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Mamma, stiamo perdendo gli SPORT DI BASE!

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credit: lecco notizie

La burocrazia anti Covid impedisce molte attività per ragazzi e appassionati: numerose associazioni a rischio chiusura. “Un danno incalcolabile e irreversibile: neppure nella seconda guerra mondiale si verificò qualcosa di simile”.  Il grido di allarme di Alessandro Paciello, presidente di Aida Partners.

Mamma, stiamo perdendo gli SPORT DI BASE!

Stanno condannando a morte lo sport di base e compromettendo la salute psicofisica di milioni di giovani. A causa di questo maledetto Covid-19 sta accadendo un fatto gravissimo (uno dei tanti!) nel più completo silenzio mediatico. Si sta dando un colpo mortale allo sport di base, praticato soprattutto da bimbi e adolescenti nelle palestre di tutta Italia. Seguitemi, per favore.
 

Le associazioni sportive non avranno spazi per allenamenti e gare

Per la “nebulosità” (uso un gentile eufemismo) delle direttive governative sul Covid-19 si è data la possibilità agli enti pubblici locali (Province e Comuni) e ai Direttori Didattici degli istituti scolastici di negare l’uso delle palestre alle Associazioni Sportive, negli orari serali ed extra scolastici, come avviene da sempre.
Il burocrate di turno non vedeva l’ora, con un pilatesco avallo governativo, di togliersi di mezzo la rogna del rapporto con le associazioni sportive in un momento delicato come questo. Risultato: la maggior parte delle associazioni sportive, dove dirigenti e allenatori lavorano pressoché gratis con entusiasmo (sono uno di quelli) in nome dello sport giovanile, non avrà spazi in cui fare allenamento e gare, visto che l’85% dello sport “di palestra” è costretto a usare strutture pubbliche di istituti scolastici (extra scolastiche sono pochissime).
 

Parliamo di sport popolari come la pallavolo, il basket, la pallamano, le arti marziali, gli sport per disabili ecc.

Milioni di giovani, adulti e di relative famiglie coinvolti. Adolescenti abituati magari da anni (vedo i miei figli) alla disciplina degli allenamenti, e della corretta nutrizione che deriva per chi pratica lo sport agonistico, lasciati a se stessi a bighellonare per le periferie cittadine. Un danno socio-sanitario senza pari nella storia moderna. perché neanche durante la Seconda Guerra Mondiale si verificò qualcosa di simile. Se non verranno ridati regolarmente a settembre i soliti spazi alle Associazioni Sportive molte di queste, magari con storie centenarie alle spalle, chiuderanno per sempre.
 

Che cosa sta facendo il Governo? Nulla

 
Per essere sensibili all’argomento non occorre essere appassionati di sport, ma comprenderne il valore e quindi il danno sociale (immediato) e sanitario (appena successivo) che il popolo italiano dovrà pagare se il Governo non emetterà direttive chiare e perentorie. Cosa sta facendo il Governo? Nulla, che mi risulti. Le solite generiche rassicurazioni. Nei fatti, a oggi, i bandi per le assegnazioni delle palestre sono di fatto negati nella maggior parte dei casi. Sono riuscito, grazie alla sensibilità di una parlamentare, a sollecitare una interrogazione parlamentare al Ministro dello Sport e al Ministro dell’Istruzione che dovranno rispondere a settembre. Mi aspetto un’altra pubblica “lavata di mani”. Spero che questo Governo non passi alla storia per aver distrutto lo sport italiano.
 
ALESSANDRO PACIELLO
 

 

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🔴 Il Governo non ha presentato la CANDIDATURA di Milano come sede del Tribunale dei Brevetti. “Disinteresse grave per Milano e per il Nord”

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Dopo la sgangherata gestione dell’EMA con la sconfitta di Milano anche per colpe interne al Governo, da Roma avevano assicurato: a Milano andrà il Tribunale Europeo dei Brevetti. E invece come spesso accade con la politica italiana gli impegni presi si rivelano spesso delle promesse da marinaio. A pochi giorni dall’assegnazione l’Europa rivela: ad oggi il governo italiano non ha neppure avviato le pratiche per candidare Milano. Ma rivediamo le diverse tappe di un’ennesimo grave atto di disinteresse del Governo per Milano e per il Nord. 

Leggi anche: EMA: non è stata sfortuna

🔴 Il Governo non ha presentato la CANDIDATURA di Milano come sede del Tribunale dei Brevetti. “Disinteresse grave per Milano e per il Nord”

9 aprile 2019: Milano cancellata?

Subito dopo la sconfitta dell’EMA, i rappresentanti delle diverse forze politiche, 5 Stelle compresi, avevano detto che ci sarebbe stata una nuova chance per Milano, come sede del Tribunale dei brevetti. Anche in questo caso, si diceva, chi meglio della città che in Italia è avanguardia di sperimentazione e di innovazione può rappresentare una candidatura vincente in Europa?

Sembrava una questione pacifica, invece ecco la solita sorpresa ai danni di Milano offerta dalla politica romana. Il primo atto ha avuto luogo il 9 aprile 2019, quando si doveva procedere con l’atto che sembrava di pura formalità: votare alla Camera la mozione in cui si chiede di trasferire il Tribunale Unificato dei Brevetti da Londra a Milano. Si tratta del primo passo con cui un Paese avvia l’iter di richiesta alla UE. Tutto facile? In Italia quando c’è di mezzo Milano niente è mai scontato: così nella mozione presentata e votata, la parolina “Milano” è stata sostituita da “Italia”. Si è votata quindi una generica richiesta di avere in Italia la sede del Tribunale dei brevetti, senza specificare una città come fanno gli altri paesi. Per Milano la sconfitta è arrivata prima ancora di potersela giocare. E lo sgarbo è sfacciato visto che Milano è riconosciuta come una delle capitali europee per il numero di brevetti depositati. Alle proteste delle istituzioni del Nord, il Governo ha replicato che sarebbe intervenuto. 

Leggi anche: Altro SCIPPO contro Milano: il governo cancella Milano come sede del Tribunale dei brevetti

25 gennaio: il Governo gela Sala e (ancora una volta) Milano

Il Governo non vuole più candidare Milano come sede italiana per il tribunale unificato dei brevetti europei.
Durante un evento tenutosi a Milano venerdì 24 gennaio, il Sindaco, alla richiesta ad un esponente dell’attuale Governo, a che punto si è con la formalizzazione della candidatura di Milano come sede del TUB, il Tribunale Unificato dei Brevetti, che a seguito della Brexit lascerà Londra, la risposta non è stata quella in cui sperava il sindaco ed in cui sperano tutti i milanesi. Sindaco e istituzioni lombarde promettono battaglia. 

Leggi anche: Il Governo gela Sala: Milano non sarà la sede del TUB per i BREVETTI europei

8 agosto 2020. Il mondo politico ed economico lombardo scrive al premier: “Il tribunale dei brevetti a Milano”

L’obiettivo è che Milano diventi la sede della Divisione centrale del Tribunale europeo unificato dei brevetti (Tub). Per questo si sono uniti i rappresentanti degli enti e delle associazioni di imprese di Milano e della Lombardia, che in una lettera inviata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte chiedono che il governo proponga “con convinzione” la candidatura del capoluogo lombardo. Il documento è firmato dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, dal sindaco di Milano Giuseppe Sala, e dai rappresentanti delle principali istituzioni cittadini e regionali. Da Palazzo Chigi non arriva nessuna risposta. 

23 agosto 2020. L’Europa conferma: le uniche candidature pervenute sono di Amsterdam e Parigi

A soli 18 giorni dal vaglio delle candidature l’Europa conferma che al momento le uniche presentate sono quelle di Parigi e di Amsterdam. Mentre il governo italiano non risulta aver avviato nessuna pratica per presentare Milano o altre città come sede. E’ lo stesso Presidente Fontana a rivelarlo in una nota in cui dichiara che “nonostante da oltre due anni Milano abbia palesato in tutti i modi la volontà e la capacità infrastrutturale di accogliere la sede del Tribunale Europeo dei Brevetti, al momento le uniche candidature pervenute sui tavoli europei sono quelle di Parigi e Amsterdam. Sia Palazzo Chigi che la Farnesina ancora non hanno attivato le procedure per la candidatura, questo è grave“.

Fontana assicura che “in settimana promuoverò ogni azione per responsabilizzare il Governo ad un’azione che tuteli un territorio da sempre locomotiva industriale del Paese. Non si può perder tempo, non si può palesemente mostrare disinteresse verso un territorio che deve avere un ruolo fondamentale per il futuro dell’economia europea“.

 

Che cosa perdiamo?

Il Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB) non esiste ancora. E’ una struttura che quando sarà attiva consentirà di tutelare le idee depositate nei paesi membri. Le tre sedi erano state già assegnate a Parigi, Monaco e Londra che con la Brexit deve essere sostituita.
Le critiche al governo si sono sollevate da tutte le principali forze politiche del territorio: “Il governo è nemico di Milano” è il comune commento. Sarebbe da aggiungere una parola: “sempre”.

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Non solo film: 7 SERIE TV ambientate a Milano (e 3 grandi novità in arrivo)

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Milano, con il suo dinamismo e le sue mille sfaccettature, rappresenta il set ideale per le serie tv. La città, da sempre al centro di profonde evoluzioni e continui cambiamenti urbanistici e socioculturali, è infatti un melting pot di luoghi, stimoli e culture ed è perfetta per fare da sfondo a storie di ogni tempo. Ma anche nel mondo delle serie TV Milano ha saputo essere diversa e distinguersi per la sua capacità di raccontare e anticipare i cambiamenti del Paese, dalla nascita della moda e dei grandi magazzini, allo scandalo politico che ha rivoluzionato per sempre la politica del nostro Paese, senza però farsi mancare il teen movie e il medical drama. Ecco quindi qualche suggerimento per gustarvi non solo delle ottime storie con cui scandire le vostre giornate, ma anche per trovare delle suggestioni interessanti per vedere Milano e la storia del nostro Paese sotto una luce diversa.

Non solo film: 7 SERIE TV ambientate a Milano (e 3 grandi novità in arrivo)

#1 Made in Italy

La storia di una giovane redattrice in un giornale di moda a Milano negli anni Settanta è l’espediente narrativo di questa serie che racconta la storia del boom della moda italiana. Armani, Missoni, Versace, emergono come i protagonisti di una rivoluzione estetica e stilistica che, proprio in quegli anni, cominciò a conquistare le pagine delle riviste patinate di tutto il mondo. Sullo sfondo una Milano che è anche lo scenario delle lotte giovanili, delle manifestazioni operaie, dell’impegno politico fino alle estreme conseguenze. La città ne emerge in tutta la sua eleganza discreta e mai sfacciata, tra scorci non sono ancora del tutto persi, misteriosi cortili e operose periferie. Imperdibile se vi piace la moda anni ’70!

#2 Il paradiso delle signore

Ispirata al romanzo di Emile Zola Au bonheur des dames e ambientata in un grande magazzino nella Milano del boom economico, la serie racconta i cambiamenti sociali del Paese, l’immigrazione di massa dal Sud e l’affermazione delle donne al di fuori dalle mura domestiche. Un momento cruciale della storia del nostro paese viene raccontato dal punto di vista delle commesse, simbolo di emancipazione ai tempi in cui il lavoro femminile era molto limitato e diventare commessa era un importante passo verso l’indipendenza. Amori, tradimenti, sogni di un gruppo di giovani donne che si fanno strada nell’Italia che cambia.

#3 Gli angeli del male 

È un film, ma potrebbe facilmente passare per un’ottima serie tv in due puntate. Racconta la storia di Vallanzasca e della sua famigerata banda criminale che terrorizzò la Milano borghese degli anni ’70 con un numero impressionante di rapine, sequestri, omicidi ed evasioni, che costarono al suo capo ben quattro ergastoli per una pena complessiva di 260 anni di reclusione.

#4 Il prezzo del coraggio 

 

Una docu-fiction che racconta i cinque anni in cui Giorgio Ambrosoli indagò sulla rete di affari tra finanza, massoneria, politica e mafia. Il punto di vista è quello del maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre, che ripercorre i momenti più importanti dell’avventura umana e professionale vissuta accanto all’ “eroe borghese”.

#5 1992-La serie 

Nata da un’idea dell’attore Stefano Accorsi, che è anche uno dei protagonisti, 1992 sceglie di raccontare un anno della storia d’Italia attraverso gli occhi di sei protagonisti principali, che diventano testimoni di una trasformazione radicale che ha cambiato per sempre il nostro Paese. La serie racconta in dieci episodi uno degli anni cruciali della storia d’Italia, segnato dallo scandalo di Mani pulite e poi da Tangentopoli.  In 1992 c’è tutto, dalla Milano che aveva appena finito di essere da bere a Di Pietro, da Chiesa, quello del pio albergo Trivulzio, ai socialisti ladri e mazzettari, dall’ascesa della Lega a Publitalia e alla nascita di Forza Italia.

#6 La Compagnia del Cigno

Serie ideata e diretta da Ivan Cotroneo, racconta la storia dell’amicizia tra sette giovani musicisti di talento, iscritti al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e costretti a misurarsi ogni giorno con le regole e la disciplina che un durissimo direttore d’orchestra pretende da loro. In questa serie, Milano è una vera e propria co-protagonista, che emerge in ogni sua sfaccettatura. Oltre al Conservatorio, sono tanti i luoghi più o meno noti di Milano che compaiono nella fiction, dalla tipica casa di ringhiera in via Paolo Sarpi, a piazza Leonardo Da Vinci con il Politecnico, dal naviglio della Martesana, alla Rotonda della Besana.

#7 DOC – 

È la nuova medical fiction della Rai e un vero e proprio successo di pubblico. Ispirato alla storia vera del medico Pierdante Piccioni, la serie racconta la storia di Andrea Fanti, dottore di Medicina Interna che, proprio come Piccioni, ha perso la memoria dei suoi ultimi 12 anni di vita. Fanti riuscirà a ricostruire il suo passato proprio grazie alla forte passione per il lavoro di medico, interagendo di nuovo con i pazienti e affrontando gli errori commessi in corsia così come nella vita privata. Le scene in ospedale sono state girate a Roma ma molte riprese sono state fatte a Milano, nella zona famosa per il palazzo con bosco verticale dove abita appunto Andrea Fanti.

#8 Senza titolo

La prima serie di Amazon Prime Video italiana dovrebbe essere girata a Milano e si tratterà di un crime-drama ambientato negli anni Ottanta: una ragazza adolescente timida e insicura, che per conquistare l’affetto del padre che l’ha sempre trascurata si invischia nel mondo criminale e entra nel business della droga. Le riprese avrebbero dovuto iniziare a fine 2019 ma la produzione è probabilmente slittata a causa del Covid-19 e ad oggi non si hanno aggiornamenti sulle nuove tempistiche.

#9 Blocco 181 

Questa serie, prodotta da Sky  in collaborazione con Salmo, sarà ambientata tra le comunità multietniche della periferia di Milano, come si vede dal teaser pubblicato per il lancio del progetto. Al centro del racconto ci saranno una storia d’amore, conflitti generazionali, emancipazione femminile e lotta per la conquista del potere.

#10 Zero

Nata da un’idea di Antonio Dikele Distefano, scrittore italiano di origine angolane, la serie avrà come protagonista un timido ragazzo italiano di seconda generazione, con origini africane e uno straordinario potere che lo rende un supereroe fragile e contemporaneo. L’intenzione è quella di descrivere in modo inedito e originale il mondo della periferia milanese, dove s’intrecciano culture vivide e influssi della scena rap. Anche in questo caso, le riprese inizieranno nel 2020.

LAURA COSTANTIN

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🔴 “Con piano pandemico 10 mila morti in meno”

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Pier Paolo Lunelli, autore di protocolli pandemici per diversi Stati europei, spiega in un’intervista all’AGI perché la storia del Covid in Italia poteva essere molto diversa. E, assieme al Comitato dei familiari, chiede di desecretare il piano di emergenza nazionale del gennaio 2020.

🔴 “Con piano pandemico 10 mila morti in meno”

Pubblichiamo estratti articolo di Manuela D’Alessandro per Agi: L’autore del dossier in mano ai pm di Bergamo: “Con piano pandemico 10 mila morti in meno”

Sul suo dossier agli atti della Procura di Bergamo, che ha portato all’audizione anche di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, puntano moltissimo i familiari della vittime, raccolti nel Comitato ‘Noi Denunceremo’, per dimostrare che la conta dei morti sarebbe stata molto più contenuta, se si fosse fatto quello che ci veniva chiesto da anni dall’Oms: un piano pandemico adeguato a prevenire un’epidemia influenzale, come quelli elaborati da altri Paesi, a cominciare dalla Germania.

“Pier Paolo Lunelli, ex generale dell’Esercito, già responsabile della Scuola interforze per la Difesa Nbc, la struttura che forma il personale militare e quello ministeriale al contrasto delle minacce di tipo biologico, chimico e radiologico e autore di diversi di protocolli pandemici per vari Stati Europei, spiega all’AGI perché la storia del coronavirus in Italia avrebbe potuto essere diversa.” 

“Se avessimo adottato il piano tedesco avremmo avuto 6mila vittime anziché 35mila”

“Nel mio testo utilizzo il termine ‘verosimile’, non il termine ‘certo’. Confrontando le performance in termini di vittime ogni milione di abitanti dei vari Paesi europei (è certamente brutto accostare performance con vittime) ho soltanto rilevato l’esistenza di una correlazione tra la data di aggiornamento dei rispettivi piani e il tasso di mortalità di quel Paese, inteso come numero di vittime per milione di abitanti.  In poche parole, chi aveva piani più recenti ha avuto meno, anzi molti meno, morti. In questa prospettiva, se avessimo avuto le performance dei tedeschi, che nei loro piani sono inflessibili e tremendamente organizzati, avremmo avuto in totale intorno a 6mila vittime anziché 35mila. Tuttavia, senza puntare così in alto e accontentandoci delle performance medie dell’Olanda, forse avremmo potuto risparmiare 10mila vite. Ma anche se ne avessimo salvate soltanto mille ne sarebbe valsa la pena.”

La responsabilità è del Ministero della Salute

L’Oms aveva avvertito più volte della necessità di dotarsi di un piano, ma l’Italia non ha risposto in modo adeguato. In capo a chi ricadono le responsabilità di questa lacuna? Solo alla politica o anche alla Protezione Civile o altri enti ‘tecnici’?  

“Il mio paper si basa esclusivamente su fatti tratti da fonti aperte e sufficientemente affidabili. Non ho informazioni per stabilire se la responsabilità sia politica o della burocrazia ministeriale e una risposta in questo senso sarebbe soltanto un’opinione. 

Tuttavia, sulla base di quanto riportato nel suo sito, la Protezione civile non appare essere responsabile in materia di pandemie. E’ invece responsabile della pianificazione di tutte le altre calamità, escluse quelle pandemiche. Quello che affermo è confermato dal rapporto internazionale del 2019 sulle capacità di rispondere alle emergenze sanitarie (Ghs) di tutti i Paesi. Inoltre, in tutti gli Stati europei l’emergenza pandemica è gestita dal Ministero della Salute, che è l’unico organo che risulta essere interfacciato con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con il Centro europeo per la prevenzione delle malattie. L’autorità politica, in tutti i Paesi europei, è chiamata in causa nella decisione sul rischio da assumere, semplicemente perché un rischio alto comporta maggiori costi e risorse da allocare per prepararsi a questa emergenza.” (…)

“Non credo esistano Paesi democratici dove questi piani siano secretati”

“Esiste un piano di emergenza di gennaio che è stato secretato. Pensa che andrebbe desecretato e perché viene nascosto all’opinione pubblica? Esistono altri Paesi dove questi piani vengono secretati?

Non credo esistano Paesi democratici, nel vero senso della parola, almeno in Europa, dove questi piani vengono secretati. La secretazione può essere legittima, se è connessa a gravi esigenze di sicurezza nazionale. Tuttavia, dopo il passaggio alla fase due, questi documenti, che non riguardano cose militari, dovrebbero essere resi pubblici.”

Leggi articolo originale di Manuela D’Alessandro per Agi: L’autore del dossier in mano ai pm di Bergamo: “Con piano pandemico 10 mila morti in meno”

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Affitti e smart working: FUGA da San Francisco. E se succedesse anche a MILANO?

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sanfrancisco

La rivoluzione silenziosa nella Silicon Valley: migliaia di dipendenti al lavoro da casa si stanno spostando in zone dove i costi di locazione sono più bassi. Un fatto episodico oppure un trend che potrebbe estendersi anche a Milano?

Affitti e smart working: FUGA da San Francisco. E se succedesse anche a MILANO?

Pubblichiamo articolo: Smart working, fuga dagli affitti a San Francisco. E se succedesse anche a Milano? di Biagio Simonetta su Il Sole 24 ore

Un effetto collaterale molto importante di questa pandemia si sta abbattendo sulla San Francisco Bay Area. Migliaia di dipendenti delle aziende tecnologiche alle prese con lo smart working ad oltranza hanno deciso di lasciare le loro case in affitto per trasferirsi altrove, dove i costi di locazione sono decisamente più bassi. Una inversione di tendenza inimmaginabile fino a qualche mese fa, raccontata dal Wall Street Journal.

L’area più cara del Paese: 1.300 per un posto letto in appartamento condiviso

La zona in questione è fra le più care degli Stati Uniti d’America, in quanto ad affitti. E comprende la città di San Francisco e un po’ tutta la Silicon Valley. È qui, del resto, che sorgono le più importanti aziende tecnologiche al mondo. Da Facebook a Google, da Apple a Twitter, Uber, Nvidia, Adobe. (…)
Per anni, la corsa del mercato immobiliare nella San Francisco Bay Area è stata sfrenata. A fronte di una domanda cresciuta esponenzialmente, l’offerta si è adeguata. Mentre i lavoratori si moltiplicavano, gli alloggi disponibili rimanevano più o meno sempre uguali. E i prezzi sono cresciuti di conseguenza. Negli ultimi dieci anni, il prezzo medio di un appartamento buono per una famiglia è di fatto triplicato, arrivando a un milione di dollari (a San Francisco città 1,6 milioni). E per ciò che riguarda le locazioni, nell’area un posto letto in un appartamento condiviso costa mediamente 1.300 dollari al mese.

Con i prezzi delle case, però, è cresciuto un po’ tutto il resto: i ristoranti, gli alimentari, i servizi. La Silicon Valley è diventata, negli anni, un’area a forte divergenza sociale. A San Francisco, oggi, si conta un miliardario ogni 11.600 abitanti, e un senza tetto ogni 100.

Prezzi delle case in calo del 15%

(…) Da quando, a cavallo fra maggio e giugno, il coronavirus ha iniziato a mordere gli Stati Uniti, la quasi totalità delle aziende tecnologiche ha deciso di adottare lo smart working. Alcune lo hanno fatto con scadenza a giugno 2021 (come Google), altre lo hanno reso fruibile per sempre (da Twitter a Slack). Una situazione che ha avuto un effetto immediato proprio sul mercato immobiliare. Molti lavoratori del settore tech hanno deciso di spostarsi in altre aree del Paese: qualcuno è tornato nel proprio Paese d’origine, altri hanno preferito l’entroterra americano dove gli affitti sono decisamente inferiori.

Decadendo la necessità di andare in ufficio, spostarsi alla ricerca di case meno costose è stato un processo automatico. E oggi, per la prima volta da anni, i prezzi delle case (in vendita e in affitto) nella San Francisco Bay Area sono in calo, con percentuali dal 10 al 15%.

Molti dipendenti accettano il taglio dello stipendio pur di vivere in zone meno care

Intanto le aziende si stanno interrogando sulla decurtazione degli stipendi. Chi vive nella Silicon Valley, solitamente, proprio a causa del costo della vita così alto, percepisce uno stipendio più alto rispetto a un parigrado che lavora in altre zone degli Stati Uniti. Per questo, adesso, alcuni salari sono in discussione. Alcuni lavoratori hanno accettato una decurtazione dello stipendio, pur di vivere in zone meno care, dove la qualità della vita è però più alta.

E se succedesse a Milano?

Una Silicon Valley italiana, di fatto, non esiste. Esiste però Milano, città che per uffici, lavoratori provenienti da altre zone d’Italia e aziende attualmente in smart working, è qualcosa che un po’ le assomiglia. Anche il mercato immobiliare milanese, negli anni, ha assistito a una crescita importante. E oggi per l’affitto di una stanza, la città meneghina è la più cara d’Italia. Da quando molte aziende milanesi hanno indetto lo smart working (la maggior parte fino a fine anno), il primo effetto lo si è visto sulla ristorazione.

Bar e ristoranti hanno fatto registrare perdite notevoli: -70% nelle pause pranzo. Ma non è per niente escluso che un altro effetto possa abbattersi – come nella Silicon Valley – anche sul mercato immobiliare. Lo spostamento nelle cittadine dell’hinterland, dove i costi delle case sono molto più bassi e i collegamenti funzionano bene, o addirittura il ritorno al Sud per molti lavoratori provenienti dal meridione, sono fenomeni da tenere in grande considerazione. Soprattutto se questa brutta pandemia dovesse farci compagnia ancora a lungo.

Leggi l’articolo originale: Smart working, fuga dagli affitti a San Francisco. E se succedesse anche a Milano? di Biagio Simonetta su Il Sole 24 ore

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🔴 Il VENETO dice NO al GOVERNO: “Le mascherine in classe sono una TORTURA”

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Dopo la notizia CTS: tutti a scuola con la MASCHERINA anche al banco. Si toglie solo per l’INTERROGAZIONE che anticipa le nuove disposizione del Governo, arriva la prima “ribellione”. La Regione Veneto dice di no: “le mascherine in classe sono una tortura”.

🔴 Il VENETO dice NO al GOVERNO: “Le mascherine in classe sono una TORTURA”

Mercoledì 19 agosto il CTS ha ribadito l’orientamento delle ultime settimane: mascherina in classe per i bimbi dai 6 anni in su. Non tutti, però, sono d’accordo.

Come riporta La Repubblica, Elena Donazzan, assessore all’istruzione della regione Veneto, ha preso una posizione ferma: “Tenere la mascherina durante le lezioni è una tortura. Noi siamo fortemente contrari e faremo di tutto perché questa non sia una regola per i nostri ragazzi”.

“La mascherina, in caso, servirà durante la ricreazione o nei momenti di assembramento, come può essere l’ingresso o l’uscita da scuola, ma non è pensabile di imporla durante l’arco delle lezioni. Per una presunta tutela della salute rischiamo di fare danni ancora peggiori alla salute stessa. Siamo tutti d’accordo, anche il presidente Luca Zaia”.

A questo punto: Milano e la Lombardia da che parte stanno? Non è più il momento del silenzio. 

Fonte: www.orizzontescuola.it

Leggi anche: CTS: tutti a scuola con la MASCHERINA anche al banco. Si toglie solo per l’INTERROGAZIONE

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🔴 Prof. Bassetti: «Nove contagiati su dieci sono ASINTOMATICI. E la mortalità è scesa dall’11% a ZERO»

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dott. Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell'Ospedale San Martino

Il Corriere ha chiesto al prof. Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, di commentare l’ultimo bollettino Covid, con 642 nuovi casi di infezione. Così risponde il medico genovese in prima linea nella lotta al Covid.  

🔴 Prof. Bassetti: «Nove contagiati su dieci sono ASINTOMATICI. E la mortalità è scesa dall’11% a ZERO» (Corriere)

Pubblichiamo estratti dall’intervista del Corriere a Bassetti: Coronavirus, Bassetti: «Nove contagiati su dieci sono asintomatici. E da noi la mortalità si è azzerata»

Bassetti: «Almeno il 90 per cento di questi pazienti, positivi al tampone, sono asintomatici. Il che significa che non sono malati. Ma devono essere, comunque, messi in quarantena. Del resto è quello che succede per altre malattie infettive: se una persona, per dire, ha un’infezione da Pseudomonas, è da isolare, perché questo germe provoca gravi infezioni».

C’è qualche terapia per queste persone?

«Assolutamente no. Alcuni medici prescrivono cortisone o l’antibiotico azitromicina, ma non c’è alcuna ragione scientifica a supporto di queste prescrizioni».

Che cosa comporta la quarantena?

«Una persona in quarantena, se vive con altri, dovrebbe avere una camera e un bagno separati. E indossare la mascherina in caso di contatto ravvicinato».

 
 

Il Coronavirus sta diventando meno aggressivo?

«È interessante una ricerca, appena pubblicata in pre-print, cioè prima che sia validata per la pubblicazione sulle più autorevoli riviste scientifiche, ma che in questo modo può essere presa in considerazione. Non a caso il titolo è “Evolving virulence”. Il virus sta “mordendo meno”? Sembrerebbe di sì». Il motivo  «ancora non è chiaro. Potrebbe essere dovuto a una ridotta carica virale, a una migliore assistenza dei malati, a qualche mutazione del virus stesso».

Riscontri clinici della minore pericolosità del Covid?

«Sì, ce ne sono. Nei mesi di marzo, aprile, maggio al San Martino di Genova avevamo una mortalità dell’11% nei pazienti ricoverati. Ora è zero».

Articolo originale (Corriere della Sera): Coronavirus, Bassetti: «Nove contagiati su dieci sono asintomatici. E da noi la mortalità si è azzerata»

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🔴 Sala: “Nuova TIM? Non intendo occuparmene”. Ma il Fatto rilancia: “Per Milano sarà derby tra i due Pier”

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Credits: huffingtonpost.it - Beppe Sala

La botta era uscita lunedì con Il Fatto che aveva pubblicato in prima pagina: “Sala, addio a Milano“, in cui scriveva che il sindaco nell’incontro con Beppe Grillo avrebbe manifestato la sua intenzione di lasciare Milano per diventare CEO della “nuova TIM”, la società a capitale pubblico che dovrebbe gestire la rete di telecomunicazioni in Italia. Oggi arriva la smentita del sindaco in un’intervista a Repubblica. Ma Il Fatto rilancia: il sindaco è “stanchino”, per Milano sarà derby tra i due Pier, Majorino e Maran. “Già pronti a sostituire il sindaco”. 

Sala: “Nuova TIM? Non intendo occuparmene”. Ma il Fatto rilancia: “Per Milano sarà derby tra i due Pier”

In un’intervista a La Repubblica, il sindaco torna a parlare dell’incontro con Beppe Grillo e chiarisce che “non abbiamo mai parlato di alleanze elettorali che riguardino Milano. Ci confrontiamo a tutto campo sui temi dell’ambiente, delle reti, dello sviluppo digitale, che m’interessano molto. Oggi più che mai servono infrastrutture e servizi che portino a una vera evoluzione nell’istruzione, nella telemedicina, nella sicurezza. Siccome sto riflettendo sulla mia possibile ricandidatura a Milano, m’interessa sviscerare alcuni argomenti cruciali. E vedere cosa io posso o non posso fare come primo cittadino della città più internazionale d’Italia e del motore economico e sociale del Paese”.

Sulla ricandidatura deciderà non prima delle regionali ed è scettico sull’alleanza PD-M5S a Milano

Sala smentisce poi la notizia pubblicata da Il Fatto, dicendo che non intende occuparsi delle reti TIM e che deciderà se ricandidarsi “Non prima delle elezioni regionali. Intanto vediamo se, come dice Salvini, il centrodestra ha candidati forti pronti a correre”. Si dice inoltre contrario a un’alleanza elettorale a Milano tra PD e M5S: “A parte i numeri, probabilmente un patto non avrebbe molto senso, anzi penso sia giusto che loro facciano la loro proposta per Milano” e rilancia l’importanza delle città e dei territori: “Le alleanze hanno bisogno di una legittimazione alle latitudini interessate. A mio parere, il coinvolgimento dei territori è oggi una condizione minima indispensabile nella costruzione di una coalizione che possa vincere e governare bene. Sono le città ad avere un ruolo chiave in questa fase. È anche e soprattutto nei territori che si elabora una visione comune e di sviluppo per l’intero Paese”.

Su Conte: sia meno romanocentrico

Nell’intervista Sala si esprime anche su Giuseppe Conte. “Non lo sento molto, ma il nostro rapporto è genuinamente cordiale. Ha lavorato bene, soprattutto a livello internazionale. Gli chiedo una cosa che chiedo a tutto il Governo. E cioè di non indulgere in una visione eccessivamente romanocentrica. Il Paese cambierà se il Nord ci crederà e sarà il Nord l’area test del necessario ammodernamento del nostro ‘vecchio’ Paese”. Per Sala “Bisogna rispondere con competenza e creatività a questo cambiamento d’epoca”.

Fonte: Affaritaliani

Ma Il Fatto insiste: per Milano sarà derby tra i due Pier

Mentre la Repubblica pubblica la smentita di Sala, Il Fatto insiste con un nuovo articolo lanciato con un richiamo in prima pagina: Milano, Sala è “stanchino”. Nel Pd la guerra dei 2 Pier.

Il Fatto scrive che: “Nessuno, nelle stanze della politica milanese, si è stupito per l’articolo del Fatto quotidiano che due giorni fa raccontava che Giuseppe Sala non ha voglia di ricandidarsi per il secondo mandato a sindaco di Milano. “È un segreto di Pulcinella”, dice un giovane esponente del Pd (….).

Ribadisce che a Sala: “gli piacerebbe molto tornare a fare il manager in un business strategico come le telecomunicazioni, alla guida della Tim 2 che potrebbe nascere dallo scorporo delle reti Telecom, sotto la regia di Cassa depositi e prestiti. (…)

In particolare secondo Il Fatto il sindaco sarebbe in cerca di alternative a quella del sindaco: “Sta dunque considerando anche altre alternative a Palazzo Marino, più politiche. È disponibile ad andare a Roma a fare il ministro in quota Pd, nel caso di un prossimo rimpasto di governo. È tentato comunque dal giocare un ruolo politico nazionale, diventando per il Partito democratico – oggi molto “sudista” – il punto di riferimento per un fronte del Nord: non gli dispiacerebbe insomma essere per il Pd di Nicola Zingaretti quello che Luca Zaia è per la Lega di Matteo Salvini”. (…)

In lizza i due Pier con la variabile De Cesaris: “Se corre per il secondo mandato, la coalizione che lo sostiene resterà unita, Pd, civici, renziani di Italia viva, radicali, Più Europa…; se imboccherà altre strade, l’al le an za salta e ognuno farà il proprio gioco. Ada Lucia De Cesaris, già vicesindaco di Giuliano Pisapia con ambizione (frustrata) alla sua successione, è pronta a candidarsi come sindaco. Per piantare la bandiera di Italia viva a Milano, ma soprattutto per non lasciare la strada tutta in discesa ai “due ragazzini” del suo ex partito, il Pd: Pierfrancesco Majorino e Pierfrancesco Maran. Sono “i due Pier” già pronti a sostituire “Beppe”. Le primarie potranno essere arricchite da altri partecipanti possibili, come (sull’ala sinistra) Paolo Limonta, maestro e assessore alla scuola, e (sull’ala destra) Anna Scavuzzo, vicesindaco di Sala e assessore alla sicurezza.

Fonte: Milano, Sala è “stanchino”. Nel Pd la guerra dei 2 Pier (Il Fatto Quotidiano)

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🔴 CTS: tutti a scuola con la MASCHERINA anche al banco. Si toglie solo per l’INTERROGAZIONE

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Marcia indietro del Comitato Tecnico Scientifico. I nuovi banchi fatti produrre apposta del Governo, con una spesa per i contribuenti di circa 3 miliardi di euro, non sono sufficienti. A tutti gli studenti dai sei anni in su verrà imposto l’obbligo di mascherina anche quando sono in classe. Unica eccezione: potranno toglierla durante le interrogazioni. Il Governo già all’opera: verranno distribuite in tutte le scuole 13 milioni di mascherine al giorno. A spese dei contribuenti. 

🔴 CTS: tutti a scuola con la MASCHERINA anche al banco. Si toglie solo per l’INTERROGAZIONE

«Ai ragazzi sopra i sei anni sarà chiesto di usare la mascherina. Ci saranno delle condizioni particolari, come ad esempio l’uso o non uso della mascherina per una ragazzo o una ragazza non udente, per un bambino o una bambina con delle difficoltà neurologiche o psicologiche oppure durante l’interrogazione» ha dichiarato al Corriere della Sera il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, prima della riunione del CTS che dovrà discutere di scuola. «Ovviamente non c’è la mascherina a mensa o mentre si fa ginnastica, però l’indicazione è di utilizzarla».

Un’altra marcia indietro: anche se gli ospedali si svuotano e i decessi calano, aumentano le restrizioni anti Covid

Anche se i dati clinici si fanno sempre più incoraggianti, con gli ospedali che si svuotano e la letalità diminuisce, si tratta questa di un’altra marcia indietro rispetto alle aperture di una settimana fa quando la ministra Lucia Azzolina aveva annunciato che quando gli studenti sono al banco possono toglierla. Ma per il Cts questa è una precauzione che va mantenuta, anche per i bambini delle elementari. Per ora niente deroghe come invece speravano anche insegnanti e presidi. Il Governo si dice già pronto: il commissario Domenico Arcuri farà distribuire 11 milioni di mascherine al giorno alle regioni che le faranno pervenire alle scuole. Tutte gratis, ossia a spese dei contribuenti. 

In caso di positivi, quarantena per tutta la classe o per l’intera scuola

Miozzo ha chiarito anche le disposizioni in caso di positività rilevata su uno studente: no alla chiusura di tutta la scuola, ma quarantena per i compagni e i prof del contagiato. Miozzo ha così spiegato: «Oggi pomeriggio il comitato tecnico scientifico discuterà del documento elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Inail che è il documento che dice come dobbiamo affrontare i casi, che sicuramente ci saranno. Abbiamo otto milioni di studenti e due milioni di persone che lavorano, non possiamo immaginare che non avremo un caso, due casi o dieci casi. Questo è quasi una certezza. Ma un caso non vorrà dire chiudere le scuole di un paese, della regione o della provincia. Bisognerà di volta in volta esaminare il contesto, la specifica situazione e se necessario mettere in quarantena una classe o se necessario mettere in quarantena l’intera scuola. Questo sarà discusso di volta in volta con le strutture sanitarie locali e con il dirigente didattico e di volta in volta verrà studiata la soluzione più opportuna».
Fonte: Cts: a scuola dai sei anni tutti con la mascherina. Si toglie solo per l’interrogazione (Corriere della Sera)

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MOVIDA: le 7 IDEE più ORIGINALI per non rinunciare al divertimento ai tempi del coronavirus

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Credits: milanoevents.it

Nato in Spagna alla fine degli anni Ottanta per indicare il ritorno ad un clima sociale e culturale vivace dopo la fine del regime franchista, il termine “movida”, utilizzato nel suo significato più ampio per definire la “vita serale e notturna di una città”, è tornato alla ribalta con la fase 2 e la riapertura di bar e ristoranti, diventando il capro espiatorio perfetto per le mancanze della politica.

Nel giorno in cui il TAR conferma la chiusura delle discoteche decretata dal governo e in questa fine estate di mascherina anti movida dalle 18 in poi, proviamo a proporre alcune idee innovative e, forse, stravaganti per non perdere il gusto del divertimento in compagnia. Dimentichiamoci i tristi divisori in plexiglass e i manichini o le sagome cartonate dei divi di Hollywood e scopriamo i trucchi più divertenti escogitati per mantenere le distanze di sicurezza.

Movida: le 7 idee più originali per non rinunciare al divertimento ai tempi del coronavirus.

#1 I galleggianti da piscina

Credits: dissapore.com – Cappelli distanziatori

Metodo veloce e divertente ideato da un bar tedesco e successivamente elaborato dal designer americano Ropesforrescues.com. In pratica si tratta di prendere dei classici cappelli da turista e attaccarci sopra due galleggianti da piscina, in modo da creare una raggiera di un metro per parte. I galleggianti possono essere anche indossati dalle persone, ad esempio su uno zaino, per segnalare agli altri il limite da non superare.

Fonte: Dissapore.com

#2 I cappelli-frisbee

Credits: bianchiarchitettura.it – Cappelli frisbee

In questo caso l’idea è dello studio lombardo BianchettiArchitettura, che ha ideato un estroso copricapo, chiamato appunto Movida, formato da un anello o frisbee in grado di delimitare un’area di 50 cm. Se indossato da tutti i partecipanti ad un evento, il cappello frisbee consentirebbe di incontrarsi e mantenere allo stesso tempo la distanza di sicurezza di un metro.

Fonte: Bianchi Architettura

#3 La maschera da ristorante

Credits: archiportale.it – Maschere da ristorante

Divertente, originale e anche riutilizzabile, Soffio è una maschera protettiva gonfiabile da indossare durante il pasto. Nato dalla collaborazione tra Alessio Casciano Design di Roma, i milanesi di MARGstudio e Angeletti Ruzza Design di Rieti, Soffio è formato da una visiera che permette di mangiare e di bere ma allo stesso tempo crea una barriera protettiva che evita lo spargimento delle ormai famose goccioline di droplet.

Fonte: Archiportale

#4 Le scarpe per il distanziamento sociale

Credits: tg24.sky.it – Scarpe per distanziamento sociale

Di necessità virtù. E cosi Grigore Lup, artigiano romeno specializzato in calzature per ballerini e attori in forte crisi a seguito della pandemia, si è inventato una calzatura dalla punta allungata capace di limitare la vicinanza tra le persone. Le scarpe, del costo di circa 100 euro, misurano 50 cm e permettono quindi di mantenere il metro di distanza tra le persone. L’invenzione di Grigore ha ricevuto l’attenzione dei media internazionali e ora il calzolaio sta ricevendo ordini da tutto il mondo e spera cosi di mantenere in vita la sua bottega.

Fonte: Sky Tg24

#5 La Distance Dance con bastoni, nastri e stecche

L’idea arriva da Amsterdam ma è già stata ripresa in tutto il mondo e i proprietari di locali famosi così come gli organizzatori dei maggiori eventi l’hanno già fatta loro. Basta semplicemente distanziare le persone con dei cerchi spruzzati a terra per ballare senza paura del Covid. Più rustica la scelta di alcuni raver in Slovacchia, che per mantenere le distanze hanno suddiviso il dance floor in tanti quadrati usando bastoni, stecche e nastro.

Fonte: 105.net

#6 Le isole galleggianti

Credits: sport.sky.it – Isole galleggianti

L’idea riprende il concetto delle del Parkipelago di Copenhagen, un insieme di isole galleggianti nate con lo scopo di aumentare gli spazi pubblici fruibili per i cittadini. Lo studio di architettura e design milanese Evastomper ha rielaborato quest’idea e creato Lido, un sistema di isole galleggianti di varie dimensioni e dotate di diversi optional da realizzare al largo delle coste italiane per vivere il mare senza però rinunciare al divertimento e al relax e rispettando il distanziamento sociale.

Fonte: Sky Sport  

#7 La tuta per tornare in pista da ballo in sicurezza

Credits: milanoevents.it

Dimenticate i tacchi a spillo e le minigonne, quest’inverno si tornerà a ballare con un dress-code che viene direttamente dalla Luna. Production Club, azienda di Los Angeles specializzata nell’ideazione di atmosfere e installazioni per l’industria musicale, ha realizzato Micrashell, una tuta protettiva in polifelinetere con casco ermetico e guanti integrati che costituisce un vero e proprio dispositivo di protezione individuale anti-Covid. Qualcuno forse storcerà il naso pensando di dover ballare cosi bardato, ma potrete sempre fingere di essere uno dei Daft Punk, in missione speciale per animare la vita notturna della vostra città.

Fonte: Milano Events

LAURA COSTANTIN

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Zaia: “Ogni mille positivi ci sono tre sintomatici”

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Da giorni insieme ai dati clinici ufficiali sul Covid, poniamo alcune domande aggiuntive per poter valutare meglio i contagi. In particolare su che sintomi hanno e quanti di questi sono in condizioni preoccupanti o si possono considerare a rischio della vita. Nella consueta conferenza stampa in Veneto Zaia ha dato qualche dettaglio in più sui positivi. E il dato è ancora più incoraggiante sull’uscita dall’emergenza sanitaria anche se c’è un errore di calcolo. 

Zaia: “Ogni mille positivi ci sono tre sintomatici”

Dalla conferenza stampa di Zaia del 17 agosto.

Gli ospedali si sono svuotati

«Sono quasi un milione e 400mila tamponi eseguiti finora e 1,2 milioni di test rapidi. Dal 18 maggio ad oggi abbiamo avuto una ventina di positivi al giorno: 21.256 da inizio pandemia, 18.950 il 18 maggio. Gli isolamenti sono oggi 6.394 mentre il 18 maggio erano 3.870 e questo è il risultato di un serrato contact tracing. A maggio il numero dei ricoverati era di 541 oggi sono 119, quindi gli ospedali si sono svuotati, ma il dato più significativo è quello delle terapie intensive: oggi sono 5, il 18 maggio erano 51. Significa che facciamo una grande attività di indagine del virus, spesso lo troviamo ma abbiamo dati confortanti sull’impatto sulle strutture sanitarie, questo non significa che bisogna abbassare la guardia»

Dei 1.634 positivi solo 65 hanno sintomi

«Sono 6.394 gli isolati mentre le persone attualmente positive sono 1.634. Significa che il 25 per cento degli isolati sono positivi. Delle persone attualmente positive sono solo 65 con sintomi, vale a dire lo 0,03 per cento*, vale a dire tre sintomatici ogni mille positivi. Il virus quindi c’è e non bisogna sposare teorie complottiste o fare la festa della liberazione, ma le cose sono cambiate. Vanno valutati anche i sintomatici, che sono spesso paucisintomatici e la cui carica virale è più bassa del previsto tanto che ci sono coppie, persone che vivono insieme, di cui uno positivo e l’altro no. Anche di un’età avanzata».

Nota: *in realtà è poco meno del 4%. ossia ogni 100 positivi ci sono 4 con sintomi. 

Lockdown? Con questi numeri sarebbe una scelta delinquenziale

«La situazione può cambiare da un momento all’altro e in questa incertezza devo sempre lavorare come se domani ci fosse un attacco del nemico. Se mi dite lockdown con questi numeri sono d’accordo anch’io che sarebbe una scelta delinquenziale»

Fonte: L’Arena

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La via MILANESE alla scuola: i BANCHI nuovi li hanno costruiti gli STUDENTI insieme a genitori e INSEGNANTI

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Credit: corriere.it

Da una scuola di Milano arriva un’alternativa alla linea decisa dal governo su cui ancora c’è l’incognita delle centinaia di banchi da fare produrre e inviare alle diverse scuole per ripartire in sicurezza a settembre. Invece di attendere alla scuola Steiner di Milano si sono messi all’opera per produrre da soli i banchi coinvolgendo falegnami della zona. Ecco questa storia che suggerisce una domanda: se al posto dell’accoppiata Azzolina- Arcuri avessimo chi ha deciso questa iniziativa, l’Italia non sarebbe un posto migliore (almeno per la formazione dei nostri ragazzi)?

La via MILANESE alla scuola: i BANCHI nuovi li hanno costruiti gli STUDENTI insieme a genitori e INSEGNANTI

Estratti da Milano, alla scuola Steiner i banchi nuovi li hanno costruiti gli studenti (Gaia Terzulli per il Corriere della Sera)

Genitori e maestre di una scuola di Milano dimostrano che quando si vuole una cosa si trovano i mezzi per realizzarla. Da luglio la scuola Steiner di Milano si è trasformata in un atelier di falegnami e artisti che hanno costruito 200 banchi singoli in legno d’abete. «L’idea è nata all’interno di una commissione riapertura composta da insegnanti e genitori», spiega Tiziana Zoncada, maestra di Falegnameria nelle classi sesta, settima e ottava (prima, seconda e terza media) della scuola. «Calcolando le metrature e pensando alle norme sul distanziamento, ci siamo resi conto di non poter più utilizzare i banchi doppi che avevamo in dotazione. Avremmo potuto mantenerli smembrando le classi, ma sarebbe stato deleterio per la loro stessa unità. Così, ci siamo messi a rifarli noi, da zero».

Sei ruote e ergonomico, ecco banco singolo anti-covid voluto dal governo (da Skytg24.it)

La scuola si è trasformata in una falegnameria

Come riporta l’articolo del Corriere, “la maestra Zoncada ha portato la sua idea in una segheria e ne è uscita con un prototipo di banco con tutte le istruzioni per il montaggio. «Un po’ come per un tavolo Ikea», spiega. Il legno l’ha fornito una ditta di bioedilizia, la Galimberti, che per circa 30 euro a banco ha consegnato a Tiziana il materiale da assemblare. La «fabbrica» si è messa subito in moto. Per due settimane la scuola Steiner è rimasta aperta mattina e sera per consentire alle maestre e a circa 60 genitori di lavorare. In sicurezza – distanziati e protetti da mascherine – e per la sicurezza dei ragazzi, che tra poco meno di un mese siederanno dietro banchi nuovi ed ecologici. 

“Questo è il ritorno a scuola che ci immaginavamo da genitori”

«Un conto è avere un tavolo di plastica o di fòrmica, un conto è averlo in legno, che è un materiale vivente e si può riutilizzare come scrivania per i bambini a casa», sostiene la maestra sempre sul Corriere della Sera. «Nella nostra scuola siamo tutti coinvolti in una grande azione volitiva: alunni, famiglie e maestre». (…)

 Katia, mamma di un’alunna steineriana e protagonista del laboratorio di falegnameria, lo conferma soddisfatta: «È stata un’impresa coinvolgente, soprattutto all’inizio, nella fase di assemblaggio, che è la più fisica. Levigare il legno, rifinirlo nei dettagli e oliarlo non è stato meno faticoso, ma il risultato è impagabile». (…)

Sonia, anche lei mamma di allievi della Steiner, lo dice fiera mentre dipinge: «Questo è il ritorno a scuola che ci immaginavamo da genitori».

Articolo originale: Milano, alla scuola Steiner i banchi nuovi li hanno costruiti gli studenti (Gaia Terzulli per il Corriere della Sera)

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Le incredibili TERRE BALLERINE: a un’ora da Milano la natura DANZA sotto i piedi (VIDEO)

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Nel Lago Coniglio, nei pressi del piccolo bosco di Montalto Dora, succede un fatto all’apparenza incredibile: la terra danza sinuosa al passaggio dei nostri piedi. Scopriamo cosa si nasconde dietro questo mistero.

Le incredibili TERRE BALLERINE: a un’ora da Milano la natura DANZA sotto i piedi (VIDEO)

Nei pressi del piccolo bosco di Montalto Dora sulla strada per Aosta, non lontano da Ivrea, sopra quello che una volta era il Lago Coniglio, si trova un luogo davvero curioso dove il terreno e le piante sembrano danzare al nostro passaggio, al punto da essere state soprannominate “Terre Ballerine”. Se non ci credete, il video in fondo all’articolo ne è la prova.

Questa strana caratteristica del terreno, un’elasticità oltre misura che fa in modo che saltandoci sopra sembra di essere sopra un enorme materasso elastico è dovuta alla struttura geologica della zona. Infatti il terreno su cui è cresciuto il bosco è una torbiera, in poche parole un lago esaurito sul cui fondo si sono depositati nei decenni vegetali, animali morti ed altro materiale organico. L’assenza di ossigeno ha poi fatto il resto, trasformando il lago in uno stagno, poi in palude ed infine appunto in questa torbiera. Il materiale organico insieme al residuo strato di acqua sul fondale è la causa di questo effetto danzante del terreno.

# Il prosciugamento del Lago Coniglio alla fine del ‘900

Il Lago Coniglio si è prosciugato all’inizio solo in modo naturale, poi a causa dell’industrie di siderurgia di proprietà della famiglia Mongenet che si serviva della torba per far funzionare i suoi impianti, nel 1895 venne prosciugato definitivamente dalla mano dell’uomo. Questa attività fece scoprire la presenza nell’antichità, a cavallo tra il 1400 e l’800 a.C., di un villaggio di palafitte grazie al ritrovamento di alcuni reperti archeologici tra cui un’ascia, una spada ed una piroga.

# Quando le precipitazioni erano copiose, gli alberi si “esibivano” in delle vere danze

Fino a qualche tempo fa quando le precipitazioni in questa zona erano più copiose, gli abitanti del luogo hanno testimoniato di avere assistito a degli spettacoli naturali senza precedenti con alberi anche di alto fusto che ondeggiavano come se fossero appunto su un enorme materasso gommoso. Non rimane altro che provare la sensazione di camminare su queste “Terre Ballerine”, premurandovi di tanta pazienza e di una mappa perché il luogo è tanto magico e surreale quanto nascosto alla vista tra sentieri, laghi e vegetazione.

# Un bosco “magico” a pochi passi da Ivrea

 

Fonte: Guida Torino

Leggi anche: 7 MERAVIGLIE NATURALI poco conosciute nel NORD Italia

 

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Sondaggio: a Milano preoccupa più l’emergenza ECONOMICA (66%) di quella SANITARIA (34%)

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“Che cosa vi preoccupa di più: l’emergenza sanitaria o l’emergenza economica?” Risultato? I votanti identificano a grande maggioranza, con il 66%, l’emergenza economica come il problema più grave rispetto all’emergenza sanitaria. Una preoccupazione che mostra una necessità dei milanesi divergente rispetto alla priorità del Governo. Ma vediamo i numeri e alcuni commenti abbinati al sondaggio. 

Sondaggio: a Milano preoccupa più l’emergenza ECONOMICA (66%) di quella SANITARIA (34%)

Un sondaggio che ha raggiunto in 24 ore oltre 8.000 persone su Facebook. La grande maggioranza di chi ha votato (66%) si è espressa in modo netto: la preoccupazione più grande è per l’emergenza sanitaria, molto di più di quella economica. Un risultato a sorpresa soprattutto perchè in contraddizione con la linea dominante nel governo di Roma che sta concentrando tutti i suoi sforzi per affrontare l’emergenza sanitaria. A spese, per molti, dell’economia. Ma vediamo qualche commento significativo. 

# I cinque commenti più significativi (e più apprezzati dai lettori) emersi del sondaggio 

“l’emergenza democratica non c’è come terza alternativa?” (Alberto Aprila)

“Con lo smart working applicato dalle aziende temo che Milano diventerà più che città stato una piccola cittadina di provincia…..” (Italo Paolini)

“Con circa 50 persone in terapia intensiva, gli ospedali sotto controllo e la quasi totalità dei nuovi contagiati asintomatici è davvero difficile parlare di “emergenza sanitaria”. C’è stata, ora è giusto essere prudenti perché non sappiamo cosa può accadere in inverno, smettendola però con l’informazione terroristica, perché questa si che aggrava l’emergenza economica, che invece è purtroppo tangibile e disastrosa” (Alessandro Gramegna)

“L’emergenza economica è correlata all’emergenza sanitaria, se fermiamo quella sanitaria aiutiamo quella economica de non fermiamo quella sanitaria i soldi finiscono” (Fabrizio Antigo)

“L’ignoranza in cui cresceranno i nostri figli se non li rimandiamo a scuola e danni psicologici che ai porteranno dietro x anni” (Sara Cignolini)

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🔴 Sala, ADDIO a Milano (prima pagina del Fatto)

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Nel giorno dei funerali della madre, Stefania Beretta, che è venuta a mancare improvvisamente, il sindaco di Milano appare sulla prima pagina del Fatto Quotidiano. Lo scoop: Beppe Sala non si ricandida ma dirigerà la nuova società di gestione della rete unica telefonica. 

🔴 Sala, ADDIO a Milano (prima pagina del Fatto)

Il primo segnale: i tentennamenti

Milano è stata trasformata dall’emergenza Covid. In particolare è stata rivoluzionata la percezione dei cittadini nei confronti del sindaco. Mentre fino a gennaio Beppe Sala era saldo al comando di una città che volava e i cittadini sembravano compatti a spingerlo verso una sua rielezione, tutto è cambiato. L’emergenza ha mostrato una città ben più fragile di quello che sembrava e responsabilità di questo non poteva che essere attribuita anche al suo sindaco, lui stesso che in questa vicenda ha finito con l’occupare spesso più un insolito ruolo da comprimario che da leader della città motore del Paese. In breve, è apparso travolto dagli eventi. Sembra che se ne sia reso conto, tanto che è cambiato il suo atteggiamento anche in pubblico. Non ha fatto mistero delle sue perplessità a proseguire il percorso da sindaco, sottolineando lui stesso di non essere sicuro di avere le caratteristiche adatte a guidarla in un futuro incerto e, probabilmente, di crisi. In un sondaggio eseguito nei giorni scorsi sulla fan page di Milano città stato, il risultato conferma le titubanze dei milanesi: secondo il 56% di chi ha votato, Sala farebbe meglio a non ricandidarsi. 

Il secondo segnale: l’incontro con Grillo

Nei giorni scorsi ha fatto molto scalpore l’incontro di Sala con Beppe Grillo, nella sua casa in Toscana. Il sindaco ha smentito di aver parlato di politica locale. Non è un mistero che il leader del movimento 5 stelle, prima forza di governo, stia premendo come priorità strategica per il paese per la creazione di una nuova TIM per la gestione della rete unica telefonica nazionale. Un nuovo colosso delle comunicazioni di matrice pubblica. 

La prima pagina del Fatto

Il cerchio si chiude il 18 agosto. Il Fatto Quotidiano, il giornale più legato a Grillo e al movimento 5 Stelle, dedica la prima pagina a Beppe Sala. Secondo il quotidiano, il sindaco molla Milano e sarà proprio lui a guidare la nuova creatura destinata a trasformare il panorama delle telecomunicazioni nel Paese. 

Si tratta di riprendere il percorso di manager che da sempre è appartenuto alle sue corde, da Pirelli ad Expo, passando attraverso l’esperienza di city manager di Milano nella giunta Moratti. Spesso il sindaco si è prodigato di smentire indiscrezioni che non fossero rispondenti al vero. Vedremo se accadrà anche in questo caso o se risponderà con un silenzio dal suono del “chi tace acconsente”. 

Leggi anche articolo originale sul Fatto Quotidiano: Sala, addio a Milano

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🔴 Caos TAMPONI per chi rientra: all’Ats Milano già 8mila richieste. TENDONI per i test a Linate e Malpensa?

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credit: abbruzzolive.it

Tamponi obbligatori per chi rientra da Malta, Spagna, Grecia e Croazia. A Fiumicino si possono già fare, mentre negli aeroporti lombardi è il caos. Non si possono fare i tamponi e l’unica via per chi rientra è ridurre gli spostamenti e usare sempre la mascherina, in attesa di un tampone. Che per molti è una chimera: all’ATS di Milano sono già arrivate oltre 8.000 richieste. Il Governo in collaborazione con la Regione stanno preparando un intervento d’urgenza per fare fronte alle molte richieste: dei tendoni fuori dagli aeroporti. 

🔴 Caos TAMPONI per chi rientra: all’Ats Milano già 8mila richieste. TENDONI per i test a Linate e Malpensa?

Tensostrutture accanto alle uscite degli aeroporti di Milano Linate e di Malpensa. Questa la soluzione su cui stanno lavorando ministero e Regione Lombardia per fare subito il tampone per individuare il Covid ai viaggiatori di ritorno dalle vacanze nei Paesi – Croazia, Spagna, Malta e Grecia – individuati dal ministero della Salute come quelli per cui è obbligatorio il test.

La situazione infatti è in pieno caos: con migliaia di persone che rientrano in Italia e che devono fare i conti con le attese per fare i test. La Regione ha chiarito che non c’è obbligo di quarantena ma solo di ridurre gli spostamenti e usare la mascherina fino all’esito dell’esame.

A Bergamo le cose vanno un po’ meglio: la vicinanza all’aeroporto degli ospedali di Alzano Lombardo e Orio al Serio risolve il grosso del problema, pur tra lunghe code e attese. Così non è per Linate e Malpensa.

Le strategie per Milano

Per Malpensa l’ipotesi a cui Usmaf e Regione starebbero lavorando è quella di fare le analisi a chi rientra dalle vacanze in uno spazio adiacente al Terminal 1. Non è semplice, però: bisogna infatti sia evitare gli assembramenti, sia gestire i flussi di passeggeri in modo che tutti quelli che arrivano dai quattro Paesi a rischio non si incrocino né con i viaggiatori provenienti da altre località, né con coloro in partenza. Ancora più problematica l’individuazione di uno spazio a Linate, riaperto nelle scorse settimane ma ancora oggetto di lavori.

La seconda ipotesi è di allestire delle tensostrutture fuori dagli scali, facendo transitare da lì chi deve fare i test. L’obiettivo è organizzare tutto per la metà della settimana. Non è semplice, però: l’Usmaf non ha ancora i kit per i test. Solo tra oggi e domani ricevere una prima fornitura, di quelli rapidi sierologici con pungidito, che danno il risultato in mezz’ora e sono da fare al posto del tampone. 

Altro problema: la mancanza di personale. Di qui la richiesta di aiuto alla Regione, che per ora sta gestendo da sola la situazione, sia con 1.100 tamponi già fatti nella Bergamasca, sia cercando di far fronte alle richieste con numeri da capogiro che arrivano alle Ats.

Solo su Milano, sono arrivate oltre 8mila segnalazioni ricevute nel weekend di Ferragosto (di cui tremila di persone che rientreranno nei prossimi giorni).

Per far fronte alle richieste, in città si sta pensando di potenziare i punti prelievo “drive-in” già presenti a Bollate, Cinisello, San Carlo, San Paolo, San Raffaele e viale Jenner, raddoppiando orari e personale, e destinandoli solo ai tamponi da fare ai turisti.

Cosa deve fare chi rientra da questi Paesi (Malta, Spagna, Croazia, Grecia)

#1 permane la necessità di segnalare l’ingresso in Italia per chi arriva da Croazia, Grecia, Spagna e Malta al dipartimento di prevenzione di Ats.

#2 Successivamente si deve presentare l’esito del tampone effettuato nelle 72 ore antecedenti il rientro in Italia, oppure effettuare un nuovo test entro 48 ore dall’arrivo a casa. Nell’attesa è obbligatorio limitare gli spostamenti e indossare sempre la mascherina. 

Leggi l’articolo originale su repubblica.it: Coronavirus, tendoni all’uscita di Linate e Malpensa per i test rapidi ai vacanzieri: all’Ats Milano già 8mila richieste

Leggi anche: 🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi

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Il nuovo LAGO di MILANO

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Lago Fossone

Uno specchio di acque trasparenti alimentato dal canale Villoresi, un piccolo bosco, arbusti, prati, rondini, anatre e anfibi. Si tratta del nuovo lago di Milano, un’oasi dove passare i pomeriggi all’insegna della natura.

Il nuovo LAGO di MILANO

# Il nome, Lago Fossone, in ricordo dell’antico fontanile della zona

Credits: @simonamancini24 IG

In via Novara, poco dopo lo Stadio di San Siro, all’incrocio con via Caldera. È nato proprio qui il nuovo lago di Milano, un bacino d’acqua di circa 8 mila metri voluto da Italia Nostra e Comune.

E’ stato chiamato Lago Fossone. Prende il nome da uno degli antichi fontanili che occupavano questi terreni quando ancora erano parte della zona rurale extra-urbana. In particolare, il riferimento è al fontanile Fossone, chiamato così perché nasce da una depressione del terreno che è stata sfruttata per farne un nuovo bacino d’acqua, un laghetto dove negli anni Cinquanta i milanesi si recavano per fare il bagno.

I fontanili si erano poi, però, prosciugati. Ricomparsi negli anni Novanta, scomparvero ancora a seguito delle opere di canalizzazione sotterranea. Solo oggi, con la creazione del Lago Fossone, si dà nuova vita ad una parte di territorio propria della tradizione della città. Si ricostruisce, cioè, quell’ambiente ricco di flora e fauna acquatica che un tempo era generato dal periodico allagamento dell’area.

# La natura torna in città

La sua collocazione, all’incrocio di percorsi e strade trafficate, esprime con forme nuove il tema della natura che torna in città. Il progetto, infatti, è stato realizzato secondo i criteri di forestazione urbana, piantando siepi, piccoli boschi, realizzando una zona umida, prati per conciliare natura, paesaggio e fruibilità.

# In stretta connessione con Boscoincittà e Parco delle Cave

Lago Fossone è un altro importante tassello che si unisce allo sviluppo verde della città e in particolare si pone in stretta connessione con i vicini parchi urbani di Boscoincittà e Parco delle Cave. L’idea è di dare sempre più vita ai luoghi verdi della città, prendendo le distanze dalla “moda” del verticale, degli skyline, e rimanendo orizzontali. “La nostra è una sfida diversa, rimaniamo orizzontali, al piano strada, ma crediamo che l’effetto sorpresa sia altrettanto forte“, dichiara Luisa Toeschi, presidente Italia Nostra Milano Nord.

LETIZIA DEHO’

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

Il CONSENSO

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Quinta puntata: Il consenso”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica
Cerco l’uomo
L’intenzionalità

Benvenuti in un nuovo video dell’estate di filosofia politica in cui ogni giorno parliamo della politica per interrogarci sui fini del fare politica e come introduzione alla scuola di formazione politica che avrà luogo a fine settembre con altri personaggi che approfondiranno alcuni di questi temi. Oggi parliamo del consenso che è l’energia, la benzina per esercitare il potere, sia se si ha come fine quello di migliorare il benessere dei cittadini sia che si abbia come fine, quello purtroppo assai diffuso, del potere per il potere, ossia per il potere personale. Comunque sia, ci occupiamo del consenso.

Ieri abbiamo parlato dell’intenzionalità per differenziarla dalla volontà. Qual è la differenza fra volontà e intenzionalità? La volontà è quella dell’Io cosciente che desidera un obiettivo e fa in modo di ottenere quell’obiettivo: una visione pragmatica e contemporanea per cui l’essere umano sostanzialmente coincide con la sua razionalità e col suo “Io cosciente” e a quel punto il suo movente principale è la volontà. Ieri avevo citato l’esempio della persona che esce di casa per prendere il latte, prenderà questo latte e tornerà con il latte a casa. Però se si prende una visione classica, invece, dell’essere umano, si vede che in realtà l’essere umano è qualcosa di diverso, per riprendere sotto certi aspetti Jung, è un po’ come dire che in realtà la vita è molto di più di questa storia: esce una persona per prendere il latte ma torna a casa senza il latte, perchè come dice Jung la vita alla fine è di fatto una fuga dalla propria anima, dalla propria intenzionalità di natura, da quello che in realtà noi vogliamo davvero.

E questo perché avviene? Perché l’essere umano ha dentro di sé come socio di maggioranza il suo inconscio, cioè qualcosa che sfugge alla propria coscienza. In quest’inconscio ci sono i “mostri freudiani”, cioè qualcosa che ci porta al di fuori, al di là del nostro essere, del proprio Tao, della propria finalità esistenziale, però c’è anche la nostra più grande ricchezza. Tanto che tutti i grandi dicono sostanzialmente che il fine della vita non è raggiungere i propri obiettivi, ma conoscere se stessi, proprio perché dentro sé stessi c’è la nostra più grande ricchezza. Allora che cosa c’entra questo col consenso?

C’entra eccome, perché se si vuole far politica è giusto interrogarsi sui fini, però se succede esattamente come nell’esempio del latte e uno vuole raggiungere un fine che magari è molto nobile, però in realtà segue delle dinamiche interiori che lo portano fuoristrada, a quel punto il risultato è un disastro e serve a poco interrogarsi sui fini. Quindi ancora molto più serve interrogarsi sulle dinamiche interiori, se non altro facciamo luce dal punto di vista di quelle che sono le teorie più riconosciute e, dal mio punto di vista, sensate. Quindi, dentro l’essere umano non c’è solo la volontà ma ci sono anche queste dinamiche. 

Il CONSENSO

# La psicologia delle Folle di Gustave Le Bon

Cosa c’entra il consenso? Per capire come funziona il consenso il punto di riferimento di tutti i protagonisti che hanno fatto politica, almeno nel novecento, è il libro di Gustave Le Bon: “La psicologia delle folle”. Questo  trattato è molto interessante perché analizza la folla sostanzialmente per quello che è: cioè lui parte da questo assunto, che la nostra è l’epoca dove regna la massa. In una democrazia il tuo potere, qualunque cosa tu voglia fare con quel potere, comunque tu ce l’hai se ottieni il consenso e se perdi il consenso ti viene tolto, soprattutto alla luce dei giorni nostri in cui non è soltanto un consenso elettorale, è proprio un consenso quotidiano.

# Tre caratteristiche della massa riguardo il consenso

Le Bon analizza sia le caratteristiche del consenso e le modalità per condizionarlo. Ci tengo a sottolineare alcuni elementi, soprattutto questi tre elementi: lui dice che sostanzialmente il consenso, o meglio la massa che è quella che dà il consenso, è meno intelligente del singolo. Una delle caratteristiche è che il singolo, nel momento in cui fa parte di un gruppo, di una massa, perde gran parte della sua razionalità e della sua intelligenza. Ma questo non avviene soltanto, e questo è il secondo punto, soltanto per la massa come voto elettorale, come chi dà il voto, ma anche in tutti gli altri gruppi, ad esempio lui dice perfino i parlamentari. Perfino se noi avessimo solo persone molto istruite e intelligenti, nel momento in cui diventano massa, cioè si spersonalizzano, comunque diventerebbero stupidi come delle persone già stupide che si mettono insieme.

Quindi Le Bon dice attenzione, perché anche la politica a livello parlamentare o di gruppo raggiunge gli stessi livelli di stupidità di quello che può essere la massa elettorale. Il terzo punto che lui dice che il consenso non ha valore in sé perché una delle caratteristiche fondanti di ogni gruppo o di ogni massa è la volubilità. Prendendo una metafora evangelica si può dire che il consenso è quella roba che domenica ti tratta come un dio e venerdì ti mette in croce. Quindi “Le Bon” dice esattamente questo, dice occhio che è una caratteristica inscindibile quindi non ha alcun senso dare un valore in sé alla massa, sia perché la massa apporta una distruzione, comunque un’energia che non ha un suo ordine creativo, quindi va gestita non subita, sia perché volubile, oggi ti incorona, domani ti mette in croce.

# Il limite dell’analisi del consenso di Le Bon

Quindi questi sono gli elementi del consenso visti dall’io razionale, dalla volontà però, come detto, da soli non bastano e la dimostrazione che non bastano è che l’altro giorno ho parlato del fallimento della politica del ‘900, perché tutti i modelli che sono stati introdotti sono stati modelli fallimentari. E sono stati tra l’altro tutti modelli di persone che hanno gestito, tutti i grandi personaggi, grandi dal punto di vista dell’impatto sulla società, hanno tutti preso a riferimento “Le Bon”. Però perché è la dimostrazione che non funziona, cioè che non basta analizzare l’essere umano come sua volontà, è che hanno fallito tutti. Non solo hanno fallito perché non sono riusciti in quello che è il fine della politeia aristotelica cioè del dare e creare le condizioni migliori per essere felici. Tutti i programmi per fare le persone felici, hanno tutti fallito ma anche perché hanno fallito loro, cioè se vediamo tutti quelli che si sono ispirati a “Le Bon” hanno tutti fallito, nel senso che hanno perso il potere: non solo non sono riusciti a rendere felici le persone ma non sono riusciti a attuare il loro progetto e hanno perso il potere.

Se vediamo in italia, ad esempio, una caratteristica degli ultimi vent’anni è che tutti i governanti che abbiamo avuto erano tutte persone che come quantico, come possibilità, avevano tutti la possibilità di fare qualcosa. E gli è stata data dal popolo, dalla massa, gli è stato dato il consenso, il potere per potere fare questo qualcosa. Però in tutti i casi, vi invito a dirmi un’eccezione, si trattadi persone che alla fine potevano esercitare questo potere ma non lo hanno esercitato: uno, non sono riusciti a migliorare le condizioni del paese visto che siamo in declino sotto ogni aspetto da almeno vent’anni e, secondo, non è servito neanche a loro. Quindi hanno fallito sia che avessero il fine della politeia aristotelica di creare condizioni migliori, sia se avevano come fine quello molto più comune nella nostra politica che è quello del potere per il potere, cioè preservare il potere, visto che sono tutti caduti come pere. Allora questo fallimento, invito chi non l’ha visto a vedere il video di ieri, è una delle caratteristiche dei complessi che è quell’altra componente dell’essere umano. Come abbiamo visto ieri, non possiamo giudicare l’umano, come azione psichica o azione sociale, senza considerare il fatto che l’essere umano oltre alla sua volontà cosciente ha anche un inconscio. Dentro l’inconscio ci sono quelli che ho chiamato “complessi”, tutte quelle forze che lo deviano dalla sua strada, ma c’è anche l’intelligenza di natura, quel tipo di intelligenza in cui siamo tutti immersi, chiamiamola istintualità, istinto, intuizione, quello che volete, che vedrete invece nel prossimo video che è la base per costruire una politica sana.

# I governanti italiani degli ultimi anni mostrano le due caratteristiche tipiche dei complessi

Parliamo invece oggi dei complessi. Perché parliamo dei complessi? Perché, come detto, se vediamo tutti i casi di governanti degli ultimi anni, mostrano le due caratteristiche tipiche di tutti i complessi: una è che hanno fallito. Perché il complesso fa fallire? Perché un complesso per definizione è qualcosa che ti porta fuori dalla tua strada e quindi se ti porta fuori dalla tua strada prima o poi ti schianti contro un muro. Comunque è qualcosa d’altro rispetto a quello che è il tuo Tao, quella che è la tua direzione e quindi prima o poi ci deve essere il fallimento. In tutti questi casi c’è stato fallimento, qualunque fosse il loro fine hanno fallito.

Il secondo indizio che accomuna tutti i tipi di complessi è che in tutti questi casi si è attivato il cosiddetto meccanismo di difesa. Perché la caratteristica dei complessi è che hanno un meccanismo di difesa, anche perché, se non l’avessero, avremmo risolto il problema dei complessi. Perché se capiamo che un nostro errore nella nostra vita non è determinato da una persona cattiva o dai poteri forti o da altro, ma è stato provocato da un nostro complesso che abbiamo seguito, a quel punto già capire questo ci può consentire di risolvere il complesso. Risolvere il complesso non significa eliminarlo, perché comunque lo avremo sempre, ma per così dire lo abreiamo, cioè togliamo gli effetti, evitiamo che gli effetti di questa direzionalità ci portino fuori strada.

# Dall’approvazione del genitore alla ricerca del consenso

Per riprendere l’esempio di ieri, ho fatto un esempio molto banale di come un tipo di complesso può nascere quando il bambino insegue la palla ma gli viene detto di fermarsi perché è pericoloso e a quel punto inizia ad associare alla palla che corre, quindi a una nuova opportunità di crescita, un sentimento di paura. Significa che andando avanti nella sua vita se non risolve questa cosa, ogni volta che avrà un’opportunità grande avrà una grande paura. A quel punto i casi sono due: o segue il complesso e quindi darà sempre la colpa a questa grande opportunità per cui per lui ogni grande opportunità sarà uguale pericolo e quindi non le prenderà e rimarrà sempre allo stesso stadio evolutivo rinforzando il complesso, oppure potrà capire che quella paura non sta derivando dall’opportunità ma gli sta derivando da questo complesso. A quel punto la paura può diventare un fattore di grinta, di adrenalina che lo indirizza a cogliere l’opportunità. Per cui è sempre l’Io che decide, non il complesso in sé non è buono o cattivo, perché comunque può essere un ottimo indicatore, se lo capiamo.

Tornando quindi per chiudere il discorso complessi perché c’entra col consenso? Perché visto che la caratteristica fondante dei complessi, abbiamo visto che ci sono i due casi di risultato che accomunano tutti questi fallimenti, però un’altra caratteristica di tutti i complessi è che nascono per una frustrazione di un istinto per ottenere un’approvazione dall’adulto di riferimento: nasce da piccoli per avere l’attrazione sull’adulto, che è perché abbiamo bisogno dell’affetto dell’adulto perché da piccolo nessun bambino è autosufficiente quindi ha bisogno del ricevere affetto dell’adulto, perché più affetto riceve più ottiene gli strumenti per potere sopravvivere.

Tendenzialmente si sa, a livello psicologico, che questo è un tipo di teatro cioè se io attivo delle modalità che mi consentono di ottenere un’approvazione da parte dell’adulto, in generale nella vita cercherò di riprodurre lo stesso teatro, quelle stesse attività, e a quel punto, per selezione complessuale, tenderò a ritrovare nella mia vita quel tipo di adulto o quella fonte di approvazione. Qual è il problema? Il problema è che se il motivo per cui io sto facendo politica, il motivo inconscio è che sto sostituendo l’adulto di riferimento con il consenso, significa che io faccio politica inconsciamente perché il mio obiettivo è di essere apprezzato, approvato da quel consenso – elettorale, sondaggi, la gente-, ma solo per motivi complessuali, quindi il consenso non sarà uno strumento ma il fine del mio potere. Qual è il problema? Il problema è che, come detto, il complesso porta sempre all’autosabotaggio.

# Un esempio di azione del complesso sul politico

Faccio un esempio. Mi viene in mente un personaggio. E’ un classico dei complessi che si formano, che riguarda tipicamente i primogeniti. Consiglio per approfondire “Fratelli maggiori, fratelli minori“, bellissimo libro che mostra che ci sono delle caratterialità tipiche della genitura. Poniamo l’esempio di un primogenito, che da quando è nato il suo secondogenito, ha perso l’attenzione del genitore, che prima era tutto per lui, e che vuole attivare delle modalità per ottenere questa attenzione. Magari una di queste modalità è quella di lavorare su suoi giochi o sue cose, per poi distruggerle magari dando la colpa al secondogenito che è arrivato e poi si prende la sberla e inizia a piangere, o comunque attirare l’attenzione, Oppure anche solo perché distruggi qualcosa e fai un patatrac, fai esplodere qualcosa, fai un casino, metteteci voi l’esempio che volete, più casino fai più distruggi qualcosa più il genitore arriva e ti dà quell’attenzione di cui hai bisogno.

Capiamo che se questa è una strategia che diventa caratteriale per ottenere l’attenzione, nel momento in cui farai politica o un business probabilmente è come avessi già una bomba innescata: cioè inizi a fare un progetto, sia che sia un referendum che un grande progetto innovatore, tu in realtà inconsciamente stai già creando le dinamiche per farlo esplodere, perché? Perché pensi che nei momenti in cui fallisci ci sarà, non più la mamma, ma il consenso, gli altri, la gente che ti darà attenzione perché hai fallito, anche se è ovvio che è inconscio. È inconscio perché succede, fai esplodere il tuo macro progetto, perdi il potere, il progetto va male e tu invece di dire “è perché avevo innescato questo”, se non risolvi domani farai lo stesso, creerai una nuova roba che nel momento più forte lo farai saltare.

Perché ho citato quest’esempio? Perché il rapporto col consenso può essere un rapporto complessuale. Purtroppo è molto più frequente di quello che che sembra, e ogni volta che sarà per un complesso sarà sempre una bomba innescata perché sarà sempre prodromo per l’autosabotaggio del governante. Quindi questa è la dinamica. Il prossimo video invece parliamo in senso positivo dell’altra grande forza che c’è nell’inconscio: l’intenzionalità di natura. E vedremo come si può fare politica seguendo quella.

ANDREA ZOPPOLATO

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Per tre anni Milano è stata sotto TORINO: cosa è successo e che cosa i Savoia hanno lasciato a Milano

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carlo emanuele III assedia il castello

Pochi sanno che Milano è stata sotto i Savoia, anche se per soli 3 anni. Ecco come si svolsero i fatti.

Per tre anni Milano è stata sotto TORINO: cosa è successo e che cosa i Savoia hanno lasciato a Milano

# Il 4 novembre 1733 l’occupazione franco-piemontese della città

Nel settembre 1733 con il Trattato di Torino, un accordo segreto tra il Regno di Francia e Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, la Francia prometteva a Carlo Emanuele il ducato di Milano in cambio di aiuto militare nella guerra di successione polacca. Nel rispetto di questo trattato il 28 ottobre 1733 Carlo Emanuele III di Savoia, schierato con il nipote Luigi XV, marciò verso Milano per occupare la città e la Lombardia. Tra le conquiste ci furono: Vigevano, Pizzighettone, Sabbioneta e Cremona.

Il 4 novembre 1733 le truppe franco-piemontesi occuparono Milano senza incontrare resistenza da parte degli austriaci. Carlo Emanuele III di Savoia entrò a Milano l’11 dicembre e dal 15 al 25 dicembre i piemontesi assediarono il Castello, comandato da Annibale Visconti, che capitolò alla fine di dicembre. Il 25 gennaio 1934 nominò una giunta provvisoria presieduta dal piemontese de Petit per governare Milano.

# La fine dell’occupazione dopo soli 3 anni

L’occupazione dura poco: il 3 ottobre 1735 la Francia firma l’armistizio con l’Austria e iniziano i preliminari della pace di Vienna, che verrà conclusa nel 1738. Sono così deluse le aspettative del Piemonte di ottenere la Lombardia: il 16 agosto 1736 vennero firmati i preliminari di pace che assegnavano le Langhe, Novara e Tortona al Piemonte. Ha inizio lo sgombero delle truppe piemontesi. Nel seguente trattato di Vienna del 1738 si imponeva in via definitiva sia a Carlo Emanuele III sia a Filippo V di rinunciare a Milano, in cambio appunto di alcuni territori lasciati al Piemonte. Durante l’occupazione piemontese di Milano Carlo Emanuele III si era autoproclamato “re di Lombardia“. Di quei tre anni rimane solamente una campana con simboli tipici conservata all’interno del Castello Sforzesco.

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I NUOVI POVERI di Milano, giovani famiglie con il terrore di finire in strada: +30% le richieste di AIUTO ad agosto

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credit: corriere.it

“Durante il lockdown si sono presentate anche persone che non mangiavano da 4 giorni”. “Ora vengono persone dai 35 ai 50 anni”. “Un aumento di richieste di aiuto di circa il 30 per cento ad agosto”. Cronache dal mondo delle associazioni dell’altra emergenza, quella economica, che in silenzio rischia di sbriciolare Milano. Articolo pubblicato su agi.it

I NUOVI POVERI di Milano, giovani famiglie con il terrore di finire in strada: +30% le richieste di AIUTO ad agosto

Pubblichiamo: Il Ferragosto dei nuovi poveri a Milano, giovani famiglie col terrore di finire in strada (www.agi.it)

 Durante il lockdown si sono presentate anche persone che non mangiavano da 4 giorni, una situazione molto anomala in una città come Milano che ha una solida rete di assistenza per i più fragili. Ora, a chiedere aiuto, sono  tante famiglie italiane e uomini e donne più giovani. Sono i ‘nuovi’ poveri, dolente eredità del coronavirus che chiedono aiuto alle associazioni di volontariato. E lo faranno anche a ferragosto con le modalità imposte dalla prevenzione del contagio coi ‘pacchi’ per sfamarsi che ora si ricevono dentro ai sacchetti.

“Ora vengono persone dai 35 ai 50 anni”

“Agosto vede arrivare da noi lo stesso numero di persone dei mesi precedenti – spiega all’AGI Luigi Rossi, vicepresidente  di ‘Pane quotidiano’  che da oltre un secolo distribuisce generi alimentari e aiuti economici e ha due sedi in città –  il che significa che si registra un aumento di richieste di circa il 30 per cento perché in questo mese di solito viene meno gente che nel resto dell’anno. Noi non censiamo gli ospiti, ma vediamo che arrivano soprattutto anziani italiani, oggi ci troviamo di fronte a diversi italiani di ‘mezza età’, dai 35 ai 50 anni, una situazione che certo è figlia del Covid. 

Sono cittadini, ragiona, che “magari prima mettevano in tasca 1350 euro al mese e ora sono in cassa integrazione e ne prendono 800, manca una fetta di reddito importante. Li aiutiamo evitando che tirino fuori i soldi per la spesa”.

“Famiglie col terrore di finire in strada”

Operatori e volontari del ‘Progetto Arca’, altra coriacea realtà di aiuto milanese, distribuiranno in stazione Centrale il 15 agosto anguria fresca e 10mila bottigliette d’acqua ai più fragili ai senza dimora, utile refrigerio a chi sta molte ore sotto al sole.

“Stiamo notando due cose – spiega Costantina Regazzo, direttrice dei servizi -. La prima è che le persone in strada hanno bisogni sanitari più alti per la difficoltà dei servizi a rimettersi in moto e, per questo, abbiamo potenziato i servizi infermieristici delle unità sul campo. La seconda è il terrore delle famiglie che ci chiamano: c’è chi ha paura di perdere il lavoro, di non riaprire a settembre, di perdere la casa perché non sta più pagando l’affitto. 

Regazzo racconta che, durante il lockdown, i senza dimora hanno perso i loro riferimenti con la chiusura di servizi e negozi e la scomparsa di chi, passando dove avevano scelto di mettere la loro ‘casetta’, li aiutava. Inoltre non sapevano cosa stesse accadendo ed è stato importante, e ancora lo è, informarli, anche su come tutelare la loro salute. Ricorda “quella sera davanti alla stazione Centrale che sono arrivate più di 200 persone a prendere il cibo e abbiamo capito che mancava in modo significativo. Lì c’era un signore che non mangiava da 4 giorni, molto anomalo che capiti a Milano.  Abbiamo anche deciso di non dare più solo il pacco quotidiano, ma anche il pranzo del giorno dopo”.

Articolo originale: Il Ferragosto dei nuovi poveri a Milano, giovani famiglie col terrore di finire in strada (www.agi.it)

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