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La stazione dei treni più alta d’Europa

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Credits: @tonyrizk89 jungfraujoch

Un treno che arriva oltre i tremila metri di altezza, una stazione ferroviaria scolpita nella montagna. È questa la stazione più alta d’Europa, chiamata “Top of Europe”, ma qual è la sua storia e dove ti porta?

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La stazione dei treni più alta d’Europa

# Un treno a 3454 metri di altezza

Credits: @julienduvalphoto
jungfraujoch

Una vista magnifica, circondata dalla neve e dai ghiacciai 365 giorni l’anno, è questo quello che si vede dalla stazione di Jungrfraujoch, la stazione più alta d’Europa. Sembra assurdo che un treno possa arrivare fino in montagna, ma la linea ferroviaria in questione raggiunge addirittura i 3454 metri di altezza.

Per costruire la stazione di Jungfraujoch non è stata utilizzata nessuna tecnica ultra-moderna, almeno non di questo secolo, sì perché le rotaie e tutto il resto hanno iniziato ad essere posizionate, a quasi 3500 metri di altezza, già poco prima del 1900. Nel 1912, poi, la stazione ferroviaria fu inaugurata con una linea che percorreva 9,3 km.

# Una vista mozzafiato e tanto divertimento

Credits: @emilaine_titonelli
jungfraujoch

La stazione di Jungfraujoch si trova in Svizzera sul passo omonimo ed è al confine tra i cantoni di Berna e Vallese. Quando fu costruita l’obiettivo era collegare il passo al capolinea Kleine Scheidegg. Il treno per la maggior parte del suo percorso (circa l’80%) viaggia all’interno di tunnel, ma lo stesso passaggio all’interno della montagna è un’esperienza unica, proprio perché non si notano pareti ben levigate, ma piuttosto l’interno della montagna quasi intoccato. Per due fermate, poi, si può ammirare la parete nord dell’Eiger sui ghiacciai.

Credits: @vanhul
Jungfraujoch

Arrivati in cima lo spettacolo tipico dell’alta montagna è unico,  tanto che Jungfrau è stato proclamato patrimonio UNESCO. Grazie alle terrazze panoramiche Sphinx” e “Plateau” si può ammirare l’intera vista, ma la stazione di arrivo è anche una delle più moderne di sempre. Qui si può fare di tutto: una pausa pranzo con molte specialità montane, un po’ di shopping nei negozi all’interno, compreso andare in posta, visitare il Ghiacciaio dell’Aletsch, considerato il più lungo d’Europa, una camminata, bird whatching e un giro nel palazzo di ghiaccio.

Continua la lettura con: La STAZIONE FANTASMA: si scende dal treno e ci ritrova in MEZZO al NULLA

BEATRICE BARAZZETTI

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Sant’Ambrogio a Milano: 9 luoghi che lo resero protagonista della storia della città

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architetture
Basilica di Sant'Ambrogio, 379 - 1099

Sant’Ambrogio ha segnato per secoli la vita dei milanesi, e lo fa tutt’ora. Figura affascinante ed emblematica di quando Milano era una delle capitali dell’Impero romano, ha contribuito all’evoluzione di questa città non solo dal lato religioso ma anche da quello civile ed urbano.

Ambrogio aveva molto in comune coi milanesi di oggi: anche lui non era un “milanese doc”, essendo nato a Treviri, in Germania, ed era giunto in città per “motivi lavorativi” che lo portarono a diventare una sorta di “governatore” cittadino per conto dell’imperatore. A dire il vero, inizialmente, non voleva nemmeno diventare vescovo di Milano, era un avvocato e non un sacerdote, ma per amore di questa città e della sua popolazione scelse la vita religiosa e donó se stesso non solo a Cristo ma alla città stessa.

Oltre a riformare la chiesa milanese introducendo l’unicità del rito ambrosiano, la sua liturgia e i suoi canti, Ambrogio fu artefice di alcune tradizioni cittadine, come ad esempio il carnevale ambrosiano, e responsabile del volto urbano in parte attuale della nostra città.

Ma cos’è rimasto oggi della Mediolanum di Ambrogio? Quali sono i luoghi che lo hanno visto protagonista della storia cittadina?

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Sant’Ambrogio a Milano: 9 luoghi che lo resero protagonista della storia della città

#1 Piazza del Duomo: la protesta di Ambrogio contro Giustina

Proprio dove oggi sorge il duomo, nel IV secolo avremmo visto l’imponente complesso episcopale del vescovo Ambrogio: un insieme di edifici religiosi, tra cui due basiliche ed un battistero, il palazzo episcopale, edifici amministrativi e residenziali, giardini e locali adibiti all’ospitalità per poveri e viandanti.

Un complesso monumentale di cui oggi restano solo poche testimonianze nell’area archeologica del Duomo, sotto il quale è possibile vedere i resti della basilica di Santa Tecla e il battistero di San Giovanni alle fonti, fatto edificare da Ambrogio, dove, nella pasqua del 387, il vescovo battezzò Sant’Agostino.

Fu in questo grande complesso che Ambroes, per contrastare i voleri dell’imperatrice Giustina di donare Santa Tecla ai seguaci della fede ariana, la occupó assieme ai suoi fedeli.

#2 Palazzo Imperiale: quando era Governatore

Il complesso episcopale era secondo per dimensioni solo al Palazzo Imperiale, talmente grande da occupare l’area di un intero quartiere: si estendeva sull’attuale corso Magenta, via Santa Maria alla porta, piazza San Sepolcro e via Torino. Il palazzo comprendeva, oltre alla residenza dell’imperatore e della sua corte, giardini, terme private e l’accesso diretto al circo per assistere alla corsa delle bighe.

Ambrogio si recò spesso in questo palazzo per conferire con la corte imperiale e probabilmente ci visse durante il suo governatorato dal 370 al 374, anno in cui venne eletto vescovo.

#3 Basilica di Sant’Ambrogio: la “sua” chiesa con la sua unica immagine

architetture
Basilica di Sant’Ambrogio, 379 – 1099

Divenuto vescovo, Ambrogio fece edificare quattro basiliche fuori dalle mura cittadine a protezione di Milano e dando inizio alla prima espansione del suo assetto urbano.

L’ attuale basilica sorgeva sul luogo di sepoltura di alcuni martiri cristiani, e venne così chiamata Basilica Martyrum per ospitarvi i corpi dei SS Gervasio e Protasio.

Nel 397, alla sua morte, Ambrogio venne qui sepolto e da allora la basilica porta il suo nome. Nel sacello di San Vittore in Ciel d’oro, all’epoca staccato dalla basilica, è possibile ammirare l’unica vera immagine del vescovo Ambrogio raffigurato in abiti civili secondo la moda romana.

#4 San Nazaro in Brolo e le colonne di Ambrogio

Basilica di San Nazaro in Brolo
Basilica di San Nazaro in Brolo

Eretta fuori dalle mura, sulla strada per Roma, San Nazaro venne fondata da Ambrogio per ospitarvi le reliquie dei SS. Apostoli e quindi venne chiamata Basilica Apostolorum.

L’ imperatore Graziano, seguendo la volontà di Ambrogio, fece edificare a lato della chiesa una lunga via porticata, di cui oggi si possono notare alcune colonne superstiti dietro l’edificio. Qualche anno più tardi, nel 386, il corpo di San Nazaro venne accolto nell’edificio per volere di Ambrogio dando il nome attuale alla basilica.

#5 San Simpliciano: la terza chiesa ambrosiana sulla strada per Como

Terza chiesa ambrosiana, la Basilica Virginum venne edificata sui resti di un cimitero pagano sulla strada che collegava Milano a Como e ai passi alpini, dedicandola a Maria e alle vergini. Sarà il successore di Ambrogio, l’anziano Simpliciano a valorizzarla ulteriormente tanto da volervici essere sepolto.

#6 Parco Indro Montanelli e resti della Basilica di San Dionigi

L’ ultima delle quatto basiliche fondate da Ambrogio fuori dalle mure cittadine è la chiesa di San Dionigi, anticamente chiamata basilica dei profeti, di cui oggi rimangono solo i resti archeologici all’interno del parco Indro Montanelli.

La chiesa sorgeva nell’attuale porta Venezia e fu un edificio molto importante nella storia di Milano, soprattutto in epoca comunale. Demolita dagli austriaci nel 1787 per far posto al giardini pubblici e all’espansione dei bastioni. Oggi di questo luogo ambrosiano resta ben poco.

#7 San Vittore al Corpo: dove Ambrogio sbarrò il passo all’imperatore

San Vittore al Corpo

Qui sorgeva il mausoleo imperiale, un complesso recintato con giardini e vari edifici tra i quali spiccava la cappella imperiale vera e propria. Secondo la tradizione qui sorgeva la celebre basilica portiana al cui ingresso, nel 390, il vescovo Ambrogio sbarrò il passo all’imperatore Teodosio, reo di aver fatto massacrare la popolazione di Tessalonica.

#8 Museo Diocesano: il catafalco di Ambrogio

Credits: crosicorsari.it – Museo Diocesano

Qui è possibile vedere alcuni degli oggetti appartenuti ad Ambrogio, tra cui il catafalco su cui venne adagiato il santo

#9 Cascina e chiesa di Sant’Ambrogio (Brugherio): la casa di campagna donata alla sorella

Poco fuori Milano, dove oggi sorge questa cascina, si estendeva la domus di Ambrogio, ossia la sua casa di campagna. Divenuto vescovo donó la tenuta alla sorella Marcellina e ad un gruppo di vergini che qui si ritirarono in preghiera.

Lo stesso Ambrogio venne più volte in questo luogo a pregare e meditare, tanto da decidere di fare dono alla sorella di una parte delle reliquie dei re Magi, le uniche ancora presenti in territorio milanese dopo la trafugazione operata in Sant’Eustorgio dal Barbarossa nel 1162.

Continua la Lettura con: I 3 rischi a pagare contactless sui mezzi pubblici di Milano

MATTIA GALBIATI

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La Casa dei Grifi, la corte rinascimentale «segreta» di Milano

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Ph. @cri_0270 IG

Tra le corti più antiche e meglio conservate della città c’è quella della Casa dei Grifi. Un’opera d’arte a cielo aperto, ma dov’è? Solo in pochi lo sanno. 

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La Casa dei Grifi, la corte rinascimentale «segreta» di Milano

# Il cortile nascosto in una traversa di via Torino

Credits: @caroline_of_milan
Casa dei Grifi

Imboccando una traversa di via Torino, ci si imbatte in un portone che, a primo impatto, sembra un ingresso di un palazzo come gli altri. In realtà nasconde il cortile rinascimentale forse più bello di Milano. Stiamo parlando di via Valpetrosa, quella via che ricalca quel che era il Vallum Pretorium in epoca romana, cioè la strada che correva accanto all’edificio pretorile. E proprio al numero civico 5 c’è la casa con uno dei cortili più antichi della città, la Casa dei Grifi.

# Dimora del Rinascimento perfettamente conservata

Credits: @riccardo_salafrica
Casa dei Grifi

La famiglia Grifi, anche detta Griffi o Grifo, fu una famiglia milanese legata alla potentissima casata Sforza. Erano mercanti e intellettuali che nel XV e XVI secolo erano conosciuti da gran parte dei milanesi. È proprio la loro dimora, ancora perfettamente conservata, a nascondere uno dei cortili rinascimentali più belli della città. Il portico bramantesco, gli archi in cotto, le colonne in granito con i loro capitelli compositi e le decorazioni con lo stemma della casata (un grifo rampante) rendono il cortile un vero e proprio tesoro.

# Un mix di architettura del Quattrocento e dell’Ottocento

Credits: @riccardo_salafrica
Casa dei Grifi

La costruzione di Casa dei Grifi iniziò a fine Quattrocento per poi terminare nel secolo dopo. Seppure mantenga il suo splendore rinascimentale, l’edificio è infatti di una grande qualità architettonica, nei secoli la dimora è stata inglobata da strutture successive. Nell’Ottocento la casa fu leggermente modificata, il fronte dell’edificio risale infatti a quest’epoca, e se si è nel cortile si noterà che al piano superiore del porticato ci sono due balconcini con ringhiera in ferro battuto, tipici del Settecento milanese. Nell’Ottocento inoltre Casa Grifi fu sede dell’Albergo Gran Parigi, capolinea della diligenza per Pavia.

Credits: @milanoperme
Casa dei Grif

Osservando la dimora si percepisce ancora quella storicità che la caratterizza, in un mix di architettura del Quattrocento e dell’Ottocento. Oggi Casa Grifi è un edificio residenziale di proprietà privata: entrare quindi in uno dei cortili più antichi della città non è particolarmente semplice, ma, se si ha la fortuna di trovare il portone aperto, si può provare a sbirciare al suo interno.

 

Continua la lettura con: MILANO ROMANA: 13 cose dell’antica Roma rimaste a Milano (MAPPA)

BEATRICE BARAZZETTI

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La metropoli che sprofonda: 2 metri negli ultimi 4 anni

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Credits: meteoweb.eu Città del Messico

Avremo una nuova Atlantide? Si spera di no, ma osservando quanto sta succedendo negli ultimi anni il fenomeno inizia a preoccupare. Una città popolata da quasi 9 milioni di persone e che copre un’area metropolitana di oltre 20 milioni di abitanti sta affondando.

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La metropoli che sprofonda: 2 metri negli ultimi 4 anni

Si tratta di una delle città più popolose d’America, Città del Messico, che negli ultimi 4 anni ha visto il terreno su cui è costruita cedere e abbassarsi di circa 2 metri.

# Il suolo si abbassa di 50 centimetri all’anno

Credits: meteoweb.eu
Città del Messico

Il fenomeno che sta portando Città del Messico ad affondare si chiama subsidenza: un processo geologico che causa un progressivo e graduale cedimento del terreno. Solitamente i motivi principali di questo abbassamento sono eventi naturali come i terremoti o attività umane come l’estrazione idrica e mineraria; tuttavia, ciò che stupisce è che il terreno su cui è costruita Città del Messico sta sprofondando alla velocità della luce. Circa 50 centimetri all’anno e non ci sono segni di miglioramento.

Ma perché proprio Città del Messico sta affondando? La metropoli è stata costruita su quello che un tempo era il lago salato Texcoco, su un terreno argilloso. Questo ha fatto sì che pian piano il terreno si aggregasse e compattasse, danneggiando case, palazzi e infrastrutture e alla fine portandole ad affondare.

# Una notizia preoccupante: il cedimento del suolo colpirà il 19% della popolazione mondiale

Credits: urbesmagazine.it
Le città affondano

Recentemente, un gruppo di ricercatori ha studiato il fenomeno della subsidenza su scala mondiale e si è scoperto che, entro il 2040, circa 1,2 miliardi di persone, che rappresentano il 21% del PIL globale, assisteranno al cedimento del terreno nelle loro città. Si stima che l’Asia sarà il continente più a rischio, perché potrebbe vedere una grande fetta di suolo abbassarsi, andando a colpire l’86% della popolazione. Inoltre, anche qui il problema sarà la velocità con cui cederà il terreno: fino a 28 centimetri l’anno.

# Anche l’Italia è a rischio?

Per quanto riguarda in Italia, invece, non sembrerebbe si possa assistere a cedimenti così drastici, o almeno non immediati, dato che il livello di subsidenza non è mai alto ad eccezione di zone piccole e marginali. 

Continua la lettura con: L’ “Atlantide del lago”: il BORGO SOMMERSO riemergerà dall’acqua dopo quasi trent’anni

BEATRICE BARAZZETTI

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Le trombe più famose di Milano: questo è il loro significato

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Trombe di Alberto Garutti
Credits: albertogarutti.it

Piazza Gae Aulenti è stata progettata dall’architetto argentino Cesar Pelli come nuova porta d’accesso a Milano. Inaugurata l’8 dicembre 2012, ha ricevuto il Landscape Institute Award 2016 per la categoria design for a medium-scale development. La piazza è composta di molti elementi che la rendono unica. Andiamo a scoprirne uno dei più iconici. Di cui non tutti sanno il significato.

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Le trombe più famose di Milano: questo è il loro significato

# Là dove c’erano le Varesine

luna park delle varesine
luna park delle varesine

L’area oggi occupata dal centro direzionale di Porta Nuova deve il suo sviluppo passato alla storia ferroviaria di Milano. Nell’area tra Piazza Repubblica e l’attuale Stazione di Porta Garibaldi, tra l’800 ed il ‘900 si sono susseguite diverse stazioni ferroviarie, sostituite di volta in volta a seguito del continuo aumento di traffico che coinvolgeva Milano.

Dal 1963 l’area oggi occupata dal centro direzionale di Porta Nuova era utilizzata da circhi itineranti e dalle giostre del Luna Park Varesine che accompagnarono la vita di molte famiglie milanesi fino al 1998.
L’area rimase in stato di abbandono e degrado per diverso tempo, fino a quando nel 2004 l’Amministrazione Comunale approvò un piano di riqualificazione chiamato Progetto Porta Nuova.

Leggi anche: La metamorfosi delle “VARESINE”: dalla stazione ai grattacieli, passando per il luna park

# La nuova Porta Nuova: Piazza Gae Aulenti e la BAM

grattacieli di porta nuova - hines
grattacieli di porta nuova – hines

L’intero complesso è l’espressione di una nuova visione della città di Milano incentrata su concetti di sostenibilità urbana, infrastrutturale e ambientale con ampi spazi pedonali da vivere. In particolare Piazza Gae Aulenti incarna questo spirito ospitando numerosi elementi fortemente caratteristici ed unici.
All’interno della piazza si possono infatti trovare fontane, giochi d’acqua, panchine, bar, libreria, collegate al parco denominato “Biblioteca degli Alberi” permettendo diverse attività tra shopping e relax, da passeggiate a percorsi in bicicletta, dal caffè all’aperitivo. Ma forse più di tutti a colpire i visitatori sono le celebri trombe. 

Leggi anche: I GRATTACIELI RESIDENZIALI più ALTI d’Italia: Milano al TOP ma QUANTO COSTA viverci?

# Le trombe di Piazza Gae Aulenti

Trombe di Alberto Garutti
Credits: albertogarutti.it

Sia per i turisti che visitano la piazza per la prima volta, sia per i milanesi che la vivono quotidianamente, diventa impossibile resistere al richiamo di una delle strutture più curiose della piazza: le trombe.

Si tratta di un’installazione formata da 23 tubi in ottone cromato inseriti all’interno di un pozzo vuoto che consente all’aria di circolare tra il parcheggio e lo spazio aperto della piazza. Le estremità dei tubi hanno la forma della proboscide di un elefante e, appoggiando l’orecchio su queste aperture, è possibile ascoltare i suoni e le parole provenienti dall’altro capo dello stesso senza tuttavia conoscere chi o cosa vi sia in quel momento.

Leggi anche: l luoghi FISICAMENTE più CURIOSI di Milano

# Un’opera d’arte che prende vita dai visitatori: simbolo di una città da vivere e sentire

Trombe Gae Aulenti
Credits: albertogarutti.it

I tubi costituiscono una vera e propria opera d’arte, denominata “Egg” e realizzata da Alberto Garutti, artista e docente universitario che basa il proprio lavoro sul concetto che un’opera può vivere e funzionare nella città solo se è “sentita”, vissuta e colta dai suoi abitanti.

Sono proprio i visitatori che con le proprie orecchie e voci mischiate ai rumori della città vanno a dare vita a quello che diventa uno strumento musicale sempre differente, mantenendo nel tempo inalterata la curiosità di appoggiarvi l’orecchio in attesa di comprendere l’origine del suono.

Parallelamente quest’opera ha il merito di dare vita ad un luogo che sarebbe stato vuoto, fornendo una funzione decorativa e interattiva ben riassunta dalla frase presente ai piedi dell’installazione: “quest’ opera è dedicata a chi, passando di qui, penserà alle voci e ai suoni della città”.

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ALESSANDRO VIDALI

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Osvaldo Cavandoli, il disegnatore della “Linea” più famosa del mondo

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Cavandoli

Quando a Milano si sente parlare della “Linea”, si pensa subito alla metropolitana, caratterizzata dai suoi cinque colori e dalle sue centoventuno stazioni. Negli anni settanta e nei primi ottanta, se parlavi de “La Linea”, in tanti sorridevano, perchè vagheggiavano il simpatico personaggio del cartone animato creato da Osvaldo Cavandoli.

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Osvaldo Cavandoli, il disegnatore della “Linea” più famosa del mondo

# Fu disegnatore per l’Alfa Romeo, ma il successo arrivo con il Carosello

Di ignoto – Radiocorriere, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=5642026 – Carosello

La Linea è milanese, qualcuno giura che sia nata nel 1969, nello studio dello stesso Cavandoli, animatore, regista e fumettista nato nel 1920 a Toscolano Maderno, un comune che si appoggia sulla sponda bresciana del lago di Garda. L’artista morirà nel 2007. Ancora bambino, si trasferisce a Milano con i genitori e ancora adolescente viene assunto all’Alfa Romeo come disegnatore. Finita l’esperienza con la fabbrica di automobili, passa ad un’azienda di Costruzioni Elettro Meccaniche di Saronno. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Cavandoli entra nella squadra di Giovanni Pagotto (in arte Nino Pagot), autentico pioniere dell’animazione italiana, che ha lo studio in Corso di Porta Romana. Con un carico di creatività ed esprienza, ecco che il disegnatore bresciano si dedica alla pubblicità, quella di Carosello, quando ancora i consigli per gli acquisti si chiamavano “rèclame”

# L’invenzione della “Linea”, il cartone animato stilizzato 

Di ThePassenger – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6488960 – Osvaldo Cavandoli

“Allora Carosello proponeva storie animate che anticipavano l’esplicito messaggio pubblicitario -dichiarò Cavandoli in un’intervista rilasciata circa vent’anni fa- i cartoni animati erano caratterizzati da storie con tanti personaggi, spesso caotici e chiassosi, io pensai di offrire al potenziale cliente della pubblicità una storia con una grafica semplice, essenziale”.

Osvaldo Cavandoli pensa prima ad un signore disegnato con una linea povera, che indossa un cappello stilizzato, esprimendosi con la mimica, senza le parole.

“Decisi poi di ridurre sempre di più i tratti, le ridondanze grafiche…così, riducendo e riducendo, ecco che è nata la Linea”.

# Il segno pubblicitario della Lagostina

Cavandoli

Il mercato pubblicitario rimase perplesso di fronte a quel personaggio, chi invece si innamorò della Linea fu l’Ingengner Lagostina, titolare dell’omonima società di pentole e posate che, nel 1970, chiede di farsi pubblicità in Rai con la Linea.

“Per l’animazione mi venne in mente Emile Cohl (animatore francese che visse a cavallo tra l’ ‘800 e il ‘900  ndr) – confidò Cavandoli- lui realizzava dei disegni animati, mettendo in bella mostra la mano dell’uomo che, a matita, dava vita ai personaggi”.

Poi c’era da capire se questo cartone andava fatto parlare oppure no. Il nostro artista decide di proporlo con un linguaggio goffo e incomprensibile, un vero e proprio gramelot, con cui spesso chiede e litiga con la mano che lo disegna.

E così, dopo essere nata, la Linea si forma e si trasforma ma, in quanto a carattere, rimane sempre la stessa: pasticciona, acida, borbottona, che si complica la vita e, un po’ come Willy il Coyote, perde sempre.  

Per il doppiaggio viene chiamato un altro milanese, Carletto Bonomi, che seppe far diventare la voce di questo essenziale quanto scalognato personaggio, qualcosa di indelebile nella memoria di un pubblico che vide nella Linea la dimostrazione di come dalle cose più semplici può nascere un grande successo.

# La chiusura del Carosello e gli sketch animati della Linea distribuiti nel mondo

Nel 1977 Carosello chiude i battenti per lasciare spazio alle pubblicità più moderne: Cavandoli acquisisce tutti gli sketch animati della Linea, li ripulisce dai trenta secondi di pubblicità esplicita e crea diversi film animati, che distribuisce in ben trenta paesi del mondo.

La Linea, nell’immaginario collettivo, rappresenta la plastica descrizione di quella filosofia secondo la quale dalle cose semplici ed essenziali molte volte nasce il divertimento e il successo.

FABIO BUFFA 

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DIDI PEREGO, la Sofia del film italiano candidato all’Oscar

MARCO MIGNANI, l’autore della pubblicità diventata FILOSOFIA di VITA a Milano

AMBROGIO FOGAR, l’ “Ulisse” di Milano

MARIA PIA ARCANGELI, “quella che canta le canzoni milanesi”

LUIGI MARANGONI, l’ultima vittima delle Brigate Rosse a Milano

SANDRA RAVEL, l’attrice-soubrette madre di Maurizio Gucci

PIPPO STARNAZZA, il jazzista che “milanesizzava” l’inglese

PAOLO GIORZA, il papà della “bella Gigogin”

I BALORDI, i precursori della “canzone demenziale”

D’ANZI, il papà della “bela Madunina”

GASPARE, ZUZZURRO e la brioche più celebre della TV

LUISELLA VISCONTI, la voce più bella del CINEMA

ANNA CARENA, la signora Marta in “Miracolo a Milano”

GAETANO SBODIO: il guerrigliero del dialetto

DINO RISI, uno dei grandi della commedia italiana

CINI BOERI, l’architettura come impegno sociale

TONY DE VITA, il re delle sigle televisive

LUCIA BOSÈ, la “tosa de Milàn”

JOHNNY DORELLI, una vita al massimo

EZIO BARBIERI, il Robin Hood di Isola

RENZO PALMER, la voce milanese dei grandi divi di Hollywood

MONTICELLI e MARCHESI, i due grandi “cantori evirati” della storia milanese

MARIA GAETANA AGNESI, la “donna più intelligente del Settecento”

GIUSEPPINA PIZZIGONI, la fondatrice della SCUOLA RINNOVATA

PIERO MAZZARELLA, personaggio simbolo di una Milano che non c’è più

LUCIANO BERETTA: “il POETA del CLAN CELENTANO”

ANTONIA POZZI: la POETESSA negli ABISSI dell’ANIMO UMANO

Elio FIORUCCI: the place to be nel cuore di MILANO

AGOSTINA BELLI, la “bella tosa” del cinema italiano

Enrico BERUSCHI…e allooora???

GIANRICO TEDESCHI, l’attore milanese “che parla, comunica e ti INCANTA”

Fabio CONCATO: il lato romantico e “bestiale” della musica milanese

Dina GALLI, l’eccentrica monella: la prima attrice COMICA italiana

Gino LANDI, il mago delle COREOGRAFIE della TELEVISIONE ITALIANA

Adolfo WILDT, l’artista “eccessivo e inquieto”, alieno di avanguardie e conformismo

Domenico BARBAJA: l’inventore della tipica BEVANDA milanese

Quando a Milano c’erano i BEATLES

UGO BOLOGNA, il grande BAUSCIA del cinema e del teatro italiano

ENRICO RUGGERI: contro corrente da sempre

FRANCA VALERI: la signorina snob dello spettacolo

Nuto NAVARRINI: il grande attore milanese ormai dimenticato

Liliana FELDMANN: la VOCE di Milano

VALENTINA CORTESE: la stella milanese di Hollywood

 ERMINIO SPALLA, il PUGILE ARTISTA adottato da Milano

EDOARDO FERRAVILLA: uno degli ATTORI del teatro DIALETTALE più importanti di sempre

MARIA MONTI, la prima “CANTAUTRICE” della storia

ENZO JANNACCI, il cardiologo chansonnier

LIÙ BOSISIO, l’artista milanese con viso e voce più CELEBRI del nome

Quando, a Milano, VISCONTI girava “ROCCO E I SUOI FRATELLI”

MARCELLO MARCHESI, un ciclone di ironia

NANNI SVAMPA, l’ironico artista della canzone milanese

ADRIANO CELENTANO, il “molleggiato” nato a due passi dalla CENTRALE

GINO BRAMIERI, il RE delle BARZELLETTE

CLAUDIO ABBADO, il GENIO eternamente insoddisfatto

Quelli di VIA OSOPPO: la STANGATA di Milano

GIORGIO GABER, l’inventore del TEATRO CANZONE

ADRIANA ASTI, l’artista ribelle amata dai grandi del cinema e del teatro

GIANLUIGI BONELLI, il creatore di TEX WILLER, sempre in lotta contro il POTERE

LUISA AMMAN: un’OPERA d’ARTE di Milano

LUCIANO LUTRING: il bandito più popolare di Milano

BRUNO ARENA, il fico di Milano

Sandra MONDAINI: uno dei punti fermi della televisione italiana

TINO SCOTTI, il milanese del “Ghe pensi mi”

ORNELLA VANONI, Milano e Settembre

MARIANGELA MELATO, da “ranocchietta” a mito del cinema

MARTA ABBA: la musa di Pirandello

Quelle DIABOLIKE sorelle GIUSSANI

GIANNI MAGNI: il re del cabaret milanese

COCHI e RENATO: una coppia diventata il MARCHIO del CABARET

Giorgio AMBROSOLI: il RIVOLUZIONARIO in GIACCA e CRAVATTA che sfidò anche lo Stato

Peppin MEAZZA: il più grande MITO MILANESE del calcio mondiale

FRANCO CERRI: quel genio che partì suonando nei cortili

I KRISMA: la coppia più PUNK della storia di Milano

LILIANA SEGRE, la testimonianza milanese dell’Olocausto

MARIA CALLAS, la Scala e BIKI, quel legame che ha fatto la storia dell’arte

WALTER VALDI, cintura nera di dialetto milanese

LORENZO BANDINI, lo sfortunato campione adottato da Milano

ALEX BARONI, il “chimico” prodigio della musica

MICHELE ALBORETO, il “pilota gentiluomo”

BEPPE VIOLA: il geniale raccontatore del calcio

Storia di una GRANDE DONNA di Milano: ALDA MERINI

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I 3 rischi a pagare contactless sui mezzi pubblici di Milano

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Il Sistema Tariffario Integrato del Bacino di Mobilità Milano e Monza Brianza (STIBM) è entrato in vigore nel 2019 in sostituzione del precedente sistema SITAM, offrendo un’integrazione tra i diversi mezzi di trasporto molto maggiore. Nei Comuni della Città Metropolitana di Milano, in quelli di Monza Brianza e altri di Lodi e Pavia, si viaggia con un unico biglietto su tutti i mezzi: bus, tram, metro e treni. Ma se si paga contatcless con carta o app di pagamento le cose cambiano e le conseguenze possono essere inaspettate. Sono tre i rischi che si possono correre. 

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I 3 rischi a pagare contactless sui mezzi pubblici di Milano

# La rivoluzione dello STIBM, ma occhio a pagare con la carta

trenord.it – STIBM

Oggi con un unico biglietto o abbonamento, selezionando la giusta tariffa in base alle corone che si devono attraversare, si viaggia su bus, tram, metro e treni nei Comuni della Città Metropolitana di Milano, in quelli di Monza Brianza e altri di Lodi e Pavia. Non serve più quindi acquistare titoli di viaggio specifici per ogni compagnia di trasporto. Le cose però cambiano quando si paga contactless con carta o con app di pagamento. 

#1 Il titolo di viaggio contactless è valido solo sui mezzi di Atm: se controllati scatta la multa sui treni di Trenord e linee S

Tornelli passante

Il primo rischio si corre se si passa da un mezzo di ATM a uno di Trenord. Avendo pagato con carta di credito o bancomat contatcless sui totem dei mezzi di superficie o ai tornelli della metropolitana, si è passibili di multa in caso di controllo a bordo del treno, dato che il titolo di viaggio non è ritenuto valido dalla compagnia ferroviaria lombarda. Non è infatti possibile accedere ai tornelli con tale strumento di pagamento e, dato che spesso sono aperti o rotti, molti viaggiatori vanno direttamente in banchina convinti che sia tutto regolare. Tra le varie risposte nelle FAQ sul sito di ATM viene infatti specificato che le carte non sono accettate sui servizi di altri operatori, come i treni di Trenord o le linee S che attraversano il passante ferroviario.

Pertanto se si entra in metro con la carta occorre e si deve cambiare con una linea del passante, come a Porta Venezia, Repubblica, Garibaldi, Dateo, occorre uscire dalla metro e comprare un biglietto per il treno.

#2 Obbligo della doppia timbratura anche nei tornelli “fantasma” per evitare addebiti extra

Credits arimatea.artist IG – Tornelli Atm

Da anni a Milano è obbligatorio timbrare sia in entrata che in uscita ai tornelli della metropolitana. Se si usano i biglietti o gli abbonamenti non ci sono problemi: si può uscire anche senza timbrare o strisciare il titolo di viaggio. Passati i 90 minuti dalla prima timbratura non sono più validi. Se invece si accede alla metropolitana pagando con carta di credito non si può derogare a questo obbligo, anche quando i tornelli sono aperti o in quelli lasciati liberi: succede nelle stazioni dove lo spazio per le uscite è ridotto per evitare la formazione di code di persone in attesa oppure nel caso dei “tornelli fantasma” di raccordo tra metro e passante, ad esempio a Garibaldi, dove può capitare di uscire dalla metro senza obbligo di ritimbratura.

Il sistema infatti calcola la tariffa giusta solo se si passa la stessa carta ai tornelli sia in entrata che in uscita: in caso contrario addebita un costo extra, ossia la tariffa massima che si sarebbe dovuta pagare per raggiungere la stazione più lontana da quella di entrata. Un concetto simile a quello che accade in autostrada quando non viene rilevato il pagamento al casello. Se invece si timbra solo all’uscita, viene addebitato un costo totale di 5 euro, pari a 2,20 euro del biglietto più 2,80 euro di costo extra.

Leggi anche: RISCHIO CONTO SALATO per il CONTACTLESS nelle “Free Exit”: quanto costa dimenticarsi di passarlo all’uscita?

#3 Sui mezzi di superficie: si timbra o non si timbra anche all’uscita?

Credits Ufficio Stampa – Nuova convalidatrice contactless su bus 73

La confusione può aumentare se si tratta dei mezzi di superficie. Da quando sono stati introdotti i totem per pagare contatcless anche a bordo di bus, filobus e tram è venuta meno l’obbligatorietà di acquistare un biglietto prima di salire a bordo. Bisogna però prestare attenzione a come si utilizza il sistema. Saliti sul mezzo occorre passare la carta o il dispositivo sul lettore installato sulla palina e generalmente non serve farlo anche all’uscita, ma solo se si viaggia su una linea che resta interamente all’interno dei confini di Milano o della zona Mi3. Ci sono infatti delle linee che fanno eccezione: 121, 130, 140, 165, 166, 327. Queste linee collegano Milano con l’hinterland e, anche se ricadono nella zona Mi3, senza la timbratura in fase di discesa vengono addebitati costi extra compresi tra 0,40 e 1,30 euro. Quindi, nel dubbio, meglio ripassare la carta di credito prima di scendere anche dai mezzi di superficie. 

Continua la lettura con: Visita a Londra: cosa portare della loro metro a Milano?

FABIO MARCOMIN

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A Milano il palazzo di legno più alto d’Italia: 4 idee per rinnovare la città con questo materiale naturale

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A Milano sta sorgendo il palazzo di legno più alto d’Italia, il legno tornerà protagonista delle città del futuro? A Milano, forse, lo abbia sottovalutato. Ecco alcune idee per innovare la città attraverso il legno.

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A Milano il palazzo di legno più alto d’Italia: 4 idee per rinnovare la città con questo materiale naturale

Milano si conferma capitale dell’innovazione architettonica, questa volta con un progetto destinato a fare storia: Horizon, il palazzo di legno più alto d’Italia, sorgerà nell’area Mind (ex Expo), uno dei poli più dinamici e proiettati verso il futuro della città. Con i suoi 23.000 metri quadri dedicati a uffici, Horizon unirà estetica, funzionalità e sostenibilità, consolidando il ruolo di Milano come modello per le città europee del domani.

La particolarità di Horizon è la sua struttura ibrida, che combina legno e cemento. Non si tratta solo di un esperimento architettonico, ma di un approccio innovativo che punta a ridurre l’impatto ambientale delle costruzioni tradizionali, grazie all’uso di materiali rinnovabili e tecniche avanzate. Il legno, protagonista di questo progetto, ci invita però a una riflessione più ampia: come potrebbe essere integrato in modo diffuso e creativo nell’ecosistema urbano milanese?

Ecco quattro idee per immaginare una città dove il legno diventi un elemento essenziale, non solo negli edifici ma anche nelle strade, nei trasporti e nei simboli iconici.

#1 Pavimentazione urbana di legno: per godersi il paesaggio cittadino

Milano è una città in cui la pavimentazione urbana gioca un ruolo fondamentale nel definire l’identità delle sue zone. Dal ciottolato storico di Brera ai lastroni grigi di piazza Gae Aulenti, la scelta del materiale influisce sull’esperienza dei cittadini. E se alcune aree venissero ripensate con il legno?

Immaginate le vie pedonali di quartieri storici come Brera o i Navigli pavimentate in legno trattato, resistente alle intemperie e all’usura. Questo tipo di superficie, oltre a essere calda e accogliente, potrebbe rendere l’ambiente più piacevole sia dal punto di vista estetico che funzionale.

La pavimentazione in legno riflette una luce calda, trasformando l’atmosfera della città, soprattutto di sera. Non solo: il legno trattato per resistere alla pioggia e ai cambiamenti climatici potrebbe ridurre l’effetto isola di calore in estate, offrendo una soluzione ecologica e innovativa per mitigare le temperature urbane. Passeggiare in una Milano meno grigia e più “naturale” potrebbe diventare una nuova esperienza sensoriale per cittadini e turisti.

#2 Taxi di lusso: il legno come simbolo di eleganza

Il legno potrebbe ridefinire l’esperienza del trasporto privato a Milano, trasformando il viaggio in un’occasione per immergersi in un’atmosfera di lusso e artigianalità. Immaginate una flotta di taxi di lusso, progettata per attrarre un pubblico turistico e per i residenti che desiderano un’esperienza esclusiva. Gli interni in legno lucido, ispirati alle automobili d’epoca ma arricchiti delle tecnologie moderne, offrirebbero un comfort sofisticato, che combina la bellezza del passato con l’innovazione contemporanea.

Questi veicoli potrebbero diventare un simbolo distintivo di Milano, al pari delle classiche gondole veneziane. Con il loro design elegante e la sensazione di calore offerta dal legno, i taxi di lusso arricchirebbero l’immagine della città, conferendo un tocco di esclusività che attira turisti e locali. Questa proposta non solo risponderebbe alla crescente domanda di esperienze di viaggio più personalizzate, ma potrebbe anche posizionare Milano come una capitale del design e della sostenibilità, in cui anche il trasporto è fonte di ispirazione estetica e culturale.

#3 La metro: un tuffo nella tradizione milanese

Anche il trasporto pubblico milanese potrebbe trarre vantaggio dall’uso del legno per diventare un’esperienza più accogliente e memorabile. Una linea di metro speciale, ispirata ai tram storici della città, potrebbe avere vagoni arredati con pavimenti in parquet e sedili in legno curvato, offrendo un tocco di eleganza e comfort a chi viaggia.

La presenza di piccoli salottini e spazi dedicati al relax potrebbe trasformare il viaggio quotidiano in un’esperienza piacevole e rilassante, oltre a migliorare il benessere dei passeggeri. Le stazioni di questa linea innovativa potrebbero essere arredate con pannelli e decorazioni in legno, creando un ambiente caldo e accogliente in contrasto con il metallo e il cemento delle strutture tradizionali.

#4 Un vero Bosco Verticale: alberi anche sugli altri edifici

Il Bosco Verticale è un’icona mondiale, ma il suo concetto potrebbe essere portato a un livello successivo. Oggi i suoi alberi e rampicanti sono distribuiti sui balconi degli edifici, creando un effetto di verde verticale. Ma cosa succederebbe se trasformassimo il Bosco Verticale in un vero bosco urbano sospeso?

Si potrebbero immaginare piazze aeree tra gli edifici, con alberi di medie dimensioni e spazi dove i residenti e i visitatori possono passeggiare o rilassarsi. Queste piazze, collegate tramite passerelle, offrirebbero un’esperienza unica al mondo: la possibilità di immergersi nella natura a decine di metri di altezza.

Gli alberi potrebbero essere coltivati con tecniche che ne limitano le radici, come accade per i bonsai, o installati in contenitori appositi con sistemi di irrigazione e drenaggio avanzati. Le radici, se lunghe, potrebbero scendere lungo i palazzi, nascoste tra i rampicanti. Questa soluzione non solo arricchirebbe l’estetica del Bosco Verticale, ma creerebbe veri spazi pubblici sospesi, offrendo una nuova prospettiva di socialità e relax.

Continua la lettura con: Parigi: le nuove costruzioni pubbliche saranno al 50% in legno (o in materiale biologico)

MATTEO RESPINTI

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Come i media annunciano il calo delle temperature a Milano

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L’arrivo del freddo a Milano non è mai banale. 

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Continua con: Hai voluto provare l’all you can eat più a buon mercato di Milano

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Le «Torri Gemelle» di Piazza Duomo… e gli altri progetti più incredibili mai realizzati in Italia

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Opere e infrastrutture che non hanno mai visto la luce, da nord a sud dell’Italia, ma che avrebbero potuto lasciare un segno indelebile. Vediamo quali sono.

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Le «Torri Gemelle» di Piazza Duomo… e gli altri progetti più incredibili mai realizzati in Italia

#1 Le «Torri Gemelle» di piazza del Duomo

Bordoni, Carminati, Caneva – Progetto per Piazza del Duomo, 1927

In epoca fascista a Milano il Carminati collabora con importanti studi di architettura e partecipa a numerosi lavori di riqualificazione del capoluogo, come quello mai realizzato insieme a Bordoni e Caneva. Si trattava di un’idea moderna e visionaria, ispirato alle metropoli americane, di un edificio culminato da due altissime e imponenti torri gemelle a chiudere piazza del Duomo. Al suo posto oggi si trova, ironia della sorte, il Palazzo Carminati che però nulla a che fare con l’architetto ma con un famoso ristorante sito al piano strada che ne portava lo stesso nome.

Leggi anche: Le 3 OPERE MEGALOMANI che si volevano realizzare nella Milano “fascistissima”

#2 Il campanile più alto della Madonnina con faro in cima e lo stile che richiamava il Duomo

milanoneisecoli.blogspot.com – Campanile con faro in piazza Duomo

Sempre in piazza del Duomo avrebbe potuto sorgere la “Torre delle memorie delle vittorie delle glorie”. Si tratta del progetto di un campanile più alto della Madonnina, con un faro sulla cima, presentato al pubblico nel 1927 e disegnato dal pittore Vico Viganò. Rispetto agli altri progetti immaginati, e mai realizzati, avrebbe ripreso lo stile della cattedrale e delle sue guglie.

#3 Kapital Rekord Building, il grattacielo di lusso sulle montagne dell’Alto Adige

outpump IG – Kapital Rekord Building

A Merano 2000 avrebbe potuto sorgere un grattacielo di lusso di 33 piani, come un giro di un vinile, subito sotto la montagna dove oggi si trova la stazione a monte di Piffinger Köpfl, ad Avelengo. Il Kapital Rekord Building, immaginato nel 1969, avrebbe dovuto ospitare sauna, piscina e appartamenti per le vacanze.

#4 La Torre della Pace a Genova con una statua della libertà sulla guglia

Torre della Pace – Genova

L’architetto genovese Renzo Picasso aveva ipotizzato per la sua città la Torre della Pace. Un edificio caratterizzato da una combinazione di elementi quasi in contrasto tra di loro, come volute, paraste, pinnacoli e una statua della libertà sulla guglia. Un simbolo per Genova, con un osservatorio, una stazione marittima per l’attracco per transatlantici, idrovolanti e nautica da diporto, e uffici di rappresentanza dei cittadini. 

#5 Il Ponte di Rialto del Palladio, famoso per le ville venete

Evenice – Ponte Rialto di Palladio dipinto dal Canaletto

Il Ponte di Rialto come lo si conosce oggi è stato progettato dall’ingegnere veneziano Antonio Da Ponte e pensato con un’unica arcata di sostegno in modo da permettere agevolmente il transito in Canal Grande. Tra i progetti scartati quelli di molti architetti dell’epoca tra cui Michelangelo e Palladio, che a Venezia è stato scelto per la basilica di San Giorgio e famoso per le sue ville. Entrambi gli elaborati proposti prevedevano la razionalizzazione dell’intera area di Rialto, con due fori commerciali alle teste del ponte, secondo criteri ispirati al mondo antico.

#6 L’«Eternale», il grattacielo più alto del mondo da costruire a Roma

Credits: archdaily.com
Il progetto fuori contesto

Mario Palanti, ambizioso architetto milanese, emigrato in America del Sud dove ha costruito gli edifici più alti di Montevideo e Buenos Aires, si è presentato a Mussolini con la proposta del grattacielo più alto del mondo. Da realizzare al centro di Roma «da qualche parte tra Palazzo Chigi e il Tevere», ricoperto di ettari ed ettari di marmo bianco di Carrara, avrebbe dovuto elevarsi fino a 330 metri per 70.000 mq di spazio. Per il nome era stato scelto Eternale, perché avrebbe dovuto «eternalizzare per secoli l’operato del governo fascista nella città eterna».

Leggi anche: L’«Eternale», il grattacielo più alto del mondo che si voleva costruire a Roma

#7 Il Ponte di Archimede, il tunnel galleggiante sommerso sotto lo Stretto di Messina

apef.unina.it – Ponte Archimede Stretto di Messina

Per collegare le sponde di Sicilia e Calabria si era ipotizzata la soluzione del “Ponte di Archimede”, un tunnel galleggiante sommerso sotto lo Stretto di Messina. Il progetto, a firma di Alan Barnett Grant nel 1970, prevedeva 3 tunnel in cemento armato ricoperti da lamiere di acciaio ed inglobati all’interno di una carenatura esterna di acciaio dalla forma idrodinamica. Sarebbe stato mantenuto in posizione tramite gruppi di due cavi di acciaio inclinati disposti lungo l’asse del tunnel.

Spunto: outpump

Continua la lettura con: Le INFRASTRUTTURE MAI REALIZZATE più incredibili del mondo

FABIO MARCOMIN

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Le 7 cose che danno più fastidio ai milanesi

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credit: Ivan Aleksic/Unsplash

A Milano vigono delle regole sociali implicite che se non vengono rispettate imbarazzano e spesso infastidiscono i cittadini. Ma quali sono le cose che bisogna assolutamente evitare? Ecco la top 7.

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Le 7 cose che danno più fastidio ai milanesi

#1 Chi guida piano, non parte subito al verde e… tiene il cappello in macchina

credit: novarasiamonoi.com

Regola numero uno a Milano: al semaforo appena scatta il verde si parte senza perdere tempo e non si intasa il traffico guidando lentamente, perché il milanese è sempre di fretta. E poi c’è il prototipo dell’imbranato alla guida: chi non toglie il cappello in macchina (probabilmente over 80). Pensa andare in giro con qualcuno che non parte subito al verde, guida piano e tiene su il cappello…

#2 Chi urla dal balcone per comunicare con qualcuno in strada

credit: laprovinciadisondrio.it

Immagina: dopo una lunga riunione di famiglia per confrontarsi sulla lista della spesa, decidi di avviarti verso il supermercato. Qualcuno in casa però si illumina, a scoppio ritardato, e si accorge di aver dimenticato proprio quella cosa lì, quella cosa importante. Allora esce sul balcone e urla “prendi anche le uovaaaaa”. Non ti sembra di aver già vissuto questa scena? PROBABILMENTE NO. Perché i milanesi non sopportano chi comunica dal balcone alla strada senza usare il citofono. Non siete il Papa.

#3 Chi non parla inglese, ma finge

credit: skuola.net

Oggi essere di Milano vuol dire essere internazionale e non parlare inglese non è accettabile. Ma il milanese tollera ancora meno chi l’inglese non lo sa, però finge e utilizza parole anglofone piuttosto casualmente, come si estraggono i numeri della tombola. Quando sai che qualcuno l’inglese lo parla come Renzi ma dice sempre call, pitch, smart, networking, asset… ma va a ciapà i rat.

#4 Chi ci mette troppo per rispondere a messaggi o mail

credit: businesspeople.it

La comunicazione tramite mail o messaggi per il milanese di oggi è fondamentale e deve essere efficiente oltre che efficace. Una variabile determinante è il tempo: non si può rispondere dopo una settimana. E’ un po’ come se chiedessi a qualcuno tra quanto passa il treno e lui ti rispondesse quando il treno è già partito. Rapidità.

#5 Chi salta i tornelli sulla metro

Credits gorgo_n_zola_shitposting IG – Salto del tornello

La metro è un classico luogo ricco di situazioni imbarazzanti. Il testa a testa è tra chi resta inchiodato a sinistra, sulla “corsia di sorpasso” delle scale mobili, e chi trasforma i tornelli nell’asta del salto in alto. Una cosa fastidiosissima. 

#6 Chi in una conversazione capisce cose semplici in tempi biblici

credit: it.freepik.com

A Milano non si usano troppo le metafore o i giri di parole, si cerca di andare dritti al punto sempre per la ricerca di efficienza. Le conversazioni tra milanesi non sono enigmatiche eppure c’è sempre qualcuno che anche per capire cose piuttosto semplici ci impiega tempi biblici. Dis’ciules.

#7 Chi tenta di superare le code

credit: dissapore.com

Tralasciando il periodo storico non particolarmente caratterizzato da code interminabili ovunque, si sa che bisogna muoversi con anticipo per non arrivare in ritardo a causa delle code. Eppure non tutti sembrano capire che il milanese è un orologio umano, calcola ogni minuto e anche i secondi se necessario, e provano a superare la coda. E non fraintendiamoci, il problema dei milanesi non è la cortesia. Il problema dei milanesi sono le tempistiche. A meno che tu non abbia ricevuto una chiamata da tua moglie che sta per partorire mentre tu sei in fila al supermercato, non azzardarti a superare il milanese.

Continua la lettura con: 10 parole inglesi entrate nello SLANG milanese

ROSITA GIULIANO (Aggiornato da Redazione)

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Lo «SkyWay», il tram-treno per andare a sciare sul Monte Bianco: il progetto

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aostasera.it - Tracciato Tram Aosta-Courmayeur

In corso lo studio di prefattibilità per valutare se questa affascinante linea su rotaia fino ai piedi del Monte Bianco potrà vedere la luce. Il tracciato, le fermate e la tipologia di tram ipotizzati.

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Lo «SkyWay», il tram-treno per andare a sciare sul Monte Bianco: il progetto

# Il tram-treno per andare a sciare sul Monte Bianco

Credits giulia_ottino IG – Vista dallo Skyway

Un progetto affascinante pensato per collegare Aosta con Courmayeur e le sue piste da sci e fornire un mezzo di trasporto pubblico alternativo alla linea di bus riutilizzando parzialmente il tracciato ferroviario dismesso dal 2015. La tratta comprenderebbe infatti l’ex ferrovia tempo Aosta-Prè-Saint Didier alla quale aggiungere un’altra tratta fino alla “Regina delle nevi”.

La redazione dello studio di prefattibilità, che segue quello del 2019 del raggruppamento TPS che aveva individuato il sistema tram-treno quale migliore soluzione, è stato affidato alle società Citec e Sertec. La Regione dovrebbe farsi carico dell’infrastruttura affidando ad un unico operatore esterno la gestione.

Leggi anche: 5 COSE da fare d’inverno a COURMA, la “regina delle nevi” per i milanesi

# Un tracciato di 16 stazioni con capolinea allo Skyway

aostasera.it – Tracciato Tram Aosta-Courmayeur

Il tracciato ipotizzato avrebbe 16 stazioni tra cui 5 nuove: Prè-Saint Didier, Pallesieux, Courmayeur centro e Courmayeur nord con capolinea allo Skyway, la suggestiva cabinovia che porta fino agli oltre 3.400 metri di Punta Helbronner. Per la tratta da Prè-Saint Didier al capolinea ai piedi della cabinovia sono state valutate soluzioni differenti e la scelta è ricaduta sulla “4 mista” che prevede la prosecuzione in parte in superficie e i parte tunnel. 

aostasera.it – Percorso Tram treno Aosta

La frequenza dovrebbe essere di un mezzo ogni 30 minuti e la durata del viaggio da un capolinea all’altro di circa 60. Nello studio del 2019 è stata stimata una domanda di circa 450 persone all’ora nel periodo di direzione di massimo carico. Per questo sono stati valutati due tipologie di convogli, una composta da una unità singola da 200 posti e un’altra da unità multipla da 400, entrambi con velocità massima di 100 km/h. 

# Un investimento stimato in 437 milioni di euro

aostasera.it – Tram treno

Lo scoglio principale è l’investimento necessario a costruire la nuova linea, pari a 437 milioni di euro di cui 60 per 12 tram-treni: 10 di servizio, 1 treno di riserva e 1 per la manutenzione. A questo andrebbero aggiunti anche i costi annui di manutenzione e gestione dell’infrastruttura pari a 9,9 milioni di euro di cui solo 3,3 milioni coperti da ricavi da biglietti, sponsorizzazioni, pubblicità sui mezzi e sulle paline e pertanto con un disavanzo di circa 6,6 milioni di euro. Secondo il piano, con una produzione chilometrica annua di circa 700mila km, servirebbe un contributo di 9,5 euro a chilometro che porterebbe i costi totali annui della Regione Valle d’Aosta a 16 milioni.

Fonte: gazzettamatin.com

Continua la lettura con: Como sogna la METRO LEGGERA, Varese il TRAM-TRENO

FABIO MARCOMIN

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La triste fine del glorioso «Titanic di Piazzale Loreto»

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Costruito un secolo fa, è stato un hotel all’avanguardia per l’epoca. La sua storia e che fine ha fatto.

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La triste fine del glorioso «Titanic di Piazzale Loreto»

# Costruito negli anni ’20 del secolo scorso dalla Società Anonima Alberghi Ambrosiani

sdslingo.blogspot.com – Albergo Loreto

Il progetto nasce nel 1924. In un articolo del Corriere della Sera del 25 gennaio si legge quanto segue: “la Società Anonima Alberghi Ambrosiani, appena costituitasi, vuol dar vita al progetto di un grande Albergo di seicento camere dotato di tutte le attrezzature moderne. L’edificio, di cinque piani e disposto su tre fronti, sorgerà al Rondò di Loreto con ingresso fra viale Abruzzi e via Andrea Costa”. In soli due anni era già stato quasi realizzato del tutto, l’inizio dell’attività nel 1928

# Il Titanus-Loreto: 500 camere per 650 ospiti e una piattaforma mobile per la discesa delle auto nella rimessa

Credits rivista l’Albergo d’Italia – Camera Titanus

Nel 1929 il grande Albergo Loreto prese il nome di Titanus-Loreto “migliorandone i servizi e dotandolo di una nuova sala per ristorante adeguata alle esigenze della clientela”. Una struttura dotata di ben 500 camere, capaci di ospitare 650 ospiti, tutte dotate di riscaldamento centralizzato e lavabo con acqua corrente calda e fredda. I bagni erano uno ogni dieci camere e i servizi igienici uno ogni sei, una cosa impensabile al giorno d’oggi ma comunque una dotazione superiore a quanto era richiesto dai regolamenti di igiene dell’epoca. C’erano anche salottini comuni dove gli ospiti potevano incontrare persone esterne all’albergo.

Albergo Loreto

Per la discesa delle auto dei clienti al piano sotterraneo, dove era presenta una grande rimessa, era presente una piattaforma mobile.

# La crisi, la guerra e infine la demolizione negli anni ’60

sdslingo.blogspot.com – Albergo Titanus in demolizione nel 1964

I primi anni furono un successo, nel 1933 vennero registrati quasi 20.000 ospiti, ma in quelli a seguire andò scemando. La proprietà dell’albergo decise di convertire ben 150 camere in appartamenti da mettere in affitto a causa dell’aumento dei costi e della diminuzione dei clienti.

Con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale la situazione peggiorò perché la proprietà dovette sostenere ingenti costi per trasformare parte delle strutture, compresa la rimessa, in due rifugi antiaerei. Confiscato poi dall’esercito tedesco per farne un distretto militare delle forze Naziste, fu bombardato da parte dagli alleati e riparato successivamente dal Genio Civile.

In attesa della costruzione del Pirellone, inaugurato nel 1958, nel 1945 l’edificio fu ceduto alla Pirelli SpA con Decreto della Commissione Militare Alloggiamenti Alleati. La parola fine alla storia del Titanus-Loreto venne messa negli anni ’60 quando si decise di demolirlo. Dal 1964, anno in cui si concluse la demolizione, rimase un’area di risulta fino alla costruzione dell’attuale edificio ad uso uffici negli anni ’80. 

Continua la lettura con: L’HOTEL più ROMANTICO del NORD ITALIA è a due ore da Milano

FABIO MARCOMIN

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10 luoghi di Milano che ti entrano dentro

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Fondazione Prada a Gamboloita Credits: @paoloscarpazgandolfi IG

Ci sono alcuni luoghi che ti entrano dentro. Ti modificano prospettive e modo di pensare. A Milano ci sono dei luoghi a cui è difficile restare indifferenti e se ci si apre possono condizionare la tua forma mentis. Dei molti luoghi che hanno questo effetto ne abbiamo scelti dieci.

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10 luoghi di Milano che ti entrano dentro

#1 Hangar Bicocca

hangarbicocca

Fondazione no profit nata a Milano nel 2004 dalla riconversione di uno stabilimento industriale in un’istituzione dedicata alla produzione e alla promozione dell’arte contemporanea. Luogo dinamico di sperimentazione e ricerca, con i suoi 15.000 mq è tra gli spazi espositivi più grandi d’Europa. Colpisce per l’incredibile spazialità: entri nell’opera, ti stacchi dalla realtà ed entri dentro a quel mondo. Non paghi il biglietto: è un regalo della Pirelli alla città. Ha ancora il sapore industriale.

Leggi anche: Hangar Bicocca

#2 Quartiere Arcobaleno

Milano Est- via Lincoln
Il quartiere operaio – via Lincoln

Non lontano dal centro ci si ritrova in un piccolo quartiere fiabesco, sembra di essere a Murano o in un villaggio sudamericano. Giardinetti pieni di fiori ed edera si arrampicano su muri di casette tutte colorate, una diversa dall’altra. Via Abramo Lincoln trasmette serenità e pace, esattamente i sentimenti che un gruppo di amici voleva ispirare ai propri concittadini nel 1889, quando li esortarono a trovare il modo più creativo e allegro di abbellire le proprie case.

Leggi anche: 7 cose che non sai sul quartiere Arcobaleno

#3 Piazza Sant’Alessandro

piazzasantalessandro

La piazza più romana della città. Se si prende da via Torino ci si ritrova in un’oasi, sembra di non essere a Milano.

#4 Conca dell’incoronata

conca

Era la prima opera muraria che incontrava il naviglio della Martesana all’entrata di Milano, dopo la costruzione delle mura spagnole.
L’antico si fonde col nuovo. Nasce per unire il canale Martesana alla Cerchia dei Navigli, ma la differenza di quota tra i due corsi acquatici comportò la necessità di costruire una conca. Il primo progetto fu realizzato nel 1482 da Leonardo Da Vinci, ma la conca venne costruita solo nel 1496 sotto il ducato di Ludovico il Moro e con la supervisione dello stesso Leonardo. Percorrere il tunnel sotto il ponte delle Gabelle ha un effetto straniante.

#5 City Life

https://www.gazzettadimilano.it

La nuova frontiera di Milano: dove si viva la Milano ancora in trasformazione. Passeggiare tra le torri ha un effetto simile a quello che si provava i primi tempi a Gae Aulenti, quando ancora non c’era l’Unicredit Pavillon a tappare la visuale su una spazialità inconsueta per Milano. C’è chi dice di aver visto nei giardini di City Life perfino dei conigli in libertà.

#6 La Biblioteca degli Alberi

bibliotecaalberi

E’ forse la piazza più grande di Milano quella che si estende tra i diversi grattacieli di Porta Nuova. Al suo centro la Biblioteca degli alberi, si tratta di un luogo in cui si respira un senso di libertà travolgente, unico a Milano.

#7 Atelier Forte

atelierforte

Nella periferia orientale della città, ci si ritrova in un mondo di elfi, gnomi e creature del mondo nordico nella casa atelier dell’artista architetto padre di Sleipnir e di Ursus. Ci si sente su un set di un film di Tim Burton.

#8 Fondazione Prada

Fondazione Prada a Gamboloita Credits: @paoloscarpazgandolfi IG

Spiazzante, ti amplia la mente più per le geometrie degli spazi e per l’assemblaggio di stili differenti che per le opere esposte. E’ una costruzione che ha ridisegnato l’identità di un intero quartiere.

#9 Montagnetta di San Siro

montestella

I milanesi la danno per scontata, la trattano con sufficienza, salvo qualche runner che ama misurarsi sui suoi crinali. Eppure basta portarci sopra un forestiero in visita a Milano per notare un particolare stupore, specie quando si fa notare che si tratta di un monte artificiale costruito sopra le macerie della seconda guerra mondiale. Il panorama in cima vale quello sul tetto del Duomo. O quasi.

#10 Stazione Centrale

Credits: milanopost.info

E’ il biglietto da visita di Milano. Riempie di orgoglio pensare a tutti quelli che arrivano in città che si ritrovano ingoiati da una simile maestosità. Ma la stranezza della Centrale la si vive non quando si è concentrati a prendere un treno, ma quando la si vive nel quotidiano. Ci sono persone che ci vanno per entrare in uno dei suoi negozi o ristoranti, o semplicemente per ritrovarsi in un non luogo fatto di umanità in transizione.

Continua la lettura con: La stazione Centrale è la più grande d’Europa

ANDREA ZOPPOLATO

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L’«Ambrogino d’Oro»: curiosità che pochi conoscono sul «Premio Nobel» di Milano

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Per i non milanesi l’espressione “Ambrogino” è un semplice aggettivo. In realtà a Milano significa una cosa sola: “Ambrogino D’Oro”. Ecco qualche curiosità che pochi conoscono sulla massima onorificenza cittadina.

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L’«Ambrogino d’Oro»: curiosità che pochi conoscono sul «Premio Nobel» di Milano

Credits: il_peppia, IG

# Il veto del Sindaco

L’Ambrogino d’Oro è la massima onorificenza cittadina assegnata in segno di gratitudine dal comune di Milano a chi dedica la propria vita al bene comune, o meglio: “A tutti gli uomini, le donne, le associazioni, le organizzazioni che hanno dato un contributo speciale alla città” come cita la pagina ufficiale del Comune di Milano. Ci sono due categorie di Ambrogini d’oro: le Medaglie d’oro, assegnabili 30 al massimo ogni anno, e gli attestati di civica benemerenza, 40 al massimo. I premiati sono scelti dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale di Milano, ma il sindaco ha diritto di veto. La consegna avviene il 7 dicembre in occasione della festa di Sant’Ambrogio, patrono della città, solitamente presso il Teatro Dal Verme.

# L’Ambrogino è una moneta

ambrogino d'oro
Credits: it.blastingnews.com

La tradizione dell’Ambrogino d’Oro sfiora quasi un secolo di storia: ebbe inizio nel 1925 quando ancora c’era il podestà. In origine l’Ambrogino era una moneta, la cui diffusione risale alla Milano del 1300. Infatti è nel periodo che va dalla cosiddetta Prima Repubblica (1250-1310) fino alle emissioni a nome di Ludovico IV di Baviera (1330) che iniziano a circolare i cosiddetti “ambroxinis aureis” o “ambrosini de Melano a carati XXIIII”. Come in altre città, dove vengono introdotti il fiorino (Firenze), il ducato (Venezia) e il genovino d’oro (Genova), si sentiva il bisogno di una moneta propria che attestasse il dominio economico della zona.
L’antico ambrogino d’oro recava da un lato l’effigie di Sant’Ambrogio, dall’altro quella dei santi Gervasio e Protasio, mentre oggi la medaglia assegnata ai vincitori porta lo stemma del Comune di Milano.

# Rifiuti celebri

Nomi noti hanno ricevuto l’Ambrogino d’oro: tra i molti ci sono l’astronauta Samantha Cristoforetti (2012) e Fabiola Gianotti, direttrice del CERN di Ginevra (2012); Aldo, Giovanni e Giacomo (2010), Stefano Boeri (2009), Paolo Maldini (2009), Dolce & Gabbana (2009), Mogol (2019). Ma il premio è stato anche respinto da personalità di rilievo: Dario Fo nel 1997, nel 2004 fu invece la volta dell’attore Robert De Niro. Il no arrivò anche da parte di Elio e le Storie Tese nel 2008.

Piccola curiosità: tra i vincitori (nel 2019) c’è anche il sito di Milano Città Stato!

Cerimonia di conferimento delle Civiche Benemerenze: consegna Ambrogino a Milano città stato
Cerimonia di conferimento delle Civiche Benemerenze: consegna Ambrogino a Milano città stato

Continua la lettura con: Ambrogino Pop

LETIZIA DEHÒ

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Le due anime di Milano: Sant’Ambrogio e San Carlo

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La ricerca dell’anima di un luogo mi ha da sempre affascinato.

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Le due anime di Milano: Sant’Ambrogio e San Carlo

IgorSaveliev-pixabay – Murale Sant’Ambrogio

Quando sono andato per la prima volta a Berlino, una quindicina di anni fa, trascorsi i primi giorni cercando di capire che identità avesse. Ricordo che domandavo alle persone che incontravo quale fosse l’anima di Berlino e ricevevo risposte contrastanti, come quella di una ragazza che mi disse: “l’anima di Berlino è di essere una città senz’anima“.

Ho ricercato spesso l’anima di città fuori, ma a dire il vero non mi ero mai posto il tema dell’anima di Milano. Io credo che, a differenza della Berlino di quella ragazza, Milano un’anima ce l’abbia. Parlando di anima per rintracciarla può servire rivolgersi a chi è del settore, ai due santi patroni della città: Sant’Ambrogio e San Carlo.

Sono due persone distanti secoli, in senso letterato e figurato. Nessuno dei due è milanese di nascita. Ambrogio addirittura è tedesco, nato a Trier, nel 339, o forse nel 340, a quei tempi anche la nascita era un’opinione. Da giovane Ambrogio tutto avrebbe pensato tranne che diventare santo patrono di una città italiana. Di famiglia benestante, cristiana ma non troppo, non è neanche battezzato. Studia da avvocato e fa carriera nell’amministrazione dell’impero romano. E’ un ragazzo sveglio che si fa strada rapidamente, diventando a trent’anni governatore della provincia di Aemilia et Liguria, la macroregione romana di cui capitale è Milano. Ad Ambrogio piace la bella vita e come governatore se la cava benissimo, specie nell’attività di mediazione tra le due correnti del cristianesimo di allora, ariani e cattolici, che se le danno di santa ragione specie quando muore un vescovo e bisogna trovarne uno nuovo.

Ambrogio è un mediatore, governatore in carriera, neppure battezzato, che non si risparmia i piaceri della vita. Carlo Borromeo è tutto il contrario. Anche lui nato fuori Milano, ma più vicino, ad Arona, da una famiglia nobile che riempie le pagine dei libri di storia di papi e arcivescovi. L’impero romano è scomparso da oltre mille anni e Milano è sottoposta al giogo degli stranieri, un po’ Spagna, un po’ Francia. E’ un’epoca buia, tra il cinquecento e il seicento, tra dominazioni straniere e terribili pestilenze. Un periodo molto difficile che tempra il carattere di Carlo che fin dall’età più giovane non ha dubbi: diventare prete. Prete? Almeno vescovo, doveva pensare in una famiglia dove diventare cardinale è un diritto acquisito. Carlo infatti lo diventa a poco più di vent’anni, è un predestinato insomma. Carlo è uno che non sgarra di una virgola: è un simbolo di sobrietà, interiore ed esteriore, di fronte a cui Mario Monti pare Lapo Elkann.

Quando muore il vescovo Auscenzio ariani e cattolici ricominciano, il vescovo deve essere dei nostri!, no dei nostri!, e giù botte. Stavolta se le danno sul serio e Ambrogio fa fatica a sedare gli animi. Botte di qua, botte di là, sembra che proprio non si riescano a mettersi d’accordo, peggio che PD e 5 Stelle, quando una voce, forse di un bambino, si alza tra il casino: Ambrogio Vescovo! Tutti si bloccano. Silenzio. Si girano verso Ambrogio e iniziano a guardarlo con luce nuova. Qualcuno fa sì con la testa. C’è uno che però fa segno di no, assolutamente, per nulla al mondo. E’ Ambrogio, che resta pietrificato, lui è governatore, non è neanche battezzato!, che ci azzecca con la Chiesa? Ma quelli insistono, Ambrogio vescovo!, Ambrogio vescovo!, gridano, assurdo come se i milanesi volessero fare arcivescovo Bobo Maroni. Non esiste, dice Ambrogio, che per fare desistere il popolo da questa idea bizzarra, inizia a dire che lui è il più grande dei peccatori e per dimostrarlo organizza una festa a casa sua dove per chi vuole partecipare il dress code è di essere una prostituta. Ma niente, al popolo non interessa. Lo vogliono vescovo. Ambrogio non vuole e sa che gli rimane solo una possibilità di salvarsi.

San Carlo Borromeo

Tutti altri pensieri aveva Carlo Borromeo. Per lui diventare vescovo era scontato come una sconfitta dell’Inter e quando viene nominato mostra un’entusiasmo tipo Romano Prodi. Il principe della sobrietà non festeggia e il giorno dopo essere stato nominato è già al lavoro, anche perchè per Carlo “non ci inganniamo, non si onora Dio con la lingua sola”. Intendeva che le chiacchiere stanno a zero.

L’unica salvezza di Ambrogio è la fuga. Ci prova due volte ma per due volte si perde o gli succedono cose strambe come quando Betta, la sua cavalla, si arresta di colpo rifiutandosi di andare oltre. Cor Betta!, cor Betta! lui la implora disperato, ma quella non si muove di un centimetro e da quella imprecazione verrà dato il nome a quel paese alle porte di Milano: Corbetta. La volontà del popolo unita a quella di Dio è roba troppo grande anche per un tedesco. Così Ambrogio cede. Fa un percorso accelerato di cristianesimo: viene battezzato e dopo una settimana diventa vescovo di Milano.

Carlo incide fortemente sulla scena milanese. E’ uno dei maggiori esponenti della controriforma, viene definito il “castissimo” perchè evita di stare solo con una donna pure se è una parente, pretende che la moralità sia ostentata, lotta contro ogni forma di eccesso, anche alimentare. I suoi digiuni diventano celebri anche se la sua tempra robusta fa nascere più di un sospetto nei milanesi. In una Milano assediata dai flagelli, dalla peste, dalla crisi economica, molti storici ritengono che la depressione ai milanesi gliel’abbia procurata proprio lui, con la sua instancabile lotta a ogni forma di piacere. Carlo non sopporta neppure il Carnevale, lo vorrebbe abolire e soprattutto fa di tutto per togliere quell’inammissibile regola godereccia introdotta da Sant’Ambrogio, che aveva esteso il Carnevale fino al sabato successivo, rendendo Milano l’unica città al mondo che festeggia durante la Quaresima.

Perchè Ambrogio è uno che quando fa le cose le fa sul serio. Dopo essere stato nominato vescovo si disfa della sua vita precedente. Assume uno stile di vita ascetico e dona tutte le sue ricchezze ai poveri, ad eccezione di qualcosina per la cara sorella. Da vero tedesco per se stesso pretende dedizione assoluta alla nuova professione, ma con gli altri lui resta “dolce come il miele”, prosegue a mediare, accoglie le genti che vengono dalle terre lontane, si batte contro ogni eccesso di intolleranza osando pure sfidare l’imperatore e, soprattutto, lascia che il popolo possa avere tempo per le feste e per il piacere.

Mentre Ambrogio è un uomo di pace che cerca di unire, Carlo è un guerriero che tende a dividere il mondo in buoni e cattivi, perseguita i miscredenti e le sue vittime vengono più volte salvate sull’orlo del rogo. Combatte gli eretici, chi ostenta troppo, è un vero rompiballe. Però è anche in prima linea quando c’è da difendere il popolo dalla peste o i poveri dai soprusi. Anche nel viaggiare è un vero milanese: si sposta parecchio ma ovunque vada per lui è come stare a Milano e cerca di correggere comportamenti e modi di fare che reputi inopportuni.

Ambrogio e Carlo così diversi rappresentano assieme l’anima di Milano. Per il successo in società, innanzitutto. Sono partiti da posizioni molto diversi, uno favorito dalla famiglia, l’altro un vero self made man, sono arrivati alla realizzazione personale al servizio di quello che era il sistema dominante. Ambrogio è l’internazionalità di Milano, l’apertura mentale in cui però c’è sempre uno sfondo di Carlo, con la sua diffidenza e il distinguere tra buoni e cattivi, da misurare le persone attraverso le loro opere, perchè l’oratoria da sola non vale nulla. Sono Milano nell’usare il potere come servizio e soprattutto nel compiere ciò che si deve, incarnando il ruolo così a fondo da farlo  diventare la propria identità.

Forse proprio questa la sintesi di Carlo e Ambrogio che esprime al meglio l’anima di Milano. Certo, caratteristiche della città sono quella di essere portata al fare, di gestire il potere come servizio, di essere individualista nel successo ma orientata al bene della comunità, di essere sobria e caritatevole verso chi ha bisogno, di essere internazionale e aperta anche se con molti distinguo. Ma quello che emerge meno però è più radicalmente parte dell’anima della città, è ciò che ha portato Carlo e Ambrogio ad abbassare la testa di fronte al percorso a cui sono stati destinati. La profonda autentica anima di Milano è forse proprio questa: una città che è ciò che deve essere. E in nome di questo indirizza tutta la sua esistenza.

Continua la lettura con: Sant’Ambrogio a Milano

ANDREA ZOPPOLATO

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Lo storico primo lancio di uova alla Prima della Scala

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È passato mezzo secolo da quel 7 dicembre del 1968 quando Mario Capanna e i ragazzi del Movimento studentesco accolsero il pubblico della Prima della Scala con un fitto lancio di uova che fece scempio di pellicce, smoking e abiti da sera.

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Lo storico primo lancio di uova alla Prima della Scala

# Perché il lancio di uova? Per trasformare l’occasione da motivo di vanto a motivo di vergogna

7 dicembre 1968. Ha luogo a Milano contestazione senza precedenti e per questo inaspettata che portò la protesta sulle copertine dei giornali di tutto il mondo.

Quei giovani non ce l’avevano con la Scala, ma con il «bel mondo» della Prima, con quella casta ante litteram fatta di vecchia borghesia milanese, nuovi ricchi del boom (i «cumenda» con la fabbrichetta) e potere politico. E le uova erano lo strumento per colpire, imbrattandoli, i simboli della ricchezza, per ribaltare il meccanismo dell’ostentazione: da motivo di vanto a motivo di vergogna.

# Le nuove contestazioni per sfruttare lo stesso palcoscenico

Da allora non c’è stata Prima che non abbia avuto di contorno la sua piccola o grande contestazione. Contestazione che però non aveva più un bersaglio diretto, un valore simbolico immediato. Anche perché, con Paolo Grassi sovrintendente, la Scala si aprì al mondo del lavoro andando a cercare spettatori nelle fabbriche e negli uffici con la vendita di biglietti a prezzi contenuti. I manifestanti usavano e usano la Prima come un palcoscenico sul quale sono accesi i riflettori dell’opinione pubblica.

Continua la lettura con: 7 intramontabili motivi per amare Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Anche le merci viaggeranno con l’alta velocità? Dai Frecciarossa ai treni proiettili per sfidare gli aerei cargo

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Chatgpt - Treno proiettile per trasporto di merci

Il primo tentativo l’aveva fatto Mercitalia Fast con l’ETR 500, uno dei modelli impiegati nel servizio Frecciarossa, durato poco anche a causa della pandemia. In Giappone vogliono provare a realizzare un servizio regolare con i treni proiettili. Ecco il piano allo studio.

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Anche le merci viaggeranno con l’alta velocità? Dai Frecciarossa ai treni proiettili per sfidare gli aerei cargo

# I primi tentativi di Mercitalia Fast in Italia e JR East in Giappone

shortycolossus-pixabay – Shinkansen

Consegne rapide con i treni dell’alta velocità: la prossima frontiera del trasporto merci? Un tentativo era stato fatto anche da Mercitalia Fast con l’ETR 500, uno dei modelli impiegati nel servizio Frecciarossa, ma la pandemia ha messo presto fine all’iniziativa. Sempre nello stesso periodo, JR East in Giappone aveva fatto partire un servizio di trasporto di minime quantità di pacchi sui treni proiettile, i Shinkansen, sfruttando lo spazio disponibile per via della riduzione dei passeggeri. La sperimentazione è avvenuta anche su altre compagnie, ma limitata a 40 scatole trasportate per viaggio. 

# Treni proiettile dedicati solo al trasporto merci per competere con gli aerei cargo

La società ferroviaria giapponese vuole istituire un servizio veloce dedicato, integrando carrozze per il trasporto merci sui treni proiettili. Come riportato da Japan News, l’intenzione di JR East è quella di posizionare nella parte anteriore dei treni passeggeri una carrozza per il trasporto di merci, dotandola di porte più grandi per rendere più comodo il carico. In valutazione anche l’ipotesi di progettare interi convogli ad alta velocità pensati solo a questo tipo di trasporto. L’introduzione di un servizio di questo tipo riuscirebbe a garantire velocità simili a quelle degli aerei cargo e consegne puntuali, data la riconosciuta efficienza delle ferrovie giapponesi.

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# I nodi da sciogliere e le sfide da vincere

pixabay – Al3xanderD – Treni merci

Non mancano certo delle incognite. Per rendere operativa questa soluzione va tenuta in considerazione la gestione delle strutture di carico e la disponibilità di spazio sui binari in alcune linee, le problematiche di tipo ingegneristico da risolvere e l’impatto sul servizio passeggeri. Su quest’ultimo punto ha espresso preoccupazioni la compagnia Central Japan Railway, secondo cui i treni merci sarebbero comunque più pesanti e più lenti, oltre che la domanda non è certa come quella del trasporto di persone.

# L’obiettivo del governo giapponese: raddoppiare il volume di merci su rotaia entro 10 anni

 
Chatgpt – Treno proiettile per trasporto di merci

Il progetto del trasporto merci sui treni proiettili va nella direzione dell’obiettivo che si è posto il governo: raddoppiare il volume delle merci trasportate su rotaia entro i prossimi dieci anni. Attualmente però l’unica compagnia dedicata a tale servizio potrebbe incrementarlo solamente del 30%. Ci penseranno i Shinkansen della JR East? L’azienda punta a farne viaggiare per un valore complessivo di 66,1 milioni di dollari. Queste le parole del suo presidente Yoichi Kise: “Se i treni proiettile dedicati al trasporto merci si riveleranno utili per la logistica, valuteremo seriamente il loro sviluppo”.

# L’alternativa dell’autostrada di tapis roulants

supercarblondie – Autostrada tapis roulants

L’idea si affianca ad un’altra allo studio in Giappone dopo l’introduzione delle nuove normative che limitano le ore di straordinario per i camionisti a 80 ore mensili, da parte del Ministero dei Trasporti, e della stima di una perdita di forza lavoro del 36% entro il 2030: il progetto Autoflow-Road, una rete autostradale automatizzata con nastri trasportatori, una sorta di sistema di pallet ad alta capacità funzionanti 24 ore al giorno.

Leggi anche: L’autostrada automatizzata con nastri trasportatori: la rivoluzione per il traffico merci

Fonte: Ferrovie.info

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FABIO MARCOMIN

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I 7 motivi intramontabili per amare Milano in tutte le lingue del mondo

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ph. @sbacon_81

In un Paese dalle mille maschere e dalle attrazioni sfaccettate, queste sono le 7 intramontabili ragioni che hanno contribuito all’impennata di Milano, rendendola giorno dopo giorno la città più ammirata d’Italia dal pubblico internazionale. Foto cover: @sbacon_81 IG

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I 7 motivi intramontabili per amare Milano in tutte le lingue del mondo

#1 Perché «Milano è avanti»

Citylife

Come capitale per la moda, la finanza, il marketing, le tendenze e la cultura, il capoluogo lombardo è riuscito a rubare il primato in vari settori a molte capitali europee, diventando ogni anno più interessante. Il suo fascino a tratti chic e a tratti underground, quell’estetica senza sfarzo, fa tendenza da anni. Ma soprattutto, ha una varietà di attrattive che attira persone di ogni tipo, e che rappresentano i punti forti della capitale morale d’Italia.

Leggi anche: quando Milano è diventata bellissima

#2 Per la cucina

credits: divinamilano.it

Anche se a Milano ricette e specialità sono più semplici e meno “sfarzose” che da altre parti d’Italia, è indubbio che qui vi siano alcuni fra i migliori ristoranti italiani, anche e soprattutto per la nutrita presenza di persone provenienti e residenti qui da tutta Italia. Non solo: è anche la città che ha reso i grandi chef delle rockstar e dove si può mangiare il meglio di ogni cucina del  mondo. 

Leggi anche: due piatti della tradizione milanese tra i primi 30 al mondo

#3 Per i dintorni

Credits: itinerariditalia IG

Non c’è metropoli europea, forse mondiale, che possa rivaleggiare con Milano per quello che si trova nelle vicinanze. Entro un paio d’ore di auto o di treno si arriva alle più belle città d’arte del mondo, al mare, laghi o sulle Alpi. Qualcosa di unico e di invidiato nel mondo. Senza contare che Milano ha i trasporti migliori d’Italia. Lontani anni luce dagli autobus bruciati di Roma e dalle mancanze di mezzi e personale di altri capoluoghi di regione.
Dove funzionano i mezzi pubblici c’è più movimento sano, più progresso e, inevitabilmente, più vicinanza ai modelli di centri urbani del Nord Europa.

#4 L’aperitivo

Credits: costacrociere.it

Milano è la capitale mondiale dell’aperitivo. Ma non solo. Milano ha da sempre avuto i migliori e più raffinati locali italiani. Sulla Nightlife siamo sempre stati al top, i clubs meneghini sono patria dello star system italiano (e non solo) da almeno due decadi, e fin dai tempi della Milano da bere anni’80 il primo vero happy hour italiano è stato quello alla milanese.

#5 Lo stile

Grazie a stilisti come Versace e Armani (solo per citare i più celebri) lo stile milanese è stato confezionato a misura e trasmesso in buona parte delle capitali europee e mondiali.
In generale, Milano non ha mai ricusato il senso collettivo di grazia e di eleganza, di tendenze, di modelli estetici diventati presto veri e propri standard, a cui tutte le città inseguitrici hanno cercato, con risultati alterni, di star dietro. 

#6 La cultura e gli eventi 

caso cenacolo
Ammirando il Cenacolo: foto tratta dal profilo Instagram @museitaliani

Una rivista inglese ha definito Milano il luogo dove si può ammirare “l’arte meno affollata più bella del mondo”. Arte, cultura classica, romanticismo, letteratura. L’Italia è soprannominata dagli stranieri la culla del Rinascimento, e Milano non è da meno. Il nostro patrimonio storico artistico e culturale forse non è fra i più ricchi del Belpaese, ma probabilmente è uno dei meglio organizzati. Basti pensare alla
spettacolare efficienza dei musei milanesi, come dell’intero settore mostre eventi/culturali, fiere del libro, eventi cinematografici, Fuorisalone e quant’altro. Per non parlare della Scala e delle incredibili opere d’arte che abbiamo in città. 

#7 Il cuore in mano

Pane Quotidiano

Dei milanesi si dice tutto e il contrario di tutto, ma una cosa è certa. Pur avendo mille difetti, pur appartenendo a un popolo di italiani un po’ piagnoni e viziati, il supporto e la solidarietà qui a Milano non sono mai e dico mai mancate. La città è quanto di più aperto e multietnico si possa desiderare da un capoluogo.
Restando sul solidale, nella sola Milano le organizzazioni di volontariato sono cresciute dagli anni ’2000 del 40%. Un dato spaventosamente alto, che testimonia che il cuore pulsante della madunina, seppur un po’ acciaccato da quest’anno di pandemia, continui a battere sempre più forte.

Leggi anche: Le 7 qualità del milanese vero

CARLO CHIODO

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La stazione metropolitana ispirata alla dune del deserto nella rete driverless più lunga del mondo

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domusweb.it - Stazione King Abdullah Financial District di sera

L’inaugurazione è coincisa con l’apertura di una rete metropolitana da record. A firmare il design della stazione uno degli studi di architettura più importanti al mondo, conosciuto a Milano per lo Storto e alcune residenze di Citylife. Scopriamo come è stata realizzata.

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La stazione metropolitana ispirata alla dune del deserto nella rete driverless più lunga del mondo

# Inaugurata la stazione a firma dello studio Zaha Hadid Architects

Lo studio di Zaha Hadid, scomparsa nel 2016 e conosciuta a Milano per la progettazione dello “Storto” e di alcune residenze di Citylife, ha firmato la nuova stazione metropolitana di Riyadh: la King Abdullah Financial District. I lavori, conclusi pochi giorni fa, hanno consegnato alla capitale saudita un fondamentale polo di interscambio per i flussi di transito su rotaia: si incrociano tre linee metropolitane e una monorotaia

# Un reticolo tridimensionale che richiama le dune del deserto

In linea con la cifra stilistica che porta da sempre avanti lo studio di architettura britannico, l’involucro esterno si caratterizza per un volume fluido e dinamico, che si compone da un reticolo tridimensionale di onde sinusoidali. Realizzate in cemento ad alte prestazioni e traforate a reinterpretazione della tradizionale mashrabiya, sono state modellate per ricordare le dune del deserto plasmate dal vento. 

domusweb.it – Interno King Abdullah Financial District

Il corpo stazione di suddivide su quattro livelli con sei piattaforme ferroviarie collegate tramite nuove piazze pubbliche all’adiacente al distretto finanziario. L’utilizzo di tecniche di progettazione passiva e un sistema di raffreddamento ad alta efficienza alimentato da fonti rinnovabili, che in automatico si adegua ai diversi flussi di utenza in base alle ore del giorno, hanno consentito l’ottenimento della certificazione Leed Gold.

# Il sistema di trasporto driverless più lungo del mondo: 176 km e 85 stazioni

Mappa Metro Riyadh

L’inaugurazione della nuova stazione è coincisa con l’apertura di ben tre linee metropolitane in contemporanea, dopo il pre-esercizio di circa due anni e mezzo, per un totale di 85 km: la gialla e la viola sul corridoio KAFD – Airport T1-T2 / An Naseem per complessivi 49,1 km e la blu SAB – Ad Dar Al Baida di 36,7 km. Tra il 15 dicembre 2024 e il 5 gennaio 2025 è programmata l’apertura di altre tre linee già completate, rossa, arancio e verde, che faranno della rete di Riyadh il sistema di trasporto driverless più lungo del mondo con i suoi 176,3 km di tracciato e 85 stazioni. Le linee sono per il 54% in galleria naturale o artificiale, per il 46% in viadotto e sono organizzate su griglia regolare a servire le arterie principali della città. L’investimento complessivo è stato di 22,5 miliardi di dollari e tra le aziende coinvolte anche Webuild, che ha realizzati la M4 di Milano e la metro di Salonicco, e Alstom.

Fonte: domusweb

Continua la lettura con: C’è molto di Milano a Salonicco: inaugurata la metro con “mente meneghina”

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