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Il leggendario «tunnel segreto» dal Castello a Santa Maria delle Grazie: esiste davvero?

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Ricostruzione della fortezza visconteo sforzesca

Da secoli si parla di un passaggio nascosto che avrebbe permesso a Ludovico Maria Sforza di recarsi a pregare in Santa Maria delle Grazie. Si tratta di una leggenda o di realtà?

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Il leggendario «tunnel segreto» dal Castello a Santa Maria delle Grazie: esiste davvero?

# Da secoli si parla del tunnel che permetteva a Ludovico Maria Sforza di recarsi a pregare in Santa Maria delle Grazie

(c) Lady Lever Art Gallery; Supplied by The Public Catalogue Foundation

Partiamo da una affermazione che fece alcuni decenni fa il Priore di Santa Maria delle Grazie, il domenicano Angelo Maria Caccin. Relativamente al convento milanese disse: “Ci sono tre cose meravigliose di questo luogo: il convento in sé, il Cenacolo e i sotterranei che nessuno in questo secolo ha mai visitato. Si evince quindi dall’affermazione che i sotterranei qualcuno prima del novecento li abbia invece visitati…
Del passaggio segreto che permettesse a Ludovico Maria Sforza di recarsi a pregare in Santa Maria delle Grazie senza essere visto se ne parla da secoli ma non esiste una prova documentata della sua esistenza. Ma c’è un però.

# L’indizio del «Fossato Morto»: un passaggio sotterraneo che si interrompe ben oltre le mura perimetrali

Credits: passipermilano.file.wordpress.com – Fossato Morto

C’è un però: dal Fossato Morto, un fossato di difesa presente nel corpo centrale del Castello, parte un passaggio sotterraneo di 3,5 metri di altezza e un metro e mezzo circa di larghezza che si interrompe ben oltre le mura perimetrali esistenti e poco prima della fortificazione esterna della Ghirlanda, opera presumibilmente progettata dal Brunelleschi all’inizio del ‘400.

E’ ovvio che un simile passaggio dovesse avere una funzione strategica ben precisa. Inoltre i due torrioni fortificati che fanno bella presenza sul lato frontale del Castello rendono l’idea di come gli Sforza temessero di più una rivolta popolare che un attacco da parte di nemici esterni e un passaggio scavato all’esterno delle mura cittadine riusciva a destare meno sospetti ed essere costruito con più discrezione di come sarebbe successo se fosse stato fatto sotto gli occhi di tutti.

# Nel 2000 il tunnel riportato agli onori delle cronache

A riportare agli onori delle cronache l’esistenza del tunnel ci fu una rivelazione agli inizi degli anni 2000 che riportava un fatto di cronaca accaduto nel 1947. A fronte di una manifestazione ritenuta molto pericolosa per l’ordine pubblico si fecero installare due mitragliatrici che vennero poste all’altezza del palazzo delle Stelline e tali armamenti furono recuperati da un tunnel sotterraneo presente a pochi metri dove un gruppo facente parte di servizi segreti deviati nascondevano i loro “ferri del mestiere”. A questo punto basterebbe per scavare e posare fine al quesito. E qui viene il bello.

# Uno scempio scongiurato: l’abbattimento del Castello

Forse non tutti sanno che all’inizio del Novecento ci fu un tentativo di abbattere gran parte della struttura esistente del Castello per far posto a ville di lusso, scempio evitato grazie alla lungimiranza e l’amore per l’arte e l’architettura dell’illuminato arch. Luca Beltrami, che varie amministrazioni che si sono succedute hanno tentato di mettere le mani sul nostro patrimonio artistico per installare varie cose, ultima un ristorante nelle merlate. In pratica nessuna amministrazione si è mai premurata di valorizzare il Castello e studiarne a fondo le strutture oggi nascoste. Il perché rimane un mistero come quello del tunnel sotterraneo.

# L’ispezione da parte di Gianluca Padovan, archeologo del sottosuolo

Credits: Davide Padovan

Il portato alla luce è interrotto da un muro in mattoni costruito nel 1960. Questa operazione è stata fatta per poter albergare degli scarichi, sia fognari che di teleriscaldamento, che servono al Castello stesso. Inizialmente era una unica tubatura poi successivamente separata. Per gentile concessione del sig. Gianluca Padovan pubblichiamo due foto: la prima che ritrae il fratello Davide durante una ispezione al tunnel che ne attesta la struttura e l’attuale stato conservativo mentre la seconda i fratelli Padovan accompagnati da tecnici comunali che ispezionano il passaggio.

# Una camera costruita per esigenze fognarie impedisce l’ispezione di uno dei più grandi misteri della Milano sotterranea

Credits: GIanluca Padovan – Ispezione tecnici comune

Nella seconda foto si noti il canale di scolo nel pavimento, opera realizzata nel 1960 scavando nel calpestio originale. In pratica questa camera costruita per esigenze fognarie che comprende anche i muri portanti del tunnel impedisce con il muro contenitivo l’ispezione di uno dei più grandi misteri della Milano sotterranea.

Va da sé che ci aspettiamo una svolta e che si possano ottenere i permessi per poter finalmente visitare a fondo i vari passaggi segreti che svelerebbero molti retroscena della fortificazione. Dando così ancor maggiore lustro a un bene che la città ha il dovere di valorizzare sia per la storia che per il piacere di chiunque visiti un luogo meraviglioso che ci appartiene e che nessuno ha il diritto di occultare. Anzi.

Continua la lettura con: Quando i milanesi salvarono il Parco Sempione dalla demolizione

ROBERTO BINAGHI

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«…eh perché voi a Milano siete…»

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credit: @soup_opera (INSTG)

Quando in altre parti d’Italia si definisce Milano lo si fa per far intendere che è un’altra cosa, come fosse un’isola dove le regole valide nel resto d’Italia qui non si applicano. Da questo modo di vedere i milanesi nasce un sentimento di rivalsa, di invidia o di sudditanza che alberga in molti italiani nei confronti dei milanesi. Questi sono gli esempi tratti dalla mia esperienza.

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«…eh perché voi a Milano siete…»

#1 Il milanese rende insicuri

Il Bauscia milanese

Una forma di sudditanza. Il senso di insicurezza e timore di chi si contrappone
all’autostima che il milanese mette in evidenza nei suoi modi rapidi e tutt’altro che indecisi del suo camminare, parlare e offrirsi. 

#2 Il milanese fa sentire mediocri

credit: @bausciademilan (INSTG)

Altra forma di sudditanza strettamente legata al desiderio di possesso. Si crede che chi è di Milano si ponga su un livello di eccellenza in ogni ambito davanti a cui ogni altra persona si sente mediocre. Un esempio banale? Il milanese ha la macchina esteticamente senza ammaccature e può innescare il pensiero che sia più bravo a guidare o magari che a Milano le persone non si divertono a graffiare le proprietà altrui, ma si sta sbagliando. Il milanese per i suoi valori si scoccia di andare in giro con una macchina “brutta” cosicché la ripara, molto semplicemente. Ma questo chi non abita Milano non sempre lo capisce.

#3 Il milanese incute Super-Io

Credits: lombardiabeniculturali.it – Tribunale di Milano

Ogni sguardo del milanese o della milanese in trasferta viene visto come un giudizio critico. Anche quando si tratta di semplice osservazione. A questo si aggiunge che spesso si tende a pensare che chi è di Milano sia talmente rispettoso delle regole da rivelarsi come uno psicopoliziotto quando si trova in altre zone. Questo genera anche conseguenze bizzarre, come il timore di non riuscire a prevalere nel caso si creasse una disputa giuridica. La sua dimestichezza con il mondo del diritto e la sua proverbiale ricchezza calano come un machete sulle speranze del non milanese. Può rivelarsianche nelle piccole cose come tentare un parcheggio rischioso a ridosso di una macchina targata MI piuttosto che provarci accanto ad una targata TO. “Quella targata MI chissà di chi è…meglio evitare”. Può far sorridere, ma è così.

#4 A Milano i soldi si respirano involontariamente, come l’aria

il dito di cattelan
Un dettaglio del dito

Altra proverbiale forma di sudditanza è legata al mondo dell’economia. Basta dire che sei
di Milano e qualsiasi discussione su un argomento economico sì trasforma in un simposio acclamato e agevolato dai presenti non milanesi. Molti guardano a chi è di Milano come a un business angel. A me è capitato di essere avvicinato da uno sconosciuto che mi ha chiesto se per piacere poteva discutere con me della sua azienda.

#5 A Milano si recupera (e si decidono gli scudetti)

metropolitana milanese

Milano è i poteri forti. Così molti immaginano Milano, come il luogo dove nascono tutti i complotti, dallo scudetto al ritardo dei treni. Già. Se sei su un treno che porta ritardo puoi stare certo che ci sarà qualcuno che dirà: «tranquilli che quando siamo verso Milano recupera». E comunque l’ho sentito anche a bordo di aerei.

#6 I medici di Milano fanno miracoli

Credits: sanitainformazione.it

La sudditanza imperiale prende vita quando entrano in gioco emozioni forti come
la paura della morte. In questi casi nulla può di più come essere ricoverati in un ospedale di Milano. Nulla, ma davvero nulla. Un medico milanese anche se trasferito il giorno prima dal più periferico ospedale di (decidetelo voi) della penisola diventa un santo con licenza di miracolo. L’unico in grado di salvare la vita. Anche qui un fondo di verità ci potrebbe essere, ma risiede nel senso di responsabilità che spinge i sanitari milanesi a non pulire perché glielo ordinano, a non arrivare stanchi o con i postumi della movida al lavoro perché il loro decoro non glielo permette ed anche timbrare cartellini ai colleghi è una usanza che non si confà con quello che hanno assorbito vivendo Milano.Dove non attecchisce quella mentalità che recita: “ Tanto lo fanno tutti!”

#7 Milano è un mondo a parte

 
credit: @soup_opera (INSTG)

Il significato racchiuso quando qualcuno inizia con: “…eh perché voi a Milano…”. Questa frase esprime l’idea di Milano come un mondo a parte. “Voi! di Milano”. Voi che siete in un altro luogo….è la massimizzazione di un contraddittorio in cui da una parte ci siamo noi milanesi e di fronte TUTTI gli altri. Neanche si fossero messi tutti d’accordo. La cosa spettacolare è che riguarda tutti quelli all’interno dell’insieme Milano indistintamente. Cinesi, africani, sudamericani, filippini, europei, tutti diventano milanesi e gli altri sono il resto di Italia. Ho sentito con le mie orecchie parlare fra parenti filippini dicendosi: “ma tu sei di Milano” e l’altro di dove fosse era totalmente marginale per ammissione dello stesso.

Però prima di concludere dobbiamo anche accettare che essere così privilegiatiimplica doverosamente un impegno morale che è quello di chi è osservato costantemente e che deve capire che il suo vivere è studiato e copiato implicitamente dagli altri. Questo ci fa essere nostro malgrado un esempio ed anche una guida. Volenti o nolenti.

Continua la lettura con: Le 7 idee del Grande Design per Milano

ANTONIO CHIMIENTI

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La «nevicata del secolo» a Milano (video)

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Screenshot

Doveva arrivare la grande nevicata: ma sembra un falso allarme. A cui ormai siamo abituati.

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La «nevicata del secolo» a Milano (video)

Pochi sanno che l’Inverno più nevoso a Milano dal 1947-48 è stato quello del 1977-78: dopo un’estate molto fresca, Milano fu colpita dalla depressione d’Islanda vivendo una stagione con temperature spesso sotto zero e con frequenti precipitazioni nevose, per un totale di 1 metro e 25 centimetri.

Ma nella memoria di Milano resterà a lungo un altro inverno, quello del 1985. La nevicata del 1985 venne definita la nevicata del secolo. Durò oltre 72 ore tra il 13 e il 17 gennaio e fece registrare la più grande precipitazione del XX secolo, raggiungendo i 90 centimetri di manto nevoso. Cadde talmente tanta neve che il 17 gennaio crollò il Palasport. 

Qualche ricordo di quei giorni in questo video:

Continua con: Video: Mind, l’ultima avanguardia di Milano

MILANO CITTA’ STATO 

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Quando i milanesi salvarono il parco Sempione dalla distruzione

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Il Central Park di Milano. Tra il Castello e l’Arco della Pace. Pochi sanno che è stato a rischio distruzione. Il motivo? Il solito: l’avidità dei costruttori (con la compiacenza dei politici). Ma a quei tempi i milanesi avevano la schiena dritta. 

Leggi anche: Parco Sempione, leggende e curiosità del Central Park di Milano

Quando i milanesi salvarono il parco Sempione dalla distruzione

# Dopo Expo 1890: «Parco Sempione? Va smantellato per lasciare spazio ai costruttori»

Quando il parco era una riserva di caccia

Progettato dall’architetto Emilio Alemagna il parco Sempione viene inaugurato nel 1890, in occasione dell’Esposizione Universale di Milano. Negli anni successivi, il parco non ha vita facile: per alcuni si tratta di qualcosa di temporaneo come un padiglione di Expo. Va smantellato per lasciare spazio ai costruttori su un’area che fa gola a molti. Questo chiedevano e vennero presentate diverse proposte di sviluppo urbanistico che prevedevano la sua riduzione o addirittura la sua completa demolizione per far spazio a nuove costruzioni. Tuttavia, grazie all’intervento dei milanesi e di associazioni, il parco Sempione è sopravvissuto non solo dopo l’Esposizione ma anche ai successivi attacchi. 

# Anni ’20: il Comune vuole costruirci case

Parco Sempione 1896

Un nuovo attacco risale agli anni ’20, quando il Comune di Milano propone di trasformare il parco in un’area edificabile per far fronte alla crescente domanda di case e uffici. Il progetto non ha seguito soprattutto per le numerose proteste, tra le più rilevanti durante il Ventennio fascista. Un nuovo attacco al parco, forse il più importante, viene sferrato qualche decennio dopo. 

# Anni ’60: Il “Palazzo Triennale” al posto del Parco e del Castello

Il momento più critico ha luogo alla fine degli anni ’60, quando il parco viene minacciato dalla costruzione di un grande complesso residenziale, il “Palazzo della Triennale”, che avrebbe occupato gran parte della sua estensione. La Triennale di Milano aveva bisogno di una sede adeguata per ospitare le mostre internazionali d’arte e design, e il parco Sempione sembrava il luogo ideale per la sua realizzazione. Il progetto del Palazzo della Triennale prevedeva la demolizione di alcuni edifici storici del parco, come il Castello Sforzesco, e la riduzione dell’area verde.

La proposta incontrò la forte opposizione dei cittadini milanesi, che organizzarono numerose manifestazioni e raccolte di firme per difendere il parco. La mobilitazione popolare, sostenuta da alcune personalità di spicco come l’architetto e urbanista Giancarlo De Carlo, portò alla creazione di un comitato di difesa del parco e alla presentazione di un’alternativa progettuale che prevedeva la riqualificazione del parco senza comprometterne l’integrità.

Grazie alla mobilitazione dei milanesi l’amministrazione cambia direzione e il progetto del Palazzo della Triennale viene abbandonato salvando il polmone verde nel centro della città. Speriamo per sempre. 

Ph. dimitrisvetsikas1969

Continua la lettura con: Quando l’opposizione dei cittadini non è bastata: la fine del Vivaio Riva, il gioiello verde nel cuore di Milano

ANDREA ZOPPOLATO

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«Corso Vercelli Village»: il progetto per rilanciare il quartiere dello shopping

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Credits infoubuild - Corso Vercelli Village

Un villaggio urbano di prossimità in centro città caratterizzato da aree pedonali e verdi tra le fermate della linea M1 di Wagner, Pagano e Conciliazione. La possibile trasformazione del quartiere attorno alla storica arteria commerciale per rilanciarlo come “campus abitativo”.

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«Corso Vercelli Village»: il progetto per rilanciare il quartiere dello shopping

# Un «villaggio urbano di prossimità» in centro città

Credits infoubuild – Corso Vercelli Village

Corso Vercelli Village è un progetto immaginato da Joseph Di Pasquale, fondatore dello studio di architettura milanese JDP Architects, per creare un modello di villaggio urbano di prossimità all’interno della città: “Essere vicini ai cittadini significa anche e soprattutto curare la loro prossimità urbana. Questa narrazione urbana intende esemplificare l’esperienza urbana e abitativa di un contesto al quale sia stato applicato l’approccio alla viabilità dei nuclei abitativi di prossimità.

# Un nucleo pedonale di quartiere tra le fermate della linea M1 di Wagner, Pagano e Conciliazione 

Credits jdparchitects – Progetto Vercelli Village

Vercelli Village si svilupperebbe da piazza Wagner a piazzale Baracca, lungo via Belfiore e corso Vercelli e nel tratto perpendicolare tra via Cimarosa e via Pallavicino, all’interno dell’area compresa tra le fermate M1 di Wagner, Pagano e Conciliazione. Tutte le vie e piazze del progetto verrebbero trasformate in aree pedonali e alberate.

Credits infobuild – Rendering Vercelli Village

In questo modo si creerebbe un nucleo pedonale di quartiere trasformando il contesto circostante in un “campus abitativo” dimostrando che è “possibile combinare accessibilità veicolare e pedonalità“.

 

Fonte: Infobuild

Continua la lettura con: Un’idea per il futuro: la TORRE SEMPIONE con OSSERVATORIO a 360 gradi

FABIO MARCOMIN

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7 idee del «Grande Design» per rendere Milano molto più bella (Immagini)

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Milano, con una densità di designer senza pari (90/100 professionisti ogni chilometro quadrato), ha inaugurato l’Osservatorio del Design, un progetto ambizioso destinato a monitorare e potenziare l’ecosistema creativo della città. Questi sono i 7 modi in cui il design potrebbe trasformare Milano.

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7 idee del «Grande Design» per rendere Milano molto più bella (Immagini)

# Osservatorio del Design: 90/100 professionisti ogni chilometro quadrato

A Milano è stato inaugurato l’Osservatorio del Design, una nuova istituzione nata per monitorare e valorizzare il ruolo del design nel capoluogo lombardo. La città, già capitale internazionale della creatività grazie al Salone del Mobile e a una fitta rete di professionisti, ospita ora un progetto che punta a studiare e rafforzare il suo ecosistema creativo.

Milano vanta una densità senza pari di designer: fra i 90 e i 100 professionisti ogni chilometro quadrato. Tra il 2009 e il 2023, il numero di imprese del settore è cresciuto del 66%, contribuendo a un indotto di 275 milioni di euro solo nell’ultimo anno, con una crescita del 13,7% rispetto al 2023. Tuttavia, il rapporto sottolinea anche alcune criticità, come trasporti insufficienti e un’accoglienza da migliorare, soprattutto nei periodi di picco legati a grandi eventi come il Salone del Mobile.

Il sindaco Giuseppe Sala ha invitato a riflettere su come il design possa plasmare il futuro della città. Ed ecco sette idee che potrebbero rendere Milano ancora più bella, vivibile e sostenibile attraverso il design.

#1 Fermate della metropolitana come gallerie d’arte interattive

Un desiderio diffuso a Milano: le fermate della metropolitana potrebbero evolvere in veri e propri spazi artistici, un po’ come succede a Mosca, Stoccolma o Napoli. Ma con qualcosa in più: integrando elementi culturali e sensoriali che riflettano l’identità dei quartieri circostanti.

Immaginate la fermata Brera, dove pareti digitali proiettano opere pittoriche famose e installazioni luminose evocano il passato artistico della zona. All’Isola, invece, il design urbano potrebbe ricreare un giardino moderno, con suoni della natura e piante verticali per un’esperienza rilassante. A Porta Romana, pannelli interattivi potrebbero narrare storie della città attraverso foto, video e testi animati.

Questi interventi trasformerebbero la quotidianità in un viaggio culturale, rendendo ogni fermata un’attrazione unica. Artisti locali potrebbero collaborare per rinnovare regolarmente le installazioni, garantendo freschezza e innovazione. Un progetto simile aumenterebbe il senso di appartenenza dei cittadini e attrarrebbe visitatori, creando spazi che uniscono funzionalità, bellezza e interattività.

#2 “Milano a misura di pedone”: arredo urbano multifunzionale

Per rendere Milano più vivibile, l’arredo urbano potrebbe evolversi in soluzioni multifunzionali e sostenibili, integrando tecnologia e design. Panchine intelligenti dotate di pannelli solari offrirebbero ricarica per dispositivi e Wi-Fi gratuito, mentre sedute modulari potrebbero trasformarsi in tavoli per pic-nic, coworking all’aperto o aree gioco. Questi elementi renderebbero piazze e parchi più dinamici e accessibili, adattandosi alle esigenze dei cittadini e migliorando l’esperienza quotidiana degli spazi pubblici.

Materiali riciclati e natura integrata darebbero vita a “sculture viventi”, come strutture rivestite di piante rampicanti che migliorano l’estetica urbana e contribuiscono al raffrescamento naturale. Queste soluzioni non solo aumenterebbero la funzionalità e la sostenibilità degli spazi, ma li trasformerebbero in luoghi di incontro e socialità, valorizzando l’identità di Milano come città innovativa e attenta all’ambiente.

#3 Una nuova “cintura verde” per il centro città

Milano potrebbe diventare un esempio virtuoso di armonia tra urbanizzazione e natura grazie alla creazione di una nuova “cintura verde” nel cuore della città. Immaginate tetti verdi e facciate viventi che non solo abbelliscono gli edifici, ma migliorano anche la qualità dell’aria e isolano termicamente le strutture. Percorsi pedonali e ciclabili, immersi in corridoi verdi, offrirebbero ai cittadini un’esperienza di mobilità rilassante e sostenibile.

I parchi urbani, progettati come spazi multifunzionali, potrebbero ospitare arene per eventi culturali, mercati locali e attrezzature per il fitness all’aperto. Un progetto di questo tipo ridurrebbe l’inquinamento atmosferico e l’isola di calore cittadina, trasformando Milano in una città più sana, esteticamente affascinante e attrattiva sia per i residenti sia per i turisti.

#4 Piazze del futuro: oasi di design e tecnologia

Le piazze di Milano potrebbero evolversi in luoghi che uniscono tecnologia, sostenibilità e design, diventando centri di aggregazione innovativi. Pavimentazioni intelligenti, capaci di generare energia cinetica dal passaggio delle persone, offrirebbero un esempio concreto di economia circolare.

Totem multimediali potrebbero fornire informazioni su eventi, trasporti e luoghi d’interesse, migliorando l’esperienza dei visitatori. Fontane interattive e giochi di luce dinamici, ispirati alle stagioni o al quartiere, aggiungerebbero un tocco artistico e scenografico.

Ogni piazza potrebbe avere un tema distintivo, come la moda, l’arte o il design, in linea con le peculiarità della zona. Questi spazi reinventati non solo valorizzerebbero il patrimonio culturale milanese, ma incentiverebbero anche la socialità, trasformandosi in veri e propri poli di attrazione per cittadini e turisti.

#5 Design in movimento: nuovi tram e bike sharing “esperienziali”

La mobilità a Milano potrebbe essere trasformata in un’esperienza unica, che fonde tradizione e innovazione. I tram storici, rinnovati con interni ispirati a salotti eleganti, offrirebbero un ambiente confortevole per i pendolari, con aree dedicate al relax o all’intrattenimento. Ogni tram potrebbe essere personalizzato con temi che celebrano l’arte, la moda o la gastronomia milanese.

Il sistema di bike sharing potrebbe evolversi, proponendo biciclette decorate da artisti e designer locali, trasformandole in veri pezzi d’arte itinerante. Stazioni di ricarica per mezzi elettrici, progettate come installazioni architettoniche, aggiungerebbero valore estetico agli spazi urbani. Questa visione di mobilità non solo renderebbe gli spostamenti più efficienti, ma contribuirebbe anche a rafforzare il legame tra cittadini e città, rendendo ogni tragitto un’esperienza memorabile e coinvolgente.

#6 Milano “smart” con quartieri digitalizzati

Milano potrebbe diventare un modello di innovazione urbana attraverso la digitalizzazione dei quartieri. Lampioni intelligenti, dotati di sensori per monitorare il traffico, la qualità dell’aria e l’illuminazione, migliorerebbero la sicurezza e l’efficienza energetica. Schermi interattivi posizionati in punti strategici offrirebbero informazioni in tempo reale su trasporti pubblici, eventi culturali, e servizi locali, creando una connessione immediata tra i cittadini e le risorse del quartiere.

I sistemi di gestione energetica automatizzati garantirebbero un uso ottimale delle risorse, riducendo sprechi e costi per la collettività. App dedicate potrebbero permettere agli abitanti di segnalare problemi o richiedere servizi in modo semplice e rapido, rafforzando il senso di comunità e la partecipazione civica. Questi quartieri digitalizzati non solo migliorerebbero la qualità della vita, ma promuoverebbero un’immagine di Milano come una delle città più avanzate d’Europa nel campo della smart city.

#7 Architettura flessibile: spazi ibridi e adattabili

L’architettura del futuro a Milano potrebbe fondarsi sulla flessibilità e sulla multifunzionalità, rispondendo alle esigenze di una città in continuo cambiamento. Gli edifici modulari potrebbero integrare tecnologie come pareti mobili, che permettono di trasformare rapidamente gli interni per ospitare coworking di giorno e spazi per eventi culturali di sera. Questi spazi ibridi offrirebbero una risposta innovativa alla crescente domanda di luoghi condivisi e polifunzionali.

Un esempio potrebbe essere un edificio che durante la settimana funge da hub per professionisti, mentre nel fine settimana si trasforma in un mercato coperto o in un teatro temporaneo. L’utilizzo di materiali sostenibili e sistemi di costruzione prefabbricati ridurrebbe costi e tempi di realizzazione. Milano potrebbe così diventare pioniera di una nuova idea di urbanistica, dove gli spazi si evolvono con le necessità delle persone, favorendo efficienza, sostenibilità e socialità.

Continua la lettura con: I 10 progetti in arrivo nella Milano del futuro

MATTEO RESPINTI

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I 4 progetti più attesi nel futuro di Citylife

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Il quartiere delle Tre Torri deve essere ancora completato. Scopriamo quali progetti architettonici sono attesi nei prossimi anni.

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I 4 progetti più attesi nel futuro di Citylife

#1 CityWave, lo “sdraiato” con uno spettacolare portico di 140 metri e un rooftop bar con piscina

Forse il progetto più iconico di tutti: CityWave, già soprannominato “lo sdraiato”, il quarto e ultimo edificio di Citylife in costruzione. La nuova quinta dal quartiere, per chi proviene da Largo Domodossola, è stata progettata dallo studio di architettura BIG e prevede spazi di lavoro, negozi, ristoranti, due corti private ed un rooftop bar con piscina.

L’elemento caratterizzante del progetto è un lungo porticato sospeso di 140 metri che collega due edifici di altezze diverse, uno di 50 metri d’altezza con un hotel di 10 piani e più di 120 camere, uno di 110 metri di altezza nell’estremità strutturale adibito ad uffici. A rivestire la struttura il parco fotovoltaico più grande di Milano e tra i più grandi d’Italia con una produzione di energia stimata in 1.200 MWh l’anno.

Francesco Langiulli – Cantiere Citywave

Il cantiere è in piena attività e l’ultimazione dei fabbricati è prevista entro la fine del 2025. L’inaugurazione potrebbe avvenire entro le Olimpiadi di Milano Cortina 2026.

Leggi anche: 5 creazioni delle archistar attese nei prossimi anni a Milano

#2 Il Padel Pavillon “Atlante Arena”, l’innovativo centro sportivo di design dedicato al padel

Nei pressi del MiCo è in costruzione il Padel Pavillon “Atlante Arena” progettato da Novembre Studio. L’innovativo centro sportivo si inserisce nel parco di Citylife e si pone in continuità visiva con le architetture preesistenti e soprattutto con quelle del progetto CityWave. 

Si caratterizza infatti per un grande sbalzo con un aggetto curvo di 17 metri pensato per invitare il pubblico del parco verso l’ingresso. Nei 2.800 mq di superficie dell’edificio, alto 12 metri, sono previsti 7 campi da padel, un’area ristoro e uno spazio multifunzionale rialzato con una vista privilegiata dell’attività sportiva. La gestione del centro è affidata a City Padel Milano, fondata da Demetrio Albertini nel 2017, che ha avuto in gestione il precedente centro sportivo provvisorio di padel del quartiere. L’inaugurazione potrebbe avvenire nel 2025, sotto la struttura è già stato completato un parcheggio auto in attesa di collaudo.

#3 Il nuovo Palazzo delle Scintille

Credits: Andrea Cherchi – Interno Palazzo delle Scintille

Il Gruppo Generali, che si è aggiudicato l’asta, sta riqualificando il Palazzo delle Scintille che inizialmente avrebbe dovuto essere rinominato “CityLife Square Garden”. Il nuovo nome dovrebbe essere svelato a breve. L’imponente arena centrale potrebbe accogliere attività ed eventi dell’agenda milanese che si alterneranno a momenti in cui potrà invece essere utilizzata come una grande piazza coperta. La prima fase dovrebbe concludersi entro ottobre del 2025, poi sono previsti interventi ai piani alti e sul tetto come concordato dalla Sovrintendenza.

#4 Il nuovo “grattacielo” al posto del GUD

Rendering realizzato con Ideogram AI

L’Amministratore Delegato di SmartCityLife, Roberto Russo, ha dichiarato in un’intervista a Urbanfile che su un lotto fondiario di 7.300 mq, nel lato del quartiere che affaccia su viale Berengario, sorgerà al suo posto un «edificio iconico e innovativo, sicuramente alto dato che l’area fondiaria è piuttosto piccola». Si parla di circa 20 piani, solo residenziale con appartamenti di 300 mq ciascuno, e di un’altezza stimabile in almeno 60-70 metri. Ancora non è stato presentato un rendering del progetto. Attualmente negli stessi spazi c’è uno dei locali di GUD.

Continua la lettura con: Citylife non si ferma più: sarà sempre più city e meno life

FABIO MARCOMIN

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Un appartamento del Bosco Verticale secondo i milanesi

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Più o meno. 

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Continua con: Come i media annunciano il calo delle temperature a Milano

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La villa più cara del mondo è in Italia: il segreto del suo prezzo “impossibile” e il risultato dell’ultima asta

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therealalexandragram IG - Villa Aurora

Una villa sfarzosa con giardino che nessuno riesce a comprare e che racchiude un gioiello artistico unico al mondo. Dove si trova e quanto è stata valutata.

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La villa più cara del mondo è in Italia: il segreto del suo prezzo “impossibile” e il risultato dell’ultima asta

# La dimora cinquecentesca su una collina nel cuore della capitale. Dal valore esorbitante

Credits artsharingroma IG – Villa Aurora

Siamo nel cuore Roma, su una collina a pochi passi dalla famosa via Veneto e vicino all’iconica Piazza di Spagna. Qui si trova Villa Aurora, il cui nome originale per esteso è “Casino di Villa Boncompagni Ludovisi” messa in vendita ad un prezzo stratosferico, così elevato da poterla considerare la villa più costosa del mondo.

Un tempo residenza di caccia, questa dimora cinquecentesca è quello che rimane di un complesso di 30 ettari di proprietà della nobile famiglia italiana dei Ludovisi. Una storica famiglia che ha dato al Paese numerosi diplomatici, mecenati delle arti e persino un Papa. Ma perchè costa così tanto?

# Il capolavoro della villa: il “camerino alchemico”, grandioso murale del Caravaggio, l’unico affresco sul soffitto al mondo del pittore milanese

Credits lollit_ IG – Affresco Caravaggio Villa Aurora

La valutazione economica straordinaria della villa non è determinata solo dall’architettura dell’edificio e dal contesto in cui si trova, ma anche dal valore inestimabile dei tesori artistici che custodisce. Tra questi spicca un vero capolavoro: il “camerino alchemico”. Si tratta di un soffitto affrescato dal Caravaggio, l’unico al mondo del suo genere realizzato dall’artista, portato alla luce negli anni ’60. L’opera raffigura tre divinità, i cui volti richiamano le fattezze dello stesso Caravaggio, nei panni di Giove, Plutone e Nettuno. Le figure interagiscono intorno a un grande globo lunare, immerso in un cielo notturno avvolto da una foschia suggestiva.

# 310 milioni di euro è il solo valore delle opere

edoardofanfani IG – Guercino

A questo capolavoro si aggiunge la bellissima Aurora del Guercino del 1621, raffigurante l’Aurora che avanza sul carro spargendo fiori, mentre la Notte scompare davanti al nuovo Giorno. Il solo valore di queste opere d’arte è stato stimato in almeno 310 milioni di euro

# Anche la sesta asta è andata deserta: quanto costa la villa che nessuno riesce a comprare

Credits rachov IG – Villa Aurora

L’ultimo erede della dinastia, Niccolò Boncompagni Ludovisi, è scomparso nel 2018 e da allora si è accesa una disputa legale per vendere l’immobile. Al suo interno aveva infatti continuato a risiedere la principessa Rita Jenrette Boncompagni Ludovisi, vedova dell’erede. Valutato 471 milioni di euro, è stato messo all’asta la prima volta al prezzo di 353 milioni di euro, ma non ha visto nessun acquirente presentarsi per accaparrarsela. Anche la sesta asta, lo scorso aprile, si è chiusa con un nulla di fatto nonostante la valutazione sia scesa sensibilmente, perchè ancora decisamente fuori portata: 144 milioni di euro. 

# Finita la disputa tra i proprietari, via alla vendita privata

Il colpo di scena. Dopo che la vendita all’asta non è stata risolutiva, lo sfratto della vedova dell’ultimo erede ha messo la parole fine alla contesa giudiziaria. I proprietari hanno decidere di dare via alla vendita privata, affidandosi a un mediatore, per poi dividersi l’ammontare del ricavato. Qualcuno riuscirà prima o poi a comprarla?

Continua la lettura con: La «Villa Rotante»: la prima al mondo che insegue il sole

FABIO MARCOMIN

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I pedoni animati sopra le strisce: li vedremo anche in Italia?

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quellochenonsapevi - Semafori animati

Dopo i semafori che accendono i pali, dall’estero arriva un’altra soluzione innovativa che potrebbe essere utile anche in Italia. Vediamo come funziona e perché stata implementata.

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I pedoni animati sopra le strisce: li vedremo anche in Italia?

# Un mini-teatro urbano sulle strisce pedonali

A Pechino è stata implementata un’innovativa forma di intrattenimento urbano: semafori che proiettano animazioni colorate sulle strisce pedonali. Queste installazioni, basate su tecnologie LED avanzate, trasformano l’attesa del verde in un mini-spettacolo visivo urbano, arricchendo l’esperienza dei pedoni con giochi di luci dinamici. 

# Un sistema pensato per combinare sicurezza stradale e intrattenimento

quellochenonsapevi – Semafori animati

Non si tratta però solo di intrattenimento. L’obiettivo è incoraggiare i cittadini a utilizzare i passaggi pedonali e rispettare i segnali, rendendo quindi gli attraversamenti più sicuri per tutti. Il progetto fa parte di un piano per incentivare la mobilità sostenibile, in particolare andare a piedi e in bicicletta, in linea con il piano “Beijing Slow Traffic System Plan (2020-2035)”. 

# I semafori che creano un “muro” di ologrammi agli incroci

lightcrossing.technology – Semafori con ologrammi

Esistono poi altre sperimentazioni nel mondo di semafori intelligenti progettati sempre per garantire maggiore sicurezza per i pedoni e meno rischi di incidenti. Un’azienda canadese, la Light Crossing Technology, propone semafori in grado di proiettare un muro di ologrammi di persone agli incroci. In questo modo già a grande distanza autisti e motociclisti sono in grado di vedere di quale colore è la luce del semaforo, ovviando anche al fatto che in alcuni casi gli impianti possono essere parzialmente nascosti da cartelli e alberi.

Spunto: quellochenonsapevi IG

Continua la lettura con: I semafori che accendono anche i pali: quando arriveranno anche a Milano? E quali sono le innovazioni per rendere più sicura la circolazione?

FABIO MARCOMIN

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Il monumento più brutto di Milano

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Art@site

Milano ospita monumenti di tutti i tipi, alcuni veramente bizzarri o provocatori, ma oggi vogliamo parlarvi del monumento probabilmente più brutto della città: La “Danza” di Piazza Amendola. Comunemente nota come: l’ “incidente stradale”. 

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Il monumento più brutto di Milano

# “La Danza” o un “Incidente stradale”?

@antonellascorta

La Danza” è una scultura che si trova in Piazza Amendola dal 2006 ed è stata realizzata dallo scultore milanese Gianfranco Pardi per l’azienda privata Farmafactoring. Un evento inedito per Milano che sottolineava l’impegno delle aziende a collaborare con la giunta per abbellire lo spazio urbano e ridargli valore. La scultura sembrava voler aprire una nuova stagione per Milano e soprattutto per il quartiere Fiera che si preparava ad un processo di innovazione che avrebbe portato alla costruzione delle 3 torri degli architetti Daniel Libeskind, Arata Isozaki e Zaha Hadid.

Purtroppo il vento di innovazione e movimento non è arrivato con questa scultura che ai milanesi è piaciuta poco, tanto da essere soprannominata “incidente stradale” per l’aspetto sconnesso delle lamiere d’acciaio dipinte di giallo. Alcuni l’hanno addirittura paragonata a un ragno che si dimena in aria.

# In origine si chiamava “Ricostruire”

@mirkob73

La scultura in origine si chiamava “Ricostruire”: l’autore in una intervista spiega che il senso era una “ricostruzione del senso di una forte autonomia dell’opera: ricostruire come riportare il lavoro della scultura a un ripensamento del suo rapporto con la tradizione, come ridefinizione di una sua autentica autonomia di linguaggio”. Il titolo Danza arrivò solo durante la costruzione della scultura stessa e Pardi spiega che è stata la struttura, con il suo disequilibrio dinamico, a far percepire questo senso del movimento di un corpo in tensione al limite dello smembramento.

Quello che l’autore ricercava era il continuo stravolgimento dell’idea di stabilità, forse come metafora del continuo cambiamento della società e dell’architettura urbana. Un esperimento forse non completamente riuscito che ne ha fatto un’opera svalorizzata, di cui ci si ricorda solo passando per Piazza Amendola.

Fonte: stilearte

Continua la lettura con: 5 Luoghi di MILANO che erano meglio PRIMA

ANDRA STEFANIA GATU

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Saliremo sulla metro per andare al mare? Il progetto di nuovo HUB Metro-TAV alle porte di Milano

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Stazione Av

I milanesi sognano la sesta linea della metro. E c’è di più: è in valutazione l’hub delle meraviglie per salire sui vagoni della metro e scendere in spiaggia.

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# La sesta metropolitana di Milano

Ph. www.metro4milano.it/

I milanesi sognano la M6. L’idea di realizzare una sesta linea metropolitana risale al PGT e al PUMS del 2010, con giunta a guida Letizia Moratti Moratti e l’assessore ai trasporti Carlo Masseroli, con la previsione di un tracciato di 37 fermate da nord-ovest a sud-est fino a San Donato. Ma quale potrebbe essere il tracciato?

# Le ipotesi di sbinamento della M1 e del tracciato Ponte Lambro-Ospedale San Paolo

Credits metromilano – Nuova M6

Nel corso degli anni si sono fatte altre ipotesi, come sbinare il tratto di Pagano della M1 per proseguire a sud, o la più recente al vaglio del Comune di Milano con una direttrice sud-est/sud-ovest da Ponte Lambro alla zona dell’Ospedale San Paolo con eventuale chiusura “concettuale” del ramo ovest della futura Circle Line. Un tracciato di circa 12 fermate, come si vede nell’immagine, ma al momento tutto da definire. Nella finanziaria 2022 sono state destinate delle risorse proprio per lo studio di fattibilità tecnico-economico di quest’ultimo tracciato. Ma esiste un’altra ipotesi ancora più suggestiva.

Leggi anche: M6: sarà questo il PERCORSO della nuova LINEA ROSA?

# Il Governo spinge per la M6 fino a Opera

 

Credits Comune di Milano – Progetto M6

In realtà tra le ipotesi previste dal Comune di Milano, c’è un altro tracciato per la futura M6: quello lungo l’asse di Via Ripamonti per servire il quartiere Vigentino, lo IEO, Noverasco e fare capolinea nel Comune di Opera, dove verrebbe realizzato il deposito-officina. Un tracciato che sembra godere dei favori del Governo italiano. 

Credits: contropiede.eu – Linea Rosa

A confermare la volontà dell’esecutivo è stato nei mesi scorsi il Sottosegretario di Stato con delega al Cipess Alessandro Morelli: “Il governo intende investire sul piano economico finanziario di progettazione della nuova metropolitana M6 di Milano, l’auspicio dell’esecutivo è che possa terminare la Metropolitana a Opera, in concomitanza della nuova ferrovia che porta per Genova”.

Leggi anche: Morelli: “la M6 è una GRANDIOSA opportunità collegamento di MILANO con GENOVA”

# Dalla metro al mare in 56 minuti grazie all’hub dell’Alta Velocità

Stazione alta velocità

Non solo deposito, ma un hub dell’Alta Velocità. Questo è quello che potrebbe prospettarsi per Opera, il primo comune a sud di Milano arrivando dal Vigentino. Tra gli scenari in valutazione c’è infatti quello di creare una stazione per Frecciarossa e Ntv che interscambi con la futura M6 e che consenta ai milanesi di arrivare al mare della Liguria in 56 minuti. Tutto questo sarà reso possibile grazie alla conclusione dei cantieri del Terzo Valico e dal quadruplicamento della linea tra Tortona e Milano, pensati proprio per velocizzare la linea ferroviaria Milano-Genova.

Localizzazione della possibile stazione AV Opera

Leggi anche: MILANO-GENOVA in meno di un’ORA: l’ultima novità sui LAVORI

Continua la lettura con: La METRO PEDONALE URBANA: come funziona, dove si trova e perché si potrebbe rilanciare a Milano

FABIO MARCOMIN

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La stazione dei treni più alta d’Europa

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Credits: @tonyrizk89 jungfraujoch

Un treno che arriva oltre i tremila metri di altezza, una stazione ferroviaria scolpita nella montagna. È questa la stazione più alta d’Europa, chiamata “Top of Europe”, ma qual è la sua storia e dove ti porta?

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La stazione dei treni più alta d’Europa

# Un treno a 3454 metri di altezza

Credits: @julienduvalphoto
jungfraujoch

Una vista magnifica, circondata dalla neve e dai ghiacciai 365 giorni l’anno, è questo quello che si vede dalla stazione di Jungrfraujoch, la stazione più alta d’Europa. Sembra assurdo che un treno possa arrivare fino in montagna, ma la linea ferroviaria in questione raggiunge addirittura i 3454 metri di altezza.

Per costruire la stazione di Jungfraujoch non è stata utilizzata nessuna tecnica ultra-moderna, almeno non di questo secolo, sì perché le rotaie e tutto il resto hanno iniziato ad essere posizionate, a quasi 3500 metri di altezza, già poco prima del 1900. Nel 1912, poi, la stazione ferroviaria fu inaugurata con una linea che percorreva 9,3 km.

# Una vista mozzafiato e tanto divertimento

Credits: @emilaine_titonelli
jungfraujoch

La stazione di Jungfraujoch si trova in Svizzera sul passo omonimo ed è al confine tra i cantoni di Berna e Vallese. Quando fu costruita l’obiettivo era collegare il passo al capolinea Kleine Scheidegg. Il treno per la maggior parte del suo percorso (circa l’80%) viaggia all’interno di tunnel, ma lo stesso passaggio all’interno della montagna è un’esperienza unica, proprio perché non si notano pareti ben levigate, ma piuttosto l’interno della montagna quasi intoccato. Per due fermate, poi, si può ammirare la parete nord dell’Eiger sui ghiacciai.

Credits: @vanhul
Jungfraujoch

Arrivati in cima lo spettacolo tipico dell’alta montagna è unico,  tanto che Jungfrau è stato proclamato patrimonio UNESCO. Grazie alle terrazze panoramiche Sphinx” e “Plateau” si può ammirare l’intera vista, ma la stazione di arrivo è anche una delle più moderne di sempre. Qui si può fare di tutto: una pausa pranzo con molte specialità montane, un po’ di shopping nei negozi all’interno, compreso andare in posta, visitare il Ghiacciaio dell’Aletsch, considerato il più lungo d’Europa, una camminata, bird whatching e un giro nel palazzo di ghiaccio.

Continua la lettura con: La STAZIONE FANTASMA: si scende dal treno e ci ritrova in MEZZO al NULLA

BEATRICE BARAZZETTI

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Sant’Ambrogio a Milano: 9 luoghi che lo resero protagonista della storia della città

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architetture
Basilica di Sant'Ambrogio, 379 - 1099

Sant’Ambrogio ha segnato per secoli la vita dei milanesi, e lo fa tutt’ora. Figura affascinante ed emblematica di quando Milano era una delle capitali dell’Impero romano, ha contribuito all’evoluzione di questa città non solo dal lato religioso ma anche da quello civile ed urbano.

Ambrogio aveva molto in comune coi milanesi di oggi: anche lui non era un “milanese doc”, essendo nato a Treviri, in Germania, ed era giunto in città per “motivi lavorativi” che lo portarono a diventare una sorta di “governatore” cittadino per conto dell’imperatore. A dire il vero, inizialmente, non voleva nemmeno diventare vescovo di Milano, era un avvocato e non un sacerdote, ma per amore di questa città e della sua popolazione scelse la vita religiosa e donó se stesso non solo a Cristo ma alla città stessa.

Oltre a riformare la chiesa milanese introducendo l’unicità del rito ambrosiano, la sua liturgia e i suoi canti, Ambrogio fu artefice di alcune tradizioni cittadine, come ad esempio il carnevale ambrosiano, e responsabile del volto urbano in parte attuale della nostra città.

Ma cos’è rimasto oggi della Mediolanum di Ambrogio? Quali sono i luoghi che lo hanno visto protagonista della storia cittadina?

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Sant’Ambrogio a Milano: 9 luoghi che lo resero protagonista della storia della città

#1 Piazza del Duomo: la protesta di Ambrogio contro Giustina

Proprio dove oggi sorge il duomo, nel IV secolo avremmo visto l’imponente complesso episcopale del vescovo Ambrogio: un insieme di edifici religiosi, tra cui due basiliche ed un battistero, il palazzo episcopale, edifici amministrativi e residenziali, giardini e locali adibiti all’ospitalità per poveri e viandanti.

Un complesso monumentale di cui oggi restano solo poche testimonianze nell’area archeologica del Duomo, sotto il quale è possibile vedere i resti della basilica di Santa Tecla e il battistero di San Giovanni alle fonti, fatto edificare da Ambrogio, dove, nella pasqua del 387, il vescovo battezzò Sant’Agostino.

Fu in questo grande complesso che Ambroes, per contrastare i voleri dell’imperatrice Giustina di donare Santa Tecla ai seguaci della fede ariana, la occupó assieme ai suoi fedeli.

#2 Palazzo Imperiale: quando era Governatore

Il complesso episcopale era secondo per dimensioni solo al Palazzo Imperiale, talmente grande da occupare l’area di un intero quartiere: si estendeva sull’attuale corso Magenta, via Santa Maria alla porta, piazza San Sepolcro e via Torino. Il palazzo comprendeva, oltre alla residenza dell’imperatore e della sua corte, giardini, terme private e l’accesso diretto al circo per assistere alla corsa delle bighe.

Ambrogio si recò spesso in questo palazzo per conferire con la corte imperiale e probabilmente ci visse durante il suo governatorato dal 370 al 374, anno in cui venne eletto vescovo.

#3 Basilica di Sant’Ambrogio: la “sua” chiesa con la sua unica immagine

architetture
Basilica di Sant’Ambrogio, 379 – 1099

Divenuto vescovo, Ambrogio fece edificare quattro basiliche fuori dalle mura cittadine a protezione di Milano e dando inizio alla prima espansione del suo assetto urbano.

L’ attuale basilica sorgeva sul luogo di sepoltura di alcuni martiri cristiani, e venne così chiamata Basilica Martyrum per ospitarvi i corpi dei SS Gervasio e Protasio.

Nel 397, alla sua morte, Ambrogio venne qui sepolto e da allora la basilica porta il suo nome. Nel sacello di San Vittore in Ciel d’oro, all’epoca staccato dalla basilica, è possibile ammirare l’unica vera immagine del vescovo Ambrogio raffigurato in abiti civili secondo la moda romana.

#4 San Nazaro in Brolo e le colonne di Ambrogio

Basilica di San Nazaro in Brolo
Basilica di San Nazaro in Brolo

Eretta fuori dalle mura, sulla strada per Roma, San Nazaro venne fondata da Ambrogio per ospitarvi le reliquie dei SS. Apostoli e quindi venne chiamata Basilica Apostolorum.

L’ imperatore Graziano, seguendo la volontà di Ambrogio, fece edificare a lato della chiesa una lunga via porticata, di cui oggi si possono notare alcune colonne superstiti dietro l’edificio. Qualche anno più tardi, nel 386, il corpo di San Nazaro venne accolto nell’edificio per volere di Ambrogio dando il nome attuale alla basilica.

#5 San Simpliciano: la terza chiesa ambrosiana sulla strada per Como

Terza chiesa ambrosiana, la Basilica Virginum venne edificata sui resti di un cimitero pagano sulla strada che collegava Milano a Como e ai passi alpini, dedicandola a Maria e alle vergini. Sarà il successore di Ambrogio, l’anziano Simpliciano a valorizzarla ulteriormente tanto da volervici essere sepolto.

#6 Parco Indro Montanelli e resti della Basilica di San Dionigi

L’ ultima delle quatto basiliche fondate da Ambrogio fuori dalle mure cittadine è la chiesa di San Dionigi, anticamente chiamata basilica dei profeti, di cui oggi rimangono solo i resti archeologici all’interno del parco Indro Montanelli.

La chiesa sorgeva nell’attuale porta Venezia e fu un edificio molto importante nella storia di Milano, soprattutto in epoca comunale. Demolita dagli austriaci nel 1787 per far posto al giardini pubblici e all’espansione dei bastioni. Oggi di questo luogo ambrosiano resta ben poco.

#7 San Vittore al Corpo: dove Ambrogio sbarrò il passo all’imperatore

San Vittore al Corpo

Qui sorgeva il mausoleo imperiale, un complesso recintato con giardini e vari edifici tra i quali spiccava la cappella imperiale vera e propria. Secondo la tradizione qui sorgeva la celebre basilica portiana al cui ingresso, nel 390, il vescovo Ambrogio sbarrò il passo all’imperatore Teodosio, reo di aver fatto massacrare la popolazione di Tessalonica.

#8 Museo Diocesano: il catafalco di Ambrogio

Credits: crosicorsari.it – Museo Diocesano

Qui è possibile vedere alcuni degli oggetti appartenuti ad Ambrogio, tra cui il catafalco su cui venne adagiato il santo

#9 Cascina e chiesa di Sant’Ambrogio (Brugherio): la casa di campagna donata alla sorella

Poco fuori Milano, dove oggi sorge questa cascina, si estendeva la domus di Ambrogio, ossia la sua casa di campagna. Divenuto vescovo donó la tenuta alla sorella Marcellina e ad un gruppo di vergini che qui si ritirarono in preghiera.

Lo stesso Ambrogio venne più volte in questo luogo a pregare e meditare, tanto da decidere di fare dono alla sorella di una parte delle reliquie dei re Magi, le uniche ancora presenti in territorio milanese dopo la trafugazione operata in Sant’Eustorgio dal Barbarossa nel 1162.

Continua la Lettura con: I 3 rischi a pagare contactless sui mezzi pubblici di Milano

MATTIA GALBIATI

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La Casa dei Grifi, la corte rinascimentale «segreta» di Milano

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Ph. @cri_0270 IG

Tra le corti più antiche e meglio conservate della città c’è quella della Casa dei Grifi. Un’opera d’arte a cielo aperto, ma dov’è? Solo in pochi lo sanno. 

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La Casa dei Grifi, la corte rinascimentale «segreta» di Milano

# Il cortile nascosto in una traversa di via Torino

Credits: @caroline_of_milan
Casa dei Grifi

Imboccando una traversa di via Torino, ci si imbatte in un portone che, a primo impatto, sembra un ingresso di un palazzo come gli altri. In realtà nasconde il cortile rinascimentale forse più bello di Milano. Stiamo parlando di via Valpetrosa, quella via che ricalca quel che era il Vallum Pretorium in epoca romana, cioè la strada che correva accanto all’edificio pretorile. E proprio al numero civico 5 c’è la casa con uno dei cortili più antichi della città, la Casa dei Grifi.

# Dimora del Rinascimento perfettamente conservata

Credits: @riccardo_salafrica
Casa dei Grifi

La famiglia Grifi, anche detta Griffi o Grifo, fu una famiglia milanese legata alla potentissima casata Sforza. Erano mercanti e intellettuali che nel XV e XVI secolo erano conosciuti da gran parte dei milanesi. È proprio la loro dimora, ancora perfettamente conservata, a nascondere uno dei cortili rinascimentali più belli della città. Il portico bramantesco, gli archi in cotto, le colonne in granito con i loro capitelli compositi e le decorazioni con lo stemma della casata (un grifo rampante) rendono il cortile un vero e proprio tesoro.

# Un mix di architettura del Quattrocento e dell’Ottocento

Credits: @riccardo_salafrica
Casa dei Grifi

La costruzione di Casa dei Grifi iniziò a fine Quattrocento per poi terminare nel secolo dopo. Seppure mantenga il suo splendore rinascimentale, l’edificio è infatti di una grande qualità architettonica, nei secoli la dimora è stata inglobata da strutture successive. Nell’Ottocento la casa fu leggermente modificata, il fronte dell’edificio risale infatti a quest’epoca, e se si è nel cortile si noterà che al piano superiore del porticato ci sono due balconcini con ringhiera in ferro battuto, tipici del Settecento milanese. Nell’Ottocento inoltre Casa Grifi fu sede dell’Albergo Gran Parigi, capolinea della diligenza per Pavia.

Credits: @milanoperme
Casa dei Grif

Osservando la dimora si percepisce ancora quella storicità che la caratterizza, in un mix di architettura del Quattrocento e dell’Ottocento. Oggi Casa Grifi è un edificio residenziale di proprietà privata: entrare quindi in uno dei cortili più antichi della città non è particolarmente semplice, ma, se si ha la fortuna di trovare il portone aperto, si può provare a sbirciare al suo interno.

 

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BEATRICE BARAZZETTI

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La metropoli che sprofonda: 2 metri negli ultimi 4 anni

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Credits: meteoweb.eu Città del Messico

Avremo una nuova Atlantide? Si spera di no, ma osservando quanto sta succedendo negli ultimi anni il fenomeno inizia a preoccupare. Una città popolata da quasi 9 milioni di persone e che copre un’area metropolitana di oltre 20 milioni di abitanti sta affondando.

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La metropoli che sprofonda: 2 metri negli ultimi 4 anni

Si tratta di una delle città più popolose d’America, Città del Messico, che negli ultimi 4 anni ha visto il terreno su cui è costruita cedere e abbassarsi di circa 2 metri.

# Il suolo si abbassa di 50 centimetri all’anno

Credits: meteoweb.eu
Città del Messico

Il fenomeno che sta portando Città del Messico ad affondare si chiama subsidenza: un processo geologico che causa un progressivo e graduale cedimento del terreno. Solitamente i motivi principali di questo abbassamento sono eventi naturali come i terremoti o attività umane come l’estrazione idrica e mineraria; tuttavia, ciò che stupisce è che il terreno su cui è costruita Città del Messico sta sprofondando alla velocità della luce. Circa 50 centimetri all’anno e non ci sono segni di miglioramento.

Ma perché proprio Città del Messico sta affondando? La metropoli è stata costruita su quello che un tempo era il lago salato Texcoco, su un terreno argilloso. Questo ha fatto sì che pian piano il terreno si aggregasse e compattasse, danneggiando case, palazzi e infrastrutture e alla fine portandole ad affondare.

# Una notizia preoccupante: il cedimento del suolo colpirà il 19% della popolazione mondiale

Credits: urbesmagazine.it
Le città affondano

Recentemente, un gruppo di ricercatori ha studiato il fenomeno della subsidenza su scala mondiale e si è scoperto che, entro il 2040, circa 1,2 miliardi di persone, che rappresentano il 21% del PIL globale, assisteranno al cedimento del terreno nelle loro città. Si stima che l’Asia sarà il continente più a rischio, perché potrebbe vedere una grande fetta di suolo abbassarsi, andando a colpire l’86% della popolazione. Inoltre, anche qui il problema sarà la velocità con cui cederà il terreno: fino a 28 centimetri l’anno.

# Anche l’Italia è a rischio?

Per quanto riguarda in Italia, invece, non sembrerebbe si possa assistere a cedimenti così drastici, o almeno non immediati, dato che il livello di subsidenza non è mai alto ad eccezione di zone piccole e marginali. 

Continua la lettura con: L’ “Atlantide del lago”: il BORGO SOMMERSO riemergerà dall’acqua dopo quasi trent’anni

BEATRICE BARAZZETTI

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Le trombe più famose di Milano: questo è il loro significato

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Trombe di Alberto Garutti
Credits: albertogarutti.it

Piazza Gae Aulenti è stata progettata dall’architetto argentino Cesar Pelli come nuova porta d’accesso a Milano. Inaugurata l’8 dicembre 2012, ha ricevuto il Landscape Institute Award 2016 per la categoria design for a medium-scale development. La piazza è composta di molti elementi che la rendono unica. Andiamo a scoprirne uno dei più iconici. Di cui non tutti sanno il significato.

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Le trombe più famose di Milano: questo è il loro significato

# Là dove c’erano le Varesine

luna park delle varesine
luna park delle varesine

L’area oggi occupata dal centro direzionale di Porta Nuova deve il suo sviluppo passato alla storia ferroviaria di Milano. Nell’area tra Piazza Repubblica e l’attuale Stazione di Porta Garibaldi, tra l’800 ed il ‘900 si sono susseguite diverse stazioni ferroviarie, sostituite di volta in volta a seguito del continuo aumento di traffico che coinvolgeva Milano.

Dal 1963 l’area oggi occupata dal centro direzionale di Porta Nuova era utilizzata da circhi itineranti e dalle giostre del Luna Park Varesine che accompagnarono la vita di molte famiglie milanesi fino al 1998.
L’area rimase in stato di abbandono e degrado per diverso tempo, fino a quando nel 2004 l’Amministrazione Comunale approvò un piano di riqualificazione chiamato Progetto Porta Nuova.

Leggi anche: La metamorfosi delle “VARESINE”: dalla stazione ai grattacieli, passando per il luna park

# La nuova Porta Nuova: Piazza Gae Aulenti e la BAM

grattacieli di porta nuova - hines
grattacieli di porta nuova – hines

L’intero complesso è l’espressione di una nuova visione della città di Milano incentrata su concetti di sostenibilità urbana, infrastrutturale e ambientale con ampi spazi pedonali da vivere. In particolare Piazza Gae Aulenti incarna questo spirito ospitando numerosi elementi fortemente caratteristici ed unici.
All’interno della piazza si possono infatti trovare fontane, giochi d’acqua, panchine, bar, libreria, collegate al parco denominato “Biblioteca degli Alberi” permettendo diverse attività tra shopping e relax, da passeggiate a percorsi in bicicletta, dal caffè all’aperitivo. Ma forse più di tutti a colpire i visitatori sono le celebri trombe. 

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# Le trombe di Piazza Gae Aulenti

Trombe di Alberto Garutti
Credits: albertogarutti.it

Sia per i turisti che visitano la piazza per la prima volta, sia per i milanesi che la vivono quotidianamente, diventa impossibile resistere al richiamo di una delle strutture più curiose della piazza: le trombe.

Si tratta di un’installazione formata da 23 tubi in ottone cromato inseriti all’interno di un pozzo vuoto che consente all’aria di circolare tra il parcheggio e lo spazio aperto della piazza. Le estremità dei tubi hanno la forma della proboscide di un elefante e, appoggiando l’orecchio su queste aperture, è possibile ascoltare i suoni e le parole provenienti dall’altro capo dello stesso senza tuttavia conoscere chi o cosa vi sia in quel momento.

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# Un’opera d’arte che prende vita dai visitatori: simbolo di una città da vivere e sentire

Trombe Gae Aulenti
Credits: albertogarutti.it

I tubi costituiscono una vera e propria opera d’arte, denominata “Egg” e realizzata da Alberto Garutti, artista e docente universitario che basa il proprio lavoro sul concetto che un’opera può vivere e funzionare nella città solo se è “sentita”, vissuta e colta dai suoi abitanti.

Sono proprio i visitatori che con le proprie orecchie e voci mischiate ai rumori della città vanno a dare vita a quello che diventa uno strumento musicale sempre differente, mantenendo nel tempo inalterata la curiosità di appoggiarvi l’orecchio in attesa di comprendere l’origine del suono.

Parallelamente quest’opera ha il merito di dare vita ad un luogo che sarebbe stato vuoto, fornendo una funzione decorativa e interattiva ben riassunta dalla frase presente ai piedi dell’installazione: “quest’ opera è dedicata a chi, passando di qui, penserà alle voci e ai suoni della città”.

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ALESSANDRO VIDALI

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Osvaldo Cavandoli, il disegnatore della “Linea” più famosa del mondo

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Cavandoli

Quando a Milano si sente parlare della “Linea”, si pensa subito alla metropolitana, caratterizzata dai suoi cinque colori e dalle sue centoventuno stazioni. Negli anni settanta e nei primi ottanta, se parlavi de “La Linea”, in tanti sorridevano, perchè vagheggiavano il simpatico personaggio del cartone animato creato da Osvaldo Cavandoli.

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Osvaldo Cavandoli, il disegnatore della “Linea” più famosa del mondo

# Fu disegnatore per l’Alfa Romeo, ma il successo arrivo con il Carosello

Di ignoto – Radiocorriere, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=5642026 – Carosello

La Linea è milanese, qualcuno giura che sia nata nel 1969, nello studio dello stesso Cavandoli, animatore, regista e fumettista nato nel 1920 a Toscolano Maderno, un comune che si appoggia sulla sponda bresciana del lago di Garda. L’artista morirà nel 2007. Ancora bambino, si trasferisce a Milano con i genitori e ancora adolescente viene assunto all’Alfa Romeo come disegnatore. Finita l’esperienza con la fabbrica di automobili, passa ad un’azienda di Costruzioni Elettro Meccaniche di Saronno. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Cavandoli entra nella squadra di Giovanni Pagotto (in arte Nino Pagot), autentico pioniere dell’animazione italiana, che ha lo studio in Corso di Porta Romana. Con un carico di creatività ed esprienza, ecco che il disegnatore bresciano si dedica alla pubblicità, quella di Carosello, quando ancora i consigli per gli acquisti si chiamavano “rèclame”

# L’invenzione della “Linea”, il cartone animato stilizzato 

Di ThePassenger – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6488960 – Osvaldo Cavandoli

“Allora Carosello proponeva storie animate che anticipavano l’esplicito messaggio pubblicitario -dichiarò Cavandoli in un’intervista rilasciata circa vent’anni fa- i cartoni animati erano caratterizzati da storie con tanti personaggi, spesso caotici e chiassosi, io pensai di offrire al potenziale cliente della pubblicità una storia con una grafica semplice, essenziale”.

Osvaldo Cavandoli pensa prima ad un signore disegnato con una linea povera, che indossa un cappello stilizzato, esprimendosi con la mimica, senza le parole.

“Decisi poi di ridurre sempre di più i tratti, le ridondanze grafiche…così, riducendo e riducendo, ecco che è nata la Linea”.

# Il segno pubblicitario della Lagostina

Cavandoli

Il mercato pubblicitario rimase perplesso di fronte a quel personaggio, chi invece si innamorò della Linea fu l’Ingengner Lagostina, titolare dell’omonima società di pentole e posate che, nel 1970, chiede di farsi pubblicità in Rai con la Linea.

“Per l’animazione mi venne in mente Emile Cohl (animatore francese che visse a cavallo tra l’ ‘800 e il ‘900  ndr) – confidò Cavandoli- lui realizzava dei disegni animati, mettendo in bella mostra la mano dell’uomo che, a matita, dava vita ai personaggi”.

Poi c’era da capire se questo cartone andava fatto parlare oppure no. Il nostro artista decide di proporlo con un linguaggio goffo e incomprensibile, un vero e proprio gramelot, con cui spesso chiede e litiga con la mano che lo disegna.

E così, dopo essere nata, la Linea si forma e si trasforma ma, in quanto a carattere, rimane sempre la stessa: pasticciona, acida, borbottona, che si complica la vita e, un po’ come Willy il Coyote, perde sempre.  

Per il doppiaggio viene chiamato un altro milanese, Carletto Bonomi, che seppe far diventare la voce di questo essenziale quanto scalognato personaggio, qualcosa di indelebile nella memoria di un pubblico che vide nella Linea la dimostrazione di come dalle cose più semplici può nascere un grande successo.

# La chiusura del Carosello e gli sketch animati della Linea distribuiti nel mondo

Nel 1977 Carosello chiude i battenti per lasciare spazio alle pubblicità più moderne: Cavandoli acquisisce tutti gli sketch animati della Linea, li ripulisce dai trenta secondi di pubblicità esplicita e crea diversi film animati, che distribuisce in ben trenta paesi del mondo.

La Linea, nell’immaginario collettivo, rappresenta la plastica descrizione di quella filosofia secondo la quale dalle cose semplici ed essenziali molte volte nasce il divertimento e il successo.

FABIO BUFFA 

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A Milano il palazzo di legno più alto d’Italia: 4 idee per rinnovare la città con questo materiale naturale

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A Milano sta sorgendo il palazzo di legno più alto d’Italia, il legno tornerà protagonista delle città del futuro? A Milano, forse, lo abbia sottovalutato. Ecco alcune idee per innovare la città attraverso il legno.

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A Milano il palazzo di legno più alto d’Italia: 4 idee per rinnovare la città con questo materiale naturale

Milano si conferma capitale dell’innovazione architettonica, questa volta con un progetto destinato a fare storia: Horizon, il palazzo di legno più alto d’Italia, sorgerà nell’area Mind (ex Expo), uno dei poli più dinamici e proiettati verso il futuro della città. Con i suoi 23.000 metri quadri dedicati a uffici, Horizon unirà estetica, funzionalità e sostenibilità, consolidando il ruolo di Milano come modello per le città europee del domani.

La particolarità di Horizon è la sua struttura ibrida, che combina legno e cemento. Non si tratta solo di un esperimento architettonico, ma di un approccio innovativo che punta a ridurre l’impatto ambientale delle costruzioni tradizionali, grazie all’uso di materiali rinnovabili e tecniche avanzate. Il legno, protagonista di questo progetto, ci invita però a una riflessione più ampia: come potrebbe essere integrato in modo diffuso e creativo nell’ecosistema urbano milanese?

Ecco quattro idee per immaginare una città dove il legno diventi un elemento essenziale, non solo negli edifici ma anche nelle strade, nei trasporti e nei simboli iconici.

#1 Pavimentazione urbana di legno: per godersi il paesaggio cittadino

Milano è una città in cui la pavimentazione urbana gioca un ruolo fondamentale nel definire l’identità delle sue zone. Dal ciottolato storico di Brera ai lastroni grigi di piazza Gae Aulenti, la scelta del materiale influisce sull’esperienza dei cittadini. E se alcune aree venissero ripensate con il legno?

Immaginate le vie pedonali di quartieri storici come Brera o i Navigli pavimentate in legno trattato, resistente alle intemperie e all’usura. Questo tipo di superficie, oltre a essere calda e accogliente, potrebbe rendere l’ambiente più piacevole sia dal punto di vista estetico che funzionale.

La pavimentazione in legno riflette una luce calda, trasformando l’atmosfera della città, soprattutto di sera. Non solo: il legno trattato per resistere alla pioggia e ai cambiamenti climatici potrebbe ridurre l’effetto isola di calore in estate, offrendo una soluzione ecologica e innovativa per mitigare le temperature urbane. Passeggiare in una Milano meno grigia e più “naturale” potrebbe diventare una nuova esperienza sensoriale per cittadini e turisti.

#2 Taxi di lusso: il legno come simbolo di eleganza

Il legno potrebbe ridefinire l’esperienza del trasporto privato a Milano, trasformando il viaggio in un’occasione per immergersi in un’atmosfera di lusso e artigianalità. Immaginate una flotta di taxi di lusso, progettata per attrarre un pubblico turistico e per i residenti che desiderano un’esperienza esclusiva. Gli interni in legno lucido, ispirati alle automobili d’epoca ma arricchiti delle tecnologie moderne, offrirebbero un comfort sofisticato, che combina la bellezza del passato con l’innovazione contemporanea.

Questi veicoli potrebbero diventare un simbolo distintivo di Milano, al pari delle classiche gondole veneziane. Con il loro design elegante e la sensazione di calore offerta dal legno, i taxi di lusso arricchirebbero l’immagine della città, conferendo un tocco di esclusività che attira turisti e locali. Questa proposta non solo risponderebbe alla crescente domanda di esperienze di viaggio più personalizzate, ma potrebbe anche posizionare Milano come una capitale del design e della sostenibilità, in cui anche il trasporto è fonte di ispirazione estetica e culturale.

#3 La metro: un tuffo nella tradizione milanese

Anche il trasporto pubblico milanese potrebbe trarre vantaggio dall’uso del legno per diventare un’esperienza più accogliente e memorabile. Una linea di metro speciale, ispirata ai tram storici della città, potrebbe avere vagoni arredati con pavimenti in parquet e sedili in legno curvato, offrendo un tocco di eleganza e comfort a chi viaggia.

La presenza di piccoli salottini e spazi dedicati al relax potrebbe trasformare il viaggio quotidiano in un’esperienza piacevole e rilassante, oltre a migliorare il benessere dei passeggeri. Le stazioni di questa linea innovativa potrebbero essere arredate con pannelli e decorazioni in legno, creando un ambiente caldo e accogliente in contrasto con il metallo e il cemento delle strutture tradizionali.

#4 Un vero Bosco Verticale: alberi anche sugli altri edifici

Il Bosco Verticale è un’icona mondiale, ma il suo concetto potrebbe essere portato a un livello successivo. Oggi i suoi alberi e rampicanti sono distribuiti sui balconi degli edifici, creando un effetto di verde verticale. Ma cosa succederebbe se trasformassimo il Bosco Verticale in un vero bosco urbano sospeso?

Si potrebbero immaginare piazze aeree tra gli edifici, con alberi di medie dimensioni e spazi dove i residenti e i visitatori possono passeggiare o rilassarsi. Queste piazze, collegate tramite passerelle, offrirebbero un’esperienza unica al mondo: la possibilità di immergersi nella natura a decine di metri di altezza.

Gli alberi potrebbero essere coltivati con tecniche che ne limitano le radici, come accade per i bonsai, o installati in contenitori appositi con sistemi di irrigazione e drenaggio avanzati. Le radici, se lunghe, potrebbero scendere lungo i palazzi, nascoste tra i rampicanti. Questa soluzione non solo arricchirebbe l’estetica del Bosco Verticale, ma creerebbe veri spazi pubblici sospesi, offrendo una nuova prospettiva di socialità e relax.

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MATTEO RESPINTI

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