Two gust is megl che one. Viene alla mente la vecchia pubblicità del gelato Maxibon se si arriva nel cantiere dove si stanno delineando due nuove costruzioni, ormai giunte a buon punto. Il risultato, tuttavia, sta facendo storcere più di qualche naso. Foto cover: blog.urbanfile.org
I “DUE GELATI”: le nuove PALAZZINE in zona BICOCCA dal dubbio gusto
Le due nuove palazzine sono poste in un lotto compreso tra via Chiese, viale Piero e Alberto Pirelli e via Stella Bianca alla Bicocca. Nonostante i lavori siano stati iniziati anni fa, nel 2018, si sa tutt’ora ben poco dello scopo di questi edifici. Nessuno ha mai promosso il progetto in alcun modo, non esistono rendering e nemmeno una campagna vendite.
Per ora, quello che notiamo sono due costruzioni affiancate, una rossa e l’altra gialla, di 12 piani ciascuna. La composizione architettonica ha sicuramente suscitato qualche scalpore, ricordando quasi un prefabbricato come se ne vedevano circa 30 anni fa. Sono già state soprannominate “i due gelati”, perchè ricordano due dessert di gusti differenti. Le facciate presentano una balconata in muratura, sorretta da alcune mensole che costituiscono un ulteriore elemento poco estetico. Questo stile ha anche poco a che vedere con gli edifici circostanti e il clamore sulla scelta poco armoniosa sicuramente non si placherà neanche alla fine dei lavori.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
San Salvador, 12 ottobre 1492: basta davvero pochissimo per rievocare uno dei più grandi episodi della storia dell’uomo. La scoperta dell’America, l’inizio dell’era moderna, la diffusione del cioccolato. E se le cose non fossero davvero come sembra…?
E se l’AMERICA fosse stata scoperta da VENEZIA (100 anni prima di Colombo)?
Posso anche dimenticare il luogo, e posso dimenticare l’itinerario esatto, ma è impossibile dimenticare il nome delle tre Caravelle, e l’anno nel quale approdano nel Nuovo Continente. Praticamente chiunque associa l’America a Cristoforo Colombo, navigatore genovese che a 40 anni salpò i mari e gli oceani per raggiungere una terra promessa. Ricordo anche —con non poco imbarazzo— il cartone animato anni ’90 su di lui e, solo a pensarci, me ne torna in mente, con sempre meno pudore, la sigla.
1492. Una costante che non può cambiare nelle nostre memorie, una data certa come quella della nostra nascita, o di un evento importante a cui abbiamo partecipato… O forse no?
Credits: Pinterest
# L’America scoperta da veneziani
Dicono che la storia non menta mai, ma in questo caso, la situazione è ambigua. Giorgio Padoan, linguista e italianista all’università Ca’ Foscari di Venezia, sostiene infatti che non Colombo, non Vespucci, ma Nicolò e Antonio Zen, mercanti veneziani, siano stati i primi europei a vedere le coste del Nord America. Nel 1390. Sciocchezze? Beh, forse, ma sono in molti, in Connecticut, a credere che siano stati gli Zen i primi ad approcciare il Nuovo Mondo.
Credits: Cronache Letterarie
# Un falso storico?
Verrebbe da chiedersi se la storia come la conosciamo noi non sia frutto di qualche alterazione. Non esattamente. Perché la teoria di Padoan, non proprio recente, non è mai stata supportata da prove definitive. Del resto, sono moltissime le leggende che attribuiscono la scoperta dell’America a popoli tra i più lontani tra loro: le saghe islandesi, per esempio, sono ricche di cronache particolareggiate sulla colonizzazione della Groenlandia, che faceva da base alle spedizioni nelle isole e nella terraferma del Nord America.
Credits: Cronache Letterarie
# Cronache di viaggio: anni 1383
Quello che è certo è che Nicolò Zen, al termine della guerra contro i genovesi, armò una cocca (una di quelle grandi navi tondeggianti) per andare nei mari del Nord. Così nel 1383 inizia un viaggio lunghissimo, fino a che viene investito da una bufera in cui perde il controllo della barca. Viene spinto sempre più a nord, finché approda, naufrago, in quello che probabilmente è l’arcipelago delle Fær Øer.
Qui, incontra Harry Sinclair, famoso navigatore scozzese-norvegese, conte delle Orcadi. Insieme, iniziano un’avventura che porterà Nicolò e il fratello Antonio—che nel frattempo lo aveva raggiunto da Venezia— lungo le coste delle terre del Nord. Qui la storia si fonde alla leggenda, e molte delle testimonianze di questi eventi provengono dalle lettere che i due fratelli scambiavano con la loro Venezia. Una comunicazione lenta, che avveniva col passaggio delle missive tra nave e nave, che racconta un viaggio tra Groenlandia, piccoli e grandi arcipelaghi, Islanda e, sembra, le coste del Nord America.
Nicolò Zen ritratto dal Tintoretto. Credits: Cronache Letterarie
Presso la Biblioteca Marciana sono conservate alcune testimonianze autografe dei due fratelli, le mappe e i loro—fantasiosissimi—itinerari, e anche una E anche una copia originale di un piccolo libretto pubblicato nel 1558 e scritto proprio dal pronipote degli Zen, Nicolò il Giovane, che racconta le gesta di questi due mercanti navigatori.
# Tra mito e realtà
La descrizione delle persone incontrate e le reliquie culturali raccolte lasciano supporre che la terra visitata fosse proprio quella del Nord America. Ciò che Cristoforo Colombo trovò cento anni più tardi è sorprendentemente simile alla descrizione fatta dai due veneziani delle loro esplorazioni. Purtroppo non esistono testimonianze scritte sul buon esito della campagna degli Zen, ma quel che è certo è che i due fratelli, partendo dalle coste islandesi, si “lanciarono” in mare aperto, pronti a scoprire un nuovo mondo che, forse, hanno trovato.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In una lunga intervista su Il Sole 24ore l’ex Ministro all’Economia Giulio Tremonti, fa un’analisi schietta sull’arrivo dei fondi europei tramite il Recovery. E su un punto è chiaro: nella capitale si andrà a concentrare tutto il potere economico e finanziario. Ecco alcuni estratti.
🛑 Tremonti: “I SOLDI del Recovery spostano il POTERE ECONOMICO dal Nord a Roma”
# Tremonti: “Su Roma graviteranno industria, finanza, servizi professionali. Sui territori solo e per derivazione gli appalti“
Fabio Tamburini in un’intervista a Giulio Tremonti approfondisce la situazione economica italiana e si sofferma sull’analisi dei fondi in arrivo tramite il Recovery Fund che insieme a quelli aggiuntivi a debito messi dal governo, portano il totale degli investimenti per l’Italia a 248 miliardi di euro.
Sulla domanda relativa alla sostenibilità del debito, fatto salvo che “la logica del Piano del Governo prevede che produrrà un effetto moltiplicatore del Prodotto Interno Lordo” Giulio Tremonti evidenzia come “il problema è che nel bilancio pluriennale 2020-2026 il nostro debito pubblico è già dato in crescita per un totale complessivo pari a circa 500 miliardi. Speriamo che quello connesso al Piano sia davvero debito buono.”
La domanda più interessante riguarda i reali beneficiari di questi fondi: “Chi ne trarrà vantaggio? Come si sposterà l’asse del potere?” chiede Fabio Tamburini. La risposta dell’ex Ministro all’Economia dei governi Berlusconi: “Indipendente dalla localizzazione materiale dei nuovi investimenti (soprattutto al Sud e solo in parte al Centro-Nord), e a prescindere dalla naturale centralità del Governo, inevitabilmente l’asse del potere economico si sposterà e si concentrerà su Roma, dove hanno sede le grandi imprese pubbliche che saranno le principali o prioritarie destinatarie dei nuovi finanziamenti. Questo significa che su Roma graviteranno industria, finanza, servizi professionali.Le conseguenze, conoscendo il Paese, sono immaginabili. Realisticamente, sui territori, ci saranno solo e per derivazione gli appalti.”
Il concetto è elementare: aumentando l’intervento pubblico centralizzato nell’economia del Paese si avrà uno spostamento del peso dalle imprese private, piccole o grandi, in gran parte del Nord, a quelle pubbliche o che vivono delle commesse del pubblico che, in massima parte, sono localizzate a Roma.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La nostra epoca di nani avrebbe bisogno di riscoprire molti giganti del passato sulle cui spalle dovremmo salire per vedere un po’ più in là.
Ad esempio questi potrebbero esserci molto utili.
Nel campo della politica in un momento storico in cui manca una visione di lungo respiro e una unità di azione servirebbe riscoprire Mandela che dopo una lunga prigionia ha saputo mettere insieme in armonia due mondi differenti e in contrapposizione da secoli.
In Italia dovremmo salire sulle spalle di Einaudi e De Gasperi che hanno saputo guidare la ricostruzione cancellando le ferite della guerra e rilanciando il Paese fino a farlo diventare la quinta potenza economica del mondo.
In campo scientifico per riportare umiltà e autentica innovazione abbiamo bisogno di Einstein che possa ispirare gli scienziati a non irrigidirsi sui dogmi e sullo status quo. Servono poi anche Newton, Archimede, Galileo e Copernico, che indirizzino ricercatori e persone di scienza a non uniformarsi mai ai paradigmi dominanti.
Nella cultura abbiamo bisogno di salire sulle spalle di Husserl con la messa in discussione delle scienze contemporanee e la necessità di individuare un criterio naturale universale che vada oltre la specializzazione disciplinare. Abbiamo la fortuna di poter disporre delle grandi menti della filosofia antica, con Parmenide, Aristotele, Eraclito e tutti coloro che investigavano sulla natura umana e sulle leggi dell’universo.
Forse ancora di più abbiamo bisogno del soccorso di Giovanna D’Arco che infonda energia e coraggio a un popolo timoroso e sfiduciato per intraprendere azioni che risolvano in maniera evolutiva i problemi di oggi.
Quali sono i vostri giganti? Suggeriteli per completare l’articolo
Una settimana negli States con soli 200 euro, 30 euro al giorno tutto compreso. Sembra un sogno? Due sposini italiani che hanno deciso di fare il giro del mondo ci sono riusciti.
Ecco qualche istruzione per risparmiare di più nel vostro viaggio all’insegna del sogno americano.
Il sogno americano è LOW-COST: una settimana negli States con soli 200 euro
# Una luna di miele durata un anno
Credit: robadadonne.it
Questa è la storia di Matteo e Simona, una coppia di sposini calabresi che, ancora fresca di matrimonio, ha deciso di mollare tutto per coronare il sogno della propria vita: viaggiare per più tempo possibile.
L’obiettivo? Fare il giro del mondo e dimostrare che ci si può ancora fidare delle persone.
La coppia innamorata lo spiega così: “Vogliamo arricchire noi stessi, conoscere nuove culture e osservare l’altra faccia della Terra. Vogliamo scoprire cosa offre la vita in ogni angolo in cui c’è ossigeno per sapere veramente dove sentire il nostro respiro. Lo facciamo per noi, per i figli che verranno.”
Così inizia questa luna di miele durata più di un anno che ha fatto tappa anche negli States, dimostrando che viaggiare low cost in questo paese è possibile.
# 30 euro al giorno negli States
Credit: @simumatti
Essendo il viaggio di Matteo e Simona itinerante il risparmio è fondamentale e così arriviamo ad una cifra che mai ci aspetteremmo di sentire per un viaggio negli Stati Uniti: 30 euro al giorno tutto compreso.
I due sposini fanno il conto del loro viaggio durato 42 giorni, comprendendo il volo dall’Italia, vitto e alloggio, noleggio macchina, pedaggi, carburante e campeggio per 4 notti in 3 diversi parchi naturali, per un totale di 1.200 euro a testa, l’equivalente di 30 euro al giorno, che per una settimana sarebbero circa 200 euro.
Sembra una cosa difficile da fare? Ecco qualche istruzione per risparmiare di più nel vostro viaggio all’insegna del sogno americano.
# Da alcune città europee si possono trovare voli per l’America a partire da 15 euro!
Il primo scoglio da superare per fare un viaggio lontano è il volo, anche se in realtà da qualche anno ci sono voli low cost verso gli Stati Uniti.
Un trucco può essere quello di guardare i prezzi con diverse compagnie da diverse città europee, partendo magari da altre città europee vicine (a cui si può arrivare con voli di anche 15 euro) si può risparmiare moltissimo sul volo, che può infatti aggirarsi intorno ai 100-150 euro.
Una volta toccato il suolo americano se nei vostri piani c’è un viaggio di più settimane allora probabilmente l’opzione migliore sarà noleggiare un’auto. All’inizio può sembrare una cifra molto alta ma con qualche contrattazione e un po’ di fortuna si possono trovare delle grandi offerte.
Se invece il viaggio in programma è di una settimana si consiglia tanta voglia di camminare, pullman e perchè no, chiedere dei passaggi.
# Il cibo: puntare sui chioschetti
Credit: @newyork.foodguide
Chi è appassionato come me di cucina in vacanza spende sempre tanto per il cibo, si vogliono provare tutti i sapori nuovi e poi si sa, quando si viaggia si cammina tanto e si ha una fame da lupi.
Gli States possono sembrare molto cari in fatto di cibo e lo sono rispetto ad altri paesi ma ci sono delle soluzioni che permettono di risparmiare: andare a fare la spesa nel supermercato (Matteo e Simona sono riusciti a spendere 286 dollari per 42 giorni), prendere qualcosa di tipico nei chioschetti ed evitare il ristorante, soprattutto perchè negli Stati Uniti lasciare la mancia è praticamente obbligatorio.
# Alloggio: zero euro con Couchsurfing
Si potrebbe pensare che l’alloggio sia la parte più costosa di un viaggio, anche per una vacanza di una settimana è quasi sempre una spesa a due o tre zeri ma anche qui la coppia di sposini calabresi si è superata.
Per l’alloggio infatti il totale della loro spesa ammonta a zero euro.
Come hanno fatto? Con Couchsurfing: una comunità di viaggiatori che offrono alloggio gratuito.
Le persone ospitano i viaggiatori a casa loro, molto spesso offrendo anche cene e colazioni gratuitamente. Inutile dire che ci si deve accontentare di quello che ti viene offerto e non pretendere letti a baldacchino con sessanta cuscini (anche se con un pizzico di fortuna può succedere anche questo).
Couchsurfing è il modo migliore per conoscere persone da tutto il mondo e farsi consigliare da quelle del posto.
# Il bello di un viaggio all’insegna del risparmio
Il bello di fare un viaggio all’insegna del risparmio con lo zaino in spalla è che non sai mai cosa puoi trovare.
Non è un viaggio che alla ricerca del lusso e dei confort ma dell’avventura e della voglia di conoscere persone da tutto il mondo, di farsi accogliere da un paese nuovo e dalla sue persone.
Fare un viaggio negli States low-cost è possibile con qualche accorgimento, bisogna sapersi adattare e ricordate: cercate diverse opzioni di partenza per i voli, provate a farvi ospitare da qualcuno ed evitate i ristoranti perchè negli Stati Uniti la mancia è obbligatoria.
Per un viaggio negli USA è necessario un visto o un ESTA USA. La richiesta di un ESTA è più economica, semplice e veloce rispetto alla richiesta di un visto. La maggior parte dei viaggiatori italiani che desidera recarsi negli USA può presentare una richiesta ESTA USA online. Prima di presentare la richiesta, è importante verificare che si soddisfano tutti i requisiti legati all’utilizzo dell’autorizzazione di viaggio ESTA.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Lo scorso autunno, Amazon aveva annunciato di voler introdurre nel mercato un sistema di pagamento tramite la scansione della mano. Ora, sembra che questo nuovo passo sia sempre più vicino. Andiamo a scoprire come funziona e cosa comporta.
La SPESA si paga con la MANO: Amazon One sbarca nei SUPERMERCATI
# La crescita di una tecnologia all’avanguardia
Credits: geekwire.com
Il nuovo sistema si chiama “Amazon One” e il colosso americano lo ha già sperimentato in alcuni dei suoi negozi a Seattle. Ora, però, la tecnologia è pronta per essere diffusa anche nella catena di supermercati “Whole Foods Market”, acquisita sempre da Amazon nel 2017. Si partirà da un primo negozio, a Capitol Hill, ma il piano prevede di estendere presto la copertura nei prossimi mesi. Nell’annuncio non viene specificato se esiste l’intenzione di portarlo anche nel resto del mondo, ma rimane una possibilità in caso di successo. Amazon ha tenuto a specificare che rimarrà comunque una scelta tra altre opzioni di pagamento e non intaccherà le responsabilità lavorative dei dipendenti o la privacy dei clienti. Ma come funzione esattamente?
# La lettura della mano abbinata alla carta di credito
Credits: theverge.com
Il funzionamento di Amazon One potrebbe sembrare alieno, ma in realtà è un concetto piuttosto immediato. Le nostre mani presentano uno schema di vene che è unico per ogni essere umano. Per utilizzare il dispositivo, quindi, sarà necessario associare la propria carta di credito con la scansione della propria mano. Completata l’operazione, si potrà iniziare a pagare mostrando semplicemente il proprio palmo sullo scanner. Quest’ultimo invierà il pagamento sulla carta associata e si potrà uscire dal negozio velocemente e comodamente.
Quando si entra nel campo delle tecnologie biometriche, è inevitabile riflettere anche sul discorso della privacy. Alcuni esperti sulla sicurezza hanno manifestato dubbi e perplessitàsull’idea di affidare ulteriori dati del nostro corpo alle grandi aziende. Amazon, in pronta risposta, ha assicurato che il suo nuovo sistema è altamente sicuro e ben più riservato rispetto ad altri strumenti, come il riconoscimento facciale. Inoltre, l’azienda assicura che i dati del palmo non vengono archiviati, ma rimane solo una loro versione crittografata, e quindi irriconoscibile, per consentire la transazione. I clienti, inoltre, potranno chiedere l’annullamento del servizio e la cancellazione di tutti i dati in qualsiasi momento.
Un bel progresso nel sistema dei pagamenti, dunque, da bilanciare con eventuali controindicazioni, nonostante le parole rassicuranti del promotore.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Si chiama Dimitar Harizanov, classe 1985, ed è nato a Sofia, in Bulgaria. Tuttavia, vive a Milano dal 2015 e, con il suo lavoro dall’alto, si è guadagnato il titolo di “Spiderman di Milano”. Andiamo a conoscerlo meglio.
Lui è lo “SPIDERMAN di MILANO”
# Da tecnico ad artista
Credits: mitomorrow.it
Dimitar nasce come un operaio su corde, attività che svolte sin da quando aveva 19 anni. Dai giorni in cui si è trasferito a Milano, ha scoperto come il suo duro lavoro potesse trasformarsi anche in un esercizio creativo. Infatti, tra le sue passioni spiccano l’arte e la fotografia, facendo nascere un’idea geniale: sfruttare la sua posizione dall’alto per fare scatti mozzafiato, da una prospettiva impossibile da raggiungere per chiunque.
Vanta di aver scalato i grattacieli più famosi di Milano: la Torre Unicredit, la Torre Allianz, la Torre Solaria, la Torre Diamante e il Bosco Verticale. Le foto scattate da quei luoghi sono state esposte a Milano, Parigi, all’ambasciata italiana di New York e hanno fatto nascere una collaborazione con Stefano Boeri.
Quando gli è stato chiesto se avesse paura del lavoro che svolge, ha risposto:
“Certo. La paura è utile, perché sorge quando conosci i pericoli. Non hai paura solo quando non comprendi i rischi. Si può anche morire tranquillamente, da incosciente.”
Riguardo Milano dall’alto, Dimitar ha affermato di trovarla ferma nel tempo e colorata. Questo fascino che prova per la città lo ha portato a collezionare una galleria di ben 500 foto inedite, da un’angolazione che nemmeno un drone sarebbe in grado di immortalare.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
San Servolo è un’isola della laguna veneziana, una di quelle più vicine al centro storico, ed è uno degli insediamenti monastici più antichi della laguna. Nel 1700 l’isola fu adibita ad ospedale militare e, successivamente, a manicomio. Questa struttura è oggi un museo, tutto dedicato alla pazzia e che, con l’Italia che si tinge di giallo, riapre i battenti ai visitatori.
Riapre il MUSEO della PAZZIA: un simbolo per la nostra epoca?
# La riapertura: un contributo al risveglio di Venezia
credits: excelsiorvenice IG
Dal 27 aprile, l’isola di San Servolo, il museo del Manicomio e il bellissimo parco hanno riaperto le loro porte a cittadini e turisti, anche se, per il momento, sono solo due gli orari disponibili per le visite al museo: 14 e 15.15.
Andrea Berro, amministratore dell’ente gestore, ha affermato che riaprire l’isola ai visitatori significa contribuire al risveglio attivo della città di Venezia. Ha poi aggiunto che dal primo luglio si procederà anche con l’attività congressuale, ma nel frattempo parco e museo resteranno aperti.
# Il museo del Manicomio che testimonia l’incomprensione della follia
credits: guardacheluca IG
Il “Museo del Manicomio di San Servolo – La follia reclusa” è stato inaugurato nel maggio 2006 e sorge nell’antica sede dell’ospedale psichiatrico della città di Venezia. Il suo scopo è quello di raccontare e testimoniare come in passato la pazzia fosse reclusa ed incompresa, al suo interno sono esposti infatti reperti appartenuti all’ospedale e ai pazienti dal 1700 al 1978, anno della legge Basaglia sull’abolizione dei manicomi. Attraverso reperti particolari, didascalie specifiche e pannelli esplicativi il visitatore può cogliere realmente la dimensione emarginante e segregante dell’istituzione manicomiale.
Il percorso di visita prevede anche la splendida chiesa soprannominata “chiesa dei due campanili”e l’antica farmacia dell’isola. Attiva dal 1716, la farmacia è stata sempre gestita dai Padri ospedalieri, esperti farmacisti e medici, meglio conosciuti come Fatebenefratelli.
# Campus estivi sull’isola della pazzia. Si potranno fare?
credits: metropolitano.it
Ma le notizie per l’Isola non sono finite. L’ente responsabile della gestione, la San Servolo srl, ha anche pubblicato un bando per raccogliere le proposte e dare vita a dei campi estivi, da tenersi proprio nel parco dell’isola.
Non è infatti la prima volta che l’isolotto ospita i “San Servolo camp”, campus frequentati da decine di bambini che per una settimana giocano, imparano a conoscere l’ambiente lagunare, a coltivare ortaggi e nuove tecniche artigiane.
La pubblicazione del bando, unita alle riaperture di parco e museo, sembra voler mandare un messaggio di speranza per l’estate che sta arrivando: quello che, nonostante il virus, i bambini non debbano più sacrificare momenti di socialità essenziali.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Verso l’infinito e oltre, direbbe il giocattolo Buzz Lightyear di Toy Story. Le città, ormai, stanno puntando tutte in alto, verso il cielo e l’infinito, e lo dimostrano con i loro nuovi progetti ed edifici. Questa volta è Monza che vuole cambiare il suo skyline e avvicinarsi a Milano con un progetto che prevede 3 nuovi grattacieli.
Anche MONZA punta in ALTO: 3 nuovi GRATTACIELI in arrivo
# Un progetto che punta al futuro
Credits: seietrenta.com Quartiere San Fruttuoso prima del progetto
Progetti di riqualificazione di zone dismesse o in generale di aree che ne hanno bisogno sono all’ordine del giorno per Milano, ma anche per molte altre città. Anche Monza oggi vede il suo progetto per l’area di via Ticino a San Fruttuoso, lungo viale Lombardia. Ma tra progetto e realtà c’è di mezzo il mare. A Monza mettono già le mani davanti e dicono che l’iter durerà molto e, a essere ottimisti, si riuscirà a vedere il proprio progetto realizzato entro 5 anni. Tralasciando le pratiche burocratiche e sperando in un’effettiva realizzazione, Monza per ora mantiene il suo sogno e si proietterà verso il futuro con 3 nuovi grattacieli.
# 3 nuovi grattacieli
Credits: il cittadinomb.it Progetto Monza
Il progetto per viale Lombardia e via Ticino è stato realizzato da Duccio Battistoni, progettista dello studio AB3 Architettura Battistoni Associati, e Sergio Franzoni, rappresentante della proprietà, la società Doma srl di Milano. Si prevede di cambiare il volto della città attraverso la realizzazione di tre torri: una di 20 piani da 68 metri, una di 16 da 58,30 metri e una di 13 da 43,60 metri. I 3 grattacieli saranno affiancati da due edifici commerciali, rispettivamente da uno e tre piani, e si inseriranno tutti attorno ad una piazza pubblica di 2500 metri quadri. Seppure Monza si proietta versa l’alto, la cime della città rimarrebbe ancora il campanile del Duomo, che domina Monza con i suoi 75 metri.
# Gli obiettivi del progetto
Credits: il cittadinomb.it Rendering Progetto grattacieli
Il progetto è stato ben studiato e andrebbe a modificare una zona ormai degradata e dismessa da decenni, come è quella del quartiere San Fruttuoso e dell’ex deposito lungo via della Taccona. Monza sta cercando di diventare sempre più accessibile e lo prova il cercare di connettersi sempre più a Milano, anche con l’arrivo delle linee M1 e M5. Con questo piano, San Fruttuoso risulterebbe connesso al resto della città grazie alla piazza pubblica che si andrà a creare. La proprietà che andrà riqualificata occupa 44 000 metri quadri e si estende per viale Lombardia, via del Tiro a segno, via Ticino e via della Taccona; ma gli interventi edilizi, proiettandosi verso l’alto, occuperanno solo il 6,75% dell’area, creando una zona di ampio respiro.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il Sud pesa per il 30% circa sul totale della popolazione italiana. Il Recovery Fund destina al mezzogiorno il 40%. Tutto bene? Invece, no. Si sono alzate proteste. Dal Nord che viene penalizzato nonostante il fatto di essere stato più colpito dal Covid? Per niente. La protesta invece arriva proprio dal Sud. Domenica 25 aprile sono scesi in piazza 500 sindaci per la presunta assegnazione di risorse inferiori a quanto sarebbe spettato.
🛑 La PROTESTA di 500 sindaci del SUD: “vogliamo il 70% del Recovery fund per il mezzogiorno”
# Il Sindaco De Magistris, “il governo Draghi, sotto la spinta di una componente fortemente settentrionale, assegna al Mezzogiorno il 40% dei 200 miliardi del Recovery“
I sindaci di 500 comuni del sud Italiahanno protestato in piazza Plebiscito a Napoli domenica 25 aprile contro la suddivisione delle risorse del Recovery fund destinate al nostro Paese. Secondo la loro posizione il governo Draghi avrebbe indebitamente favorito il Nord, sottraendo 60 miliardi al sud. Il commento del Sindaco di Napoli De Magistris: “da Bruxelles era venuta una chiara indicazione sui criteri di distribuzione delle risorse basati su Pil, popolazione e disoccupazione“ e ancora “il governo Draghi, sotto la spinta di una componente fortemente settentrionale, rivede i criteri assegnando al Mezzogiorno solo il 40% dei 200 miliardi del Recovery”.
# Il presupposto errato da cui parte la richiesta di maggiori risorse per il sud
Il presupposto, secondo cui al sud sarebbero dovute arrivare maggiori risorse, è che la Commissione Europea ha stabilito che i criteri di distribuzione dovessero essere basati su Pil, popolazione e disoccupazione. Peccato che questi criteri si riferiscano ai Paesi dell’Unione Europea e non alle aree interne di ogni Paese e quindi la richiesta non ha alcun fondamento. Di conseguenza la richiesta del 70% degli oltre 200 miliardi destinati all’Italia, circa 140 miliardi, non ha senso di esistere e come ha spiegato il Ministro per il Sud Carfagna il mezzogiorno intercetterà il 50% degli investimenti, come già previsto anche nel piano presentato dal governo Conte. Inoltre il 40% di risorse stimate per tutti i progetti è superiore a quanto previsto come quota minima per la spesa ordinaria per gli investimenti al Sud, stabilita al 34%.
# Il Pil del mezzogiorno passerebbe dal 22,7% nazionale al 24,1% entro il 2026
Le risorse così come sono state ripartite dal piano realizzato dal governo, secondo la rielaborazione del Mef da parte del Ministero del Sud, porterebbero una crescita del 22,4% del Pil nel mezzogiorno nel quinquennio 2021-2026 del 22,4% rispetto al valore del 2020, il Pnrr impatterebbe a livello nazionale con un incremento del Pil del 13,5% nell’arco dei 5 anni, mentre solo del 13,2% al Centro-Nord. Nel 2026 quindi, con l’applicazione completa di tutte le misure programmate, il Pil del Mezzogiorno registrerebbe una crescita di 1,5 punti percentuali in rapporto a quello nazionale, passando dal 22,7% al 24,1%.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A chi piacerebbe trovarsi in stazione da solo? Probabilmente a questa domanda non ci sarebbe nessuna risposta positiva, perché le stazioni di per sé fanno paura. Un silenzio assordante in una stazione poco accogliente, testa china sul telefono aspettando il treno e nella speranza che arrivi qualche faccia amichevole. Una situazione in cui ci si è trovati tutti. Se quindi già di per sé trovarsi in una stazione da solo è poco piacevole, la pandemia ha peggiorato anche questo.
🛑ALLARME: molte STAZIONI in Lombardia fanno PAURA
# Meno corse e molti preferiscono la macchina
Credits: wikipedia.it Stazione di Segrate
Il Covid ha portato molte persone a preferire i mezzi privati a quelli pubblici. Si cerca sempre un’alternativa al treno, metro, pullman e tram e, al limite, i mezzi pubblici sono l’ultima spiaggia. D’altronde il problema di una possibilità di contagio in un mezzo pubblico è evidente e, seppure molti optano per la macchina, treni e metro rimangono sempre pieni.
Il trasporto ferroviario ha quindi registrato un calo vertiginoso del numero dei passeggeri, portando le aziende a ridurre le corse, soprattutto nei giorni festivi e nelle fasce orarie serali, creando un problema gigantesco. Meno treni significa più persone su uno, ma anche, dato che ci sono meno corse e molti preferiscono la macchina, stazioni più vuote.
# Degrado
Credits: milanofree.it Stazioni semi vuote
Degrado, non c’è modo migliore per descrivere le stazioni in Lombardia. Se più vuote, le stazioni diventano luoghi insidiosi e sconsigliabili e soprattutto aumentano i fenomeni di delinquenza, accattonaggio e spaccio. Se ci si riferisce specificatamente alla Lombardia, il Sindacato della Or.sa sottolinea che nel giro di poco meno di due mesi, dall’8 marzo al 28 aprile, sono stati segnalati 10 casi di delinquenza tra aggressioni, incendi e atti vandalici. Si sottolinea che sono episodi che hanno causato ritardi ai treni o allarme, se ne potrebbero quindi contare molti di più.
# Serve più sicurezza
Credits: milanotoday.it Stazione Forlanini
Serve più sicurezza e la segreteria Or.s.a Ferrovie Lombardia denuncia la politica di desertificazione delle stazioni ferroviarie messa in atto dalle aziende proprietarie, il tutto peggiorato dalle restrizioni in atto per la pandemia che portano meno persone in giro e meno viaggiatori che usano i mezzi pubblici. Il problema è se questo degrado nelle stazioni si tramuta in una mancata sicurezza pubblica. Le stazioni hanno sempre fatto un po’ paura, se vuote, ma la pandemia potrebbe favorire il riempirle con persone poco rispettose della legge.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Napoleone Bonaparte è una figura molto controversa, criticata e osannata in egual misura. Su di lui si può dire che è stato un personaggio poliedrico, fuori misura, dispotico, amante della guerra, cinico approfittatore, ispiratore di dittature novecentesche, ladro e imperatore arrogante con la pretesa di accentrare maniacalmente nelle sue mani tutto il potere possibile.
Corso di nascita e francese di adozione, il 5 maggio di quest’anno saranno trascorsi duecento anni dalla sua morte e ancora oggi, passeggiando per Milano, non si può non notare che anche qui il suo passaggio è stato notevole e di grande importanza.
Come detto già in precedenza Napoleone amava Milano e per la città precedeva un futuro molto parigino.
La MILANO di NAPOLEONE
# Napoleone arriva in Italia
Credit: stefanopoddi.it
Correva l’anno 1796, un anno molto importante per Napoleone che ai tempi era solo un generale.
Quell’anno sposa la sua amata Giuseppina de Beauharmais (l’unica ricordata in punto di morte) e dopo pochi giorni parte da Nizza al comando di 38000 uomini che formeranno quella che diventerà famosa con il nome di Armata D’Italia e che darà inizio alla prima campagna d’Italia.
Una guerra che avrebbe messo in luce tutto il suo genio militare e politico e che lo porterà a diventare Primo Console in Francia. Tutte le battaglie condotte saranno vinte e il tanto odiato nemico austriaco riporterà sconfitte pesanti.
Alla fine il 14 maggio, Napoleone entra a Milano e vi insedia l’Amministrazione Generale della Lombardia di cui fecero parte non solo militari francesi, ma anche personaggi illustri milanesi quali Pietro e Alessandro Verri, Gian Galeazzo Serbelloni e
Francesco Melzi d’Eril.
E’ l’anno in cui per la prima volta appare una bandiera tricolore (verde, bianca e rossa) di memoria francese e come ho detto prima, quando la guerra terminò con la
sconfitta definitiva dell’Impero Asburgico, il ritorno del generale in Francia fu osannato dal popolo e temuto dai potenti della Repubblica Francese.
Dopo solo due anni con il colpo di stato del 18 brumaio, Napoleone scioglie la repubblica, fonda il Consolato Francese e assume la carica di Primo Console che manterrà per cinque anni quando poi nel 1804 sarà incoronato come Imperatore di Francia. Un anno dopo diventa re d’Italia.
# Il regno d’Italia
Il 17 marzo 1805 Napoleone fonda il Regno d’Italia e si fa incoronare re con la corona ferrea (attualmente visibile a Monza).
Famosa divenne la frase “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca”.
Non potendo essere presente sempre, nomina Eugenio de Beauharnais, figlio di Giuseppina, viceré, forse uno dei pochi di cui Bonaparte si fida ciecamente.
Nel giro di poco tempo la maggior parte dell’Italia settentrionale fu annessa al regno e Milano ne divenne la capitale perché nei progetti napoleonici c’era quello di trasformare la città in una sorta di succursale parigina.
Durante il regno d’Italia napoleonico furono inaugurati diversi lavori di edilizia, dove i più controversi furono il Foro Bonaparte e l’Arco della pace.
# Arco della Pace
Credit: @giovanni_guardala
L’intenzione originale dell’imperatore era quella di costruire una via che si collegasse direttamente con la Francia e portasse a Parigi. Il progetto era di coinvolgere l’odierno Corso Sempione che si sarebbe dovuto ispirare agli Champs Elysées e per mantenere questa ispirazione s’iniziò a costruire un arco che si sarebbe dovuto ispirare a sua volta all’Arc de Triomphe.
L’arco era stato progettato per celebrare il matrimonio di Augusta di Baviera ed Eugenio Beauharnais (figlio adottivo e viceré).
Il progetto embrionale era in legno ma visto il successo e l’entusiasmo cittadino, si decise di realizzarlo in marmo e porlo nella sua attuale sede.
L’architetto Luigi Cagnola disegnò l’arco che avrebbe celebrato, con i suoi bassorilievi, la vittoria di Jena contro la Prussia. Purtroppo però, le cose andarono diversamente e quando gli austriaci riconquistarono Milano, apportarono delle modifiche antifrancesi.
I fondoschiena dei cavalli, infatti, sono rivolti verso la Francia e questa fu lo sberleffo più grande fatto all’imperatore.
# Il Foro Bonaparte
Il foro fu un progetto molto ambizioso che prevedeva la costruzione intorno al castello della nuova sede del governo, una costruzione formata da un imponente colonnato dorico, una serie di edifici che avrebbero ospitato il centro politico della città e un’arena civica che è l’unica ancora esistente e anche l’unica che è stata costruita.
Infatti, il Foro Bonaparte non ebbe grande successo e l’imperatore dovette abbandonare il progetto anche a causa delle spese molte alte.
Attualmente resti dell’ipotetico Foro si possono immaginare guardando la circolarità della strada di fronte al castello.
# La Pinacoteca di Brera
Credit: milanofree.it
La Pinacoteca di Brera doveva essere il Louvre milanese. Durante gli anni della sua presenza rubò diversi quadri e sculture dai diversi musei presenti sul territorio italiano conquistato. Alcuni, purtroppo, finirono al Louvre, ma altri alla Pinacoteca.
In quegli anni divenne uno dei centri più importanti dell’arte e uno dei musei più ricchi, dove troviamo tantissime le opere dei più grandi artisti come Piero della Francesca o Caravaggio.
A ricordo dell’imperatore, ancora oggi si può ammirare la statua che lo raffigura al centro del cortile.
# Napoleone innamorato di Milano
Altri lavori furono pensati e parzialmente realizzati su Palazzo Reale, su Corso Buenos Aires, Corso Venezia, Viale Monza e Viale Brianza.
Il quadro che ne esce è che Napoleone era innamorato di Milano che insieme a Francoforte e ovviamente Parigi, faceva parte delle tre capitali imperiali.
Quando Napoleone arrivò a Milano, trovò una città più pulita e più all’avanguardiarispetto alla sua Parigi che lentamente stava uscendo dalla rivoluzione che l’aveva dilaniata e fu proprio questa enorme differenza che lo incoraggiò in una serie di progetti che modificassero tutto l’assetto urbanistico.
Come abbiamo visto non tutti andarono a buon fine però una passeggiata per Milano per scoprire questi luoghi è una delle cose più interessanti da fare, soprattutto se si è curiosi e amanti della Francia e in particolar modo di Parigi (come il sottoscritto).
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il 6 aprile è stato il giorno di massimo numero di ricoveri Covid nel 2020 e nel 2021. Ma le affinità non finiscono qui. Anche il trend è praticamente sovrapponibile nei due periodi. Questo quadro sembra far ipotizzare ancora di più che sia soprattutto la stagionalità ad influire sulla riduzione dei malati in ospedale. Vediamo l’analisi dell’Ing. Giuseppe Caronia.
6 aprile: il giorno di picco dei ricoveri nel 2020 e nel 2021. E la curva è la stessa: la STAGIONALITÀ è la CHIAVE?
# La curva degli ospedalizzati per covid nel 2021 ha raggiunto il picco e intrapreso la discesa nello stesso momento del 2020
L’analisi dell’ingegnere Giuseppe Caronia in merito alla situazione nazionale e internazionale della diffusione del Covid, si concentra oggi 29 aprile 2021 sul numero dei pazienti affetti dal virus ricoverati in ospedale nel nostro Paese.
Tra i parametri che determinano e hanno determinano le misure restrittive e il duro lockdown, imposto durante la prima ondata nel 2020, c’è il tasso di occupazione ospedaliera sia da parte dei ricoverati in terapia intensiva che da quelli con semplice ricovero. Osservando il grafico che raffronta le due curve di pazienti ospedalizzati durante la prima ondata nel 2020 e ad Aprile di quest’anno si nota come siano perfettamente sovrapponibili a prescindere dalla misure restrittive adottate dal governo. Il commento dell’Ing. Caronia: “Il picco degli ospedalizzati in Italia nella prima ondata fu raggiunto il 6 Aprile 2020 esattamente come il picco di quest’ultima ondata, il 06 Aprile 2021. Non è tutto, il numero di ospedalizzati cala con la stessa inclinazione della prima ondata. Basta sovrapporre le curve per accorgersene.”
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ogni epoca storica è caratterizzata da nani.
Da piccole persone che grazie al fatto di stare sulle spalle dei giganti del passato riescono a vedere più lontano e a fare avanzare la civiltà.
L’uomo ha bisogno della sua storia. Nessuno da zero può diventare un gigante.
Einstein ha potuto fare le sue scoperte utilizzando il sapere della fisica dell’ottocento. Newton ha usato l’espressione che “siamo nani sulle spalle dei giganti del passato” per definire il segreto del suo successo. Questo vale per tutti i grandi della storia.
In quest’epoca forse i governanti si sono dimenticati di salire sulle spalle dei giganti. Lo stesso vale per le multinazionali del web che si pongono sul mercato in modo prepotente.
L’aspetto più importante che oggi manca è l’umiltà: sapere di essere dei nani e cercare i giganti del passato che ci consentono di arrivare al di sopra dei nostri mezzi.
Anche l’atteggiamento nei confronti del virus: invece di porsi in condizione umile, sapendo di non sapere, e cercare nella storia degli appigli e dei precedenti che possano essere utili, stanno tutti facendo a gara di improvvisazione che però viene presentata come sicurezza arrogante.
È come se quest’emergenza abbia fatto tabula rasa della storia. Tutti si credono giganti quando probabilmente si riveleranno alla fine solo dei nani che sono rimasti rasoterra.
Con la colpa di aver cercato di arrivare in cima da soli invece che mettersi sulle spalle dei nostri antenati.
Nasce Abbracciami, il progetto di percorso ciclabile che circonda la città e che riprende il celebre progetto di Straorbitale, che doveva percorrere il Parco Orbitale, “il più grande parco urbano del mondo”, ideato da Giacomo Biraghi. Progetto vincitore della manifestazione Expop 2012. Ecco il tracciato e l’idea originale.
La STRAORBITALE diventa realtà (anche se con altro nome): 70km di ciclabile attorno a Milano
# Nasce la Straorbitale vincitore di Expop 2012, anche se con un nome diverso
Credits: umap.openstreetmap.it
E’ stato presentato “AbbracciaMi” un itinerario in bici, che circonda Milano, i suoi quartieri principali, le strade secondarie e i parchi cittadini, messo a punto da alcune istituzioni e associazioni locali. Consiste in un percorso ciclabile che tocca tutti i quartieri di Milano e tutti i parchi che circondano la città come il Parco Gino Cassinis, quello del Trapezio, il Parco dell’Acqua, il Bosco in città, Parco della Vettabbia, con l’obiettivo di mettere in comunicazione centro e periferia.
Non essendo presenti strade sterrate, ma piste ciclabili e viabilità ordinaria, è consigliato l’utilizzo di un modello di bicicletta cittadino. Il tempo di percorrenza è stimato tra le 4 h 30 e le 6 ore e il percorso è libero pur non mancando un itinerario base con partenza dal centro di Milano e arrivo a Crescenzago. Il progetto di Abbracciami però non è completamente nuovo: a molti ricorda quello della “Straorbitale” vincitore dell’edizione di Expop 2012. Vediamo come era stato pensato il progetto originale e chi lo ha fatto concepito.
# L’idea originale del Parco Orbitale e della Straorbitale
L’idea di Abbracciami riprende molti aspetti di un progetto ancora più ambizioso: il Parco Orbitale, ideato da Giacomo Biraghi, vincitore di diversi premi, tra cui la prima edizione di Expop organizzata dall’Associazione Vivaio nel 2012, la versione pop di Expo. In quell’occasione erano stati i milanesi a votare in massa per questo progetto visionario.
Il progetto “Parco orbitale” consisteva nel denominare con un unico nome le aree verdi che si trovano nella cintura di Milano, tra la circonvallazione esterna e la tangenziale. Rappresenta una “federazione della cintura verde” dei parchi attorno a Milano, come Parco Agricolo, Parco Nord, Parco Lambro, Forlanini, Trenno e altri, per formare così uno spazio unitario che rappresenterebbe per dimensioni il più grande parco urbano del mondo, con circa 72 chilometri di conferenza.
Tra le iniziative per far nascere il parco la prima era appunto la “Straorbitale”, una corsa in bicicletta lungo tutto la circonferenza del parco, di cui era stata organizzata anche un’edizione con molti partecipanti durante Expop 2012 per promuovere il progetto.
Ma il Parco Orbitale non consisteva solo in una ciclabile attorno a Milano: si ipotizzava la produzione di mappe della città che recassero la dicitura di Parco Orbitale per tutte le aree verdi che cingono Milano e la realizzazione di infrastrutture ad hoc di collegamento e di accoglienza per renderlo un luogo di attrazione. Abbracciami riesce quindi a portare alla luce alcuni elementi del progetto di Biraghi, in particolare dei tratti di ciclabile e alcuni cartelli segnaletici. Peccato per il nome: Straorbitale sarebbe stato molto più evocativo e spendibile a livello di marketing in tutto il mondo. Oltre che un riconoscimento per chi ha concepito un progetto molto apprezzato dai milanesi.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
La sostenibilità è all’ordine del giorno e se non si promuove uno sviluppo che la Terra riesca a sostenere, potremmo seriamente arrivare ad un punto di non ritorno. L’Italia, almeno a parole, si è sempre impegnata per garantire un futuro migliore e questa volta, a partire dal 1° gennaio 2021, anche in fatti. In Italia, infatti, da quest’anno c’è l’obbligo di costruire edifici, sia pubblici che privati, che impattano il meno possibile l’ambiente, ma Milano su questo è già avanti rispetto ad altre città italiane.
Arrivano le CASE del FUTURO: Milano d’ispirazione per altre città italiane
# Gli edifici sostenibili in Italia
Credits: blog.urbanfile.org Scuola via Puglie, Milano
Per alcune città, non è servita la legge che obbligasse a costruire edifici sostenibili per attivarsi a farlo. Architetti di tutto il mondo stanno realizzando progetti che vadano ad impattare il meno possibile l’ambiente, trovando anche soluzioni innovative e funzionali. In una città contemporanea come è Milano, edifici sostenibili esistono già. Più che di edifici sostenibili bisognerebbe parlare di NZEB (Nearly Zero Energy Building), ovvero costruzioni a energia quasi zero. A Milano, ad esempio, la scuola primaria di via Puglie è il primo istituto scolastico ad aver ricevuto la certificazione NZEB, ma in generale Lombardia, Veneto e Emilia Romagna sono le regioni con un maggior numero di edifici poco impattanti.
# Cosa sono gli edifici NZEB?
Credits: infobuildenergia.it NZEB
Come si è già detto, NZEB significa Nearly Zero Energy Building, edifici dalle prestazioni elevatissime che puntano alla sostenibilità e al risparmio energetico. Gli edifici sono ancora responsabili di un elevato dispendio energetico e di una grande quantità di emissioni, per questo intervenire in merito è risultato essenziale. Uno NZEB deve ridurre al minimo l’incidenza sui consumi legati a riscaldamento, raffreddamento, produzione di acqua sanitaria ed elettricità per illuminazione e alimentazione di dispositivi elettronici. Non necessariamente, però, per essere NZEB deve essere una costruzione ex novo; il Superbonus del 110%, ora prolungato fino al 2023, è un esempio di come l’Italia incoraggi a ristrutturare e riqualificare, rendendo gli edifici più sostenibili.
Gli NZEB saranno le case del futuro e prima si inizia a realizzarle, prima si potrà salvare il Pianeta.
# Per le case del futuro la Sicilia come “Milano e New York”
Credits: newsicilia.it Case del futuro
Da quest’anno non solo Milano, Modena e in generale Lombardia, Veneto e Emilia Romagna promuoveranno la realizzazione di edifici NZEB, ma nuove costruzioni sono in arrivo anche in Abruzzo, Friuli, Lazio, Liguria, Piemonte e Trentino. Da qualche tempo, però, anche la Sicilia si sta attivando per trasformare i propri edifici in poco impattanti e costruirne di nuovi NZEB. Anche nelle principali città dell’Isola, come Palermo e Catania, si potranno vedere edifici a impatto quasi-zero. L’ispirazione saranno Milano e New York, per portare la Sicilia ad allinearsi, finalmente, almeno sotto il profilo edilizio, con realtà dove si è già assistito ad un netto cambiamento culturale.
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Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’idea di riscoprire la città nasce da Antonella Piccinelli e suo marito Fabio Longinotti, 2 milanesi doc fondatori dell’Associazione Culturale “I Gelsi”.
Si tratta di un giro panoramico a bordo di un trenino gommato che, con partenza in periferia e arrivo in centro, permette di ammirare il passato, il presente e il futuro di Milano in modo insolito e “lento”.
Il TRENINO MILANO: collega la periferia e il centro della città
# L’obiettivo del “Trenino Milano” è riscoprire la città del passato, del presente e del futuro
Credits: www.eventimilano.it
Un trenino su ruote gommate che parte dal quartiere Adriano, in fondo a via Padova, e arriva in pieno centro. Ecco qual è la nuova iniziativa, partita nel settembre 2020, che permette di riscoprire Milano, tra vecchi quartieri e moderni grattacieli.
Lo scopo è proprio quello di immergersi nelle 3 anime della città, quella del passato, quella del presente e quella del futuro. Infatti, si passa dalla Milano un tempo periferia e incarnata da Gorla e Greco, luoghi che fino agli anni ’30 erano comuni a sé. Poi, si prosegue nella città recente, da Porta Nuova allo skyline meneghino, fino a concludere nel cuore di Milano, il suo famosissimo centro storico.
# Un’iniziativa per immergersi nelle 3 anime di Milano e ammirare dettagli mai visti prima
Credits: www.eventimilano.it
Un itinerario che percorre quanto più di conosciuto c’è in città, ma da un trenino da cui si possono ammirare meglio quei particolari a cui non sempre si fa caso.
E durante questo viaggio, oltre alla musica, si ascolta anche la storia della Milano che non c’è più, ma che si intreccia con i nomi delle Archistar che hanno ridisegnato la città.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Arrivato all’ottava edizione, dal 15 al 23 maggio si terrà il Festival della Luce sul lago di Como. L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Alessandro Volta, con il patrocinio di Regione Lombardia, del Comune di Como e del Comune di Pusiano. Andiamo a scoprirne tutte le novità.
A maggio il FESTIVAL della LUCE sul lago di Como
# “L’amor che move il sole e l’altre stelle”
Credits: comocity.com
Il titolo di quest’anno sarà “L’amor che move il sole e l’altre stelle”. Esso unisce i due temi principali: la celebrazione del Sole, come nostra principale fonte di luce, e l’anniversario dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Questa unione darà vita a finestre di divulgazione scientifica, incontri ed eventi con ospiti importanti dal mondo della cultura. In ogni edizione, l’obiettivo del festival è sempre stato quello di partire dal tema della luce per divulgare l’amore per la conoscenza, seguendo i passi e l’eredità del concittadino Alessandro Volta. Per l’occasione, tutto il territorio si trasforma per offrire uno spettacolo sia per gli occhi che per la mente.
# La luce del paradiso
Credits: varesenews.it
Luca Levrini, Presidente dell’Associazione Alessandro Volta, commenta così questa nuova edizione: “Partecipare al 700° anniversario della morte di Dante, richiamando la luce come elemento essenziale della sua espressione artistica, ritengo sia cosa attuale e soprattutto utile. Utile perché Dante potrebbe essere ognuno di noi. Compie un viaggio che parte dalla angoscia ed arriva alla bellezza della luce, luce del paradiso, luce pura non abbagliante, luce intellettuale e piena di amore.”
Un altro commento arriva da Giulio Casati, Presidente del Comitato Città della Luce: “La formazione scientifica è sempre più importante per la nostra società. È su questo tema che si gioca il futuro di un Paese. L’impressionante accelerazione delle conquiste scientifiche impone che ciascuno possa accedere all’informazione scientifica, così come può leggere e scrivere. La non conoscenza genera paure e origina comportamenti irrazionali.”
Il programma, diviso nelle varie giornate, prevede tra le altre cose uno spettacolo teatrale dal titolo “Dal Buio alla Luce: il Viaggio dantesco e la Cosmologia Moderna” nella giornata del 15 maggio. Inoltre, sempre il 15, per celebrare Dante a dovere, ci sarà l’intervento di Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, che parlerà de “La luce nella lingua italiana”. Nell’insieme, tutte le occasioni rimangono da non perdere per allargare sia la mente che il cuore.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A guardarla sembra un mix tra un alveare, una castagna, una capanna e, con un po’ di immaginazione, anche una pompa a pedale, di quelle che reagiscono come una sorta di molla, se schiacci con il piede si abbassano e rialzano. D’altronde bisogna giocare con l’immaginazione per realizzare quella che potrebbe essere la casa più bella del mondo e sicuramente quella costruita nel modo più innovativo che esista sulla Terra.
Sarà costruita in Italia la CASA più BELLA del mondo realizzata con una stampante 3D
# Tecla: un nome proprio per una casa unica
Credits: arketipomagazine.it Tecla
Si chiama Tecla (acronimo di “Technology and Clay”) la futura casa più bella del mondo, d’altronde un’abitazione del genere deve per forza avere un nome proprio, non può essere chiamata comunemente “casa”; e la sua particolarità è che è il primo modello di abitazione stampato in 3D in terra cruda. L’idea è venuta a Mario Cuccinella e il progetto è nato grazie alla collaborazione tra lo studio dell’architetto e WASP, azienda specializzata nella stampa 3D.
“Tecla dimostra che una casa bella, sana e a basso impatto può essere costruita da una macchina informando la materia che si trova sul posto. Tecla è il dito che indica la Luna. La Luna è la casa come diritto di nascita per ogni uomo sulla terra. Possibile già adesso da Tecla in avanti”, così presenta il progetto il fondatore di WASP, Massimo Moretti, il dito che sfiora la Luna e che, perfettamente sostenibile, rappresenta il futuro.
# Non è solo un progetto, la si sta costruendo seriamente
Credits: inexhibit.com Costruzione di Tecla
E se ci si chiede dove sarà questa casa futuristica, la risposta è in Italia. Il BelPaese sta cercando di conciliare le sue bellezza con l’innovazione, per questo vicino alla capitale dei mosaici italiana appare Tecla. Di preciso, la casa si sta costruendo a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, e dovrebbe vedere il suo completamento entro la primavera del 2021, quindi in teoria non manca molto.
Realizzare Tecla, però, non è un lavoro così facile. Il sistema di stampa 3D può stampare usando materiali a base di terra, malta cementizia e geopolimeri ad una velocità di 300mm lineari al secondo. Per costruire ogni unità sono necessarie circa 200 ore di stampa e 7000 codici macchina, corrispondenti a 350 strati di argilla, ciascuno di 12 mm di spessore. È il primo modello abitativo che impiega simultaneamente due bracci stampanti sincronizzati e la sua costruzione è perfettamente sicura.
# Unisce materiali antichi alla tecnologia odierna
Credits: inexhibit.com Rendering interno Tecla
Per la realizzazione di Tecla, Mario Cuccinella si è ispirato ad una delle città invisibili di Italo Calvino, quella in continua costruzione. La casa non sarà particolarmente grande e si estenderà per circa 60 metri quadrati. All’interno ci saranno: una zona giorno, una cucina, zona notte e servizi. Come i muri, anche gli arredi saranno stampati e realizzati in terra cruda. Tecla è un modo perfetto per unire un materiale così antico alla tecnologia odierna.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nella “Mediolanum Romana”, tra via Porlezza e via Giulini, è presente un’area di disordine e parcheggio irregolare. Ma, grazie alla sua conformazione raccolta e alla presenza della tardo-gotica chiesa ortodossa dei santi Sergio, Serafino e Vincenzo, il suo potenziale è davvero grande.
Per questo motivo, proprio qui, verrà data vita ad una nuova piazza, un nuovo spazio per la socialità.
Tra pochi giorni inizieranno i lavori per trasformare un dedalo di vie disordinato in uno spazio alberato di incontro e di socialità.
È così che rinascerà la piazza tra via Porlezza e via Giulini e la zona ha senz’altro un potenziale altissimo: oltre ad ospitare una preziosa chiesa ortodossa, è anche un passaggio caratterizzato da elevati flussi di persone. Questo è dovuto ai numerosi uffici tutt’intorno, alla vicinanza dell’Università Cattolica e alle fermate della metropolitana e della stazione Cadorna.
Eppure, fino ad oggi questo luogo non è mai stato sfruttato. Perché? A causa del parcheggio “selvaggio” dei motocicli sullo spazio pubblico.
# Ciliegi in fiore, panchine, accessibilità e Zona 30: l’area diventerà una vera e propria piazza pedonale
Credits: www.affaritaliani.it
L’intervento di riqualificazione avrà un disegno ordinato e, come accaduto anche negli scorsi mesi, prevedrà l’inserimento di alcuni ciliegi sotto ai quali si collocheranno delle panchine, il miglioramento dell’accessibilità pedonale e il recupero dell’intera area. Infatti, la pavimentazione verrà rimodernata e la piazza si svilupperà su un unico livello grazie al rialzamento del tratto stradale di fronte alla chiesa ortodossa e alla posa di parigine.
Quindi, pur mantenendo i percorsi carrabili, l’area diventerà una vera piazza pedonale, con anche l’istituzione della Zona 30 e la collocazione di nuovi pali dell’illuminazione.
# Un progetto che si inserisce nella strategia di valorizzazione dei quartieri promosso dalla Giunta
Questo progetto, approvato dalla Sovrintendenza, deriva dalla donazione della Società Santa Maria alla porta S.r.l. e la sua realizzazione sarà a cura di InvestiRe Società di Gestione del Risparmio S.p.A.
Si prevede che i lavori dureranno circa 4 mesi e per l’Assessore all’Urbanistica milanese, Maran, “questo intervento creerà un nuovo luogo di sosta e socialità per i cittadini e per i tanti lavoratori e studenti che ogni giorno passano di qui, restituendo dignità alla chiesetta. Anche questo fa parte della strategia di valorizzazione dei quartieri a partire dalla centralità delle piazze”.
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