A Manerba del Garda, un piccolo comune italiano in provincia di Brescia, si può ammirare Punta Sasso, un belvedere che cade a picco nel lago ricordando gli spettacolari fiordi norvegesi. La parete rocciosa ha sicuramente dimensioni più ridotte rispetto a quelle nordiche, ma la sua bellezza la rende una delle perle più preziose del Garda.
PUNTA SASSO: il piccolo fiordo d’Italia a un’ora e mezza da Milano
# La Riserva protegge il gioiello naturale dal potenziale pericolo umano
Punta Sasso si trova nella Riversa della Rocca e del Sasso di Manerba, un museo a cielo aperto che custodisce natura e storia di un territorio unico. L’intento della Riserva è quello di preservare l’ecosistema e proteggerlo dall’intervento dell’uomo, sono per questo state introdotte diverse limitazioni alle attività di edilizia, caccia e a tutte quelle azioni che possono minacciare la flora e la fauna del luogo.
Il patrimonio botanico e faunistico è vastissimo, lo spazio infatti, seppur relativamente circoscritto, racchiude una varietà di specie vegetali davvero speciale.
La Riserva contiene anche il Parco Lacuale, un’area di salvaguardia unica in Italia che estende la protezione tipica delle aree costiere all’ambiente acquatico del lago. L’obiettivo è quindi quello di preservare non solo la biodiversità terrestre, ma anche acquatica.
# La splendida oasi naturalistica di Punta Sasso e Rocca di Manerba
Un bosco folto e rigoglioso, tappeti di fiori profumati circondati da un lato da uno specchio d’acqua, mentre dall’altro da uno strapiombo quasi da brivido. Potrebbe essere la descrizione di un dipinto o di un paesaggio fiabesco, invece è quella della natura che si può ammirare nei pressi di Punta Sasso e Rocca di Manerba. Questo luogo è sicuramente uno dei gioielli che il Lago di Garda custodisce, una splendida oasi naturalistica che offre una vista privilegiata sull’intero Lago.
Il belvedere di Punta Sasso è il luogo ideale per ammirare il panorama a 360 gradi, specialmente in una giornata limpida, mentre proseguendo lungo un ripido sentiero di può raggiungere la cima della Rocca a 216 metri di altezza.
# La lunga storia di Manerba: dalla Preistoria ad oggi
La leggenda narra che Manerba fu costruita in onore della dea Minerva, che si nascose proprio nella Valtenesi e qui piantò numerosi ulivi, pianta di cui era protettrice. Altre versioni, probabilmente più plausibili, fanno risalire il nome ai Galli. Il termine deriverebbe da “mon” che significa uomo d’armied “erb” che indica la zona militare, significherebbe quindi un luogo fortificato residenza del comandante.
Gli scavi archeologici testimoniano la presenza dell’uomo sul Lago di Garda già nella Preistoria, sotto la Rocca infatti sono stati ritrovati resti di un villaggio del Mesolitico. I ricercatori affermano che molte popolazioni si succedettero nei secoli, accomunate tutte dalla consapevolezza che il luogo era altamente strategico: importante collegamento commerciale sia acquatico che terrestre, ma anche luogo dalla posizione particolarmente favorevole in tempi di guerra.
Appare quindi ancora più importante il lavoro di cura e conservazione fatto dalla Riserva che unisce uomo e natura nel rispetto del paesaggio ma anche della storia secolare.
“Il mare più bello l’ho visto a…”. La risposta di chi vive a Milano.
Il MARE più AMATO dai MILANESI
# Portovenere e la Baia de Le Grazie (Liguria)
Silvia Belca ci porta alla Baia de Le Grazie, Portovenere. La “sesta terra” del Levante è da sempre una delle mete preferite dai milanesi.
# Pellestrina, Venezia (Veneto)
Pellestrina, un angolo nascosto della laguna veneta dove scoprire un mare trasparente e una spiaggia selvaggia, circondata dalle dune che la separano da un fitto bosco. La foto è di Cristiano Dimitri.
# Castellabate (Campania)
Andiamo in provincia di Salerno, Campania. Gabriella Perrone ci mostra la spiaggia di Castellabate, con acque limpide e cristalline più volte premiate con il titolo della Bandiera Blu.
# Polignano a Mare (Puglia)
La Puglia non può mancare quando si parla di mare più bello. Troviamo Polignano a Mare, una delle perle del Mar Mediterraneo. Famosa per le sue alte scogliere, la suggestiva insenatura, il mare tropicale e le case bianche a fare da cornice. La foto è di Samantha Mele.
# Otranto (Puglia)
Restando sempre nella regione del tacco d’Italia ci spostiamo più a sud, nel mare di Otranto. Acqua cristallina, scogli e natura selvaggia nella foto di Anna Maria Saibeni.
# Tuerredda (Sardegna)
Per molti il mare più bello d’Italia è quello della Sardegna. Anna Kolbuc ci porta a Tuerredda, nel sud dell’isola in provincia di Cagliari. Un spiaggia caraibica, dove la sabbia chiara finissima incontra le acque turchesi trasparenti.
# Spiaggia di Sampieri (Sicilia)
La vecchia sfida del mare: meglio quello della Sardegna o quello della Sicilia? La Spiaggia di Sampieri in Sicilia, fotografata da Chiara Polino, è a fruizione libera e sovrastata da dune di sabbia con vegetazione tipica della macchia mediterranea ed è lunga circa 2 km.
# Formentera (Spagna)
Viaggiamo all’estero in una delle classiche mete estive del milanese da qualche decennio: Formentera in Spagna. La foto è di Giada Miro.
# Fitzroy Island (Australia)
Con un volo transoceanico atterriamo in Australia, a Fitzory Island. La tipica spiaggia tropicale con palme a pochi passi dell’oceano fotografata da Barbara del Gaudio.
# Maldive
Tra i mari più amati dei milanesi c’è quello delle Maldive, acque calde e trasparenti dell’Oceano Indiano e spiagge di finissima sabbia bianca. La foto è di Antonio Listo.
Un edificio “fluido” che interpreta perfettamente lo spirito di Milano: è stato sede della prima discoteca della città e ha attraversato tutte le ere. Vediamo dove è situato e come è diventato oggi.
La nuova vita del palazzo del NUMBER ONE, la prima discoteca d’Italia
# Un elegante e sobrio bilocale di Brera dal passato vivace
Domus Web ha scovato un bilocale in Brera, recentemente ristrutturato e messo sul mercato, portando alla luce una memoria del passato di Milano. Il bilocale si trova in un palazzo di Brera, al primo piano di Via dell’Annunciata 31. Si tratta di 38 m² totali divisi in zona giorno e notte e che sono stati testimoni di una bella fetta di storia recente di Milano.
L’edificio è un moderno palazzo degli anni ’60, progettato da Luigi Canella, ha una natura scultorea fin dalla facciata esterna, la cui trama di mattoni rossi è alternata da vetrate, con le strutture portanti a vista che definiscono una griglia. All’interno del cortile compare una scultura metallica a forma di guglia e la plasticità accompagna fino all’interno dell’appartamento, cui si accede tramite una scala che sale a spirale. Sobrietà e signorilità sono la fisionomia con cui questo palazzo si integra con il quartiere. Eppure, in passato, invece della sobrietà ospitava tutt’altro.
In questo palazzo non ci si capita per caso: ci si deve venire apposta e magari con un appuntamento ben preciso. Gigi Rizzi e Beppe Piroddi, invece, ci capitarono perché alla ricerca di un locale: vogliono aprire a Milano una discoteca, la prima d’Italia. Di ritorno dai successi raccolti in Costa Azzurra, dove possiedono le quote di un locale, vogliono trasferire proprio a Milano l’esperienza che sta riscuotendo così grande successo nelle notti di Francia. Nasce così il Number One, nel seminterrato del palazzo.
La discoteca non ha le dimensioni che pensiamo noi oggi: ha la pista da ballo illuminata da sotto, il bar, una piccola zona per la console DJ e i divanetti di velluto tigrato, il tutto in un ambiente piuttosto piccolo. Rizzi che è anche un famoso playboy, prende l’attico all’ultimo piano, per vivere la sua appassionante storia d’amore con Brigitte Bardot. Ecco che il palazzo di Via dell’Annunciata fa da sfondo al gossip e ai paparazzi, per ritrovare la pace dopo il 1971, anno in cui un attentato dinamitardo, mette fine al Number One.
Portofino è nel cuore di ogni milanese. Un classico è svegliarsi la mattina presto, fare colazione a Santa, un bagno a Paraggi e approdare a Portofino. Dopo uno sguardo alle barche del giorno, passeggiare fino al faro o sopra il promontorio. Vediamo cosa offre la perla della riviera a chi la vuole scoprire in giornata.
PORTOFINO: la regina della riviera a due ore da Milano
La località del giorno è la regina della riviera. Portofino sta alla Liguria come St. Tropez sta alla Costa Azzurra. Luogo che piace alla gente che piace. Ma anche a quelli che piacciono a pochi o a nessuno. In particolare piace ai milanesi che la considerano luogo d’obbligo per una gita. Di solito abbinata ad altri luoghi delle vicinanze. Vediamo cosa non si deve perdere in una giornata a Portofino e dintorni.
#1 Colazione a Santa
Per i milanesi è parte di Milano. Un po’ come Courma. Nei mesi estivi o nei week end di sole, i milanesi sembrano la maggioranza, soprattutto nei pressi della Piazzetta. Un grande classico è la “colazione a Santa”: sveglia all’alba e colazione con vista mare. Santa Margherita si trova nella parte nord-occidentale del promontorio di Portofino con vista sull’intero golfo del Tigullio. Straordinaria l’offerta culinaria, soprattutto per quanto riguarda i dolci, con le tipiche crostate di frutta, un affogato e il gelato Pinguino.
#2 Un bagno a Paraggi
Da Santa Margherita si prende la strada costiera all’altezza del Covo di Nord Est, mitico locale delle estati ruggenti. Si procede tra rocce a picco sul mare e ville spettacolari come quella appartenuta ad Anna Bonomi e passata poi alla famiglia Berlusconi. Si arriva così alla “spiaggia di Portofino”. In realtà siamo a Paraggi, una sua frazione. Un fazzoletto di spiaggia che può essere conquistato solo da pochi fortunati, nell’area libera, o da persone con il portafoglio gonfio, nelle parti private. Una spiaggia incastonata tra le montagne che proiettano sull’acqua il verde smeraldo. La sera un altro classico sempreverde è fare quattro salti al Carillon.
#3 Ed eccoci a Portofino…
Da Paraggi è un attimo, solo bisogna stare attenti a non perdere lo specchietto incrociando altri veicoli o bus che procedono in senso contrario. A meno di non voler andare a piedi: un percorso che sale e scende tra i bricchi e conduce a Portofino in circa venti minuti da Paraggi. Quando si arriva la prima vista mozza il fiato: si gira una curva e a sorpresa appare Portofino in tutta la sua magnificenza. Se si arriva in auto, la si lascia nel grande parcheggio coperto che costa come una cena da Cracco. Ma non c’è altra scelta. D’obbligo percorrere via Roma, la stradina principale che dalla piazza del parcheggio conduce alla piazzetta del porto. Lungo le due rive del porto si trovano tutti i classici locali, per un pasto o un aperitivo. Ma prima conviene sgranchirsi le gambe costeggiando le barche, sulla riva destra del porto. Ogni giorno approdano a Portofino yacht spettacolari ed è un classico ammirarli attraccati sfidandosi a quello preferito. Ma per godere Portofino bisogna fare qualche passo in più.
#4 La vista dal castello Brown
La cosa più bella di Portofino è la natura. E i panorami. Come quello che si gode sull’intera Portofino e sul golfo del Tigullio dal Castello Brown, in precedenza denominato Castello di San Giorgio. Dopo essere stato in possesso di illustri proprietari internazionali, dal 1961 è di proprietà del Comune di Portofino che utilizza il castello come sede di esposizioni culturali e lo mette a disposizione del pubblico per una visita. Si raggiunge in pochi minuti a piedi da Portofino sulla strada verso il faro. Prima di andare al Castello d’obbligo una sosta sul piazzale della Chiesa di San Giorgio che sovrasta Portofino e che offre un’altra vista incantevole.
#5 La strada per il faro
Non si può andare a Portofino senza proseguire a piedi fino alla punta del promontorio. Il sentierino procede tra i giardini di ville da mille e una notte e scorci a picco sul mare. Salvo la prima parte fatta di scalini lo si percorre agevolmente, in falso piano, fino alla punta dove c’è il faro e un localino all’aperto da cui si possono godere gli aperitivi sul mare al tramonto.
#6 San Fruttuoso e il Cristo degli Abissi
Dall’altro lato del promontorio si trova un gioiellino della costa italiana. San Fruttuoso, raggiungibile solo via mare o a piedi da Portofino o da Camogli. Da Portofino dista un’oretta di cammino. Ma ne va le la pena: ci si ritrova in un luogo appartato, di grande spiritualità e silenzio, specie fuori dai mesi estivi. Il mare è limpidissimo e presenta una bellissima attrazione: poche bracciate e basta una maschera per godersi lo spettacolo del Cristo degli Abissi appoggiata sul fondale.
#7 Camogli
Se si è arrivati in treno a Santa Margherita, l’ideale è completare l’anello del percorso a piedi proseguendo sul monte di Portofino, procedendo da San Fruttuoso verso Camogli, dove si trova la stazione per rientrare. Ci sono due alternative per il trekking, una più agevole, l’altra più impegnativa. Entrambe immerse nella natura del parco e che offrono degli scorci spettacolari. Prima di Camogli si può deviare per Punta Chiappa o, in direzione monte, per Ruta. Proseguendo invece si arriva al paese posto dal lato di Ponente del Monte di Portofino.
Camogli significa “Casa delle mogli” ed era un paese di marinai che così definivano il luogo in cui rientrare. Dove le mogli facevano a gara per fare venire voglia ai mariti di rientrare, con la loro arma più allettante: il cibo. Da allora Camogli è rimasto un luogo dove si può assaporare una ottima cucina, dalle torte di verdura alla leggendaria focaccia al formaggio nata nella vicina Recco. Che potrebbe rappresentare la tappa finale per i camminatori più impegnati.
Fluorescenti, fatte di colonne o ricoperte di vetro. Scopriamo le spiagge più strane del mondo.
Le SPIAGGE più STRANE del MONDO
#1 La spiaggia fluorescente delle Maldive
Vaadhoo è un’isola le cui spiagge producono effetti speciali. Si trova nell’arcipelago delle Maldive e di notte la battigia si illumina di luci fluorescenti, come fosse un cielo stellato. Il motivo di questo fenomeno è da ricercare nella presenza dei fitoplancton micro luminescenti che vengono trasportati dalle onde del mare.
In Islanda si trova una spiaggia molto “preziosa”: si tratta di Jokulsarlon, conosciuta anche come “spiaggia dei diamanti“. Il suo soprannome è stato coniato per via della presenza di grossi pezzi di ghiaccio sulla sabbia nerissima del luogo.
#3 La spiaggia di sabbia rosa (Bahamas – USA)
A Isla Harbour nelle Bahamas c’è una spiaggia caratterizzata da un colore rosa intenso: Pink Sands Beach. Questo fenomeno lo si deve ai resti dei coralli tagliati e triturati dall’azione delle onde.
#4 La spiaggia delle sfere giganti (Nuova Zelanda)
In Nuova Zelanda c’è una spiaggia costellata da sfere giganti, i Moeraki Boulders. La loro presenza nella Spiaggia di Koekohe è il frutto dell’erosione della roccia sedimentaria da parte del mare, che indurendosi e col passare del tempo, gli ha regalato questo aspetto sferico.
#5 La spiaggia di vetro (USA)
Nel Parco statale di MacKerricher vicino Fort Bragg in California, c’è una spiaggia composta completamente da piccoli pezzi di vetro. Tale stranezza la si deve all‘eccessivo deposito di rifiuti sulle coste, che ha dato vita alla formazione di questo ‘vetro marino‘.
#6 Spiaggia delle conchiglie (Australia)
Nella Shark Bay, la baia degli squali, in Australia nella regione de l’Haridon Bight che si estende per più di 100 km, si trova la famosa Spiaggia delle conchiglie. Una distesa incredibile, anche a 10 metri di profondità, la cui presenza è dovuta al mollusco di Hamelin che sceglie questo luogo per ripararsi dall’acqua estremamente salata del mare.
#7 La spiaggia delle colonne (Irlanda del Nord)
Calçada dos Gigantes non è di certo la spiaggia più comoda per prendere il sole, ma di sicuro è delle più strane al mondo. Tra le principali attrazioni dell’Irlanda del Nord questa spiaggia è composta da circa 40 mila colonne prismatiche, formatesi 60 mila anni fa a causa di una disgiunzione prismatica della massa di lava basaltica, a seguito di un’eruzione.
#8 La spiaggia con le dune (Brasile)
Una delle spiagge più bizzarre al mondo si trova nello stato del Rio Grande del Nord, in Brasile. Fa parte del Parco Turistico Ecologico Dunas di Genipabu ed è caratterizzata da dune, parzialmente ricoperte di vegetazione, al punto che sembra quasi di essere in un deserto.
#9 La spiaggia con la sabbia più bianca al mondo (Australia)
In Australia, a New South Wales, c’è una spiaggia da Guinness dei primati: si chiama Hyams beach è ha la sabbia più bianca al mondo.
#10 Le spiagge rosse di Rabida (Ecuador)
Nelle Galapagos in Ecuador c’è una spiaggia che possiede una delle sabbie più rosse al mondo: la spiaggia di Rábida. Il motivo di questa sua colorazione deriva dall’ossidazione di depositi di lava ricchi di ferro, anche se in parte potrebbe essere il frutto di sedimenti di corallo.
Vedi qualcosa che non va a Milano? Segnalacelo scrivendo (mettendo foto se possibile) qui: info@milanocittastato.it (oggetto: milano non fa schifo ma…)
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Milano non fa schifo ma… a volte ci si perdono dei pezzi per strada. Come i cartelli di via Taormina.
I CARTELLI DA MARCIAPIEDE di Via Taormina
Via Taormina. Municipio 9. Tra Fermi e Zara, nei pressi dell’esclusivo Villaggio dei Giornalisti. Davide Omodeo ci segnala l’abbandono di segnaletica stradale sul marciapiede. Il 6 agosto per fare sapere la situazione, lo ha immortalato in questa foto. Il 16 agosto ci scrive: “il tutto è stato segnalato sia alla giunta del Municipio 9 che alla Polizia Locale ma nulla è stato ancora riprisitinato.”
Milano non fa schifo ma… la segnaletica non deve rimanere mesi sul marciapiede è il suo commento finale.
Vedi qualcosa che non va a Milano? Segnalacelo scrivendo (mettendo foto se possibile) qui: info@milanocittastato.it (oggetto: milano non fa schifo ma…)
Tutto meraviglioso. Il panorama, la vista, il clima. Manca solo l’autobus…
La FERMATA del bus più BELLA del mondo (non è dove pensate)
# Che m’hai potato a ffa ngopp ‘a Posillipo? Ad aspettare il bus!
La vista di via Posillipo, che inquadra Castel dell’Ovo, il Vesuvio e buona parte del Golfo di Napoli: la posizione sembra scelta da uno dei maestri della fotografia. Suggestiva e di impatto, la prospettiva che si gode in cima alla macchia mediterranea di Posillipo è impreziosita da un piccolo arredo urbano: la pensilina della fermata del bus 140, studiata appositamente per godere della vista e del momento di “quasi magia”.
Il 140 arriva in cima ad una terrazza panoramica, creata come belvedere di Posillipo, ed effettua la sua fermata, che non è una qualunque: è stata definita “la più bella del mondo”. La trasparenza di una pensilina normale diventa l’inquadratura di un momento insolito.
Arrivare in questo punto è un’esperienza indimenticabile, il panorama è rilassante e ispirante. Via Posillipo è una lunga strada panoramica molto famosa, che si arrampica offrendo uno scenario spettacolare. La “fermata dell’autobus più bella del mondo” si trova all’altezza del civico 229 ed è preceduta da una gemella posizionata verso piazza San Luigi. Entrambe le fermate offrono la vista sul golfo, studiate dagli architetti nella giusta maniera per non impattare il panorama e sembrare delle cartoline. Di frequente i turisti salgono fino in cima a Posillipo, proprio per scattare la foto perfetta e condividerla sui social network.
# “Tutto molto bello, manca solo una cosa: l’autobus”
Chi prende regolarmente il 140, assicura che il bus non passa mai. C’è addirittura chi pensa che non sia una coincidenza. L’immancabile ironia partenopea, infatti, azzarda l’ipotesi che “Il panorama te lo godi per bene, lo puoi ammirare con attenzione perché tanto il 140 non passa mai“. È davvero “tutto molto bello e sarebbe altrettanto bello se passasse il pullman“. Sono solo due dei commenti divertenti raccolti, molti dei quali sullo stesso tono.
A Napoli, dopo che la fermata della metro Toledo è stata definita “la più bella d’Europa”, le fermate dei mezzi pubblici stanno donando nuovo slancio alla città. Ma è davvero così bella questa fermata? La scelta è senza ombra di dubbio oggettiva e non vediamo l’ora di sapere le vostre impressioni. Se vi state chiedendo come è fatto il 140, ecco una foto di una delle sue rare apparizioni nel traffico di Napoli
Una delle stagioni più magiche di Milano è stata la fine degli anni ’90. Quella coincisa con la bolla delle dot-com. Si definisce in questo modo l’impennata dei titoli azionari trainati dalle società tecnologiche, in particolare quelle che operavano, o aspiravano ad operare, su Internet. Si parlava di “new economy”, della fine della vecchia economia basata sui profitti: ciò che contava era la crescita del numero di utenti, raggiunti anche attraverso servivi gratuiti. Dall’era del denaro a quella della crescita: la rivoluzione new Age sembrava arrivata anche in Borsa.
In inglese “Dot” significa “Punto”, Dot-Com vuole dire “punto-com”, il suffisso dei siti internet internazionali. Si diceva che bastasse mettere nella ragione sociale il .com per fare prendere il volo alle quotazioni. Il boom dei prezzi tecnologici portò a delle situazioni paradossali, come la nuova Tiscali che raggiunse i 18 miliardi di capitalizzazione, un valore di mercato superiore a quello della Fiat.
Di quel periodo magico ricordiamo la foga con cui investitori, docenti universitari, manager in pensione andavano con il portafoglio gonfio alla ricerca di giovanotti con un’idea per internet. Il sogno di tutti era quello sempreverde di fare soldi in modo facile e veloce. Sembrava possibile anche perché i casi di successo non mancavano. Mi viene in mente un amico programmatore che nel giro di poche settimane era passato da uno scantinato con quattro smanettoni a occupare un intero palazzo, grazie a un finanziamento di Telecom che allora aveva tanti quattrini e amava darli a giovani intraprendenti. Era anche il periodo di progetti bizzarri, come quello di Virgilio Degiovanni che con Freedomland voleva portare Internet nella televisione, l’esatto contrario di come si mosse il mercato. Oppure di Nicola Grauso che fece incetta di domini da rivendere alle aziende omonime o buchi nell’acqua come Excite e altri motori di ricerca preistorici.
Un periodo che vide raggiungere quotazioni record a iniziative con i piedi d’argilla. Ci furono compravendite a peso d’oro di Kataweb, Dada, Virgilio e altre iniziative passate da grandi sogni al dimenticatoio che portarono grandi ricchezze da una parte del tavolo e grave crisi di liquidità dall’altra.
Già, perché la vecchia economia, dopo averla sopportata per qualche anno, decise che era venuto il momento di infilare uno spillo in quella bolla, facendo scoppiare la new economy, fatta di database di utenti e di cercatori di punto.com. Il 10 marzo 2000 con un primo calo del 10% ebbe inizio un crollo che portò in pochi mesi al collasso del mercato. Alcune società fallirono completamente: nel 2004, solo il 50% delle società quotate nel 2000 sul Nasdaq erano ancora attive e a quotazioni infinitesimali rispetto ai loro massimi, come Cisco Systems che perse il 90% del suo valore o la stessa Amazon.com le cui azioni passarono da 107 a 7 dollari anche se, nel decennio successivo, riuscì a rilanciarsi alla grande, superando i 950 dollari per azione.
Alla Borsa di Milano a lasciarci le penne furono numerose superstar, come Biscom, Finmatica o la stessa Freedomland che fallirono, oltre alle molte che passarono da valori da capogiro a briciole. I 18 miliardi di Tiscali, dieci anni dopo erano diventati 200 miloni: svanito tutto, come la poltrona in pelle umana e la pianta di ficus dei sogni di gloria del ragionier Fantozzi.
Di quella stagione rimangono alcune imprese che proseguono con successo come Volagratis (diventata BravoFly), Affaritaliani o Mutuionline. Ma soprattutto rimane la memoria di un periodo in cui tutto sembrava possibile, quando con una buona idea in breve tempo si potevano raccogliere grandi fondi, quando il sogno di ricchezza era creare una nuova azienda con un punto messo nel punto giusto. Un ricordo che nell’Italia di oggi sembra la favola di Babbo Natale.
In Italia si trovano alcune delle ville più belle del mondo. Queste vanno visitate assolutamente. A poca distanza da Milano, Torino e Roma.
Le 5 VILLE vicine alle grandi città d’Italia da visitare almeno una volta nella vita
#1 Villa Litta, Lainate (Mi)
Nei pressi di Milano, a Lainate, si trova Villa Litta. Ideata dal Conte Pirro I Visconti Borromeo, ha vinto il titolo di “Parco più bello d’Italia” nel 2016. Il possedimento era destinato a deposito agricolo, ma il conte lo trasformò in villa di rappresentanza nel XVI secolo, ridefinendone l’architettura, ampliando il giardino e creando il Ninfeo, la principale attrazione del suo parco. L’area è stata pensata per esporre dipinti, sculture e curiosità, ma la sua principale caratteristica è costituita dai giochi d’acqua, ancora oggi in funzione. Il parco è stato modificato nel tempo, l’ultimo intervento ha portato all’inserimento di un boschetto, tipico della moda dei parchi all’inglese. Mentre il Ninfeo, con i suoi giochi d’acqua è in continua manutenzione a partire dagli anni ’30 del secolo scorso. La magia del parco e le fontane con i loro giochi, tra i più belli d’Europa, rendono Villa Litta una meta imperdibile.
#2 Villa Reale, Monza
Si resta poco lontano da Milano. A Monza si trova Villa Reale, con il suo ampio parco. L’edificio di 740 stanze è ispirato al castello della regina Sissi, Schönbrunn, e alla Reggia di Caserta. A volere la sua costruzione fu l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria, d’Asburgo, la storia della sua famiglia si può conoscere attraverso la visita del palazzo, grazie ad un percorso che comprende 28 stanze. L’edificio, nonostante le trasformazioni subite nel tempo, mantiene ancora decorazioni neoclassiche ben visibili. Ad ampliare villa e parco fu invece Napoleone Bonaparte, succeduto agli Asburgo: oggi il parco è vastissimo ed è il vero e proprio centro naturale della Brianza. I continui cambiamenti subiti, voluti dai residenti succedutosi al suo interno danno alla villa un volto sempre nuovo, da esplorare in tutte le sue sfaccettature.
Raggiungibile con i mezzi dal centro di Torino, ecco la Palazzina di Caccia di Stupinigi, costruita dai Savoia a metà del 1700. La palazzina si sviluppa su di un unico piano ed è uno dei complessi settecenteschi più belli d’Europa. Proclamata nel 1997 patrimonio dell’Unesco, Stupinigi ospita un’aura da fiaba, si affaccia sul grande parco da un lato e dall’altro sulle antiche scuderie che, un tempo, collegavano la palazzina al centro di Torino. La grande sala centrale ha un che di disneyano, ricorda la sala da ballo de La Bella e la Bestia, le stanze reali hanno mantenuto i loro arredi settecenteschi, permettendo allo spettatore di fare un tuffo nel passato. Patrimonio dell’Unesco e magia per gli occhi, Stupinigi è un luogo che merita di essere visitato una volta nella vita.
Altro Patrimonio dell’Unesco è Villa d’Este a Tivoli. Costruita a metà del Cinquecento, è un capolavoro dell’architettura rinascimentale, la fama del palazzo è data dal suo grande giardino. La fece costruire Ippolito d’Este, il figlio di Lucrezia Borgia, sopra una precedente villa romana. Sono visitabili i piani nobili e l’appartamento inferiore è caratterizzato dal Salone del Concilio degli dei, per via dell’affresco sul soffitto. Il grande giardino è opera di Pirro Ligorio, e si estende dalla facciata posteriore della villa, dove si trova una scala monumentale da cui si raggiunge il vialone interamente mosaicato. Nel giardino si trovano la Gran Loggia e la grotta di Diana. Il palazzo, su tre piani, ha mantenuto lo stile rinascimentale del suo passato e il parco nasconde punti caratteristici da non perdere.
#5 Villa Adriana, Tivoli (Rm)
Sempre a Tivoli si trova la famosa Villa Adriana, realizzata in epoca romana, tra il 118 e il 138 d.C., è patrimonio dell’Umanità. È stata costruita per volere dell’Imperatore Adriano che desiderava un posto dove evadere dagli stress di Roma: per questo motivo è adornata da costruzioni per ogni tipo di svago, dai giardini alle terme. Sono ancora presenti i resti romani e numerosi giochi d’acqua: ad attrarre è il teatro marittimo, con le sue statue e piscine, e gli archi delle antiche terme, nonché le grandi dimensioni spaziali della vecchia villa. Resti dallo spirito malinconico che trasportano nel glorioso passato dell’Italia romana, testimoniano un passato di splendore e sperimentazione architettonica che fanno di Villa Adriana uno dei tesori più preziosi della penisola.
Un breve percorso di trekking che giunge ad una rocca, ai cui piedi si distende una spiaggia incantevole. Vediamo come ci si arriva.
La SPIAGGIA NASCOSTA sul lago di GARDA
# L’ultima roccaforte Longobarda
La Rocca di Manerba è uno di quei luoghi visibili da quasi tutte le spiagge del Lago di Garda, per arrivarci bisogna immergersi nella natura, percorrere un facile sentiero di trekking per circa 15 minuti e, una volta sbucati di nuovo fuori, godere di una spiaggetta incantevole, sassi bianchi e una vista panoramica del Garda.
Siamo a Manerba, in provincia di Brescia, e la Rocca rappresenta anche l’ultimo luogo dove ha sventolato il vessillo Longobardo, prima della definitiva resa ai Franchi carolingi. Tutta la pieve è così bella e facilmente raggiungibile, da essere abitata fin dal 700 avanti Cristo. Tra le attrazioni che la Rocca offre, c’è anche un bel Museo Archeologico, capace di rivaleggiare con le Grotte di Catullo poco distanti.
Dagli affacci circostanti del lago, la spiaggia ai piedi della Rocca di Manerba è ben visibile. Quando poi ci si deve arrivare, però, si scopre che il tragitto non è attrezzato per i mezzi di grandi dimensioni. Ci si arriva solo a piedi, grazie ad un sentiero tracciato fin dalla preistoria. Il dislivello da coprire è di circa 250 metri, il che lo rende un percorso trekking di facile livello.
Il sito archeologico si trova in cima alla Rocca, identificato da una croce di ferro che svetta su una radura, da cui si mostra il panorama del Garda. Dalla croce parte un percorso a gradoni irregolari, che scende lungo il costone: è il momento più impegnativo del percorso, ma che ripaga poi con l’arrivo ad un angolo incantevole.
Programmare la visita alla spiaggetta è semplice. Da Desenzano, si percorre la strada statale verso Salò, fino a Manerba e Solarolo, seguendo le indicazioni per la Rocca. Si giunge ad un grande parcheggio sterrato, a pagamento, in cui si deve lasciare l’auto per incamminarsi.
Il sentiero che parte dal sito archeologico, presenta alcune diramazioni e tutte riportano le indicazioni. Dalla cima si deve prima seguire per la Chiesa di San Giorgio, ma al bivio successivo seguire per la spiaggia della Rocca di Manerba. Il sentiero porta sia ad una spiaggia di nudisti, sia ad un prato da cui si gode la vista delle baie sottostanti. Il percorso, sebbene non impegnativo, non è adatto a turisti in sandali o scalzi, va compiuto con le scarpe chiuse.
La Rocca di Manerba ospita, seppure diroccata ed abbandonata, la testimonianza di un record del mondo, imbattuto dal 1934. Proprio qui l’aereo Macchi Castoldi, un idrovolante pilotato dal maresciallo Agello, ha sfrecciato sulle acque del Garda facendo registrare dal casello la velocità di 709 kn/h.
La gita può comprendere anche la visita alla chiesetta di San Giorgio, vicino al porto di Dusano, da dove si possono raggiungere le spiagge di Pisenze e la stessa Dusano. È questo l’avamposto migliore per chi soggiorna direttamente a Manerba sul Garda, per una vacanza dedicata a questo angolo di Garda, divisa tra escursioni in mountain bike, trekking, visita alle coste e relax nella spiaggia caraibica ai piedi della Rocca.
Le abbiamo sempre avute davanti agli occhi, ma diciamoci la verità: in quanti ricordano esattamente le statue di animali che ci sono a Milano? Perché sono molte, alcune nascoste, altre invece talmente famose da essere diventate dei veri e propri punti di riferimento della città. A quattro zampe, con le fauci, con la coda o quant’altro. Eppure sono sicuro che qualcuna ve la siete persa. Andiamo a ritrovarle assieme.
Le storie curiose delle STATUE di ANIMALI a Milano
# I cerbiatti dei Giardini pubblici Indro Montanelli
I Giardini Pubblici oggi dedicati al giornalista Indro Montanelli, che amava sedere sulle panchine dei giardini e che è ricordato da una statua, sono un’ampia area verde realizzata sotto il governo austriaco alla fine del Settecento dall’architetto Piermarini, lo stesso che progettò il Teatro alla Scala. Sempre utilizzati come verde pubblico, videro col tempo sorgere delle voliere, quindi gabbie per cervi, daini, scimmie e, successivamente, per animali feroci, costituendo lo zoo di Milano, molto piccolo, poco adatto agli animali e, fortunatamente, chiuso nel 1992. Proprio qui, vicino al Museo di storia naturale, troviamo due simpatici cerbiatti-statua, idoli indiscussi dei bimbi in visita al Museo e di tanti curiosi di tutte le nazionalità.
# Il gatto e la volpe in Corso Indipendenza
Il Pinocchio della Madonnina, come venne presto battezzata, è una statua realizzata nel 1955 ed inaugurata l’anno dopo nei pressi dei giardinetti adiacenti a Corso Indipendenza. La statua ritrae Pinocchio diventato bambino che osserva il corpo inanimato del burattino e ai suoi lati sono raffigurati gli inseparabili antagonisti del protagonista della celebre fiaba di Carlo Collodi: il gatto e la volpe. Quelli che nel lungometraggio del 1972 di Luigi Comencini (fra i cui interpreti ricordiamo il grande Nino Manfredi) erano interpretati dagli spassosissimi Ciccio e Franco.
Passeggiando in Piazza XXIV Maggio, ventricolo pulsante dei Navigli, si nota la presenza un po’ strana di lumache giganti colorate, prese d’assalto sia dai bambini che dagli adulti. Questa curiosa installazione è opera del gruppo Cracking Art costituito da artisti internazionali che creano opere d’arte utilizzando materiali riciclati e con soggetti quasi sempre legati al mondo della natura. Le lumache sono una metafora: rappresentano la giusta lentezza che porta alla meta finale, al contrario della frenesia che caratterizza la nostra odierna società (soprattutto in una città come la nostra). L’installazione è molto divertente e questi animali sono un po’ sparsi per la piazza in colori sgargianti.
# Lo Spinosauro del Museo di Storia Naturale
Vicino al Museo di storia Naturale di Milano (Porta Venezia) è possibile ammirare una riproduzione dello Spinosaurus aegyptiacus, un “gigante” vissuto 95 milioni di anni fa, il cui aspetto è stato scoperto recentemente. Il team di ricerca internazionale – tra cui i paleontologi Nizar Ibrahim e Paul Sereno della University of Chicago; Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco del Museo di Storia Naturale di Milano e Samir Zouhri dell’Université Hassan II Casablanca (Marocco) – ha scoperto nello Spinosaurus tutta una serie di adattamenti acquatici precedentemente sconosciuti tra i dinosauri. Pare infatti che questo dinosauro fosse capace dii cacciare anche in ambiente acquatico, ed era più grande del Tirannosauro (oltre i 16 metri di lunghezza), rappresentando quindi uno dei più grandi carnivori viventi scoperti sulla Terra. Perché il simpatico e mastodontico Brachiosauro, se vi ricordate Jurassic Park, era vegetariano.
# Il cavallo stanco in Piazza Missori
Anche se non siete mai andati a caccia di destrieri tra le strade di Milano, avrete sicuramente notato quello di Garibaldi in Largo Cairoli e, ovviamente, quello di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo. Entrambi sono grandi, belli e trionfanti, come se fossero pronti a partire per una galoppata. A conquistare il cuore dei milanesi, però, non sono loro. Il cavallo più amato è quello di piazza Missori: piccolo e stanco. Oggi è difficile immaginare l’importanza dei cavalli nella vita dell’Ottocento eppure fino a un secolo fa questi animali rivestivano un ruolo rilevante, in tempo di pace come in guerra. La vittoria in battaglia dipendeva in gran parte dalla loro forza. Il monumento di piazza Missori, dunque, non celebra solo il cavaliere (Giuseppe Missori, ufficiale garibaldino e protagonista delle Cinque Giornate di Milano) ma anche quell’animale tenace e fedele. Un tempo, quando i milanesi vedevano qualcuno stanco o giù di corda gli dicevano: “Te me parèt el cavall del Missori”.
Con tanto di coda attorcigliata e simpatici baffetti, il gatto di corso Monforte a Milano non incute alcun timore, anzi, è una caratteristica figura in grado di infondere una gran simpatia. Più che una statua è una sagoma: non si tratta di un gatto in carne e ossa, bensì di una straordinaria opera d’arte in ferro battuto. A quanto si narra, un tempo, quasi a tenergli compagnia, vi era anche un topolino, anch’esso realizzato in ferro, ma si racconta che, in un attacco di fame, il gatto nero lo abbia mangiato. Fatto sta che il topolino non è più presente. Pur non essendo particolarmente visibile, l’opera realizzata proprio nei pressi del portone appartenente a questo stupendo palazzo milanese in stile liberty è divenuta una curiosa meta turistica. Non a caso, il gatto nero di Corso Monforte a Milano sovverte ogni tipo di scaramanzia: anche il più superstizioso non potrà fare altro che restare ammirato dalla sua presenza.
# Il leone in Piazza V Giornate
Non solo Venezia e la celeberrima Piazza San Marco possono vantare statue di leoni: il re della foresta, presente già in Piazza Duomo, è raffigurato anche sul monumento alle cinque giornate di Milano che si trova nella piazza omonima. Sull’imponente obelisco, opera di Giuseppe Grandi, il leone in questione rappresenta il popolo che insorge. Ciò che forse è meno noto è che quel leone è esistito veramente e che suo malgrado, si prestò a modello per l’eccentrico scultore scapigliato. La storia ci narra infatti che circa cinque anni dopo avere vinto il concorso pubblico per il monumento, il Grandi, pignolo e maniacale per i dettagli, si recò ad Amburgo per comprare da un circo in liquidazione, Borleo, un anziano e mansueto leone.
Giunto a Milano in treno, l’animale viene trasferito a casa dello scultore, così da poter cogliere in ogni momento la ferocia e la fierezza che gli occorrevano. Ma i giorni passavano e Borleo non ruggiva. Dopo tanti anni trascorsi in una gabbia il vecchio felino ormai nulla aveva più a che vedere con l’indomito re della foresta. Il Grandi, con la foga e la passione che lo contraddistinguevano, dopo un consulto con esperti decise di applicare al povero animale un clistere rudimentale, e in quel momento il leone lanciò un tale ruggito che tutti i presenti fuggono terrorizzati. Tutti tranne uno: il Grandi che, raggiante di gioia, cominciò finalmente a disegnare su un foglio lo schizzo della scultura che ha reso Borleo immortale.
Tempo di vacanze e di confronti per il milanese fuori città. Guardandosi attorno, che cosa distingue chi vive a Milano dagli altri italiani? Abbiamo posto questa domanda. Queste le principali risposte.
Che cosa DISTINGUE chi VIVE a MILANO dagli altri italiani
#1 La mentalità aperta
Tra le cose che più distinguono chi vive a Milano dagli altri italiani c’è la mentalità aperta. Più europea che italiana, abbraccia la multiculturalità e porta con sé il desiderio di provare sempre nuove esperienze nella vita e nel lavoro. L’apertura mentale la si riscontra anche in vacanza: negli angoli più sperduti del pianeta si trova sempre qualcuno proveniente da Milano.
#2 La puntualità
La puntualità è un altro elemento che differenzia i milanesi, autoctoni o acquisiti, dal resto del Paese. Essere puntuali a un appuntamento è una questione di rispetto verso il prossimo e trasmette valore al tempo di ciascuno. Perché a Milano si impara che il tempo è dané.
#3 La laboriosità
La voglia di lavorare, l’instancabilità, dando sempre il 100% nella propria professione e mettendosi al servizio della comunità. Pochi giorni e ci si dà da fare anche in vacanza. Non si riesce a farne a meno.
#4 La velocità
Se vi guardate attorno in un bar della Liguria o della Sardegna troverete espressioni spazientite, innervosite per l’attesa. Sono sicuramente abituati ai ritmi milanesi.
#5 La voglia di autodeterminarsi
Milano è al centro. Sempre. Chi vive a Milano quando si trova fuori cerca in ogni modo di paragonare la sua città con il luogo in cui si trova. E di sottolineare le differenze con orgoglio.
#6 La discrezione
In un’Italia dove spesso ci si fa riconoscere per il tono della voce e per la tendenza ad esagerare sempre, chi è di Milano tende invece alla sobrietà. Tra le urla non ci sono le sue.
#7 Lo stile
In spiaggia, in montagna, tra i monumenti, non importa dove ma chi è di Milano deve sfoggiare stile e raffinatezza. E’ più forte di lui o di lei.
#8 Ha un cuore grande
Una caratteristica dei milanesi riconosciuta da tutti è quella di avere un grande cuore, di essere accoglienti con chi ha bisogno ed è in difficoltà facendolo sentire a proprio agio, sempre a patto che voglia anche impegnarsi in prima persona per migliorare la propria condizione.
I milanesi sanno che è controproducente oltre che essere una perdita di tempo interferire con la vita degli altri e giudicare. Per questo motivo vivono e lasciano vivere, cercando di godere al meglio la propria vita senza disturbare quella altrui.
#10 Il senso delle regole
Tra le caratteristiche che più distingue il milanese dal resto degli italiani troviamo un innato senso delle regole. È indubbio che il senso civico e il rispetto di regole scritte e non scritte sia più vivo tra chi vive a Milano rispetto a chi vive altrove nel nostro Paese. Basta vedere chi rimane sul lato destro delle scale mobili e chi invece si piazza su quello sinistro per capire chi è milanese. E il senso delle regole accompagna chi è di Milano ovunque si trovi nel mondo. Cosa che non accade sempre per altri popoli, vero amici svizzeri?
Alberobello è conosciuta in tutto il mondo per i suoi caratteristici trulli, modello costruttivo di architettura spontanea, dal 1996 sono Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO. Non lontano dalla Valle d’Itria e dalle colline della Murgia, nel sud della Puglia, questo paesino di poco meno di 11.000 abitanti lascia tutti a bocca aperta con la sua distesa di abitazioni dai tetti a cono sovrastati da pinnacoli.
Scopriamo 7 cose che si possono trovare solo qui.
ALBEROBELLO, la città dei trulli: le 7 ATTRAZIONI UNICHE al MONDO
#1 Casa D’Amore, la prima costruzione permanente del paese
Casa D’Amore è la prima costruzione permanente del paese, il primo edificio realizzato con l’utilizzo della malta e terminato in un anno particolare: il 1797. In quella data infatti ad Alberobello, all’epoca un villaggio di soli trulli, venne conferito il titolo di “città regia” dal re Ferdinando IV di Borbone.
#2 Il Rione Aia Piccola, il nucleo abitativo più autentico
Il Rione Aia Piccola rappresenta il nucleo abitativo più autentico di Alberobello, ideale per una passeggiata fuori dal tempo con piazzette, vicoli ciechi e trulli di varia foggia e dimensioni che creano qui scorci davvero unici. Ci sono circa 400 trulli e nessun negozietto di souvenir. Il nome aiapiccola deriva dalla presenza di una piccola aia, in contrapposizione ad una grande nella vicina piazza delle Erbe, e richiama l’antica usanza dei contadini di battere pubblicamente il grano.
#3 La leggenda del “Trullo Siamese”
Una delle strutture più originali è sicuramento il trullo doppio, conosciuto come “Trullo Siamese”, con due ingressi, uno per ogni trullo, affacciati su due strade differenti. L’originalità di questo trullo sta soprattutto nel fatto che le stanze erano precedentemente comunicanti attraverso una porta. Dietro questo particolare abitazione si cela una leggenda, che simboleggia la storia di amore e odio che travolse due fratelli nel lontano 1400, a causa di una donna promessa sposa del fratello maggiore che si invaghì di quello minore.
#4 S. Antonio da Padova, l’unica chiesa trullo nel mondo
Un’altra attrazione da non perdere è la chiesa di S. Antonio da Padova, la cui particolarità è il fatto di essere l’unica chiesa nel mondo fatta a trullo. Relativamente recente rispetto ai trulli, è stata inaugurata nel 1927 e si raggiunge passeggiando in salita fra i trulli del Rione Monti.
#5 Rione Monti, il fashion district di Alberobello
Il Rione Monti, la zona di trulli più estesa con circa 1000 esemplari, è il più conosciuto di Alberobello. Formato da caratteristiche stradine parallele, tutte in salita e che portano sulla cima del “monte”, dove si trova la chiesa a trullo, è la zona dello “shopping” locale dove si possono acquistare i souvenir del paese. Qui infatti si trovano laboratori estemporanei che mostrano come si lavora la pietra per realizzare i trulletti o il ricamo dei canovacci tradizionali.
#6 Il belvedere con lo skyline di trulli
Dal belvedere adiacente alla chiesetta di Santa Lucia, in Piazza San Girolamo II D’Acquaviva D’Aragona, è possibile ammirare uno skyline unico nel suo genere: centinaia di coni con i pinnacoli dei trulli che svettano tra le viuzze.
#7 Il “Re dei Trulli”
Il Trullo Sovrano è il re dei trulli, il più grande nucleo abitativo realizzato ad Alberobello. Tra i primi ad essere costruito con la malta, presenta due piani divisi da una scala in muratura invece che in legno come i più comuni trulli con soppalco. La parte originale è l’ala sinistra, costruita agli inizi del 1600, la parte restante è stata realizzata nella prima metà del 1700 per conto della famiglia benestante del sacerdote Cataldo Perta che la utilizzò come dimora. Oggi è una casa museo dove si può scoprire come si svolgeva la vita di una volta nel paese.
Lo sapevi che per quanto riguarda l’industrializzazione dell’Alto Milanese, Legnano era già avanti di 50 anni? Per questo è anche chiamata la “Manchester italiana”. Questi i 7 motivi che valgono una visita ai confini della città metropolitana.
LEGNANO: la “Manchester italiana” a mezz’ora da Milano
#1 La “Manchester italiana”: ha anticipato i tempi di mezzo secolo l’industrializzazione del Paese
Tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento Legnano, come tutto l’Alto Milanese, era già in anticipo di 50 anni per quanto riguarda l’industrializzazione del Paese. Sfruttando il corso d’acqua dell’Olona, furono costruiti macchinari per filare e nacquero i primi cotonifici di Krumm e di Costanzo Cantoni. Per questo motivo che Legnano prende il nome de “la vera Manchester italiana” ed è interessante come parte delle industrie, risalenti a quel periodo, siano ancora ben visibili nella città.
#2 La Ciminiera e il Campanile: le due cime di Legnano
I due punti alti della città sono testimoni della storia legnanese. In stile rinascimentale, c’è la Basilica di San Magno, che sorge nella piazza omonima. Fu costruita agli inizi del ‘500 e si ritiene che il progetto iniziale sia del grande Donato Bramante. La cima a cui facciamo riferimento è il suo campanile, che è stato però inserito successivamente, intorno al ‘700.
Dalla particolare altezza c’è anche la ciminiera, situata nel complesso di 41 mila metri quadri dell’ex Manifatturiera di Legnano. La ciminiera è stata dichiarata come bene da tutelare dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Milano, in quanto esempio compiuto di quella che fu l’architettura della produzione in Lombardia.
#3 Il castello di San Giorgio
Si tratta del castello Visconteo di Legnano, risalente al XIII secolo, conosciuto anche come Castello di San Giorgio. Circondato da un parco e purtroppo parzialmente diroccato, il castello rappresenta comunque parte della storia di Legnano.
#4 Il lilla del calcio italiano
Gli appassionati di calcio sicuramente conosceranno la società calcistica A.C. Legnano e la sua storia un po’ turbolenta. Partita come una delle prime società a giocare in massima serie, negli anni, retrocede in serie B, fino ad arrivare all’espulsione dai campionati e a giocare, ad oggi, nella serie D. Ma non bisogna dimenticare che nella squadra hanno giocato anche grandi campioni come Gigi Riva e che, per il suo colore lilla, rimane un unicum nel calcio italiano.
#5 L’unica città, insieme a Roma, ad essere citata nell’inno d’Italia
“Dovunque è Legnano, Ogn’uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano”questi sono i versi dell’Inno di Mameli in cui la città viene nominata. Legnano viene infatti ricordata, perché fu sede della grande battaglia che si concluse con la vittoria dei lombardi contro Federico I Barbarossa nel 1176.
#6 I legnanesi: un’icona di Milano
Chi non conosce la famosa compagnia teatrale nata nella città di Legnano nel secondo dopoguerra? I legnanesi sono tra i più grandi comici della zona che propongono commedie satiriche della tipica corte lombarda in dialetto legnanese.
#7 La casseoula è nata qua
Un piatto non particolarmente leggero della tradizione legnanese è la casseoula, con il suo misto di verze, carote, sedano, cipolle , costine, cotenne e molta carne di maiale. Indubbiamente questo piatto è entrato nei pranzi domenicali di quasi tutta la popolazione lombarda.
“È come il New Magazine”. Questo dissi la prima volta che un amico mi mostrò Facebook. Era il 2005. Mi trovavo a Berlino, sullo schermo scorrevano foto di ragazzi con cui altri ragazzi potevano interagire a distanza. Per associazione di idee mi è venuto in mente il locale di viale Piceno di inizio anni Novanta.
Un po’ pub, un po’ disco, un po’ Facebook. Anche se Facebook non esisteva ancora. Questo era il New Magazine. Si scendevano le scale e ci si ritrovava in una vasta sala con tavoli rotondi e il bancone del bar. Ogni tavolo aveva al centro un telefono a pulsanti, ogni numero corrispondeva a un tavolo. Se si intravedeva qualcuno di interessante, si schiacciava sul telefono il numero del suo tavolo e, se rispondeva, si poteva parlare guardandosi da lontano. Quando invece un pulsante si accendeva, dal numero si poteva vedere chi era a chiamare e decidere se rispondere o fare lo gnorri. Semplice come Facebook, ma che per quegli anni di telefoni fissi e di lettere scritte a mano, era una botta di adrenalina, con sorrisetti imbarazzati e colpi di gomito. Poi partiva la musica del deejay e ci si conosceva meglio ballando sui tavoli, anche in questo in anticipo su altri locali a Milano.
Il New Magazine era talmente d’avanguardia che introdusse a Milano il ballo sui tavoli, dopo una certa ora. Non solo: a mettere musica un Dee-Jay di appena 16 anni. Si chiamava Daniele Orlando, così sveglio che disco dopo disco aveva rilevato l’intero locale. Fino al 2000 quando, ancora sbarbato, era passato alla direzione artistica del Rolling Stones, altra grande fucina di innovazione a Milano. Ma questa è un’altra storia.
Con il nuovo millennio l’avventura del New Magazine giunge alla fine. Troppo in anticipo sui tempi finisce in panne proprio quando arrivano i tempi di sfruttare l’intuizione su scala molto molto più grande. I tempi in cui un giovane studente di Harvard applica lo stesso principio del New Magazine ma con uno strumento più evoluto del telefono sui tavoli. In fondo, che cos’era Facebook se non un nuovo magazine?
“New Magazine?”, mi chiese l’amico strabuzzando gli occhi. La strana associazione di idee mi aveva disteso le labbra in un sorriso, stavo per raccontargli del dee-jay sedicenne, della gente che ballava sui tavoli e del telefono con i pulsanti numerati. Ma ripiegai il ricordo nei cassetti della memoria e, conservando il sorriso, gli chiesi di dirmi di più. “Sta spaccando tra gli universitari americani. Tre fratelli di Berlino, dopo averlo visto quando studiavano ad Harvard, sono tornati e hanno creato un clone.”. Il sito si chiamava studyVZ. Identico a Facebook. I tre fratelli pensavano che quando Facebook fosse arrivato in Europa, avrebbe preferito acquistare il loro sito piuttosto che scalare da zero il mercato europeo. “Stanno cercando qualcuno che li aiuti a lanciare il sito in Italia, se ti interessa ti metto in contatto“. Mi interessava. Li ho incontrati, sapevo di editoria, di comunicazione e, soprattutto, d’Italia, così mi hanno affidato il budget per lanciare il loro sito nelle università italiane.
Pochi mesi e i fratelli Samwer hanno raggiunto il loro obiettivo. Con una piccola differenza. Invece che a Facebook, nel gennaio del 2007 hanno venduto il sito clone a Holtzbrinck, uno dei più grandi gruppi editoriali tedesco, che lo pagò a peso d’oro. Forse lo ha acquistato per farlo crescere come un nuovo magazine, forse sperava di rivenderlo a Facebook, fatto sta che Facebook conquistò l’Europa scalandola da zero e il clone tedesco è finito in bancarotta.
I fratelli Samwer avevano fatto l’affare della vita. La montagna di quattrini ricavata dalla vendita la puntarono su una nuova onda di successo proveniente dagli States: crearono Rocket Internet, un fondo che è diventato il più importante in Europa per finanziare le start up. Il loro mantra per scegliere le aziende su cui investire è semplice: bisogna cavalcare i trend, mai arrivare troppo presto.
Secondo l’ultimo report del Gruppo Tecnocasa il capoluogo lombardo continua a rimanere in testa per crescita dei valori immobiliari e dei canoni di locazione. Ci sono però alcune zone che rimangono ancora abbordabili. Scopriamo quali sono insieme a quelle meno accessibili.
AFFITTI a Milano: i CANONI per QUARTIERE e la ZONA più ECONOMICA
# Milano prima in Italia per crescita del valore degli immobili e del prezzo degli affitti
Secondo l’ultimo report del Gruppo Tecnocasa il capoluogo lombardo continua a rimanere in testa per crescita dei valori immobiliari, +3,6% il dato atteso per il 2022, con un trend destinato a salire ulteriormente in prospettiva delle Olimpiadi 2026 come già successo nel periodo pre e post-Expo 2015. Le aree che hanno registrato il maggior rialzo sono quelle di Bovisa-Sempione con +6,4%, Città Studi-Indipendenza con +5,8% e il centro con + 5.6%.
L’aumento riguarda di conseguenza anche il prezzo degli affitti con sempre più zone inaccessibili anche se rimangono ancora alcuni quadranti abbordabili. Vediamo la situazione aggiornata.
# Il quartiere più caro della città è Moscova-Garibaldi: per un bilocale si spende in media 2.500 euro
In base all’analisi di Tecnocasa il quartiere più caro è Moscova-Garibaldi dove per un bilocale servono in media 2.500 euro e per un trilocale 4.500 euro, a seguire San Babila-Brera-Palestro dove bisogna metter in conto rispettivamente 2.100 e 4.200. Un gradino più sotto troviamo Porta Nuova con 2000 euro per un bilocale e 3.600 euro per un trilocale e a breve distanza la zona del Sempione dove servono 2.000 euro per un bilocale e 3.000 per un trilocale.
Tra i 1.500 e i 1.100 euro per un bilocale troviamo i quartieri di Citylife, Cadorna-Magenta, Vercelli-Pagano, Ticinese, Dateo-22 marzo e Cadore.
# La zona più economica è Ponte Lambro dove bastano 500 euro per un bilocale
La zona invece al momento più economica è quella di Ponte Lambro, periferia est della città, dove il canone medio mensile per un bilocale è di 500 euro. Tra le zone dove gli affitti non raggiungono gli 800 euro ci sono: Villa Pizzone-Quartoggiaro e Varesina con 650 euro, Baggio-Muggiano-Quinto, Padova-Trotter, Ortica, Primaticcio-Forze Armate, Missaglia-Gratosoglio e Quartiere Torretta con una media di 700 euro e infine Cimiano-Crescenzago che si ferma a 750 euro. Nessuna di questa zone supera i 900 di canone di locazione nemmeno per un trilocale.
Fare esperienze insolite non significa per forza fare sport estremi, procurarsi adrenalina rischiando la vita non è l’unica attività magica che si può fare in Italia. Ecco tre esperienze particolari da fare nella penisola.
Dall’igloo alle case e ai palloni volanti: 3 ESPERIENZE INSOLITE da vivere in Italia
# 1 Un giro in mongolfiera
Al posto di saltare da un dirupo legati ad un elastico o lanciarsi da un aereo con un paracadute, se si apprezza l’aria sul volto e un panorama mozzafiato visto dall’alto, un’ottima alternativa a lanciarsi nel vuoto è una gita in mongolfiera. Grossi palloni aerostatici dai colori più sgargianti solcano il cielo da almeno due secoli, prima per esplorare l’atmosfera e la terra dall’alto, poi per dilettare chi poteva permettersi di fare un giro in tranquillità, godendo di aria pura e vedere grandi città in miniatura e dei colori delle distese campagnole. In Italia si può fare, in Umbria, a Bevagna, ci sono le mongolfiere più grandi del Paese, che possono portare fino a 18 passeggeri, facendo fare un giro tra le nuvole a chi lo desiderasse. Per contatti: www.balloonadventures.it/it/giro-in-mongolfiera-presso-assisi-umbria/
Se il desiderio è quello di passare una notte completamente immersi dalla natura, ma senza essere attaccati da insetti fastidiosi e doversi montare una tenda con istruzioni complicate e difficili da leggere, l’alternativa si trova vicino a Pescara. In Abruzzo si trova il Cerchio Del Desiderio Glamping Retreat dove si può dormire in un igloo non fatto di ghiaccio, bensì di plastica trasparente, che permette al curioso, non troppo avventuriero, di dormire in tutta comodità in mezzo alla natura, anche rilassandosi comodamente dentro una jacuzzi, guardando le meraviglie che la terra offre sotto un cielo di stelle. Contatti: cerchiodeldesiderio.com
La casa sull’albero più bella d’Italia si trova in Lazio, nel viterbese, ad Arlena di Castro, presso l’agriturismo La Piantata.
La Suite Bleue è stata progettata da due architetti francesi ed è dotata di ogni comfort per permettere un soggiorno tanto naturale quanto di lusso. La casa infatti si estende su 44 metri quadri immersi in 12 ettari di campi di lavanda in cui il padrone è il profumo intenso del cosiddetto “oro viola”. La casa, che si trova a ben 8 metri da terra, si arrampica su una solida base costituita da una secolare quercia.
In qualsiasi tree house del mondo si può dormire su un albero ma qui si ha in più la fortuna di soggiornare tra profumati campi di lavanda e su una quercia secolare che, dicono, riserva antiche storie da raccontare. Per contatti: www.lapiantata.it/
Temporali di fine estate, temperature che iniziano a scendere, tramonti che arrivano sempre prima. L’autunno si avvicina e la tintarella si prepara a farci ciao ciao. Ma per i più appassionati c’è un posto dove andare per il rush finale.
SOTTOMARINA: la località dove ci si abbronza più rapidamente
Non sono obbligatoriamente necessarie ore e ore di attesa sotto il sole per prendere melanina e abbronzarsi meglio. C’è un posto dove ci si abbronza molto più velocemente del solito. Ed è solo a 3 ore da Milano. E’ stato svelato il trucco per abbronzarsi velocemente.
# Quarzo e minerali nella sabbia favoriscono una abbronzatura più veloce
Gli effetti del sole sul corpo cambiano in base a dove lo si prende. Esporsi ai raggi solari in barca è diverso da prenderli in montagna o in città. L’ambiente in cui ci si trova riflette infatti i raggi in modo diverso e per questo ci sono luoghi dove ci si abbronza di più o dove l’esposizione al sole fa bene alla salute, mentre in altri no. A circa 3 ore da Milano, in una frazione di Chioggia, in provincia di Venezia, la particolare composizione della spiaggia permette di abbronzarsi più velocemente.
Siamo a Sottomarina, paese anticamente chiamato Chioggia minore, un antico borgo dalle case colorate e stabilimenti balneari pronti ad ospitare turisti. Qui la sabbia è composta da rocce dolomitiche di quarzo, minerali ferrosi ed elementi micacei che rendono l’azione del sole più impattante. Prendere il sole nelle spiagge di Sottomarina fa sì che l’abbronzatura sia più veloce e intensa, ma anche più duratura.
# Non solo prendere il sole: cosa fare a Chioggia e Sottomarina
Lo iodio, il quarzo e tutti i minerali della sabbia di Sottomarina, uniti ad una continua brezza di mare, fanno sì che ci si possa abbronzare più velocemente e soffrendo meno il caldo. Ma Sottomarina non è solo tintarella e acqua salata. Per girare tra Chioggia e Sottomarina l’ideale è muoversi in bicicletta, di cui il comune è pieno.
Chioggia è definita la “piccola Venezia”, molto simile a quella reale, i suoi palazzi e le sue case colorate che si stagliano contro l’azzurro del cielo rendono il paese una piacevole scoperta. Ma Chioggia nasconde anche qualche mistero esoterico: qui ad esempio ci sono una casa delle streghe e una statua senza testa. La sua frazione di Sottomarina poi è ideale per godersi la spiaggia e il mare, anche con una passeggiata a cavallo, e mangiare cicchetti accompagnati da uno spritz. Il tutto magari mentre ci si abbronza!
Ogni milanese, nato e vissuto in città, acquisito o solo di passaggio, ha a Milano un luogo del cuore. Questi sono quelli degli autori di milanocittastato.it. Scopriamo quali sono e perché.
MILANO: i LUOGHI del CUORE della redazione
# Arco della pace
L’Arco della Pace. Ampi spazi, prospettive, una geometria perfetta. Il lungo e largo viale che attraverso l’ovale della piazza si congiunge con il parco del Castello. Ci si sente come in una città del centro-nord d’Europa. (Andrea Zoppolato)
# Bosco Verticale
Il Bosco Verticale. Il mio luogo del cuore perché è come fosse una giungla di palazzi, dà l’idea di una Milano futuristica. (Ottavia Beccu)
# Piazza Lima
Piazza Lima. Incrocio di strade, confine tra diverse anime di Milano. (Alessandro Vidali)
# Premiato Forno Cantoni
Il Premiato Forno Cantoni. Di fianco all’ospedale Buzzi è il mio luogo del cuore perché ci ho passato gli anni della mia adolescenza. (Alice Colapietra)
# Montagnetta di San Siro
La Montagnetta di San Siro. Perché ho partecipato alla piantumazione degli alberelli che si sono trasformati in un bosco, era ciò che si guardava dalla mia periferia ed è dove ho fumato la prima canna. (Laura Lionti)
# La Collina dei ciliegi
La Collina dei Ciliegi. Si percorreva per andare dall’università in centro, in primavera è bellissima. (Sara Ferri)
# Piazzetta Difesa per le donne
Il mio luogo del cuore è la Piazzetta Difesa per le donne in Bicocca davanti all’edificio con tavolini, fiori e dove si passano le ore a studiare e a prendere il sole. (Beatrice Barazzetti)
# Porta Romana
Porta Romana. Il quartiere dove c’è gente simpatica, dove l’idea di comunità è molto forte e si respira ancora l’atmosfera della Milano di un tempo. (Fabio Marcomin)
# Via Molino delle Armi
Via Molino delle Armi. Il mio luogo del cuore perché quando da ragazzo venivo a Milano col bus dell’associazione culturale di Parma per andare a vedere la lirica (Scala) o la prosa (Piccolo), mi ritagliavo il mio aperitivo al bar tabaccheria, sognando un giorno di vivere a Milano… (Lorenzo Zucchi)
Immaginatevi un paese dove i gatti girano tranquilli per le strade, liberi e spensierati, dove guardi un cartello e stranamente c’è raffigurato un gatto. L’animale poi compare anche su case, insegne e numeri civici. Un vero e proprio Paese dei Gatti, ma dov’è?
BROLO: il PAESE dei GATTI a un’ora da Milano
# Brolo
Brolo si trova in Piemonte, più precisamente si affaccia sul Lago d’Orta ed è in provincia di Verbania. Si tratta di una frazione del comune di Nonio e non conta molte anime, solo 357 cittadini. È facile da raggiungere e da Milano dista solamente un’ora e mezza circa.
# Una storia tramandata da oltre 300 anni
Ma perché viene chiamato il paese dei gatti? Per risalire all’origine di questo nome bisogna tornare un po’ indietro, ad una leggenda, o meglio ad una storia, tramandata negli anni dagli abitanti di Brolo. Il 10 ottobre 1756, quando Brolo apparteneva ancora a Nonio, la comunità chiese la separazione dal comune. Il motivo? Nessuna particolare ostilità con gli abitanti di Nonio, si trovava solamente scomodo recarsi sempre a Nonio per assistere a tutte le funzioni ecclesiastiche. Per raggiungere Nonio da Brolo bisognava infatti attraversare un fiume e quindi la Parrocchia di San Biagio di Nonio decise di affidare a Brolo una Parrocchia autonoma e la chiesa di Sant’Antonio d’Abate, alla condizione che sarebbero stati i cittadini a gestirla e che avrebbero dovuto ripagare tutti i debiti al comune.
Ma nessun abitante di Nonio credeva in questa folle impresa di Brolo e quindi iniziò a diffondersi questo detto “Quand al vien parrocchia Brol, al ratta metrà su ul friol” che in italiano significa “quando a Brolo ci sarà la parrocchia il topo si metterà il mantello”.
# L’inizio del paese dei gatti
Tra stupore e incredulità, i cittadini di Brolo riuscirono a portare a termine la loro impresa: come dei gatti avevano scacciato i topi. Il 27 aprile 1767 il motto divenne “È stata fatta la parrocchia a Brolo ed il ratto ha messo il mantello” ed è proprio da qui che iniziò la tradizione di chiamare Brolo il paese dei gatti, dove i gatti sono gli abitanti del paesino.
Ma la bravura degli abitanti di Brolo non finisce qui. I cittadini capiscono che devono dare un’identità al paese e allora, molto semplicemente, Brolo diventa il paese dei gatti. Così, adesso, se ci si reca a Brolo si troveranno cartelli raffiguranti i gatti, disegni dell’animale sulle mattonelle dei numeri civici, dipinti sui tetti delle case e anche un monumento a forma di gatto su un’aiuola terrazzata.
# Gatti ovunque
Ovviamente per le vie del paese non mancano gatti veri e propri, liberi di girare per Brolo e accuditi dagli abitanti della frazione. Non mancano poi la cosiddetta Strescia dal Gat, una stradina pedonale dedicata interamente ai gatti, e le numerosi insegne e “panettoni” in cemento riportanti raffigurazioni feline.