Nel mondo è arrivata una nuova città stato: Città del Messico

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E’ l’ultima arrivata tra le città stato, la capitale del Messico, che sta completando un cammino di riforma istituzionale avviato con un referendum popolare negli anni novanta.
Il nome ufficiale del Messico è Stati Uniti Messicani (Estados Unidos Mexicanos), uniti tra loro con un patto federale. Il Messico è una repubblica divisa in 32 entità federali: 31 stati e Città del Messico.
Ognuno degli stati è libero e sovrano, ha potere esecutivo, legislativo e giudiziario, ha una sua costituzione e un suo congresso, con un governatore eletto democraticamente.
Unica entità federale che si differenzia dalle altre è Città del Messico, la cui forma di autonomia è stata da poco modificata.

I limiti di Città del Messico quando era distretto federale

Dal 1824 fino al 31 gennaio 2016 Città del Messico era un “distretto federale”. Questo significava uno status di autonomia fortemente limitato rispetto agli altri stati del Paese, con il presidente della repubblica che esercitava l’amministrazione del distretto attraverso un dipartimento centrale e la nomina diretta di un reggente e del procuratore della giustizia.
La motivazione di avere uno statuto diverso era che non si trattava di un territorio come gli altri perché era al tempo stesso città e sede del governo nazionale, per questo Città del Messico veniva definita territorio che “non appartiene a nessuno stato ma a tutti nella stessa maniera”.

L’istanza per diventare più autonoma: il referendum del 1992

Come accadde a Londra, anche il processo di riforma dell’autonomia per la capitale messicana è partito da un referendum. Era il 1992 e la maggioranza dei cittadini ha votato per poter eleggere i propri rappresentanti. Si è così arrivati all’istituzione di un’assemblea legislativa (ALDF) e alla possibilità per i cittadini di eleggere direttamente il capo del governo cittadino, nel 1997, e dal 2000 anche i delegati dell’assemblea.
Ma questo è stato solo l’inizio, anche perché in realtà l’autonomia dei governanti del distretto federale restava limitata, specie per il potere di veto della presidenza della Repubblica sulle decisioni prese dal governo locale.

La riforma costituzione del 2016: Città del Messico diventa una città stato

Con il nuovo millennio il dibattito sull’autonomia della capitale si è rinforzato finché si è arrivati alla riforma costituzionale promulgata il 29 gennaio 2016, che ha assegnato a Città del Messico una forma di amministrazione simile a quella degli altri stati messicani.
Città del Messico è passata così da Distretto Federale a Città Stato, con caratteristiche simili a quelle di Berlino o di Vienna, a cui si è formalmente ispirata.

Una riforma in working progress

Con la riforma Città del Messico si è dotata di una Costituzione elaborata da un’assemblea costituente eletta per il 60% dai cittadini. Le 16 delegazioni politiche, equivalenti a comuni, in cui è suddiviso il territorio, a partire dal 2020 prenderanno il nome di “demarcazioni territoriali”. L’assemblea legislativa è diventata “congresso locale”, mentre si è trasferito al capo di governo della città la nomina del procuratore della giustizia e del capo della polizia, che erano prima di competenza del presidente della repubblica.
Rispetto agli altri stati federali Città del Messico lascia al governo federale il finanziamento dell’istruzione e i servizi alla salute.

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Quali effetti per la città

Nei prossimi anni si capiranno gli effetti che questo processo di autonomia avrà sulla città e sul resto del Paese. Al momento si può solo prendere atto delle stime che sono state fatte da PricewaterhouseCoopers: il PIL attuale della capitale messicana, di oltre 550.000 dollari (2016), secondo le previsioni dovrebbe più che raddoppiare entro il 2020, portando così Città del Messico al settimo posto tra le città più ricche del pianeta, dopo Tokyo, New York, Chicago, Los Angeles, Londra e Parigi. L’autonomia darà più prosperità, di questo sono convinti alla PWC sulla base di quanto accaduto già in altre città stato del mondo.

ANDREA ZOPPOLATO

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.