Il secondo più piccolo si trova a nord- nord est. Da piazza Repubblica, alla Stazione Centrale fino a NoLo. Si avvicina ai 13 kmq.
#7 Municipio 3: 14,23 kmq
Credits: wikipedia.org – Municipio 3
Si rimale a nord est per un altro municipio piccolino. Quello storico di Lambrate e Città Studi, tra i più vitali della città ma solo settimo per estensione, con poco più di 14 kmq, oltre che per popolazione.
In medio stat virtus (18-23 Kmq)
#6 Municipio 6: 18,28 kmq
Credits: wiikipedia.org- Municipio 6
Si passa a sud Ovest. Il Municipio 6, dei quartieri popolari della Barona e del Lorenteggio, si ferma poco sopra i 18 kmq con un’estensione quasi doppia rispetto al Municipio 1.
#5 Municipio 4: 20,95 kmq
Credits: wikipedia.org – Municipio 4
Si ritorna a Est. Il Municipio 4, da Porta Vittoria a Forlanini, sfiora i 21 kmq posizionandosi al quinto posto della classifica.
#4 Municipio 9: 21,12 kmq
Credits: wikipedia.org – Municipio 9
A nord ovest si trova, subito sotto il podio, uno dei municipi più eterogenei di Milano. Il municipio 9 che va da Porta Nuova fino ad Affori, Niguarda e Dergano, si estende per 21 kmq.
#3 Municipio 8: 23,72 kmq
Credits: wikipedia.org – Municipio 8
Con quasi 190.000 abitanti è il Municipio più popoloso di Milano, in questa classifica si deve però accontentare della medaglia di bronzo, con un’estensione poco inferiore ai 24 kmq.
I due giganti (30-31 Kmq)
#2 Municipio 5: 29,87 kmq
Credits: wikiepdia.org – Municipo 5
Vicino ai 30 kmq c’è il municipio del parco agricolo a sud di Milano. Salvo la parte più a nord risulta quello meno abitato della città.
#1 Municipio 7: 31,34 kmq
Credits: wikipedia.org – Municipio 7
Il vincitore è lui. Grande, immenso, gigantesco: il Municipio 7 nel quadrante ovest della città, dove troviamo San Siro, Baggio e De Angeli. Grazie ai suoi 31,34 kmq. si posiziona in vetta con le sue grandi e numerosi aree verdi.
Molte donne del passato di Milano hanno lasciato un segno indelebile, vuoi per i loro talenti, vuoi per il loro carattere anticonformista e hanno portato lustro alla città.
7 DONNE che hanno LASCIATO IL SEGNO a Milano
#1 Luisa Casati Stampa, musa di Marinetti e Boccioni
credit: wikipedia.org
Nata a Milano nel 1881, figlia di un ricco produttore di cotone di Monza di origine ebraica. I suoi genitori morirono molto presto e lei e la sorella ereditarono una fortuna. Nel 1900 sposò il marchese milanese Camillo Casati Stampa di Soncino e divenne madre nel 1901. La vita famigliare però le andava stretta. Conobbe Gabriele D’Annunzio e presto divenne una delle sue amanti più famose. Luisa, in seguito al clamore mediatico suscitato per la relazione cominciò ad assumere comportamenti eccentrici. Inizio infatti a vestirsi in modo molto particolare e a truccarsi vistosamente.
Nel 1910 decise di acquistare il palazzo abbandonato Venier dei Leoni a Venezia che oggi è sede del museo Peggy Guggenheim. Questa casa fu teatro delle sue tante follie: usava infatti passeggiare nuda coperta solo da un mantello di pelliccia mentre un servitore reggeva una torcia perché potesse essere ben vista dai passanti, così come era solita organizzare feste da Mille e una notte. Una in particolare passò alla storia perché Luisa decise di riservare l’intera piazza San Marco come location. Nei giardini del suo palazzo teneva ghepardi, pavoni e corvi albini. La sua particolare eccentricità nascondeva però una spiccata sensibilità artistica. Fu infatti la musa di molti artisti futuristi come Marinetti e Boccioni e fu ritratta da innumerevoli pittori come Giovanni Boldini, Giacomo Balla e fotografi come Man Ray.
Nel 1930 aveva accumulato, a causa del suo stile di vita, un debito di 25 milioni di dollari. Emigrò a Londra dalla figlia Cristina e rimase li fino alla sua morte nel 1957.
#2 Metilde Viscontini, una delle prime patriote risorgimentali
credit: wikipedia.org
Metilde Viscontini Dembowski, nata a Milano nel 1790 è a tutti gli effetti una delle prime patriote risorgimentali. Si distinse per gli ideali di libertà e indipendenza che si piccò di perseguire sia nella vita privata che in quella pubblica. A riprova di ciò basti pensare che riuscì ad ottenere la separazione dal marito, l’ufficiale polacco Dembowski in un epoca dove ciò non era neanche lontanamente contemplato dall’opinione pubblica. Si adoperò poi a favore delle libertà politiche fondando il cosiddetto ‘Salotto azzurro’.
Fu amica diFoscolo, Borsieri, Confalonieri. A testimonianza del suo coinvolgimento politico, quando fu arrestata con l’accusa di aver partecipato ai moti del 1821, fu interrogata a lungo e non diede mai i nomi dei suoi amici. Nella sfera sentimentale fu anche protagonista nella vita di due uomini: Stendhal e Giuseppe Pecchio. Con entrambi ebbe una relazione tormentata, fatta di alti e bassi. Stendhal aveva una venerazione per lei ma era angosciato dall’andamento altalenante del carattere di Metilde. Essa infatti a volte sembrava cedere alle sue avances, a volte si ritirava bruscamente e lo allontanava.
Dalla figura di Metilde Stendhal trovò ispirazione per l’opera ‘De l’amour’ e della ‘Certosa di Parma’. Giuseppe Pecchio invece condivideva con lei gli ideali politici.
#3 Elda Scarzella Mazzocchi, fondatrice del “Villaggio della madre e dei fanciulli”
credit: enciclopediadelledonne.it
Nata a Milano nel 1904 fu una pedagogista particolarmente attenta ai bisogni delle madri. Nel 1945 fondò il ‘Villaggio della madre e dei fanciulli’a Milano le cui prime ospiti erano giovani madri reduci dai campi di concentramento. La prima sede fu a Palazzo Sormani e poi ‘il villaggio’ fu trasferito nel 1957 nella sede attuale, nel quartiere QT8. Elda era una donna dolce ma risoluta. Lottò per tutta la vita per poter dare assistenza a donne che secondo la morale dell’epoca non avevano alcuna visibilità.
Il Villaggio infatti fu un centro di elaborazione culturale, psicologica e pedagogica che fece scandalo negli anni ’50 per il suo obiettivo di dare dignità e autonomia a donne disperate e rifiutate dalla società. Proprio per il suo operato divenne un centro di riferimento e ancora oggi è un modello studiato in Europa e negli Stati Uniti.
Nata nel 1859 è passata alla storia per essere la fondatrice del celeberrimo asilo Mariuccia. Ersilia iniziò la sua attività pionieristica aiutando Alessandrina Ravizza nella Guardia ostetrica diurna e notturna gratuita, organizzata con l’intento di dare un servizio medico e di ascolto a donne bisognose. Ersilia aveva un animo battagliero. Nel 1900, prima donna in Italia, entrò a far parte dell’amministrazione dell’Ospedale Maggiore.
Si batté strenuamente per i diritti delle donne e si adoperava per le giovani operaie. Purtroppo nel 1901 sua figlia Mariuccia improvvisamente morì. Ersilia decise quindi di dedicare a lei un ente finalizzato al recupero delle bambine e ragazze vittime di abusi, il cosiddetto ‘Asilo Mariuccia’ che essa diresse fino alla sua morte nel 1933. Si adoperò largamente per la lotta alla prostituzione e grazie anche a lei si arrivò alla ‘Legge Carcano’che riguardava la tutela del lavoro minorile e delle donne.
Nel 1910 fu nominata membro della commissione per lo studio della delinquenza minorile e gettò le basi, grazie alle sue riforme, per la creazione del Tribunale del Minori.
#5 Maria Maddalena Rossi, una dei “padri costituenti” della Repubblica
credit: wikipedia.org
Nata nel 1906 e laureata in chimica, si distinse per la sua lotta a favore della pace e dei diritti delle donne. Feceparte dell’Assemblea Costituente della nascente Repubblica Italiana. La battaglia più tenace che combatté durante la sua vita riguardò la possibilità per le donne di accedere alle più alte cariche della magistratura poiché secondo la legge 1176 del 1919 le donne potevano esercitare tutte le professioni esclusi gli impieghi che implicassero poteri giurisdizionali. Purtroppo soltanto nel 1963 le donne poterono aver accesso alla magistratura.
#6 Alda Merini, dalla povertà al manicomio, una delle poetesse più illustri del novecento
credit: wikipedia.org
Alda Merini è una delle poetesse più conosciute ed ammirate di Milano. Nata nel 1931, vissuta e morta sempre a Milano, nei suoi versi fa trasparire l’irrequietezza e il tormento della sua vita. Diversi episodi segnarono la sua vita: la povertà, l’internamento in manicomio furono per lei occasioni di rielaborazione del suo caos interiore. La sua abitazione, situata sui Navigli era malconcia. Il pavimento era cosparso di mozziconi di sigarette, i muri erano coperti da numeri di telefono e annotazioni. Milano la ricorda con ammirazione ed affetto e le ha fatto un ultimo regalo, ad appannaggio della sua vita travagliata: l’ha iscritta nel Famedio nel Cimitero Monumentale.
#7 Antonia Pozzi, una delle maggiori poetesse milanesi del 1900, si tolse la vita a soli 26 anni
credit: wikipedia.org
Antonia Pozzi può essere definita a buon titolo una delle maggiori poetesse milanesi del 1900. Aveva un carattere schivo, solitario ed era molto sensibile. Si laureò con una tesi su Flaubert e frequentò la scuola di Milano insieme a Remo Cantoni, Vittorio Sereni, Enzo Paci. La poesia, privata di elementi alti e lirici, era il suo canale privilegiato per l’espressione dei sentimenti e delle emozioni. Dai suoi versi traspare un tormento interiore molto forte.A soli 26 anni si tolse la vita. Lasciò un biglietto per i genitori in cui spiegava il suo gesto. Essa voleva fuggire dalla disperazione che il mondo le causava.
Oltre sette su dieci dei contagiati dal coronavirus in Italia hanno pochi o nessun sintomo. I casi di Covid-19 più gravi sono circa il 7% del totale e quelli che hanno un quadro clinico critico lo 0,7%. È quanto emerge dal report aggiornato dell’Istituto superiore di sanità che ha analizzato le caratteristiche degli attuali malati nel nostro Paese.
COVID, nuovo rapporto ISS: meno dell’1% dei contagiati è GRAVE
# Meno dell’1% dei positivi è grave, il 55,9% è asintomatico, il 37% ha al massimo sintomi lievi
Il 55,9% degli attuali positivi è asintomatico. Il 15,7% è pauci-sintomatico, ha scarsi sintomi, il 21,2% ha sintomi leggermente più lievi. È il 6,6% dei positivi al Covid-19 che invece lamenta sintomi più accentuati, mentre meno dell’1% presenta un quadro clinico preoccupante.
# Il 91,2% dei contagiati è a casa o in altra struttura: tra i pazienti ospedalizzati 1 su 10 è in terapia intensiva
Dove si trovano, e in quale percentuale, i contagiati in Italia? Quanti sono in ospedale e quanti in terapia intensiva? L’ultimo rapporto dell’Iss stabilisce che l’ampia maggioranza, si parla del 91,2%, dei positivi al coronavirus sta affrontando l’infezione presso il proprio domicilio o in un’altra struttura. L’8,4% dei pazienti è stato ospedalizzato e di questi il 9,2% è in terapia intensiva a causa del virus.
# L’età dei contagiati: la maggioranza tra 19 e 50 anni, gli over 70 sono l’11,3%, i minorenni sono il 17%
In riferimento al periodo che va dal 28 settembre all’11 ottobre, il report dell’Iss evidenza che circa la metà dei malati, il 47,1% è compreso della fascia d’età dai 19 ai 50 anni. Il 24,2% dei positivi ha tra i 51 e i 70, gli over 70 solo l’11,3%. Infine, i numeri dei bambini e ragazzi (la fascia 0-18) contagiati dal coronavirus sono stimabili nel 17,3% del totale.
# La rilevazione dei casi equamente distribuita tra screening, contact tracing e pazienti con sintomi
L’Istituto superiore di sanità riferisce che la rilevazione dei casi è equamente distribuita tra attività di screening per il 31,6%, da contact tracing per il 30,5% e per il 30,6% a causa di pazienti con sintomi, rilevati quindi solo perché lamentavano disturbi, al di là della rete di tracciamento e controllo. Un dato che l’istituto definisce “preoccupante”. Del 7,3% non è nota l’origine. Decisamente ridimensionato il ruolo degli arrivi dall’estero: i casi importati sono appena il 2,4%, mentre l’88,7% è autoctono e l’1,1% proviene da una regione diversa da quella di notifica.
MILANO CITTA’ STATO
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Stop di tutte le attività e degli spostamenti nell’intera Lombardia dopo le ore 23 fino alle 5 del mattino e altre restrizioni applicabili. Vediamo quali sono le novità per i cittadini introdotte dalla giunta lombarda in seguito al collasso dei sistemi di tamponi e di tracciamento delle ATS e all’aumento dei contagi. E concludiamo con che cosa dovrebbero fare loro per compensare i disagi. Anche perchè dopo otto mesi dall’inizio dell’emergenza non può essere sempre l’unica strategia del contrastare il Covid adottare restrizioni contro i cittadini.
LOCKDOWN DI NOTTE in Lombardia: COSA CAMBIA per tutti noi e cosa dovrebbero fare i governanti per LIMITARE I DISAGI
# La richiesta della Regione Lombardia: dal 22 ottobre lockdown notturno dalle 23 alle 5, possibilità di chiusura centri commerciali nei weekend
La proposta arrivata dalla Regione Lombardia e indirizzata al governo è stata accolta positivamente dal Ministro della Salute Speranza nella giornata del 19 ottobre 2020: “Sono d’accordo sull’ipotesi di misure più restrittive in Lombardia. Ho sentito il presidente Fontana e il sindaco Beppe Sala e lavoreremo assieme in tal senso nelle prossime ore”.
Le misure previste sono sostanzialmente due:
#1 Lockdown notturno dalle 23 alle 5
La misura principale che avrà efficacia dal 22 ottobre è l’introduzione di fatto di un lockdown a partire dalle ore 23 fino alle 5 del mattino, che consiste nel divieto di spostamento su tutto il territorio regionale salvo per motivi di salute, lavoro e comprovata necessità e chiusura di tutte le attività. Per potersi spostare durante le ore del coprifuoco dovrebbe essere necessaria una autocertificazione: oggi, martedì, arriverà in merito la circolare del Viminale
#2 Chiusura dei centri commerciali nei weekend
In attesa dell’ordinanza regionale, in base a criteri definiti nel Decreto legislativo 114 del 31 marzo 1998, si intendono con “medie strutture di vendita” gli esercizi aventi superficie tra i 151 e i 1.500 metri quadrati nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e tra i 251 e i 2.500 metri quadrati nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti, e con “grandi strutture di vendita” gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui sopra.
In base a quanto evidenziato nella nota della regione, sarebbero dunque chiusi i punti vendita di grandi dimensioni di beni non di prima necessità, mentre rimarrebbero aperti i punti vendita di qualsiasi dimensione di generi alimentari come i supermercati e quelli di generi di prima necessità.
# Le nuove misure si aggiungono a quelle previste nel nuovo Dpcm
La nuova stretta della Regione Lombardia segue quella introdotta dall’ultimo Dpcm del 18 ottobre che prevede, tra le altre cose:
possibilità dalle 21 da parte dei sindaci di chiudere strade e piazze così da evitare assembramenti
orari flessibili per la scuola
chiusura dei locali chiusi a mezzanotte e dalle 18 senza servizio ai tavoli.
# Tre cose da fare per ridurre i disagi dei cittadini
Preso atto delle nuove misure restrittive, queste andranno a ricadere sui cittadini e al momento non sono previste misure compensative e per garantire una regolare circolazione durante la giornata.
#1 Aumento dei mezzi nelle ore precedenti per aiutare il rientro a casa
L’Atm a Milano ha incrementato la frequenza delle metropolitane e dei mezzi di superficie nelle ore di punta. Un incremento che sembra però ancora insufficiente alla luce degli assembramenti che si stanno registrando. A questo si aggiunge anche la necessità di un aumento nelle ore precedenti l’inizio al coprifuoco per garantire a tutti di coloro che utilizzando i mezzi pubblici di tornare a casa. Lo stesso dovrebbe fare Regione Lombardia con il servizio di Trenord, anch’esso fortemente in crisi nonostante i molti mesi in cui si sarebbe dovuto intervenire.
#2 Stop a Area B e Area C per agevolare gli spostamenti evitando assembramenti sui mezzi
Nonostante Area B sia stata da poco rimessa in funzione e Area C lo fosse già da tempo, sarebbe opportuno fermare il sistema per garantire a chi non ha possibilità di utilizzare i mezzi pubblici, complice anche la massima occupazione ferma all’80%, di entrare e muoversi in città con il proprio mezzo a quattro ruote.
#3 Un adeguato sostegno economico per i bar e le attività penalizzate dal coprifuoco
Il nuovo provvedimento regionale darà un altro colpo alle attività quali bar, ristoranti e pasticcerie e le attività commerciali in genere che subiranno una ulteriore riduzione di fatturato. Regione e Comune dovrebbero intervenire per sostenere economicamente questi imprenditori possibilmente con liquidità immediata per compensare i danni arrecati dalle misure imposte.
L’analisi frutto di un’indagine effettuata dal Daily Mail basato su 130 diversi studi restituisce un quadro drammatico: lockdown e misure anti Covid hanno avuto e avranno un impatto inquietante sulla salute di chi è malato di altri patologie. Tra mancati interventi, ritardi, depressioni causa isolamento domestico il numero di morti in più potrebbe già ora aver superato quello dei malati positivi al coronavirus. E le proiezioni sono ancora più nefaste. Vediamo i risultati dello studio.
“La salute contro la salute”: EFFETTI COLLATERALI delle restrizioni anti Covid
# Un quadro devastante frutto di un’analisi di 130 studi
Credits: dailimail.uk
Un quadro devastante dell’impatto del blocco sulla salute e il benessere della nazione è oggi rivelato in un’analisi esclusiva che riunisce più di 130 studi. L’audit del Daily Mail, basato su una ricerca pubblicata da riviste mediche, importanti accademici e enti di beneficenza, mostra che i danni inflitti dal blocco si estendono a ogni sfera della salute, inclusi cancro, malattie cardiache, dipendenza, benessere dei bambini, violenza domestica e malattie mentali.
Gli esperti affermano che l’analisi suggerisce che “anche dopo la fine della pandemia, ci vorranno anni prima che il servizio sanitario si metta al passo con gli arretrati e sarà troppo tardi per decine di migliaia di pazienti. Medici e politici hanno chiesto al governo di garantire che tutti i servizi sanitari siano protetti se la diffusione del Covid-19 continua.”
# I 10 principali effetti collaterali delle mancate cure ai malati non Covid
Nel Regno Unito sono stimati in almeno 33.000 i deceduti in eccesso rispetto alla media annuale escludendo il dato sul raddoppio di morti in lista d’attesa per trapianti, contro i circa 44.000 attuali per Covid nel Regno Unito, da attribuire a malati di cancro, di malattie cardiache e ad altre persone con varie patologie che non hanno potuto recarsi in ospedale. Secondo le proiezioni le morti non correlate al Covid nel breve-medio termine potrebbero superare quelle legate al virus proprio a causa delle misure restrittive che riducono la possibilità di trattamenti, trapianti e cure in generale.
#1 I ritardi nel trattamento dovrebbero causare un aumento del 20% dei decessi tra i malati di cancro di nuova diagnosi in Inghilterra, 6.270 morti in eccesso quest’anno
#2 Il trattamento per gli ictus è diminuito del 45% durante il lockdown e si sono verificati oltre 2.000 decessi in eccesso per malattie cardiache
#3 Sono state annullate più di 50.000 operazioni per bambini
#4 I trapianti di organi sono diminuiti del 66%, con il numero di coloro che sono morti in lista di attesa per i trapianti quasi raddoppiato
#5 Le liste di attesa totaliper le operazioni ortopediche e oculari di routine sono a livelli record
#6 Le chiamate ai servizi di assistenza telefonica per abusi sui minori sono aumentati vertiginosamente da una media di 5.593 una settimana prima del blocco a 8.287 a maggio
#7 Con il raddoppio dei tassi di depressione e ansia, migliaia di alcolisti in via di guarigione hanno avuto una ricaduta, si stima il 40% in più
#8 Il 18% degli adulti britannici ha riferito di aver avuto pensieri suicidi nel primo mese di lockdown
#9 Almeno 25.000 persone in più sono morte a casa durante la pandemia in Inghilterra e Galles perché non sono state in grado – o hanno scelto di non – andare in ospedale, con un aumento del 43,8% rispetto ai livelli normali
#10 Sono 85.400 le persone morte in case private piuttosto che in ospedali o case di cura tra il 20 marzo, quando è iniziato il lockdown, e l’11 settembre, ha rivelato un rapporto dell’Ufficio per le statistiche nazionali, l’equivalente di circa 100 morti extra al giorno.
# Le critiche del professor Karol Sikora, specialista in cancro e capo della Buckingham Medical School
Il professor Karol Sikora, uno specialista in cancro e capo della Buckingham Medical School, ha affermato che i risultati dell’audit del Mail sono stati una “straordinaria dimostrazione degli effetti dannosi dei lockdown nella società“. Ha aggiunto: “Se il lockdown fosse un farmaco, dovresti considerare gli effetti collaterali, eppure non lo facciamo, anche se sembra che ci stiamo tuffando a capofitto in un altro lockdowm.”
“Le persone a volte affermano che è una questione di salute contro l’economia, ma non lo è – è la salute contro la salute.” Il professor Sikora sostiene la Dichiarazione di Great Barrington della scorsa settimana, ora firmata da più di 10.700 scienziati e 29.700 medici in tutto il mondo, chiedendo ai governi approccio di “protezione mirata”, proteggendo i vulnerabili mentre si apre l’economia.
Sunetra Gupta, uno degli autori della Dichiarazione e un epidemiologo dell’Università di Oxford, ha dichiarato: “Questi documenti e dati stanno iniziando a costruire le prove per dimostrare che il danno collaterale è stato immenso e continuerà con misure estreme come i lockdown. È sicuramente giunto il momento di prendere in considerazione le misure dei loro costi totali. ”
Secondo te, il GOVERNO dovrebbe adottare ancora PIÙ RESTRIZIONI o dare PIÙ LIBERTÀ ai cittadini?
Vista la situazione del Paese a distanza di quasi otto mesi dall’inizio della pandemia, il governo secondo te dovrebbe insistere sulla politica delle restrizioni imponendo misure ancora più rigide oppure dovrebbe lasciare più libertà ai cittadini sostituendo alcuni degli obblighi con consigli e raccomandazioni?
Ecco il sondaggio:
rispondendo “più restrizioni” sei a favore della strategia delle restrizioni e vorresti che il governo adottasse misure ancora più più restrittive
rispondendo “più libertà ai cittadini” sei a favore di un cambio di rotta rispetto alla strategia attuale e vorresti che invece venisse lasciata più libertà ai cittadini, sostituendo alcuni degli obblighi e divieti con consigli e raccomandazioni
Il governo dovrebbe adottare più restrizioni o dare più libertà ai cittadini?
Più libertà ai cittadini (62%, 79 Votes)
Più restrizioni (38%, 48 Votes)
Total Voters: 127
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E se hai qualche consiglio su quello che secondo te andrebbe fatto di diverso, scrivilo nei commenti. Grazie
MILANO CITTA’ STATO
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Credits: corriere.it - Variazioni tassi imprese per età
L’imprenditore non è (più) un mestiere per giovani. L’indagine condotta da Unioncamere e Infocamere mostra dei dati preoccupanti per il futuro del nostro Paese: quasi il 70% dei piccoli imprenditori sono over 50, mentre gli under 30 sono in forte calo.
Allarme: i GIOVANI italiani non fanno più gli IMPRENDITORI
# In 10 anni perse 230.000 attività, i piccoli imprenditori over 50 passati dal 55% al 67%
Credits: corriere.it – Variazioni tassi imprese per età
Una delle azioni da mettere in campo per far ripartire l’Italia è stimolare l’apertura di nuove imprese, soprattutto innovative per gli under 35. Anche perché la situazione nel nostro Paese è davvero sconfortante: in molti settori la percentuale di imprenditori under 35 è inferiore al 10%. In dieci anni tra il marzo 2010 e il marzo 2020 la quota degli over 50 tra i piccoli imprenditori italiani è passata dal 54,8% al 66,4%. In termini assoluti sono aumentati di 200.000 unità da 1,7 milioni a 1,9 milioni, tenendo conto però che il numero complessivo delle imprese individuali è sceso nel frattempo di 230 mila unità, a 3,1 milioni.
# I risultati dell’indagine di Unioncamere-InfoCamere: il baricentro dell’impresa tra i 50 e 69 anni
L’indagine condotta grazie alla collaborazione di Unioncamere-InfoCamere che, sulla base del Registro delle imprese, ha classificato i 3 milioni di ditte individuali secondo quattro classi di età (18-29 anni, 30-49, 50-69 e da 70 in su) è arrivata alla conclusione che il baricentro dell’impresa italiana ormai sta nella classe tra i 50 e i 69 anni. Infatti gli imprenditori tra i 30 e i 49 anni in 10 anni sono diminuiti di 400 mila unità, mentre quelli tra 50 e 69 sono cresciuti «controvento» di 195 mila.
# Nell’agricoltura il 72,3% degli over 50. Sul totale dei settori -45.000 imprenditori under 30
Analizzando i singoli settori possiamo vedere come gli over 50 nell’agricoltura siano il 72,3% e nella manifattura il 60,3% (nel 2010 i Piccoli sopra i 50 anni erano il 44,3% delle imprese manifatturiere individuali). Anche nelle costruzioni, dove grazie all’apporto degli immigrati-imprenditori l’età media era nel 2010 più bassa degli altri settori, la tendenza è diventata la stessa, sono spariti 117 mila capi-azienda tra i 30 e i 49 anni. Se prendiamo poi i soli giovani imprenditori under30 in questi 10 anni il bilancio è altrettanto negativo: sono diminuiti di ben 45 mila unità.
# La soluzione per la ripartenza dell’Italia: incentivi, defiscalizzazione, riduzione delle imposte
I dati dell’indagine pongono alla luce un fattore da non sottovalutare: solo chi ha una solidità finanziaria e quindi sopra una certa soglia d’età riesce a fare impresa. Di questo passo le nuove generazioni avranno meno posti di lavoro e creeranno sempre meno imprese, portando un drastico peggioramento dell’economia italiana nei prossimi decenni oltre ai danni già prodotti dalle conseguenze del Covid.
La soluzione del governo non deve quindi essere quelle di accrescere il debito pubblico, che andrà a carico appunto dei giovani di oggi e del futuro, per bonus e interventi spot assistenzialistici, ma agire in maniera strutturale per favorire le imprese. In particolar modo quelle degli under 35 con incentivi per fare investimenti, defiscalizzazioni e azzeramento delle imposte e dei contributi per i primi anni di attività. Tutte le manovre finora approvate hanno promesso liquidità solo in parte giunta a destinazione, per questo sarebbe più facile decidere di intervenire a livello fiscale per dare nuovo impulso all’economia e non condannare a morte l’Italia.
MILANO CITTA’ STATO
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Gli italiani sono tutti allenatori. Vale soprattutto per le misure anti Covid, anche se su questo forse qualche ragione l’abbiamo visto che ci riguardano molto da vicino. Abbiamo provato a sintetizzare i contenuti del nuovo DPCM illustrati la sera del 18 ottobre dal premier Conte descrivendo in breve ciò che che abbiamo apprezzato di più e quello che invece abbiamo apprezzato di meno.
Conte e nuovo DPCM: cosa ci è piaciuto di più e cosa ci è piaciuto di meno
Quello che ci è piaciuto di più: aver (provato) a dare più autonomia ai sindaci
Durante la conferenza stampa Conte ha dichiarato che avrebbe dato più potere e responsabilità ai sindaci contro il Covid. Una mossa che segue quanto fatto da Macron in Francia che ha assegnato ai sindaci più potere di decisione sulla loro città. Questo ha portato alcuni centri come Marsiglia, Parigi e Bordeaux a intervenire in modo più restrittivo rispetto ad altri, come Nizza o Lione che hanno mantenuto una linea più soft. Dare potere ai comuni segue anche modelli di successo a noi vicini, come Svizzera, Austria o Germania, dove alcuni comuni sono vere e proprie città stato con massimi poteri decisionali, come Berlino, Amburgo, Brema, Vienna o Basilea. Paesi che tra l’altro presentano al momento alcuni tra i risultati migliori nella gestione dei contagi e come tasso di letalità. Purtroppo, a seguito della conferenza stampa si è avuta una protesta dei sindaci, sia a livello individuale come Giorgio Gori che a nome dell’ANCI, questa assegnazione di autonomia ai sindaci è stata tolta nel documento finale ed è stata sostituita con un riferimento più vago senza un’indicazione dell’ente territoriale che deve esercitare questo potere. Pur comprendendo alcune delle loro ragioni, crediamo che sia stata un’occasione persa per i sindaci di guadagnare più poteri ma forse, parafrasando Flaiano, in Italia non è l’autonomia che manca, a mancare sono i politici autonomi.
Quello che non ci è piaciuto: fate i bravi o vi buco il pallone
Dopo la conferenza stampa sui social una delle battute che circolava era: Conte ha minacciato di bucare il pallone alle palestre. Questo perchè ha detto che se non si metteranno tutte in regola con le disposizioni anti Covid entro la prossima settimana, il governo avrebbe provveduto a chiuderle. In generale, quello che non ci è piaciuto è proprio questo: proiettare sui cittadini e sulle imprese tutto ciò che deve essere fatto per arginare il Covid. E, di conseguenza, viene scaricata su tutti noi ogni responsabilità a priori nel caso in cui i risultati fossero deludenti, come è implicito nella risposta del premier alla domanda se i cittadini possono prenotare le vacanze di Natale: “dipenderà dal comportamento di tutti“. Nessun cenno del premier invece a quello che lo Stato invece deve fare per far fronte a problemi oggettivi che si sono registrati. Nessun cenno ai banchi che dovevano essere consegnati alle scuole, né a interventi per risolvere la congestione dei trasporti, né a come risolvere l’impasse e il caos organizzativo di tamponi e sistema di tracciamenti, nessun cenno infine a potenziare le strutture per isolare i malati non gravi, a mettere in protezione le RSA e a rafforzare gli ospedali o ai loro protocolli di cura.
In generale ci sembra che quando Conte parla dei compiti del governo lo faccia solo per celebrare i suoi successi, mentre diventa più vago su quello che si dovrebbe impegnare a fare. Parafrasando Flaiano, forse in Italia a mancare non sono i cittadini responsabili ma la responsabilità di chi li governa.
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Gialla, rossa, viola o verde? Oppure blu? Scegli la tua linea preferita e scoprirai chi sei. Perchè le linee della metro di Milano non sono semplicemente un tragitto, ma hanno un’anima, una propria mentalità segnata dai luoghi che attraversano e dalle persone che le utilizzano.
La MENTALITÀ delle linee della METRO MILANESE
#1 Gialla => snob
Credits: milanotoday.it – Montenapoleone M3
Non può essere altrimenti, la linea infatti ferma a Duomo dove troviamo la Rinascente e Galleria Vittorio Emanuele e soprattutto a Montenapoleone dove è concentrato tutto il meglio del fashion di lusso. Scendendo verso sud tra Porta Romana e Missori aumenta l’affluenza di hipster e radical chic, mentre andando a nord si incontrano gli uffici dei liberi professionisti, le banche d’affari e le boutique del lusso. Se questa è la tua linea preferita sei una persona chic, raffinata, con un pizzico di puzza sotto il naso.
#2 Rossa => borghesia tradizionale
Fermata Castello
Passa per il cuore di Milano: Duomo, Cordusio e Cairoli, Castello, fino ad Amendola attraversa i quartieri residenziali della media e storica borghesia milanese. Andando verso nord-est troviamo Porta Venezia con i suoi palazzi liberty e poi avanza percorrendo Nolo fino alla storica periferia industriale. Se preferisci la rossa, sei una persona della tradizione milanese, bauscia, borghese, un po’ conservatrice.
#3 Verde => working class e turisti
Credits: corriere.it – Porta Nuova
La linea è approdo di molti turisti e pendolari: è infatti la linea delle stazioni con le fermate di Centrale FS, Porta Garibaldi Fs e Cadorna Fs. Unisce l’hinterland con la city finanziaria sede delle più importanti società internazionali e istituti bancari dopo si mescolano addetti alle pulizie e manager in giacca e cravatta. E’ anche quella che si spinge più al di fuori della città, uscendo anche allo scoperto, a nord est e a sud. Se la tua preferita è la verde, sei una persona creativa, dalla mentalità aperta, con la valigia in mano o, quantomeno, sempre pronta nell’armadio.
#4 Lilla => giovani e tifosi
Credits: europanelmondo.it – M5 Stadio San Siro
L’unica linea che non passa per il centro. Attraversa il nord della città, passando nella zona della movida di Isola e Corso Como e ha il suo capolinea allo Stadio di San Siro. A nord-est percorre il viale Fulvio Testi dove per via dell’Università Bicocca e del costo più basso degli affitti è uno dei quartiere di Milano con l’età media più bassa. Se ti piace la lilla sei una persona giovane, di età o di mentalità, simpatica, alla mano, amante delle relazioni e sempre alla ricerca di persone nuove.
#5 Blu => fantasmi urbani
Una delle ipotesti iniziali dell’uscita San Babila M4
La futura linea blu è stata scavata lungo tutto il suo intero tracciato, ma a causa degli effetti della pandemia con Linate, il capolinea ad est, che non si sa quando e soprattutto se tornerà a regime con i voli, la sua data di apertura è ancora non sicura. Se preferisci la linea blu sei una persona fantasiosa, visionaria, senza limiti di pensiero. O semplicemente sei un fantasma urbano.
MILANO CITTA’ STATO
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Qual è la villa più costosa in vendita in Italia? Si trova nella provincia veneziana ed è stata la dimora di nobili e famiglie influenti. La cifra per averla è esagerata: scopriamo tutte le foto e i dettagli della proprietà.
La VILLA più COSTOSA in VENDITA in Italia (Gallery fotografica)
# Immersa in un parco secolare, con un campo da golf e una foresteria affrescata
Interni villa
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Credits: luxuryrealestate.it -
Si tratta di una villa del Cinquecento, anche se le origini del complesso sono databili alla fine del Quattrocento quando i nobili veneziani proprietari del terreno avviarono i lavori di costruzione della loro prestigiosa dimora di campagna. Si trova nel comune di Martellago in provincia di Venezia. È immersa in uno spettacolare parco secolare che ospita un grande e noto campo da golf a 18 buche, spesso sede di grandi eventi sportivi. Tra le strutture di proprietà ci sono anche l’oratorio, oggi sede di mostre e convegni, i campi da tennis, la piscina, delle pregiatissime cantine che ospitano botti in rovere dipinte a mano, l’auditorium per congressi ed eventi culturali, la foresteria affrescata.
Lo schema architettonico è quello tipico delle ville venete di alto livello, con un corpo centrale, un ampio balcone, la trifora al piano nobile e la facciata dipinta.
# Il prezzo? 35 milioni di euro per questa dimora da 4.000 mq
Esterno villa
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La dimora, ricca di storia, è stata negli anni residenza di famiglie influenti, diventando spesso luogo di ritrovo di artisti, musicisti e scrittori che erano soliti ritrovarsi nella sala della biblioteca, sul cui soffitto rimane ancora un affresco raffigurante un concerto. Il grande e spettacolare parco fu completato a inizio Settecento con eleganti aiuole, una peschiera ancora esistente, orti, statue allegoriche decorative e un romantico gazebo in pietra, nonché i pregiati cedri e le secolari specie arboree.
All’interno della corte sono presenti le barchesse, una ad est dell’abitazione adibita a foresteria per gli ospiti. A fianco alla villa di lusso in vendita ci sono anche: un granaio, le cantine di origine cinquecentesca recentemente restaurate, un palazzo a forma di torre, la fattoria, una casetta indipendente. Il prezzo è di 35 milioni per una villa di 4.000 mq. che conta5 locali giorno, 3 camere da letto, due bagni, un ascensore e ovviamente l’immenso parco e tutte le strutture attorno.
Porta Lodovica è risultato al primo posto in una classifica dei quartieriche offrono la migliore vivibilità a Milano. Vediamo qual è la sua storia e i suoi due segreti di successo.
I segreti del successo di PORTA LODOVICA, il “miglior quartiere” dove vivere a Milano
# Eretta da Ludovico il Moro (da qui il nome) per fare entrare i pellegrini
credit: vecchiamilano.wordpress.com
Porta Lodovica fu eretta nel 1486 per volere di Ludovico Il Moro, da cui prende il nome, e serviva principalmente per far entrare ipellegrini diretti alla chiesa di San Celso e successivamente alla chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Rimase immutata per secoli, poi, nel 1860, la città incominciò ad espandersi oltre le mura e i bastioni persero la loro primordiale funzione di difesa.
# Nell’ottocento divenne casello per i dazi
Venne così allargato il varco e costruito un piccolo casello che serviva per riscuotere i dazi. Dal 1880 rimase al centro il semplice arco aperto nelle mura e il casello dei dazi, mentre i bastioni vennero smantellati perché considerati inutili, di intralcio al passaggio e all’espansione edilizia della città. Demolito alla fine dell’Ottocento l’arco neoclassico, e nel 1905 il casello daziario.
# Da qui partiva il tram a vapore “Gamba de Legn” per Pavia
Credit: vecchiamilano.wordpress.com
Per molti anni Porta Lodovica ha ospitato la stazione delGamba de Legn, la locomotiva a vapore, in direzione Pavia. La stazione era ubicata proprio in viale di Porta Lodovica, oggi viale Bligny. In passato era, inoltre, conosciuta perché ospitava nelle sue vicinanze, lungo la strada per Morivione, oggi via Pietro Teulié, una delle più importanti fabbriche di gas che veniva utilizzato principalmente per l’illuminazione cittadina.
La sua storia gloriosa è uno dei segreti del suo successo. Ma quali sono gli altri? Sono soprattutto due.
#1 Una zona a misura d’uomo vicina al centro storico
Porta Lodovica è sempre stata, ed oggi più che mai, una zona nevralgica della città dove hanno sede uffici di importanti aziende, studi privati notarili e di architettura. Seppur molto trafficata, rimane comunque una zona tranquilla e a misura d’uomo dove è piacevole abitare. Vicina al Centro Storico, ai Navigli, a Porta Romana, Vicentina e Ticinese è ottimamente servita da mezzi pubblici e da servizi di ogni genere: supermercati, farmacie, scuole, ristoranti, palestre e storiche pasticcerie e caffetterie. Una ricca e vivace movida anima anche le colorate serate della zona.
#2 Una zona giovane, polo attrattivo per gli studenti universitari e le giovani coppie
Credits: Urbanfile -Studentato in costruzione in Via Giovenale
La sua vicinanza all’Università rende l’area circostante una zona privilegiata per accogliere gli studenti. Tantissime sono infatti le abitazioni a loro destinate. Ma non ci sono solo studenti e professionisti, ma anche giovani coppie e nuclei familiari. Si tratta insomma di un quartiere che nei prossimi anni è destinato a subire un grande cambiamento non solo dal punto di vista urbanistico e architettonico ma anche demografico e sociale.
“Tutte le misure emergenziali hanno colpito in particolare Milano e la Lombardia. Potrei dire con una certa sicurezza che ci risiamo: vogliono mettere in ginocchio Milano e la Lombardia“. Questo il grido di allarme del filosofo Fusaro, uno degli intellettuali più critico nei confronti del governo e della politica di gestione dell’epidemia attuata finora in Italia. Ma vediamo un estratto delle sue ultime dichiarazioni.
L’allarme di Fusaro: “VOGLIONO DISTRUGGERE MILANO”
“Non deve stupire che tra i grandi prossimi obiettivi prescelti vi sia Milano e, in generale, la Lombardia”.
“Già da tempo Milano e la Lombardia sono stati il fuoco prospettico attorno al quale sono orbitate tutte le principali strette emergenziali, tutte le principali misure repressive. Ricorderete il modo in cui è stata trattata la Lombardia nell’emergenza Covid con grigi burocrati di provincia che non vedevano l’ora di commissariarla e di metterla in ginocchio. Potrei dire con una certa sicurezza che ci risiamo: presto riallungheranno le loro mani sudicie sulla Lombardia con l’obiettivo di metterla in ginocchio.
Mettere in ginocchio Milano e la Lombardia significa mettere in ginocchio il cuore del Paese. Non solo la regione più popolosa d’Italia ma anche quella insieme al Veneto più produttiva, dove la società civile è più impegnata nei processi della produzione, dove in sostanza abbiamo il volano dell’economia italiana”.
“La Lombardia sarà la prossima a essere colpita”
Clicca qui sotto nel video per l’intero discorso.
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Capitale mondiale della moda, dell’eleganza, dello shopping, importantissimo luogo di riferimento del design, il salone del mobile le tante fiere di settore, le start up, le importanti aziende, mecca per tanti creativi da tutto il mondo. L’unica capitale mondiale del calcio, l’unica a vantare due squadre con la coppa dei campioni, un enorme patrimonio storico artistico oltre ad una rilevante importanza economica, negli ultimi anni anche grazie all‘Expo è divenuta una meta turistica richiestissima.
Non possiamo però fingere o ignorare che Milano sia ancora incompiuta, di seconda fascia: importante centro economico finanziario ma con scarso peso politico.
Ma quali sono le criticità che la rendono tanto provinciale?
7+1 motivi per cui MILANO è PROVINCIALE
#1 Scarsa accessibilità aeroportuale
Credits: repubblica.it – Alitalia a Linate
Il confronto con altre realtà metropolitane europee è impietoso: paragonare i movimenti aerei di Amsterdam, Monaco, Zurigo, Parigi, per non parlare di Francoforte è umiliante, oltre alla vergognosa compagnia di bandiera romanocentrica. Anche l’accanimento a voler preservare Linate, una delle cause del mancato accordo con KLM che avrebbe fatto di Malpensa il principale scalo del Sud Europa, è colpa dei Milanesi e delle loro amministrazioni. Teniamoci il l’aeroporto tascabile e continuiamo a fare scalo a Francoforte per la gioia dei tedeschi.
#2 Il terminal dei pullman internazionali da terzo mondo
Lampugnano
Parlando sempre di trasporti, sembra incredibile, ma a Milano non esiste, a differenza di tante città europee più o meno grandi, una stazione dei pullman degna di questo nome. Lampugnano possiamo solo considerarla una sosta per andare in bagno, tra l’altro una sosta squallida, tra senzatetto ed erbacce.
Sì può preferire il treno, l’auto, la nave, l’aereo o il monopattino per spostarsi, ma che piaccia o no, tanti viaggiatori prediligono il pullman per i più svariati motivi. Svilire questo tipo di trasporto con dei “terminal” da terzo mondo penalizza Milano. Aspettiamo fiduciosi una svolta.
#3 Senza treni notturni e senza collegamenti con le capitale europee
Certo le nostre stazioni sono belle, la Centrale è monumentale, dopo il restyling la troviamo accogliente, pulita, con tanti servizi. Anche la Stazione Garibaldi moderna e ben inserita nel centro città è all’altezza delle aspettative. I collegamenti da e per Milano con il resto d’Italia sono frequenti e Milano è al centro di tutte le direttrici dell’Alta Velocità.
La nota dolente purtroppo la si nota guardando il tabellone delle partenze. Ad eccezione di alcune città svizzere, alcuni collegamenti con la Francia e un settimanale per Mosca, le connessioni internazionali ci paiono davvero poche. Soprattutto pensando allo scalo ferroviario di Vienna con treni per Varsavia, Budapest, Bucarest, Monaco, Parigi, Belgrado. Sono inoltre quasi assenti i collegamenti notturni, non ci dispiacerebbe vedere una stazione aperta 24h con connessioni per tutta Europa.
#4 Orari non da metropoli
Milano è da tempo una città turistica e che i milanesi rispetto a tanti anni fa amino molto di più fare tardi la sera e uscire anche nei giorni infrasettimanali in tutte le stagioni è un dato di fatto. Nonostante ciò, mangiare dopo le 23 è un problema. Finalmente ci sono diversi supermercati e palestre aperti tutta notte mezzi pubblici che, con molte limitazioni viaggiano ininterrottamente.
Trovare invece un ristorante o una pizzeria aperte a tarda ora è quasi impossibile. Persino nel futuristico complesso di City Life all’uscita dell’ultimo spettacolo cinematografico trovi solo i portieri pronti a chiudere gli ingressi. Impossibile bersi una birra o mangiarsi un panino! Vorremmo una città h24 anche per tanti altri servizi!
#5 L’illuminazione pessima anche nel centro
Credits: Urbanfile – Milano al buio
Milano nonostante le varie speculazioni edilizie, i bombardamenti, le frettolose e maldestre ricostruzioni anni 50/60, conserva innumerevoli splendidi palazzi, bellissimi scorci, eppure è Milano appare una città buia e male illuminata. Corso di Porta Venezia, tanto per citarne uno è bellissimo e elegante, eppure passeggiandoci di sera quasi non lo si nota.
#6 Lentezza nel realizzare qualsiasi cosa
Credits: ilsole24ore.com – Prolungamento M1 di 2km verso Monza da anni aspetta la conclusione dei lavori
Non neghiamo che negli ultimi 20 anni Milano abbia subito tante positive trasformazioni che l’hanno quasi completamente cambiata, però è incredibile che ci vogliano anni per realizzare un prolungamento della metropolitana, per recuperare un’area dismessa o per riaprire dieci metri di naviglio.
#7 Arredo urbano da terzo mondo
Arredo Urbano - Urbanfile
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Piazza Firenze
Una certa sciatteria si nota nella scarsa attenzione che da tantissimo tempo si riserva ai dettagli. Cartelli arrugginiti, strisce pedonali sbiadite o cancellate, pali in bilico, pavé dissestato e spesso sostituito da catrame che alla prima pioggia si sbriciola. Non nascondiamoci, dobbiamo fare uno sforzo in più!
#7+1 Il provincialismo dei milanesi
Credits: views24.it – Finale Real-Atletico Madrid a Milano
Il provincialismo dei milanesi emerge in tante forme anche apparentemente contraddittorie. C’è l’entusiasmo sfrenato per tutto ciò che in città arriva dall’estero, una multinazionale che apre un ufficio o una catena che apre un negozio in centro. Se annunciano un volo super veloce tra Londra e New York ci entusiasmiamo anziché risentirci perché lo stesso volo non è stato previsto decollare da un nostro aeroporto.
Il provincialismo si affaccia anche quando i milanesi hanno paura di confrontarsi con le altre città del mondo, le criticano o denigrano invece di cercare di importare da loro quello che potrebbe renderci la vita migliore e, invece, ci si rinchiude nell’ombelico a misurarci con altre città d’Italia, specie quelle che stanno andando alla deriva.
Il provincialismo milanese emerge purtroppo in tanti, troppi comitati di quartiere di casalinghe e pensionati che si lamentano per il rumore dei concerti dello stadio, per i lavori della metro, e quando si alzano le barricate contro qualunque innovazione che possa rendere Milano ancora più internazionale. Pensare in modo non provinciale significa capire che vivere in una metropoli comporta anche disagi non solo vantaggi.
Provinciale è anche il rapporto con la politica romana. Milano è sempre stata incapace di contare nelle istituzioni romane, affidando il suo destino a governi trattati da Milano più come un sovrano assoluto che un organo di potere da cui si deve pretendere un’autonomia all’altezza di una metropoli internazionale.
ANDREA URBANO
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pizzo sella nella foto spettacolare di Giuseppe Zito (fonte: @giuseppe.zito - Instagram)
In questi tempi di pandemia, forse a causa del tempo che abbiamo avuto per riflettere, in molti hanno pensato che fosse arrivato il momento di approfittarne per liberarsi di legami passati, vecchie convinzioni (e convenzioni) o semplicemente stili di pensiero. L’Italia è da sempre il paese delle questioni irrisolte, delle opinioni contrastanti e del “ci penserà qualcun altro”. Ma qualcuno dovrà pur pensarci prima o poi, no? Ecco a voi una selezione delle cose da eliminare, oggi, nel nostro Paese.
10 cose da ELIMINARE in ITALIA
#1 Gli ecomostri che deturpano il Paese più bello del mondo
L’abusivismo edilizio ha infettato il nostro paese molto più del Covid, ma ha colpito la terra prima ancora che gli esseri umani. A partire dal primo caso storico, l’Hotel Fuenti di Vietri sul mare, si potrebbe costituire un almanacco dell’abusivismo, aggiornato di anno in anno. Ne elenchiamo 4 fra i casi più celebri, uno per macroarea d’Italia. La Città dei Balocchi di Consonno, Lecco al Nord, l’ecomostro di Sammezzano a Reggello (FI) al Centro, la Baia dei Campi di Vieste (Foggia) al Sud e il villaggio di Pizzo Sella a Palermo (Isole), non a caso soprannominato “La Collina del disonore”.
Pizzo Sella – la collina del disonore
# 2 La burocrazia peggiore d’Europa
Prima della pandemia, Confartigianato ha completato la stesura dell’indice europeo sulla qualità dei servizi offerti dagli uffici pubblici (in Europa). Salta fuori che sul podio ci sono Finlandia, Paesi Bassi e Benelux, mentre il fanalino di coda è rappresentato da Slovacchia, Italia e Grecia. Incomunicabilità, poca trasparenza, adempimenti troppo onerosi e incertezza giuridica sono le ganasce della nostra burocrazia. Le colpe sono tutte della politica, della pigrizia degli italiani o dei furbetti del cartellino? La soluzione non è affatto semplice.
# 3 Il balletto sui limiti di velocità
Sulla sicurezza non si scherza, lo sappiamo tutti. La soglia continentale di sicurezza standard è stabilita in 30 decessi all’anno per milione di abitanti, e in Europa ci sono approcci diversi. Spagna e Francia stanno diminuendo i limiti. La Germania ha da sempre un sistema di limiti di velocità variabili per zone, mentre l’Austria ha aumentato di poco da 130 a 140kmh, e questi due paesi vantano numeri moderati di incidenti. Gran Bretagna e Svezia hanno limiti fissi e sono accomunati dall’essere i paesi più sicuri in strada. In Italia si discute da anni dell’aumento del limite autostradale da 130 a 150 kmh, altri suggeriscono un eliminazione progressiva, ma totale. Voi che ne pensate?
# 4 I pedaggi autostradali: costosi e mal gestiti
Secondo una relazione della Corte dei conti del dicembre 2019, di 6.5 miliardi di euro incassati dalle società concessionarie, 959 milioni sono stati spesi in investimenti, 961 milioni per il personali e solo 732 milioni per manutenzione. Se tutto fosse gestito da Anas (quindi dallo Stato), si potrebbe eliminare pedaggi e caselli liberandosi al contempo anche delle code, con un costo di gestione di soli 2 miliardi. Gli italiani dovrebbero pagare un ticket, o bollino/vignetta che dir si voglia con un costo annuale che oscilla fra i 51 e gli 85 euro. Inoltre questo spingerebbe persone più sedentarie a utilizzare maggiormente l’auto, con qualche lacrima in più per l’ambiente, ma con un rinforzo significativo dell’economia.
# 5 La ferie in Agosto, retaggio dai tempi dei romani
Le vacanze estive a cui siamo abituati noi italiani risalgono alle Ferie Augusti, istituite come festività dall’Imperatore romano nel 18 a.C. Ma le ferie ad Agosto sono sempre state un arma a doppio taglio. Sia per il lavoratore, costretto ad affollamenti di spiagge e ristoranti e prezzi più alti, sia per le aziende, complicando l’allocazione delle ferie per i dipendenti e rappresentando un freno alla continuità/produttività. In molti oggi pensano che le ferie di Agosto andrebbero abolite, soprattutto dopo che il Covid ha trasformato il nostro modo di viaggiare.
# 6 Invidia sociale, più infida della burocrazia
Questa è una piaga molto più infida della burocrazia o dei pedaggi autostradali. Va di pari passo con l’ultimo punto, ragion per cui affrontiamo la questione alla fine di questo articolo.
L’invidia – Giotto (Cappella degli Scrovegni) L’invidia fa bruciare l’invidiosa che denigra l’invidiato ma viene colpita dalla sua stessa malvagità. Il serpente della calunnia si rivolta contro di lei colpendole gli occhi
# 7 Alitalia che ci è costata 10 miliardi in 40 anni
L’ultimo prestito ponte di 900 milioni è stato solo la ciliegina finale di una compagnia che negli anni ’70 era probabilmente la migliore azienda al mondo, ma che non ha saputo adattarsi e rimodellarsi con l’ultimo periodo della storia contemporanea d’Italia. La compagnia di bandiera aveva perso molte quote di mercato ben prima del Covid, e ha gravato sui contribuenti qualcosa come 10 miliardi di euroin 40 anni di crisi. Il problema va risolto una volta per tutte e secondo le esigenze di tutti. Le migliaia di dipendenti che ci lavorano e le necessità di milioni di passeggeri, certo, ma anche gli italiani che continuano a pagare per sostenerla da decenni.
# 8 Assistenzialismo invece di meritocrazia, competizione e investimento
Alzi la mano chi in questi mesi ha conosciuto una persona percettore di reddito di cittadinanza con atteggiamento positivo, ottimista, grato nei confronti dello Stato e fiducioso per il proprio futuro. Sull’assistenzialismo si sono aperte discussioni politiche infinite, con la destra (o quel che ne resta) che lo vede come una lenta strada verso il totalitarismo e la sinistra (o quel che ne resta) che ne elogia l’idea ma non le modalità di fruizione.
Il solito garbuglio all’italiana, in cui tutti accusano tutti ma nessuno fa niente di concreto. Noi riteniamo che una forma di assistenza sia saggia, ma solo se protegga le persone in reale e comprovata difficoltà, che sia tracciabile con sistemi più affidabili per evitare sprechi e che non permetta di essere usata per comprarsi svaghi o beni non necessari. La tutela assistenzialista non può voler dire protezione eterna ai danni dello Stato. Il Welfare, nel senso più moderno del termine, andrebbe sempre costruito attorno (e non indipendentemente da) valori come meritocrazia, competizione e investimento.
# 9 Programmi Tv trash
Qui siamo lapidari. Capiamo il valore di mercato di certi programmi, capiamo il posto di lavoro delle migliaia di dipendenti dei network, capiamo la fetta di pubblico consistente ma… Abbiamo davvero bisogno della d’Urso o del Grande Fratello? Alberto Angela continua a battere i reality in share di audience come se nulla fosse. La nostra ricetta è semplice. Meno gossip, più cultura.
# 10 Il piagnisteo: un comportamento polemico a braccetto con l’invidia sociale
Recentemente ho letto un articolo di Roger Cohen del New York Times, secondo il quale gli italiani hanno fatto quello che non erano mai riusciti a fare in 160 anni di storia: unirsi per affrontare un nemico comune. Elogi che hanno anticipato quelli elargiti poi dal Financial Times, come da altre testate sparse qua e là per il globo. Ma fra tante peculiarità, c’è una cosa in cui noi italiani siamo bravissimi, un aspetto che quasi nessun italiano onesto avrebbe il coraggio di smentire. Dare la colpa agli altri, quando la colpa è solo nostra. Polemizzare, lamentarsi, frignare, attaccare il prossimo, sviare dalle questioni, mentire spudoratamente, offendersi, fare le vittime, contrattaccare e insultare. Sono tutte manifestazioni più o meno esplicite di un atteggiamento sociale tanto diffuso quanto malsano. Il piagnisteo. Un uomo, il suo ego, e la ribellione contro il SISTEMA. Un comportamento polemico e piagnone, a braccetto con l’invidia sociale, che il malcapitato si ritrova a sfoderare perché, al solito, di fronte a una figuraccia è meglio alzare la voce e accusare qualcun altro, anziché avere l’umiltà e l’intelligenza di dire: scusate, ho sbagliato.
# Lavori in corso: manca un progetto di crescita per l’individuo
Non c’è niente da fare. Possiamo avere il paese più bello del mondo, arte e cultura da vendere, storia, monumenti, folklore e buona cucina, ma senza un vero progetto di crescita e sviluppo personale, che parta appunto dall’individuo e arrivi a creare una collettività e una società più aperta, più pragmatica, più fiduciosa e positiva a partire dai piccoli gesti quotidiani, per certi italiani mentalmente pigri il piagnisteo è e resterà l’arma di combattimento unica, contro le ingiustizie di questo mondo crudele. In questo, siamo e saremo sempre dei numeri 1. E se state pensando che anche io mi stia lamentando di questi lamenti… Beh, avete ragione. In fin dei conti, per quanto globetrotter, sono italiano anch’io.
CARLO CHIODO
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Si parla tanto del paese scandinavo come esempio limite. Ma quali sono le misure adottate contro il Covid? L’Agenzia per la sanità pubblica svedese ha pubblicato le linee guida aggiornate sui comportamenti da tenere per fronteggiare la pandemia da Covid. Da considerare che si tratta di raccomandazioni: il mancato rispetto non ha comunque conseguenze legali né sono previste multe per la loro violazione. La mascherina non è contemplata né raccomandata. Vediamo le misure nello specifico utili come spunto di riflessione.
#1 Se hai sintomi di raffreddore o influenza è consigliato restare a casa per almeno sette giorni
Per almeno sette giorni dopo la prima sensazione di malessere come raffreddore, leggera tosse, mal di gola o naso che cola, e due giorni dopo essere stati completamente liberi dai sintomi è consigliato rimanere a casa. Dovresti anche rimanere a casa se qualcun altro nella tua famiglia è risultato positivo al coronavirus, anche se non hai sintomi. I bambini possono comunque andare a scuola.
#2 Con sintomi che durano più di 24 ore sottoponiti al test. Se risulti positivo stai a casa per almeno sette giorni (e almeno due senza sintomi)
Non presentarsi presso l’ospedale, la farmacia o lo studio medico locali a meno che non sia consigliato da un medico. La regione di Stoccolma offre un test online in cui puoi valutare i tuoi sintomi e vedere quale tipo di cura è più adatto. Sottoponiti al test per il coronavirus se hai sintomi che durano più di 24 ore e non hai altre cause evidenti come emicrania o allergie.Se risulti positivo al Covid-19, dovresti continuare a rimanere a casa per un minimo di sette giorni dopo il primo sintomo e almeno due giorni dopo essere diventato libero dalla febbre, secondo l’Agenzia di sanità pubblica. Se risulti negativo, dovresti comunque rimanere a casa finché non sarai completamente privo di sintomi.
#3 Pratica una buona igiene
Lavati le mani per almeno 20 secondi con acqua calda e sapone, usa un disinfettante per le mani quando non è possibile, copriti la bocca quando si tossisce o si starnutisce, evita di toccarsi il viso e pulisci regolarmente le superfici condivise a casa. Se ti alleni l’Agenzia per la sanità pubblica ti chiede di evitare di condividere bottiglie d’acqua, asciugamani o altri oggetti. Se possibile dovresti cambiarti e fare la doccia a casa piuttosto che negli spogliatoi condivisi ed evitare gli sport che implicano uno stretto contatto con gli altri.
#4 Limita i contatti e mantieni il distanziamento sociale nei luoghi pubblici
Una raccomandazione valida sia per i luoghi all’aperto che al chiuso. La distanza più comunemente indicata, dal servizio sanitario e dal capo sanitario regionale di Stoccolma, è di 2 metri. La Public Health Agency chiede inoltre che le persone “evitino di prendere parte a grandi eventi sociali come feste, funerali, battesimi e matrimoni”. A differenza di molti altri paesi, non esiste un limite al numero di persone o famiglie che possono incontrarsi, ma la Svezia ti chiede di incontrare solo poche persone: la tua famiglia e i tuoi amici più stretti.
#5 Limita l’uso del trasporto pubblico
I metodi di trasporto come camminare, andare in bicicletta o guidare dovrebbero essere scelti in primo luogo e, se ciò non è possibile, i mezzi di trasporto in cui è possibile prenotare un posto assegnato sono preferibili agli autobus, ai tram o ai treni senza posti a sedere assegnati. Dovresti evitare le ore di punta, se puoi, e mantenere sempre una distanza dagli altri a bordo, nelle stazioni e nei binari.
#6 Lavora da casa, se possibile
Tutti coloro che possono farlo dovrebbero lavorare da casa e i datori di lavoro dovrebbero offrire ai dipendenti questa opzione se possibile, anche se non è la norma. Questo vale ovunque in Svezia e continuerà ad essere la raccomandazione almeno fino alla fine del 2020.
#7 Se fai parte di una fascia a rischio limita i contatti sociali
Ai gruppi giudicati particolarmente vulnerabili al coronavirus, compresi gli ultra 70enni, è stato consigliato di rimanere a casa il più possibile ed evitare contatti sociali. Va comunque bene e anzi sono incoraggiate le uscite per passeggiate e anche incontrare persone se puoi farlo in modo sicuro, come per una partita a bocce con il dovuto distanziamento. Evita i luoghi con più persone, inclusi negozi, farmacie, case di amici o familiari e luoghi pubblici. Se devi andarci, mantieni sempre le distanze. Se puoi, prova a trovare qualcun altro che possa fare la spesa e altre commissioni per te, oppure ordina online.
Se sei più giovane, in forma e in salute, dovresti evitare contatti non necessari con le persone anziane, ma sarebbe gentile entrare in contatto con persone di età superiore ai 70 anni nel tuo condominio o quartiere e offrirti di fare commissioni per loro se necessario, nonché per controllarli e tenersi in contatto tramite telefono o videochiamate.
Oltre a queste linee guida, il governo ha approvato il divieto a eventi pubblici per oltre 50 persone, l’unica misura legalmente vincolante.
La Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale appare spogliata, ferita, come un cuore che ha amato e si strugge del suo passato. Colpita, segnata per la vita, smembrata ma integra nella sua identità, nella forza di sentimenti evocativi, elegante nonostante gli abiti stracciati, potente perché vera, unica perché si mostra senza trucco, senza inganni ma riduce al silenzio chi credeva di potersi soffermare sui suoi sfregi ed invece si ritrova soggiogato dal suo fascino.
Il passato glorioso della SALA delle CARIATIDI
# Realizzata dal Piermarini e Albertolli nel 1774, era la sala dei ricevimenti ufficiali e dei grandi balli
Credits: Urbanfile – Sala delle Cariatidi
Collocata al piano nobile del Palazzo Reale di Milano, fu creata nel 1774 dal Piermarini e da Albertolli ai quali si affiancarono gli scultori Callani e Franchi. Era un luogo adibito ai ricevimenti ufficiali, ai balli.
Credits: Urbanfile – Sala delle Cariatidi in una scena del film del 1934 “Teresa Confalonieri” dove i protagonisti si incontrano durante un ballo nel Salone delle Cariatidi
Nel 1919 il Re Vittorio Emanuele III vi accolse il presidente degli Stati Uniti d’America Wilson.
# Nel 1943 venne devastata dalle bombe americane
Sala delle Cariatidi distrutta dai bombardamenti del 1943
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Nel 1943 uno dei bombardamenti angloamericani devastò gli ambienti del Palazzo e la sala subì anche un incendio che ne scoperchiò il soffitto. Cosi rimase per 4 anni a memoria del triste evento.
Credits: Urbanfile – Francesco Hayez: L’Apoteosi di Ferdinando I°, 1838.
Il grandissimo affresco sul soffitto “L’Apoteosi di Ferdinando I°, 1838” di Francesco Hayez andato distrutto e perduto per colpa dei bombardamenti.
La Sala delle Cariatidi apre i battenti di rado ai milanesi proprio per la particolarità del suo essere… così repulsiva e magica. Meravigliosa e incomprensibile. Decadente e irreale.
# Scelta da Pablo Picasso nel 1953 per esporre uno dei suoi più grandi capolavori: il “Guernica”
Credits: repubblica.it – Guernica di Pablo Picasso
Nel 1953 Pablo Picasso la scelse per esporre uno dei suoi più grandi capolavori. La Guernica invadeva così quell’immensa sala da ballo dalle sculture mutilate delle braccia e dei volti. Un quadro che denunciava gli orrori della guerra esposto esattamente dove, nel 1943, i bombardamenti avevano devastato. Qualche anno fa ho avuto la fortuna di ammirare le opere di Picasso proprio in quella sala ed ho pensato che nessun luogo al mondo fosse così aderente alla potenza espressiva del pittore catalano. La modernità ed il neo classicismo fuse fra loro, come due anime necessarie l’una all’altra. Il vagito di una pittura rivoluzionaria ed il lamento del passato. L’indiscussa sovranità di un maestro a cui va dato il trono del Palazzo Reale.
PAOLA MERZAGHI
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Il presidente delle Regione Lombardia e il Sindaco di Milano lanciano l’allarme per la crescita dei contagi e dei ricoveri nei reparti di terapia intensiva. Per questa ragione stanno ipotizzando alcune misure che possano arrestare il trend. La situazione aggiornata dell’emergenza e quali decisioni aspettarci nei prossimi giorni.
Le 4 MISURE allo STUDIO per scongiurare un nuovo lockdown a Milano
# I numeri attuali della pandemia: incremento del 2%. 72 ricoverati in terapia intensiva: il 4,2% dei posti letto disponibili
Nell’attuale scenario di crescita di contagi, Milano e la Lombardia sono tra le poche aree del Paese a rimanere sotto al 2% di crescita. Secondo gli ultimi dati clinici oltre il 95% dei positivi sono asintomatici o hanno sintomi lievi e solo lo 0,6% finisce in terapia di cura intensiva.
A fronte di 2.067 nuovi positivi alla data di ieri 16 ottobre, sono registrati 8 ricoveri in terapia intensiva e 81 ricoveri semplici a fronte di 209 pazienti dimessi. Come ricorda il Prof. Bassetti: “i pazienti in terapia intensiva ricevono cure più intensive e sono seguiti continuativamente da medici e infermieri proprio per non arrivare ad essere intubati”. Quindi non si trovano necessariamente in condizioni disperate.
Come si vede dallo specchietto di riepilogo la situazione delle terapie intensive al momento è molto al di sotto della soglia di attenzione: con 72 pazienti su 1700 posti letto disponibili, solo il 4,2% sono occupati. Siamo lontani quindi non solo dalla capienza massima, ma anche dalla soglia di allerta del 30%. Per un riferimento a fine marzo i ricoverati in terapia intensiva avevano raggiunto i 1.500.
A fronte di numeri che descrivono una situazione sanitaria che appare ben lontana da quanto accadeva nei mesi del lockdown, sia il presidente regionale Fontana che il Sindaco di Milano Sala si mostrano molto preoccupati e stanno ipotizzando di introdurre delle misure restrittive su Milano per scongiurare il precipitare della situazione.
# Le dichiarazioni di Beppe Sala: “Qualcosa si deve fare”
ll sindaco Beppe Sala ha parlato di smart working, di capacità dei mezzi di trasporto pubblico, di scuole e università e di Area B. “Non prevediamo ad oggi interventi radicali, ma riteniamo che decisioni ristrette, al di là del Dpcm, bisogna prenderle in fretta. Domani (oggi ndr) può essere il giorno per fare qualcosa in più, non una intensificazione estrema ma qualcosa si deve fare. Credo che ci si deve mettere d’accordo con Fontana per non dare l’idea di interventi non concordati“. Aggiungendo: “La situazione preoccupa negli ospedali, è evidente che preoccupa la tendenza. Oggi 72 persone sono in terapia intensiva e alcuni mesi fa erano 1.500. Ma la tendenza alla crescita è veloce e bisogna agire in fretta“.
Le misure allo studio sembrano le seguenti:
#1 Chiusura anticipata locali
Giorni fa il virologo Fabrizio Pregliasco, è tornato ad aleggiare come un possibile scenario di fronte a una situazione sfuggita di mano un lockdown a Milano. Anche Fontana nella giornata di mercoledì 14 ottobre ha detto di “non poter prevedere nulla” anche se non si stava riferendo all’ipotesi di un ritorno a un blocco generalizzato. Il governatore ha spiegato come anche su un eventuale anticipo, rispetto alla mezzanotte stabilita dal governo degli orari di chiusura di bar e ristoranti “per ora non c’è una valutazione diversa rispetto a quella contenuta nel Decreto della presidente del consiglio dei ministri“. I fronti caldi sono gli orari della città e in particolare quelli delle scuole da “spalmare” per cercare di evitare l’affollamento su treni e bus che, come deciso dalla ministra Paola De Micheli, però continueranno a viaggiare con l’attuale capienza dell’80 per cento.
#2 Nuovo stop di Area B
Il primo cittadino sta ragionando su fermare di nuovo Area B dopo l’accensione del 15 ottobre. “Ci ragioniamo. Il 15 ottobre non era una data casuale, ma l’inizio della stagione termica. Dobbiamo tenere conto della questione inquinamento. Noi siamo una città da un milione e 400mila persone in cui un altro milione entra tutti i giorni: io devo pensare in primis alla salute del milione e 400mila persone e in particolare dei bambini”
#3 Rivedere la soglia dell’80% della capienza sui mezzi pubblici se necessario
Un valutazione è in corso da parte di Sala anche riguardo alla soglia dell’80% di capienza dei mezzi pubblici: “se questa soglia va ripensata siamo disponibili. Il vero imbarazzo è che noi non riusciamo a essere supportati dalla scienza rispetto alla comprensione se in metropolitana con il rispetto delle regole si diffonda facilmente o no. Ho più l’impressione che non sia così se le misure vengono rispettate. Aumentare le corse non è possibile. Noi abbiamo tutti i mezzi in campo. Non riusciremo ad aumentare le corse. Da qui l’invito dei medici è lavorare ancora di più sullo scaglionamento degli orari ed è per questo che io sono contrario ancora di più alla didattica totalmente a distanza all’università“. La ministra dei trasporti De Micheli ad oggi ha escluso una riduzione, ma verrà osservato il trend per introdurre eventuali misure correttive.
#4 Orari differenziati ingresso nelle scuole e incentivare lo smartworking
Il direttore del Welfare della Lombardia, Marco Trivelli, si è espresso su scuola e smartworking: “Orari differenziati per l’ingresso nelle scuole per poter differenziare i percorsi e l’affluenza sul trasporto pubblico locale, anticipare la chiusura di alcuni esercizi pubblici, incentivare lo smart working, dove possibile tornare a lavorare a domicilio e riuscire a limitare ancora per qualche settimana gli spostamenti“. Con ipotesi di un ulteriore rafforzamento dei controlli nelle zone ad alta densità di locali o qualche misura da prendere per le attività extra scolastiche.
Alla vigilia del derby di Milano, il nr. 298 fra amichevoli e gare ufficiali e, come al solito, pronostici e scongiuri occupano i social e le colonne dei quotidiani sportivi. Gli stessi che anni fa sono stati portati al massimo splendore da un cultore di pallone, fra i più grandi mai avuti in Italia, che rispondeva al nome ormai leggenda di Gianni Brera, a cui è stata intitolata l’Arena Civica di Milano. Un grande creatore di neologismi diventati comuni nel nostro linguaggio. Vediamo i più noti.
10 parole e soprannomi geniali INVENTATI da GIANNI BRERA e diventati di uso comune
Il più giovane direttore nella storia del giornalismo italiano
Classe 1919, cresciuto “…brado o quasi fra boschi, rive e mollenti” (estratto dai suoi scritti), e autodefinitosi figlio legittimo del Po, Brera fu giornalista, saggista, scrittore ed autore. Iniziò a scrivere per il Guerin Sportivo a soli 17 anni e partecipò al secondo conflitto mondiale nelle vesti di Ufficiale per la Folgore. Partigiano durante la breve ma significativa esperienza della Repubblica di Ossola, finita la guerra sbarcò a La Gazzetta dello Sport, diventandone in breve il direttore, a soli 30 anni (ad oggi, resta il più giovane direttore nella storia del giornalismo italiano, non sono sportivo).
Il profeta del calcio all’italiana: catenaccio e contropiede
Scrisse e collaborò anche con il Giorno, il Giornale e Repubblica, impegnandosi come cronista per il Tour de France negli anni d’oro di Bartali e Coppi, ma è indubbiamente al calcio che diede il suo contributo più ricco. Gianni Brera sostenne e suggerì ai commissari tecnici il catenaccio e il contropiede, metodi tattici poco spettacolari ma molto efficaci, attirandosi critiche da colleghi e dagli stessi allenatori ma inventando, di fatto, un nuovo modo di giocare a calcio. Morì nel 1992 a seguito di un incidente stradale nei pressi di Codogno (attualissima ironia della sorte), paese celebre per essere la dimora del primo caso italiano di Covid, Mattia Maestri, che la storia moderna ha ribattezzato paziente 1.
Grazie a una profonda vena letteraria e un’incredibile padronanza della lingua italiana, Brera coniò una serie di neologismi e soprannomi entrati di diritto nel gergo e nello stile dei cantori del pallone e non solo.
Vediamo alcune fra le espressioni e gli appellativi più curiosi insieme alla loro origine da cui Brera li ha ricavati.
#1 Goleador
Un termine che ogni tifoso di calcio ha usato chissà quante volte, ignorando probabilmente che si tratta di un ispanismo del giornalista mutuato dal termine toreador (ovvero torero in spagnolo).
#2 Contropiede
L’espressione fu tratta dalla seconda fase della danza del coro nelle antiche tragedie greche e rappresenta una rapida inversione di gioco in direzione opposta da parte della squadra che stava difendendosi e che, repentinamente, si trova ad attaccare.
#3 Rifinitura
Brera si appropriò di questo termine del settore tessile/sartoriale assegnandolo con forza all’agenda degli allenatori, che da quel giorno furono soliti indicare così l’allenamento finale, prima del match vero e proprio.
#4 Melina
Qui pescò dal dialetto bolognese (zug da mleina) per indicare una furba e fastidiosa perdita di tempo da parte di una squadra con passaggi di palla infiniti, soprattutto quando in vantaggio e a pochi minuti dal triplice fischio finale.
#5 Incornata
Vale a dire, un vigoroso e deciso colpo di testa con la palla che si insacca. Evidentemente Brera doveva avere una passione non dichiarata per la corrida.
#6 Abatino (Gianni Rivera)
Il rapporto fra il giornalista e il talento rossonero fu di alti e bassi in quanto, pur con una stima reciproca, Brera non nascose mai di considerare Rivera un playmaker sopravvalutato e soprattutto poco robusto per poter contrastare avversari marcantoni, come ce n’erano e ce ne sono tuttora. Per questo, gli affibbiò il poco edificante soprannome di Abatino, come a indicare appunto una persona gracile e pacata nei modi e nel parlare, come potrebbe essere un piccolo e minuto prete di campagna.
#7 Rombo di tuono (Gigi Riva)
Per Riva vale l’esatto opposto. Brera considerava la bandiera del Cagliari dello scudetto per quello che effettivamente era. Una forza della natura, veloce, potente, spietato sotto porta e dirompente come un tuono.
#8 Barone tricchetracche (Franco Causio)
Fra i soprannomi più divertenti inventati da Brera c’è indubbiamente Baron Tricchetracche. Alias, Franco Causio, che si vide assegnato tal curioso nickname per assonanza onomatopeica: tricchetracche. Ovvero i petardi, i mortaretti, che stavano a sottolineare l’abilità di Causio nei dribbling.
#9 Stradivialli (Gianluca Vialli)
Vialli fu il talento inespresso del semifortunato mondiale di Italia’90. Giocatore potente e al contempo elegante, si guadagnò per tal motivo l’apprezzato nomignolo di Stradivialli, creato da Brera con un neologismo di fusione fra il celebre violinista Stradivari e il cognome del giocatore.
# Deltaplano (Walter Zenga)
Prima che lo stesso Zenga si autodefinisse Uomo Ragno, soprannome con il quale oggi lo identificano affettuosamente i tifosi nerazzurri, il portiere dell’Inter e della Nazionale Italiana fu, per Brera, un deltaplano. Chiaro riferimento a spiccate doti tecniche in tuffo, in prese plastiche o in uscite pazze, di cui Zenga si rendeva protagonista con successo.
CARLO CHIODO
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L’ex chiesa di San Sisto al Carrobbio fatta edificare da Federico Borromeo, dopo essere stata sconsacrata ha rischiato la demolizione. Francesco Messina l’ha salvata trasformandola nel suo studio d’arte. Oggi è un prezioso scrigno d’arte poco conosciuto dai milanesi.
Museo MESSINA: un’OASI artistica nella chiesa SCONSACRATA
# La chiesa sconsacrata a cento passi dal duomo
credits: instagram silviageroldi_ – Museo Messina
Cento passi, o poco più, sono quelli che separano il Duomo di Milano da un piccolo e prezioso museo, nascosto alla vista dei tanti.
Fra Piazza Duomo ed il Museo Messina avrete da percorrere una via soffocata dai negozi e dal consumismo al suo stadio peggiore: porte aperte che invitano all’ acquisto di merce scontata, rovesciata dentro cesti dove ci si accapiglia per trovare un vestito, una taglia, un affare. Il vero affare lo farete con voi stessi se invece arriverete a destinazione, in quella piccola chiesa sconsacrata che, negli anni ’70, divenne lo studio del grande scultore italianoFrancesco Messina.
# La chiesa edificata da Federico Borromeo, salvata dalla demolizione dallo scultore
Credits: wikipedia.org
La chiesa venne edificata nel XVII secolo per volontà di Federico Borromeo. Rimase nei secoli in stato di abbandono al punto da esser destinata alla demolizione. Fu proprio negli anni 70 che il celebre scultore chiese al Comune di Milanola concessione dell’edificio in uso a vita con l’impegno di ristrutturarlo, renderlo il suo studio personale e poi farne lascito al comune stesso come spazio museale. Difatti donò 80 sculture, 26 grafiche ed altre sue creazioni.
# L’oasi nel caos cittadino
Chiesa – Museo Messina
Oggi, in un’ambientazione essenziale avrete modo di ammirare le opere dell’uomo che ha saputo immergere nel bronzo figure umane e cavalli fieri, senza minimamente privarli della loro vita. Sentirete scalpitare e nitrire gli animali, imbrigliati nelle mani dello scultore, avrete la percezione che corpi di ballerine si tendano nei muscoli, asserviti al rigore della danza. Uscendo dal Museo, al termine della visita, vi sembrerà di svegliarvi da un sogno e tornerete alla realtà di sempre. Semafori, negozi, cestini della spazzatura, cartocci di patatine fritte riversi sui marciapiedi.
Ma nulla è perduto : Milano è ricca di spazi che ristorano l’anima e ci educano al bello, molti dei quali fruibili gratuitamente. Alcuni diventano un rifugio per riflettere, per dare un senso a giornate tutte uguali, altri semplicemente vi offrono il silenzio di cui lo spirito necessita. Un’oasi nel caos cittadino. Chiacchierando con mio padre ho poi scoperto che ai tempi dell’ accademia di Brera fu allievo ed aiutante del Messina… erano tempi in cui si lavorava fianco a fianco con l’eccellenza artistica italiana, nella semplicità di gesti artigianali. Come dire, prima si lavorava e poi si celebrava.
# Un patrimonio culturale sapientemente valorizzato
In alcuni contesti milanesi assistiamo alla svalutazione dell’arte in favore di grandi eventi mediatici, dove l’apparenza diventa la sostanza e la sostanza un ingombrante concetto demodé. Fortunatamente ci sono storici e curatori del patrimonio culturale che prepotentemente lottano ogni giorno per rimettere al centro il valore dell’arte. Per fare questo ci vuole passione…oserei dire un senso della giustizia che va al di là del profitto e della visibilità.
PAOLA MERZAGHI
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