicendo. Ne esistevano fondamentalmente due tipi: quella di vetro con all’interno delle ali colorate, più raramente vuote o di un unico colore, e quelle da spiaggia, generalmente in plastica costituite da due semisfere, una colorata e l’altra trasparente contenente al suo interno l’immagine di uno sportivo (spesso un ciclista).
Le prime erano biglie da città, le seconde, più grosse, adatte a terreni in ghiaia o sabbia oppure a cortili sterrati. Si giocava sotto i portici, nei cortili o come detto in spiaggia. Le biglie hanno rappresentato una felice fetta dell’infanzia non solo di noi millennials, ma anche dei nostri genitori.
# 1,2,3, stella!
credits: @claudiakikimorlacchi IG
Tradizionalissimo e antico gioco da bambini all’italiana, era il passatempo da strada che metteva a dura prova la muscolatura tutta ancora da sviluppare di un bimbo. Infatti, con 1,2,3 stella si iniziava a capire chi poteva avere un futuro nell’atletica, chi in altri sport o chi, magari, nelle forze dell’ordine. Anche perché il gioco era molto semplice.
Una persona a turno, su una compagnia che andava dai tre ai dieci giocatori, era incaricata di stare con il volto su un muro e girarsi per cogliere in flagrante i movimenti dei partecipanti. Questo, dopo aver pronunciato le parole “1,2,3, stella.” Chi veniva scoperto ovviamente era eliminato, mentre il vincitore era colui (o colei) che, in maniera scaltra, riusciva ad alternare scatti felini a momenti di blocco totale, toccando il muro prima che il “controllore” se ne accorgesse.
# Scavalcare i muri per esplorare giardini
credits: @pokivale IG
Non esattamente un gioco quanto, più che altro, un’esplorazione di spazi e giardini preclusi a piccoli esploratori. Un gioco all’avventura che ha sempre attirato i bimbi più coraggiosi e la cui realizzazione trova probabile origine dallo scrittore ungherese Ferenc Molnar, non a caso autore di romanzi per ragazzi fra cui il celeberrimo “I Ragazzi della via Pal”, divenuto presto un classico per l’infanzia in tutto il mondo.
Nel romanzo c’è un capitolo dal titolo Incursione in campo nemico, che descrive accuratamente la sensazione di euforia tramutatasi poi in paura quando la banda di Boka decide di scavalcare un cancello per entrare nei giardini della banda nemica, le Camice Rosse. Inoltre, oggi, “pal” in america è un termine colloquiale che significa proprio “amico”.
# La sfida infinita di Guardie e Ladri
credits: @___vintagephotogallery IG
Indimenticabile sfida infinita fra bambini appassionati di polizia e altri invece più propensi a calarsi nei panni dei fuorilegge, Guardie e Ladri era probabilmente il gioco più gettonato assieme all’eterno Nascondino.
Come è facile intuire, prevedeva che i bambini nel ruolo di guardie inseguissero e catturassero quelli nel ruolo di ladri da portare in prigione. Questa, poteva essere individuata in un angolo del giardino magari con un recinto, dove il ladro restava prigioniero fino a quando non sarebbe stato toccato da un compagno. Il gioco finiva quando tutti i ladri venivano catturati dalle guardie che solitamente rappresentavano la squadra vincente, prima di scambiarsi i ruoli e far giocare i ladri nel ruolo delle guardie (e viceversa).
Guardie e Ladri è un gioco antichissimo e in età moderna in Italia ha trovato la sua definitiva consacrazione con l’omonimo film del 1951 interpretato da Totò e Aldo Fabrizi.
Qual era il vostro gioco preferito, amici lettori di Milano Città Stato? Forza, non siate timidi!
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Mercoledì 17 novembre, ore 11.11, parco Forlanini.
Improvvisamente tre tagliaerba giganti immersi in un rumore assordante si avvicinano minacciosi al bar del parco. E al contempo il rombo degli aerei di Linate avvolgono il parco in una nuvola tempestosa. Sembra di essere in guerra. Sarà la Luftwaffe o gli alleati?
In questo clima di terrore ormai possiamo aspettarci di tutto. Se riusciamo a trascendere questa assurda situazione e a provare a guardare i fatti in modo distaccato e lucido, ci scopriamo immersi in una realtà completamente folle.
I sani sono considerati malati e si parla di non farli uscire di casa neppure se provano di essere in salute. L’Austria sta riconquistando il Lombardo Veneto almeno dal punto di vista concettuale. Ci si può assembrare allo stadio o nei concerti ma non per futili motivi come difendere la libertà o la Costituzione. In tv ripetono che gli asini volano.
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Credits raiuno - Pasquale Stanzione Garante della Privacy
La possibilità di introdurre un lockdown per i non vaccinati, sul modello austriaco, sta venendo rilanciata con forza da alcuni esponenti politici e da alcuni presidenti di regione. Arriva però l’altolà del presidente del garante della privacy. Vediamo perché.
Il GARANTE PRIVACY: “in Italia un LOCKDOWN per i NON VACCINATI è IMPOSSIBILE”
# Alcuni presidenti di regione invocano il modello austriaco che prevede il lockdown per i non vaccinati
L’introduzione della misura del lockdown per i non vaccinati non è al momento all’esame dell’esecutivo, ma sono diversi i presidenti di regioneche lo vorrebbero anche in Italia. A lanciare la proposta di adottare il modello austriaco era stato il presidente leghista del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga: “La mia idea è che le restrizioni della zona gialla non valgono per i vaccinati. Chi si è protetto, ha partecipato alla campagna vaccinale, limita le ospedalizzazioni, salvaguarda il sistema di sanità pubblica non può pagare un prezzo di cui non ha nessuna colpa, perché ha creduto nella scienza e nello Stato“.
Giovanni Toti, presidente della regione Liguria supporta l’iniziativa del collega: “Chiederemo al governo che le misure restrittive legate alle fasce di colore valgano per le persone che non hanno fatto il vaccino“. Dello stesso avviso anche il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, “se si dovessero rendere necessarie nuove restrizioni […] dovrebbero coinvolgere esclusivamente coloro che non si sono vaccinati” e Alberto Cirio della Regione Piemonte. Anche Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, sarebbe favorevole ma perplesso per il rischio dell’aggravio della tensione sociale. A rilanciare la stessa proposta altri politici, tra cui Renzi e il sindaco di Firenze Nardella. Ma si tratta di una misura praticabile nel contesto normativo italiano?
# Pasquale Stanzione, Garante della Privacy: “In Italia un lockdown per i non vaccinati non è possibile“
Credits raiuno – Pasquale Stanzione Garante della Privacy
Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, durante un’intervista nella trasmissione Porta a Porta su Rai Uno esclude la fattibilità di un lockdown per i non vaccinati perché “realizza una sorta di discriminazione” sottolineando che rispetto all’Austria “disporre un lockdown per i non vaccinati non è possibile […] è il principio elementare di eguaglianza e di parità di trattamento dell’articolo 3 della Carta Costituzionale. In Italia non è possibile”.
Nel suo intervento il Garante aggiunge che il diritto alla salute “non è prevalente nel senso che va bilanciato con altre esigenze” come quelle della collettività, delle nuove tecnologie e dei diritti inalienabili di ogni cittadino.
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A partire dal 3 dicembre Milano torna in Sud America riaprendo le rotte con il Brasile. La compagnia Latam Airlines riparte più forte di prima sulla rotta Milano Malpensa– San Paolo Guarulhos.
Milano torna in SUD AMERICA: riapre la rotta Malpensa San Paolo
# La Latam Airlines punta sul business travel
Credits: @latamairlines Latam airlines
La compagnia aerea cilena Latam Airlines a partire dal 3 dicembre, le rotte verso il Brasile riaprono con una frequenza di 3 volte a settimana. Nonostante il Brasile sia ancora chiuso al turismo, questo non ha impedito alla Latam Airlines di riaprire i collegamenti tra la Lombardia e l’aeroporto di Guarulhos, il principale scalo aeroportuale di San Paolo.
Il Covid ha infatti portato il Brasile a chiudersi, ma la Latam Airlines confida sul business travel e decide di puntare sui turisti per affari, brasiliani e non. il Brasile è infatti uno dei principali stati fornitori di materie prime e questo comporta una serie di relazione internazionali che il Brasile deve mantenere con il resto del mondo e viceversa.
# E’ la prima compagnia che riapre le rotte verso il Sud America
Credits: it.wikipedia.org San Paolo Guarulhos
Come segnala malpensanews.it, il volo Milano Malpensa- San Paolo Guarulhos parte il lunedì, giovedì e sabato con Boeing 777/300ER. Come riporta il regional commercial director del vettore, la Latam Airlines è la prima compagnia che riapre le rotte verso il Sud America e di questo ne sono molto orgogliosi. Inoltre, sempre Joao Murias dos Santos, il regional commercial director ricorda “nelle settimane scorse il traffico domestico (interno al Brasile) è al 78% rispetto al periodo pre-pandemia e la compagnia punta a tornare al 50% della offerta a livello mondiale”.
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L’ultimo grande multisala del centro cede il passo a un nuovo polo del lusso e della ristorazione. Ecco come verrà trasformato e cosa verrà preservato.
🛑 Lo storico cinema ODEON si ridimensiona: diventerà un CENTRO COMMERCIALE
# Nel 2024 al posto del grande multisala in centro nascerà un nuovo polo del lifestyle retail contemporaneo
Credits milanotoday – Odeon nuovo
L’edificio che ospita l’ultimo grande cinema presente in pieno centro, il multisala “The Space Cinema Odeon”, si avvia alla chiusura o meglio verrà drasticamente ridimensionato. Nato come teatro agli inizi del 1800, poi Centrale termoelettrica, cinema nel 1929 e nel 1986 primo multisala di Milano.
Il progetto di restyling, affidato a Progetto Cmr per il Fondo Aedison, gestito dalla proprietà Dea Capital Real Estate sgr., prevede quasi un dimezzamento delle sale che verranno ricollocate al piano interrato insieme ad altri servizi. In totale 5.000 mq saranno dedicati a “un grande nome del lifestyle retail contemporaneo, protagonista del mondo fashion o tech, ma anche dell’automotive o dell’entertainment” con negozi ristoranti e uffici.
Negli anni scorsi erano circolate le voci di un possibile interesse da parte di Harrods o Galeries La Fayette. I proponenti dichiarano che “sarà uno spazio innovativo, un hub esperienziale”.Ci sarà da attendere il 2024 per vedere il risultato finale.
# Cosa verrà conservato dello storico edificio
Credits milanotoday – Odeon foyer
Non tutto però verrà distrutto o cancellato. La trasformazione stravolgerà lo storico multisala Odeon, ma grazie ad alcuni vincoli della Soprintendenza verranno preservati i “pregi architettonici”. In particolare rimarranno così come li conosciamo oggi il foyer d’ingresso, il pavimento in marmi policromi, lo scalone principale e la gigantesca e storica sala al piano terra con la scritta che campeggia in alto “Ex tenebris vita”, dalle tenebre la (nuova) vita.
Renzo Misitano di DeA Capital Real Estate sgr spiega che l’obiettivo del progetto è stato quello “di reinventare l’edificio esistente conciliando i vincoli architettonicicon le esigenze odierne e tecnologiche, soprattutto quelle inerenti la sostenibilità. È stato studiato il miglior rapporto possibile tra la storia dell’immobile e un nuovo ruolo in una città contemporanea e in evoluzione come Milano”.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
È stato il sogno nascosto dei boomer: perdersi in una giungla o in una foresta tropicale e vivere con una tribù indigena fino all’arrivo dei soccorsi.
Gli INCONTATTATI: le TRIBÙ ISOLATE che vivono sulla Terra
# Gli “incontattati”, un mito del ‘900
Toromona Credits travelgeo.org
Il mito si percepisce dalla prolifica produzione culturale del secolo scorso: libri, film e situazioni improvvisate, riportano alla possibilità di venire in contatto con una tribù indigena che vive nelle parti più sperdute del globo.
L’industria culturale è stata senz’altro influenzata dalle vere esperienze di antropologi ed esploratori, i quali sono venuti a conoscenza delle popolazioni indigene sconosciute ai più, che in gergo si definiscono “incontattati”. L’Amazzonia e in generale le giungle del Sud America hanno la presenza di più tribù, ma vediamo quali sono e dove si trovano con l’aiuto di Curioctopus .
# I Sentinelesi dell’India
L’unica tribù segnalata fuori dal Sud America, vive sull’isola di North Sentinel, nell’arcipelago indiano delle Andamane. La tribù vive di caccia e agricoltura e, nei pochi contatti con il resto delle popolazioni si sono sempre rivelati molto ostili, uccidendo i malcapitati visitatori.
Non avendo contatti con il mondo esterno, sono senza difese immunitarie per virus e batteri coi quali entriamo normalmente in contatto da questa parte del mondo, pertanto il loro desiderio di rimanere isolati è protetto dal Governo delle Andamane, perché rischierebbero l’estinzione.
# I Toromona in Bolivia, i re degli alberi
Una popolazione, quella dei Toromona, che ha avuto così pochi contatti col mondo esterno, che qualcuno ancora dubita dell’esistenza di questa tribù.
Chi racconta di averli incontrati, dal canto suo, parla di una popolazione della giungla, abile come le scimmie negli spostamenti tra gli alberi.
Esistono sul serio, ed anche il Governo della Bolivia con una risoluzione del 2006, ha dichiarato una parte del Parco Nazionale Madidi “inviolabile e ad uso esclusivo dei Toromona”, per garantirne la sopravvivenza.
La loro lingua è detta Toromona o Tacanan.
# I Mashco-Piro del Perù, gli amici dei fiumi
Nella foresta pluviale peruviana, vive la popolazione nomade dei Mashco-Piro. La tribù vive di caccia e raccolta dei frutti della foresta e si sposta all’interno di un’area protetta, una parte del Parco Nazionale Manù nella regione denominata Madre de Dios.
La popolazione Mashco-Piro ha sempre evitato i rapporti con esploratori e lavoratori della foresta peruviana, ma negli ultimi anni hanno mostrato un’accentuata curiosità nei confronti del mondo esterno, tanto che è più facile trovarli sulle rive dei fiumi che salutano e sorridono alle imbarcazioni di passaggio.
Parlano una lingua molto simile al dialetto Piro peruviano, detta Cujareňo o Arawakan.
# I Taromenane dell’Ecuador, i nomadi della foresta pluviale
Taromenane Credits: lahora.com.ec
La tribù dei Taromenane è costituita da una popolazione nomade, che vive in isolamento volontario nella foresta pluviale in Ecuador. Dovrebbero essere lontanamente imparentati al popolo Huaorani, nativi sud americani della regione. Sono continuamente minacciati dal disboscamento illegale della foresta pluviale, per questo le Autorità dell’Ecuador stanno monitorando la piccola popolazione, stimata tra le 300 e le 500 unità, investigando sulla scomparsa o uccisione di alcuni di loro.
# I Kawahiva e Moxatetèu del Brasile, le tribù nomadi dell’Amazzonia
Kawahiva Credits:unbelievable-facts.com
In Brasile si trovano due tribù scoperte solo recente, grazie alle attività di estrazione delle materie prime amazzoniche.
I Kawahiva sono una tribù nomade, precedentemente chiamata “Indiani del Rio Pardo”, vivono a Nord del Mato Grosso.
La tribù è incontattata per scelta, preferiscono non avere contatti col mondo che li minaccia costantemente col disboscamento o per ridurli alla schiavitù.
Parlano una lingua che è una derivazione del distretto brasiliano di appartenenza, con prevalenza della lingua Tenharim.
I Moxatetèu vivono invece nello Stato di Roraima. Entrambe le tribù sono state scoperte a fine anni ’90 e i Moxatetèu sono seriamente minacciati a causa delle massive estrazioni d’oro della regione in cui vivono.
Pochissimi i dettagli a disposizione su questa popolazione, che si sposta per scelta e per non farsi trovare.
# I Passè e i Carabayo della Colombia
Tra Perù e Colombia esiste il Parco Nazionale Rio Purè, che ospita due popolazioni incontattate: i Passè e i Carabayo.
I Passè abitano la foresta pluviale, incontaminati dal resto del mondo come lo conosciamo noi, monitorati da vicino dal Governo, a causa delle continue minacce portate a questa popolazione, da narcotrafficanti e taglialegna illegali.
I Carabayo, che negli ultimi anni si sono rivelati particolarmente ostili, sono una popolazione che vive stanziale nella foresta colombiana.
Li contraddistingue la tipologia delle abitazioni, le “malokas”, case di forma allungata sviluppata appunto da questa tribù. Il Governo fa rispettare la loro volontà di isolamento, nel Parco Nazionale Rio Purè.
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“La morte non arriva con la vecchiaia, ma con la solitudine” affermava Gabriel Garcia Marquez.
L’opera cerca di far riflettere sul tema della solitudine e della depressione, peggiorate con la pandemia e l’isolamento, che moltissimi anziani affrontano ogni giorno. Vediamo dove si trova e perchè potrebbe essere un’idea per Milano.
L’anziana sulla PANCHINA: la toccante scultura contro la SOLITUDINE. Un’idea per Milano?
# La statua che prende vita
credits: @Hiperrealista – Ruben Orozco Loza FB
A Bilbao, capitale dei Paesi Baschi spagnoli, c’è una signora seduta su una panchina. A prima vista, potrebbe sembrare una signora qualsiasi che si riposa le gambe stanche dopo una passeggiata, immersa nei suoi pensieri. In realtà, si tratta di una scultura iperrealista, simile in tutto e per tutto a una persona in carne e ossa, realizzata dall’artista messicano RubénOrozco Loza.
# “L’ultima persona morta in solitudine”
credits: @Hiperrealista – Ruben Orozco Loza FB
L’opera si chiama “L’ultima persona morta in solitudine” e vuole rappresentare in maniera semplice e diretta una condizione che ormai colpisce moltissimi anziani, i quali spesso si trovano a dover vivere in isolamento e in stato di abbandono, senza alcun contatto con i propri cari o amici, entrando in stati depressivi e diventando “invisibili” a coloro che proseguono con le loro vite, ignari.
# Come morire da vivi
credits: @Hiperrealista – Ruben Orozco Loza FB
Rubén Orozco Loza si è ispirato a Mercedes, una signora di 89 anni che ormai da tempo vive da sola, per attirare l’attenzione e sensibilizzare un tema piuttosto delicato e ancora poco considerato. La stessa donna ha affermato che “è quasi come morire da vivi“.
“La solitudine è la cosa più terribile che possa esistere, si tratta di un qualcosa che non si può nemmeno immaginare. Sono tante le ore che bisogna rimanere in casa, al punto che la solitudine ti divora. Prima avevo la mia vita, ma ora non ho più nulla; non ho più vita. Gli amici muoiono, i familiari muoiono e questo è terribile. È come se fossi morta in vita”
# Lo scultore iperrealista
La ragazza che annega
Sempre a Bilbao è presente un’altra celebre installazione dello stesso autore: Bihar, la ragazza che annega. Ruben Orozco Loza è un artista messicano iperrealista che si sta affermando sulla scena internazionale con le sue sculture che sembrano viventi. Lo invitiamo a realizzare qualcosa di iperrealista anche a Milano?
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Youtube recentemente ha deciso di togliere la possibilità di vedere il numero di dislike sotto a un video. Di fatto opera una censura sui contenuti e impedisce alle persone di orientarsi sui video più interessanti. Ufficialmente lo fa in nome di una maggiore libertà per i piccoli creatori di contenuti che notoriamente a Youtube non interessano minimamente.
Una ragione forse più plausibile di questa sostanziale modifica è che gli inserzionisti e i politici spesso hanno un rating molto basso in quanto i contenuti sono giudicati poco interessanti ed evidentemente manipolatori.
Un principio base di una sana concorrenza del mercato prevede la libertà di dissenso da parte dei consumatori. Anzi, sono proprio i consumatori insoddisfatti la leva per migliorare i prodotti e orientare i produttori a soddisfare in modo superiore le esigenze delle persone. Come dice Richard Branson: “La migliore fonte di innovazione sono i consumatori insoddisfatti”.
L’informazione e il potere non accettano il dissenso. Invece di accogliere le istanze di chi non è soddisfatto per migliorare la loro proposta, cercano di denigrare chi non accetta quello che gli viene proposto. E questo si rivela spesso un boomerang.
Non a caso nella storia dell’umanità i flop più grandi sono avvenuti da persone di potere che si circondano di yes man.
Questa tendenza di cercare di annullare o depistare ogni critica posta dal cittadino o dal fruitore si sta pericolosamente propagando anche tra le aziende private.
Sempre più spesso, ad esempio, aziende delle telecomunicazioni o dei servizi di base rendono ostico il contatto da parte di consumatori insoddisfatti.
E iniziano a diffondersi anche casi di aziende che forniscono prodotti incapaci di mantenere le promesse ma in cui gli utilizzatori invece di protestare sono invitati ad incrementare l’utilizzo dei loro prodotti.
Se uno vi somministra un prodotto che non funziona, voi come reagite?
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A Milano sorgerà presto una nuova torre: Torre Womb, acronimo di Wellness Over Milan Bureaus che in inglese significa anche “grembo”. Progettata dallo studio di architettura romano Labics con la collaborazione di Arup e Gad sarà alta circa 88 metri con le guglie, si estenderà su 6.300 mq e prenderà il posto di un edificio a cubo di 8 piani sede di Reale Immobili, in via Tito Speri 8. Gli elementi distintivi saranno il verde, l’aria e la luce. I tempi di realizzazione ancora non sono stati comunicati.
# Un edificio a forma piramidale con un bosco di lecci sospeso a 70 metri d’altezza
Credits milanotoday – Torre Womb
La torre, realizzata in acciaio e calcestruzzo, avrà una forma piramidale con una struttura esterna che si stacca dall’involucro per inglobare aria, luce e verde facendola sembrare un’enorme serra. Si caratterizza per delle terrazze in quota e logge dove riposarsi tra una riunione di lavoro e l’altra, o per lavorare all’aperto, ma in particolare per un bosco di lecci sospeso a 70 metri d’altezza.
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