Si svela la futura stazione gioiello: ispirata all’antica struttura realizzata nel XVI secolo. Come è fatta e i due record che batterà quando entrerà in funzione.
La stazione della metropolitana in Italia che sarà ispirata al pozzo di San Patrizio
# La nuova stazione gioiello di Capodichino
Dopo le stazioni dell’arte, come Toledo e Università, sulla linea L1 della metropolitana di Napoli è in fase di costruzione un’altra stazione gioiello, quella a servizio dell’Aeroporto di Capodichino. Si inserisce nella tratta tra Piazza Garibaldi/centro Direzionale e Capodichino di 3,2 km. Il progetto, realizzata da un consorzio guidato da Webuild su disegno dello studio RSHP di Londra, prevede anche la riqualificazione di tutta l’area urbana circostante.
# Si ispira al pozzo di San Patrizio e ha una profondità di 50 metri
La stazione è ispirata al Pozzo di San Patrizio, profondo 54 metri e costruito a Orvieto nel XVI secolo: si caratterizza per una pianta circolare del diametro interno di circa 33 metri e una profondità di circa 50 metri. Si presenta con un unico spazio aperto con 8 ascensori centrali e quattro scale elicoidali che risalgono su lungo le pareti fino a un atrio a vista in corrispondenza del piano stradale. La stazione si estenderà su una superficie esterna di oltre 3.000 mq.
webuild - Copertura Stazione Capodichino
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A copertura della stazione una struttura metallica di 65×53 metri di 450 tonnellate, ispirata ad un hangar, alta 8 metri dal piano stradale e composta da profili tubolari di acciaio di colore blu e arancione che formano elementi tridimensionali. Gli infissi in vetro consentiranno di illuminare la stazione sfruttando al massimo la luce naturale creando giochi ed effetti di luce al variare delle ore del giorno.
# Una stazione e una linea da record
Quando sarà operativa la stazione stabilirà due record: collegherà gli utenti dall’aeroportoal centro città in appena 9 minuti, contro i 12 della metro milanese, e consentirà a Napoli di essere una delle prime città al mondo ad avere un collegamento diretto metropolitano tra i tre grandi poli della mobilità cittadina: porto, aeroporto e rete ferroviaria, inclusa l’alta velocità.
Il Paese dei Faraoni si prepara a una rivoluzione a livello di trasporti ferroviari, con l’arrivo dell’alta velocità. Le linee previste e gli obbiettivi del maxi piano approvato e finanziato.
I treni dell’alta velocità arrivano in Africa: la rivoluzione d’Egitto
# Un maxi piano dei trasporti ferroviari
Il governo egiziano ha messo in campo un piano d’azione per rivoluzionare il trasporto della Nazione con una rete ferroviaria ad Alta Velocità/Alta Capacità.L’obiettivo della rete è quello di supportare il turismo fornendo diversi programmi di viaggio e di integrarsi con gli aeroporti, i porti marittimi e le autostrade esistenti per mettere a disposizione opzioni di trasporto multimodali. I treni andranno a collegare anche i centri logistici e le moderne aree di sviluppo agricolo.
# Quattro linee per un totale di 2.250 km
Attualmente in Egitto esistono 5.085 km di linee ferroviarie tutte a scartamento standard. Dal 2018 è iniziata la pianificazione di una rete di linee ferroviarie ad Alta Velocità. Sono previste 4 linee per un totale di 2.250 km andando a connettere oltre 80 città e i Paesi vicini quali Sudan e Libia, garantendo un trasporto pubblico a circa il 90% della popolazione.
# Le prime due a partire
La prima linea è stata progettata per collegare Ain Sokhna, Alessandria, Alamein e Matrouh, nei pressi del confine egiziano-libico, con una lunghezza di 660 chilometri. Metterà in collegamento anche il Mar Rosso e il Mediterraneo nell’ottica di un’iniziativa strategica più ampia volta a collegare i Paesi arabi del Nord Africa.
La seconda collegherà Assuan e Abu Simbel, migliorando le relazioni tra Egitto e Sudan e dimezzando il tempo di viaggio da Il Cairo ad Assuan da 11 a 5 ore. La lunghezza prevista è di 1.100 chilometri e metterà in connessione le aree di produzione delle materie prime e le cave con i porti di esportazione.
# I treni prodotti da Siemens
Il governo egiziano ha sottoscritto un accordo del valore di 8,1 miliardi di euro con il ramo mobilità della multinazionale Siemens, per la costruzione della rete ferroviaria ad Alta Velocità con un progetto in collaborazione con due società partner, Orascom Construction e Arab Contractors. Prevista la consegna di 41 treni ad alta velocità, che potranno viaggiare fino ai 250 km/h, 94 treni regionali, 41 treni merci e otto depositi e stazioni per le merci.
Il centro della scena se lo è preso ora, e sarà così per i prossimi 6-7 anni, la zona di Milano Sud, oltre la circonvallazione. Scopriamo i progetti in corso e il punto sulla trasformazione dell’area.
Milano sud, la nuova frontiera di Milano: le novità sui cantieri di Symbiosis e Scalo Romana
# Arrivati al tetto gli edifici del Villaggio Olimpico nell’ex Scalo Romana
Milano Sud è in pieno fermento: almeno per i prossimi 6-7 sarà al centro della scena di Milano.
Il cantiere più rilevante è quello dell’ex Scalo Romana, la cui riqualificazione è affidata al Fondo Porta Romana, promosso e gestito da COIMA SGR e partecipato da Prada Holding, Covivio e il fondo COIMA ESG City Impact Fund (CECIF). Le strutture del Villaggio Olimpico, sei stecche che ospiteranno 1.400 atleti durante le Olimpiadi Invernali 2026, sono già arrivati al tetto.
La consegna è prevista a marzo 2025, in anticipo di tre mesi rispetto ai termini previsti. Al termine dell’evento sarà riconvertito nel più grande studentato d’Italiain Edilizia Residenziale Sociale, con circa 1.700 posti, e i 10.000 mq di servizi connessi alla manifestazione saranno trasformati in servizi privati di interesse pubblico e generale.
Dopo l’inaugurazione dello studentato Aparto Ripamonti, sul lato opposto di Via Ripamonti al civico 42 è in fase preliminare di riqualificazione un altro edificio pronto a essere trasformato nella stessa destinazione d’uso: l’ex Provveditorato agli studi. In corso ora la manutenzione straordinaria e le attività propedeutiche alla sua successiva demolizione.
Lungo Viale Isonzo è finalmente partito il cantiere la sorgerà la torre A2A di 144 metri e 28 piani, soprannominata la Torre Faro, che dal 2026 ospiterà 1.500 dipendenti sparsi in diversi uffici in città. Si caratterizza per una forma tubolare e due ambienti panoramici: lo sky garden, alto circa tre piani, e un belvedere che accessibile al pubblico ad un’altezza di 125 metri.
# La sede Snam avanza spedita, fermo al palo il progetto Vitae
Spostiamoci nel Symbiosis Business District, il cui sviluppo è curato da Covivio. Dopo il debutto dell’ultimo edificio con gli uffici di Bollinger e Louis Vuitton, con il nuovo mega terrazzo “zen”, è a buon punto la costruzione della futura sede Snam che ospiterà a Milano la maggior parte dei dipendenti oggi a San Donato Milanese.
Si sviluppa su 19.000 mq tra via Condino e via Vezza d’Oglio e si compone da tre volumi sovrapposti articolati per totale di 14 piani. La prima parte è già stata rivestita dell’involucro esterno. Il progetto è a firma dello studio di architettura Piuarch. Ci sarà un parco, di oltre 8.500 mq, progettato dal paesaggista Antonio Perazzi, con un vero e proprio “Teatro Verde” che verrà utilizzato per attività all’aperto ed eventi.
Il progetto Vitae, progetto vincitore del concorso internazionale di Reinventing Cities, è ancora fermo al palo. Questo in sintesi il progetto: “la “Spirale verde” è un sentiero con una pergola di vite che sale in cima all’edificio simboleggia la doppia elica del DNA, l’abbraccio tra ricerca e biofilia.” Dopo i primi interventi di bonifica e palificazione avvenuti tra il 2020 e il 2021 non si è mosso più nulla.
In fase avanzata anche il cantiere per il nuovo quartiere generale della casa di moda Moncler tra viale Ortles, via Gargano e via Broni. Il progetto è dello studio Antonio Citterio Patricia Viel e prevede la preservazione della ciminiera della preesistente fabbrica, già sanata e poi rifunzionalizzata per mitigare le condizioni termiche dell’immobile attraverso l’immissione di aria esterna in una “serra bioclimatica” che circonda il perimetro dell’intero edificio.
Il complesso è sviluppato su una superficie totale di 37.000 mq. Al centro è previsto un giardino circolare che sarà irrigato con la cisterna attigua all’immobile convertita in un serbatoio di acqua piovana. La consegna lavori è programmata per il 2024.
Cresce in modo costante l’offerta degli immobili destinati agli affitti brevi. Il numero è di fatto uguale a quello della capitale, ma appena uno su tre è occupato per oltre 60 giorni in un anno. Due appartamenti su tre, pertanto, restano sfitti per quasi tutto l’anno. La fotografia del mercato e i motivi di questa situazione.
Il flop degli affitti brevi: a Milano due appartamenti su tre sono vuoti
# Due appartamenti su tre restano sfitti
Concluso il Salone del Mobile con le cifre record raggiunte dagli appartamenti dati in affitto, arriva una doccia fredda sul settore. I dati elaborati dal Centro Studi Rescasa-Confcommercio: sono circa 20.510 gli immobili messi a reddito per locazione di breve periodo a Milano, un numero simile a quello di Roma, malgrado il Comune di Milano abbia molti meno abitanti. Solo poco più del 32% di questi è stato occupato per oltre 60 giorni negli ultimi 12 mesi. Tra le più grandi città per popolazione in Italia la performance di Milano è la peggiore.
# Perché rimangono vuoti
Il presidente di CleanBnB Spa, Francesco Zorgno, il più grande gestore italiano di immobili in affitto breve, spiega iprincipali motivi di questo basso livello di occupazione. A determinare le scelte del mercato sono in prima battuta i clienti che prediligono soluzioni gestite in modo professionale, quindi con determinati standard e senza i limiti del caso. L‘host non professionale fatica infatti a mantenere la disponibilità dell’appartamento per lunghi periodi, non è capace di rispondere a una delle tendenze in ascesa che è quella della tariffa dinamica, proponendone di più vantaggiose in caso di last minute, non è flessibile con le modalità di rimborso, non consentendo ad esempio al cliente di disdire a ridosso della prenotazione senza penali.
Niente più tabellini con gli orari di bus e tram? Queste le finalità di un test potenzialmente rivoluzionario che sta per partire a Berlino.
Tram e autobus senza orari fissi: il progetto test che potrebbe rivoluzionare il trasporto pubblico
# Autobus e tram senza orari: i due obiettivi
Dal 1° luglio 2024, la BVG, l’azienda di trasporti pubblici di Berlino, darà il via a un progetto pilota che riguarderà alcune linee del sistema di tram e autobus. La grande novità è che si proverà un modello alternativo a quello in vigore ormai ovunque degli orari fissi, basato invece su intervalli di tempo prestabiliti. Due sono gli obiettivi di questa innovazione: il primo è di alleggerire lo stress degli autisti, obbligati a rispettare gli orari nonostante le variabili del traffico. Il secondo è di offrire un servizio più affidabile per i passeggeri.
# Il test: ottimizzare percorsi e frequenza di bus e tram
Si proverà pertanto a non dare indicazioni di orari rigidi che spesso vengono disattesi. Invece si procederà a informare i viaggiatori in tempo reale degli intervalli di minuti che separano un mezzo dall’altro sulla stessa linea. Questo sistema di gestione dinamica del traffico dovrebbe anche permettere ai veicoli di sincronizzarsi in modo ottimale, evitando la concomitanza di più mezzi alla stessa fermata, riducendo così i tempi di attesa per i passeggeri. Non solo: grazie all’uso di tecnologie avanzate per il monitoraggio e la comunicazione, sarà possibile ottimizzare i percorsi e le frequenze in base alla domanda effettiva.
Riapre dopo anni il tappo sulla A9 che ha messo in tilt il traffico per la Svizzera e per il lago di Como. La bella notizia si accompagna però a una doccia fredda: disco rosso al progetto svizzero di raddoppio del tratto autostradale.
Il cantiere infinito sull’autostrada dei laghi sta per chiudere
# La riapertura per l’Ascensione dopo oltre 3 anni
Un appuntamento fisso per i milanesi che si recano sul lago di Como o nel Canton Ticino: la coda per il cantiere eterno sulla A9 tra Como e la frontiera svizzera. Ma dopo anni di tribolazioni si vede finalmente la luce in fondo al tunnel: mancano meno di venti giorni alla fine dell’incubo degli automobilisti. La Società Autostrade ha confermato che per il 9 maggio, giorno dell’Ascensione, i lavori saranno completati. Definitivamente. “Entro giovedì 9” – ha annunciato la società – “l’autostrada sarà percorribile senza restrizioni, con tutte le corsie disponibili in entrambi i sensi di marcia. Il cantiere sarà smantellato nei giorni precedenti. E, se non viene ancora indicato il giorno e l’orario esatto della riapertura totale al traffico, la scadenza resta comunque quella dell’Ascensione”.
Le ultime code saranno dunque per le festività del 25 aprile e del primo maggio, poi si potrà tornare a corsie regolari come non si vedeva sulla tratta da oltre tre anni. Fino all’Ascensione, lo schema dei lavori rimarrà sempre lo stesso: lavori 24 ore su 24, sette giorni su 7 e deviazione di carreggiata per tutti i mezzi provenienti da Milano e diretti verso il Ticino con transito su una sola corsia in entrambi i sensi di marcia.
Il lungo intervento ha richiesto un investimento di oltre 60 milioni di euro. «Al termine, i tunnel saranno in condizioni ideali per 50 anni», garantisce la Società Autostrade. L’apertura del cantiere potrebbe mettere un freno a un altro progetto per rendere il traffico più scorrevole.
# «Spostare l’A9 è l’ultima delle priorità»
Negli ultimi anni è stato avanzato nel Canton Ticino un doppio progetto per interrare l’autostrada dell’ultimo tratto in Svizzera, tra Balerna e Chiasso, dal centro di Chiasso fino alla frontiera, ipotizzando anche un raddoppio dell’autostrada in territorio italiano. Per discutere di questo progetto ci sono stati incontri tra autorità ticinesi e italiane, ma il progetto è stato revocato negli scorsi giorni. Perché «il tracciato dell’autostrada, una volta finite le ristrutturazioni, va bene così com’è senza prendere altri spazi e spostarlo verso ovest», ha dichiarato l’ingegner Bruno Tarantola del Settore infrastrutture dell’Amministrazione provinciale di Como. Che ha aggiunto: «È un’idea che non dovrebbe venire avanti prima di aver realizzato altre importanti arterie che mancano alla rete stradale lombarda. Spostare l’A9 dovrebbe essere una delle ultime cose da fare». In sintesi, gli svizzeri premono sull’acceleratore del nuovo progetto, ma in Italia si frena. Tipico.
Nel corso degli anni sono state numerose le piazze riqualificate in modo definitivo o temporaneo, alcune meglio riuscite di altre, ma sono ancora tante quelle che avrebbero bisogno di un intervento pesante. Ecco quelle che ci hanno segnalato i milanesi.
10 PIAZZE da RIQUALIFICARE (secondo i MILANESI)
#1 Piazzale Corvetto
Piazzale Corvetto più che una piazza è uno snodo viabilistico, con il famigerato cavalcavia costruito tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 al centro del dibattito ormai da molto tempo. Si sono fatte diverse ipotesi sul suo destino, se abbatterlo, trasformarlo o riqualificarlo, ma niente di concreto. L’ultima proposta di farlo diventare una sorta di High Line è al momento solo un’idea.
Piazza Firenze, all’estremo opposto di Piazza Sempione dove troneggia l’Arco della Pace con gli ex caselli daziari, è un non luogo fatto di asfalto, marciapiedi da rifare e binari del tram. Ha tutte le potenzialità per diventare una delle piazze più scenografiche della città.
#3 Piazza Affari
Uno dei luoghi più antichi della città, sotto Palazzo Mezzanotte sede della Borsa sono visibili i resti di un antico teatro romano, è un parcheggio abusivo a cielo aperto attorno alla scultura L.O.V.E. di Cattelan. Per riqualificare Piazza Affari e toglierla dal degrado si potrebbe iniziare facendo rispettare le regole della sosta.
#4 Piazza Duca d’Aosta
Al netto delle pessime frequentazioni, Piazza Duca d’Aosta cerca da anni di ritrovare una sua dignità. Se le piazze laterali alla Stazione Centrale sono state riqualificate o hanno in corso lavori per renderle più belle, quella che accoglie turisti e milanesi in arrivo o in partenza andrebbe sistemata. Aiuole spelacchiate, alberi secchi e decine di piastre di marmo rotte, anche per l’utilizzo della piazza come skatepark, sono solo alcune delle cose da rivedere.
#5 Piazza Medaglie d’oro
Al centro la Porta Romana, su un lato uno dei bastioni spagnoli romani superstiti, poi palazzi storici e viali alberati. Il resto è un delirio viabilistico causato da sette strade che si incrociano in un unico punto con traffico paralizzato in diversi momenti della giornata. A questo si aggiunge asfalto mescolato a pietre, il “bazar” all’uscita della fermata della metro e un generale degrado.
“Medaglie d’oro è in una zona centrale, circondata da palazzi dei primi 900. L’arco di Porta Romana sembra abbandonato e circondato dal traffico.” – Marco Vincenti
#6 Piazza Gramsci
Piazza Gramsci è una delle più problematiche di Milano. A luglio 2023 sono state eseguite opere di pulizia e di tinteggiatura che hanno migliorato leggermente l’estetica ma il degrado permane come sempre. Tra le cause la sporcizia, l’incuria e anche la fontana abbandonato e mai entrata in funzione dagli anni ’90, quando è stata costruita.
#7 Piazza Cordusio
L’immagine che si ha attraversando Piazza Cordusio, pieno centro storico, è quella di sciatteria e confusione. Panettoni e new jersey messi alla rinfusa, marciapiedi dissestati e a volte auto in divieto di sosta. Da diverso tempo si attende la riqualificazione con la trasformazione in area semi pedonale, pavimentazione in pietra e piante in vaso, ma ad oggi nessun cantiere è partito.
La piazza più grande di Milano, una distesa di cemento desolata e desolante, un po’ terra di nessuno. Un luogo di passaggio anche poco frequentato, utilizzato da chi lavora negli edifici circostanti e da chi è diretto verso il Parco Portello, dato che non ha nemmeno una panchina e un albero dove sedersi all’ombra.
“Piazza Gino Valle : da rivedere completamente. È un’isola di calore invivibile” – NUOVI Orizzonti – Andrea Bolzoni Guida Ambientale Escursionistica
Lo zona è tra quelle più difficili e pericolose delle città, la zona attorno al piazzale viene definita il “quadrilatero dell’illegalità”a causa di grande numero di alloggi occupati, presenza di baby gang e spaccio di droga. Sistemare Piazzale Selinunte, che già vede al centro l’impattante torre dell’ex-centrale termica, potrebbe essere un primo passo per la rinascita del quartiere.
La nuova vita del mercato comunale ha sicuramente migliorato la zona, ma ci sono ancora diverse situazioni da sistemare in Piazzale Lagosta. Tra queste troviamo l’arredo urbano, con panettoni gialli alternati a paletti, diverse tipi di pavimentazione stradale che creano patchwork orribile, auto parcheggiate sulle aiuole, sotto gli alberi e anche attorno all’edicola.
“Piazza Lagosta, è davvero sgradevole con quel parcheggio selvaggio attorno all’edicola.” – Marina Pedrini
Uno dei nuovi locali aperti a Milano e sicuramente uno dei più caratteristici e identitari. Dove si trova, come è fatto e cosa si mangia.
Passeggiare e mangiare sulle stradine di Tokyo… restando a Milano
# Roppongi, il Giappone a Milano
Tra le novità del mese di aprile nel mondo della ristorazione a Milano c’è un ristorante che ci trasporta dall’altra parte del mondo: Roppongi. Non si tratta infatti di un semplice locale dove degustare la cucina giapponese, entrando sia ha proprio la sensazione di essere stati catapultati in uno dei caratteristici vicoli di Tokyo.
Al suo interno sono riprodotti infatti in modo fedele i vicoli della capitale nipponica con arredamento, stampe e luci, lanterne di carta, casse usate come sedie e insegne scritte totalmente in ideogrammi.
Ci sono i coni stradali, i tombini, lo specchio parabolico stradale, le finestrine da cui prendere cibo d’asporto e persino l’insegna di una stazione metropolitana. Anche i camerieri sono vestiti in modo autentico.
In questo izakaya, il tipico locale giapponese in cui si servono bevande accompagnate da cibo, il menu è quello classico con qualche divagazione. Ci sono piatti come il sukiyaki (una specie di stufato con fettine di carne funghi e verdure), poi sashimi fresco, carne alla griglia o anguilla o shishamo alla griglia, udon, katsu sando, nasu aghebitashi (melanzane fritte), miscela di tempura e molto altro. Da bere un’ampia varietà di bevande calde e fredde, tra cui sake giapponese, birra, shochu e anche cocktail esclusivi.
Oggi è la strada dello struscio, delle vetrine, della classica passeggiata tra San Babila e piazza Duomo. Eppure in passato ha vissuto stagioni molto diverse. E affascinanti.
I diversi nomi della prima strada pedonale di Milano
# La Corsia dei Servi celebrata nei Promessi Sposi
La strada ha origini molto antiche. Ai tempi dell’antica Roma era l’arteria che portava verso nord-est. Nel sedicesimo secolo prese il nome di Corsia dei Servi ed era tratto della strada che congiungeva piazza Duomo alla Porta orientale. Il nome veniva dal convento dei servi di Maria, che officiavano la chiesa di Santa Maria. Nei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni pone in Corsia dei Servi il forno delle Grucce (in milanese: el Prestin di Scansc), che fu assaltato dal popolo in rivolta.
# Da Corso Francesco a Vittorio Emanuele: la prima pedonalizzata
Nell’Ottocento la strada fu ampliata e rimodernata: le vecchie case di origine medievale furono sostituite da palazzi di maggior prestigio in stile neoclassico. Nel 1830 la strada prese il nome di corso Francesco, in onore dell’imperatore e re Lombardo-Veneto. Con l’unità d’Italia divenne corso Vittorio Emanuele II.
Fu la prima strada di Milano ad essere pedonalizzata, a metà degli anni Ottanta. In quegli anni iniziò la progressiva trasformazione da strada del Cinema a strada dei marchi della moda.
# Le curiosità su Corso Vittorio Emanuele II
Sulla strada si trova una scultura in marmo di epoca imperiale, detta “Uomo di Pietra” o “Sor Carera”, su cui in passato vi era l’usanza di affiggere composizioni satiriche e invettive nei confronti dei personaggi in vista.
Il nome originario è rimasto nello slargo, “Corsia dei Servi”, dove si trovano i resti delle terme Erculee di epoca imperiale romana.
Tra la metà degli anni ’80 e la fine anni ’90, corso Vittorio Emanuele era un abituale luogo di ritrovo della comunità hip hop milanese, chiamata la “compagnia del muretto” per l’abitudine dei membri di sedersi sui muri che circondano i resti delle terme. In corrispondenza dei pavimenti situati sotto i portici del largo, sono presenti delle borchie di rame che furono montate nei primi anni Duemila per impedire l’esecuzione di passi di break dance.
Primo maggio 2015, primo maggio 2024. Nove anni. I primi gloriosi, gli ultimi zoppicanti. Una fotografia su ciò che fu Expo 2015, ciò che fu per Milano, e ciò che è rimasto.
EXPO, 9 ANNI DOPO: i ricordi indelebili e che cosa è RIMASTO a MILANO
# I ricordi indelebili di Expo 2015
# la via principale con la sua fila di vele bianche # il Palazzo Italia e le stecche sul Cardo, l’asse trasversale che con il Decumano definiva lo spazio espositivo # i cluster tematici, ognuno dedicato a una filiera alimentare o a un’identità comune # il pendio della Collina mediterranea, alta 12 metri che riproduceva alcune tra le più tipiche vegetazioni e colture dell’ecosistema mediterraneo. # il Padiglione Zero, che riproponeva la morfologia delle crosta terrestre, con i rilievi e la grande valle centrale che ospitava lo spazio pubblico dell’arena # i canali d’acqua che circondavano l’intera area con relative polemiche per la loro costruzione (solo in parte realizzata) # la Cascina Triulza, un’antica costruzione rurale già presente all’interno del Sito Espositivo, patrimonio storico, architettonico e ambientale della Lombardia, rinata come casa della Società Civile # l’Expo by Night, ricca di manifestazioni, musica e intrattenimento # La Coda al Padiglione del Giappone: per entrare a visitarlo si perdeva l’intera giornata in coda # l’Albero della Vita, alto 37 metri e costruito in acciaio e legno, luogo di spettacolo e icona globale.
Questi i ricordi: ma che cosa è rimasto a Milano?
Che cosa è rimasto in città:
#1 MIND e i padiglioni “in fuga”
La grande area Expo è ora al centro di nuovi progetti ambiziosi. In totale, i padiglioni erano 54. Tutti sono stati smantellati. Qualcuno è stato spostato altrove.
E’ il caso, ad esempio, del Padiglione dell’Uruguay. Avreste mai pensato di ritrovarlo, oggi, nelle vesti di ristorante etnico in Via Saronnino, 1 a Origgio, Varese!? (foto)
Qualcun altro, invece ha colto la palla (di neve) al balzo. E’ il caso di uno sponsor privato che, nell’inverno di due anni fa, ha fatto di questa nuova Area 51 di Milano il set del trampolino da sci più e snowboard più grande del mondo. Una competition polare che, per qualche giorno, ha fatto tornare a battere il cuore di questo grande ambiente dismesso.
A distanza di quattro anni pare che finalmente l’area abbia preso una direzione definita con il progetto Human Technopole e la nascita del distretto MIND, come abbiamo scritto qui:
#2 Nuove panchine, come quelle in zona 4 (corso XXII Marzo)
Sono quelle della Germania, che oggi fanno bella mostra di loro nel Giardino delle culture di via Morosini, sotto il murale con cuore dell’artista Millo.
A dire il vero, la prima destinazione delle panchine pare fosse un’azienda specializzata in allestimenti. A cambiare la meta finale fu, invece, una lettera del Comune di Milano ai Paesi ospitanti, riportante l’invito a cedere alcuni arredi alla città. Così avvenne ed ora le panchine servono a tutti.
#3 Le code
Farà ridere, qualcuno sarà sdegnato, ma di fatto le code interminabili fuori dal Padiglione del Giappone sono entrate così nell’immaginario comune da aver introdotto – per fortuna – un buon costume (anche) negli italiani. Nessuno avrebbe mai immaginato che anni dopo code simili si sarebbero verificate fuori dai supermercati. Ai tempi del lockdown.
Expo ha lanciato la moda, Milano non si è più fermata. Dopo il Bosco Verticaleecco la rinascita diTorre Galfa, le super suite di Libeskind alla ‘Fedez’ (foto) con vista sulle nuvole di Porta Nuova, la grande vela Zaha Hadid in compimento, il salvadanaio di Fondazione Prada, e poi Osservatorio Prada sopra Galleria Vittorio Emanuele, City Life, il bis di Porta Nuova… Milano tende verso l’alto, e tutti stanno con il naso in su.
#6 La darsena
Prima c’erano i topi, ora si naviga con vista su bistrot, panchine, ponticelli dai sospiri d’amore. E qualcuno è pure tornato a pescare…
Viale Monza include SoS e Martesangeles, con la Silicon Valley nostrana.
I milanesi si sono accorti che esistono le 5 vie e tutto il patrimonio storico traPiazza Cordusio e Piazza Santo Sepolcro.
Lodi-Porta Romana erano da rifuggire, fino a qualche tempo fa. Ora Prada, LVHM, Bottega Veneta hanno fatto importanti investimenti, e anche i writers internazionali, come Zed, si contendono i muri per far rifiorire la città (foto: via Brembo, Madama Hotel Bistrot)
Isola…. chi? Il luogo più desolato degli anni ’90 è la nuova mecca di bikers, esperti di moda, designer, intellettuali. Quest’anno è diventata pure una Design District con tanto di prima Design Week. Proprio come Ventura-Stazione Centrale, e chi l’avrebbe mai detto!
#8 Da Padiglione Coca Cola a…
…campo da basket! Si tratta del Parco Robinson, tra via Moncucco e via Famagosta. Il parallelepipedo di 35 metri per 20, alto 12 metri, capace di coprire in tutto 1000 metri quadrati (ne avevamo parlato qui) è divenuto il cuore di un progetto articolato,’ParkMI’, composto da 240 giornate di attività ricreative, ludiche e sportive.
#9 L’Albero della Vita
Qualcuno lo voleva in Piazzale Loreto, e non è stato ancora smantellato.
Qualcun altro l’ha progettato in versione Lego, ma la verità che l’unico e inimitabile Albero della Vita si vede ancora dall’autostrada.
Qualche estate fa – inimmaginabile a dirsi – il set della spiaggia all’aperto più lontana da Milano, ma più affollata dai milanesi. Con un ricco calendario di appuntamenti, tra concerti e proiezioni di partite di calcio, ha riadattato l’area Expo in un ‘parco Experience’ fuori dal comune (in effetti, siamo già a Rho).
#10 Il sindaco
Beh, senza Expo, difficilmente Beppe Sala sarebbe sindaco.
Milano è la città dei grattacieli in Italia ma, tenendo conto di quello che è stato realizzato nel mondo, fino a quale punto potrebbe osare?
I grattacieli di Milano: quale potrebbe essere il progetto più spettacolare?
# I progetti di grattacieli più ambiziosi mai realizzati
Già nel 1956 il famoso architetto Frank Lloyd Wright progettò per Chicago un grattacielo alto un miglio, di ben 528 piani, che però non è stato mai realizzato: nell’’edificio di acciaio e alluminio erano previsti uffici per 100.000 impiegati, un parcheggio per 15.000 automobili e perfino piazzole per l’atterraggio di numerosi elicotteri, ma problemi di ogni genere allora irrisolvibili ne avrebbero impedito la realizzazione.
Questo progetto è da qualche anno in fase di rielaborazione dallo parte dello studio KPF per una possibile realizzazione in Giappone: è lo Sky Mile Tower un grattacielo di 1700 metri, tramite sofisticati software i quali ne prevedrebbero anche un’elevata sostenibiltà, e sarebbe del doppio del Burj Khalifaa Dubai, attualmente il più alto al mondo.
Anche la proposta di Asymptote Architetture, che ha vinto il concorso per il World Business Center Busan del 2007 in Corea del Sud, appare avvincente: una torre di 560 metri composta da tre alti corpi separati e affusolati che si innalzano da un edificio base a partire dal 50° piano e sono raggruppati per garantire la loro resistenza strutturale.
# A Milano il problema del suolo: il primo edificio oltre i 50 metri
Il sottosuolo di Milano è di natura sabbioso-argillosa, tale da impedire di costruire alti edifici dal peso enorme, che inoltre necessiterebbero di maggior spazio libero intorno e al di sopra di una certa altezza il costo di costruzione tenderebbe a crescere talmente da non essere relazionabile alle quotazioni immobiliari.
E sarà pure per aspetti culturali e sociali, diversamente da come è avvenuto a San Geminiano quando storicamente aveva ben 72 torri, che in città si è dovuto attendere fino agli anni 1932-35 per la realizzazione del primo edificio di 50 metri ovvero di un grattacielo, la Torre Rasini, destinata ad abitazioni di lusso.
# Pirellone e Torre Velasca
In seguito nonostante le raffinate sperimentazioni formali del Pirelli e i ricercati riferimenti goticizzanti della Torre Velasca, entrambi, costruiti a metà degli anni 50 e poi divenuti dei simboli della città, sono stati accusati dalla critica internazionale di essere frutto di una cultura nostalgica, antimoderna. È innegabile che il primo non sia stato originato da un progetto urbanistico mentre il secondo, pur più congruente con altri edifici moderni di Milano, sembra emergere con fatica dalla sua piccola piazza, circondata da edifici.
I grattacieli di Milano da tempo stanno sviluppando sempre più anche la destinazione residenziale. Tuttavia, solo alcuni edifici sono ben disegnati e coerenti con il contesto cittadino, mentre altri ne appaiono estranei, dalle forme improbabili e nessuno sembrerebbe rappresentarla come pure molti in via di costruzione.
# Porta Nuova e Citylife
A Porta Nuova il celebre Bosco Verticale rappresenta si una geniale idea di marketing urbano, per rendere anche da noi “friendly” i grattacieli residenziali, più che un’architettura, o le Torri Solaria e Aria opere di buon professionismo internazionale, che potevano essere costruite qui come in qualsiasi altro luogo urbano.
Il noto quartiere di City Life è certo definito secondo moderni criteri urbanistici, anche se presenta un eccesso di volumetria e la volontà, dovuta al marketing attuale, di sottolineare i tre grattacieli con marchi fortemente diversi, vistoso quello che limita la pregevole Torre Hadid, esprimendo così un carattere di casualità ed estraneità nei confronti della città circostante.
# La Torre Pluralista: il progetto più spettacolare per Milano
Un cenno infine alla Torre Pluralista, un progetto visionario del 1987 dell’artista-designer-architetto Gaetano Pesce, vissuto a New York, che sempre in quell’anno con il “grattacielo vegetale” ha ispirato Boeri Studio per il Bosco Verticale. Questo è edificio, di 40 piani, ciascuno dei quali da realizzarsi da un architetto diverso, che si pensa di costruirlo in Brasile: è un’evoluzione in verticale derivata dalla storica proposta dell’Immeuble-Villa di Le Corbusier. Magari si potrebbe augurare che diventi una provocazione utile anch’essa come spunto per i progettisti degli “spettacolari” edifici milanesi, per andare oltre il solito cliché ideando davvero un nuovo autorevole landmark per la città.
Il futuro del trasporto aereo sta per cambiare, si sta per rinnovare, siamo sempre più vicini ad una nuova modalità di trasporto per aria. E come? Fuori dai nostri cieli, avvicinandoci sempre di più allo spazio.
Da Milano alla Luna: il futuro del trasporto aereo in città
# La sfida di Spacex con il programma Starship
Se l’alta velocità ferroviaria sta mettendo in crisi i voli di breve tratta, per quanto riguarda le lunghe tratte la situazione è decisamente più complessa, sia dal punto di vista infrastrutturale, sia dal punto di vista di un mezzo vero e proprio.
Ormai diversi anni fa Spacex ha lanciato il programma Starship, un programma per riportare l’uomo sulla Luna e poi su Marte, grazie ad un razzo completamente riutilizzabile, alimentato a metano, che renderanno sostenibile, dal punto di vista economico, il trasporto nello spazio. Il razzo è ancora nella fase di test, per cui non è ancora chiaro quali saranno le tempistiche legate al suo utilizzo nello spazio, né quante volte potrà essere utilizzato, né quanto tempo sarà necessario per completare un check-up prima di rilanciarlo, insomma sono più le cose che non sappiamo che quelle che sappiamo ma le potenzialità di Starship sono evidenti.
# Collegare diverse città distanti tra loro
L’enorme potenza e versatilità del sistema ha fatto pensare a SpaceX e non solo a loro, di rivoluzionare il sistema di trasporto aereo. L’idea sarebbe di utilizzare il razzo per collegare varie città piuttosto distanti, abbassando i tempi e anche i costi di trasporto rispetto al trasporto aereo, in quanto si accorcerebbe il tragitto cambiando completamente la traiettoria. Per cui, forse già oggi dobbiamo domandarci, dove sarebbe possibile costruire uno spazio-porto a Milano?
# Dove realizzare uno spazioporto a Milano? Assago in pole position
Per creare uno spazioporto bisogna valutare fin da subito l’impatto ambientale, di conseguenza bisognerebbe stare ben lontani dai vari parchi nazionali e regionale, in modo da non impattare eccessivamente sugli ecosistemi più importanti del nostro territorio, anche se comunque la costruzione comporterà l’utilizzo di diverse unità di suolo e l’esercizio comporterà rumore e vibrazioni nell’intorno.
Sicuramente per cercare di mitigare l’impatto ambientale, è opportuno cercare un luogo che sia fin da subito fortemente interconnesso, in modo tale da ridurre l’impatto di opere accessorie come bretelle autostradali, ferroviarie o estensioni della linea metropolitana. Questo inoltre permetterebbe alle persone, ed eventualmente alle merci, di raggiungere lo spazioporto mediante il trasporto pubblico.
L’area su cui sorge oggi la base di lancio di Spacex è di circa 150.000 metri quadri e comprende due rampe di lancio pensate per il lancio spaziale, alcune strutture per il controllo, la produzione dei razzi e diverso altro spazio libero per future espansioni.
Di conseguenza dobbiamo pensare ad un’area di almeno 900.000 mq in modo tale da poter accogliere tutti i vari servizi e almeno 4/5 rampe di lancio sia per il trasporto terrestre, sia per il trasporto spaziale, oltre a tutte le infrastrutture necessarie a garantire il servizio.
Possiamo ipotizzare la creazione dello spazio porto a sud-ovest di Assago, siccome la M2 sarebbe a poco più di 1km e si potrebbe pensare quindi di prolungarla, nelle vicinanze è presente la tangenziale ovest e l’autostrada A7, che creerebbe un buon interscambio con le arterie autostradali.
Rimane aperta la problematica legata alla ferrovia, in quanto in questa zona non passano treni, certamente il collegamento che sarebbe garantito da M2 sarebbe già sufficiente per l’afflusso di passeggeri. Con l’apertura del Terzo Valico, potrebbe convenire pensare di collegare lo spazioporto alla linea che collega Milano e Genova nei pressi di Pieve Emanuele a sud, mentre a nord si potrebbe intersecare la linea S9 nei pressi di Trezzano sul naviglio, che potrebbe essere una scusa per completare la cintura ferroviaria.
Sono arrivata a Milano da Crevoladossola, paese piemontese di appena quattromila abitanti. L’impatto è stato uno choc.
Sono arrivata a Milano da un paesino di 4mila abitanti…
# Persa e confusa in mezzo a persone apparentemente sicure di sé
Lo choc è stato trovarmi immersa in una moltitudine di persone che sfrecciano da ogni parte con sguardi fissi, come se non dovessero mai perdere di vista il loro obiettivo. Loro apparentemente così sicuri, mentre io persa e confusa.
Dopo i primi caotici momenti, piano piano però ho imparato come si vive a Milano e, soprattutto, a capire che è una città che può offrire tantissimo ai giovani, ma anche presentare delle ombre. Questa la mia esperienza sui pro e contro di Milano.
# Pro 1: le vie di uscita dal caos
La mia prima scoperta è stata che Milano, sì, è una città molto frenetica, ma offre però tantissime vie di fuga dal caos. La mia via di uscita dal caos è passeggiare per i corridoi di una mostra o di un museo, ritrovandomi in un silenzio rassicurante che mi fa godere a pieno le bellezze che mi circondano. Oppure a Milano ha un gusto per me speciale trascorrere una giornata con amici in un parco, come al Sempione, dove prendere il sole, fare sport, chiacchierare spensierati, rilassandosi e ricaricando tutte le energie. Il Sempione è un parco centrale, a suo modo unico tra le grandi città d’Italia. Ma queste sono scoperte che ho fatto dopo la scelta di venire a Milano: perché ho deciso di venire qui?
# Pro 2: l’atmosfera giovane e vitale
Uno dei motivi per cui la mia scelta è ricaduta su Milano è la vasta offerta formativa che offrono le varie università. Basta pensare che l’Università Statale di Milano è la migliore a livello internazionale per quanto riguarda i corsi di medicina e biologia. E a pari passo anche le opportunità di stage, o lavoro, sono molto valide. Ma non solo la qualità della formazione è così rilevante: lo è anche quello del gran numero di studenti che arrivano a studiare a Milano che la rende vitale, di mentalità aperta e internazionale. In breve, qui ti ritrovi in un’atmosfera unica per chi ha la mia età. E da questo si arriva al terzo grande punto forza che ha Milano per una come me.
# Pro 3: ogni sera un’esperienza unica
Amo la musica. E questa passione viene ricambiata da Milano in modo straordinario. In primis per la vita notturna e tutti i concerti che vengono organizzati. Di discoteche e locali ce ne sono a bizzeffe: tra quelli dove sono stata mi hanno colpito in particolar modo: il Tempio Del Futuro Perduto, per i grandi spazi anche all’esterno e per le attività che offrono, e il Gattopardo, per la sua location unica in una vecchia chiesa.
Ma ce n’è per tutti i gusti, ogni sera si trova sempre qualcosa da fare. Le opportunità sono molteplici: andare a ballare, andare a teatro, a un concerto, anche solo ad un bell’aperitivo magari con musica di sottofondo. Ogni serata a Milano può essere un’esperienza unica. Queste le luci della metropoli. Ma se dovessi citare le ombre, metterei queste.
# Contro 1: il portafoglio piange
Il primo contro può sembrare piuttosto banale. Avere moltissime attività da svolgere, aperitivi, cene, è tutto molto ammaliante, ma c’è un ma: i soldi. Milano è la città più cara in Italia, non solo per gli affitti alle stelle, le bollette, le tasse universitarie, ma anche per le spese extra quasi obbligatorie per poter vivere la città.
# Contro 2: manca l’aria
Un altro tasto dolente è la qualità dell’aria. Soprattutto per chi come me arriva da un paese circondato da montagne, dove si sente la freschezza dell’aria, la differenza si nota subito. Non per niente Milano è la seconda città più inquinata in Europa.
# Contro 3: muoversi
Io adoro Milano, devo ammettere però che una delle cose per me più snervanti è prendere i mezzi, nonostante siano molto efficienti, o ritrovarsi nelle zone molto affollate negli orari di punta. In certi momenti diventa difficile muoversi e prendere un caffè o uno spuntino diventa un’impresa. Ma d’altronde questo è uno dei prezzi da pagare se si decide di vivere in una metropoli come questa.
# Contro 4: insicurezza
E si arriva al tema caldo dei nostri giorni: la sicurezza. A me sembra che Milano sia in generale una città abbastanza sicura, anche se mi è capitato non poche volte di trovarmi in situazioni in cui non mi sono sentita al sicuro. Non capisco come sia possibile che io, una ragazza, debba avere paura di tornare a casa da sola dopo una certa ora. Non ci troviamo sicuramente in una di quelle metropoli dell’America del Sud, ma comunque ritengo che dal punto di vista della sicurezza si potrebbero fare dei grandi passi avanti.
# Alla fine ho capito che questa è Milano
Questi i pro e i contro principali secondo la mia esperienza e che probabilmente sono comuni a molti della mia età che arrivano a studiare a Milano. Ma se devo dire quale sia la ricetta magica per vivere al meglio Milano forse è proprio questa: quella di capire che i pro e i contro di Milano sono parti della stessa medaglia. Una medaglia che significa l’ingresso nella vera vita, con i suoi rischi ma anche con le sue infinite possibilità.
Le segnalazioni su interventi che i milanesi chiedono al Comune di apportare per riqualificare luoghi o per migliorare i trasporti pubblici.
Milano SOS: dove riqualificare in città
# Corsia riservata per la 92
Creare una corsia riservata per la 92 condivisa con il tram 2 da piazza Bausan a Lancetti (rif: Domenico Sannicandro)
# Ripristinare la 45
Ripristinare la 45 perchè nel quartiere Forlanini la sera è pericoloso per noi donne spostarsi a piedi per i cortili per arrivare al 27 o alla 73 (rif: Daniela Salvetti)
# Ripristinare la fontana di Piazza Gramsci
Riqualificare la fontana di piazza Gramsci, una piazza che potrebbe essere stupenda ma che è in un degrado pazzesco. Hanno pure tagliato uno dei pochi alberi esistenti.
# Completare le ciclabili interrotte
Le ciclabili che finiscono nel nulla sono un insulto al civismo e alla mobilità
# Via Quintiliano
La Via Quintiliano. Non è solo zona industriale. E’ anche zona residenziale. Case nuove con angolo Salomone. Nuovo bar gelateria, nuove case a metà, polizia di Stato, giardini e parco giochi comunale, cooperativa accoglienza profughi, AC Macallesi, campi basket scuola media, casetta tempo libero comune di Milano, passaggio per casa di riposo anziani e poi anche zona industriale. Marciapiedi tutti rovinati, da rifare e strade a senso unico pericoloso e in parte a imbuto per problemi viabilità. Curvone molto pericoloso per mancanza attraversamento pedonale alla fine del sentiero dei giardini. Regalateci un miglioramento anche in periferia, non valiamo di meno, siamo solo meno fortunati, figli di operai (rif: Daniela Salvetti)
# Piazzale Accursio
“Io propongo piazzale Accursio, angolo Espinasse. C’è il cadavere di un vecchio immobile veramente brutto” Michela Guizzardi
# L’orario estivo dei mezzi pubblici
L’orario estivo dei mezzi per due mesi é eccessivo e comunque non dovrebbe mai coincidere con area C attiva, costringere i cittadini a scegliere tra 5 euro di pedaggio/gabella o 50 minuti di attesa nella canicola é demenza totale (rif:Simone Di Gennaro)
# Il suk di Piazza Medaglie d’Oro
Piazza Medaglie d’oro (disastro viabilistico) e suk perenne su spiazzo marciapiede Porta Romana M3, e Corso Lodi con vie traverse piene di paletti e parigine sparite e auto su marciapiedi anche in zone 30 (Rif: Fabio Marcomin)
# Via Lope de Vega
Le case Aler sono in uno stato veramente osceno (Rif: Massimo Compagnoni )
# Piazzale Corvetto
Viabilità di Corvetto: si dovrebbe creare un sottopassaggio al termine di corso Lodi direzione raccordo liberando il traffico dai semafori di chi invece deve svoltare nel piazzale.
# 24 fino a Locate
Prolungamento 24 fino a Locate, in previsione da anni ma progetto mai partito
# Bici sui mezzi
Sogno i mezzi in cui si possano mettere le biciclette al seguito (modello Amsterdam o Berlino)
# Cristo si è fermato a San Siro
Il degrado delle case popolari nel suk dietro Segesta è una disgrazia per chi ci vive e squalifica un’intera area che per verde e strutture sarebbe una delle più rinomate della città.
# Piazze e strade da riqualificare
via Tito Livio Parcheggio di Pagano piazza Trento viale Forlanini via Doria via Sammartini piazza Caiazzo piazza Monte Titano via Mazzini via Meravigli piazza Cacciatori delle Alpi De Angeli
Il destino del cavalcavia ritorna a più ondate al centro del dibattito politico. Le alternative sono due, abbatterlo o trasformarlo, ma al momento non è stata mai messa in campo nemmeno un azione temporanea. L’ultima idea proposta vorrebbe farlo diventare come la famosa Highline di New York.
Il cavalcavia di Corvetto: abbatterlo o trasformarlo nella highline di Milano?
# Il destino del cavalcavia: abbatterlo o trasformarlo?
Abbatterlo o trasformarlo? Un dubbio che si è ripresentato più volte all’interno del dibattito politico recente e non solo, ma che si è risolto sempre nel lasciarlo tale e quale senza nemmeno un intervento temporaneo di riqualificazione. Il cavalcavia del Corvetto non è altro che il Raccordo dell’Autostrada del Sole che inizia all’altezza di Rogoredo e che termina in Piazzale Bologna, costruito tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 del ‘900 per agevolare lo spostamento degli automobilisti in ingresso in città.
# L’idea di farlo diventare come l’Highline di New York
L’ultima idea è quella del progetto “Fly over live under”, elaborato dal team multidisciplinare Fab For Future (FFF), al primo posto su 28 proposte pervenute nell’ambito di una competizione rivolta a studenti universitari terminata a luglio del 2023. I vincitori hanno pensato a a un suo riutilizzo, con una trasformazione della fruizione del cavalcavia sia sotto che sopra.
Per la parte superiore è stata proposta l’eliminazione del traffico veicolare convertendo la struttura in una sorta di Highline, come quella presenta a New York al posto di un tracciato ferroviario dismesso. Qui i cittadini potrebbero sostare, passeggiare tra pergole, sedute e aree verdi, oltre a osservare la città da un punto di vista inedito.
Per l’area sotto il cavalcavia, già interessata in passata dalla realizzazione di un murales nelle pareti laterali durante la giunta Moratti, è stata ipotizzata la riqualificazione degli spazi oggi occupati dalle auto in sosta. La soluzione studiata prevede l’inserimento di nuove attività aggregative e sportive, come pareti di arrampicata, tavoli da ping-pong, campi da basket e da bocce. A questo si aggiunge la trasformazione di Piazzale Corvetto da nodo viabilistico a una piazza multi-funzione, un nuovo luogo di aggregazione, vivibile e facilmente accessibile grazie alle nuove aree pedonali.
# I numeri della proposta: 5,4 ettari in più per pedoni, 485 nuovi alberi e 2.400 mq di nuovi spazi per attività sportive e aggregative
Questi i numeri principali del progetto calcolati dai promotori:
circa 5,5 ettari di spazio in meno destinato alle auto;
un incremento di circa 5,4 ettari di spazio per i pedoni;
piantumazione di 485 nuovi alberi;
circa 2.400 mq di nuovi spazi per attività sportive e aggregative.
Previsto inoltre un nuovo edificio per servizi e attività commerciali quali ristorazione, spazi co-working, per eventi e di incontro tra artigianato e digitale nei pressi di Piazzale Corvetto. Per ora rimane solo una proposta, ma non è il solo cavalcavia di Milano al centro di proposte.
# Che ne sarà del “Mostro”, il cavalcavia Monteceneri-Serra?
Un dibattito analogo è aperto da anni su un altro “famoso” cavalcavia, quello di Monteceneri-Serra, a nord della città. Questo mostro architettonico è stato sempre partorito negli anni ’50, di circa 1 km lungo la circonvallazione, con identico impatto negativo a livello estetico, acustico e di inquinamento nei confronti dei residenti affacciai sull’arteria. Tutto è rimasto al 1965, anno di conclusione dei lavori, dato che, nonostante le necessarie attività di manutenzione e ipotesi di demolizione e di restyling, non si è fatto nulla di concreto. Abbatterlo appare in questo caso un’opzione remota, perché non immaginarne un nuovo utilizzo prendendo qualche idea dalla proposta presentata per il cavalcavia al Corvetto?
L’antica Milano era cinta dalle mura. Per entrare in città si potevano varcare le mura attraverso delle grandi porte oppure degli accessi secondari, detti pusterle.
La meravigliosa storia delle porte di Milano
# Le porte in epoca romana
La principale porta di accesso alla città era Porta Romana. Le altre porte più antiche erano la Comasina, la Giovia, la Ticinese, la Tosa, la Vercellina e l’Orientale (oggi Porta Venezia).
Porta Comasina (o Porta Cumana), sull’attuale via dell’Orso, da cui partiva la via Regina che collegava Milano a Como.
Porta Giovia, dove oggi si trova il Teatro Dal Verme, era intitolata a Diocleziano, da cui partiva la via Severiana Augusta, che congiungeva con il Lago Maggiore, e la via Varesina, che portava a Varese e a Lugano.
La Porta Orientale si trovava sull’attuale via Manzoni, si apriva verso Bergamo, Brescia e l’Oriente.
Da Porta Romana partiva la via Emilia.
Porta Ticinese, sull’attuale Carrobbio, portava a Ticinum (Pavia).
Porta Tosa, situata lungo la moderna via Rastrelli, poco prima di via Larga, sorgeva nei pressi del porto fluviale di Mediolanum, e dava sulla strada romana che raggiungeva Cremona.
Da Porta Vercellina, situata dove ora è presente la chiesa di Santa Maria alla Porta, partiva la via delle Gallie, che conduceva verso Augusta Prætoria (Aosta) passando da Novaria.
L’imperatore Massimiano donò all’allora capitale dell’impero tre nuove porte: Argentea, Aurea ed Erculea.
# Le porte medievali
Le porte repubblicane e quelle massimiane, così come le mura, sono state distrutte durante l’assedio di Milano del 1162, opera dell’imperatore del Sacro Romano Impero Federico Barbarossa, venendo poi sostituite dalle mura e dalle porte medievali.
Le porte medievali principali erano:
Porta Orientale Porta Romana Porta Ticinese
Porta Vercellina Porta Comasina Porta Nuova
A queste va aggiunta Porta Giovia, che sarebbe definitivamente scomparsa con la costruzione del moderno Castello Sforzesco.
# Le porte spagnole
Tra il 1548 e il 1562 per ordine di Ferrante I Gonzaga si decise la costruzione delle mura spagnole, resa necessaria per sostituire le mura medievali di Milano, ormai diventate obsolete per l’invenzione della polvere da sparo.
Al 1796 le porte principali erano dodici, di cui sei erano quelle principali:
Porta Orientale, in epoca napoleonica Porta Riconoscenza e dal 1860 Porta Venezia.
Porta Romana.
Porta Ticinese, nota sotto Napoleone come Porta Marengo.
Porta Vercellina, dopo il 1859 ribattezzata Porta Magenta. Porta Nuova.
Porta Comasina, dal 1860 Porta Garibaldi.
# Le porte dell’Ottocento
Nel XIX secolo, con la crescita dei commerci e del traffico, vennero aperte altre porte. Furono le ultime prima della demolizione delle mura spagnole, che iniziò alla fine dello stesso secolo:
Porta Sempione, situata dove esisteva in epoca medievale Porta Giovia e corrispondente al moderno Arco della Pace. Barriera Principe Umberto, demolita nel 1931 e sostituita dall’omonima e moderna stazione. Porta Genova, ora chiamata stazione di Milano Porta Genova. Porta Volta. Porta Monforte, ultima porta realizzata a Milano per fornire alla città un altro accesso che superasse le mura.
Altri cambiamenti di nome si ebbero durante il Risorgimento. Porta Tosa cambiò nome in Porta Vittoria per celebrare le cinque giornate, Porta Vercellina venne rinominata Porta Magenta in ricordo della battaglia di Magenta, Porta Comasina fu ridenominata Porta Garibaldi e Porta Orientale fu ridenominata Porta Venezia (1859) in onore alla città lagunare, non ancora annessa al Regno di Sardegna.
Nella storia della danza classica, a livello mondiale, sono quattordici le ballerine che hanno conseguito il titolo di “prima ballerina assoluta”. Un riconoscimento assegnato alle danzatrici più importanti, inarrivabili. Tra queste quattordici, ben tre sono milanesi.
Pierina Legnani, la prima milanese a diventare “prima ballerina assoluta”
# Nata al Bottonuto, un quartiere oggi scomparso, si formò alla scuola di ballo alla Scala
La prima a diventare “prima ballerina assoluta” fu Pierina Legnani, nata poco distante dal Duomo il 30 settembre 1868. Lo divenne nel 1894 (a 26 anni) grazie al Maestro di ballo francese Marius Petipa, primo Maitre de ballet nella compagnia di danza imperiale di San Pietroburgo. La seconda italiana, in ordine cronologico, ad aver conseguito il prestigioso titolo fu l’indimenticabile talento milanese, Carla Fracci, diventata “prima ballerina assoluta” secondo la recensione del New York Times nell’edizione del 12 luglio 1981, in occasione dell’esibizione dell’artista al Metropolitan Opera House. La terza è invece Alessandra Maria Ferri, diventata “prima ballerina assoluta” al Teatro alla Scala nel 1992.
Ma torniamo alla prima a conseguire una nomina che regala alla ballerina un qualcosa di mitico, forse perfino di mistico ed eterno. Pierina Legnani nacque nell’umile quartiere Bottonuto, che si trovava nella zona dell’attuale Piazza Diaz e vie limitrofe. Si formò alla scuola di ballo alla Scala, sotto la guida di un’altra illustre ballerina milanese, Caterina Beretta.
# Dal debutto ai palcoscenici internazionali
Il debutto della Legnani risale al 1888, in “Amadriade”, ballo fantastico brillante in otto quadri, di Luigi Danesi: dimostrò fin da subito grazia e forza, eleganza e carisma, le si attribuì la capacità di eseguire trentadue fouettes en tournant consecutivi, ma lei stessa confidò di arrivare al massimo a venticinque. A ventiquattro anni diventa prima ballerina alla Scala, a venticinque manda in visibilio il pubblico dell‘Alhambra Teheatre di Londra, poco dopo la sua fama la fa arrivare a San Pietroburgo, dove viene chiamata al Taetro Mariinskij. Qui i suoi virtuosismi appassionano gli spettatori che riempiono la sala solo per lei. Pierina Legnani inizia una prolifica collaborazione con il coreografo ed ex ballerino Marius Petipa, studia con il danzatore, quasi coetaneo, Nokolai Legata e con il coreografo Christian Johansson, diventando sempre più precisa, acrobatica ed elegante.
# Le sue esibizioni più importanti
Epiche sono state le sue esibizioni in “Cenerentola”,“Le Talisman”, “Le halte de cavalerie” e in “Raymonda”. Ne “Il lago dei cigni”, è Odette e la sua rappresentazione del 1894, al teatro Mariinskij, viene ancora oggi considerata la migliore di tutti i tempi.
Tornata in Italia, va a vivere nella ridente Pognana Lario, sul lago di Como, diventando anche una preziosa maestra di danza. Morì a Milano il 15 novembre 1930, dopo aver coperto anche il ruolo di commissaria d’esame alla Scala.
Chiudere una relazione non è mai facile. All’inizio del rapporto si dovrebbe stabilire una safety word come nel sadomaso: quando uno dei due dice quella parola la relazione termina automaticamente e chi si è visto si è visto. Purtroppo i rapporti umani sono più complessi di quelli che si instaurano tra persone che indossano una tuta in lattice. Per fortuna però siamo a Milano, e questa grande città può suggerire dei messaggi da inviare per lasciare il partner.
10 messaggi alla “milanese” per chiudere una relazione d’amore
#1 Interesse composto
“Sapevi di essere un bene soggetto a deprezzamento. Ti lascio ora fin che hai ancora un buon valore di mercato. Lo faccio per te.”
#2 Fedeltà
“Ti amo ma sono sposato con il mio lavoro.”
#3 L’incontro a sorpresa
“Nel meeting di questa mattina ho visto il tuo ex.” “Quale?” “Io!”
#4 Salvataggio in corner
“Non sono pronto per una relazione così seria. Però qualche volta possiamo vederci per l’aperisesso.”
#5 Divieto di sosta
“Ho parcheggiato la nostra storia d’amore nella doppia fila dei miei sentimenti con le quattro frecce. Ora devo andare prima che la mia coscienza me la rimuova.”
#6 Concentrato
“Ora non posso amarti. L’Inter deve prima vincere la Champions.”
#7 Metaforico
“Ti lascio perché fare l’amore con te è come entrare in Galleria Vittorio Emanuele.”
#8 Concreto
“La nostra relazione è importante ma troppo accidentata. Non può continuare, è come andare in bici sul pavé. Quando piove.”
#9 Intraprendente
“Noi due siamo un grande team però è venuto il momento di mettermi in proprio.”
#10 Definitivo
“Quando ti sei innamorato del mio look, dei miei vestiti alla moda e dei miei modi eleganti e raffinati dovevi andare oltre alle apparenze. Pensavi di aver trovato l’uomo perfetto, invece sono gay.”
In Lombardia ci sono diversi paesi ormai abbandonati ma, ciò nonostante, cresce la schiera dei turisti curiosi di visitare luoghi storici dal fascino antico.
5 ghost town per una gita da brividi da Milano
#1 Assiano, il borgo abbandonato nei pressi di Baggio
Un borgo rurale antichissimo situato nei pressi di Baggio e che si affaccia sulla strada denominata via Cusago che collega il comune di Cusago al quartiere di Baggio. Per lungo tempo è stato un borgo di eccellenza quanto a produzione di fragole, diburro e formaggio. Oggi si presenta come un insieme di Cascine, granai e costruzioni agricole abbandonate.
#2 Borgo del Canto, il borgo raggiungibile solo a piedi in provincia di Bergamo
In provincia di Bergamo sul monte Canto, si trova questo borgo abbandonato caratterizzato da un insieme di ruderi e rovine di origine agricola. L’abbandono è frutto del noto fenomeno che, in molti borghi di campagna, ha comportato la fuga verso i nuclei cittadini. Situato nella Valle San Martino a Pontida, era un borgo medievale ricco di monasteri e abbazie ed oggi è raggiungibile solo a piedi dalla frazione di Fontanella oppure da Pontida.
#3 Consonno, la “Las Vegas d’Italia” nel comune di Olginate in provincia di Lecco
In questo borgo gli edifici sono ancora conservati, se pur parzialmente. L’abbandono è stato infatti causato da una serie di frane del terreno. Famoso per l’appellativo di paese dei balocchi, il borgo era stato pensato per diventare una sorta di Las Vegas della Brianza, ma l’ennesima grave frana ha costretto gli abitanti ad un definitivo abbandono.
#4 Piero, il borgo in provincia di Varese immerso nella natura
Il borgo fantasma di Piero, frazione di Curiglia, si trova in Val Veddasca, sulle alture del lago Maggiore, in provincia di Varese. Offre panorami naturalistici mozzafiato, anche grazie al fiume Giona che li attraversa. Poco distante dal paesino di Piero si trovano i famosi mulini, restaurati negli anni ’90 ma ormai totalmente abbandonati.
#5 Monteviasco, uno dei borghi più belli d’Italia quasi disabitato
Monteviasco, non lontano da Piero, è “uno dei borghi più belli d Italia”, caratterizzato da casette di montagna e vecchie baite in legno. Non è abbandonato, anche se il numero di abitanti si contano sulle dita di due mani, ma è raggiungibile solo a piedi attraverso un percorso in salita di più di 1400 gradini. Da non perdere la cascata di Giona, formata dall’omonimo fiume, che attraversa queste vallate verdeggianti e va a sfociare nel lago Maggiore.
Un grande classico. Andare in San Lorenzo e contare le colonne. Una, due, tre… sedici. Sono sedici. Invece no. Nessuno vede che ne esiste anche un’altra. Che nessuno vede.
La misteriosa diciassettesima colonna di San Lorenzo
# Il luogo più conosciuto della Milano Romana
Per tutti a Milano sono “le colonne”. Anche se ce ne sono altre di famose in città, sicuramente le più suggestive sono loro. Le Colonne di San Lorenzo, in Porta Ticinese, sono forse il luogo più conosciuto della Milano Romana. Gli edifici originari da cui provengono risalgono a un periodo compreso tra il II o III secolo dC.
Le colonne fanno da cornice alla Basilica di San Lorenzo e con molta probabilità era prevista in un origine che ne completassero il patio. La loro collocazione attuale è stata completata tra l’XI e il XII secolo con la posa dell’arco al centro del colonnato.
Le colonne sono alte circa 7 metri e mezzo in marmo di Musso e provviste di capitelli corinzi, provenienti da due edifici differenti. Ai capitelli più bassi è stato aggiunto uno spessore in laterizio per livellarli con gli altri. Come tutti i milanesi sanno, e chi ci passa davanti può confermarlo, le colonne sono 16 in totale: ma è davvero così? A un primo sguardo sembrerebbe proprio così, anche contandole una per una. Invece al conto ne sfugge una…
# Bisogna guardare più su
Secondo alcune leggende l’avrebbe nascosta il Diavolo. Ma non stiamo parlando di una colonna uguale alle altre 16. Come ricorda Giacomo Bertolotti, a San Lorenzo c’è una colonna che nessuno nota e che porta il numero totale a 17.
Per vederla bisogna mettersi al centro del colonnato: alzando la testa verso l’alto e osservando con attenzione si può notare una colonna in miniatura, con una piccola croce sopra posizionata sulla sommità dell’arco.