La beffa del Cavallo di Leonardo a Milano

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Cavallo di Leonardo a Milano
Cavallo di Leonardo a Milano

La più grande statua equestre del mondo, nascosta agli occhi dei milanesi e dei turisti in un anonimo cortile dell’Ippodromo.

C’era una volta un ex-pilota americano della Pennsylvania, idealista, amante dell’arte e ammiratore del Rinascimento. Il suo nome era Charles Dent. Nel 1977 lesse un articolo del National Geographic Magazine sul più grande progetto incompiuto di Leonardo da Vinci, un colossale cavallo in bronzo alto più di 7 metri, una sfida impossibile per le tecniche di fusione dell’epoca.
Le cronache narrano che Leonardo aveva costruito il gigantesco prototipo in argilla all’interno del cortile del Castello Sforzesco. Purtroppo, sul più bello i Francesi invasero il Ducato di Milano, Leonardo dovette abbandonare la città insieme a Ludovico il Moro e i balestrieri nemici, che occuparono il Castello Sforzesco, utilizzarono la spettacolare statua come bersaglio per le loro frecce, distruggendola.

Il nostro Charles Dent, affascinato dall’impresa impossibile, decise di realizzare in progetto e avviò una raccolta fondi, che dopo 15 anni raggiunse la somma di 2,5 milioni di dollari. Inoltre, cercò in diversi musei gli schizzi di Leonardo sul cavallo e creò un comitato scientifico di esperti leonardeschi, per completare le parti mancanti. Il suo obiettivo era quello di realizzare la statua e regalarla alla città di Milano, come segno di gratitudine per aver ospitato e fatto lavorare il genio del Rinascimento. Purtroppo, il generoso filantropo non fece in tempo a vedere l’opera compiuta, perché morì nel dicembre del 1994.

Ma per fortuna il progetto continuò con il contributo del proprietario di una grande catena di supermercati del Michigan, Frederik Meijer. Il nuovo benefattore donò i fondi necessari per terminare l’opera (tutta l’operazione costò alla fine più di 6 milioni di dollari), ma chiese alla scultrice newyorkese Nina Akamu (di origine Giapponese), di fare due statue, di cui una per il suo grande parco delle sculture a Grand Rapids.

Nel 1999, a 480 anni dalla morte di Leonardo, il colosso equestre in bronzo attraversò l’Oceano Atlantico e fu consegnato dalla “Leonardo da Vinci’s Horse Foundation” al Sindaco Albertini e al suo Assessore alla Cultura Salvatore Carrubba, che, con amara sorpresa degli Americani, lo collocarono in un anonimo cortile dell’Ippodromo, fuori dai percorsi turistici tipici della città e non menzionato nel marketing culturale.
Perché?

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Difficile comprendere le ragioni di un gesto così ingrato e irrispettoso verso la generosità degli americani, da parte dell’amministrazione di Milano. Nel 1883, quando i Francesi fecero dono di una statua a New York, per simboleggiare l’affinità valoriale tra Francia e Stati Uniti, gli Americani la collocarono al centro della Baia per salutare le navi dal vecchio mondo: è la Statua della Libertà.

Molte voci coraggiose hanno perorato negli anni la causa di spostare il Cavallo di Leonardo in un luogo più appropriato, anche per rispondere agli articoli indignati di alcuni giornalisti americani, che stigmatizzarono la scelta delle autorità milanesi. E hanno chiesto di spostare questo simbolo del genio leonardesco nel cortile del Castello, oppure in un parco o una grande piazza milanese, come di fronte alla Stazione Centrale, dove possa essere ammirato da tutti. Nonostante ciò, dopo ben 3 sindaci e 6 diversi assessori alla cultura, questo bellissimo simbolo leonardesco, una statua da guinness dei primati (7,20 metri di altezza, 3 piani di una casa) non si trova ancora in un posto che lo valorizzi.
Una curiosità: il gemello americano del cavallo di Leonardo, che nel Michigan chiamano “the Grand Horse”, ha attratto nel Parco delle sculture di Grand Rapids nel 2010 più di mezzo milione di visitatori. E allora una domanda sorge spontanea: quanto ha perduto la città di Milano, in termini di richiamo turistico ed evocazione della tradizione leonardesca, in questi 15 anni di ingiustificata sottrazione di bellezza?


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Ugo Poletti
Milanese, bocconiano, con una vita passata tra Roma, Pescara, Barcellona, è stato analista finanziario, export manager, lobbista parlamentare e ministeriale, Attaché agli affari economici per il Governo del Quebec in Italia; ex Vicepresidente del Gruppo Giovani di Assolombarda e coordinatore del progetto “Europa” dei Giovani Imprenditori di Confindustria, che presentò in audizione in Parlamento. Oggi vive a Milano e si occupa di relazioni istituzionali e di progetti di sviluppo internazionale. Appassionato di tango argentino e lindy hop, impegnato a far diventare Milano la New York d’Europa.

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