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Le 4 PIAZZE di Milano che stanno venendo TRASFORMATE nel 2021: ecco come diventeranno

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Credits: blog.urbanfile.org

Foto Cover. Credits: blog.urbanfile.org

Nuovi interventi nelle piazze di Milano hanno lo scopo di renderle più attraenti esteticamente ma soprattutto più funzionali. Sono 4 le principali piazze che nel 2021 stanno subendo delle modifiche. Ecco quali sono e come stanno diventando. 

Le 4 PIAZZE di Milano che saranno TRASFORMATE nel 2021: ecco come diventeranno

# Piazza San Luigi (Porta Romana), la piazza rialzata di 15 cm

Credits: milanotoday.it

“Le piazze devono riacquistare la loro centralità in ogni quartiere, in una città che ripensa ai suoi ritmi e vuole offrire qualità della vita e degli spazi a 15 minuti da casa” ha affermato l’assessore all’urbanistica Pierfrancesco Maran. L’intervento in piazza San Luigi ha riguardato circa duemila metri quadrati e si focalizzato principalmente alla riorganizzazione e razionalizzazione dello spazio pubblico in funzione di una maggiore fruibilità. Con la realizzazione del nuovo progetto la piazza è stata rialzata di 15 centimetri rispetto al piano stradale così da rallentare il traffico e valorizzare maggiormente la parte pedonale. Tutta l’area esterna è stata integralmente ripavimentata con cubetti di porfido, lo stesso materiale usato nella porzione davanti alla bellissima chiesa dell’800 che domina la piazza.

Credits Comune di Milano – Piazzetta San Luigi

Nella zona centrale della piazza è stata realizzata un’area quadrata in lastre di beola che va a costituire una sorta di sagrato della chiesa. I lavori, terminati a inizio aprile 2021, hanno visto la piantumazione di 8 nuovi alberi e la realizzazione di due aiuole di 190 metri che hanno arricchito di verde la piazza. 

  

# Piazza Lavater (Porta Venezia), più angoli verdi e modifica illuminazione

Credits: blog.urbanfile.org

L’allargamento dell’area pedonale centrale con il progetto “Piazze Aperte” nel 2019, ha creato uno spazio da vivere in sicurezza soprattutto per i bambini della scuola di via Stoppani. Il progetto prevede 1500 metri quadrati di aree pedonali in più, la posa di sei nuovi alberi, una pavimentazione rinnovata e sedute in granito. Il progetto ha l’obiettivo di consolidare il carattere di uno spazio aperto, unitario e continuo. Le tre aree alberate saranno valorizzati con aiuole rinnovate e sedute.

Credits: mobilita.org

Verranno piantati nuovi alberi sul lato est della piazza mentre un’area sarà dedicata alla pavimentazione disegnata per il gioco dei bambini. I pali dell’illuminazione verranno spostati in funzione del nuovo disegno progettuale per migliorare la visibilità degli spazi. Per completare l’opera sono previsti 500 giorni di lavori, a partire dal 22 giugno 2021, e il prezzo è compreso in quello di Piazza San Luigi (circa 3 milioni di euro).

 

# Piazza Dergano (Dergano), innalzamento e inserimento di alberi

Credits: blog.urbanfile.org

La prima “Piazza Aperta” di Milano, sede di combattuti tornei di ping-pong, dal 2018 è stata pedonalizzata, prevedendo alcune modifiche alla viabilità. L’obiettivo ora è quello di creare spazi pedonali più ampi e fruibili tramite la sopraelevazione delle strade a quota marciapiedi, la riqualificazione delle pavimentazioni con materiali di maggior pregio e l’inserimento di nuovi elementi come panchine, fioriere e alberi. Il tutto ha avuto inizio il 30 novembre 2020 e i lavori sono stati suddivisi in due fasi.

Photo Credits: Urbanfile

  • La prima ha riguardato il sopraelevamento delle strade delle vie circostanti alla piazza che è stata divisa dal marciapiede grazie all’inserimento di alberi, panchine e rastrelliere per biciclette. Nel tratto tra via Cafiero e viale Jenner è stato messo un senso unico di marcia in direzione viale Jenner per consentire la sosta su un lato della carreggiata. I lavori di questa prima fase si sono conclusi nel mese di aprile.
  • La seconda fase, della durata di circa 200 giorni, è iniziata da circa due mesi e riguarda l’innalzamento della strada della piazza Dergano e l’inserimento di nuovi alberi e aiuole “parigine” nell’area con pavimentazione in calcestre. La riqualificazione di piazza Dergano prevede inoltre lo spostamento della postazione di bike sharing sul lato ovest, verso via Tartini, per favorire l’accesso dei ciclisti e dare più sicurezza all’area.

 

# Piazza Schiavone (Bovisa), alberi, spazi per bambini, siepe antirumore

Credits: comune.milano.it

L’intervento ha previsto la riconfigurazione della piazza, prima divisa in una parte alberata e una pavimentata, attraverso la demolizione delle scalinate e dei setti murari esistenti. Sono state ampliate le aiuole, portando la superficie a verde dagli attuali 983 a 1.525 metri quadrati e salvaguardati i 24 alberi esistenti, con la messa in sicurezza dell’apparato radicale di una paulonia che stava sollevando una porzione di pavimentazione.

Credits: flickr.com

Come da progetto altri 16 alberi sono stati piantati nella piazza per aumentare le aree ombreggiate e fruibili contrastando l’isola di calore.

Credits Comune di Milano – Piazza Schiavone

È stata inoltre ampliata l’area dedicata ai bambini grazie a un nuovo gioco inclusivo, altalene e giochi a molla e proprio per questo motivo sarà collocata tra i giochi dei bambini e le abitazioni che affacciano sulla piazza, una siepe che fungerà da barriera antirumore. Il restyling è durato circa 3 mesi per un costo complessivo di 200.000 euro.

 

Fonte: Comune.milanourbanfile

Continua la lettura con La RIVOLUZIONE di San Siro: tutti i progetti che trasformeranno la zona

MARCO ABATE

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

7 COSE AVVINCENTI che si possono FARE durante le feste SENZA USCIRE da Milano

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Milano 28 dicembre 2020. Credit: Andrea Cherchi (c)

Ormai è certo. Chi è rimasto a Milano dovrà trascorrere le feste senza uscire dalla città, a meno di seconde case in regione o di altri stratagemmi che non vogliamo approfondire. Che dire? Poteva andare peggio, tipo trovarsi in un’altra città. 

7 COSE AVVINCENTI che si possono FARE durante le feste SENZA USCIRE da Milano

#1 Il sogno del turista internazionale: il tour dei monumenti di Milano 

foto andrea cherchi
foto andrea cherchi

Abbiamo l’imbarazzo della scelta, dai più noti quali Duomo, Galleria, Castello Sforzesco e Arco della Pace, ai meno conosciuti come la statua di Pinocchio, quella di Giuseppe Missori o El signurun de Milan. Basta armarsi di scarpe comode, possibilmente resistenti a neve e ghiaccio, e indossare i panni da turista.

Leggi anche: i 7 MONUMENTI più curiosi di Milano

#2 Lo spettacolo unico: il giro degli alberi di design

Credits: Andrea Cherchi

Questa è una chicca riservata solo ai milanesi. Fino al 6 gennaio si possono ammirare solo a Milano e solo in questi giorni i 21 alberi di design disposti per festeggiare questo Natale su iniziativa di Balich, spalleggiato da numerosi sponsor. Il percorso piò partire da Piazza del Duomo per poi girare tutta la città, da Lambrate a Porta Garibaldi, dall’albero dei bauli in Cadorna all’Albero dei Ghiacci in Porta Nuova. Molto bello anche l’albero delle luci all’Arco della Pace. Obbligatorio: instagrammare come dei pazzi per fare esplodere di rimpianto i milanesi in fuga o di invidia il resto del mondo. 

Leggi anche: i 21 alberi del design: dove si trovano

#3 Più avventuroso dello snowboard a Verbier: in bicicletta o monopattino sulle strade innevate

Credits: Andrea Cherchi – In Monopattino a Milano

Per non rimpiangere le emozioni della montagna, si può compensarle con biciclette e monopattini. Noleggiarli in questi giorni consente il brivido di muoversi su strade gelate e coperte di neve. E per chi non l’ha mai fatto può costituire un allenamento per muoversi con destrezza quando tornerà il traffico consueto.  

Leggi anche: 10 MODI per muoversi a MILANO: in sharing, con i mezzi pubblici o perfino in barca

#4 Rimettersi in forma come Rocky: fare attività sportiva nella Milano in letargo

Stando a Milano si può rimettersi in forma per ripartire come un razzo nel 2021. Se amate fare jogging o qualsiasi attività sportiva all’aperto il Parco Sempione, Citylife o Bam sono i parchi più attrezzati, oltre a quelli più piccoli della città. Se invece volete passare del tempo in mezzo alla natura semplicemente respirando aria pulita potete scegliere il Parco delle Cave, il Bosco in Città o il Parco Nord, più estesi e lontani da zone trafficate.

Leggi anche: Attrazioni e curiosità di 7 PARCHI MILANESI

#5 Vivere il brivido del lockdown: mettersi in coda 

coda palazzo reale
coda palazzo reale

Siamo ottimisti per natura però di questi tempi bisogna saper coltivare anche una sana paranoia. Per chi non vuole farsi trovare impreparato da brutte sorprese per il prossimo anno, queste feste potrebbero essere una buona occasione. Si può scegliere una piccola pasticceria molto gettonata, aperta per l’asporto, assaporando una delle “tipiche emozioni” di questa emergenza a Milano: aspettare in coda il proprio turno.

#6 Ritornare ragazzini: scherzi ai citofoni spacciandosi per vigilantes antiassembramenti 

Anche in periodi di lockdown non si possono perdere buonumore e socialità. Un modo per unirli entrambi è riscoprire quella sana tradizione milanese degli scherzi al citofono. Si può suonare agli amici o, forse meglio, ai nemici, presentandosi come vigilantes antassembramenti, verificando il numero di persone in casa. Alternativa più sadica: dire di essere dell’agenzia dell’entrate.  

#7 Azzardare una rivoluzione: l’assalto a palazzo Marino

In fondo Milano è la città più rivoluzionaria d’Italia. La città delle 5 giornate e la medaglia d’oro alla Resistenza. Perchè non azzardare una nuova rivoluzione? Si potrebbe organizzare un assalto a Palazzo Marino, in questi giorni deserto, e proclamare la nascita di Milano città stato. Noi non ci opporremmo. 

Continua la lettura con: 5 cose che se NON LE HAI MAI FATTE vorrai fare DOPO il LOCKDOWN a Milano

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🛑 Le 5+1 differenze principali nei ricoverati per COVID e per INFLUENZA: lo studio francese (The Lancet)

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Credits; thelancet.com

Uno degli argomenti più dibattuti di questa emergenza è il rapporto tra Covid e influenza. Non è un mistero che i sintomi spesso si confondano così come le modalità di trasmissione, anche se non è ancora chiara la relazione tra i due tipi di virus. Ha provato a fare luce l’ultimo studio francese pubblicato su “The Lancet” che ha confrontato i ricoverati in ospedale per Covid con quelli per influenza. 

🛑 Le 5+1 differenze principali nei ricoverati per COVID e per INFLUENZA: lo studio francese (The Lancet)

Traduzione estratti dello studio “Comparison of the characteristics, morbidity, and mortality of COVID-19 and seasonal influenza: a nationwide, population-based retrospective cohort study” pubblicato su The Lancet

# La metodologia utilizzata nello studio e i parametri analizzati

Si tratta di studio di coorte* retrospettivo a livello nazionale che utilizza il database amministrativo nazionale francese (PMSI), che include i riepiloghi delle dimissioni per tutti i ricoveri ospedalieri in Francia. Nello specifico tutti i pazienti ricoverati per COVID-19 dal 1 marzo al 30 aprile 2020, e tutti i pazienti ospedalizzati per influenza tra il 1 dicembre 2018 e il 28 febbraio 2019. La diagnosi di COVID-19 o influenza costituivano la diagnosi primaria, correlata o associata. Viene effettuato un confronto dei fattori di rischio, caratteristiche cliniche e risultati tra pazienti ospedalizzati per COVID-19 e l’influenza, con dati stratificati anche per fascia di età.

* Consiste in un’analisi dei fattori di rischio, segue un campione di persone prive di malattia e usa correlazioni per determinare il rischio assoluto per un soggetto di contrarne. In epidemiologia si tratta di un tipo di studio clinico e può essere paragonato con le analisi trasversali.

# Prima considerazione: tasso di mortalità maggiore per il Covid-19 ma ospedalizzazione minore per gli under 18 e over 80, rispetto ai ricoverati per influenza

Il quadro dei pazienti con COVID-19 e influenza stagionale che richiedono il ricovero è nettamente diversa. È probabile che il coronavirus con sindrome respiratoria acuta possa portare più facilmente a complicazioni respiratorie e ad una maggiore mortalità. Nei bambini e negli over 80, sebbene il tasso di il ricovero per COVID-19 sia inferiore rispetto a quello per l’influenza, la mortalità in ospedale risulta maggiore.

# I 5 principali risultati dell’analisi

#1 L’età mediana dei pazienti ricoverati per Covid-19 è leggermente più bassa di quelli con l’influenza: 68 vs 71. Colpiti più i maschi che le femmine (per l’influenza è il contrario)

Età ricoverati per Covid-19 e influenza

Sono stati 89.530 pazienti con COVID-19 e 45.819 pazienti con influenza ricoverati in Francia durante i rispettivi periodi di analisi. I pazienti ricoverati per COVID-19 erano più spesso maschi rispetto a quelli ricoverati in ospedale per influenza. L’età mediana invece era di 68 anni, compresa tra 52-82, per COVID-19 e 71 anni, compresa tra 34-84, per l’influenza. Gli over 80 ricoverati per Sars-Cov-2 erano il 19,9% contro il 24,6% per l’influenza.

#2 I ricoverati per Covid-19 erano principalmente obesi, con diabete e ipertensione. Quelli per influenza: insufficienza cardiaca, malattie respiratorie croniche e cirrosi

Fattori di comorbilità

I pazienti con COVID-19 erano più frequentemente obesi o in sovrappeso e più frequentemente avevano il diabete, ipertensione e dislipidemia rispetto ai pazienti con influenza, mentre quelli con influenza avevano più frequentemente insufficienza cardiaca, malattie respiratorie croniche, cirrosi e anemia da carenza di ferro.

#3 Le complicazioni principali dei ricoverati Covid-19 sono state: insufficienza respiratoria acuta, embolia polmonare, shock settico. Meno frequente l’infarto rispetto ai ricoverati per influenza

Complicazioni causate dal Covid-19 e dall’influenza

I pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19 hanno sviluppato più frequentemente insufficienza respiratoria acuta, embolia polmonare, shock settico o ictus rispetto ai pazienti con influenza, ma hanno sviluppato meno frequentemente infarto miocardico o fibrillazione atriale.

#4 La mortalità in ospedale è più alta nei pazienti con COVID-19 rispetto ai pazienti con influenza: 16,9% contro 5,8%. I pazienti minori di 18 anni ricoverati: solo l’1,4% del totale per Covid-19, il 19,5% a causa dell’influenza

Credits; thelancet.com

La mortalità intraospedaliera è più alta di circa tre volte nei pazienti con COVID-19 rispetto ai pazienti con influenza 16,9% contro 5,8%, con un rischio relativo di morte di 2,9 e un’età standardizzata del rapporto di mortalità di 2,82. Tra i pazienti ricoverati, la percentuale di pazienti pediatrici (<18 anni) è inferiore per COVID-19 rispetto all’influenza 1,4% contro 19,5%, ma una percentuale maggiore di pazienti di età inferiore ai 5 anni ha avuto più necessità di terapia intensiva per COVID-19 che per l’influenza: 2,3% contro lo 0,9%.

#5 Negli adolescenti la mortalità intraospedaliera è 10 volte più alta per COVID-19 che per l’influenza

Terapia intensiva e mortalità adolescenti Covid-19 e influenza

Negli adolescenti (11-17 anni), la mortalità intraospedaliera è dieci volte più alta per COVID-19 che per l’influenza, 1,1% dei ricoverati contro lo 0,1%. I pazienti con COVID-19 risultano più frequentemente obesi o in sovrappeso.

Fonte pubblicazione originale: The Lancet

Continua la lettura con: tassi di mortalità Covid in Italia

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La misteriosa chiesa dei SURFISTI nascosta dietro a un portone di via Montenapoleone

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Credits: ascenzairiggiu.com

La “chiesa dei surfisti” non si trova in una località marina ma a Milano. Dietro a un portone che nasconde un tesoro nella via più chic di Milano. Di cosa stiamo parlando?

La misteriosa chiesa dei SURFISTI nascosta dietro a un portone di via Montenapoleone

# La chiesa protettrice dei surfisti non si trova in una località di mare ma… a Milano

In via Montenapoleone 22, regina del lusso e del prêt-à-porter internazionale, si trova qualcosa di molto bizzarro: la chiesa protettrice dei surfisti. Ma per quale motivo non si trova in una località di mare bensì nel cuore del quadrilatero milanese?

# La leggenda di San Francesco di Paola: attraversò lo stretto sul suo mantello

Credits: ascenzairiggiu.com

La risposta si trova nella storia o leggenda che vede protagonista San Francesco di Paola, protettore della gente di mare e dei surfisti, che attraversò miracolosamente lo stretto di Messina stendendo il suo mantello sull’acqua. Utilizzandolo come un surf. 

# Si chiude una porta, si apre un portone. Ma cosa si nasconde dietro?

La chiesa è accessibile dopo aver varcato il grande portone di legno che nasconde dietro di sé un qualcosa di inaspettato. L’opera di Giuseppe Buzzi presenta una pianta a contrabbasso, in stile Barocco e Rococò, molto insolita per Milano. Al suo interno possiamo trovare un ricco altare in pietre dure e lapislazzuli ma soprattutto la pala raffigurante San Francesco di Paola. 

Fonte: jamesmagazine

Continua la lettura con Museo MESSINA: un’OASI artistica nella chiesa SCONSACRATA

MARCO ABATE

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Queste CITTÀ SOVRAVVIVERANNO al Covid: MILANO sarà tra queste?

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credit: milanodavedere.it

Le città resisteranno alla pandemia? Per Glaeser, il Guru delle città, sì se faranno fronte a questi punti critici. E scopriamo se Milano ha le carte in regola per evitare una desertificazione stile Detroit.

Queste CITTÀ SOVRAVVIVERANNO al Covid: MILANO sarà tra queste?

La domanda che molti si stanno ponendo durante questa emergenza è: le grandi città resisteranno alla pandemia? La risposta ce la fornisce Ed Glaeser, professore ad Harvard e autore del best seller “Triumph of the City”. Alla conferenza di Start-Up Nation Central ha spiegato che questa può essere una grande chance per le città per diventare ancora più innovative e giovani rispetto a quelle pre-pandemia, favorendo lo sviluppo di nuove start-up. Scopriamo insieme se Milano possiede i requisiti oppure no.

# Città a rischio desertificazione: catastrofe o rinascita?

Se prima della pandemia il movimento attorno ai grandi centri urbani era principalmente centripeto, secondo Glaeser «il successo dei centri urbani non va dato per scontato». Come esempio del rischio al quale vanno incontro le città, prende la New York degli anni Settanta e afferma «Non credo che i centri cittadini di metropoli come New York, Londra o Milano resteranno a lungo vuoti, ma bisognerà fare uno sforzo per evitare una fuga, come quella avvenuta negli anni Settanta. Nella New York in cui sono cresciuto, quando le manifatture se ne andarono e la povertà cominciò a dilagare, la criminalità e la droga spinsero le famiglie nei sobborghi, i valori delle proprietà precipitarono e la città rischiò di finire in bancarotta.»

Fortunatamente la città di New York è riuscita a resistere e negli anni Novanta si è presa la sua rivincita, dimostrando di essere davvero resiliente. Ma non tutte le metropoli hanno avuto le stesse capacità, ad esempio Detroit che non si è mai ripresa davvero da quell’epoca. Milano riuscirà a dimostrarsi una fenice che rinasce dalla proprie ceneri, come New York, o subirà catatonica l’effetto Detroit?  

# I magneti delle metropoli a rischio: laboriosità e intrattenimento

credit: hotelwindsormilan.com

Il Guru delle città descrive chiaramente la situazione attuale: «Le metropoli godono di due potenti magneti, entrambi attualmente in pericolo. Il primo è il lavoro, che attira i professionisti più talentuosi e più istruiti, capaci di far funzionare il cervello per il tipo di mestieri che hanno prosperato nell’era dei mercati globalizzati e della tecnologia dell’informazione. Anche se i laptop e le videochiamate hanno reso possibile un nuovo mondo di lavoro da remoto, le grandi aziende hanno raddoppiato i loro uffici nelle metropoli, perché le città sono macchine per la creatività, che connettono le persone e consentono loro di lavorare insieme e di imparare gli uni dagli altri. E nell’era dell’informazione, il potere della collaborazione umana per generare nuove idee è diventato ancora più importante e redditizio che in passato». Il secondo “magnete urbano” di cui parla Glaeser è l’intrattenimento: «L’offerta culturale delle metropoli non ha pari […] L’ascesa di una classe urbana di creativi con tempo e denaro da bruciare alimenta un ecosistema in crescita di cose interessanti da fare». 

Le due calamite descritte sono esattamente le caratteristiche principali di Milano: laboriosità e mondanità. I requisiti per dimostrarci una resiliente fenice ci sono dunque, ma il successo non può essere facilmente assicurato.

# Ma per il Guru delle città ci sarà un esito positivo

palazzi di milanoIl lavoro creativo e l’intrattenimento sono attualmente a rischio, minacciati dallo smart working e dal coprifuoco serale. Le città non hanno quindi più motivo di esistere? Secondo Glaeser assolutamente no: non nega che le città stiano subendo una desertificazione ma è convinto che l’esito sarà positivo. «A New York, dai quartieri più ricchi, fra marzo e maggio è scappato il 40% degli abitanti, in cerca di distanziamento sociale nelle case di campagna. […] Lo stesso sta avvenendo in molte metropoli del mondo, accentuando un esodo in parte già in atto per colpa dei prezzi immobiliari stratosferici, che rendevano impossibile trovare casa in centro per le giovani coppie. Anche a Milano, l’ultima volta che ci sono stato, i prezzi mi sono sembrati altissimi. Questo processo farà solo bene alle metropoli più vivaci, attirando più giovani creativi e rimettendo in moto un circolo virtuoso che prezzi immobiliari troppo alti tendono a frenare». Insomma sembrerebbe secondo il Guru essere solo una transizione, un passaggio verso città più dinamiche e alla portata dei giovani.

A Milano il mercato immobiliare sembra non aver ceduto del tutto alla pandemia ma alcune zone iniziano a diventare più accessibili. Se a primo impatto un calo dei prezzi immobiliari potrebbe sembrare negativo, Ed Glaeser è convinto che per le città rappresenti esattamente il punto di svolta.

# Il successo non è scontato: è necessario impegno. Milano rinascerà dalle proprie ceneri?

Credits: martesana.it – Metropolitana di Milano

Lo scenario descritto non appare poi così catastrofico ma affinché le metropoli non si trasformino in luoghi disabitati come Marte è necessario che i governi locali si impegnino maggiormente. Quindi la fuga dalle grandi città non avverrà? «Ne sono convinto. Le città sono state devastate per millenni dalle malattie tipiche dei luoghi densi, ma gli abitanti hanno sempre escogitato dei modi per limitare i pericoli, grazie alla scienza, alla tecnologia e all’innovazione.» Un esempio concreto che Glaeser riporta sono i trasporti pubblici, necessari per la sostenibilità e per non far abbassare la qualità della vita urbana. «Le metropolitane resteranno un posto spaventoso per qualche tempo, ma torneranno a riempirsi man mano che la gente imparerà come difendersi dalla pandemia. È importante, però, intervenire per evitare che la gente si rimetta in macchina, così come hanno fatto tantissime metropoli in giro per il mondo. Rendere più sicuri i tragitti in bici con nuove piste ciclabili e tenendo le auto il più possibile fuori dai centri cittadini sarà essenziale per non aumentare i livelli di inquinamento.» 

«Le videochiamate rimangono un sostituto deludente delle chiacchierate faccia a faccia e le persone vorranno comunque ritrovare tutto il dinamismo e la creatività derivati dalla densità». Il Guru ne è sicuro: la fuga non ci sarà a patto che vengano prese le giuste misure per permettere alle città di essere come fenici e non come Detroit.

Milano sarà tra le sopravvissute oppure no? Sicuramente possiede le giuste capacità, vedremo se queste verranno gestite adeguatamente.

Fonte: Corriere

Continua la lettura con: 2020: FUGA da NEW YORK

ROSITA GIULIANO

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Il “QUARTIERE dei SOGNI”: vivere tra i boschi con mezzi di trasporto sottoterra, fattorie urbane e ristoranti con cibo a Km zero

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Singapore è sempre stata una città con un passo avanti per quanto riguarda l’evoluzione green, ma negli ultimi anni si sta impegnando per trasformarsi in una vera città giardino. Scopriamo insieme cosa succederà alla città con la realizzazione del nuovo quartiere Tengah, già definito il “quartiere dei sogni”. 

Il “QUARTIERE dei SOGNI”: vivere tra i boschi con mezzi di trasporto sottoterra, fattorie urbane e ristoranti con cibo a Km zero

# 5 distretti per vivere in mezzo al verde: auto elettriche sottoterra, fattorie urbane ed energia rinnovabile

Tengah sarà il primo quartiere a ad essere trasformato con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio e diventare carbon neutral entro il 2050. Ospiterà circa 42.000 nuove case in 5 distretti residenziali progettati per permettere alle persone di vivere in mezzo al verde e ridurre al minimo l’impatto ambientale.

Nel progetto troviamo condizionatori alimentati a energia solare, un piano per la raccolta differenziata, gallerie sotterranee per i veicoli elettrici, diverse fattorie urbane e architettura verde alimentata solo da energia rinnovabile. Un progetto decisamente ambizioso.

# Forest Hill: la collina urbana senz’auto e mezzi di trasporto in superficie

@indesignlive

Il primo distretto del quartiere è Forest Hill è stato progettato per far vivere gli abitanti in mezzo alla natura: l’architettura moderna si sposa con parchi e alberi, creando un luogo magico e rilassante dove traffico e mezzi di trasporto sono portati al di sotto della superficie. 

# Plantation District: il distretto che porta il cibo dall’orto alla tavola del ristorante

Questo distretto è stato progettato con l’idea di creare un luogo in cui situare gli orti comunitari, i mercati degli agricoltori e i ristoranti. In questo modo gli abitanti sono spettatori (o attori) di tutto il processo di produzione fino al consumo sulle tavole.

# Garden District: la fattorie nel Central Park di Tengah

@todayonline

Il Garden District è stato ideato ispirandosi a Central Park: prevede giochi all’aperto e diverse fattorie visitabili dai cittadini.

# Park District: il centro di Tengah, completamente pedonale e circondato da un bosco

ZTL per il centro? No, Park District sarà il primo centro città completamente pedonabile, senza auto e circondato da un bosco.

# Singapore: un’ispirazione per Milano?

Molte sono le nazioni che vogliono raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di carbonio nel 2050, quindi è probabile che quello di Singapore sia solo l’inizio per la progettazione di smart city in tutto il mondo. Alcune di queste idee potrebbero essere uno stimolo anche per una Milano più vivibile e proiettata in un futuro più a misura d’uomo. 

Fonte: will.it

Continua la lettura con: Recovery Milano #5. GREEN REVOLUTION: mezzi puliti, navigli balneabili, teleriscaldamento a impatto zero, creazione del più grande parco urbano d’Europa

ANDRA STEFANIA GATU

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Gli ITALIANI e gli altri: psicologia e mentalità negli affari tra i diversi popoli (Ricerca Internazionale)

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credit: momentoitalia.it

Come si comportano gli italiani in affari? E le altre culture? Lo psicologo Benjamin Voyer ha illustrato una panoramica mondiale degli atteggiamenti lavorativi.

Gli ITALIANI e gli altri: psicologia e mentalità negli affari tra i diversi popoli (Ricerca Internazionale)

In un mondo globalizzato come quello che stiamo vivendo, è divenuto normale trovarsi immersi nella diversità culturale che influenza chiaramente anche le modalità di approccio al lavoro. Il sito internazionale The Local ha deciso di confrontarsi con Benjamin Voyer, psicologo, studioso del comportamento e professore presso il Dipartimento di imprenditoria della ESCP Business School per capire come la cultura influenza l’atteggiamento lavorativo.

# Il modello 6-D di Hofstede Insights

Il professor Voyer fa riferimento al modello di comparazione creato da Hofstede Insights basato su 6 dimensioni culturali (6-D Model) e grazie al quale è possibile definire le differenze nel mondo degli affari in base alla cultura di appartenenza. 
Quali sono le caratteristiche italiane dell’approccio al lavoro? E come si comportano invece altre culture?

# La mentalità italiana alle prese con il mondo degli affari

credit: hofstede-insights.com – Le 6 dimensioni dell’Italia

Il professore ha dichiarato al The Local che “Una delle definizioni più chiare di cultura è “Come facciamo le cose?””. Ecco quali sono le caratteristiche degli italiani e del loro modo di lavorare emerse dalla ricerca nelle sue 6 dimensioni:

  1. Individualismo: Questa dimensione ha a che fare con l’immagine di sé delle persone, se è definita in termini di “io” o “noi”. Con 76 punti l’Italia è una cultura individualista, centrata sul “me”, soprattutto nelle grandi e ricche città del Nord dove le persone possono sentirsi sole anche in mezzo a una folla. Questa dimensione varia nel Sud Italia, dove si possono osservare comportamenti meno individualisti.
  2. Accettazione della disparità di potere: In Italia si tende a preferire l’uguaglianza e il decentramento del potere, infatti il controllo e la supervisione formale non piacciono alle giovani generazioni.
  3. Mascolinità: Cos’è una società maschile? E’ una società fortemente orientata e motivata al successo. In Italia è esattamente così: ai bambini viene insegnato fin dalla tenera età che la competizione è buona e che essere un vincitore è importante nella propria vita.
  4. Evitamento dell’incertezza: questa dimensione ha a che fare con il modo in cui una società affronta il fatto che il futuro non può essere conosciuto. Gli italiani hanno molta paura del futuro perché non si trovano a proprio agio in situazioni ambigue.
  5. Orientamento a lungo termine: ogni società deve mantenere alcuni collegamenti con il proprio passato per affrontare le sfide del presente e del futuro. In questo gli italiani sono molto pragmatici: hanno la capacità di adattare facilmente le tradizioni alle situazioni che mutano.
  6. Indulgenza: Questa dimensione è definita come la misura in cui le persone cercano di controllare i propri desideri e impulsi. La cultura italiana non è particolarmente indulgente, anzi, piuttosto contenuta. Le società di contenimento hanno una tendenza al cinismo e al pessimismo e pensano che le loro azioni debbano essere frenate dalle norme sociali.

# E il resto del mondo? Come si approccia al lavoro?

credit: desktopwallpapers4.me

Il professor Voyer dopo aver studiato i risultati della ricerca ha mostrato al The Local una panoramica piuttosto precisa degli atteggiamenti lavorativi delle diverse nazioni.

Come abbiamo visto, l’Italia è un paese piuttosto individualista ma i Paesi che ne detengono il primato sono il Regno Unito e e gli Stati Uniti. Riguardo agli States il professore afferma “Negli Stati Uniti, la tua vita lavorativa tende a diventare una parte importante di chi sei molto più che in Europa, e parlare di soldi è molto meno un tabù”. 

Quali sono i paesi mascolini e quali femminili? Mentre in Italia siamo orientati verso una società al maschile, i nostri vicini Spagna e Francia sono molto più equilibrati. Però se si cerca una società al femminile è necessario dirigersi a Nord, verso i Paesi Scandinavi.

Per quanto riguarda l’accettazione della disparità di potere, a differenza dell’Italia, in Austria e in Danimarca il lavoro è cooperativo anche tra membri del team con “poteri” diversi: manager e impiegati lavorano insieme e si consultano reciprocamente per raggiungere lo scopo comune. Il professor Voyer riporta la sua esperienza personale come esempio delle differenze culturali evidenti anche a livello linguistico “Io sono inglese e francese. Se parlo francese tendo a dire “vous” per essere formale in un’interazione di lavoro. Ma nei paesi anglofoni c’è una maggior informalità perché la lingua è più diretta”.

Considerato il pragmatismo italiano e la capacità di adattamento alle situazioni che mutano, si potrebbe puntare ad un continuo miglioramento a partire da queste 6 dimensioni.

Leggi anche: La ricerca del Sole 24 ore: MILANO è la città più generosa con il resto d’Italia

Fonte: The Local, Hofstede Insights

ROSITA GIULIANO

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I paesi più LIBERI del mondo divisi in 10 FASCE. In che posizione è l’ITALIA?

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Credits: tgtourism.tv

La libertà è un principio fondamentale tra i diritti umani della civiltà contemporanea. Tutti gli Stati del mondo affermano di garantire questo diritto, seppure non tutti allo stesso modo. Ma quali sono i paesi più liberi del mondo? La classifica è stata misurata dalla Freedom House Organization, basandosi sugli orientamenti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani della Nazione Unite.

I paesi più LIBERI del mondo divisi in 10 FASCE. In che posizione è l’ITALIA?

#Livello 10: Taiwan, Lituania, Bahamas e altri stati dei Caraibi

Credits: tgtourism.tv

Sebbene siano presenti alcuni livelli di corruzione a Bahamas e in Lituania, i due Stati sono stati elogiati per il rispetto di alcune libertà. Tra tutti spicca quella di stampa (nelle Bahamas), d’istruzione (a San Vincenzo), il processo democratico (in Lituania) e i provvedimenti nei confronti dei funzionati del governo corrotti (a Taiwan)

#Livello 9: St.Lucia, Kiribati, Palau e Marshall Islands

Credits: korldnomads.com – Kiribati

Riconosciuti anche loro per la libertà di stampa, si contraddistinguono per lasciare piena autonomia di fede religiosa (a Palau). Inoltre da sottolineare come nelle Isole Marshall e Kiribati ci sia un alto grado di libertà politica, lasciando libera espressione alle proprie idee anche a chi non si conforma con il governo.

#Livello 8: Micronesia

Credits: it.freepik.com

La Micronesia rientra nell’ottava fascia per la libertà di religione, di riunione, accademica, di associazione e per la parità dei diritti tra sessi, non così scontata in tutte le nazioni del mondo.

#Livello 7: Repubblica Ceca, Spagna, Cile e Tuvalu

Credits: annoallestero.it – Spagna

Questi quattro stati sono stati inseriti nella 7° fascia a seguito del loro sforzo nel garantire la libertà di stampa, la libertà di espressione a livello giornalistico (in particolare in Cile) e una vasta gamma di opzioni per i media dove soprattutto la Spagna ha concesso più libertà ai giornalisti. 

#Livello 6: Isola di Dominica, Estonia, Austria, Germania, Belgio e Regno Unito

Credits: lonelyplanetitalia.it – Estonia

La libera associazione politica nell’isola Dominica, la libertà di stampa in Estonia, la protezione costituzionale della liberà dei media nei 4 Paesi europei, sono i principali motivi per la quale questi stati rientrano nella sesta fascia della classifica dei paesi più liberi al mondo.

#Livello 5: Svizzera, Irlanda e Giappone

Credits: newassetmanagement.it

Ancora più liberi Svizzera, Irlanda e Giappone. La costituzione, atto normativo fondamentale che definisce la natura, la forma, la struttura, l’attività e le regole fondamentali di un’organizzazione è uno dei principi fondamentali di uno Stato. Ai tre stati che occupano la quinta fascia viene riconosciuta la protezione costituzionale della libertà di stampa e accademica ma anche quella di riunione. In particolare il modello federale svizzero garantisce i massimi diritti ai cittadini. 

#Livello 4: Barbados, Islanda, Portogallo e Danimarca

Credits: siviaggia.it

La libertà di opinione è uno dei principi fondamentali della Danimarca. L’Islanda si caratterizza invece per il più evoluto e libertario diritto a Internet, primo stato che riconosce tale diritto tra quelli elencati fino ad ora. La libertà di riunione e la libertà accademica sono garantite al massimo nel Portogallo e nelle Barbados.

#Livello 3: Uruguay, Nuova Zelanda e Australia

Credits: unops.org

L’Uruguay grazie al proprio sistema multipartitico e libero ma soprattutto per il basso livello di corruzione, riesce ad accaparrarsi il terzo posto. Al suo fianco troviamo l’Australia per un alto accesso a internet e la Nuova Zelanda invece per i suoi media liberi e indipendenti. Tre paesi che in generale salvaguardano al massimo la libertà in ogni sua forma per ogni cittadino. 

#Livello 2: Canada e Paesi Bassi

Credits: eta-canada.it

Si sfiora la perfezione nei paesi della seconda fascia: Canada e Olanda. Il Canada si aggiudica il secondo posto grazie alla sua lotta alla corruzione e per la tutela alla libertà dei media. Stessi principi sono fondamentali per i Paesi Bassi che sono stati premiati per un alto livello di protezione dei giornalisti. L’Olanda svetta anche non solo come libertà economica o quella relativa alle sostanze psicotrope ma anche come libertà nelle scelte di fine vita. 

#Livello 1: Norvegia, Svezia e Finlandia

Credits: stage4eu.it

La più alta forma di libertà e di civiltà contemporanea la sia raggiunge in questi tre paesi della Scandinavia. Norvegia, Svezia e Finlandia rappresentano un simbolo di libertà e di diritti civili: libertà dei media, protezione delle minoranze, trasparenza a livello governativo e presenza di fonti di informazioni indipendente. Inoltre è garantita la libertà religiosa e di cure mediche. Per gli amanti della libertà in armonia con i valori della comunità questi tre paesi rappresentano un motivo di grande ispirazione. A questo punto rimane da chiedersi: ci siamo dimenticati dell’Italia?

# L’Italia? Fuori classifica

Credits: ravennanotizie.itLa classifica è stata misurata dalla Freedom House Organization, basandosi sugli orientamenti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani della Nazione Unite.

Purtroppo il grado di libertà esistente e tutelato in Italia nei diversi ambiti non risulta sufficiente per farla rientrare nelle 10 fasce di paesi “liberi”. Il ritardo dell’Italia forse rispecchia una tradizione di paese dove i cittadini risentono di una tradizione da sudditi di un sovrano o di un’autorità illimitata a cui affidare la propria vita, più che un luogo dove esercitare i propri diritti. Se si vuole entrare in classifica non resta altro che rimboccarsi le maniche e rivedere un po’ alcuni dei principi che devono essere alla base per rendere l’Italia uno stato modello. E speriamo che l’esempio di altri paesi sia visto come fonte di ispirazione per migliorare la vita e i diritti di tutti i cittadini.  

Fonte: italianiemigrati

Continua la lettura con La nuova classifica dei 10 STATI europei con le misure più RESTRITTIVE

MARCO ABATE

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Le SINGLE romane e milanesi sul TRENO dell’AMORE: divise su tutto, tranne che su un punto

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Credits: oltreuomo.com

Alla scoperta delle single romane e milanesi sul Treno dell’Amore. Così viene soprannominato il Frecciarossa del venerdì sera e del lunedì mattina, il treno che porta romane e milanesi dai fidanzati della città opposta. E viceversa. 

Dalle testimonianze delle single incontrate sul “treno dell’amore” e dalla propria esperienza personale, Guia Soncini, icona degli articoli di costume, ha pubblicato su Marie Claire le sue riflessioni sulle caratteristiche delle single metropolitane. Che tra loro presentano radicali differenze e, forse, un solo punto in comune. Dall’articolo abbiamo estratto questo elenco. 

Le SINGLE romane e milanesi sul TRENO dell’AMORE: divise su tutto, tranne che su un punto

# La principale differenza tra single romane e quelle milanesi

Credits: mobilitaelettricaroma.wordpress.com

La principale differenza tra single romane e quelle milanesi? Le prime sono aperte e disponibili a nuove conoscenze, le seconde invece “se la tirano”, rendendo impossibile ogni approccio. Questa in sintesi l’apertura di Guia Soncini che però passa subito al paradosso: per questo modo di fare, finisce che a Milano restano tutte single.  “A Roma conosco solo coppie, ed essere costantemente l’unica dispari a cena capisco che faccia passar la voglia di uscire, a una ragazza sola”. Mentre “a Milano, invece, conosco solo zitelle disperate, donne che ogni sera della loro vita ci sperano, si vestono come fashion victim, si acconciano, mangiano sashimi senza riso per non metter su un etto ed essere competitive sul mercato, e ogni sera tornano a casa sole borbottando «In questa città sono tutti gay»”. 

Le conferma questa sensazione, Benedetta, anche lei sul “treno dell’amore”, che le spiega che, “vivendo a Roma, non potrebbe sopportare di essere sola: «Mi sentirei come Nanni Moretti in quella scena di Bianca in cui va in spiaggia ed è l’unico non accoppiato»”.

# “Il milanese non riesce a restare in città il sabato, proprio non ce la fa”

Credits: oltreuomo.com

Altra differenza radicale il fine settimana. I milanesi non sopportano di restare in città il sabato. E non riescono a tagliare il cordone ombelicale con i loro luoghi dell’infanzia. “Non molto tempo fa”, scrive la Soncini, “alla porta del mio appartamento romano suonò Luca, era disperato.”. Il motivo dello sconforto era Laura, la fidanzata.

“Laura era di Milano. Si era trasferita a Roma, sì, ma aveva mantenuto le abitudini milanesi. Il fine settimana fuori. Il milanese non riesce a restare in città il sabato, proprio non ce la fa, e già il fatto che sia un’abitudine prescrittiva la fa essere più una fatica che un piacere. Perdipiù, i luoghi di villeggiatura dell’infanzia milanese sembrano gli unici praticabili. Luca scuoteva la testa dicendo che lui non ce la faceva più, ad andare tutti i fine settimana invernali in aereo a Venezia, noleggiare una macchina, andare a Cortina, sciare due giorni, essere in ufficio a Roma il lunedì mattina. La sua disperazione era evidente”. 

Paola che prende il treno dell’amore da dieci anni per andare da un milanese, le conferma: “«Ogni volta è una lotta per non andare in Romagna. Il peggior mare del mondo, e bisogna passarci il weekend perché lui ci andava da piccolo»”.

# L’aperitivo a Roma e a Milano: una distanza abissale

Credits: ufficiobrevettimarchi.it

“Il problema dell’aperitivo”, scrive la Soncini, “si pone in fasi più acerbe della relazione”. Anche in questo caso la differenza tra le due città è abissale. “Le romane, se uno le invita per l’aperitivo pensano voglia tenersi una via di fuga aperta: se si scoccia, può dire che per cena aveva già un impegno”. A Milano, invece non cena nessuno: “agli orrendissimi buffet degli aperitivi si mangia e ci si attarda talmente tanto che l’opzione cena non è proprio prevista. Perdipiù, c’è abbastanza casino da coprire eventuali imbarazzanti silenzi da primo appuntamento fallimentare. Le milanesi non si aspettano che lui le inviti a cena, perché sanno che non accadrà. Mai.”

# “Le romane, per strada, ti guardano come se volessero staccarti la carne di dosso. A Milano non ti fila nessuno”

Credits: puatraining.it

“Anni fa”, ricorda la Soncini, “avevo un fidanzato milanese che, quando veniva a trovarmi a Roma, non poteva essere lasciato solo. Allorché camminante senza guardiana per le strade della città, egli rincasava sentendosi Mastroianni o giù di lì. Attribuiva il merito della sua ipertrofica vanità al fatto che «le romane, per strada, ti guardano come se volessero staccarti la carne di dosso».”

A Milano questo non accade: “Ho il sospetto che le romane in realtà non se lo filassero per niente, ma certo che le milanesi (invece) se la tirino è convinzione diffusa (e simmetrica a quella, delle milanesi, che i loro concittadini non siano interessati alle donne: Milano è formata da due città di single che non s’incontrano a metà strada).”. 

# Pericolo: le milanesi col cerchietto 

Credits: lorellaflego.com

Un’altra anomalia di Milano sono le “donne col cerchietto”. Scrive la Soncini: “Mattia, che è gay, ha sviluppato in anni di osservazione della specie etero una tesi sulle milanesi col cerchietto, le ragazze-bene che vivono all’interno della cerchia dei bastioni, apparentemente frigide e in realtà dominanti sul povero maschio: «Varcata la cerchia, per esempio i bastioni di porta Venezia, l’uomo sa che nulla potrà. L’atteggiamento-chiave della ragazza-dentro-i-bastioni è: mi aspetto molto. La sua frase-di-fine-mondo è: «Ci sono rimasta male». Peggio che sentirselo dire, per il pover’uomo, c’è solo la prospettiva che lei lo dica alle sue simili con cerchietto: essere disapprovato dal Comitato delle Amiche è una condanna a morte.”

La Soncini ha una sua spiegazione: “Io sono abbastanza convinta che sia un problema di fashionvittimismo: le romane, perlopiù, non riconoscono un Marni o un Chloé neanche guardando l’etichetta; le milanesi, con tutto quel che spendono per sembrare residenti nel Greenwich Village, non sono disposte a farsi stropicciare i vestiti dal primo che passa. E infatti, quando vogliono tirarsela, le romane ostentano ancor più il loro disinteresse per la moda: si vestono da suore laiche, vanno a vedere film iraniani, si atteggiano a prototipi di lauramorantismo in cerca del loro Nanni Moretti”. 

# “Se mangio, poi domani avrò i rimorsi tutto il giorno”

Credits: italiajapan.net

“Francesco”, scrive ancora Guia Soncini, “dopo una vita a Milano si è traferito nella parte più “bastioni” di Roma: i Parioli. L’altra sera è andato a cena con una romana, e la mattina dopo mi ha detto che gli sembrava una milanese. Quando gli ho chiesto quale dettaglio gli avesse fatto quest’impressione di straniamento geografico, mi ha riferito che lei rimestava nel piatto scomponendo il cibo senza metterlo in bocca, come centinaia di volte gli era capitato quando risiedeva nella città in cui le donne ordinano al massimo un sashimi, vivono in competizione con le modelle che invadono la città due volte l’anno, e il loro momento televisivo preferito degli ultimi anni è quello in cui Franca Sozzani disse a Daria Bignardi: «Non credo di aver mai mangiato un tiramisù». A un certo punto Francesco le ha fatto una battuta sulla sua inappetenza, e la romana, evidentemente in mood confessionale, ha risposto: «Se mangio, poi domani avrò i rimorsi tutto il giorno»”.

# A Milano c’è il “divieto di rimorchio”

Credits: dagospia.com

“Una cosa che mi ha sempre colpito, nella scena single milanese”, prosegue la Soncini, “è il divieto di rimorchio. Hanno persino i bar per single (altro tentativo di fare i newyorkesi), epperò anche lì dentro è vietato rivolgersi la parola tra estranei. Chi lo fa, è talmente poco cool da risultare zero attraente. Mi è sempre sembrato il comma 22 delle relazioni: se tra single non ci si può rivolgere la parola, si resterà single a vita – no?”. 

Il “divieto di rimorchio” vale anche per i gay: “Amico gay: è «pochissimo giusta l’idea di parlare a uno che non conosci: al massimo ci si guarda molto». E poi si torna a casa da soli? «Certo, e ci si scrive su Facebook fingendo distacco: “Ah, ma eri per caso tu quello al Mono l’altra sera? Non ti avevo mica riconosciuto…”»”

# Uomini milanesi e romani: l’unico punto in comune. Universale

A proposito di approcci solo virtuali, conclude così Guia Soncini: “Mi viene in mente che ho un amico romano, eterosessuale, che passa il suo tempo in chat con una milanese, e non concludono mai. Indago per capire se sia la stessa dinamica, e lui mi dice che è troppo pigro per prendere il treno dell’amore. Suggerisco che potrebbe venire lei, e lui mi guarda stravolto: «Ma sei matta? Ma pensa che responsabilità, questa viene a Roma solo per me… No, no: non se ne parla».”

“Mi ricordo che il milanese pretendeva trovassi sempre scuse (interviste da fare, amiche da visitare) per andare a Milano, in modo da non sentirsi troppo caricato di aspettative eccessive del tipo «Siccome avremmo una storia, verrei a passare qualche giorno nella tua città». E allora penso una cosa banale: che ci sono tre ore mezza, seicento chilometri, differenze nella qualità del sashimi e nella reperibilità dei capi Marc Jacobs, ma a Milano e a Roma gli uomini sono stronzi uguale.”

Articolo originale: Milanesi vs romande di Guia Soncini per marieclaire

Continua la lettura con MILANO vs ROMA: i NUMERI non mentono

MARCO ABATE

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I CAMPIONI del COVID: le NAZIONI che non hanno avuto nemmeno un MORTO

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Ulan Bator

Ogni giorno teniamo il fiato sospeso per le ultime news sui morti in Italia. Da settimane i morti giornalieri nel nostro Paese sono centinaia e li confrontiamo con le altre nazioni più colpite. Eppure nelle statistiche ufficiali c’è anche l’altro lato della medaglia con i paesi meno colpite. Alcune risultano del tutto immuni, contando fin dall’inizio nessun decesso ufficiale con questo virus. Vediamo quali sono ordinati dal meno abitato al più popolato. 

I CAMPIONI del COVID: le NAZIONI che non hanno avuto nemmeno un MORTO

Sono i 23 paesi che risultano a oggi senza neppure un decesso Covid dall’inizio dell’epidemia. Per lo più sono piccole isole o micronazioni, ma ci sono anche alcune sorprese. Vediamo le più significative. 

# Città del Vaticano

All’interno dell’Italia, il primo paese europeo per numero di morti, c’è anche lo stato che vanta il record opposto, seppur a pari merito. Finora lo stato del Papa non ha registrato neppure un decesso per il virus su 27 contagiati totali. Sarà per la forza dei piccoli numeri (è il più piccolo Stato sovrano del mondo e il meno abitato con 802 cittadini) oppure un occhio di favore da parte di Dio? Nota: anche se è il paese meno abitato del mondo risulta anche il sesto per densità di popolazione e per numero di casi in rapporto alla popolazione la teocrazia risulta con più contagi rispetto all’Italia. 

# Isole Faroe

L’arcipelago del mare del Nord sembra restare fuori dalle rotte del virus. O almeno riesce a curarlo molto bene. 567 dei suoi quasi 50.000 abitanti sono stati colpiti dal Covid ma tutti ne sono usciti senza registrare pertanto alcuna vittima. Nota: con quasi 4 milioni di test per milione di abitanti le isole Faroe risultano il primo paese al mondo per numero di tamponi fatti per abitanti: in media a ogni persona sono stati fatti quattro tamponi. 

# Seychelles

La Repubblica delle Seychelles è un arcipelago dell’oceano indiano formato da 115 isole a circa 1500 chilometri dalla costa orientale dell’Africa. Anche se costituisce uno dei luoghi con il più alto numero di turisti internazionali in rapporto ai cittadini, è riuscito finora a tenersi al riparo dalle conseguenze peggiori del virus. Zero vittime tra i suoi quasi centomila abitanti, con 205 casi totali. Tra i paesi senza morti Covid risulta il secondo con il maggior numero di casi, dopo il Vaticano. 

# Vanuatu

Doppio record mondiale per la repubblica di Vanuatu, posta nell’oceano pacifico a quasi 2.000 chilometri dalle coste australiane. Non solo finora non ha avuto morti Covid ma è il paese al mondo a registrare il minor numero di contagi: solo un caso tra gli oltre 310mila abitanti. 

# Bhutan

La forza della felicità? Sarà questo il segreto del piccolo stato asiatico che si vanta di essere il “più felice al mondo”? Forse è questo il segreto che spiega come nessuno dei suoi oltre 775mila abitanti sia stato ucciso dal Covid. Molto basso anche il numero di contagi: 576. 

# Mongolia

Con i suoi 1.566.000 km², pari a 5 volte l’Italia, e una popolazione di circa 3,3 milioni di persone ha la più bassa densità al mondo, anche se per la verità quasi il 50% degli abitanti è concentrato nella capitale Ulan Bator. Forse il segreto sta non solo negli ampi spazi ma nella vita da nomadi che accomuna un terzo della popolazione erede di Gengis Khan. Zero morti finora con Covid nonostante i 1.082 casi fin qui registrati. 

# Laos

Il secondo paese più popolato del mondo a non aver avuto nessun morto Covid è il Laos. Lo Stato del Sud Est asiatico, divenuto indipendente dalla Francia negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, non registra neppure una vittima Covid tra i suoi quasi 7,5 milioni di abitanti. Il segreto sembra essere in questo caso mantenere basso il numero di contagi: il Laos è infatti il paese al mondo con il minor numero di contagi in rapporto alla popolazione, con 41 casi totali. 

# Cambogia

Il risultato più straordinario è quello della Cambogia. Nessun morto in una popolazione di quasi 17 milioni di abitanti, ossia di quasi il 50% superiore a quella della Lombardia. Molto bassi anche i contagi: appena 363, che lo inseriscono tra i dieci paesi al mondo con il minor numero di casi. 

# Altri paesi da primato

Credits: roc-taiwan.org – Taiwan

Tra gli altri paesi con zero morti ci sono Groenlandia, Nuova Caledonia, Isole Samoa e Macao. Tra gli stati di maggior numero di abitanti sfiora il primato l’Eritrea con un morto. Il Burundi ha finora 2 morti in una popolazione di oltre 13 milioni di abitanti, mentre il risultato forse più clamoroso è quello di Taiwan: solo 7 morti su una popolazione quasi 24 milioni di abitanti. Non male infine la Tanzania: 21 morti su oltre 60 milioni di abitanti, più dell’Italia. 

Continua la lettura con: Taiwan festeggia sei mesi senza contagi

MILANO CITTÀ STATO

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Le 3 curiosità del VILLAGGIO dei GIORNALISTI di Milano

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credit: @rebeca_frangulea (INSTG)

A Milano esiste un quartiere da sempre oggetto di curiosità, anche da parte dei milanesi stessi. Si chiama Villaggio dei Giornalisti, è un prezioso e raffinato agglomerato urbano nato in mezzo a palazzi e condomini ben poco eleganti, all’interno del Municipio 2, che si estende da Porta Nuova a Greco.
Ma perché il Villaggio dei Giornalisti si chiama così? Andiamo a scoprire insieme qualche segreto di questo delizioso polmone verde di Milano.

Le curiosità del VILLAGGIO dei GIORNALISTI di Milano

# 1 È nato negli anni ’60 ma ci fa incontrare diversi stili: vittoriano, neo-medievale e gotico

Il Villaggio è nato nel contesto di edificazione urbanistica risalente al boom economico anni’60, e si è sviluppato in concomitanza con la crescita del quartiere Maggiolina: ovvero, la gemella meno famosa del Villaggio, con cui lo stesso è cresciuto in perfetta simbiosi.

Fra questi due quartieri ci sono infatti ben poche differenze. Il vero fiore all’occhiello della zona è certamente Villa Mirabello, un edificio del XV secolo adibito a zona agricola solo dal tardo ’700, che oggi costituisce una perla d’architettura rinascimentale in mezzo a un mare di stili diversi. Il Villaggio dei Giornalisti, infatti, è celebre per il miscuglio di architettura che si può ammirare passeggiandovi o guidando lentamente per le sue strade. Vittoriano, neo-medievale e gotico sono tre fra i molti stili architettonici in cui si può incappare.

Qui si possono ammirare ville di una incredibile magnificenza, vicoli stretti fra verde di folti alberi e adorabili giardini che, se ci si passa, sembrerebbe di essere a passeggio per uno scorcio del Vermont, stato della costa orientale nordamericana famoso per il suo foliage autunnale.
Questa zona è nata e cresciuta con funzione prettamente residenziale, e da questo si ricava anche l’origine del curioso nome.

Leggi anche: 10 cose che non sapete della Maggiolina, il quartiere sperimentale di Milano

# 2 Il nome del Villaggio arriva da un aneddoto del 1911 

L’appellativo Villaggio dei Giornalisti si deve a un singolare aneddoto che risale al lontano 1911, quando Mario Cerati (caporedattore de Il Secolo) scrisse un editoriale in netta controtendenza con gli articoli dell’epoca, suscitando enorme scalpore. Cerati accusò infatti le amministrazioni come responsabili di un’attenzione spasmodica verso le classi del ceto medio-basso. Che, pur in condizioni difficili, nel loro complesso non ebbero fatica a trovare alloggi popolari, dato che questi abbondavano sul territorio urbano.

Secondo Cerati, ciò avrebbe polarizzato Milano esclusivamente su un’impronta proletario-operaia, frenando parte di quell’ardore imprenditoriale meneghino che, pur con le pause dovute ai conflitti mondiali, ha sempre contraddistinto la città.
Vi era, insomma, bisogno di una zona più consona a ceti medio-alti, ai professionisti di settore, in parole povere, ai ricchi. Famiglie di ceti abbienti, facoltosi industriali ma (soprattutto) molti pubblicisti milanesi, che all’epoca rappresentavano la nuova borghesia nascente. Furono loro, i primi proprietari e residenti delle favolose ville sparse fra via Arbe e piazzale Farina.

A seguito di ciò, anche il Corriere della Sera (Rizzoli) acquistò un edificio nel supercondominio, al tempo chiamato ancora Villaggio Maggiolina. Questo fu il motivo per cui il quartiere, scelto come casa dai giornalisti dell’epoca, fu battezzato e poi ufficialmente definito con il nome con cui lo conosciamo oggi.

# 3 Il Villaggio dei giornalisti ospita anche le case più strane di Milano 

@foodtravelexperience

Cuore pulsante della zona è sicuramente la Palafitta, nome vintage di Villa Figini e, soprattutto, le case Igloo di via Lepanto. Anticonformiste creazioni d’architettura, che spuntano come funghi da un gioiello d’urbanistica milanese.

Inoltre, facendo un excursus sulla cucina ricordiamo che, sempre all’inizio degli anni’60, qui è nato A’Riccione ovvero il primo ristorante di pesce fresco a Milano, non lontano dal Cuoco di Bordo della celeberrima via Gluck. Meravigliosa ex-taverna di camionisti, è stato col tempo ristrutturato diventando negli anni uno dei must della ristorazione meneghina.

 

Continua la lettura con: Il PARCO d’ARTE a cielo aperto di CITY LIFE: le 12 opere più CURIOSE attuali e future con i loro significati (foto)

CARLO CHIODO

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10 POSTI dove FUGGIRE dal mondo restando in LOMBARDIA

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Valganna (credit: https://giteinlombardia.it/)

Non si può ancora sapere per quanto tempo dureranno le limitazioni di spostamento tra le regioni. Se dovesse estendersi a lungo il semaforo rosso-arancione ecco i dieci luoghi dove ritrovare un’oasi di serenità senza uscire dalla Lombardia.

10 posti dove FUGGIRE dal mondo restando in LOMBARDIA

#1 Livigno

Il “Piccolo Tibet” sarà decisamente la meta ideale per disintossicarsi dopo questo anno di stress e restrizioni.

Un luogo unico per gli amanti di tutti gli sport, dal nordic walking al trekking, dalla mountain bike all’equitazione.

E per chi non fosse sportivo, no problem, a rendere Livigno perfetta e speciale anche per chi non ama lo sport e le esperienze in quota sono la possibilità di fare acquisti nei negozi di enogastronomia d’eccellenza.

#2 Cernobbio

A poca distanza dalla più “caotica” Como, il borgo di Cernobbio è una delle perle del Lario, ideale per una fuga alla ricerca del relax e del silenzio.

Anche se la stupenda Villa d’Este ancora chiusa, Cernobbio e il suo lungolago regalano scenari da cartolina dove è possibile fermarsi su qualche panchina per essere “cullati” dal placido suono delle onde del lago.

Leggi anche: 10 motivi per passare una giornata a Como

#3 Abbazia di San Pietro al monte, Civate

Per chi vorrà mettersi alla ricerca di un luogo di pace e silenzio, capace di nutrire la propria sete di cultura e il proprio spirito, l’Abbazia di San Pietro al Monte a Civate è il luogo ideale.

Per raggiungerla basta percorrere a piedi un sentiero in salita dalla durata di 45 minuti, per i meno allenati un’oretta, che parte da Civate.

La vista finale di questo gioiello romanico risalente all’XI sec vi lascerà senza fiato e varrà tutta la salita percorsa, oltre al panorama spettacolare sul brianzolo lago di Annone tanto amato da Stendhal.

#4 Sacro monte di Varese

Una fuga che appaga anima e corpo, il percorso che si snoda dalla barocca cappella dell’Annunciazione fino al Santuario di Santa Maria del Monte, ultima delle quindici cappelle votive edificate a partire dal 1604 come baluardo al Protestantesimo prima e luogo di preghiera ed intercessione per la peste del 1630/32 poi.

Dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 2003, dalla sua sommità offre una splendida vista sul Lago di Varese.

#5 Valganna

A poca distanza da Varese, la Valganna è un luogo che potremmo definire quasi “magico”.

Infatti basta attraversare la breve galleria a lato del Birrificio Poretti di Induno Olona per trovarsi in una valle costellata di boschi, grotte e torrenti, la cui storia ruota tutta intorno alla figura di San Gemolo e alla sua Badia.

Narra la leggenda che, intorno al X secolo, Gemolo, un giovane cavaliere nipote di un vescovo, inseguì nella valle alcuni briganti chiedendo loro la restituzione dei beni da loro rubati, venendo così decapitato.

Il giovane giustiziato raccolse la propria testa e cavalcò fino all’accampamento dello zio vescovo, il quale lo seppellì e fece erigere la futura Badia.

Se la storia vi ha messo sete, le grotte di Valganna ospitano un ristorante e una birreria dove sarà possibile rilassarsi sorseggiando una buona cerveza a km zero in un locale suggestivo e storico. In questo periodo aperto solo la domenica dalle 9:15 alle 18.

#6 Mantova

Sala Giganti (Palazzo Te)

Città d’arte tra le più belle che il mondo possa vantare, capitale del ducato omonimo, terra dei Gonzaga, Mantova vale sicuramente un weekend dove fuggire per appagare la propria sete di cultura e non solo, quando potremo tornare alla libertà.

Di attrazioni ce ne sarebbero tantissime di cui parlare, ci limitamo quindi ad una top 3 e ad una traccia artistica alla scoperta di due grandi del Rinascimento italiano, Andrea Mantegna e Giulio Romano.

  • #1 Palazzo Ducale, dimora dei Gonzaga e palazzo tra i più grandi al mondo, imperdibile per la camera picta di Mantegna. (chiuso per Dcpm al momento)
  • #2 Palazzo Te, trionfo del manierismo di Giulio Romano (chiuso per Dcpm al momento)
  • #3 Piazza delle erbe, un luogo rimasto immutato dove respirare l’atmosfera mantovana

#7 Sirmione

Questa lingua del lago di Garda è l’ideale per una “fuga” verso est in quello che è un borgo quasi senza tempo.

Con la stagione invernali perdersi tra le decorazioni nataizie per le sue vie medioevali dal profumo di lavanda, ammirare la rocca scaligera o affacciarsi sulle acque del lago dai resti romani delle “Grotte di Catullo” vi farà dimenticare ogni incubo dell’emergenza virus.

#8 Montevecchia

A pochi chilometri da Milano, immersa nel verde della Brianza, Montevecchia è un luogo spettacolare dove fuggire da Milano.

Salendo i gradini fino al Santuario della Vergine del Carmelo non dovrete far altro che guardarvi attorno, sarete circondati dalla vista sui monti brianzoli con il Resegone da un lato e dallo skyline di Milano dall’altro.

Leggi anche: 7 buone ragioni per andare a Montevecchia, il “monte di Milano”

#9 Rocca dell’Innominato, Vercurago

Adagiata come un’aquila ormai stanca sopra il borgo di Vercurago, la cosiddetta “Rocca dell’Innominato” domina sulle acque del lago di Garlate.

Antico baluardo a difesa del confine tra Ducato di Milano e Repubblica di Venezia, la rocca, ormai in disuso, venne scelta da San Girolamo Emiliani nel 1534 per ospitare gli orfani del neocostituito ordine dei Padri Somaschi.

Fu Manzoni ad affibbiarle il titolo attuale scegliendola come dimora del famigerato Innominato, una sorta di bufala che però ha un piccolo legame con l’epidemia di peste, in quanto nel 1537 il borgo di Somasca venne effettivamente colpito dal morbo e lo stesso San Girolamo morì, ma tutto questo quasi cent’anni prima della peste manzoniana.

#10 Ponte nel cielo

Per sentirvi più “wild and free”, sospesi tra tra terra e cielo, non vi resterà che salire a Tartano, in Valtellina per provare quest’esperienza.

Si tratta di un ponte tibetano lungo 234 metri sospeso ad un’altezza di 140 tra Campo Tartano e Frasnino da cui si possono ammirare le vette delle Alpi Retiche e la valle del Tartano. Al momento chiuso, riaprirà il 7 gennaio 2021.

MATTIA GALBIATI

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Lo SKYTRAM: il nuovo “TRAM VOLANTE” di Genova. Perché non portarlo anche a Milano? Si potrebbe fare qui

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Stazione Skytram

Presentato il progetto per un servizio innovativo di collegamento che unirà la zona di Brignole a Molassana. Si tratta dello skytram della Valbisagno, un investimento di 580 milioni di euro, per una linea sopraelevata di 6,5 km. I dettagli del progetto e dove si potrebbe realizzare a Milano.

Lo SKYTRAM: il nuovo “TRAM VOLANTE” di Genova. Perché non portarlo anche a Milano? Si potrebbe fare qui

# I numeri del progetto: 8 stazioni e un percorso lungo 6,5 km

Credits: telenord.it . Tracciato Parte 2

Il progetto prevede 8 stazioni, a 800 metri circa di distanza, e 6 km e mezzo di sviluppo. La prima fermata, dopo quella già esistente della stazione di Brignole, è Marassi, presso lo stadio Luigi Ferraris, poi piazzale Parenzo a Staglieno per agevolare l’accesso anche al cimitero monumentale di Genova. A seguire Adriatico, Bligny, San Gottardo e Molassana.

Credits: telenord.it

Il cronoprogramma dei lavori di realizzazione è previsto in 4 anni e 9 mesi dalla firma del contratto. La formula scelta è il project financing, come per la M4 e M5 a Milano, per la progettazione, costruzione, gestione e manutenzione con un investimento pari a 580 milioni di euro.

# Due binari, con tracciato in gran parte sopraelevato lungo il fiume Bisagno

 
Credits: telenord.it

La linea, che avrà due binari, correrà in gran parte in sopraelevata rispetto alla strada, con i piloni che insisteranno sul marciapiede sull’argine destro del Bisagno e non ci sarà nessun ingombro di cavi elettrici in sospensione perché l’alimentazione del convoglio avverrà tramite la cosiddetta “terza rotaia”.

# 5.000 passeggeri l’ora, capienza di 280 passeggeri per treno, tempo di percorrenza in 11 minuti e frequenza di 3 minuti e mezzo nelle ore di punta

Credits: telenord.it

La linea correrà in sponda destra da Brignole a Marassi e in sponda sinistra da Marassi a Molassana. Sono previste due vetture motorizzate per ogni treno, ognuno dei quali avrà una capienza complessiva di 280 posti e sarà gestito da un sistema di segnalamento e automazione senza conducente.

Il sistema proposto è dimensionato per garantire una capacità di 5.000 passeggeri l’ora, ma è già predisposto per l’ampliamento a 6mila, ampliabile ulteriormente fino a 10.000 con poche modifiche.

Sono 10 i treni previsti nella fornitura. Il tempo di percorrenza è di circa 10-11 minuti. La frequenza prevista è di 3 minuti e mezzo nell’ora di punta, con una velocita’ commerciale di 37 km/h.  Il progetto, riconosciuto dalla Giunta comunale come di interesse pubblico, è stato presentato dal gruppo composto da Itinera, Alstom ferroviaria e Meridiam Investiments e ora dovrà essere sottoposto alla valutazione della commissione del Mit per il finanziamento. L’amministrazione sta già ipotizzando di estendere la linea fino a Prato, in alta Valbisagno.

Fonte articolo: Primo Canale

# A Milano lo “SkyTram” potrebbe costituire la nuova CIRCLE LINE: sostituendo la circolare 90-91 o essere realizzato accanto ai due lati di marcia sul percorso delle tangenziali

Ipotesi delle 3 Circle line
Ipotesi delle 3 Circle line

Lo Skytram costituisce una soluzione efficiente che potrebbe essere valutata anche per decongestionare Milano. Una delle principali carenze del servizio di trasporti metropolitano è infatti la carenza di una o più linee circolari veloci al pari delle altre grandi città europee, come Londra, Berlino o Mosca che ne ha addirittura due. La “Circle line” prevista sul percorso dell’attuale S9 verrà esercitata da treni con frequenza di 15 minuti e comunque rimarrà monca, perché sarà solo un segmento, lasciando completamente privo il tratto a ovest da San Cristoforo a Rho Fiera.

Come da noi spesso suggerito si potrebbe osare di più, e se la metropolitana circolare rapida forse è di difficile realizzazione, perché non implementare una linea sopraelevata come lo “SkyTram” di Genova?  Si potrebbero realizzare fino a 3 linee ad un costo più contenuto, in questo modo:

#1 trasformando la circolare filoviaria 90-91 in una vera linea di forza senza dover fare interventi sull’asservimento semaforico e garantendo al contempo la fluidità del traffico veicolare. 

#2 affiancando la linea sopraelevata al percorso delle tangenziali (sul modello di Genova):

  • Interne: nord, est e ovest 
  • Esterne: TEEM e la superstrada che sostituisce il progetto della TOEM.

Se si introducesse anche a Milano questo metodo di trasporto alternativo proposto per Genova, meno impattante a livello strutturale e più economico, forse il grande sogno di una circle line potrebbe diventare presto realtà.

Continua la lettura con: CIRCLE LINE: tutta la verità sul progetto più sognato dai milanesi

MILANO CITTA’ STATO

Leggi anche: Città a 15 minuti: l’idea di Parigi che stuzzica Milano è una sciocchezza

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🛑 Le 4 FASI del PIANO VACCINALE anti-covid in LOMBARDIA

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@fanpage

L’assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera ha presentato i dettagli del piano vaccinale anti-Covid per Milano e la Lombardia. Dal 27 dicembre si parte con le prime dosi del vaccino Pfizer: in Lombardia domenica saranno vaccinate le prime 1620 persone. Chi saranno? E quali e quando saranno le fasi successive? Andiamo a scoprirlo insieme.

Le 4 FASI del PIANO VACCINALE anti-covid in LOMBARDIA

In Lombardia sono stati individuati 65 hub vaccinali, tra cui alcune strutture private, dove conservare e somministrare il vaccino Pfizer. A ciascun hub fanno riferimento 150 strutture ospedaliere e le RSA di competenza. Tra il 28 dicembre e il 4 gennaio le dosi di vaccino saranno consegnate agli hub regionali.

# Fase 1: Personale sanitario (dal 27 dicembre)

La prima fascia di popolazione a ricevere il vaccino sarà quella del personale sanitario. Medici, infermieri, oss, presidenti degli ordini di medici e infermieri e personale delle “Croci” inizieranno ad essere vaccinati dalle 11 del 27 dicembre, per permettere loro di lavorare in sicurezza.

# Fase 2: la fascia a rischio (da gennaio)

Dai primi di gennaio saranno altre 4 categorie a vaccinarsi:

  • Persone con gravi patologie, immunodeficienza o fragilità
  • Persone a rischio elevato di malattia
  • Anziani over 60
  • Insegnanti e personale scolastico “ad alta priorità”

In tal modo si dovrebbe coprire circa il 15% della popolazione italiana.

# Fase 3: copertura per il 50% della popolazione nazionale vaccinando chi sta a contatto con il pubblico

Per questa fase non è stata ancora prevista una data ma l’obiettivo è di vaccinare chi sta a contatto con il pubblico come insegnanti, lavoratori di servizi essenziali (supermercati, corrieri, farmacisti), lavoratori nei luoghi di comunità (carceri, RSA, comunità di recupero) e persone con lievi patologie o fragilità.

# Fase 4: entro l’estate avrà inizio la vaccinazione sul resto della popolazione

Entro l’estate partiranno le vaccinazioni per tutto il resto della popolazione.

# Fontana: il vaccino non sarà obbligatorio

Credits: ilgiorno.it – Attilio Fontana

Il presidente della regione Fontana ha sottolineato che il vaccino non sarà obbligatorio ma verrà fatta una campagna promozionale per incentivare le persone a farlo. La Lombardia è stata duramente colpita dal virus e il presidente spera in un’opera di convincimento.

# Rischi del Pfizer: una componente del vaccino potrebbe essere la causa di reazioni anafilattiche

Mentre parte la campagna di vaccinazione, stanno venendo rilanciati in tutto il mondo episodi di reazioni allergiche al vaccino. Molti si domandano da che cosa siano provocate?Diversi esperti sostengono che le nanoparticelle lipidiche (LNP) che permettono al materiale genetico di penetrare all’interno delle cellule, essendo PEGilate, ovvero legate a un composto chiamato polietilenglicole (PEG), possano indurre reazioni anafilattiche.

Il PEG non è mai stato utilizzato prima d’ora in un vaccino approvato, pur essendo presente in molti farmaci che hanno occasionalmente scatenato anafilassi, una reazione allergica piuttosto importante. Anche il vaccino Moderna che viene somministrato negli Stati Uniti contiene il PEG, quindi i due vaccini hanno potenzialmente lo stesso rischio.

I medici ritengono che alcune persone precedentemente esposte al PEG possano aver sviluppato alti livelli di anticorpi contro questo composto, rischiando una reazione anafilattica al vaccino. Ad oggi i casi di reazione allergica in USA sono 6, mentre in Inghilterra sono 2, molti più di quelli che ci si aspetterebbe dalla somministrazione classica di un vaccino. Fondamentale quindi studiare queste reazioni per capire cosa hanno di diverso i vaccini Pfizer e Moderna.

Fonte: fanpage e milanoweekend

Continua la lettura: VACCINO: solo per gli anziani e chi è a rischio, per riaprire tutto a febbraio. PROPOSTA choc o di buonsenso?

ANDRA STEFANIA GATU

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🛑 MILANO 2030: parcheggi dimezzati, strade ristrette. Il Comune dichiara guerra alle AUTO?

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Credits: formulapassion.it

Il consiglio comunale di Milano ha approvato il Piano Aria Clima, strumento per ridisegnare l’attuale configurazione del capoluogo lombardo attraverso iniziative e azioni con l’obiettivo di porre le basi per una città sempre più “carbon neutral” entro il 2050. Obiettivo lodevole però sulle modalità per raggiungerlo non tutti sono d’accordo. 

MILANO 2030: parcheggi dimezzati, strade ristrette. Il Comune dichiara guerra alle AUTO?

# Meno mezzi, più aree a zero emissione e parcheggi dimezzati per combattere l’inquinamento e il cambiamento climatico

Credits: cardealer.co.uk

Il grande obiettivo è di combattere l’inquinamento atmosferico, fattore che incide anche sul cambiamento climatico, grazie a cinque ambiti di azione, 25 target e 49 azioni. Il piano approvato dal Consiglio Comunale mira a trasformare entro il 2050 la mobilità personale in mobilità attiva, rendendola sempre più ciclopedonale, intermodale e basata sulla “Mobility as a Service”. Per il raggiungimento dell’obiettivo si punterà entro il 2030 all’ampliamento di una Zero Emission Zone e di un’area pilota carbon neutral con il dimezzamento della mobilità motorizzata e della superficie dei parcheggi su strada.

# La rivoluzione nei trasporti e delle Zone trafficate. All’estero però non tutti vanno nella stessa direzione

Credits: formulapassion.it

L’introduzione di nuove tasse sui veicoli di maggiore dimensione, di una possibile soglia massima di chilometraggio massima annua calcolabile tramite monitoraggio satellitare, di Zone 30 e Zone a traffico pedonale privilegiato dettano il passo per una città sempre meno inquinata e congestionata a causa dei mezzi a motore. Saranno rivisti inoltre gli accessi e la circolazione nell’Area B in base alla diversa classificazione dei veicoli, idea supportata dalla realizzazione di piste ciclabili per biciclette e monopattini.

Non tutti sono però concordi sull’utilità delle azioni già messe in atto e che verranno rinforzate in futuro. Il blog Muovermi , il cui claim è “per una Milano più libera”, che non sia “solo divieti”, contesta la narrazione che le politiche antiauto e questa nuova corsa alle ciclabili siano una tendenza di successo in tutta Europa. Anzi:  scrive il blog che “le piste ciclabili improvvisate realizzate con la scusa della pandemia Covid”, hanno innescato uno scontento sfociato spesso in proteste come i casi di Vienna o Düsseldorf fino ad arrivare a Berlino che ha stabilito che le piste ciclabili “pop up”, sul tipo di molte di quelle fatte a Milano di recente, vanno eliminate in quanto non a norma e per i danni che stanno generando alla circolazione. 

Leggi anche: la favola delle ciclabili all’estero non funziona

# Meno inquinamento grazie anche all’attenzione dei cittadini

Credits: lettoquotidiano.it

Tornando al Piano del Comune, non si ferma solo alla viabilità. Più condiviso risulta il piano di ridurre le maggiori fonti di inquinamento atmosferico che riguardano aspetti della vita quotidiana dei cittadini milanesi, su tutti i sistemi di riscaldamento e l’agricoltura intensiva. Vengono indicate l’eliminazione dei combustibili fossili a vantaggio di quelli privati e la promozione tra i cittadini di stili di vita “consapevoli” che riguardano per esempio un minor uso dell’acqua.

Fonte: quattroruote

Continua la lettura con Una RIVOLUZIONE nella Città Metropolitana: il PROGETTO SICUREZZA

MARCO ABATE

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🛑 Una RIVOLUZIONE sui banchi: studenti milanesi in rivolta per tornare a SCUOLA

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Credits: milano.repubblica.it

Sui banchi di scuola per protestare contro la didattica a distanza. Gli studenti di sette licei di Milano chiedono la riapertura delle scuole con un gesto pacifico e significativo. 

Una RIVOLUZIONE sui banchi: studenti milanesi in rivolta per tornare a SCUOLA

# La protesta contro la didattica a distanza

Credits: milano.repubblica.it

Rivoluzione davanti alle scuole richiedendo una pronta riapertura per l’anno nuovo. Questa è la richiesta degli studenti dello scientifico Volta, del Virgilio, del classico Berchet e Parini, dell’istituto Einstein e di quelli di Torricelli e Allende Custodi. Armati di banchi “concessi” dagli istituti o da sedie recuperate autonomamente, gli studenti di alcune scuole milanesi sono scesi in piazza per protestare contro la didattica a distanza. 

# Gli studenti del Volta alle prese con la didattica a distanza ma… in presenza

Credits: milanotoday.it

Fuori dall’istituto Volta, gli studenti presenti con i propri banchi, seguono le proprie lezioni in didattica a distanza. La richiesta è quella della riapertura per il 7 gennaio, come annunciato dal Premier Conte e per questo si chiede che tale promessa venga mantenuta. Con la maggiore libertà di determinati settori a seguito di precedenti misure restrittive, il ramo scolastico è stato uno dei pochi ad essere più penalizzato nella riapertura.

# Il No Dad Day nel pieno rispetto delle norme di sicurezza

Credits: miitomorrow.it

Il No Dad Day fuori dall’istituto Virgilio ha avuto il fine di riunirsi in assemblea per parlare dei problemi della didattica a distanza e, una volta finito, seguire le lezioni su tematiche di genere, ambientalismo e sport popolare. A testimoniarlo è Valeria, 17 anni e studentessa del Virgilio e afferma che “Il tutto è fatto nel rispetto delle norme sicurezza”. Una volta annotato i nomi dei presenti si procede alla misurazione della temperatura. 

# La docente affianca i propri studenti. Confidiamo nella riapertura

Credits: mitomorrow.it

Sul fatto che la didattica a distanza non è scuola è d’accordo anche Marzia Calabrese, docente di lettere che, nel suo giorno libero, ha deciso di affiancare i propri studenti nella richiesta di pronta riapertura. “Loro sono fortunati, perché sentono il bisogno di riunirsi e si organizzano, ma molti ragazzi questo bisogno non lo sentono più, si sono lasciati andare. È questo il danno maggiore provocato dalla pandemia sulla scuola, al di là dell’aspetto didattico” afferma la docente. Cosa succederà con l’anno nuovo? Non ci resta altro che aspettare e confidare nella riapertura, terza ondata permettendo. 

Fonte: LaRepubblica

Continua la lettura con Piano SCUOLA anti COVID in Lombardia: cosa fare con SINTOMI sospetti

MARCO ABATE

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🛑 Tribunale di Roma: i DPCM del governo sono fuorilegge

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Il tribunale di Roma, come riportato da Affari Italiani,in una causa civile in cui era coinvolto un esercizio commerciale ha dichiarato illegittimi i decreti della presidenza del consiglio di ministri. Ecco tutte le motivazioni.

🛑GIUDICI di Roma: DPCM del governo sono fuorilegge

# La sentenza del tribunale di Roma “I Dpcm viziati da molteplici profili di illegittimità e, come tali, caducabili”

Come riporta Affari Italiani, lo scorso 16 dicembre il Tribunale di Roma in una causa civile ha dichiarato illegittimi i Dpcm del governo. Nello specifico si tratta di un contenzioso in cui è finito un esercizio commerciale da sfrattare per morosità, causa mancato pagamento canoni vista la chiusura per Covid (causa civile nrg 45986/2020). Il giudice del Tribunale dopo una lunga analisi cita i principi base che tengono insieme la comunità e lo Stato italiano. 

Il giudice di Roma interroga le leggi sulle limitazioni indotte dal governo e arriva alla conclusione che “i Dpcm siano viziati da violazioni per difetto di motivazione”.  “I Dpcm… siano in realtà viziati da molteplici profili di illegittimità e, come tali, caducabili”, cioè non producono effetti reali e concreti dal punto di vista giurisprudenziale, della legge: sono acqua fresca. In pratica, producono effetti reali sulle persone e le loro attività, costretti a chiudere per l’azione di controllo delle Forze dell’ordine, ma, come il giudice conferma, il governo sta agendo fuori dalle norme dello Stato democratico, violando le leggi e non dando vere motivazioni

Ecco i 4 principali motivi di illegittimità:

#1 Il Dpcm “non è di natura normativa ma ha natura amministrativa”

Il Dpcm, con i quali il governo è intervenuto per chiudere l’Italia e gestire la pandemia non alcun valore legale in quanto “non è di natura normativa ma ha natura amministrativa”. Per funzionare dovrebbe  far riferimento ad una qualche legge, eppure i Dpcm non lo fanno, comprimono i diritti fondamentali, vista la pandemia, e basta. Anche diversi e autorevoli costituzionalisti avevano rilevato questo problema, dicendo che i Dpcm sono incostituzionali. Il tribunale civile di Roma cita per spiegarlo “tutti i Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, Baldassarre, Marini, Cassese”. 

#2 Il Governo poteva intervenire solo in una situazione di stato di guerra

Il Governo poteva intervenire con questo tipo di provvedimento in una situazione di stato di guerra. Quelle vere, dove la gente spara, i palazzi crollano, ecc… Ma la guerra vera non c’è. E non vi è neanche “nessuna legge ordinaria che attribuisce il potere al Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario”. Ne deriva che tutti i Dpcm sono illegittimi. 

#3 I Dpcm della fase 2 avrebbero richiesto un successivo passaggio in Parlamento

Anche i Dpcm che disciplinano la fase 2 hanno lo stesso problema. “Hanno imposto”, spiega il giudice entrando nei particolari, “una rinnovazione della limitazione dei diritti di libertà che avrebbe invece richiesto un ulteriore passaggio in Parlamento diverso rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto ‘Io resto a casa’ e del ‘Cura Italia’ (cfr Marini). Si tratta quindi di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’art 77 Cost., come rilevato da autorevole dottrina costituzionale”.

#4 I Dpcm devono esplicitare una motivazione, in quanto atti amministrativi, per essere validi

I Dpcm poi hanno anche il problema che per essere validi, come atti amministrativi, “devono essere motivati, ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/1990. A tale obbligo non sono sottratti neanche i Dpcm”, spiega sempre il Tribunale. I Dpcm citano alla base delle proprie motivazioni le analisi del Comitato Tecnico Scientifico (Cts). Peccato che tali analisi siano state rese pubbliche dal governo a ridosso delle scadenze dei Dpcm stessi, perché per lungo tempo sono stati classificate come riservate. Quindi le motivazioni restavano sconosciute. “Ritardo tale”, spiega il giudice, “da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale”. Per tanto l’obbligo della motivazione non è stato adempiuto. In più queste motivazioni alla base dei Dpcm sono generiche, illogiche e viziate, determinando un vizio di eccesso di potere da parte del governo.

Tutti provvedimenti che, scrive sempre Affari Italiani, alla prova dei fatti non sono serviti visto che l’Italia è il Paese con il più alto numero di decessi in Europa e il secondo al mondo per morti ogni milione di abitanti tra i Paesi con popolazione superiore ai 10 milioni.

Fonte: articolo di Antonio Amorosi per “Affari Italiani”

Continua la lettura con: STATO DI EMERGENZA: verso l’estensione fino (almeno) al 31 GENNAIO

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5 OGGETTI senza cui un MILANESE vero non può stare

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Credits: calzaturepuccio.com

I veri milanesi sono una razza in via d’estinzione. Ma da cosa lo si riconosce? Per rispondere adeguatamente ci vorrebbe un piccolo manuale che unisca tutta la psicologia, la praticità, l’impazienza di un milanese. Mi accontenterò quindi di elencare 5 oggetti senza cui un milanese vero non può stare. Saranno ottimi indizi per riconoscere i meneghini in un lampo.

5 OGGETTI senza cui un MILANESE vero non può stare

#1 Lo smartphone aziendale: racchiude perfettamente dimensione psicologica del milanese 

Credits: it.freepik.com

Nessuno ormai può vivere senza uno smartphone. Non gli sono affidate solo le telefonate ma la nostra vita, le nostre relazioni sociali, i nostri sentimenti. I milanesi però, al telefonino personale, aggiungono alle loro tasche un oggetto fondamentale: lo smartphone aziendale. Credo che non potrebbe esistere un oggetto che racchiuda così bene la dimensione psicologica di un milanese. Pensateci. Metallizzato, rigido, quasi sempre scuro. Dedicato al lavoro. Sempre reperibile. Essenziale. Come deve essere un cittadino di Milano.

#2 Lo zaino sportivo: ha preso il posto del valigetta 24 ore

Credits: ilmiogiornale.org

Una volta esisteva il borsello per gli uomini, che altro non era che una versione moderna della valigetta da lavoro. Il problema è che, tranne poche eccezioni, il borsello fa dell’uomo che lo indossa una via di mezzo tra un metalmeccanico della Breda degli anni 60 e un bigliettaio ATM del tram. Non è una cosa definita, è un ibrido inquietante. Motivo per cui nel tempo, dalla fredda e antiquata valigetta 24 ore c’è stata una evoluzione verso lo zaino sportivo o verso quelle cartelle a tracolla molto giovanili. Si perché il vero milanese deve essere:

  • sempre giovane e baldanzoso.
  • molto giovane ma con tanti anni di esperienza.
  • fare tanta gavetta ma deve fare anche figli e famiglia in giovane età.
  • essere la quint’essenza dello sprint, dello smart e dell’innovazione.

#3 Il ferma banconote (meglio se in oro)

Credits: giuntialpunto.it

Negli anni questo piccolo oggetto è diventato uno status symbol. Mi ricordo quando ero piccola che gli uomini di una certa età che vedevo lo avevano quasi tutti in oro o placcato in oro. Con il tempo molte case di creazione di gioielli lo hanno realizzato in metallo, argento o acciaio, per poter essere acquistato anche dai giovani. Il ferma banconote è un altro esempio di oggetto-simbolo di Milano. Si, perché non è un portafoglio o un porta monete comune. E’ un ferma-banconote, tiene stretto cioè il vero valore: la banconota. Le monetine possono essere anche eliminate, quello che conta è il pezzo grosso. Il danè.

#4 Il mocassino con le frangette, che fa molto “Milano da Bere

Credits: calzaturepuccio.com

Questo oggetto per me fa molto Milano da bere. Spessissimo infatti mi capita di osservare molti giovani che, nelle sere d’estate o di primavera, vanno a prendere l’happy hour con i loro mocassini senza calze e con dei pantaloni quasi stile “acqua alta a Venezia”. Questi però non sono mocassini sobri e semplici. Hanno questa frangetta al centro del collo del piede che in qualsiasi altra città al mondo sarebbe decontestualizzata.

#5 L’ombrello formato pieghevole nello zaino

Credits: thesocialpost.it

Milano si sa, ormai è diventata come Londra. Può piovere in un attimo e se ti capita di essere sorpreso da un acquazzone non è contemplata la possibilità di aspettare che spiova sotto una galleria o un riparo. Ecco quindi che il milanese doc toglie dal suo famigerato zaino l’ombrellino piccolo, pieghevole, molto smart e può proseguire la sua occupazione. Badando bene a non perdere il ferma-banconote, lo smartphone aziendale e…a non bagnarsi i mocassini.

Continua la lettura con Le 7 COSE che i MILANESI farebbero in caso di RATTO ALIENO

GIULIA PICCININI

 

🛑 MM gestirà IL VERDE PUBBLICO di Milano?

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L’assessore Pierfrancesco Maran ha annunciato che il comune di Milano ha chiesto a Metropolitane Milanesi di presentare una proposta per prendere in gestione il verde pubblico nel 2021.

MM gestirà IL VERDE PUBBLICO di Milano?

# Il verde è il futuro della Milano del 2030

@simo.landri

Il Comune ha intenzione di rendere il verde un punto centrale nella riqualificazione della città. Nel 2030 secondo il progetto ForestaMi Milano potrebbe avere 20 nuovi parchi e 3 milioni di alberi piantati nell’area metropolitana. Ma per quanto riguarda il verde attuale, non sempre viene valorizzato al meglio. Ecco l’idea dell’assessore Maran per migliorare la situazione attuale. 

# L’affido della gestione del verde a Metropolitane Milanesi?

Attualmente i 18 milioni di metri quadrati di verde urbano sono affidati al consorzio Miami ma il contratto dovrebbe scadere ad aprile 2021, con una possibile proroga di 12 mesi. La Giunta vorrebbe prorogare l’affidamento fino all’autunno per permettere a Metropolitane Milanesi di sviluppare un piano strategico per la gestione di tutti i parchi. L’assegnamento potrebbe essere diretto anche se non si esclude però una gara pubblica per decidere chi gestirà il polmone di Milano.

# Una possibile riqualifica dei parchi già esistenti

Ci auguriamo che il nuovo gestore del verde pubblico pensi anche ad un piano per la riqualificazione dei parchi già esistenti, come quello di Porta Venezia, insieme ai giardini, parchetti zonali che forse necessitano una più accurata valorizzazione. 

Fonte: affaritaliani

Continua la lettura con: CITY LIFE vs PORTA NUOVA: la sfida presente e futura tra verde e architettura

ANDRA STEFANIA GATU

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BRUTTO NATALE

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Drunk Santa

Preg.mo signor Babbo Natale,

devo premettere d’aver avuto la sensazione d’averLa vista, qualche sera fa, sgusciar via da un club di scambisti dietro il Naviglio. Sarà stato senz’altro un errore. Però quel ciccione barbuto Le somigliava davvero molto e, parcheggiata in una viuzza laterale, aveva una slitta molto simile alla Sua.

Detto questo, per quest’anno non voglio niente. Un cazzo di niente, proprio. Per tutta la vita ho dovuto affannarmi a decorare alberi, allestire presepi con te da giovane nella culla, dipanare chilometri di lucine (attività grazie alla quale ho accumulato centinaia di anni di purgatorio), imbandire tavole, impacchettare regali (sappiamo entrambi che i Suoi pacchetti sono penosi), orchestrare e subire menù da condannati a morte, sopportare famigli e liberti, ostentare pace e serenità e bontà, sperare (puntualmente deluso) di svegliarmi in una Milano imbiancata dalla neve, insomma tutte quelle cose che distinguono il Natale da qualunque altro giorno, da qualunque altra festa.

Quest’anno invece, illustre Babbone, ‘ncazz. Zone rouge. Silenzio spettrale. Le strade vuote, silenzio intorno a me.

Niente albero, che tanto non ci sono ospiti. Niente regali, che tanto tutti hanno già tutto. Niente libagioni lisergiche: mangio tre volte al giorno tutti i giorni, mica sono uno di quei pezzenti ottocenteschi che aspettavano il Natale per vedere un pezzo di carne in tavola. Niente allestimenti hollywoodiani, mussole e porcellane e argenti, nada. Niente parenti, vivaddio, niente amici, niente conoscenti. Nessun aperitivo, nessuna cena di Natale con commossi auguri e arrivederci tra colleghi che rivedrai da li a tre giorni, gonfi come otri. Niente musichette dedicate, niente roasted nuts, jingle bells e triccheballacche. Silenzio eremitale. Mi farò anche il dispetto di non vedere, per il cinquantesimo Natale di fila, Il Piccolo Lord, o la versione originale di Non siamo angeli del ’56, o Una poltrona per due. Anzi forse li vedrò. Da solo, in pigiama, sbronzo, ruttando nella mascherina su ogni battuta.

Quindi glieLo lo dico chiaro: non venga qui a ricordarmi di quando, bambino, lasciavo davanti alla finestra biscotti per Lei e latte per la renna, tentando di resistere sveglio per sorprenderLa, brutto ciccione scambista.

Non venga qui a ricordarmi quei Natali in cui c’erano i miei nonni ed i protagonisti eravamo noi bambini, oscillanti, nel giorno più bello dell’anno, tra lo stupore per i regali e la noia di pranzi infiniti.

Non venga qui a ricordarmi che in fondo, per un giorno all’anno, uno solo, in effetti si potrebbero anche accantonare i risentimenti, le insoddisfazioni, i rimpianti e godersela un po’.

Non lo faccia, perché tanto quest’anno non si può.

Sicché, se un Natale di merda dev’essere, che un Natale di merda sia fino in fondo.

Magari l’anno prossimo vediamo, ma per il momento, sta’ a ca’ tua che l’è mej.

Qua son tutti incazzati, e io sono uno dei più ragionevoli: si figuri gli altri.

Cordiali saluti.

PS. La faccenda del club di scambisti resta tra di noi. Mi faccio vivo io se serve.

ANDREA BULLO

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