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Il sindaco varesino aveva lanciato la proposta di istituire un servizio di collegamento ferroviario rapido con Milano, sfruttando i fondi del PNNR. Da allora solo silenzio, per un progetto che sarebbe stato il primo passo per dar vita alla Grande Milano.
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Milano-Varese in 30 minuti: che fine ha fatto il progetto del «treno-metropolitana»?
# L’idea: in treno da Varese a Milano come in metropolitana
lombardienotizie.online – Treno
Il sogno nasce nel cuore del Recovery Plan: collegare Varese a Milano in appena 30 minuti, rendendo la ferrovia una valida alternativa all’auto privata. Un’idea proposta nel 2021 dal sindaco di Varese Davide Galimberti, che aveva chiesto fondi per un’infrastruttura strategica capace di far fare un salto di qualità alla città e a tutto il suo territorio. Il piano era semplice ma ambizioso: usare le linee esistenti, sia quelle delle Ferrovie Nord che quelle di Rfi, e acquistare treni più simili a quelli metropolitani, con una riorganizzazione delle fermate per garantire velocità e continuità. Anche l’Agenzia per il trasporto locale (bacino di Como, Varese e Lecco) si era espressa in modo favorevole, dichiarando la proposta “tecnicamente fattibile”, ma subordinata a una complessa revisione dell’orario ferroviario. Al momento, tuttavia, il sogno resta sulla carta: il collegamento più veloce tra Varese e Milano impiega 52 minuti, ma la maggior parte delle corse supera l’ora. Altro che metropolitana.
# La realtà: affollamento, nessun finanziamento e tempi che si allungano
Credits: moovit – Milano-Varese
A distanza di anni, il treno diretto Varese-Milano in 30 minuti sembra sempre più un’utopia. Non si registrano richieste formali di finanziamenti né l’avvio di studi di fattibilità. Peggio: nulla lascia intendere che l’opera possa essere ultimata entro il 2026, come richiederebbero le regole del PNRR. Le difficoltà sono molteplici. Prima di tutto la saturazione della rete: da Gallarate a Bovisa, ogni tratta è intasata da convogli locali, regionali e intercity. Far spazio a treni veloci significherebbe sottrarre slot alle corse esistenti, in un gioco a somma zero. A questo si aggiunge un paradosso lombardo: ogni territorio chiede più fermate, mentre i treni veloci vivono di poche soste. Il risultato? Il progetto è fermo.
# La metropolitana regionale lombarda: l’unica vera rivoluzione possibile
Credits: mylink.it – Traffico treni in Lombardia
E se si rilanciasse l’idea di una metropolitana regionale che colleghi tutti i capoluoghi alla Grande Milano in meno di 30 minuti? Promossa da Confapi Milano, prevede treni ad alta velocità per “connettere famiglie, lavoratori e business” e creare una rete capillare che superi l’attuale logica dei collegamenti a raggiera. Un piano ambizioso da 40 miliardi di euro, finanziabile anche con fondi europei, che potrebbe avvicinare Como, Bergamo, Pavia, Mantova, Sondrio e Cremona, oggi collegate con tempi indegni della regione più produttiva d’Italia (Milano-Mantova: 2h, Pavia-Brescia: 1h30, Varese-Cremona: 2h37). L’assessore regionale Claudia Terzi ha riconosciuto che “la rete è satura” ma ha confermato che l’obiettivo dei collegamenti veloci tra capoluoghi è sul tavolo. Il punto è capire se c’è la volontà politica e il coraggio di fare della Lombardia la regione con la rete ferroviaria più efficiente d’Italia. Al momento, purtroppo, sembra più facile realizzare un ponte sullo Stretto che collegare Varese a Milano in mezz’ora.
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Lo dicono i milanesi. Foto cover: @castoldigiorgio IG
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Le 7 stazioni da incubo della metro di Milano
#1 Amendola M1: quando piove è un disastro
Credits mainardielisabetta IG – Amendola M1
La stazione di Amendola M1, storica fermata che portava alla fiera campionaria, è tutelata architettonicamente dalla Soprintenza per la sua particolare struttura a vetrate che ricopre il mezzanino. Quando piove però è un disastro, andrebbe riservata una maggiore manutenzione a un bene ritenuto di tale interesse collettivo.
“Amendola, perché penso sia la più vecchia e vi piove sempre dentro: è molto trascurata!” –Cit. Fiorenza A.
Nella stazione di Cadorna è meglio non capitare nelle ora di punta. Tra pendolari in arrivo dai treni regionali e utenti che interscambiano tra le due linee metropolitane, verde e rossa, ci si trova in piena bagarre.
“Cadorna, una tempesta perfetta di affollamento.” –Cit. Allen M.
#3 Lotto M1-M5: un loop senza via d’uscita
Credits pallin86 IG – Corridoio da M1 a M5
Non si può dire certo che la connessione tra le linee M1 e M5 sia delle più lineari. Al contrario, il più delle volte si finisce in loop senza via di uscita. Per passare da una linea all’altra si deve infatti percorrere un lungo corridoio, fare diversi piani di scale mobili prestando attenzione a non prendere quella sul lato sbagliato per non ritrovarsi nel mezzanino o peggio ancora fuori dalla stazione.
“Quando arrivo a Lotto con la M1 devo praticamente fare 3km e scendere 7 piani per arrivare alla banchina della M5” –Cit. Mattia D.
#4 Centrale: un vero labirinto
Credits: @milano_south Stazione Centrale
Tra tunnel, tapis roulant e scale mobili che si intersecano in modo perpendicolare e parallelo perdersi in Stazione Centrale è un attimo e arrivare in ritardo ai treni della linea M2 e M3 è quasi una certezza.
“La stazione centrale! Hanno fatto tutto un labirinto che fai prima a diventare vecchio che sei ancora lì a camminare.” – Cit. Francesca D.
#5 A Loreto M1-M2 si rischia di perdere l’orientamento
Credits areccofrancesco IG – M2 Loreto
Le uscite della fermata di Loreto M1 si trovano in piazzale Loreto, quelle della M2 in piazza Argentina, non proprio così comode per un interscambio. Infatti passare dalla verde alla rossa non è così intuitivo e spesso uscendo dalla stazione si rischia di perdere l’orientamento.
“Loreto. Non capisco dove uscirò …Un disorientamento unico!” –Cit. Pina
#6 Molino Dorino M1, estetica e sicurezza bocciate
Credits arts_books_wines IG – Molino Dorino M1
La stazione di Molino Dorino sulla M1 non è di certo tra quelle da ricordare. A livello estetico l’abbinamento del blu al rosso utilizzato per l’edificio del mezzanino è un pugno in un occhio. A livello di sicurezza è un po’ una terra di nessuno, sia per il fatto di essere vicino a una strada statale e ai terreni abbandonati dell’antico mulino, sia per il grande flusso di persone che arriva con le linee di autobus extraurbane o per lasciare l’auto nel parcheggio di interscambio. Negli spazi esterni sembra di trovarsi in una discarica abusiva.
“la peggiore molino dorino” – Cit. Stefano M.
#7 Sforza M4 senza interscambio
Credits: Urbanfile – Mappa interscambio M3-M4
La stazione di Sforza M4 è un incubo vista l’assenza di interscambio con la fermata di Missori M3. Infatti per cambiare linea bisogna camminare all’aperto, magari carichi di valige e con la pioggia. Un disastro annunciato.
“Sforza M4! Inqualificabile il mancato interscambio con la M3” –Cit. Fabio G.
FABIO MARCOMIN (Ultimo aggiornamento: 4 maggio 2025)
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Nel 1858 gli accordi verbali segreti di Plombieres, fra Napoleone III di Francia e Camillo Benso Conte di Cavour, posero le basi per la Seconda Guerra d’Indipendenza, episodio fondamentale del Risorgimento italiano. Il discorso di Vittorio Emanuele II al Parlamento piemontese, “(…) non possiamo stare insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi (…)”, era un esplicito riferimento al Lombardo-Veneto sotto il dominio austriaco.
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4 maggio 1914. Muore in terra straniera Paolo Giorza, il papà della “bella Gigogin”
# La canzone che contiene messaggi in codice “risorgimentale”
Giorza
E proprio nel 1858 il compositore milanese Paolo Giorza scrisse la musica per una canzone che è passata alla storia nel senso più ampio del termine, musicale e politico.
Infatti non è un caso che questo brano fu adottato dai Bersaglieri e, fino a pochi decenni prima, veniva spesso cantato dai bambini delle scuole durante le recite. Parliamo della canzone “La bella Gigogin”, che narra di una giovane, che la leggenda vuole come una figura attiva, in qualità di staffetta, durante le gesta per liberare l’Italia dal dominio straniero.In realtà il testo è un elenco di messaggi in codice dallo sfondo politico strategico, per la realizzazione degli obiettivi risorgimentali.
Partiamo dalla considerazione che “Gigogin” è il diminutivo di “Teresa” nel dialetto piemontese e che i carbonari, quando parlavano dell’Italia, la chiamavano (in codice) proprio “Teresa”. In questa canzone“Gigogin” può essere il riferimento a Vittorio Emanuele II, invitato ad accordarsi con Napoleone III di Francia, con la strofa, “(Gigogin) la va a spass col sò spingìn”, ovvero va a spasso col fidanzato (in codice), Napoleone III. Accordo, per mettersi insieme e mandare via gli austriaci dal Lombardo-Veneto.
La canzone fa riferimento alla “malada”, che sarebbe la Lombardia, “per non mangiar polenta”, vuol dire che la Lombardia non vuole più l’Austria, paragonando quest’ultima alla polenta, per il colore giallo della bandiera.
# Una sorta di “Risiko” risorgimentale, musicale, per impedire la censura e la rappresaglia austriaca
Quella che allora venne descritta come una canzone che narrava le gesta di una bella ragazza, che partecipò attivamente alle Cinque giornate di Milano del 1848, scappata da un collegio, che decide di adoperarsi per cacciare lo straniero dall’Italia, dando una mano in tutti i campi di battaglia delle guerre di indipendenza, fu rivista come una sorta di “Risiko” risorgimentale, musicale, con messaggi in codice, per impedire la censura e la rappresaglia austriaca.
Paolo Giorza, che nacque a Milano l’ 11 novembre 1832 e morì negli Stati Uniti il 4 maggio 1914, scrisse la musica su un testo costituito da strofe di vecchi canti popolari. Il passaggio, “Daghela avanti un passo”, rappresentava un antico detto milanese, ma nella fantasia di Giorza, poteva essere l’invito a Vittorio Emanulee II a fare un passo avanti per cacciare gli austriaci dalla Lombardia.
# Le otto repliche al Teatro Carcano
Teatro Carcano inizi ‘900
Prima della Seconda Guerra d’Indipendenza il popolo d’Italia nei teatri assisteva con un entusiasmo, misto alla paura di disillusione, alle rappresentazioni canore e musicali che si rifacevano a speranze patriottiche. La sera del capodanno 1858, la Banda Civica di Milano, diretta da Luigi Rossari, al Teatro Carcano, struttura che in quel periodo aveva compiuto i 55 anni di vita, suonava proprio “La bella Gigogin”, con un successo eccezionale e il pubblico ne chiese otto repliche nella stessa sera.
La leggenda narra che gli austriaci, che ovviamente non avevano capito il testo, in quanto dialettale, erano stati colpiti dal ritmo della musica e l’avevano presa come inno durante le battaglie. Se fosse stata davvero così, sarebbe stata, per loro, una vera beffa.
Tornando all’autore, Paolo Giorza, prima di partire per le Americhe, scrisse per Garibaldi l’“Inno alla guerra”, mentre qualche anno prima compose “La capanna dello zio Tom”. Fu apprezzato anche in Australia, dove collaborò con diversi cantanti, per tornare negli Stati Uniti, dove morì a 82 anni, malato e dimenticato.
# Il testo de “La bella Gigogin”
Rataplàn tambur io sento che mi chiama alla bandiera oh che gioia oh che contento io vado a guerreggiar.
Rataplàn non ho paura delle bombe e dei cannoni io vado alla ventura sarà poi quel che sarà.
E la bella Gigogìn col tremille-lerillellera la va a spass col sò spingìn col tremille-lerillerà.
Di quindici anni facevo all’amore dàghela avanti un passo delizia del mio cuore.
A sedici anni ho preso marito dàghela avanti un passo delizia del mio cuore.
A diciassette mi sono stradìta dàghela avanti un passo delizia del mio cuor.
La vén, la vén, la vén a la finestra l’è tutta, l’è tutta, l’è tutta inzipriada la dìs, la dìs, la dìs che l’è malada per non, per non, per non mangiar polenta bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza lassàla, lassàla, lassàla maridàre bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza lassàla, lassàla, lassàla maridàr.
Le baciai, le baciai il bel visetto, cium, cium, cium,
La mi disse, la mi disse: oh mio diletto cium, cium, cium, là più basso, là più basso, in quel boschetto, cium, cium, cium, anderemo, anderemo a riposar.
Ta-ra-ta-ta-ta-tam.
E la bella Gigogìn col tremille-lerillellera la va a spass col sò spingìn col tremille-lerillerà.
Singapore è stata la prima. Seguita a ruota da altre città, tra cui Montecarlo e Dubai. La sfida: costruire il «Quartiere dei Sogni». Se anche Milano seguisse la scia, come e dove potrebbe realizzarlo?
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Il «Quartiere dei Sogni» di Milano
# Il mito della città ideale: la sfida di Singapore, Dubai e Montecarlo
Una delle grandi intuizioni del Rinascimento italiano: la città ideale. In quell’epoca d’oro in cui l’Italia dava luce al mondo intero, le città erano tornate al centro, come motore di sviluppo economico e culturale. I grandi del tempo si sono così iniziati a interrogare su come dovesse essere la città ideale, un tema che ha affascinato tutti i grandi urbanisti nei secoli a venire. Fino ad oggi. Nel mondo contemporaneo le città più all’avanguardia si stanno sfidando per realizzare zone che seguano quei principi adattati ai tempi moderni. In prima fila ci sono Dubai, Montecarlo (con la creazione di un'”isola dei sogni”) e, soprattutto, Singapore che ha pianificato Tengah, un’area formata da 5 distretti che dovrebbero rappresentare il massimo livello di qualità della vita urbana. Se Milano raccogliesse questa sfida e riportasse a casa nostra il modello di città ideale, come potrebbe essere il quartiere delle meraviglie?
#1 Un «quartiere foresta»: sopra il verde, sotto le auto
Niente auto in superficie. Tutti i mezzi di trasporto dovrebbero essere messi sottoterra, come avviene per la metropolitana. Sia per il movimento che per il parcheggio. Sopra ci dovrebbero essere esclusivamente verde e zone di ristoro pedonali. Ancora di più: insieme a prati all’inglese ci dovrebbe essere una vera e propria foresta con tipi di piante capaci di rappresentare una vera e propria attrazioni per il territorio.
#2 Un «quartiere fattoria»: ecosistema di coltivazione e allevamento
Nel «quartiere foresta» si dovrebbe agevolare la semina di piante da frutto e di piantagioni per rifornire i cittadini del quartiere di prodotti a chilometro zero a cui si potrebbero dedicare per la coltivazione pensionati e bambini delle scuole per formarli a una vita più sana e funzionale. Non solo: la superficie dedicata alla foresta non dovrebbe solo corrispondere a un fine estetico e di benessere per il contatto con la natura ma anche riportare in vita l’ecosistema ancestrale dei villaggi di fattorie, attualizzato alla realtà di oggi. Animali da allevamento potrebbero vivere in armonia con i cittadini anche per stimolare una cultura più naturale nelle nuove generazioni, oltre che per produrre beni di consumo più genuini per i cittadini.
#3 Un bosco come “mura”
Riprendendo la tradizione delle città italiane, il quartiere potrebbe essere delimitato da mura. Ma che non dovrebbero essere di cemento ma formate da alberi. Il quartiere avrebbe così un bosco circolare realizzato sul modello del “parco orbitale“, progetto desiderato ma mai realizzato nel corso dell’ultimo decennio. Il bosco circolare avrebbe la funzione di proteggere l’ecosistema del quartiere dal resto delle aree urbane di Milano.
#4 Il «quartiere comunità»: partecipazione e responsabilità condivisa degli spazi comuni
Ultima innovazione fondamentale riguarda il ruolo del cittadino. Il Rinascimento ha dato vita alla figura del “cittadino moderno”, che sostituisse l’idea di suddito alla mercé del sovrano di turno. Una figura che oggi ha bisogno di un rinnovamento radicale e tornare al centro di ogni decisione politica sul territorio. Tutto quanto sia possibile deve essere spostato al livello più basso: ogni potere del territorio va esercitato attraverso il coinvolgimento e la responsabilizzazione di ogni cittadino, favorendo così lo sviluppo di una comunità in cui ogni partecipante alla cosa pubblica sia un protagonista invece che un semplice esecutore della volontà dell’autorità. Questa sarebbe la rivoluzione epocale che partendo da un singolo quartiere potrebbe estendersi all’intero mondo. Come accaduto ai tempi del Rinascimento.
# Dove costruirlo? A Milano Est
La zona dove sorgerebbe Milano Est
Come immaginato in questo articolo E se a Est sorgesse una nuova Milano?, lo spazio per costruire un nuovo progetto urbanistico esiste. Il quartiere dei sogni potrebbe diventare realtà in un’area compresa tra Segrate e Paullo. Non rappresenterebbe solo un’espansione fisica di Milano, ma una vera e propria “Milano parallela“, riprogettata per rispondere alle esigenze della “città madre” alla luce delle esigenze del mondo contemporaneo. Sarebbe un quartiere “sperimentale”, costruito ex novo, con una pianificazione orientata alla funzionalità e alla vivibilità:un nuovo centro grandioso e superverde.
ANDREA ZOPPOLATO (Ultimo aggiornamento: 3 maggio 2025)
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La rete crescerà del 28%: dai 111,8 km di oggi si passerà a circa 143,5 km. E non è tutto. Mettendo nel conteggio la linea M6 in fase di studio, il traguardo al 2050 potrebbe essere di oltre 164 km di estensione.
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Le 25 nuove fermate in arrivo sulla metro di Milano: scenderemo a Testi Gorky o a Lincoln?
# M1 a nord con 2 fermate: Sesto FS e Cinisello Bettola
# M1 a ovest con 3 fermate: Bisceglie, Parri e Olmi
Credits: Urbanfile – Prolungamento Bisceglie-Quartiere degli Olmi
In direzione ovest sono invece previste 3 fermate su un tracciato di 3,3 km:
Parri
Baggio
Quartiere degli Olmi.
Se il secondo bando ha successo, come sembra dalle prime indiscrezioni, il via ai lavori è fissato per la fine del 2025 per concludersi nel 2031.
Con l’apertura delle due estensioni programmate la M1 raggiungerà circa 32 km di lunghezza battendo il primato di M2 e, con 43 fermate, si confermerà anche come linea con più stazioni della città.
La M4 si allunga ad est di 3,1 km dall’Aeroporto di Linate, con due fermate:
Idroscalo-San Felice
Segrate punta Est, dove è previsto interscambio con stazione dell’alta velocità.
L’obiettivo è la partenza dei cantieri tra il 2025 e il 2026, per inaugurare la tratta entro il 2032. Con il passaggio sotto l’Idroscalo sarà anche il primo tratto subacqueo della metropolitana milanese.
Avviato lo studio di fattibilità per estendere di circa 1,5 km con una sola fermata aggiuntiva la M4 nel comune di Buccinasco, nei pressi dalla Cava del Ronchetto, per servire anche il comune di Corsico.
Ma la parte del leone la dovrebbe fare M5. Punta a nord con 13 km attraversando i comuni di Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni e Monza, raddoppiando la lunghezza attuale e collegando per la prima volta in Italia due diversi capoluoghi di provincia.
In tutto ci saranno queste 11 nuove fermate:
Testi Gorky
Rondinella Crocetta
Lincoln
Cinisello Bettola
Campania
Marsala
Monza Fs
Monza Centro Trento Trieste
Villa Reale
Ospedale San Gerardo
Polo Istituzionale
Avvio dei cantieri fissato per settembre 2027, apertura al pubblico nel dicembre 2033.
# M5 a ovest con 4 fermate: Sant’Elena, Quarto Cagnino, Quinto Romano, Settimo Milanese
Prolungamento M5 Settimo Milanese
Per la M5 il tracciato più papabile ad ovest è quello di 4 fermate e circa 4,5 km:
Sant’Elena
Quarto Cagnino
Quinto Romano
capolinea con deposito a Settimo Milanese
Allo studio anche un’ulteriore estensione verso Magenta, con metrotranvia da Settimo Milanese, per un totale di percorso aggiuntivo da San Siro Stadio di circa 20 km.
Questo è tutto? In realtà potrebbe essere solo l’antipasto: perché all’orizzonte di Milano si staglia c’è il grande sogno rosa: quello della M6.
C’è poi l’ultima nuova linea allo studio: la M6, per servire il sud e l’ovest milanese. Si parla di una lunghezza di oltre 20 km con incrocio delle altre cinque linee e copertura del lato mancante della Circle Line ad ovest. Si attende la presentazione delle alternative di percorso, elaborate da MM e Politecnico di Milano.
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CityLife si sta riempiendo: gli ultimi lotti liberi sono in procinto di essere costruiti. Crescono gli edifici, diminuiscono gli spazi accessibili a chi non abita lì. Il rischio? Perdere l’anima verde e aperta. E diventare un’altra occasione mancata.
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Il futuro di Citylife, più city e meno life: arrivano l’Onda, l’Atlante e l’Oval, bye bye Gud e verde
# Rischia di diventare un’altra occasione perduta… come Porta Nuova
Citylife vs Porta Nuova
CityLife batte Porta Nuova per vivibilità nella sfida tra i due volti più “europei” di Milano. Da un lato le Tre Torri si affiancano a un’area ristorativa aperta e ariosa, da un lato la claustrofobia di piazza Gae Aulenti. A Porta Nuova, tra il padiglione IBM e il nuovo Uniqlo, l’affollamento si fa sentire, soprattutto verso il centro. CityLife, pur essendo una zona densamente edificata, ha mantenuto un equilibrio tra costruito e verde, con spazi pubblici che favoriscono la socialità. Ma questo rischia di spezzarsi: i progetti in cantiere potrebbero ridurre quel respiro aperto che rende CityLife tanto apprezzata. Vediamo quali sono e cosa bolle in pentola.
# Il quarto grattacielo: lo “sdraiato” firmato BIG
Citywave – Vista notturna
A stagliarsi imponente c’è Citywave, sviluppato dallo studio di architettura internazionale BIG, già soprannominato lo “sdraiato” ad affiancare il Dritto, lo Storto e il Curvo. Il tratto distintivo del design è un porticato sospeso lungo 140 metri che collega due edifici di diverse altezze:uno da 50 metri e l’altro da 110 metri, entrambi destinati a uffici.
CityWave – Porticato
Il nuovo intervento fa da quinta al quartiere, per chi arriva da Largo Domodossola, e porta la firma dello studio di architettura BIG. Il progetto include spazi di lavoro, negozi, ristoranti, due corti private e un rooftop bar con piscina.
Urbanfile - Posa bandiera Citywave
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Urbanfile - Posa bandiera Citywave
Urbanfile - Altra vista cantiere Citywave
A rivestire la struttura, il parco fotovoltaico più grande di Milano e tra i maggiori in Italia, con una produzione annuale di energia stimata in 1.300 MWh. Il cantiere è in pieno svolgimento, il 9 aprile 2025 c’è stata la posa della bandiera con la struttura arrivata al tetto, come da reportage di Urbanfile. Il completamento è programmato per il 2026.
# Il Padel Pavillon “Atlante Arena”, l’innovativo centro sportivo di design dedicato al padel
Padel pavillon
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skysport - Padel Pavillon
Atlante Arena esterno
Accanto al MiCo, nel cuore del parco di CityLife, sta prendendo forma l’Atlante Arena, il nuovo Padel Pavillon firmato da Novembre Studio, riempiendo l’ultimo lotto rimasto libero nel quartiere. Pensato come un elemento in continuità visiva con le architetture circostanti e con il futuro CityWave, si distingue per il suo design scenografico: un aggetto curvo di 17 metri che guida lo sguardo e i passi verso l’ingresso. Su una superficie di 2.800 mq e un’altezza di 12 metri, prevede al suo interno 7 campi da padel, un’area ristoro e una zona multifunzionale rialzata da cui assistere agli incontri.
novembrestudio IG – Padel pavillon
La gestione viene affidata a City Padel Milano, fondata da Demetrio Albertini, già attiva nel precedente centro provvisorio. Sotto la struttura è presente un parcheggio. La costruzione è ormai alla fasi finali e l’inaugurazione dovrebbe avvenire nei prossimi mesi.
# Il Cityoval fa rinascere il Palazzo delle Scintille riportandolo alla sua funziona originaria
Urbanfile - Rendering CityOval
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Urbanfile - Rendering CityOval
Urbanfile - Dettaglio primo piano Cityoval
In questo caso non si tratta di nuovo costruito, ma della riqualificazione dell’ex Palazzo delle Scintille. Il 14 febbraio 2025 è stato svelato il progetto per riportarlo alla sua vocazione originaria: diventare il più grande spazio per eventi nel cuore di Milano. Rinominato CityOval Milano, deve il nome alla sua imponente cupola alta 31 metri, elemento chiave anche del logo. Firmato da Calzoni Architetti con Pierluigi Nicolin, il progetto prevede 8.200 mq coperti su un’area totale di 25.000 mq. Ospiterà eventi culturali, sportivi e musicali, con una nuova lobby su piazza Burri e spazi flessibili su più livelli.
Al piano terra arena e servizi, al primo piano ristorazione, in alto gli uffici. L’inaugurazione è attesa nei primi mesi del 2026, mentre la gestione viene affidata a CityLife in collaborazione con il Comune.
Ecco poi quello che verrà. Mentre il quarto grattacielo di CityLife prende forma, il quartiere si prepara ad accoglierne un quinto. L’area destinata al nuovo edificio è quella oggi occupata dal Gud, unico locale all’aperto del parco: sdraio, ombrelloni, balle di fieno e orti urbani che dovrebbero sparire entro il 2026.
Maps – Area futuro grattacielo Citylife
Al suo posto, su un lotto di 7.300 mq affacciato su viale Berengario, è previsto un grattacielo interamente residenziale, alto almeno 60-70 metri, con appartamenti da 300 mq. Lo ha anticipato Roberto Russo, AD di SmartCityLife, parlando di un “edificio iconico e innovativo”. Ancora una volta, una fetta di parco pubblico sarà sacrificata per lo sviluppo privato, restringendo gli spazi aperti e riducendo la distanza tra lo shopping district e i nuovi volumi edilizi.
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Si dice che Milano costi un botto. Forse sì, ma non ovunque. Ci sono posti dove si mangia con poco. E posti dove non solo si mangia con poco: ma si mangia super-bene. Come questi sette, probabilmente tra quelli a basso prezzo i preferiti dei milanesi.
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7 posti a Milano dove mangiare molto bene ma spendendo poco (edizione 2025)
#1 Chiosco al Politico dal 1991: dove i politici si mangiano
Ph. @latofinestrino_ IG
Aperto a Milano dal 1991 in piazza Castello, il Chiosco al Politico si conferma da anni il luogo di riferimento per chi vuole trovare street food di qualità a basso prezzo. Offre una ventina di coperti, con tavoli e ombrelloni che lo circondano e la Torre del Filarete sullo sfondo. Ma il segreto del suo successo è una gamma quasi infinita di panini: circa 90, dal classico alla porchetta al crudo, fontina, pomodoro e salsa rosa. Ogni panino è associato al nome di un politico e ce ne sono anche da meno di 4 euro. Aperto tutti i giorni dalle 11:30 alle 23:55. Media recensioni Google: 4.6/5
Indirizzo: Piazza Castello
#2 Osteria dell’Acquabella: la trattoria milanese in chiave moderna
Ph. @osteria_acquabella IG
Ci spostiamo in Porta Romana dove si apprezza una versione moderna della trattoria milanese: l’Osteria dell’Acquabella. Ristorante arredato con mobili in legno chiaro e con una notevole carte dei vini. La cucina? Quella tipica lombarda, dall’ossobuco con risotto alla milanese, alla cotoletta alla milanese fino alla punta di vitello al forno. Media recensioni Google: 4.6/5
Indirizzo: via San Rocco, 11
#3 Pepe Nero, carne e pesce di qualità con ottimo rapporto qualità-prezzo
Ph. @bassani.laura IG
Il terzo posto del podio se lo aggiudica il ristorante Pepe Nero di via Ripamonti. la sua specialità sono il pesce freschissimo e una lista di vini selezionata per tutte le tasche. Il rapporto qualità-prezzo è straordinario. Media recensioni Google: 4.5/5
Indirizzo: Via Giuseppe Ripamonti 118
#4 Il Brutto Anatroccolo, tra le più autentiche osterie milanesi
Credits jappie_88 IG – Il brutto anatroccolo
Ancora resistono le vere osterie della “Milano che fu” anche se poche. Una di queste è il Brutto Anatroccolo che conserva la sua tradizione grazie a un servizio essenziale, piatti semplici e caserecci, in prevalenza tipici della tradizione lombarda-milanese. Il prezzo è un altro punto forte. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: Via E. Torricelli, 3
#5 Sidreria, l’all you can eat a base di mela
Ph. @la_sidreria_milano IG
La Sidreria propone una sorta di all you can eat con un unico filo conduttore: la mela. Ci troviamo nel meleto più bello di tutta Milano, in zona Ortica, dove una volta si trovava la storica Osteria dell’Oppi. Il menu è composto da una decina di portate che variano in base al periodo. Da bere: esclusivamente il sidro. Un’esperienza unica a Milano… senza sorprese sul conto. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: Via Corelli, 31
#6 Osteria del gnocco fritto, l’Emilia sul Naviglio
Credits irisnobilis IG – Osteria del Gnocco Fritto
Anche la cucina emiliana si inserisce tra le migliori a basso prezzo che si possono gustare a Milano. Almeno quella dell’Osteria del Gnocco Fritto. Fondata nel 1999, con vista sul Naviglio, propone, oltre allo gnocco fritto con salumi e formaggi, anche l’altra specialità emiliana: le tigelle da accompagnare con il battuto di lardo alla modenese e gli intingoli. Abbondano anche le paste fresche fatte in casa e una cantina emiliano-romagnola di vini con una doverosa attenzione per il Lambrusco. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: Via Pasquale Paoli, 2
#7 Tropi&Co Pizza Club, pizza senza fine a prezzo limitato
Ph. @tropicomilano IG
Conclude il Settebello la pizza. Qui si sperimentano sempre nuovi gusti: da Tropi&Co Pizza Club, si serve il giro pizza dove si mangia pizza a volontà a prezzo fisso. Il menu giro pizza a prezzo fisso c’è solo la sera e include, oltre a tutta le fette di pizza che si riescono a mangiare, anche una birra o un’altra bevanda, un caffè e il limoncello. Il prezzo è di 16 euro. Media recensioni Google: 4.2/5
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Piazza Velasca rinasce. Dopo anni di lavori, lo spazio ai piedi della Torre Velasca è diventato pedonale: via auto, via parcheggi, dentro verde, panchine e spazi pedonali. In questo video andiamo alla scoperta della nuova piazza, del restauro della torre e facciamo anche il punto sullo stato dei lavori per il collegamento tra la M3 Missori e la M4 Sforza Policlinico. Una Milano che cambia volto, una piazza che torna a essere vissuta.
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Si dice che sia seria e con poco senso dell’umorismo. Basta girare per Milano per ricredersi.
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Milano fa ridere: le cose più divertenti che si trovano in città
# La città con i simboli più strani del mondo: la scrofa e il bimbo in bocca al biscione depresso
Credits: @arkeios1983 IG – Scrofa semilanuta
Le altre città del mondo hanno un drago, l’aquila, l’orso, una lupa. Noi abbiamo una scrofa. La scrofa semilanuta è una creatura leggendaria legata alla fondazione di Milano da parte dei Celti. L’animale fu avvistato dal re celtico Bellovesonel luogo indicato dall’oracolo. La stessa scrofa era presente sul suo scudo e per questo il re, riconoscendo l’apparazione come il segno di una volontà divina, fece costruire in quel punto Medhe-lan, “terra in mezzo alla pianura”, che nella trasposizione latina di Medio-lanum può anche significare “semi-lanuta”. Un bassorilievo dalle parvenze di un cinghiale, identificato con la scrofa semilanuta, si può vedere in via Mercanti sul secondo arco del Broletto. Per rimarcare la nostra autoironia c’è anche il simbolo più horror: il bambino nelle fauci di un biscione.
A Milano si trova anche la più grande presa in giro della storia. Doveva essere l’arco della Vittoria, voluto da Napoleone, quando sognava per Milano il ruolo di capitale della nazione. Ma qualcosa è andato storto: è arrivata la disfatta di Waterloo e a Milano sono tornati gli Austriaci. Che per prendere le distanze da Parigi hanno cambiato il nome in Arco della Pace e soprattutto hanno girato il verso dei cavalli: mostrando così le terga in direzione della Francia.
La statua a Giuseppe Missori, patriota garibaldino e consigliere a Milano: un fiero cavaliere su un cavallo che sembra sfinito. Tra i milanesi divenne subito nota come “la statua del cavallo stanco”.
# Il dito di Cattelan
Difficile mascherare un sorriso quando lo si vede, puntato così contro il Palazzo della Borsa. Il più celebre dito di Milano. Doveva essere un’installazione temporanea invece è diventato il simbolo più sbeffeggiante della città. Ha fatto ridere anche quando l’unghia del dito è stata colorata di uno smalto fucsia.
# I cinesi milanesi che “non muoiono mai”
Credits nicolettapavonegalli IG – Chinatown
Basta fare due passi a Chinatown per sorridere. Già un quartiere milanese nel cuore di Milano che non solo ha un nome italiano (Sarpi) ma che soprattutto di Milano ha preso lo stile. Probabilmente si tratta della Chinatown più elegante del mondo. Non solo: il mix estetico, culturale e linguistico dei cinesi di Milano è irresistibile. Non solo: innesca anche molte leggende metropolitane, tra cui quella forse più celebre: i cinesi di Milano non muoiono mai.
A volte fanno molto ridere le scelte della viabilità. Come alcune ciclabili che finiscono “nel nulla” oppure i parcheggi realizzati in mezzo alla carreggiata.
Un altro monumento. Considerato da molti “il più brutto di Milano”. Siamo ad Amendola Fiera. Il suo nome ufficiale è “La Danza” realizzata nel 2006 dallo scultore milanese Gianfranco Pardi. La scultura intendeva aprire una nuova stagione per Milano e soprattutto per il quartiere Fiera che si preparava ad un processo di innovazione che avrebbe portato alla costruzione delle 3 torri degli architetti Daniel Libeskind, Arata Isozaki e Zaha Hadid. Tanto che il nome originario doveva essere “Ricostruire”.
Purtroppo il vento di innovazione e movimento non è arrivato con questa scultura che ai milanesi è piaciuta poco, tanto da essere soprannominata “incidente stradale”. Alcuni l’hanno paragonata a un ragno che si dimena in aria.
# I giri sul toro
E poi c’è lui. Irresistibile. Il toro con i gioielli schiacciati dai turisti che ruotando sopra le sue grazie per tre volte sperano in un destino più fortunato. Impossibile non sorridere vedendo persone di tutto il mondo volteggiare in mezzo alla Galleria. Pochi sanno il motivo: il toro rappresenta Torino. Da sempre legata a Milano con amore e odio. Ma soprattutto tanta ironia.
# Amarcord: Le palme e i banani in piazza del Duomo
Credits: ilportaledeitreni.it – Palme in Piazza del Duomo
Altra cosa che resta nei ricordi dei milanesi che ha fatto molto ridere o piangere a seconda del punto di vista e della condizione emotiva. Di fronte la più famosa cattedrale gotica del pianeta, la più grande chiesa d’Italia, dove più si respirano atmosfere mitteleuropee che cosa si poteva mettere di più assurdo? Palme e banani. Scelta che fece molto scalpore ma solo pochi avevano capito il vero intento: mostrare al mondo l’autoironia milanese.
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Sta per iniziare il Conclave per designare il 267° Papa della Chiesa Cattolica. Ma quali sono i primi Pontefici milanesi che sono succeduti a Simon Pietro?
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I primi tre papi di Milano
# Il primo papa di Milano: Alessandro II nato a Baggio
wikipedia.org – Sant’Alessandro II
In particolare abbiamo voluto individuare quelli che sono stati i papi nati a Milano: il primo dato che ci è saltato all’occhio è che diversi pontefici, prima di essere eletti, erano stati a capo dell’Arcidiocesi di Milano. Forse è quella che ha dato più papi alla chiesa dopo Roma.
Il primo papa milanese fu Alessandro II, nato a Baggio nel 1010, all’interno di una famiglia vassalla, che ottenne dei benefici feudali da parte dei titolari dei poteri pubblici del territorio. Il nome di questo Pontefice era, Anselmo da Baggio. Fu il 156° Papa, studiò nella congregazione Cluniacense, di stampo benedettino, arrivava dalla guida della diocesi di Lucca, salì al soglio pontificio senza neanche essere eletto cardinale e da Pontefice non lasciò l’incarico che aveva nella città toscana. Papa Alessandro II dichiarò l’obbligo del celibato ecclesiastico per i diaconi e per altre figure all’interno della chiesa. Vietò inoltre la compravendita di beni spirituali e la commercializzazione delle indulgenze.
Anselmo da Baggio morì a Roma nel 1073.
# Il secondo papa fu Umberto III da Cuggiono
wikipedia.org – Urbano III
Il secondo Papa milanese fu Urbano III che, nel proprio curriculum aveva la guida del vescovado di Vercelli, poi passò all’Arcidiocesi Ambrosiana, durante tale mandato fu eletto Pontefice. Il suo nome era Uberto Crivelli, nacque a Cuggiono nel 1120 e morì nel 1187. Quando viene eletto dal Conclave non rinuncia alla funzione di vescovo di Milano. La concomitanza tra l’anno della morte e la conquista di Gerusalemme per mano del sultano Saladino, diede vita alla leggenda secondo cui il decesso (nel 1187) fu causato da un infarto in seguito alla disperazione per la caduta della Città Santa.
# Papa Celestino IV morto solo 16 giorni dopo la sua investitura
wikipedia.org – Papa Celestino IV
Nel 1241 viene eletto Papa un altro milanese: si tratta di Goffredo Castiglioni, nipote di Urbano III e prende il nome di Papa Celestino IV. Quando fu nominato massima espressione terrena della Chiesa Cattolica, aveva 61 anni e si trovava già in precarie condizioni di salute. Morì 16 giorni dopo essere diventato Pontefice.
Giovanni Angelo Medici era nato a Melegnano nel 1499 e, nel 1559, diventò Papa, col nome di Pio IV. La leggenda ci dice che diventò Pontefice grazie alla stima che riscontrava da parte di Papa Paolo III, suo predecessore.
Infine, vogliamo sottolineare una particolarità che attraversa il ‘900: tra i nove papi che si sono susseguiti nel secolo scorso, i lombardi furono quattro.
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Il Sistema Tariffario Integrato del Bacino di Mobilità Milano e Monza Brianza (STIBM) è entrato in vigore nel 2019 in sostituzione del precedente sistema SITAM, offrendo un’integrazione tra i diversi mezzi di trasporto molto maggiore. Nei Comuni della Città Metropolitana di Milano, in quelli di Monza Brianza e altri di Lodi e Pavia, si viaggia con un unico biglietto su tutti i mezzi: bus, tram, metro e treni. Ma se si paga contatcless con carta o app di pagamento le cose cambiano e le conseguenze possono essere inaspettate. Sono tre i rischi che si possono correre.
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I tre rischi a pagare contactless sui mezzi pubblici di Milano
# La rivoluzione dello STIBM, ma occhio a pagare con la carta
trenord.it – STIBM
Oggi con un unico biglietto o abbonamento, selezionando la giusta tariffa in base alle corone che si devono attraversare, si viaggia su bus, tram, metro e treni nei Comuni della Città Metropolitana di Milano, in quelli di Monza Brianza e altri di Lodi e Pavia. Non serve più quindi acquistare titoli di viaggio specifici per ogni compagnia di trasporto. Le cose però cambiano quando si paga contactless con carta o con app di pagamento.
#1 Il titolo di viaggio contactless è valido solo sui mezzi di Atm: se controllati scatta la multa sui treni di Trenord e linee S
Tornelli passante
Il primo rischio si corre se si passa da un mezzo di ATM a uno di Trenord. Avendo pagato con carta di credito o bancomat contactless sui totem dei mezzi di superficie o ai tornelli della metropolitana, si è passibili di multa in caso di controllo a bordo del treno, dato che il titolo di viaggio non è ritenuto valido dalla compagnia ferroviaria lombarda. Non è infatti possibile accedere ai tornelli con tale strumento di pagamento e, dato che spesso sono aperti o rotti, molti viaggiatori vanno direttamente in banchina convinti che sia tutto regolare. Tra le varie risposte nelle FAQ sul sito di ATM viene infatti specificato che le carte non sono accettate sui servizi di altri operatori, come i treni di Trenord o le linee S che attraversano il passante ferroviario.
Pertanto se si entra in metro con la carta occorre e si deve cambiare con una linea del passante, come a Porta Venezia, Repubblica, Garibaldi, Dateo, occorre uscire dalla metro e comprare un biglietto per il treno.
#2 Obbligo della doppia timbratura anche nei tornelli “fantasma” per evitare addebiti extra
Credits arimatea.artist IG – Tornelli Atm
Da anni a Milano è obbligatorio timbrare sia in entrata che in uscita ai tornelli della metropolitana. Se si usano i biglietti o gli abbonamenti non ci sono problemi: si può uscire anche senza timbrare o strisciare il titolo di viaggio. Passati i 90 minuti dalla prima timbratura non sono più validi. Se invece si accede alla metropolitana pagando con carta di credito non si può derogare a questo obbligo, anche quando i tornelli sono aperti o in quelli lasciati liberi: succede nelle stazioni dove lo spazio per le uscite è ridotto per evitare la formazione di code di persone in attesa oppure nel caso dei “tornelli fantasma” di raccordo tra metro e passante, ad esempio a Garibaldi, dove può capitare di uscire dalla metro senza obbligo di ritimbratura.
Il sistema infatti calcola la tariffa giusta solo se si passa la stessa carta ai tornelli sia in entrata che in uscita: in caso contrario addebita un costo extra, ossia la tariffa massima che si sarebbe dovuta pagare per raggiungere la stazione più lontana da quella di entrata. Un concetto simile a quello che accade in autostrada quando non viene rilevato il pagamento al casello. Se invece si timbra solo all’uscita, viene addebitato un costo totale di 5 euro, pari a 2,20 euro del biglietto più 2,80 euro di costo extra.
#3 Sui mezzi di superficie: si timbra o non si timbra anche all’uscita?
Credits Ufficio Stampa – Nuova convalidatrice contactless su bus 73
La confusione può aumentare se si tratta dei mezzi di superficie.Da quando sono stati introdotti i totem per pagare contatcless anche a bordo di bus, filobus e tram è venuta meno l’obbligatorietà di acquistare un biglietto prima di salire a bordo. Bisogna però prestare attenzione a come si utilizza il sistema. Saliti sul mezzo occorre passare la carta o il dispositivo sul lettore installato sulla palina e generalmente non serve farlo anche all’uscita, ma solo se si viaggia su una linea che resta interamente all’interno dei confini di Milano o della zona Mi3. Ci sono infatti delle linee che fanno eccezione: 121, 130, 140, 165, 166, 327. Queste linee collegano Milano con l’hinterland e, anche se ricadono nella zona Mi3, senza la timbratura in fase di discesa vengono addebitati costi extra compresi tra 0,40 e 1,30 euro. Quindi, nel dubbio, meglio ripassare la carta di credito prima di scendere anche dai mezzi di superficie.
FABIO MARCOMIN (Ultimo aggiornamento: 3 maggio 2025)
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3 maggio 1968. Parigi, prime cariche della polizia contro studenti in protesta: è l’inizio del Maggio Francese che passerà alla storia come “Il Sessantotto”. Che in realtà era cominciato l’anno prima. Anche in Italia.
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Il ’68 in Italia: la prima scuola occupata fu il Berchet
Il 1968 in Italia in realtà ha avuto inizio nel 1967. La prima università occupata fu quella di Pisa: l’8 febbraio. La richiesta degli studenti? Riformare il sistema universitario nazionale. E’ la miccia che innesca una reazione a catena in numerose università d’Italia. A Milano la rivolta parte in Cattolica dove il 16 novembre 1967 Mario Capanna proclama l’occupazione. Durerà solo poche ore per l’intervento della polizia che, chiamata dal rettore, nella notte libera l’ateneo.
berchet
Il ’68 resta nella memoria soprattutto per ciò che è avvenuto nelle università. Eppure anche le scuole non sono restate a guardare. Anzi. Il 26 gennaio del 1968 i ragazzi del Berchet per primi in Italia occupano la loro scuola. Anche in questo caso dura poco: la sera dichiarando che “ritenendo esauriti i lavori dell’occupazione” viene sciolta l’assemblea e i ragazzi lasciano la scuola, come riporta il giornale degli studenti. Se al Berchet fanno qualcosa, il Parini non può certo restare immobile: così il 5 marzo gli studenti dell’altro celebre liceo classico della città danno vita alla “occupazione bianca“: chi vuole può continuare a frequentare le lezioni, gli altri si ritrovano in aula magna, messa a disposizione dal preside Mattalia che per questo atto sarà temporaneamente sollevato dal suo incarico. Dopo il Parini fu la volta del Carducci, del Manzoni e dell’Einstein.
L’Europa è in crisi perché è rappresentata da istituzioni in cui gli europei faticano a identificarsi. Ha creato una burocrazia farraginosa e lontana, è ostaggio degli interessi dei singoli stati nazionali: emblema di tutto questo è una capitale che significa poco per gli europei. Una capitale che dal punto di vista storico e culturale non ha senso.
Ciò che manca all’Europa è proprio questo: un senso. Un senso che Milano potrebbe servire a dare per una autentica rinascita.
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I dieci motivi perché Milano dovrebbe essere la capitale di una nuova Europa
#1 La posizione: ponte tra Nord e Sud
Nomen omen. Milano significa città nel mezzo. E’ una città posta nel cuore storico dell’Europa: se si traccia una retta di mille chilometri Milano risulta connessa con tutte le grandi città dell’Europa continentale, Barcellona, Parigi, Berlino, Praga, Vienna, Budapest.
E’ città che fa da cesura tra Europa del nord e quella del sud, tra est e ovest, mentre Bruxelles è periferica, sbilanciata verso un mare (Mare del Nord) che è già frontiera con paesi scettici o al di fuori dell’Unione Europea.
#2 Una città più europea che nazionale
meno retorica, più responsabilità
Milano è probabilmente l’unica grande città europea che ha una sua identità senza essere capitale di uno stato (come Bruxelles, Parigi, Londra o Berlino) e senza identificarsi con la nazione o con la regione a cui appartiene (come Barcellona che è soprattutto catalana). Milano è forse l’unica città a sentirsi più europea che dello stato o regione di cui fa parte.
#3 Espressione di tutte le culture continentali
milano capitale imperiale
Milano ha subito forti influenze dalle culture che hanno fatto l’Europa. E’ stata capitale dell’Impero Romano, poi soggetta ai longobardi provenienti dal nord Europa, è stata un rilevante centro del Sacro Romano Impero di impronta germanica, poi dominata dalla Spagna, tornata capitale con Napoleone e l’occupazione francese, quindi città di spicco dell’impero asburgico e infine capitale morale d’Italia. Non esiste altra città in Europa che sia espressione di così tante culture europee.
#4 Capitale mondiale in settori tipicamente europei
Milano è una città portata all’eccellenza. Ha dei primati che la rendono unica al mondo. E’ la capitale mondiale della moda, della lirica, del design, organizza un evento leader internazionale come il Fuorisalone. La sua forza nasce da una creatività straordinaria che non ha rivali in città della stessa dimensione.
#5 L’apertura internazionale
Olimpiadi Erasmus (foto: Corriere)
Milano è una città dove chi viene da fuori si sente a casa sua. E’ una città fatta in gran parte da milanesi acquisiti, non di nascita. Quasi tutte le altre grandi città d’Europa sono molto scioviniste: pur aprendosi a lavoratori e investitori stranieri, li guardano comunque con un senso di superiorità, come il caso di Londra, Berlino o Parigi, invece Milano è orientata favorevolmente verso tutto ciò che proviene dall’estero.
#6 Valori autenticamente europei
Credits: milanopocket.it statua libertà milano
I valori di Milano sono i valori autentici su cui ricostruire l’Europa, anche perché sono il risultato delle influenze che Milano ha ricevuto dalle altre culture: lavoro, libertà, spirito di iniziativa, creatività, estetica, tensione all’eccellenza, internazionalità e autonomia dagli Stati nazionali.
#7 Città che innova il pensiero
Una serata futurista a Milano – Umberto Boccioni
Milano è città d’azione, con le sue imprese e i suoi artigiani, ma è anche una città di pensiero. Ha innovato e rivoluzionato lo spirito dei tempi dando origine a movimenti che hanno fatto la storia d’Europa, nel bene o nel male, come il socialismo italiano, il fascismo, o il futurismo.
#8 Un modello di coesistenza tra pubblico e privato
A Milano il privato si occupa anche del bene pubblico. I cittadini hanno una coscienza civica molto sviluppata: è la città con i più alti tassi di associazionismo del mondo e spesso i servizi pubblici vengono garantiti attraverso l’opera di organizzazioni private. E’ un modello bottom up più moderno e funzionale rispetto a quello centralista imposto “dall’alto” dalle istituzioni di Bruxelles.
#9 Città simbolo di progresso
Codice Atlantico di Leonardo da Vinci
Anche se è una città che politicamente solo a tratti ha contato molto, a livello culturale è spesso stata al centro degli eventi. Francesco I e Carlo V, ai tempi padroni del mondo, hanno messo Milano come oggetto dei loro desideri, cercando di strapparsela di mano di continuo, ed arrivando a sfidarsi perfino a duello pur di ottenerla. E’ la città dell’Editto di Costantino, atto principe della tolleranza universale, la città rinascimentale che attirava geni come Leonardo e la città base in Italia per Napoleone e i principi della rivoluzione francese. E’ stata una capitale illuminista con gli Asburgo, la prima città in Europa a dotarsi di energia elettricae città simbolo del movimento di liberazione dal Fascismo nella Seconda Guerra Mondiale.
#10 Dall’Europa delle nazioni all’Europa delle città
ramblingsofmax – Alta velocità 2050 Europa
Ma forse la ragione più importante perché Milano dovrebbe essere la vera capitale d’Europa è nel suo messaggio implicito: Milano è città, prima che nazione. E come città ha saputo affermarsi nel mondo, non con l’aggressività del suo potere militare ma con l’intelligenza e la creatività. Proprio da qui dovrebbe ripartire l’Europa: dalle sue città, espressione della più alta cultura e magnificenza della storia dell’uomo.
Le metropolitane italiane stanno vivendo una stagione di rinnovamento, con l’introduzione di nuovi treni che combinano design all’avanguardia, efficienza energetica e comfort per i passeggeri.Da Milano a Catania, passando per Roma e Brescia, analizziamo i convogli più recenti che stanno trasformando il volto del trasporto metropolitano nel nostro Paese.
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I treni più innovativi nelle metro d’Italia
# Milano: i treni automatici M4 e i nuovi modelli Hitachi per M1 e M3 successori dei Leonardo
Ufficio stampa ATM - Nuovi treni M1
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Ufficio stampa ATM - Arrivo nuovo treno M1
Ufficio stampa ATM - Interno treno M1
Credits Ufficio Stampa ATM - Render nuovi treni 3
Nel dicembre 2024, il primo dei 21 nuovi treni destinati alla M1 della metropolitana di Milano è arrivato nel deposito di Precotto: sono i successori dei treni Leonardo in servizio sulle linee M1 e M2 di Milano. Prodotti da Hitachi Rail negli stabilimenti di Reggio Calabria, questi convogli sono composti da sei carrozze bidirezionali, capaci di trasportare fino a 1.200 passeggeri. Tra le caratteristiche principali: totale accessibilità, sistema di videosorveglianza con visualizzazione in tempo reale, marcia silenziosa, illuminazione a LED e impianti di climatizzazione. La livrea è nera alternata a profilo rossi, (non è dato sapere se è prevista la versione con combinazione opposta di colori) per identificare la linea servita. Ne sono previsti altri 35 con livrea gialla per la M3.
Webuild – Metro M4
Ci sono poi i treni della M4 di Milano, realizzati sempre da Hitachi Rail, completamente automatizzati e senza conducente. Composti da quattro casse intercomunicanti, offrono interni spaziosi, illuminazione LED e sistemi digitali informativi. La livrea blu richiama l’identità della linea, pensata per collegare rapidamente Linate al centro città.
A partire dal 2025, la metropolitana di Roma prevede l’introduzione di 30 nuovi treni Hitachi Rail destinati alle linee A, B e B1. I convogli sono analoghi ai nuovi modelli per la linea M1 e M3 di Milano, in quanto è la stessa linea prodotta da Hitachi. Realizzati con una struttura in alluminio, offrono una riduzione del consumo energetico del 10% rispetto ai modelli precedenti, grazie al peso ridotto del 5% e a una catena di trazione più efficiente. Dotati di 48 porte (24 per fiancata), raggiungono una velocità massima di 80 km/h e garantiscono un comfort acustico migliorato per i passeggeri. La livrea segue le linee guida della Corporate Identity di Roma Capitale e si caratterizza per una colorazione bianca con la fascia amaranto come sugli esistenti convogli CAF.
# Catania: i convogli di design firmati Pininfarina
ansfisa.gov.it – Nuovi treni metro Catania
Dal 2022, i nuovi treni CT0 della metropolitana di Catania hanno segnato un salto di qualità non solo tecnologico ma anche estetico. Progettati da Titagarh Firema e firmati nel design da Pininfarina, questi convogli binati da 40 metri coniugano funzionalità e stile italiano e hanno una capacità di 420 passeggeri, di cui 64 seduti. La livrea è dinamica e moderna: una fascia antracite corre lungo i finestrini, mentre le testate, slanciate e aerodinamiche, ospitano luci a LED che cambiano colore in base al senso di marcia, creando un effetto visivo distintivo nel panorama delle metropolitane italiane. Gli interni combinano razionalità e cura estetica: sedute ergonomiche, spazi per bici e disabili, illuminazione soffusa. La dotazione tecnologica include climatizzazione intelligente, videosorveglianza, monitor LCD e porte USB. Un treno compatto, ma con ambizioni metropolitane.
# Brescia: i treni driverless della metropolitana leggera simili a quelli della M5
mezzi_di_trasporto_channel IG – Metro Brescia
La metropolitana di Brescia, inaugurata nel 2013, utilizza treni AnsaldoBreda Serie 100, simili a quelli impiegati sulla M5 di Milano. Questi convogli a guida completamente automatica sono composti da tre casse articolate, per una lunghezza totale di 39 metri e una larghezza di 2,65 metri. Ogni treno può trasportare fino a 441 passeggeri, con 72 posti a sedere e due postazioni per disabili. Dotati di sei porte per fiancata, garantiscono un rapido flusso di passeggeri e un servizio efficiente, con intervalli tra i treni fino a 90 secondi nelle ore di punta. All’esterno i convogli presentano una livrea bianca e azzurra, richiamando i colori della città.Internamente, tonalità calde come il beige e l’arancio sfumano i contorni.
# Genova: arrivata la quarta generazione di Hitachi Rail
genovaquotidiana.com – Nuovi treni metro Genova
Nel marzo 2025, la metropolitana di Genova ha ricevuto il primo dei 14 nuovi treni di quarta generazione prodotti da Hitachi Rail nello stabilimento di Pistoia. Questi convogli, lunghi 39 metri e composti da quattro semicasse, possono trasportare fino a 290 passeggeri e sono progettati per viaggiare in composizione doppia, raggiungendo una capacità di 580 passeggeri. Dotati di sistemi avanzati di protezione automatica della marcia, videosorveglianza, aria condizionata e display informativi, i nuovi treni contribuiranno a ridurre l’età media del parco veicoli da 22,3 a 9,8 anni. Esternamente, si fanno notare per la livrea verde menta, che rompe con il design del passato.
# Torino: la novità Metropolis di Alstom
alstom.com – Nuovi treni Torino Metropolis
La metropolitana di Torino si prepara ad accogliere i nuovi treni Metropolis prodotti da Alstom, che dovrebbero entrare in servizio sulla linea 1 con l’attivazione del prolungamento Ovest “Collegno-Cascine Vica” a partire dal 2025. Questi convogli, caratterizzati da una livrea gialla e blu che richiama i colori della città, dispongono di una capacità totale di 320 passeggeri e sono dotati di carrozze intercomunicanti, illuminazione a LED, aree dedicate alle persone a mobilità ridotta, sistemi di videosorveglianza integrati e un tasso di riciclabilità del 96%.
# Napoli: i CAF Inneo per la linea 1 e i futuri Hitachi per la linea 6
hitachirail – Nuovi treni linea 6 Napoli
Napoli ha introdotto i treni CAF Inneo sulla linea 1 a partire dal 2022. Questi convogli, composti da sei carrozze comunicanti, offrono interni climatizzati, Wi-Fi, sistemi di riduzione del rumore, indicatori a LED, display e impianti di videosorveglianza. Possono trasportare fino a 1.250 persone, di cui 132 sedute, e sono accessibili a persone con disabilità.
Per la linea 6, è previsto l’arrivo di 22 nuovi treni Hitachi Rail da 39 metri, con una capacità di 290 passeggeri ciascuno e un design compatto e moderno con una livrea bianco-verde. L’entrata in servizio dei primi sei convogli è programmata a partire dal 2026, sostituendo progressivamente i vecchi treni LTR90 attualmente in uso.
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Accanto e in sinergia al nuovo campus del Politenico alla Goccia, si prepara a una profonda rigenerazione anche l’area attorno al nodo ferroviario della Bovisa. Scopriamo come diventerà e il punto sul progetto.
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La MoLeCoLa che trasformerà la Bovisa: stazione, cittadella, assi e nuove piazze
# Le 4 chiavi del progetto di trasformazione del nodo Bovisa: Mobility, Learning, Community, Lab
Molecola -In giallo l’intervento
Anche il nodo Bovisa si prepara a rinascere. Stiamo parlando di MoLeCoLa, acronimo di Mobility, Learning, Community, Lab, vincitore della seconda edizione di Reinventing Cities, il bando internazionale indetto dal Comune insieme a C40. Sono diversi i soggetti coinvolti: Hines, Park Associati, Habitech, ESA Engineering, Bollinger+Grohmann, Mobility in Chain, Greencure, Irs, Schneider Electric, A2A calore e servizi, Woodbeton e Ammlex, si inserisce nel più ampio contesto di rigenerazione della Bovisa. Il progetto punta a creare un nuovo distretto urbano interconnesso, su un’area di oltre 90mila mq trainato dall’ampliamento del Politecnico di Milano e dalla trasformazione della stazione Bovisa.
#1 La stazione Bovisa al centro della trasformazione: primi lavori avviati a marzo 2025
Molecola rendering
La stazione Bovisa è il cuore pulsante del nuovo distretto. Il progetto prevede 6 nuovi binari, 4 per la circolazione e 2 di attestamento, per superare le 750 corse quotidiane attuali e un investimento di 110 milioni di euro. A questo si affianca un grande intervento di riqualificazione per trasformarla in un hub multimodale. Il potenziamento della stazione migliorerà l’interscambio tra mobilità su ferro, trasporto pubblico locale, tram, percorsi ciclabili e mezzi in sharing.
Credits elena_castellani_cast IG – Stazione Bovisa
I lavori propedeutici all’intervento sono già in corso da marzo 2025 e includono il prolungamento tranviario, per realizzare la metrotranvia interquartiere nord, e ciclabile tra via Bovisasca e Villapizzone FS. Sono attivi cantieri per i sottoservizi e gli scavi che preparano la realizzazione della futura piazza della stazione, snodo nevralgico del quartiere. Inoltre, grazie a questi collegamenti si andranno a ricucire le aree est e ovest della stazione, attualmente separate dai binari.
#2 La cittadella degli studenti con edifici smontabili, due studentati, servizi per gli universitari e aree verdi
Credits Comune di Milano – Bovisa 3
Per favorire l’insediamento di una comunità giovane e internazionale, il progetto prevede due studentati, nuovi alloggi e servizi integrati. Si prevedono edifici in legno, smontabili, a basso impatto ambientale e con soluzioni di risparmio energetico (teleriscaldamento, pannelli fotovoltaici, tetti verdi), disposti a corte e collegati da ampie aree verdi. Nei piani terra coworking, negozi di vicinato e attività polivalenti.
Un elemento chiave è la sinergia con il progetto “Bovisa-Goccia”: nell’ottobre 2024 è stato avviato ufficialmente il cantiere con la posa del primo albero. L’intervento firmato da Renzo Piano porterà alla riconversione dei gasometri e alla nascita del nuovo campus del Politecnico, rafforzando il polo universitario e creando un contesto perfetto per la cittadella studentesca di MoLeCoLa.
#3 Due percorsi ciclopedonali, tre nuovi collegamenti e un boulevard verde, in fase avanzata di progettazione
Credits Comune di Milano – Bovisa 2
Per rendere la Bovisa un quartiere a misura di persona, sono previsti percorsi ciclopedonali tra le due principali aree in trasformazione: da via Andreoli a via Lambruschini e dalla nuova “Goccia” fino a via Bovisasca. Tre nuovi assi nord-sud attraverseranno l’area: uno carrabile su via Bovisasca, una promenade ciclopedonale e un sentiero verde lungo i binari.
Molecola – Filtro verde ferrovia Bovisa
Infine in fase avanzata è la progettazione del boulevard alberato che unirà le tre nuove piazze, oltre ad integrare la linea tramviaria e le piste ciclabili, facilitando l’accesso alla stazione e creando un nuovo asse di socialità pubblica. I lavori partiti nel 2025 su via Bovisasca segnano il primo passo concreto verso la realizzazione di questa rete per la mobilità dolce.
#4 Tre nuove piazze pubbliche per il quartiere: primi lotti pronti nel 2026
Credits Comune di Milano – Bovisa 4
Il progetto prevede la realizzazione di tre nuove piazze pubbliche, ognuna con una vocazione diversa. Piazza Alfieri diventerà uno spazio polifunzionale per eventi e mercati, grazie alla copertura in legno che consentirà l’utilizzo tutto l’anno. Il piazzale della stazione, attualmente in fase di predisposizione cantieristica, sarà il fulcro del nuovo sistema di mobilità e accoglierà tram, velostazione, parcheggi per mezzi in sharing e collegamenti ciclopedonali.
Molecola
Infine, la piazza su via Lambruschini sarà la nuova porta d’ingresso al campus del Politecnico e all’area Goccia. Le tre piazze saranno collegate dal boulevard verde e costituiranno il cuore pulsante delle attività sociali e urbane del quartiere. Entro il 2026 si punta a vedere completati almeno i primi lotti funzionali di questi spazi.
# Il nuovo Hq di Ferrovie Nord in Bovisa
Park Associati- FNM – Nuova sede FNM
Il progetto non si ferma qui. Nell’area è attesa anche la costruzione dl nuovo Hq di Ferrovie Nord. L’edificio, che occuperà una superficie di 37.000 mq, prevede di ospitare circa 700 dipendenti e di diventare uno degli spazi più innovativi e sostenibili della zona. Il design, firmato da Park Associati, punta a creare un ambiente di lavoro all’avanguardia, con un’attenzione particolare all’efficienza energetica e alla sostenibilità, in linea con gli obiettivi di trasformazione dell’intero distretto. Attualmente è in fase di progettazione esecutiva. La conclusione dei lavori è prevista per il 2026. Tutto il progetto MoLeCoLa dovrebbe essere completato entro il 2030.
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Il simbolo di Milano è un drago dalla forma di serpente che tiene in bocca un bambino. Forse il simbolo più horror del mondo, roba da film di Dario Argento. Ma da dove si origina?
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Perché il simbolo di Milano è un mostro?
Il simbolo deriva dallo stemma della famiglia dei Visconti. Ma per scoprire la sua origine dobbiamo fare qualche passo più indietro.
Il simbolo era già noto agli albori del Cristianesimo, come ipostasi del profeta Giona che visse nella balena.
Dal punto di vista araldico, il biscione risale al Sacro Romano Impero: in quel periodo è diventato lo stemma della famiglia Visconti. Anche gli Sforza, che succedettero ai Visconti ai quali erano imparentati, mantennero il biscione, che vollero simile a un drago, sui loro stemmi. Il simbolo rimase a rappresentare Milano durante la dominazione spagnola e ancora, all’epoca di Napoleone in Italia ed al successivo periodo del Regno Italico, come pure durante il periodo del Lombardo-Veneto.
Il biscione resta il simbolo (araldico) distintivo di Milano per circa mille anni, dal X al XIX secolo. Lo stesso Dante lo cita nella Divina Commedia, nel Canto VIII del Purgatorio, definendolo “la vipera che il Melanese accampa”, indicandolo come insegna del potere (anche militare) di Milano. Ma qual era questo mostro? E perchè un bambino tra le fauci?
# Il mostro e il bambino
Il biscione simboleggerebbe un rettile fantastico: il drago detto Taranto o Tarantasio, nato, come vuole una leggenda, dal corpo moribondo del malvagio signorotto Ezzelino da Romano e che sarebbe vissuto nel Lago Gerundo, uno specchio d’acqua ora scomparso che si trovava nel lodigiano, a Sud Est di Milano. Il drago del Gerundo sarebbe stato provvisto di un soffio pestilenziale ed avrebbe trovato la morte all’arma bianca per mano di un cavaliere appartenente al casato dei Visconti che salvò così il bambino, almeno secondo quanto la famiglia ha tramandato. Nel museo del chiostro della basilica di San Marco si trova un affresco del 1300 che raffigura l’uccisione di Tarantasio.
Le raffigurazioni artistiche del biscione a Milano sono molteplici. Particolarmente pregevoli sono quella che si trova come fregio in Stazione Centrale e quella che si trova su di un capitello della Basilica di Sant’Ambrogio.
# Il biscione, simbolo diffuso a Milano
Il binomio tra la Croce di San Giorgio e il biscione si ritrova nello stemma dell’Alfa Romeo. Il biscione è anche il simbolo di Canale 5, anche se l’umano in bocca al biscione stilizzato è sostituito da un fiore.
L’Inter, che aveva deciso di assumere il biscione tra i suoi simboli fin dalla sua fondazione, lo ha sottoposto a varie operazioni di restyling, sino ad eliminarlo dal suo logo alla fine degli anni ’90.