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I MATTI di MILANO

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Cappellaio matto

Di matti, si sa, a Milano ce ne sono moltissimi. Questa città meravigliosa infatti è un po’ malata anche lei: oscilla nervosamente dalla quiete alla massima velocità e agitazione nell’arco di pochi secondi. Occorre starle dietro e per chi non ne è abituato è complesso. E’ un attimo perdersi.

Lo scrittore Paolo Nori ha proprio scritto un libro sull’argomento intitolato “Repertorio dei matti della città di Milano” in cui, con delle brevi pennellate, tratteggia ritratti di tanti abitanti di Milano quantomeno…eccentrici…

I MATTI di MILANO

# Il più famoso: quello che scrive nei muri della città “Baal culo” o “Lucifero culo”

Il più famoso è quello che scrive nei muri della città “ Baal culo” o “Lucifero culo”. Ultimamente, aggiornando il suo repertorio in periodo pandemico, ha iniziato anche a scrivere “Virus=baal”. Pare che una volta, beccato sul fatto, gli abbiano chiesto: “ Lei sa chi lasci questi messaggi sui muri?” ed egli abbia risposto: “Sarà un matto”.

# Quello che considerava Lambrate il quartiere migliore del mondo

Uno viveva a Lambrate e considerava il suo quartiere il migliore del mondo. Se un amico gli chiedeva: “Secondo te dov’è la migliore gelateria di Milano?”- egli rispondeva: “A Lambrate”. La birra? Solo al Birrificio di Lambrate. Pare che un tempo avesse avuto una fidanzata che abitava nel quartiere Gallaratese. La storia finì presto perché lui non sopportava le storie a distanza.

# L’esibizionista della metro

Uno è un cantante che si esibisce nei vagoni della metro. Il suo marchio di fabbrica è il suo saluto al pubblico con cui non manca mai di iniziare le sue performances. Al grido di: “Ciao Milano!!” parte a cantare con acuti e tono un po’ altalenante. Quando finisce si rivolge ai passeggeri e dice sempre: “Fatemi almeno un applauso, me lo sono meritato”.

# La sua oca era come il suo barboncino

C’è uno che andava a spasso attaccato ad un’oca. La teneva al guinzaglio come fosse un barboncino. Voleva molto bene all’oca e quando essa morì cadde in depressione.

# Quello che nitrisce per prenotare la fermata

C’è uno che sul tram per prenotare la fermata nitrisce come un cavallo e fa finta di tirare le redini per fermare la carrozza.

# Quello che credeva di essere il figlio della Regina Elisabetta II

C’è quello che credeva di essere il figlio della regina Elisabetta II. Tutti i giorni ai suoi colleghi diceva: “Sono il figlio di Elisabetta d’Inghilterra!”. Loro ovviamente ridevano e lo prendevano in giro, dicendogli che era più bello di suo fratello Carlo. Un anno l’azienda per cui lavorava organizzò per Pasqua un viaggio a Londra ed egli aveva aderito subito. Quando furono davanti a Buckingham Palace egli cercò di arrampicarsi sui cancelli al grido di : “Mamma, mamma!!”. Due colleghi riuscirono a portarlo via prima delle guardie.

# Il “disturbato” dei campi di calcio

Uno è un papà di un bimbo che gioca a calcio. Accompagna sempre suo figlio agli allenamenti e alle partite. Quando arrivano raccomanda sempre al figlio: “Mi raccomando, saluta i signori!”. Durante la partita però lo si sente urlare: “Spaccagli le gambe!!”.

# Il tale che voleva leggere i suoi pensieri con una risonanza magnetica

C’era poi uno con una lunga barba bianca, morbida e capelli sottilissimi e disordinati. Si presentava ogni martedì dal suo medico perché gli prescrivesse una risonanza magnetica. Voleva infatti vedere che percorso facessero i suoi pensieri.

# La poetessa della città

Una viveva in ripa di Porta Ticinese 47 tranne quando la rinchiudevano al Paolo Pini. Scriveva poesie. Il suo appartamento era pieno di oggetti, di quadri che i suoi amici le regalavano. Il pavimento era pieno di cicche di sigaretta e i muri erano coperti da numeri di telefono, come fosse una rubrica.

Si potrebbe andare avanti ancora molto e stilare un lungo elenco di matti..
A volte però mi chiedo: siamo davvero sicuri che noi siamo i sani?

GIULIA PICCININI

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Cosa sarebbe la VITA SENZA L’IKEA?

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Un luogo non luogo che catalizza gli stati d’animo dei milanesi fissando in un fermo immagine i loro progetti di vita più felici e la loro miseria.

Cosa sarebbe la VITA SENZA L’IKEA?

# Non è un centro commerciale come tanti

Ikea. C’è qualcosa che mi attrae di quel cubo abnorme piazzato sulle tangenziali.
L’ikea non è un centro commerciale come tanti. E’ un luogo non luogo che catalizza gli stati d’animo dei milanesi fissando in un fermo immagine i loro progetti di vita più felici e la loro miseria.
All’Ikea ci vai quando comperi la tua prima casa, sei giovane. Nella scelta di un divano colorato proietti il film delle serate con gli amici oppure romantiche notti fra calici di vino appoggiati per terra e briciole che te le senti nella schiena mentre baci qualcuno.
All’Ikea ci vai quando ti nasce un figlio. Lettini di legno, lampadari a forma di nuvole, bicchieri di plastica colorati, pupazzi acrilici ingombranti che non compreresti mai ma, tant’è, te li ritrovi alla cassa e li hai già pagati.
All’Ikea ci vai per sistemare la taverna…s’è mai capito perché le taverne devono diventare il ricettacolo dei mezzi mobili, del mezzo stile, del….vabbè questo qui lo mettiamo in taverna?

# Dove comperare le cose inutili

Ma all’Ikea ci devi andare soprattutto per comperare cose inutili. L’acquisto delle cose inutili ha salvato più anime del Prozac. Le cose inutili devo costare poco e non le puoi cercare tu perché, essendo inutili, non ti viene da pensarle. Sono loro che devono trovare te. Quindi lo stratega dell’Ikea ha creato un percorso perfetto, un labirinto al quale tu accedi si, volontariamente, ma nel quale non sei più padrone del tuo pensiero.
Io adoro ogni tanto non essere padrona del mio pensiero. Voglio dire, a furia di fare le persone intelligenti si diventa pure antipatici. A furia di organizzare la vita, propria e altrui, ci fuma il cervello. No, arriva il momento in cui hai necessità di prendere la macchina, infilarti all’ Ikea e comperare un taglia uova sode.

# L’esistenza è quella cosa che sta fra l’elevazione massima di un pensiero ed un affetta uova sode

L’esistenza è quella cosa che sta fra l’elevazione massima di un pensiero ed un affetta uova sode. Nel mezzo ci sta tutto il resto…Ma se tu, ogni tanto, non ti dedichi a fare cose semplici, inutili, stupide…non potrai tenerla tutta fra le mani, la tua vita.
Dobbiamo percorrere leghe di bellezza e di banalità per tratteggiare i chiaroscuri delle nostre giornate. Le verità le trovi negli scenari svuotati di poesia. Se ce l‘hai dentro di te però, la saprai portare pure all’Ikea.

All’Ikea ci devi andare con il coraggio del guerriero senza armi. Ti troverai a combattere con lo specchio di una società che ti rappresenta più di quello che vorresti. Ma il consiglio è non fare opposizione. Semplicemente venire a patti con il nemico. Non ti atteggiare ad essere diverso dalla famiglia media che frequenta quei luoghi. Una volta almeno sei stato identico a quella gente che ti appare così borghese, così esteticamente insignificante.
Entra all’Ikea e lasciati andare. Compera dei tovaglioli colorati, non stare a pensare. Abbi il coraggio di trascorrere una domenica mattina inutile. Bevi una spremuta a 2 euro. Fatti prendere per le orecchie dagli slogan eco friendly, frasi etiche che inevitabilmente si schiantano sulla mediocrità dell’ italiano medio…che a leggerle è tanto bello ma a metterle in pratica…ci passa.

# Niente mariti tra i piedi

Vai all’Ikea. Non avere paura. Ma vacci con un’ amica, niente mariti fra i piedi. Gli uomini non ci trovano nulla di poetico in un affetta uova sode.
Io ci vado spesso da sola…perché adoro osservare la gente ma posso andarci pure con le amiche. Con loro posso disquisire sul formato dei sacchetti freezer per mezz’ora. E confrontarci sulla scelta delle mollette chiudi biscotti. Loro…come me….dopo un intera settimana a gestire ogni singolo minuto della vita figli, casa e lavoro…sanno esattamente quanto sia fondamentale l’ acquisto di un rotolino togli pelucchi per la salvezza della mente, prima che arrivi..di nuovo…lunedì.

PAOLA MERZAGHI

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Sud, Nord e Milano: l’invidia ci sta distruggendo

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L'invidia - Giotto (Cappella degli Scrovegni) L'invidia fa bruciare l'invidiosa che denigra l'invidiato ma viene colpita dalla sua stessa malvagità. Il serpente della calunnia si rivolta contro di lei colpendole gli occhi

Pensiero del giorno

In un paese sano quando uno vede qualcuno che fa cose positive cerca di emularlo e di fare di più. Questo porta a un’accelerazione a livello individuale e di conseguenza anche a livello collettivo.

La regola aurea dell’invidia è invece che se c’è qualcuno che sta più in alto deve abbassarsi al livello del più basso.
Se non riesci a fare niente, allora nessuno deve poter fare niente. E chi eccelle non è una risorsa ma un problema.

Negli ultimi anni il tema in Italia è stata Milano.
In un’Italia sempre più in crisi Milano ha alzato la testa e ha proposta un’immagine di Italia positiva e vincente nel mondo.
Ma invece di essere presa a traino e a esempio dal resto del Paese, si è arrivati a vederla come un nemico.

Quando si arriva addirittura a un ministro del governo che attacca Milano perchè non restituisce niente al Paese si capisce quanto sia divenuta non solo diffusa ma dominante questa mentalità invidiosa. 

Questo modo di vedere le cose ha innescato un rancore immenso del Sud verso il Nord. E ora che Milano ha problemi sta rimontando ancora di più il sentimento di rivalsa, esteso a tutto il Nord: invece di vedere il Nord come un’orizzonte raggiungibile e superabile, ci si entusiasma perché lo si vede arretrare al proprio livello.

Molti ministri ripetono come un mantra che per rilanciare l’Italia bisogna colmare il gap tra Sud e Nord ma nessuno dice che bisogna farlo perché al Sud bisogna cambiare mentalità, deve prendersi la responsabilità di risolvere da solo i suoi problemi, deve acquisire un orientamento alla creazione del valore e al rischio imprenditoriale.

Il messaggio che viene trasmesso è in realtà un altro: per togliere la disparità tra Nord e Sud bisogna distruggere il Nord.
Perchè questo messaggio trova terreno fertile nell’invidia.
 

C’è però un problema ad assecondare questa mentalità. Il problema è che l’invidia non paga mai. Fa perdere tutti perchè impedisce a chiunque a partecipare alla gara del vivere comune.

Chi partecipa alla gara comunque ci guadagna anche se arriva ultimo, perchè comunque si è mosso, ha fatto passi in avanti rispetto a prima e avanzando troverà altre opportunità.
Invece l’invidioso parte già battuto e quindi impedisce ogni tipo di gara.

L’Italia dell’invidia è un’Italia di gente che perde senza neppure giocare.

«Quando l’invidia infuria in tutta la sua violenza contro di essa risulta impotente il singolo e persino un’intera istituzione» (Marco Tullio Cicerone)

MILANO CITTA’ STATO

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Le MASCHERINE in EUROPA: i 3 diversi approcci al loro UTILIZZO

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Credits: meteoweb.ue - Mascherine in classe

La mascherina è forse la misura simbolo per fronteggiare la diffusione del coronavirus. Tuttavia non c’è un Paese che faccia quello che fa il Paese confinante e le regole cambiano di Stato in Stato. Proviamo quindi a fare il punto su quali sono le regole per l’adozione della mascherina nei principali Paesi Europei.

Le MASCHERINE in EUROPA: i 3 diversi approcci al loro UTILIZZO

#1 I Paesi “no mask”: mascherine nè a scuola né in altri luoghi, al limite solo sui mezzi di trasporto pubblici

Sono piuttosto freddi sull’uso delle mascherine la maggior parte dei paesi del Nord Europa come Danimarca e Norvegia, ma anche altri Paesi europei come l’Olanda e la Svizzera. I siti ufficiali di questi Paesi danno indicazioni dettagliate su come indossare correttamente le mascherine e forniscono delle raccomandazioni altrettanto chiare sul loro utilizzo a seconda delle situazioni e delle categorie di rischio. Ad esempio il sito ministeriale danese consiglia di utilizzare la mascherina per il viso nelle seguenti situazioni:

  • grandi raduni, ad esempio processioni e manifestazioni
  • se la persona può essere infetta e deve lasciare la casa, ad esempio per andare e tornare dal sito dove si effettua il test diagnostico per il COVID-19
  • Se la persona è a rischio di malattia grave COVID-19 e non si possa mantenere una distanza di almeno 2 metri, ad esempio al centro commerciale, a una celebrazione o a un evento culturale.
  • Se sei un parente / una persona cara di una persona a rischio maggiore al di fuori del tuo nucleo familiare e non sei in grado di mantenere le distanze da quella persona, ad esempio perché hai bisogno di fornire cure e attenzioni a quella persona.

Gli unici Paesi a non avere l’obbligo di mascherine nemmeno sui trasporti pubblici sono la Svezia e la Russia ma recentemente anche in Olanda si è aperto un grosso dibattito sull’opportunità di mantenere l’obbligatorietà delle mascherine nei mezzi pubblici. Il governo olandese vorrebbe infatti abolire anche quest’obbligo in quanto il comitato tecnico del governo ritiene che le mascherine possano portare a un falso senso di sicurezza spingendo le persone a mantenere meno le distanze. Molte persone inoltre potrebbero indossare le mascherine in modo errato e toccarle con le mani sporche, aumentando così il rischio di infezione.

In tutti i Paesi citati non c’è nessun obbligo di mascherina nelle scuole nè per gli insegnanti né per i bambini.

#2 I Paesi “eco-friendly”: mascherine obbligatorie al chiuso ma con un occhio all’ambiente (sì alle lavabili, no alle usa e getta)

In Germania la vita quotidiana ai tempi del Coronavirus è stata racchiusa in una semplice formula AHA, ovvero rispettare le distanze, osservare le norme igieniche edove non è possibile mantenere uno spazio di 1.5 metriindossare le mascherine.

La regola più importante rimane quindi quella di mantenere una distanza minima di 1,5 metri dalle altre persone e la mascherina è obbligatoria solo sui mezzi pubblici e negli esercizi commerciali, mentre è solo vivamente consigliata nel caso non si possano mantenere le distanze. Per quanto riguarda le scuole, la decisione sull’uso delle mascherine spetta ai singoli Laender ma in generale la mascherina non è obbligatoria in classe e solo in alcuni Laender, come a Berlino e in Brandeburgo, è obbligatorio indossare la mascherina negli spazi comuni all’interno dell’istituto.

Molto simile è la situazione in Francia, dove le mascherine sono obbligatorie solo nei luoghi chiusi con l’eccezione di Parigi e dei dipartimenti di Seine-Saint-Denis, Hauts-de-Seine e la Val-de-Marne dove, su decisione della prefettura di Parigi, la mascherina è obbligatoria per tutti anche all’aperto (con la sola esclusione dei ciclisti e di chi fa attività fisica). Nelle scuole, tutti gli adulti e tutti i bambini a partire dagli 11 anni in su dovranno portare la mascherina sempre, sia in classe che negli spazi interni dell’istituto, in quanto “È più semplice, se non ci sono eccezioni“, ha dichiarato il ministro francese Blanquer, che ha inoltre spiegato che l’esenzione per i minori di 11 anni è in linea con le direttive dell’Organizzazione mondiale della sanità. I dispositivi di protezione non verranno però forniti gratuitamente agli studenti. “Fornire gratuitamente le mascherine è un’idea nobile – ha detto una fonte del governo francese ai giornalisti – ma si impone il fattore realtà. Sul piano logistico diventerebbe troppo pesante”. Tuttavia il governo francese ha avviato un programma per mettere a disposizione degli insegnanti della scuola materna e di quelli che hanno in classe alunni ipoudenti mascherine trasparenti e riutilizzabili per permettere ai ragazzi di leggere le labbra. Entro l’autunno, la Francia prevede di produrre più di 100.000 mascherine trasparenti, riutilizzabili e lavabili 25 volte a 60 gradi, secondo quanto dichiarato dal ministro dell’inclusione Cluzel.

#3 I Paesi “Masky”: Mascherine obbligatorie a scuola, a volte anche all’aperto e incentivi all’utilizzo delle usa e getta

Questa è la strategia scelta dai principali Paesi del Sud Europa, Spagna e Italia in primis. In Spagna, le mascherine sono infatti obbligatorie in tutti gli spazi pubblici al chiuso e molte Comunità Autonome, tra cui quella di Madrid e la Catalogna, hanno introdotto l’obbligo di indossare le mascherine anche all’esterno, per strada e nei luoghi pubblici, indipendentemente dalla distanza. Nelle scuole, la mascherina è obbligatoria in classe e all’interno dell’istituto per gli insegnanti e per i bambini dai sei anni in su.

Situazione molto simile anche in Italia, dove il governo ha di recente introdotto l’obbligatorietà delle mascherine anche all’aperto, ma solo nel caso in cui non si riescano a mantenere le distanze. Per quanto riguarda la scuola, invece, anche in Italia le mascherine sono obbligatorie per gli insegnanti e per tutti gli alunni dai 6 anni in su ma solo all’ingresso, in uscita e nelle situazioni in movimento. La mascherina può quindi essere abbassata quando si è seduti al banco, sempre a patto che sia mantenuto il metro di distanza. Le mascherine utilizzate nelle scuole italiane sono quelle chirurgiche, considerate più sicure, e ne verranno fornite gratuitamente 11 milioni al giorno a studenti e personale scolastico. In questo si tratta dell’unico Paese al mondo. 

FONTI:
https://www.sst.dk/en/English/Corona-eng/Face-masks
https://www.fhi.no/en/op/novel-coronavirus-facts-advice/facts-and-general-advice/hand-hygiene-cough-etiquette-face-masks-cleaning-and-laundry/?term=&h=1 https://www.folkhalsomyndigheten.se/the-public-health-agency-of-sweden/communicable-disease-control/protect-yourself-and-others-from-spread-of-infection/ https://www.zusammengegencorona.de/informieren/alltag-gestalten/#faqitem=03cce482-2166-5b5e-8592-eafea1bf043d
https://it.france.fr/it/prima-della-partenza/informazioni-coronavirus-francia https://www.mscbs.gob.es/profesionales/saludPublica/ccayes/alertasActual/nCov/ciudadania.htm
https://www.ilsole24ore.com/art/mascherine-scuola-ecco-regole-altri-paesi-europei-AD34lRl__;!!OR9aRoiw!ZPmQtwREnXvrfwI8i1UPpkt-1eJ1zzIfW-saLLSZ59K-20WpQn1n52Cc-SYyxc9aL7pYXrc$
http://www.ecodallecitta.it/notizie/393333/francia-scuola-mascherine-trasparenti-e-riutilizzabili-per-gli-insegnanti/

LAURA COSTANTIN

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“L’ITALIA è diventata un posto simile a un OSPEDALE a cielo aperto” (The Telegraph)

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“Italy has become a very masky place”. L’Italia è diventata un Paese molto Masky. Un giornalista del Telegraph racconta le sue vacanze italiane e di come ha vissuto l’applicazione delle regole, da lui giudicate assurde e contraddittorie, sull’utilizzo delle mascherine. L’immagine che gli ha trasferito il nostro Paese è stata più simile a quella di un vasto ospedale a cielo aperto che a una destinazione di vacanza rilassante. Il racconto di Oliver Smith per “The Telegraph”.

“Le REGOLE delle MASCHERINE in Italia hanno senso quanto destinare un’area per fare la PIPÌ dentro una PISCINA” 

Pubblichiamo traduzione articolo di Oliver Smith per “The Telegraph” – Italy’s face mask rules make as much sense as a peeing section in a swimming pool

# Non sono un fan della politica delle mascherine britannica. Tuttavia, le regole italiane fanno sembrare le nostre sensate.

“Le maschere per il viso di certo non hanno rovinato il mio viaggio in Italia. Ho aumentato il mio peso corporeo con pasta e negroni, ho soggiornato in un paio di hotel di prim’ordine in riva al lago e ho passato ore a guardare malinconicamente montagne verdeggianti e acqua scintillante. Ma erano una distrazione. Non sono un fan della politica delle mascherine britannica, imposta molto tempo dopo che l’epidemia aveva raggiunto il picco e nonostante la mancanza di prove decenti per la loro efficacia. Tuttavia, le regole italiane fanno sembrare le nostre sensate.”

# L’italia è diventata un posto simile a un ospedale a cielo aperto

“Nonostante le prove evidenti che il rischio di prendere il Covid all’aperto sia incredibilmente ridotto, le mascherine devono essere indossate all’aperto in Italia. Non sempre, comunque. Sono obbligatorie all’esterno solo tra le 18:00 e le 6:00 perché è allora che il virus arriva, a quanto pare – e solo “in prossimità di luoghi e locali aperti al pubblico, nonché in spazi pubblici le cui caratteristiche fisiche possono facilitare la formazione di raduni di natura sia spontanea e/o occasionale”.

Forse non sorprende che, data questa definizione confusa (e la multa di 1.000 euro se vieni colto in violazione delle regole), gli italiani stanno sul sicuro. Le mascherine sono indossate dalla stragrande maggioranza, all’interno e all’esterno, e non solo la sera, ma anche durante il giorno. Anche quando c’è il sole e 30°C. Anche quando l’allontanamento sociale è perfettamente possibile. In breve, è un posto “molto mascherato”. Più simile, nella mia mente, a un vasto ospedale a cielo aperto che a una destinazione di vacanza davvero rilassante.”

# Le regole per i ristoranti, hanno senso come “una sezione per la pipì” in piscina

“Ma sono state le piccole e bizzarre sottotrame di questo quadro generale che mi hanno davvero colpito. Prendi le regole per i ristoranti. Fino a quando i devoti della maschera non inventeranno un nuovo metodo, mangiare continuerà a richiedere un grado significativo di libertà facciale. Pertanto, naturalmente, le mascherine possono essere dispensate a tavola. Gli italiani amano il loro cibo e amano parlare ad alta voce, e ogni ristorante che abbiamo visitato era pieno zeppo di persone allegre che schernivano gli spaghetti, muggivano attraverso il tavolo, flirtano in modo oltraggioso e ridevano allegramente. Raduna 100 italiani in un ristorante e presto avrai particelle respiratorie ovunque.

Quindi quale finalità ha indossare una maschera, come previsto, per fare un salto in bagno, per arrivare al tuo tavolo o per lasciare il locale? Ha senso quanto una sezione per la pipì in una piscina. La regola si applica anche ai ristoranti con tavolini all’aperto. Ho visto innumerevoli persone arrivare senza mascherina, salutare il cameriere senza mascherina, indossare la mascherina per i tre metri di cammino fino al loro tavolo sulla terrazza, e poi togliersi la mascherina per passare due ore vicino ad altri commensali. Qual è il punto debole?

Alcuni commensali, per paura dell’infezione o per desiderio di segnalare la loro rettitudine, hanno tenuto le loro mascherine fino al momento in cui il cibo è arrivato. Ma chiacchierare con gli amici non è facile quando hai uno straccio sudato che ti copre il viso, quindi abbassi la mascherina per fare una battuta, su va di nuovo per ascoltare le risate, giù di nuovo per dare l’ordine al camerieri, e così via.
Ai camerieri è stato detto di indossare sempre le loro mascherine, e quando è una calda giornata estiva provi davvero compassione per le povere anime. Le mascherine presto scivolano sotto il loro naso, o anche il loro mento. È comprensibile. Alcune persone sostengono ancora il contrario, ma se indossate per più di pochi istanti, le mascherine sono scomode, claustrofobiche e rendono più difficile respirare (motivo per cui le persone che fanno esercizio sono esenti).”

# Sono diventate un accessorio di moda, necessario per evitare una multa ma che serve a poco altro

“La rimozione diffusa delle maschere in un ristorante affollato ha reso ancora più assurdo quando ho visto italiani soli, a miglia di distanza da chiunque e all’aria aperta, mascherati fino in fondo. Quale logica perversa ha creato un simile scenario?

Quando gli italiani riescono a togliersi le mascherine, alcuni se le mettono in tasca, ma altri (timorosi, forse, di un Carabiniere in servizio in agguato dietro l’angolo) preferiscono tenerle in vista. La maggior parte sceglie di indossarle al polso o sopra il gomito. Alcuni le tengono al collo, le fanno salire sulla fronte come una bandana o le legano alla fibbia di una cintura. Altri semplicemente le lasciano a penzoloni al vento da un orecchio. Sono diventati un accessorio di moda, necessario per evitare una multa ma che serve a poco altro.”

# Primo argomento contro le mascherine obbligatorie: indossate in modo errato possono intrappolare il virus e aumentare il rischio di contrarlo

“Negli hotel dovresti indossarli nelle aree comuni, ma un portiere mi ha detto di non preoccuparmi troppo a meno che non fossi vicino ad altri ospiti. In effetti, tutto il personale del settore dei servizi sembra utilizzare la stessa regola pratica. La mascherina è tenuta a portata di mano e viene indossata rapidamente quando un cliente chiama (solo per essere di nuovo abbassata perché il cliente non può decifrare le istruzioni smorzate dalla mascherina).

A tutto ciò si aggiunge un continuo toccare il viso, rimuovere e sostituire la mascherina e generalmente offrire ampie opportunità che si contamini. Questo è uno degli argomenti chiave contro le mascherine obbligatorie e la dottoressa Jenny Harries, vice ufficiale medico inglese, ha ripetutamente avvertito che le mascherine indossate in modo errato possono intrappolare il virus e aumentare il rischio di contrarlo. Quindi indossa la maschera correttamente, potresti dire. È più difficile di quanto pensi e si estende a qualcosa di più che coprirti il naso e la bocca. La guida dell’Organizzazione mondiale della sanità sul loro utilizzo è un esempio calzante. Si consiglia anche di conservarne una in un sacchetto di plastica pulito e richiudibile se si prevede di riutilizzarla. Chi lo sta facendo, davvero? Certamente non gli italiani, né chiunque altro voglia vivere una vita normale e non quella dettata loro da un manuale di sicurezza.”

# Secondo argomento: chi le indossa ha un falso senso di sicurezza

“Un altro argomento contro le mascherine è che danno a chi le indossa un falso senso di sicurezza e possono essere usate al posto dell’allontanamento sociale. Ho visto molto a sostegno di questa teoria in Italia, non ultimo un viaggio che ho fatto su una piccola barca per visitare una delle isole dei laghi italiani. Almeno 30 di noi erano stipati nella piccola nave, riempiendo ogni posto e con un’altra dozzina in piedi. Non importa, indossavamo tutti delle mascherine! Un hotel che ho visitato si è rifiutato di permettere agli ospiti di servirsi al buffet della colazione, costringendo una lunga fila di persone affamate ad aspettare il servizio. Tutti mascherati, l’allontanamento sociale è uscito dalla finestra e ha spinto guancia a guancia tutti per il loro turno del croissant.”

# Terzo argomento per abbandonare la nostra ossessione: le mascherine sono un spreco

“Un terzo motivo per abbandonare la nostra ossessione per le maschere è lo spreco. Anche se guardiamo indietro a queste regole ridicole e ridacchiamo per la stupidità di tutto ciò, non saremo in grado di ridere dei danni al nostro ambiente. La guerra contro la plastica e la spinta al riciclaggio è stata dimenticata e un ammasso di mascherine scartate in fondo al Lago Maggiore potrebbe essere uno dei lasciti più duraturi di questa pandemia.”

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MILANO ISOLATA: soppresso treno notturno MILANO-PARIGI, dopo i voli MALPENSA-FIUMICINO

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Thello Milano - Parigi

Dopo la cancellazione dei voli tra Milano e Roma sulla tratta Malpensa-Fiumicino, con quest’ultimo pronto a prendersi tutti i voli internazionali, e la paralisi dell’aeroporto di Linate a causa di Alitalia, arriva un altro colpo alla capacità di collegamento di Milano con il resto dell’Europa.

MILANO ISOLATA: soppresso treno notturno MILANO-PARIGI, dopo i voli MALPENSA-FIUMICINO

Pubblichiamo estratti articolo di “Milano Today” – Soppresso il treno notturno tra Parigi e Milano, disdetto contratto con società dei lavoratori

# La comunicazione sul sito di Thello: “Tutti i treni notte Venezia-Parigi, in entrambi i sensi, sono cancellati”

La comunicazione della cancellazione della tratta che passa da Milano era stata pubblicata il 10 marzo direttamente sul sito di Thello: “Incapaci di garantire fino ad oggi nei nostri treni notte il rigoroso rispetto delle misure anti-covid, e quindi di assicurarvi un viaggio sicuro, tutti i treni notte Venezia-Parigi, in entrambi i sensi, sono cancellati“.

Da allora il notturno Milano-Parigi e ritorno, non è stato più ripristinato, con ripercussioni  sui viaggiatori che devono trovare alternative e sui lavoratori che prestano servizio a bordo dei treni di Thello, in particolare quelli della Gate Gourmet/Chefs en voyage, che assistevano i passeggeri su quella tratta. A loro a Thello e Gruppo Fs hanno comunicato la rescissione del contratto di subappalto.

# Thello e Gruppo Fs assenti alla commissione in consiglio regionale per l’audizione con i rappresentanti sindacali. 

Alla commissione attività produttive del consiglio regionale lombardo era prevista una audizione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori e anche di Thello e Gruppo Fs; le aziende però non si sono presentate. “E’ un atteggiamento vergognoso, non si ha rispetto per il territorio lombardo e per i lavoratori. La nostra Regione merita un servizio di lunga percorrenza verso destinazioni europee e non soppressioni che ci isolano: una scelta in controtendenza con il resto d’Europa dove vengono potenziate le offerte ai viaggiatori“, commenta Nicola Di Marco del Movimento 5 Stelle. “Ora è necessario garantire ai lavoratori della Gate Gourmet/Chefs en voyage, che assistevano i passeggeri sulla tratta, di essere riassorbiti presso altri appalti ferroviari del gruppo Fs o Trenord e lavorare per ripristinare le corse cancellate e rilanciare i treni a lunga percorrenza verso altri Stati“.

Fonte articolo: Milano Today

# Milano sempre più isolata: stop a treni e aerei verso l’Europa e il mondo

Di qualche giorno fa la notizia della cancellazione dei voli di Alitalia tra Milano e Roma dall’aeroporto di Malpensa a quello di Fiumicino, e viceversa, con l’intenzione della nostra compagnia di bandiera di tagliare fuori il nostro scalo internazionale e usare Linate come hub di transito per portare i passeggeri a Roma. In questo modo i voli intercontinentali verrebbero accentrati nell’aeroporto di Fiumicino e Milano rimarrebbe con il cerino in mano. Lo stop del treno notturno Milano – Parigi, con nessuna novità prevista nel breve termine, è un altro duro colpo alla competizione internazionale della città, che rischia di essere messa in un angolo, e un ulteriore danno dopo quelli già pesanti che sta scontando per il Covid e per le politiche di contenimento decise dal governo. 

Leggi anche: 🔴 Piovono BOMBE da Roma su Milano: LINATE paralizzata da Alitalia, MALPENSA da hub diventa aeroporto di transito per Fiumicino

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I 10 TIPI di MOTOCICLISTA MILANESE

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Credits: miglioricaschimoto.it

Nella giungla cittadina ci si può scontrare con motociclisti di ogni specie: dal vanesio, al dandy, dall’amazzone all’avventizio. Ecco come riconoscerli al primo colpo.

I 10 TIPI di MOTOCICLISTA MILANESE

#1 – Il pratico

Guida moto giapponesi non recentissime munite di un antiestetico ma pratico bauletto, all’interno del quale tiene, ben piegato, tutto l’occorrente per la traversata oceanica in occasione dei sempre più frequenti nubifragi. Si distingue per una guida prudente e precisa. Tende a non farsi notare. Calza scarpe imperdonabilmente marroni.

#2 – Il dandy

Eleganterrimo, guida moto d’antan, opulente, cromate, sovente personalizzate alla café racer con gusto impeccabile e budget stratosferici. Veste come un gentiluomo inglese di campagna pronto per la caccia alla lepre, concedendosi tocchi di autentico estro (papillon e guanti gialli da Topolino). Tutti capi d’abbigliamento con una percentuale di acrilico tra il 50 ed il 75%, peraltro, che in caso di pioggia si convertono repentinamente in una poltiglia irriconoscibile.

#3 – L’Harleysta

Guida, ovviamente, Harley. Immancabili il cranio rasato, il piglio da picchiatore, il giubbotto di pelle e un certo numero di tatuaggi inneggianti alla mamma. Ostenta un’espressione cattiva mentre si dondola semisdraiato su motori enormi in grado di coprire la Lisbona-Vladivostock in seconda, ma è buono come il pane.

E’ sinceramente convinto che il deflagrante rumore degli scarichi si avverta soltanto stando a bordo.

#4 – L’endurista

Attempato ma giovanile a dispetto della pancetta sulla quale dondolano gli occhialini da presbite, guida enduro mono o bicilidriche degli anni ’80 che ormai hanno fatto più chilometri di un ex taxi polacco ora in servizio a Mombasa. Il mezzo è stato via via adattato alle concrete esigenze del pilota, con il quale ha condiviso gli ultimi trent’anni di vita ed al quale ha finito col rassomigliare.

Porta immancabilmente calze bianche di spugna anche con lo smoking.

#5 – Il piskello

Adolescente ma sicuro di sé, secco come un giunco, guida come un ossesso moto da cross KTM sottili come biciclette e alte come trampoli. Peso complessivo in ordine di marcia, 150 chili compreso il conducente. Ostenta casco integrale personalizzato da interessanti rievocazioni di personaggi mitologici quali la prof stronza o epopee che hanno cambiato il corso della storia, tipo una sufficienza raggiunta in un compito di matematica.

Va a caviglie nude anche durante l’inverno perché faffigo, ma la pagherà col tempo.

#6 – Il BMWista

Categoria trasversale e indipendente che non saluta e non ricambia i saluti. Gelido, calcolatore, distaccato, ostenta mezzi costosissimi ed enormi bauli metallizzati che lascia volontariamente supporre averlo accompagnato in capo al mondo, anche se non è mai andato più in là di Besana Brianza. Costui non è esposto ad alcun tipo di dubbio: sa che la sua moto s’accenderà in ogni circostanza e lo condurrà immancabilmente a destinazione prima e meglio di chiunque altro.

Veste Prada.

#7 – Il vanesio

Indifferente alle marche e alle prestazioni, ha acquistato una moto da sogno soltanto per una questione estetica. A dispetto dei 150 cavalli che potrebbero farlo viaggiare nello spaziotempo, raramente supera i 40 km/h, vuoi per potersi cautamente specchiare nelle vetrine, vuoi per non rovinare la piega dell’abito su misura, vuoi per non sottrarre agli astanti il piacere di contemplarlo.

Talvolta avverte uno spirito di rivalsa all’esser superato da un cinquantino e tenta lo scatto, ma il più lieve fremito della cravatta lo riconduce alla ragione.

#8 – L’amazzone immaginaria

Rara motociclista di genere femminile, nell’immaginario collettivo si presenta fasciata in una tuta aderente da virago con delle curve da rally. Guida come Crudelia DeMon, sprezzante del pericolo e della supposta supremazia stradale maschile. Sempre secondo la leggenda, dopo averti superato, sgomma fermandosi di traverso e, sfilandosi il casco liberando la lunga chioma lucente, sfodera un frustino di cuoio borchiato per punire il bambino cattivo.

Tende a causare assembramenti e, indirettamente, miopia.

#9 – L’amazzone reale

Guida un motorino lucido come l’onice sedendosi composta sulla punta del sellino con la borsetta di traverso. Raramente supera i 30 km/h anche in discesa, che si riducono a 15 km/h sul basalto e al completo arresto in prossimità di un binario del tram longitudinale. Non è raro che l’amazzone più esperta, nel contempo, conduca una o più conversazioni su whatsapp col gruppo delle mamme bivaccanti nei pressi dell’asilo, che ella ha dovuto salutare per recarsi al lavoro.

Lascia dietro di sé una scia di mughetto.

#10 – L’avventizio

E’ colui o colei che, pur non avendo mai posseduto o condotto un motorino in vita sua, noleggia quei piccoli micidiali scooter elettrici progettati per schiantarsi a cadenze fisse. Raramente oriundo, spesso in ritardo e pronto a tutto, è privo delle basi imperative per l’approccio al mondo delle due ruote: ad esempio capita di frequente che costui o costei s’allacci il giaccone mentre il trabiccolo s’infila a velocità supersonica tra l’isola salvagente ed il binario del tram, scivolando sul quale blocca interi quartieri per ore.

Porta più sfiga di un gatto nero.

Sui conducenti di T-Max e soprattutto sui triciclisti non mi pronuncio

ANDREA BULLO

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L’eccezione SVEDESE. Contagi e decessi vicini allo zero, nessuna paura di nuove ondate. “La nostra è l’unica strategia sostenibile nel lungo termine”

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Credits: theguardian.com - Curva dei decessi in Svezia

In tutto il mondo viene considerata l’eccezione nella lotta al Covid. E’ la Svezia. Guardata con sospetto da chi confida nelle politiche delle restrizioni, incensata dai fans della libertà individuale. A che punto siamo?

Come pubblica The Guardian, mentre in tutta Europa i casi sono in crescita, l’unico Paese ad andare in controtendenza è la Svezia. La sua strategia basata sulle raccomandazioni senza obblighi o divieti, sul suggerimento di evitare le mascherine e sul raggiungimento di un minimo di immunità di gregge, proteggendo gli anziani, si sta dimostrando un successo: pochi contagi, decessi e persone in terapia intensiva. Inoltre non è esiste il problema scuole visto che addirittura non hanno mai chiuso. L’intervista dell’epidemiologo Tegnel che fa il punto della situazione.

L’eccezione SVEDESE. Contagi e decessi vicini allo zero, nessuna paura di nuove ondate. “La nostra è l’unica strategia sostenibile nel lungo termine”

Pubblichiamo estratti traduzione articolo di Jon Henkley per “The Guardian” – Sweden spared European surge as coronavirus infections stay low

# I casi in Svezia sono ai livelli di marzo, 30 ogni 100.000 abitanti

Credits: theguardian.com – Curva contagi Svezia

Il Paese scandinavo sta vedendo una diminuzione nel numero dei contagi ed è tornato ai livelli di marzo con una media di casi settimanali per ogni 100.000 abitanti che si è attestata, al 16 settembre, a 30,4 secondo i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Una cifra molto più bassa di Spagna e Francia, che ne registrano 281 e 162, inferiore a quella di paesi che hanno messo in campo misure molto più restrittive come il Regno Unito (55,6), l’Italia (32,8), la vicina Danimarca (52,4) e quasi pari a quella dell’altro grande Paese scandinavo, la Norvegia, con i suoi 28 contagi ogni 100mila abitanti.

# “Il numero dei casi è sceso a un livello più basso degli altri paesi europei, la mortalità è quasi zero e ci sono pochi casi in terapia intensiva.Siamo molto contenti di come stanno andando le cose.

Credits: theguardian.com – Curva dei decessi in Svezia

L’impressione è che la strategia di un lockdown soft, basato quasi esclusivamente sul buon senso dei cittadini, stia alla lunga dando i proprio frutti. L’epidemiologo di Stato, Anders Tegnell, intervistato alcuni giorni fa da France 24: “Siamo molto contenti di come stanno andando le cose, il numero dei casi è sceso negli ultimi mesi, siamo a un livello più basso della maggior parte dei Paesi europei. La mortalità è quasi zero e ci sono pochi casi in terapia intensiva”. Il suo approccio, che sta facendo discutere in tutto il mondo, lo ha reso una celebrità in patria dove è molto apprezzato dai suoi concittadini.

# “La nostra è una strategia più sostenibile, che puoi mantenere in atto per lungo tempo, invece della strategia che impone lockdown, poi riaperture, e poi di nuovo lockdown

 

Lo scienziato ha attribuito questo risultato principalmente a due fattori, da una parte il fatto che i cittadini hanno seguito i consigli sul distanziamento fisico, e dall’altra sulla possibilità che nel frattempo si sia sviluppata comunque una certa immunità di gregge nella popolazione. “L’immunità non è mai stata un obiettivo, nel senso che di certo non volevamo che la gente si ammalasse di proposito”, ha garantito l’epidemiologo, sottolineando che le misure di social distancing sono state messe in campo, anche se non sono state imposte con la forza e sono state più leggere. Questo le avrebbe, a suo avviso, rese più semplici da seguire per molto tempo.

La nostra è una strategia più sostenibile, che puoi mantenere in atto per lungo tempo, invece della strategia che impone lockdown, poi riaperture, e poi di nuovo lockdown”, ha spiegato anche se, ha concesso, “solo alla fine vedremo quanta differenza ha fatto”. Anche durante il picco di marzo le misure di quarantena sono state minime: sono state vietate le riunioni di oltre 50 persone (limite che ora è stato alzato però a 500) e le persone anziane, fragili o con sintomi sono state invitate a rimanere a casa. Però il governo ha lasciato aperte scuole, negozi e ristoranti, puntando solo su distanziamento sociale e sul senso di responsabilità dei cittadini, a cui ad esempio veniva chiesto di lavorare da casa quando possibile, ma a nessuno è stato imposto di indossare mascherine.

# La Svezia ha registrato un numero di morti, in proporzione alla popolazione, più basso rispetto ai Paesi che hanno attuato il lockdown più restrittivo

Per l’economia del Paese è stato un grosso vantaggio, ma dal punto di vista sanitario non tutto però ha funzionato come sperato e il numero di morti (5.860) è stato tra i più alti d’Europa in proporzione alla popolazione, anche se comunque più basso di Paesi che hanno scelto la quaratena rigida come Italia, Spagna, Belgio e Regno Unito.

Questo, secondo Tegnell, dimostrerebbe che non c’è una “completa” connessione tra la strategia e il numero dei casi e soprattutto dei decessi che sono dovuti a delle falle che purtroppo ci sono state nella protezione delle case di cura, dove appunto c’è stato il più alto numero di morti, come avvenuto anche nel Regno Unito. Ma il sistema sanitario in generale “ha retto” l’impatto della pandemia, ha rivendicato lo scienziato, secondo cui anzi, la scelta di non imporre misure restrittive lo ha aiutato perché il lockdown per gli ospedali “serve al Covid-19 ma avrebbe conseguenze negative in molte altre aree”, con migliaia di pazienti affetti da altre malattie che sarebbero messi in lista d’attesa con conseguenze spesso gravi.

Questo però non significa che il Paese sia fuori pericolo, anzi, e Tegnell non ha escluso l’insorgere di nuovi focolai, localizzati in diverse zone del Paese. “La malattia sarà ancora con noi per molto tempo, e dobbiamo imparare a conviverci“, ha avvertito.

Fonte articolo: The Guardian

Leggi anche: 
CONTAGI in grande calo e ripresa ECONOMICA: la VITTORIA della SVEZIA (secondo Bloomberg e Financial Times)
SCANDINAVIA MASK FREE: lo strano caso dei Paesi nordici che ritengono le mascherine “non necessarie”
La via SVEDESE nella lotta al virus: “senza lockdown siamo vicini all’immunità di gregge”

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🔴 “VIVERE CON IL VIRUS”: la nuova POLITICA della FRANCIA

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La priorità è “vivere con il virus”. Visto il basso tasso di mortalità e decessi nonostante la curva dei contagi resti alta, 10.000 contagi e soli 46 decessi l’ultimo giorno di rilevazione, la linea del presidente francese Macron è di ritornare a vivere in totale normalità anche in presenza del virus, perché ci sarà comunque ancora per molti mesi. Le eventuali restrizioni saranno adottate solo dai singoli sindaci e le mascherine verranno distribuite gratis solo ai meno abbienti, ne sono previste 3 milioni lavabili da consegnare una tantum. Inoltre per il Presidente i grandi eventi sportivi come il Tour de France devono continuare a tenersi regolarmente, idem quelli culturali, perché rappresentano l'”arte di vivere” della Francia. 

Leggi anche: 13 milioni di mascherine agli studenti ogni giorno: sarà il più grande e sottovalutato DISASTRO AMBIENTALE d’Italia?

🔴 “VIVERE CON IL VIRUS”: la nuova POLITICA della FRANCIA

Pubblichiamo estratti articolo di Alexandre Lemarié e Olivier Faye per “Le Monde” – Covid-19 : face au risque de rejet, Macron refuse d’imposer des mesures trop contraignantes

# Il cambio di strategia di Macron: “Non faremo pagare a tutti i francesi per il fatto che non siamo bravi nei test!

Emmanuel Macron ha avviato un cambiamento nella sua strategia per combattere il Covid-19? Venerdì 11 settembre, a porte chiuse durante il consiglio di difesa sanitaria, il capo dello stato ha adottato un atteggiamento diverso da quello della primavera: si è rifiutato di imporre misure vincolanti alla popolazione, nonostante la recrudescenza dell’epidemia. “Non faremo pagare a tutti i francesi per il fatto che non siamo bravi nei test! “. Ha lanciato. Mentre l’esecutivo si vanta di aver superato un milione di test a settimana, i tempi di attesa per i risultati, ammette il vertice dello Stato, restano “troppo lunghi”.

Di fronte a lui, il ministro della Salute, Olivier Véran, e il direttore generale della sanità, Jérôme Salomon, si erano appena espressi a favore della chiusura di bar e ristoranti a Bordeaux e Marsiglia, dove l’evoluzione della diffusione del virus è considerata “preoccupante”. Una proposta respinta dall’inquilino dell’Eliseo, preoccupato per l’accettabilità sociale di queste misure, ma anche per la condivisione della responsabilità con i funzionari eletti locali. La coerenza della politica del governo, è semplice: si chiama convivere con il virus, ha detto il premier Jean Castex durante le interrogazioni al governo all’Assemblea nazionale, martedì 15 settembre. (…)

# “Anche le restrizioni eccessive uccidono”

Nel frattempo, Emmanuel Macron cerca di conciliare la ripresa della vita economica e sociale, controllando l’epidemia. “La questione non è binaria, non è salute contro economia“, invocano all’Eliseo, dove la strategia si riassume attorno a “quattro pilastri”: prevenzione, tutela delle persone sensibili, test su larga scala e adattamento delle misure alla realtà locale. Dal Governo: “Le misure restrittive, conosciamo la loro efficacia in termini di salute ma anche gli effetti collaterali sul morale della popolazione o sull’economia. Tuttavia, anche le restrizioni eccessive uccidono! Anche la povertà uccide. Anche la solitudine, quando si decide di chiudere le case di cura.”

Mentre il presidente del comitato scientifico, Jean-François Delfraissy, aveva sollecitato il potere a prendere “decisioni difficili”, non si tratta di tornare a una “logica di reclusione generalizzata”, ha ripetuto il primo ministro Jean Castex durante un discorso dell’Hôtel de Matignon. Emmanuel Macron potrebbe aver consultato il comitato scientifico prima del consiglio per la difesa della salute, ma il governo presume di non seguire le sue raccomandazioni a occhi chiusi. “Non è un governo sanitario ma politico“, ha detto un consigliere.

# Il primo ministro favorevole a misure da adottare a livello locale

Il primo ministro lascia che a decidere su eventuali restrizioni siano i sindaci delle città. Di fronte al “peggioramento manifesto” dell’epidemia, Jean Castex è favorevole a misure adottate a livello locale, a seconda della situazione in ciascun dipartimento. Un giro di vite limitato per il momento a Marsiglia, Bordeaux e Guadalupa. “Sono io che, da Parigi, deciderò di chiudere le scuole al Calvados? O in Eure-et-Loir? Ci sono protocolli e la loro applicazione è locale “.

Al di là della questione economica, la preoccupazione per l’accettabilità sociale guida le scelte di Emmanuel Macron. Anche se ridurre la circolazione del virus è una priorità, il presidente vuole a tutti i costi evitare un’escalation della restrizione delle libertà, che una parte della popolazione non potrebbe accettare“, spiega l’eurodeputato ed ex consigliere elisiano Stéphane Séjourné . 

# La presenza di Macron al Tour de France per mostrare che si può convivere con il virus 

Emmanuel Macron è stato, questo mercoledì, alla 17a tappa del Tour de France che si è svolto in Savoia. Ansioso di dimostrare che si deve imparare a “convivere con il virus”, Il presidente francese ha voluto rispettare la tradizione di seguire una tappa del Tour de France, partecipando alla tappa al Col de la Loze. “E ‘estremamente importante, nel contesto che conosciamo, mostrare che dobbiamo convivere con il virus. Sappiamo che il virus c’è, che gira, e che gira sempre più velocemente in certi dipartimenti“, ha ricordato Emmanuel Macron, spiegando che questo “porta il governo a prendere le misure necessarie, a indurire, inasprire un po ‘le regole. Dobbiamo farlo per proteggerci, per proteggere i più deboli e i più anziani” come a Marsiglia, Lille e Bordeaux.

# “Il nostro modo di vivere comprende grandi eventi sportivi e culturali, ce li teniamo stretti

Volendo fare di tutto per evitare un lockdown e una nuova interruzione della vita economica, Emmanuel Macron ha nuovamente invitato i francesi a rispettare le regole sanitarie, mentre preparava gli spiriti per un inasprimento dei vincoli sanitari in diversi territori di fronte al rimbalzo del Epidemia di covid19. “Il nostro modo di vivere comprende grandi eventi sportivi e culturali, ce li teniamo stretti” e “ogni volta che possiamo svolgerli, dobbiamo farlo, con i dovuti accorgimenti“.

Ai francesi ha detto di “tenere duro” concludendo che, “anche quando è difficile, dobbiamo resistere e combattere tutti insieme (…), ci sono anni che sono più difficili di altri ma se sappiamo come organizzarci, se sappiamo resistere nei momenti difficili ci aspettano giorni migliori “.

Fonti: Le Monde, Bfm.tv, Sudouest e Macomme.info

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La tragedia all’italiana

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Pensiero del giorno

Stiamo sprofondando in una mentalità che non fa parte della nostra storia e della nostra cultura, almeno non quella delle regioni del Nord Italia.

L’Italia è governata dall’emotività. È l’unica legge che spiega tutte le leggi.
La priorità in tutto non è data dal risolvere i problemi più rilevanti ma quelli che in un dato momento colpiscono più emotivamente.

Fare i capricci esagerando sempre tutto è un classico esempio in pedagogia del bambino per attirare l’attenzione dei genitori. L’Italia è sempre una tragedia, un disastro, un’impossibilità di farcela da soli per attirare l’attenzione di altri Paesi che con noi pretendiamo che siano accondiscendenti.

Che sia perché non riusciamo a gestire i migranti, perché non sappiamo tenere i conti in ordine o perché da noi il virus è più cattivo che altrove, ormai trattiamo sempre l’Europa come il genitore di cui dobbiamo attirare l’attenzione.

Un popolo maturo dovrebbe attirare l’attenzione sulle capacità positive, non sulla compassione.

Farsi notare perché piangiamo di più non è solo un atteggiamento da infantili ma ci fa perdere a livello mondiale, perché nel mondo si conta per i risultati che si produce non per quanto si frigna.

Il problema del Nord Italia è che dopo secoli di dominazioni abbiamo smesso di essere dei padroni di casa ma ci siamo ridotti a dei sottomessi.
Anche oggi stiamo cedendo a un vittimismo che non fa parte della nostra natura e che stiamo subendo come una dominazione culturale che è avvenuta senza una conquista militare.

Questo atteggiamento ha rotto il cazzo.

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I PERSONAGGI ICONICI della Milano di oggi

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Credits: grupppoveronesi.com - Dorando Giannasi

Parliamo di personaggi che per una loro specifica caratteristica sono un simbolo della nostra città e che a loro modo ne rappresentano l’anima. Ecco su chi è ricaduta la nostra scelta.

I PERSONAGGI ICONICI della Milano di oggi

# Simone Lunghi, l’Angelo dei Navigli

Simone Lunghi, Istruttore di canoa alla San Cristoforo a Milano, personaggio dell’anno 2019 nei Milano città stato Awards é chiamato anche “L’angelo dei Navigli”, perché ogni giorno raccoglie biciclette, ora anche monopattini, e ogni tipo di rifiuto abbandonato sui fondali.

Famoso anche per la “traversata dei Navigli” quando ha percorso in canoa tutti i canali che circondano Milano, provvisto di tenda da campeggio e bicicletta pieghevole, macinando 415 km di percorso in sette giorni. 

Video: In volo sui navigli con Simone Lunghi

# Dorando Giannasi, il dandy del pollo

Credits: grupppoveronesi.com – Dorando Giannasi

Arrivato a Milano dall’Emilia quando aveva quattordici anni, Dorando Giannasi è riconoscibile dal cappello Borsalino, dalla cravatta e dall’eleganza dei vestiti. C’è chi giura di vederlo girare ancora con la sua Harley-Davidson.

Da oltre 50 anni è un punto di riferimento a Milano. La sua “polleria”, inaugurata nel 1967 servendo inizialmente solo pollame fresco, è diventata la rosticceria di riferimento per Porta Romana e il suo pollo allo spiedo riconosciuto come il più buono della città.

# Marina Madreperla, la soubrette di strada

Credits: ilgiorno.it – Marina Madreperla

La sua storia racconta che dopo anni di lavoro come broker assicurativo, decide di smettere per proseguire solo con la sua passione: il canto. Nel 2001 infatti fonda l’Orchestra Marina Madreperla, ma nonostante il successo decide di mettersi in proprio diventando artista di strada.

Dal 2014 l’artista di strada milanese Marina Madreperla ogni giorno regala un po’ di allegria con il suo mini palcoscenico mobile e un repertorio di vecchi successi. Arriva con un triciclo elettrico progettato da lei stessa, capace di trasformarsi in un mini palcoscenico itinerante con tanto di impianto audio e un camerino per gli abiti di scena addobbato di luci festose.

# MetroMan, l’idolo dei pendolari che dice di aver creato “il San Siro dei trasporti”

Credits: leggo.it – Metroman

Metroman, nome d’arte di Nicolò Modica 39 anni originario della Sicilia, arrivato da Torino nel 2006 è l’idolo dei pendolari della metropolitana. Con il suo leggendario salto mortale entra nel vagone della metro e inizia a cantare, con microfono, cassa portatile e smartphone, in modo non troppo “intonato” ma capace di far divertire tutti i passeggeri. 

 

Amato da tutti, dice di aver iniziato a cantare per sconfiggere la solitudine, prendendo spunto da chi già cantava nei vagoni, e ora è diventato un lavoro. Dopo Milano, e altre esibizioni insolite come una al Maracanà, le sue performance sono arrivate nelle metro di Roma, Napoli, Torino, Parigi, Berlino.

Ha preso parte ad un video di Calcutta: Sorriso (Milano Dateo).

 

# Andrea Cherchi, il fotografo di Milano

Senza dubbio Andrea Cherchi può essere considerato “il fotografo di Milano”. Non c’è niente chi gli sfugga, dall’angolo più nascosto della storia di Milano all’evento del momento lui sarà sul posto a immortalarlo con la sua macchina fotografica.

Non solo, a questo si aggiunge la sua straordinaria capacità di raccontare attraverso l’occhio dell’obiettivo le storie dei milanesi, dai bottegai storici agli artisti di strada. A volte sembra che sia presente in più luoghi nello stesso momento, forse il dono dell’ubiquità esiste davvero e Andrea pare avercelo.  

FABIO MARCOMIN

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I 7+1 PARCHI AVVENTURA più EMOZIONANTI a meno di un’ora da Milano

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Credits: groupon.com - TreeExperience, Parco Avventura Rescaldina

Siete alla ricerca di emozioni forti in totale sicurezza? Allora i parchi avventura potrebbero fare al caso vostro. Abbiamo pensato di selezionare i sette parchi top, al massimo a un’ora e mezza da Milano, più una menzione speciale.

I 7+1 PARCHI AVVENTURA più EMOZIONANTI a meno di un’ora da Milano

#1 La più alta installazione d’Italia: Parco Avventura Salice-Terme – Pavia (75 km da Milano)

Parco Avventura Salice-Terme

Più di 200 metri di teleferiche ad altezza massima a 11 metri da terra, con 10 percorsi sospesi. Oltre a zipline di diversa lunghezza, il “Vertical labirinth” costituito da 4 piani di emozioni e adrenalina fino a 15 metri da terra, in un dedalo di passaggi e la più alta installazione d’Italia, la vera arrampicata su albero, a 16 metri d’altezza.

 

Distanza da Milano: 75 km 

#2 In mezzo ai boschi: Parco Avventura Resinelli – Lecco (72,5 km da Milano)

Credits: lavalsassina.com – Parco Avventura Resinelli

Il Parco Avventura Resinelli, a 1300 m di quota e situato in una zona boschiva con larici, faggi e abeti rossi, offre 11 percorsi con 874 metri di puro divertimento sugli alberi, tra tirolesi, tree climbing fino a 12 metri e piste di tubing da 40 metri.

 

Distanza da Milano: 72,5 km 

#3 Nella valle meno contaminata: Parco avventura Roncola – Bergamo (71 km da Milano)

Credits: tripadvisor.it – Parco Avventura Roncola

Il parco avventura di Roncola si trova nella valle bergamasca tra le meno conosciute dai turisti, Valle Imagna, a 900 metri di altezza. Essendo la meno contaminata offre paesaggi, colori, rifugi, camminate, panorami imperdibili. I percorsi sospesi, ponti tibetani, zip-line, liane, tronchi sospesi si sviluppano all’interno di un ampio faggeto.

 

Distanza da Milano: 71 km 

#4 Il Bosco Sospeso: Parco del Pitone – Bergamo (70 km da Milano)

Credits: visitlakeiseo.info – Parco del Pitone

Il Parco del Pitone, sempre nella provincia di Bergamo, ha un’estensione di circa 20.000 mq nel querceto secolare di Gandosso e dispone di un Bosco Sospeso dove cimentarsi in cinque avventurosi percorsi di difficoltà ed altezza crescenti, adatti a tutti a partire dai 3 anni. Per i più coraggiosi esiste il Percorso Rosso che è il più difficile, con ostacoli, trappole, ponti tibetani, liane e passerelle, tirolesi, tronchi oscillanti.

 

Distanza da Milano: 70 km 

#5 Il salto di Tarzan: Jungle Raider Park Albavilla – Como (55 Km da Milano)

Jungle Raider Park Albavilla

Il Jungle Raider Park Albavilla è costituito da 9 percorsi ricchi di sfide entusiasmanti e uniche, di cui 4 percorsi adatti a piccoli esploratori da 3 anni in su. Itinerari inediti composti da carrucole, reti, ponti tibetani oltre a passaggi completamente nuovi: scale a chiocciola, altalene e tubi di rete, ponti a sacco verticale, assi meccaniche, tronchi volanti e l’adrenalinico salto di tarzan.

Distanza da Milano: 55 km 

#6 Il Bungee Tower: Parco Avventura di Boldone – Bergamo (55 Km da Milano)

Credits: ecodibergamo.it – Parco Avventura Torre Bondone

Nel parco pubblico di Torre Boldone ai piedi della Valseriana, è stato realizzato il “Parco Avventura”, un’area verde a solo un’ora da piazza Duomo di Milano. Ci sono percorsi sospesi come ponti tibetani, zip-line, liane, tronchi sospesi, oppure una bungee tower a 20 metri di altezza.

Distanza da Milano: 55 km 

#7 Nell’hinterland: TreeExperience, Parco Avventura Rescaldina – Milano (30 Km da Milano)

Credits: groupon.com – TreeExperience, Parco Avventura Rescaldina

Il Parco Avventura Rescaldina è immerso nel verde del Parco del Rugareto, nell’hinterland milanese. Al suo interno si snodano percorsi tra gli alberi sui quali si affrontano passerelle, ponti, salti nel vuoto, liane, reti e carrucole intervallati da piattaforme che permettono di riposare tra un esercizio e l’altro.

 

Distanza da Milano: 30 km 

#7+1 Il primo parco avventura in una grande città: Parco Avventura Corvetto (a Milano)

Credtis: tree.experience.it – Parco Avventura Corvetto

Una menzione speciale, anche al primo parco avventura in una grande città, nel verde del Parco Cassinis, a pochi minuti dalla fermata della metropolitana M3 Porto di Mare. L’emozione di essere a Milano e destreggiarsi tra passerelle, ponti tibetani, salti nel vuoto, liane, reti e carrucole, come in una vera “giunga metropolitana”.

 

FABIO MARCOMIN

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Un nuovo GRATTACIELO di 144 metri con GIARDINO PANORAMICO sopra Milano

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Torre Faro A2A

Anche la zona sud avrà il suo grattacielo, che entrerà di diritto tra i “supertall” di Milano, posizionandosi al sesto posto giusto dietro a Palazzo Lombardia. La costruzione del nuovo building, all’interno dello Scalo di Porta Romana, coinvolgerà anche la riqualificazione di tutta l’area circostante tra Piazza Trento, Viale Toscana e il piazzale antistante la Chiesa di Sant’Andrea in Via Crema.

Tutta l’area a sud dello scalo è in fermento e in trasformazione già da anni grazie alla realizzazione della Fondazione Prada, la sede Fastweb e tutto il progetto Symbiosis, in attesa della rigenerazione per le Olimpiadi 2026. Oltre alla Torre Faro sono altri i progetti in partenza nella città.

Un nuovo GRATTACIELO di 144 metri con GIARDINO PANORAMICO sopra Milano

Pubblichiamo estratti articolo di Ilaria Quattrone per “Fanpage” – Un giardino panoramico sopra la città: a Milano un nuovo grattacielo alto 144 metri, la Torre Faro 

# Presentato il nuovo grattacielo da 28 piani

E’ stato presentata ufficialmente alla Commissione urbanistica del Municipio 5 il progetto della nuova sede di A2a, multiutility di energia e rifiuti di Milano e Brescia. Si chiamerà Torre Faro”, sarà alta 144 metri per 28 piani complessivi: disporrà di innovativi sistemi di efficienza energetica ed eco sostenibilità.

# Forma tubolare, giardini pensili e belvedere panoramico. La nuova torre di A2A inaugurerà nel 2023

La caratteristica più importante del grattacielo, progettato dallo studio di architettura Antonio Citterio – Patricia Viel, sarà la sua forma tubolare e un’originale spaccatura a circa 60 metri di altezza con dei giardini pensili. Oltre allo sky garden, che sarà alto circa tre piani, ci sarà un belvedere che con molta probabilità sarà accessibile al pubblico. Il progetto è inserito nel contesto di rigenerazione urbana prevista dal Pgt di Milano 2030, che contempla anche la riqualificazione dell’intera piazza Trento, della parrocchia Sant’Andrea e di tutta la zona fino alla nuova sede A2A. Inaugurazione attesa nel 2023.

Fonte articolo: Fanpage

Ma le novità non sono finite. In arrivo anche due grattacieli in zona Parco Lambro.

# Due nuovi grattacieli da 22 e 15 piani, finanziati con l’equity crowdfunding, pronti nel 2023 in zona Parco Lambro

Credits: milano.corriere.it – Park towers

Continua la spinta propulsiva di Milano nel riqualificare pezzi di città, che va avanti senza sosta negli ultimi anni. CityLife con le sue 3 torri al posto della vecchia fiera a cui se ne aggiungerà uno orizzontale, tutti i grattacieli di Porta Nuova dove un tempo c’era solo degrado come il Palazzo Unicredit, il Diamantone, il Bosco Verticale, la Torre Solaria ovvero il grattacielo residenziale più alto d’Italia di 143 metri, oltre alla nuova sede della Regione.

Entro dicembre 2023 invece ci saranno due nuovi grattacieli di 22 e 15 piani, nel quartiere Feltre, in via Privata Ruggeri a est della città. Si tratta del progetto Park Towers Milano affacciato sul Parco Lambro, che prevede anche un terzo edificio in linea per un totale di 8mila mq. Park Towers è stato oggetto anche di una raccolta di equity crowdfunding immobiliare tramite Concrete Investing, la piattaforma autorizzata da Consob per la raccolta di capitali destinati ad investimenti in progetti real estate: un successo con l’obiettivo massimo prefissato di 2,5 milioni di euro raggiunto in sole 24 ore.

L’AD di Bluestone Andrea Bezziccheri: “Il progetto Park Towers rappresenta per Bluestone una sfida. Si tratta, infatti, del nostro primo progetto immobiliare che prevede la costruzione di due grattacieli. Un progetto importante e un’ occasione da non perdere che capita di rado. Abbiamo pensato questo progetto riflettendo sulle nuove esigenze del vivere, ora ancora più urgenti: la necessità di spazi aperti, di abitazioni funzionali, sostenibili, tecnologicamente avanzate e ricche di servizi“.

Fonte articolo: Finance Yahoo

Continua la lettura con: PORTA ROMANA 2026: the next big thing

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Il sospetto

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Pensiero del giorno

Il sospetto. Film danese. La storia di un insegnante di un asilo di un piccolo paese che viene accusato da una bambina che dice di essere stata molestata. Tu hai assistito alla scena, hai visto che non è successo nulla e che la bambina si è inventata tutto. Ma anche se non ci sono prove contro di lui, nel paese monta il sospetto, e insieme al sospetto che si fa sempre più grande anche tu che hai visto come sono andate le cose inizi a dubitare di lui, fino a convincerti che forse qualcosa ha fatto davvero. 

“Come stai?” “Bene”. Fino al 2020 non c’era motivo di dubitare. Dal 2020 tutto questo è cambiato. “Bene” significa che bisogna fare attenzione. Per la prima volta nella storia stare bene potrebbe essere un sintomo di malattia. 

In tutta la storia la malattia era legata ai sintomi. Altrimenti come fai a definire se uno è malato? Fino al 2020 siamo stati abituati a considerare malato chi sviluppa dei sintomi specifici. Dal 2020 ogni persona in quanto sana è un potenziale pericolo.

Dal 2020 è diventato scontato che chiunque sia malato, soprattutto se sembra sano. Se non hai la mascherina è scontato che stai contagiando gli altri, non perchè tu sia malato ma perchè non hai la mascherina

Come si era curata la malattia mentale? Nel momento in cui si era spostato oltre il confine della malattia mentale: considerando sani anche i malati, molti malati sono diventati sani.
Dal 2020 si sta facendo il contrario. Facendo sentire i sani come malati, diventeremo tutti malati?

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🔴 Piovono BOMBE da Roma su Milano: LINATE paralizzata da Alitalia, MALPENSA da hub diventa aeroporto di transito per Fiumicino

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Milano Linate

La notizia dell’eliminazione dei voli Alitalia Milano-Roma da Malpensa sta sollevando un vespaio di polemiche. Eppure, come riporta affaritaliani.it, questa non sarebbe la notizia più grave per Milano. C’è infatti di peggio: la paralisi di Linate per colpa di Alitalia e il progetto di spostare tutti i voli intercontinentali da Malpensa su Roma, trasformando Malpensa da hub ad aeroporto di transito. Nel dettaglio quello che sta succedendo.

🔴 Piovono BOMBE da Roma su Milano: LINATE paralizzata da Alitalia, MALPENSA da hub diventa aeroporto di transito per Fiumicino

Pubblichiamo articolo di “Affari Italiani” – Alitalia, grosso guaio per Milano: altro che Malpensa, Linate è out

# Le polemiche dell’opposizione contro il governo e il silenzio di Sala sul taglio dei voli da Malpensa

Affaritaliani.it  sottolinea come la polemica politica non abbia centrato il focus del problema: Concentrarsi sulla luna e non sul dito. Alitalia taglia due voli da Malpensa e scoppia il caos. Politico ovviamente. Il Carroccio tuona contro il governo e Beppe Sala. Grimoldi, il segretario lombardo: “Nel giro di pochi giorni Alitalia lascia Malpensa dopo 72 anni, con evidente danno per il traffico dello scalo varesino e per tutti quelli che volano su Malpensa, e i Cinque Stelle presentano un emendamento al decreto legge Agosto al Senato per togliere la concessione ferroviaria a Ferrovie Nord e nazionalizzare la rete lombarda trasferendola al carrozzone di RFI. Il Governo a trazione penta stellata, con l’avallo silenzioso degli zerbini del PD, ha deciso di dichiarare una guerra economica e infrastrutturale alla Lombardia? Basta saperlo. Anche se i fatti parlano da soli“. Bolognini, il segretario cittadino: “La vicenda Alitalia, che dall’1 ottobre chiuderà i collegamenti tra Roma e Milano, è a dir poco folle. Quello che è ancora più grave però è il silenzio (assenso?) del Governo e di Beppe Sala. Davvero il Sindaco non ha niente da dire su questo tema?“.

# Il vero problema è Linate: bloccato da Alitalia, che fa perdere 2 milioni a Sea e vuole usare lo staff di Fiumicino nello scalo milanese

Linate è tenuto sotto scacco dalla compagnia di bandiera: il problema, al di là della politica, è più complesso. E andrebbe analizzato partendo dagli effetti che ha Alitalia sulla città di Milano. E non su Malpensa, scalo dal quale ha levato due voli al giorno, e dunque praticamente nulla. Malpensa è uno scalo nel quale Alitalia non occupa la gran parte degli slot. Il problema vero si chiama Linate. Secondo quanto può riferire Affaritaliani.it Milano, lo scalo è letteralmente paralizzato da Alitalia, che ha i tre quarti degli slot, e che con la sua scarsa movimentazione produce un danno a Sea da 2 milioni al mese. Ma c’è di più. Perché una notizia che è passata praticamente sotto silenzio rischia di impattare fortemente sia sui conti di Sea che, soprattutto, sull’occupazione dei lavoratori. Alitalia ha infatti deciso di gestire internamente, non appoggiandosi più a Airport Handling, i servizi di terra. I servizi di terra sono il check in, gli imbarchi e la rampa. Attualmente Airport Handling vede Sea con una quota minoritaria, mentre il grosso del capitale è del gruppo internazionale Dnata. Secondo i sindacati di base Cub, Alitalia gestirà questi servizi “non solo utilizzando il proprio personale già in forza a Linate, ma anche assumendo personale precario e sottopagato, e, come se non bastasse, impiegando a Linate anche staff con base a Roma Fiumicino“.

# Alitalia starebbe per accentrare i voli intercontinentali da Roma, togliendoli a Milano

Ma c’è di più. Perché secondo gli esperti di compagnie aeree e tratte, Alitalia starebbe cercando accentrare su Fiumicino tutti i voli intercontinentali. Dunque, invece di partire da Malpensa, trasferisce i viaggiatori da Linate a Roma e da Roma si dirige verso il mondo con le tratte lunghe. Che, come spiegano gli esperti, sono quelle davvero redditizie. Insomma, il problema di Milano (forse) non sono tanto i due voli da Malpensa a Roma. Ma i voli a lungo raggio che progressivamente Alitalia vuole effettuare da Roma e non più dall’aeroporto varesino. E un intero scalo, Linate, che non ha una visione sul futuro, bloccato nelle maglie di una compagnia aerea che ogni giorno, ogni ora, fa male alla città.

Fonte articolo: Affari Italiani

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30.000 morti in Italia: l’INFLUENZA KILLER del 1957 che colpì i GIOVANI

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Credits: ilriformista.it - Asiatica

Alla fine degli anni ’50, arrivò da Hong Kong un virus di tipo “H2N2” denominato Asiatica per via della provenienza. Gli anziani furono risparmiati grazie all’immunità delle precedenti influenze, mentre i giovani ebbero la peggio. In Italia ci furono 26 milioni di contagi e 30.000 decessi. Considerando che la popolazione di allora non arrivava ai 50 milioni di abitanti, un italiano su due venne contagiato. 

30.000 morti in Italia: l’INFLUENZA KILLER del 1957 che colpì i GIOVANI

# Si sviluppò ad Hong Kong nel 1957 e si trasferì all’uomo dalle anatre

Fece il suo esordio nell’inverno del 1957, quella che venne definita l’Asiatica perché ebbe la sua genesi a Hong Kong. Arrivò ad ondate successive per poi avere un balzo nel 1969, ribatezzata in seguito Asiatica2. Colpì soprattutto i più giovani, i più anziani potevano contare sull’immunità sviluppata nel corso delle precedenti influenze, tutti di origine suina o aviaria (pollame o anatre), tutte rigorosamente Made in China o del Sud Est Asiatico. L’Asiatica si sviluppò a causa di un virus ti tipo “H2N2”, in un gruppo di anatre selvatiche, passò poi all’uomo.

# Tutti i sintomi riconducibili all’influenza

Presentava sintomi simili a quelli dell’influenza: febbre molto alta, mal di gola, tosse che sfociava in polmonite. Ci volevano settimane per riprendersi e nella maggior parte dei casi si sviluppavano complicazioni. L’organo più colpito era il polmone, alla febbre elevata si accompagnava la polmonite che in questo caso essendo di natura virale non rispondeva al trattamento con antibiotici, attivi solo verso batteri.

I medici venivano a visitarti a casa, portavano con sé una piccola borsa, al suo interno lo stetoscopio, un bollitore per sterilizzare le siringhe che non erano usa e getta come ora e l’apparecchio per misurare la pressione. Le siringhe servivano per iniettare l’antibiotico perché il ragionamento logico del tempo era che se il virus indeboliva il tuo sistema immunitario, i bacilli trovavano terreno su cui proliferare. Si sedeva sul bordo del letto e nel mentre sorseggiava il caffè che gli veniva offerto, ovviamente al tempo non esistevano gel per le mani, camici monouso o visiere.

# Gli intrugli magici. Per scongiurare il contagio o per rafforzare le difese si utilizzavano i rimedi più disparati.

  • In primis l’aglio. Ogni regione aveva le sue ricette per consumare l’aglio. A volte veniva dato a digiuno al mattino prima di andare a scuola, in alcuni casi veniva appeso al collo ponendo lo spicchio all’interno di un pezzetto di cotone e posizionato come un ciondolo. Doveva stare a contatto della pelle e lì liberare il suo potenziale terapeutico. In alcuni casi si posizionava lo spicchio d’aglio nel cuscino, in altri si tagliava per posizionarlo nelle orecchie.
  • Il brodo di gallina o cappone. “Gallina vecchia fa buon brodo”, si usava la povera gallina che aveva smesso di fare le uova. In città si andava dal macellaio e si comprava il cappone. Ma per renderlo davvero efficace doveva bollire per ore insieme a carota, sedano, cipolla, aglio e magari un chiodo di garofano.
  • Poi c’era l’impiastro caldo che veniva preparato con la farina di semi di lino da posizionare sul petto per calmare quella tosse stizzosa e che non ti dava tregua nemmeno di notte.
  • Altri rimedi erano il digiuno oppure la purga. L’intestino andava liberato da tutto e da tutti, batteri buoni o no. Lì si annidava il pericolo, facendo piazza pulita si dava al corpo e al sistema immunitario una mano per concentrarsi su quel virus nuovo.

# In Italia arrivò in estate. A fine pandemia 26 milioni di contagiati e 30.000 morti

In Italia fece un’esordio diverso rispetto alle classiche influenze stagionali. I primi casi vennero segnalati a Napoli in piena estate, città che nel mese di Agosto vide un terzo dei suoi cittadini colpiti. La pandemia italiana di allora si arrestò nel 1958, si registrarono 26 milioni di italiani contagiati, circa 30 mila deceduti di cui 20 mila furono militari.

Dopo la prima diffusione del 1957, il virus mutò e sviluppò una nuova forma, H3N2, provocando una seconda ondata di epidemia nell’inverno del 1968. La pandemia del 1968 determinò un numero di vittime inferiore rispetto alle pandemie precedenti, circa un milione a livello mondiale. Nel tempo i due virus hanno perso la loro aggressività, da virus pandemici sono diventati virus che provocano normali influenze.

DEBORA CANTARUTTI

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Fake news. La strategia italiana

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Pensiero del giorno

Fake news. La strategia italiana

Siccome ci sono persone fotosensibili a cui il sole fa male, il governo ha il progetto di oscurare il sole.

Seguono aggiornamenti

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Nelle CIPOLLE ROSSE una MOLECOLA promettente CONTRO il COVID

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Credits: stile.it - Cipolle rosse

Intervento della Dottoressa Debora Cantarutti, nutrizionista, esperta di Ciboterapia (effetti del cibo sull’organismo) e di Nutrigenomica, advisor scientifico di MadebyMilan, founder di Bon, Leggi anche: Corriere della SeraCibobuonochefabeneGSA

Della cipolla, scientificamente chiamata Allium Cepa, è noto soprattutto il suo utilizzo in cucina, ad esempio è la base del risotto alla milanese e di tante ricette del Nord Italia, ma in pochi conoscono il suo utilizzo terapeutico che ha radici molto antiche. Scopriamo quali sono i suoi molteplici usi.

Nelle CIPOLLE ROSSE una MOLECOLA promettente CONTRO il COVID

# Gli antichi egizi la veneravano come simbolo di vita eterna

Pare che la cipolla venisse consumata già nell’Età del Bronzo, alcuni reperti risalenti al 5000 a.C. in insediamenti del Medio Oriente ne testimoniano l’utilizzo. A quel tempo veniva utilizzata la cipolla selvatica, la coltivazione vera e propria è iniziata circa duemila anni dopo in Egitto insieme all’aglio e al porro. Per l’antico popolo egizio la cipolla era degna di venerazione perché la sua forma sferica e i suoi anelli concentrici era riconducibili alla simbologia con cui rappresentavano il perdurare della vita, per questo veniva utilizzata anche nei riti di sepoltura: sono state trovate tracce di cipolla nelle orbite di Ramses IV.

# Per i greci era il cibo degli atleti

Nell’antica Grecia era uno dei cibi riservati agli atleti, si riteneva che aiutasse la circolazione sanguigna rendendo più leggero il sangue, dimostrato dalla ricerca che ne ha messo in luce le proprietà diuretiche e non solo, mentre nell’antica Roma i gladiatori utilizzavano le cipolle per uso esterno strofinandole sul corpo per sfiammare i muscoli.

Giunti al Medioevo, i medici del tempo cominciano a validarne le proprietà terapeutiche prescrivendone il consumo per trattare il mal di testa o per prevenire e trattare la perdita dei capelli, mentre nel ‘500 venivano prescritte per la cura dell’infertilità non solo negli umani ma anche negli animali.

# Le doti straordinarie rivelate dalla ricerca scientifica moderna

La ricerca scientifica moderna ha da tempo messo in luce le straordinarie proprietà antiossidanti e antinfiammatorie delle cipolle, non solo, in uno studio pubblicato nello scorso mese di luglio, è stata messa in evidenza la capacità antivirale di una molecola di cui sono ricche le cipolle, la quercitina, un flavonoide che già in precedenti studi ha dimostrato essere in grado di ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue, parametri molto importanti per ridurre il rischio cardiovascolare.

Oltre che sui grassi, la cipolla è in grado anche di agire positivamente nei confronti della glicemia, quando consumata cruda, aiutando quindi a ridurre i livelli di zuccheri nel sangue.

# I benefici più sorprendenti della cipolla

Tra i benefici più interessanti della cipolla sono emerse le proprietà antibatteriche e antimicrobiche, al contempo avviene un’efficace stimolazione del sistema immunitario Esistono decine di tipologie di cipolle, bianche, dorate rosse, quest’ultime in particolare, sono ricche di quercetina, molecola superstar che può aiutare a regolare la risposta all’istamina e che presenta numerose proprietà antivirali.

Una volta consumata, la quercetina presente nei cibi passa prevalentemente inalterata nel nostro intestino e agisce come un potente scavenger di radicali liberi, e da potente agente antiossidante. E’ emerso che questa attività antiossidante e antivirale possa essere ulteriormente potenziata dalla contemporanea presenza di vitamina C, nutriente essenziale coinvolto in una vasta gamma di funzioni immunitarie, con effetti benefici in diversi tipi di infezioni virali.

Livelli ridotti di vitamina C, sono stati rilevati in pazienti con infezioni virali, sepsi, e altre malattie critiche. Durante le infezioni, la vitamina C è responsabile della maturazione delle cellule T e promuove la rimozione dei neutrofili esauriti, in pratica aiuta a ripulire il terreno di battaglia nell’organismo.

# Quercetina e Covid

La quercetina è stata studiata per il suo possibile effetto antivirale su diversi membri della famiglia Coronaviridae. La quercetina mostra una vasta gamma di proprietà antivirali che possono interferire in più fasi della virulenza del patogeno (ingresso del virus, replicazione del virus, assemblaggio delle proteine con cui manifesta in seguito la virulenza) e che questi effetti terapeutici possono essere aumentati dalla co-somministrazione di vitamina C.

La quercetina è presente in numerosi cibi in particolare: capperi, olive, pomodori, frutti di bosco.

# Come rendere più digeribile la cipolla cruda

La cipolla che risulta essere più digeribile a crudo è quella rossa, ma alcune persone possono avere difficoltà a digerirla, qui di seguito alcuni trucchi per rendere la cipolla cruda “innocua” per la digestione.

#1 Scegliere una bella cipolla soda, mettere a bollire dell’acqua e scottare la cipolla intera 1-2 minuti nell’acqua in ebollizione e poi affettarla.
oppure
#2 Affettare la cipolla e farla marinare in acqua calda e poco aceto per almeno 30’.
oppure
#3 Affettarla e farla marinare con succo di limone e poco olio. Questa terza modalità è quella che consente non solo di rendere la cipolla più digeribile ma che riflette al meglio i principi di potenziamento della quercetina con la vitamina C.

# La ricetta dello sciroppo di cipolla

Infine la ricetta dello sciroppo di cipolla.Vi serviranno:

  • 1 cipolla rossa, perché più ricca di quercetina
  • Zucchero oppure miele
  • Un contenitore di vetro

Sbucciare la cipolla e tritarla finemente. Trasferirla nel vaso e versare sopra 2/3 cucchiai di zucchero oppure di buon miele di montagna. Con un cucchiaio far in modo che lo zucchero oppure il miele ricopra per bene la cipolla. Lasciar riposare per 12 ore, trascorso questo tempo, filtrare con un colino il liquido arricchito con i principi attivi e trasferire in un barattolino di vetro. In presenza di raffreddore o altri sintomi da raffreddamento soprattutto in fase iniziale, assumere 1 cucchiaino di sciroppo disciolto in mezzo bicchiere d’acqua, 2-3 volte al giorno.

Per potenziare l’effetto è possibile aggiungere dello zenzero fresco grattugiato.

Fonti: Quercitina, perché fa bene, dove trovarla

DEBORA CANTARUTTI

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5 insegnamenti che Milano ha dato al resto d’Italia con il Covid

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c'è un nuovo Rubicone da attraversare

Pensiero del giorno

5 insegnamenti che Milano ha dato al resto d’Italia con il Covid:

  1. L’apertura al mondo. Hanno attaccato Milano perchè ha avuto tanti contagi ma questo è perché Milano è da sempre un crocevie di persone, per sua natura e indole è sempre stata aperta verso gli altri. Anche nei momenti più a rischio Milano non ha mai chiuso a nessuno, neppure a chi arrivava da zone più colpite. E non ha mai espresso sentimenti di intolleranza o rifiuto verso chi proveniva da altre regioni, a dispetto di quello che succedeva nel resto d’Italia.
  2. La voglia di fare. Hanno attaccato Milano per l’ospedale inutilizzato della Fiera. In realtà ha dimostrato che nell’emergenza Milano ha saputo costruirne uno a tempo di record e utilizzando solo donazioni di milanesi. Una voglia di fare che ha portato molte aziende del territorio a riconvertire la produzione in tempi record per fronteggiare l’emergenza.
  3. Saper dire di no alla burocrazia dannosa. Hanno attaccato i medici lombardi, come Zangrillo, Clementi, De Donno, Gismondo, Remuzzi e tanti altri che hanno saputo esprimere opinioni fuori dal coro e proporre soluzioni di cura diverse dai protocolli che si sono rivelate spesso vincenti nella lotta al Covid. Questa capacità di opporsi all’ordine precostituito per un bene superiore ha spinto dei medici lombardi a contravvenire alle disposizioni del governo e fare le autopsie sui morti Covid per scoprire come curare i malati. 
  4. Il rischio di fare troppo. Hanno attaccato a Milano per i suoi molti sbagli, ma gli errori che si imputano a Milano sono errori causati dal fare le cose, non perché si è rimasti nell’inedia o in attesa di aiuti esterni. Gli stessi cittadini si sono mobilitati per aiutare chi era nel bisogno e per raccogliere fondi per donare pasti alle persone in difficoltà. Se ci sono stati sbagli sono stati perché si è fatto, mai perché non si è fatto.
  5. Farcela da soli. Hanno attaccato Milano quando era in ginocchio anche se proprio nel momento più cupo non ha mai scaricato su altri l’emergenza e ha dimostrato che i propri problemi bisogna risolverli da soli.

Questi cinque punti che sono stati presi da molti per attaccare Milano esprimono invece la sua grande forza e sono la ricetta per fare ripartire l’Italia. Perché chi non rischia non ha niente da raccogliere.

MILANO CITTA’ STATO

 

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🔴 I 600 progetti del Recovery Plan del governo: ZERO per Milano ma un ACQUARIO a Taranto

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Credits: ilmessaggero.it - Conte in Commissione Europea

È quasi pronto l’elenco di proposte da sottoporre all’Europa per ottenere le risorse tramite il Recovery Fund. Mentre i ministeri a vario titolo hanno fatto il loro lavoro e alcune città si sono mosse inviando le loro idee al governo, nessuna proposta è arrivata da Milano e nessuna è stata proposta per Milano dai rappresentanti dei partiti di maggioranza.

La cosa più incredibile però sono i progetti inseriti, di cui l’acquario pugliese è solo il più bizzarro. Chissà che faccia faranno i paesi frugali del Nord Europa…

Se vuoi vedere le proposte di Milano città stato per il recovery plan: Recovery Milano 

🔴 I 600 progetti del Recovery Plan del governo: ZERO per Milano ma un ACQUARIO a Taranto

Pubblichiamo estratti articolo di Filippo Calleri per “Il Tempo” – Conte tira il pacco all’Europa

Una prima anticipazione dei 600 progetti che si vorranno finanziare con il Recovery Fund. 

#1 Mezzo miliardo di euro per realizzare un sondaggio dei cittadini verso la pubblica amministrazione

Il quotidiano romano ha analizzato la bozza dei progetti da presentare all’Europa, ecco cosa ha scovato tra i 600 progetti inseriti. Il più costoso: un sondaggione lungo 5 anni per monitorare e analizzare il grado di soddisfazione del cittadino nei confronti dei servizi della Pubblica Amministrazione, controllando sia la reputation sia il sentiment dell’utente, “individuando i diversi gradienti di criticità con la creazione di un sistema strutturato di raccolta e analisi dei feedback e il coinvolgimento di figure come i data analyst“. A ben vedere sembra la riedizione hi-tech delle faccine che Renato Brunetta, quando era ministro della pubblica amministrazione mise dinnanzi agli sportelli pubblici a contatto con i cittadini. Un metodo più artigianale ma sicuramente meno costoso. Costo: 500 milioni di euro. A carico dell’Unione Europea ovviamente.

Nella bozza della lista dei circa 600 progetti che saranno presentati a Bruxelles per usare i soldi del Recovery non mancano oltre ai macroprogetti smart, green e hi-tech anche quelli poco comprensibili in termini di rilancio economico. Ma che sono la spia che il vizietto italiano di assaltare la diligenza dei soldi pubblici, nonostante i richiami di olandesi e popoli del Nord, sia sempre dietro l’angolo. 

#2 Altri 35 milioni di euro per i “navigator digitali”

Il Tempo scopre un’altra singolare proposta, quella di una sorta di “navigator digitali”. Per costituirli la richiesta del ministero dell’innovazione tecnologica è di 35 milioni di euro da destinare ai giovani volontari del servizio civile. La proposta ha infatti l’obiettivo di attivarne nel triennio circa 5000 e almeno 100 enti per servizi di cui usufruiranno circa un milione di cittadini. “Un servizio di facilitazione digitale che ha come obiettivo il supporto e l’agevolazione del cittadino nell’uso delle tecnologie informatiche e nell’accompagnamento all’utilizzo dei servizi pubblici digitali. Durante gli appuntamenti tutte le attività, incluso l’accesso a Internet, si svolgono in presenza e con l’assistenza di almeno un facilitatore, che collabora all’individuazione delle esigenze del cittadino, fornendo supporto ed orientandone l’attività“.

“In ottica smart working la stessa attività potrà essere svolta anche in remoto, tramite telefono o con altri strumenti funzionali all’obiettivo, come ad esempio la messaggeria istantanea. Con il corollario che, chi è a digiuno di informatica, potrà così anche esercitarsi.”

#3 22 milioni per gli “italo-discendenti nel mondo”

Un’altra chicca è legata alla ripresa del turismo nell’epoca del post-Covid, con un velo di nostalgia c’è la richiesta di 22,4 milioni di euro in tre anni da parte della Farnesina “per un’iniziativa intitolata Turismo delle radici. Riguarda gli “italo-discendenti nel mondo che rappresentano un segmento turistico dalle enormi potenzialità per l’Italia. Sono interessati alla riscoperta dei piccoli borghi da cui provenivano i loro antenati, generalmente situati in territori che non rientrano nei circuiti del turismo di massa. Generano un turismo sostenibile e una domanda internazionale che utilizza le infrastrutture tutto l’anno. Non è chiaro se si tratterà di promozione o di viaggi premio.”

#4 La richiesta più bizzarra da Provenzano: 50 milioni per un acquario green nel porto di Taranto

La proposta più bizzarra arriva sicuramente del Ministro per il sud Provenzano, sempre nell’ottica ludica, quella della realizzazione di un acquario green nel porto di Taranto. Costo: 50 milioni in sei anni. Obiettivo: incentivare la creazione di posti di lavoro e restituire all’area un valore socio-ambientale, produttivo e turistico. 

 

Fonte articolo: Il Tempo

Leggi: Recovery Milano

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