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Le 10 STARTUP italiane del 2020 dove cercare lavoro

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La classifica Top Startups Italia 2020 redatta annualmente da LinkedIn, propone la lista delle migliori startup del nostro Paese. La selezione avviene sulla base di quattro criteri: la crescita della loro forza lavoro di queste aziende, le interazioni degli utenti con ogni azienda e i suoi dipendenti, l’interesse manifestato nei loro confronti dalle persone in cerca di impiego e la loro capacità di attrarre talenti. Inoltre devono essere indipendenti e private, avere 30 o più dipendenti residenti nel Paese di riferimento, avere non più di 7 anni e non aver licenziato il 20% o più della loro forza lavoro nel periodo di tempo considerato. Quali sono, dunque, le startup dove è meglio trovare impiego?

Le 10 STARTUP italiane del 2020 dove cercare lavoro

#1 Casavo, instant buyer immobiliare

Nata a Milano nel 2017, si occupa di acquistare, ristrutturare e mettere sul mercato gli immobili privati. In massimo trenta giorni garantisce la vendita della casa e il versamento del 100% del valore al proprietario.

#2  Boom, contenuti visivi super fast per le attività commerciali

L’azienda, che ha raccolto finora 3,5 milioni di euro in diversi round di finanziamenti, mette a disposizione la possibilità di prenotare in pochi secondi un servizio fotografico professionale, ovunque e in qualsiasi momento.

#3 Satispay, la fintech attiva nel mondo dei pagamenti digitali mobili

Con una piattaforma alternativa alle carte di credito o debito e già salita alla ribalta fra le più promettenti realtà tecnologiche del mondo finanziario su scala internazionale.

#4 Everil, spesa online da tutti i supermercati

La startup è attiva da anni nella consegna a domicilio della spesa in collaborazione con diverse catene di supermercati.

#5 Credimi, eroga prestiti alle imprese attraverso una piattaforma completamente digitale

L’azienda si occupa di supportare gli imprenditori e le imprese ottimizzando il capitale circolante e i flussi di cassa, liberando il circolante immobilizzato e riducendo sensibilmente i costi fissi e gli oneri eccessivi per l’accesso al credito.

#6 EnergyWay, data science e intelligenza artificiale

Fondata a Modena nel 2013, riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione come “ente di ricerca accreditato, specializzato in Data Science”, offre modelli matematici innovativi al servizio dell’efficienza e della sostenibilità delle imprese.

#7 Milkman, digitalizzazione della logistica e della supply chain

In sintesi la startup veronese Milkman fornisce un servizio di consegna a domicilio che permette al cliente di scegliere il giorno e l’ora di recapito del pacco. Il destinatario può disdire e ripianificare l’arrivo del corriere fino all’ultimo minuto e senza costi aggiuntivi.

#8 Kineton, società ingegneristica che propone soluzioni per diversi ambiti industriali

L’azienda napoletana fornisce servizi di ingegneria avanzata rivolti al mondo Media, ICT ed Automotive, gestendo l’intero ciclo di vita del software, dallo sviluppo alla validazione, è all’avanguardia nel mondo della cyber security.

#9 iGenius, analisi dei dati a supporto del business attraverso tool di intelligenza aumentata la propria missione

Grazie all’intelligenza artificiale, sviluppa soluzioni software che rivoluzionano la business intelligence e permette a qualsiasi azienda, anche non nativa digitale, di sfruttare al meglio i propri dati business e di prendere decisioni supportate dai dati, in maniera efficiente, veloce, e in mobilità.

#10 Roboze, uno dei nomi più “caldi” per le stampanti 3D

La startup made in Puglia ha sviluppato un avanzato sistemi di stampa 3D, riconosciuto da un brevetto tecnologico, per rispondere alla fascia di mercato che richiede prezzi più accessibili.

Fonte articolo: Il Sole24ore

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Il “PONTE SULLO STRETTO” di Milano

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C’è un progetto che la città aspetta da decenni, che se non è paragonabile allo ponte sullo stretto tra Messina e Reggio Calabria poco ci manca. Un’infrastruttura fondamentale per tutta l’area metropolitana.

Il “PONTE SULLO STRETTO” di Milano

# Il prolungamento della linea M3 fino a Paullo: 30 anni di attesa

Credits: wikipedia.org – Linea M3

La linea M3 è stata inaugurata per la gran parte tra il 1990 e il 1995 con l’apertura di Zara, mentre le ultime cinque fermate realizzate da Maciachini a Comasina hanno aperto tra il 2003 e il 2011. Negli anni ’90 è stata pensata la realizzazione del prolungamento fino a Paullo, addirittura la nuova tangenziale est esterna TEEM nella sua costruzione ha lasciato lo spazio necessario nel suo tracciato nel nodo di Paullo per le future fermate della M3.

# Il progetto preliminare giudicato troppo oneroso: 15 km per 900 milioni di euro

L’ultimo progetto preliminare del collegamento San Donato-Paullo, datato 2006, consisteva in un tracciato di circa 15 km, con 8 stazioni: San Donato Est, San Donato Centro, Peschiera Centro, Peschiera Est, Pantigliate-Mediglia, Caleppo Cerca, Paullo Centro e capolinea a Paullo Est. Purtroppo è stato giudicato a più riprese insostenibile da un punto di vista economico, alla luce di una spesa che oggi supererebbe i 900 milioni di euro. Per questo motivo si sta lavorando ad un nuovo studio di fattibilità.

# Le varianti ipotizzate dalle nuove ipotesi di progetto: tracciato più corto e meno fermate

Un recente studio di Metropolitana Milanese Spa, sovvenzionato dai Comuni del territorio, ridimensionerebbe il progetto iniziale di portare la linea ferrata sino a Paullo. Lo studio di fattibilità dovrebbe valutare diverse opzioni: una metropolitana leggera, la costruzione della linea ferroviaria che colleghi Milano a Crema, il rafforzamento delle linee dei bus già esistenti. Il Comune di Pantigliate ha chiesto a Milano di finanziare solo la parte dello studio di fattibilità che riguardava la ferrovia e non le altre possibili alternative.

In base alle nuove idee di progetto il focus sul prolungamento si fermerebbe ai comuni più popolosi sulla Paullese, San Donato e Peschiera, ipotizzando quindi un prolungamento di soli 4 km e due sole fermate aggiuntive: San Donato Centro e Peschiera. Il costo complessivo sarebbe di poco meno della metà del progetto originario: 400 milioni di euro. Sono al vaglio comunque altre due varianti: un prolungamento su Peschiera Est, con stazione in prossimità di Bettola-Zeloforamagno, oppure il raggiungimento di Vigliano-Pantigliate, un compromesso rispetto al prolungamento fino a Paullo.

La presentazione dello studio di fattibilità era attesa entro Aprile 2020 ma sia Metropolitana Milanese che il Comune di Milano hanno chiesto una proroga e ad oggi non c’è una nuova data.

Continua la lettura con: le estensioni della metropolitana

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Piano SCUOLA anti COVID in Lombardia: cosa fare con SINTOMI sospetti

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Credits: puntosicuro.it

Starnuti, tosse, naso che cola, qualche linea di febbre: cosa fare?

Quando, come e chi potrà fare richiesta di tampone in caso di presenza di sintomi, quali sono i punti dove effettuarlo e i tempi per gli esiti. Chi dovrà essere posto in isolamento e cosa succede in caso di positività di uno studente. Ecco tutte le informazioni nel dettaglio delle linee guida regionali.

Piano SCUOLA anti COVID in Lombardia: cosa fare con SINTOMI sospetti

Pubblichiamo estratti articolo di “Affari Italiani” – Tampone a scuola: eccome come e dove farlo in Lombardia

# Dal tampone all’isolamento in caso di positività: le linee guida della regione

Come pubblica Affari Italiani, il Piano anti Covid è arrivato nelle scuole lombarde, con le linee guida stilate dalla Regione. Sono già state trasmesse a tutte le autorità sanitarie territoriali e agli istituti scolastici di ogni ordine e grado, condivise con i rappresentanti dei pediatri e dei medici di medicina generale.

Il percorso in caso di sospetta positività da parte degli alunni e del personale didattico, è il seguente, con esiti garantiti entro la giornata e l’isolamento che scatta in caso di positività accertata:

#1 Dai sintomi al tampone.

L’accesso diretto al tampone con autocertificazione per gli studenti e il personale scolastico viene garantito in caso di rilevazione di sintomi a scuola oppure al di fuori dell’ambiente scolastico a seguito di indicazione del medico o del pediatra.

#2 I punti tampone.

I punti tampone vengono definiti dal coordinamento ATS/AASST e sono accessibili tutti i giorni dal lunedì al sabato almeno 4 ore al giorno durante la mattinata.

#3 I laboratori e gli esiti.

I laboratori processano i tamponi in giornata e provvedono a caricarne gli esiti sul fascicolo sanitario elettronico e sul ‘flusso tamponi’ entro le ore 23. ATS, medici e pediatri possono visualizzare gli esiti tramite gli appositi cruscotti o strumenti informatici dedicati.Le ATS garantiscono anche il supporto formativo e informativo necessario sul territorio per i referenti scolastici e le famiglie.

# L’assessore Gallera “I tamponi possibili solo con autocertificazione vidimata dalla scuola o su segnalazione del medico di famiglia”

L’assessore al Welfare Giuilo Gallera evidenziando quanto previsto dalle linee guida anti-covid per il settore scolastico, diffuse alle ATS e, da queste, a tutti gli istituti di ogni ordine e grado, ha ricordato che: “I tamponi con accesso diretto per la popolazione in età scolare sono possibili solo con l’autocertificazione vidimata dalla scuola oppure a seguito della segnalazione al Medico o Pediatra di famiglia”.

Spiegando il funzionamento della procedura: “In caso di sintomi simil influenzali o sospetti Covid riscontrati nel corso dell’attività scolastica viene contattata la famiglia dello studente e rilasciato un modulo di autocertificazione autorizzato dall’istituto da consegnare alla struttura sanitaria dove si esegue il tampone con accesso diretto. Il documento autorizza all’esecuzione del tampone senza prenotazione solo lo studente e non l’intero nucleo familiare“.

Conclude Gallera: “Qualora a seguito della rilevazione della temperatura o alla comparsa di sintomi sospetti riscontrati al domicilio, la famiglia del giovane in età scolare deve contattare il medico o il pediatra di famiglia il quale, accertata la necessità di dover eseguire il tampone, procede alla segnalazione e all’invio dello studente al punto di accesso diretto più vicino“. Le identiche procedure valgono anche per gli insegnanti e per il personale scolastico non docente.

# Isolamento per chi è in attesa dell’esito del tampone

In caso di effettuazione del tampone, si dovrà rimanere in isolamento fino alla comunicazione dell’esito. Al contrario i contatti di una persona con sospetta positività, legata all’ambito scolastico e ai servizi educativi per l’infanzia, non sono da lasciare in isolamento domiciliare fiduciario, lo stesso per i familiari conviventi e ai compagni di classe o ad altri contatti stretti.

In caso di positività degli studenti, scattano le misure d’isolamento dell’intera classe, ma solo se l’interessato ha frequentato la scuola nelle ultime 48 ore, e dei familiari e contatti diretti per il periodo di quarantena stabilito dai protocolli anti covid al termine del quale viene eseguito un tampone ai contatti per accertarne la negatività e due tamponi al caso positivo per verificarne l’avvenuta negativizzazione.

Il commento finale dell’assessore al Welfare lombardo:La sicurezza sanitaria nel corso dell’attuale stagione scolastica è quantomai delicata ci troviamo di fronte ad una sfida che possiamo affrontare e vincere solo attraverso una grande alleanza fra famiglie, istituzioni, enti sanitari, MMG e pediatri, istituti scolastici e famiglie. Nessuno escluso. Dobbiamo riuscire a garantire l’equilibrio fra lo svolgimento dell’attività didattica e l’attuazione dei protocolli anti Covid a tutela degli studenti e del personale scolastico”.

Fonte articolo: Affari Italiani

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L’APPARTAMENTO più COSTOSO in vendita a Milano

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Piazza San Babila

Milano è per distacco la città italiana dove il costo delle vita è più alto e gli immobili, sia in affitto che in vendita, riescono a raggiungere dei prezzi decisamente esosi. Ma quale appartamento detiene il record per il prezzo più esorbitante?

L’APPARTAMENTO più COSTOSO in vendita a Milano

# Oltre 20 milioni di euro per un appartamento di 1.700 mq

Si trova in pieno quadrilatero l’appartamento più costoso di Milano. Si tratta di un attico di 1.770 mq in zona San Babila con una valutazione che supera i 20 milioni di euro.

Nel Quadrilatero esiste anche il record della richiesta massima verificata per un metro quadro di abitazione: oltre 27 mila euro. Una cifra da record: nelle zone di corso Magenta e piazza Duse ci si è “fermati” a un intorno di 20 mila euro al mq e ad appartamenti da 10-11 milioni. Gli ultimi dati a disposizione riguardo la vendita più cara si è verificata in zona Brera per oltre 9 milioni di euro.

# L’attico appartenuto a Gucci: tre piani, 37 finestre, 6 ascensori, giardino piantumato con piscina sul tetto

Credits: engel & volkers – Attico Gucci

L’appartamento da oltre 20 milioni di euro è una mega residenza di tre piani con attico a vista totale sulla città di Milano, all’angolo tra corso Vittorio Emanuele, piazza San Babila e corso Europa. Il nono piano ha 37 finestre che si affacciano sulle tre vie, al decimo c’è il terrazzo e un’altra parte dell’abitazione, mentre sul tetto di 800 mq è stato realizzato un giardino piantumato con piscina, bar, barbecue e cucina. L’appartamento è il risultato dell’unione tra la storica sede della Coca Cola e l’abitazione di Maurizio Gucci, presidente della maison di moda, ed è dotato di quattro ascensori padronali e due di servizio servono la residenza.

In vendita da diversi anni è rimasto ancora senza acquirenti. C’è qualcuno pronto a farsi avanti?

FABIO MARCOMIN

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La SCULTURA SONORA in centro a Milano (VIDEO)

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Credits: askanews - Scultura Sonora

Dentro la chiesa di San Carlo al Lazzaretto, l’artista islandese Ragnar Kjartansson dà vita a un’opera che raccoglie la sfida di ritrovare l’infinito nel banale, di riscoprire il romantico nel quotidiano. I dettagli dell’iniziativa.

La SCULTURA SONORA in centro a Milano

Pubblichiamo articolo di “Askanews” – Ragnar Kjartansson: una scultura sonora e la nostra umanità oggi

# “The Sky in a room”: il monumento sonoro temporaneo dell’artista islandese Ragnar Kjartansson

Una chiesa simbolica, un organo e una canzone pop, “Il cielo in una stanza”, ripetuta come un mantra. Non è facile spiegare che cosa succede davvero dentro San Carlo al Lazzaretto a Milano quando si scopre il monumento sonoro temporaneo che l’artista islandese Ragnar Kjartansson ha pensato e realizzato con la Fondazione Nicola Trussardi. Quello che è certo che l’opera “The Sky in a Room” muove emozioni impreviste, e spalanca una serie di possibilità che, forse, non avremmo neppure osato sperare.

Il curatore Massimiliano Gioni: “Quest’opera ha questo potere straordinario di trasformare l’intimità in una vastità. Ragnar è un artista che gioca e si ricollega direttamente alla tradizione romantica sia dell’Islanda, sia della pittura e della poesia nordica, quindi questa idea di un anelito per l’infinito è intimamente presente nel suo lavoro“.

# Una tensione verso l’infinito tramite una manifestazione della cultura popolare

Una tensione verso l’infinito che avviene però tramite una manifestazione della cultura popolare e questa è, da sempre, una delle cifre del lavoro di Kjartansson. L’artista islandese racconta la sua arte: “A me piace molto usare diverse forme culturali, come una sorta di ingredienti, per arrivare a un’idea scultorea, a un monumento. E io spesso vivo la mia vita interiore e le mie emozioni attraverso le canzoni pop“.

Alcune canzoni in particolare – ha aggiunto Ragnar – sono diventate più importanti nella mia vita, come Il cielo in una stanza. Quello che mi interessa è prendere alcuni elementi narrativi del pop e trasformarli in una scultura, come se fosse un’opera del Canova“.

# La scelta della chiesa un tempo al centro del Lazzaretto di Milano è un richiamo ai nostri tempi di pandemia e distanziamento

Il fatto di avere scelto la chiesa che stava al centro del Lazzaretto di Milano, dall’epoca della peste del Manzoni, è ovviamente un richiamo ai nostri tempi di pandemia e distanziamento. “E’ un luogo, come molti di quelli che abbiamo scelto per la Fondazione Nicola Trussardi – ha aggiunto il curatore – che è parte del sistema nevralgico della città, e allo stesso tempo è dimenticato o comunque non noto a tutti. In questa occasione ne apriamo le porte: è un piccolo scrigno, una sorta di carillon, così lo abbiamo anche immaginato, con quest’opera al centro che ci parla di circa 600 anni di storia di Milano“.

E come durante il lockdown le canzoni erano state spesso un veicolo di comunità, così il brano di Gino Paoli nella visione di Kjartansson diventa qualcosa di altro, un dispositivo di empatia e anche di attenzione, che interagisce con lo spazio della chiesa, modificandolo, oltre che con le emozioni del pubblico. L’artista prosegue: “Io credo veramente che le opere d’arte appartengano agli spettatori. I miei pensieri riguardo a un pezzo sono sempre molto più limitati di quello che uno spettatore riesce poi a trovarci“.

# La sfida di riscoprire il romantico nel quotidiano

Il curatore Massimo Gioni sottolinea che: “C’è questa sfida di ritrovare l’infinito nel banale, nel sentimentale, che è la sfida di Ragnar ed è una sfida alla quale dobbiamo prestarci tutti oggi, ossia essere in grado di riscoprire il romantico nel quotidiano“. Un quotidiano che è fatto di dubbi, incertezze, paure. Ma anche di opportunità e di conferme che possiamo andare a cercare anche nei modi e nei luoghi più imprevisti, a cominciare da dentro di noi, ovviamente. Ragnar Kjartansson conclude il suo messaggio: “Oggi, in questo lungo, sfibrante, interessante, strano tempo del Covid l’arte non è una via di fuga, ma piuttosto qualcosa che definisce il nostro stare nel mondo e ci ricorda la nostra umanità“. Ecco, se volevano cercare l’infinito probabilmente lo abbiamo trovato. Era vicino, era nostro, ma per ricordarcene ci serviva un cuore più largo, magari anche un po’ sdolcinato, ma che importa. E’ comunque qualcosa di bellissimo.

Fonte articolo: Askanews

La “scultura” si potrà ammirare tutti i giorni dalle 14.00 alle 20.00, fino al 25 ottobre presso la Chiesa di San Carlo al Lazzaretto in Largo fra’ Paolo Bellintani, 1.

Ragnar Kjartansson – The Sky in a Room from Artes Mundi on Vimeo

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🔴 Una ricerca DANESE: “La pandemia in Svezia potrebbe essere terminata”. Effetti simili anche per la Lombardia?

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Stoccolma (stockholm_insta)

Uno dei più importanti ricercatori di epidemiologia della Danimarca ha affermato che la pandemia di coronavirus in Svezia “potrebbe essere terminata” grazie al fatto che si è lasciato circolare il virus in modo da fare raggiungere una “forte immunità”, anche se il Paese rimane lontano dalla classica soglia del 60%. Vediamo i risultati della ricerca e quali conseguenze potrebbe avere per la nostra regione. 

🔴Una ricerca DANESE: “La pandemia in Svezia potrebbe essere terminata”. Effetti simili anche per la Lombardia?

Pubblichiamo traduzione articolo di “The Local” – Sweden’s coronavirus pandemic ‘may be finished’: Danish researcher

# Sneppen, professore all’Niels Bohr Institute di Copenhagen “Ci sono indicazioni che gli svedesi abbiano acquisito un elemento di immunità alla malattia”

Ci sono indicazioni che gli svedesi abbiano acquisito un elemento di immunità alla malattia, che, insieme a tutto ciò che stanno facendo per prevenire la diffusione dell’infezione, è sufficiente per contenere la malattia“, lo ha riferito Kim Sneppen, professore di biocomplessità presso il Niels Bohr Institute di Copenhagen, al quotidiano Politiken.

Secondo i dati raccolti da OurWorldinData, la Svezia venerdì 18 settembre aveva registrato una media giornaliera di 23 casi per milione di persone nei sette giorni precedenti, rispetto ai 61 casi in Danimarca e 20 in Norvegia. Sneppen ha riconosciuto, tuttavia, che il Paese aveva registrato un tasso di mortalità molto più alto in aprile, maggio e giugno rispetto a quello registrato in Danimarca. Questo è quello che hanno pagato. Dal lato positivo, ora potrebbero aver finito con l’epidemia. Sneppen, insieme a Lone Simonsen dell’Università di Roskilde, ha sviluppato un modello per spiegare la traiettoria della pandemia in Svezia e Danimarca, sottolineando l’importanza dei “superdiffusori”, una minoranza nella popolazione che ha diffuso il virus in modo sproporzionato.

# “Anche solo il 20% di persone immuni può di fatto arrestare la circolazione al virus”

Uno studio pubblicato da Tom Britton presso l’Università di Stoccolma ad agosto ha stimato che se si presume che i membri più socievoli e attivi della società siano i primi a essere infettati, la soglia per la piena immunità di gregge potrebbe scendere fino al 43% della popolazione, sotto al 60-70% che è la soglia classica in epidemiologia.

Solo il 20 per cento dell’immunità fa una grande differenza, perché coloro che sono stati infettati all’inizio dell’epidemia erano i più suscettibili al coronavirus e i più socialmente attivi“, ha detto Britton a Politiken.

# I danesi: “Si può sostenere che gli svedesi abbiano scelto la soluzione giusta”

Martedì, in una conferenza stampa, l’epidemiologo di stato danese Kåre Mølbak ha avvertito che la Danimarca era ancora nella “prima ondata di infezione” perché l’onda in primavera non ha avuto il tempo di “svilupparsi completamente perché ci siamo chiusi in casa”. Søren Riis Paludan, professore di biomedicina presso l’Università di Aarhus, ha affermato che sempre più prove suggeriscono che l’Agenzia per la sanità pubblica svedese potrebbe aver avuto ragione nella scelta di perseguire una strategia che consentisse uno sviluppo controllato dell’immunità. “Si può sostenere che (gli svedesi) abbiano scelto la soluzione giusta, ma all’inizio erano scarsamente preparati per la strategia e non potevano proteggere i loro vulnerabili“, ha detto.

Ma altri hanno detto che c’era ancora il rischio di ulteriori focolai in Svezia. “Non credo che si possa già escludere che anche la Svezia avrà una fiammata come quella in Danimarca“, ha detto al quotidiano Allan Randrup Thomsen, professore di virologia all’Università di Aarhus.

Fonte articolo: The Local

# La Lombardia forse l’area con più diffusione del virus in Europa. Anche qui si potrebbe essere raggiunta la soglia minima del 20% di immunità tale da fare esaurire gli effetti alla pandemia 

Ci sono numerosi elementi che hanno certificato la presenza del virus a Milano già a Dicembre dello scorso anno e visti i collegamenti assidui tra l’area metropolitana e il resto della regione è quasi certo che il virus abbia girato indisturbato per mesi in tutta la Lombardia. Il numero dei contagi, con ultima rilevazione a circa 105.000 persone, senza contare tutti gli asintomatici che sfuggono ai tamponi e test sono un ulteriore dato a conferma che la regione possa essere l’area dove il Covid si sia diffuso di più che altrove in Europa. A questo va aggiunta l’indagine sierologica voluta dal governo italiano che ha dato come esito che i positivi sarebbero almeno 6 volte maggiori rispetto a quelli rilevati.

Se prendiamo quindi lo studio dell’Università di Stoccolma, pubblicato dal dottor Tom Britton, che stima una soglia per l’immunità di gregge più bassa di quella classica, fino al 43%, è ragionevole supporre che anche in Lombardia si possa essere non lontani da questa percentuale. Anche i milanesi e lombardi potrebbero avere raggiunto l’immunità e sarebbe una conferma anche dei dati sulla gravità dei nuovi positivi e dei ricoveri, che rispetto alle altre regioni d’Italia, sono limitati e non destano alcuna preoccupazione. Inoltre secondo l’ipotesi della ricerca danese, i “superdiffusori” iniziali avrebbe diffuso in maniera sproporzionata il virus che avrebbe causato l’impennata di decessi, così come lo Stato scandinavo il Covid potrebbe avere esaurito la sua forza anche in Lombardia, essendosi “sfogato” nella fase iniziale quando ancora non era sotto controllo.

Dati che potrebbero trovare una corrispondenza con ciò che sta avvenendo in Lombardia adesso. La regione che era stata la più colpita nelle fasi iniziali dell’emergenza, e che secondo le ricerche aveva già avuto una grande circolazione del virus prima di fine febbraio, da settimane risulta in Italia il tasso più basso di crescita dei contagi (ormai attorno allo 0,1%, mentre le regioni più colpite sono sopra il 2%) e di positività (sotto all’1%) e tra i più bassi d’Europa. 

Se i risultati delle ricerche danesi e svedesi fossero esatti la Lombardia sarebbe forse la prima area d’Europa insieme alla Svezia a essere uscita dalla pandemia per aver esaurito la massa critica necessaria per la circolazione del virus. 

Leggi anche: 🔴 Dalle acque di scarico la prova definitiva: il VIRUS a Milano già a DICEMBRE

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Il cuore di Milano non fa parte di questa Italia

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Pensiero del giorno

Milano ha sempre espresso in politica delle idee differenti dal resto d’Italia.

Milano è sempre stata diversa e ha espresso idee innovative che nel bene e nel male si sono poi diffuse nel Paese. Fino a qualche anno fa Milano è stata la guida culturale d’Italia con iniziative e scelte che hanno anticipato e indirizzato il cambiamento.

Milano era sempre sulla cresta dell’onda del cambiamento in Italia.

Ma ora non è più così. Milano è perdente. 

Milano è perdente quando vota sì al referendum di Renzi, è perdente quando vota radicale nelle elezioni in cui dominano i 5 stelle, è perdente con la sinistra locale ignorata da quella nazionale, è perdente in tutte le scelte della politica nazionale che negli ultimi anni ha voltato le spalle a Milano e alle sue aspirazioni.   

Ma Milano è perdente non perchè esprime una volontà di minoranza opposta alle scelte del Paese. Lo è perchè da punto di riferimento che viene seguito dal resto del Paese è diventata un motivo di delegittimazione. 

Le elezioni di ieri sono state l’apoteosi di questa cultura anti-milanese dominante in Italia. I trionfatori sono stati il PD nazionale, che ha scelto l’opposto del PD milanese, e i 5 stelle che non solo a Milano non hanno mai lasciato traccia ma hanno stravinto con un referendum che nel centro di Milano ha avuto un risultato contrario.

Ma ancora non basta. Il simbolo della Milano perdente è quello che è avvenuto a Napoli con l’affermazione di De Luca che ha cavalcato l’odio contro Milano come cavallo di battaglia per avere successo tra i suoi concittadini. 

Il problema non è che Milano ha idee diverse ma è che nella visione dell’Italia di oggi Milano è perdente.

Mentre chi vince è la questua dei soldi in Europa, l’uso assistenzialista del denaro pubblico, il centralismo romano esasperato contro comuni e autonomie, il piagnisteo e l’antipolitica irresponsabile.

Chi vince è l’invidia territoriale contro la cultura del lavoro e del merito che è il fondamento di Milano. 

“Tu non ti rendi conto dell’odio che hanno i romani contro i milanesi” (Marcello T)

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I 10 PARADOSSI del Covid

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La gestione dell’emergenza Coronavirus ha messo in luce una serie di paradossi davvero singolari e in discussione alcuni dei principi basilari del nostro comune modo di pensare. Vediamo quali sono i 10 più curiosi.

I 10 PARADOSSI del Covid

#1 Paradosso della plastica

Credits: oceanasian.org – Mascherine recuperate in mare

Greta Thunberg è ormai un lontano ricordo, la guerra alla plastica pure. Ora ogni occasione è buona, a causa del Covid, per utilizzare prodotti inquinanti: guanti, bicchieri, mascherine usa e getta, tubetti di gel igienizzante. Tutti oggetti che stanno già inquinando le nostra città e i nostri mari e che a lungo andare rischiano di provocare più danni ambientali dei decenni precedenti.

#2 Paradosso dei tamponi

Gli italiani che tornano dalle vacanze da diversi paesi stranieri sono obbligati a fare il tampone all’arrivo, gli stranieri che arrivano dagli stessi paesi per motivi di lavoro in Italia invece no. Il virus colpisce solo chi ha la residenza nel nostro Paese?

#3 Paradosso degli assembramenti

Fuori dai luoghi chiusi si possono fare assembramenti, dentro tutti correttamente distanziati.

 

#4 Paradosso della mascherina

Per entrare al ristorante e andare al tavolo va indossata anche se distanziati, come per andare al bagno e alla cassa. Al tavolo la mascherine si possono togliere per tutto il tempo anche se si è vicini ad altre persone che mangiano, parlano e hanno più probabilità di diffondere il virus nell’ambiente.

Leggi anche: La politica delle mascherine in Italia ha senso come creare in una piscina un’area dove fare la pipì

#5 Paradosso dei salutisti affumicati

Ci sono gli integralisti della mascherina anche all’aperto che la abbassano solo quando devono fumare. Quindi alla larga dal virus, ma non da altri mali forse molto peggiori.

#6 Paradosso dei malati di serie B

Malati sintomatici di malattie gravi sono trattati peggio degli asintomatici del Covid. Mentre un asintomatico lo si rincorre per un’analisi ci sono altri tipi di controlli che richiedono settimane se non mesi prima di essere eseguiti. Uno studio in Inghilterra ha individuato in 170 mila le persone con gravi patologie che non sono state curate adeguatamente negli ospedali durante i mesi dell’emergenza Covid. In Italia numerose visite per la altre malattie sono state rinviate a data da definirsi.

#7 Paradosso dell’asintomatico

Il primo sintomo è non avere sintomi. 

#8 Paradosso del malato ricercato 

Il Covid è la prima malattia dove spesso non è il malato che cerca il medico ma viceversa: è il dottore che cerca il malato, con tamponi e test sierologici.

#9 Paradosso del congiunto

Si può andare in auto con parenti che non si vedevano da secoli ma non con compagni, amici e colleghi di lavoro con cui ci si incontra di frequente.

#10 Paradosso del 37.4

Termoscanner

La temperatura ai 37,4° C è il nuovo limite del bene e del male. Al di sotto è la libertà, sopra il divieto di uscire di casa, il pericolo di una quarantena infinita e della condanna sociale.  

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Il CENTRO di Milano ha detto NO

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Credits: milano.corriere.it - Risultati referendum Milano

Ormai sembra la regola in ogni elezione. Quello che vota il centro di Milano è l’opposto al resto del Paese. Questa volta è più marcata la differenza tra il centro e le periferie, dove comunque il NO ha “tenuto” rispetto al dato nazionale del 30% con almeno il 40% in tutti i municipi, tranne il nove a nord, mentre nel Municipio del centro storico il NO ha vinto a larga maggioranza. Vediamo tutti i risultati.

Il CENTRO di Milano ha detto NO

# Nel Municipio 1 il NO ha vinto con il 56,54% dei voti

Il centro storico a livello elettorale è un mondo diverso dalla periferia e il voto sul taglio dei parlamentari sancisce una netta cesura con le periferie e conferma una tendenza presente da anni in città. I cittadini fuori dal perimetro un tempo disegnato dalle mure spagnole hanno esigenze differenti da quelli residenti nel Municipio 1. Il risultato complessivo è allineato per preferenza a quello nazionale, anche se il Sì ha vinto con il 56,54% cento dei voti e  il NO si è fermato al 43,46%, contro rispettivamente il 69,64% e il 30,36%.

Nel Municipio 1 si registra esattamente il dato rovesciato con il No che si afferma con il 56,54% contro il Sì bloccato a quota 43,46. Il Municipio 3 è quello che si avvicina di più portando il NO alla soglia del 50% con il 49,31%.  Al contrario il Municipio 9, a nord della città, dove si è registrata una vittoria più schiacciante del Sì stravince con il 60,4% delle preferenze. Il risultato è che ci sono due Milano, quella del centro ricco e sofisticato che è lontano da idee cosiddette “populiste” e le periferie che hanno visto questo referendum come una sorta di rivalsa sociale contro la politica e contro i privilegi. Un fatto da non sottovalutare è una bassa affluenza, che con il 45% di milanesi andati alle urne, è stata di otto punti inferiore rispetto al dato nazionale. 

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Il caso De Luca: l’ODIO contro Milano è una CARTA VINCENTE

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Credits: ilmessaggero.it - De Luca

Una delle costanti nei mesi di gestione dell’emergenza Covid sono le uscite di De Luca contro Milano e il Nord, con atteggiamenti e frasi di pessimo gusto anche verso i numerosi morti dei nostri territori. Secondo molti proprio questo astio espresso continuamente contro Milano e il Nord è stato uno dei fattori decisivi per la sua grande vittoria nelle elezioni regionali del 20-21 settembre. 

Il caso De Luca: l’ODIO contro Milano è una CARTA VINCENTE

# La vittoria schiacciante con il 69% delle preferenze

Una partita senza storia. Il governatore uscente della Regione Campania ha vinto senza appello, quasi un plebiscito contro le altre forze politiche in campo. Il secondo candidato non è arrivato al 20%. Vincenzo de Luca ha dimostrato totale sicurezza in campagna elettorale, grazie al modo in cui è riuscito a far percepire la bontà della gestione dell’emergenza Covid in Campania e soprattutto per avere rinfocolato lo spirito di rivalsa del Sud contro il Nord

# Le motivazioni del suo successo? Tra le più diffuse e evidenti la sua scelta di “odiare” Milano e il Nord

Già, è stata propria questa secondo molti l’arma in più che ha consentito al governatore uscente di guadagnare tutto questo consenso. La gestione dell’emergenza Covid da parte del governatore campano è stata indubbiamente caratterizzata da un atteggiamento da sceriffo nei confronti nei cittadini. Celebri le sue esternazioni contro chi non rispettava le regole imposte: “Feste di laurea? Vi mando i carabinieri con il lanciafiamme!” oppure “c’è un 10% di irresponsabili, che vanno neutralizzati e messi in condizioni di non nuocere.” o ancora “Ti trovo in mezzo alla strada o a passeggiare su lungomare o stravaccato sulla panchina? Ti obbligo alla quarantena di 15 giorni”.

Ma quello che ha fatto più notizia e creato più senso di appartenenza e vicinanza alle idee del candidato uscente, è stato certamente l’odio mostrato verso Milano e il Nord, che forse più di ogni altra cosa, è stato tra le motivazioni principali che hanno contribuito alla sua rielezione. Visto che al contrario l’atteggiamento “minaccioso” verso i suoi concittadini non è servito a fermare i contagi, che invece ancora oggi sono più alti in percentuale che al Nord. Ecco alcuni tra i numerosi commenti alla sua vittoria che mostrano quanto abbia fatto sentire i cittadini campani orgogliosi di essere rappresentanti da qualcuno con il coraggio di andare contro il Nord nel suo momento di maggiore difficoltà. 

 

# Tutti gli attacchi di De Luca a Milano e al Nord

La prima azione di De Luca contro il nord è stato quando ha stabilito a inizio pandemia l’obbligo per chi arrivava dalla Lombardia o altre zone rosse di mettersi in quarantena, con l’obbligo dei “per i concessionari di trasporto aereo, ferroviario e autostradale di acquisire e mettere a disposizione delle forze dell’ordine e dell’unità di crisi regionale, dei Comuni e delle Asl i nominativi dei viaggiatori“. Con la dichiarazione al seguito: Se al nord allentano misure chiudiamo i confini della Campania”.

L’attacco allo stile di vita del Nord, con i cittadini complici della diffusione del virus: “In Campania non succederà mai quello che è successo in Lombardia e in altre regioni del Nord, con anziani a terra perché non c’era un buco dove ricoverarli“. E ancora: “Quando noi chiudevamo, in Lombardia e in altre regioni del Nord si brindava in piazza perché non si doveva chiudere niente. Quindici giorni significano 2mila contagi in più, cioè un disastro“.

Poi, tralasciando le offese agli avversari politici, l’arroganza del governatore campano si spinge oltre, con la dichiarazione di pessimo gusto durante una visita all’ospedale di Sapri, quando elogiando la strategia della sua regione, arriva a irridere i morti al nord:”Quando noi chiudevamo altrove si facevano iniziative pubbliche: Milano non si ferma, Bergamo non si ferma, Brescia non si ferma. Poi si sono fermati a contare migliaia di morti. Migliaia non centinaia”.

Infine l’attacco al sistema sanitario lombardo: “Solo nella provincia di Bergamo hanno avuto 2.000 morti nelle residenze per anziani, in tutta la Campania 14. Se Codogno fosse stata in Campania non avremmo potuto aprire la bocca per altri 200 anni. A Milano discutono ancora se la zona rossa doveva farla il Governo o la Regione, noi intanto abbiamo chiuso e abbiamo salvato la vita di centinaia di persone. Qui in Campania abbiamo ospedali di assoluta eccellenza. Non c’e’ bisogno di andare a Milano, Bologna, Verona o Pavia“.

L’odio contro Milano come jolly per vincere le elezioni: potrebbe essere questo un precedente politico che verrà imitato da altri? 

Leggi anche:
🔴 Altro attacco del Governatore della Campania: “Milano non si ferma… Poi si sono fermati a contare i morti”
Il MURO del Sud contro il Nord: la riconoscenza non è di questo Paese

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Essere o non essere? Milano e il Covid

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Credit: Takashi Homma

Pensiero del giorno

La modalità psicologica di affrontare il Covid è l’opposto dell’identità milanese.

Il distanziamento sociale è contro il DNA di Milano che si è sempre basata sulla socialità soprattutto tra persone che non si conoscono.

La diffidenza verso l’altro è l’antitesi della milanesità che ha sempre aperto le porte all’altro.

Milano ha sempre affrontato i pericoli a viso aperto, invece la pandemia si sta cercando di eliminarla sfuggendole.

Milano non è una città che scappa. Milano è fondata sul rischio, su gente che si gioca tutto, sul coraggio. Ma ora il coraggio è diventato un crimine. Perché chi non ha paura della malattia è considerato un pericolo per gli altri.

Il rischio è l’essenza di Milano e questa non è solo filosofia ma qualcosa di tangibile. Il rischio è ogni negozio, ogni grande evento, ogni iniziativa, ogni impresa, ogni persona che ha lasciato la sua terra per costruire la sua fortuna a Milano. 

Togliere il rischio a Milano significa cancellare tutte le sue eccellenze. Perché trapiantare a Milano una mentalità remissiva e di totale fuga dal rischio significa fare appassire la struttura portante della città che rischia di afflosciarsi in un cumulo di nulla.

La vera emergenza di Milano è la perdita della sua identità, dell’idea milanese di affrontare le cose. Perchè si sta obbligando Milano a vivere come un luogo che forse è diffuso in altre parti d’Italia ma che non è Milano.

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“Se mi ammalo, come si fa?”. Svelato il motivo dell’ASSENZA di Conte dalla Lombardia durante l’emergenza: aveva paura

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Credits: gazzettadelsud.it - Il premier Conte

Nei primi due mesi dell’emergenza Covid fece molto rumore l’assenza di Conte, e degli altri ministri, dai territori più colpiti. Mentre primi ministri o presidenti di tutte le altre nazioni europee visitavano gli ospedali delle aree più colpite, di Conte in Lombardia non si vedeva neanche l’ombra.

Finalmente viene svelato il retroscena dietro la mancata visita di Giuseppe Conte in Lombardia nel momento più critico della pandemia quando le terapie intensive erano piene: la paura di ammalarsi di Covid. Lo raccontano fonti governative riportate dal Corriere. La ricostruzione dei fatti.

“Se mi ammalo, come si fa?”. Svelato il motivo dell’ASSENZA di Conte dalla Lombardia durante l’emergenza: aveva paura

# La paura di ammalarsi di Covid ha tenuto il premier lontano dalla Lombardia

Come racconta il Corriere della Sera, i governatori del Nord fecero pressioni sul premier per farsi vedere nelle regioni travolte dal virus. Il presidente della Lombardia Fontana chiese al presidente del Consiglio di testimoniare la vicinanza dell’esecutivo con una sua visita, ma si sentì rispondere: Vediamo… Sai, se poi mi ammalo, come si fa?”

# L’arrivo “fuori tempo massimo”, di notte, quando non c’era più pericolo

Come riportano il Corriere della Sera e Il Giornale, in Lombardia Conte si è fatto vedere soltanto due mesi dopo l’inizio, quando l’epidemia era ormai sotto controllo. Era il 27 Aprile quando si presentò in visita alle due città più martoriate d’Italia. Una visita che il bergamasco Roberto Calderoli ha definito “fuori tempo massimo. “Una passerella non solo inutile, ma quasi offensiva… quando la Lombardia contava oltre 500 morti al giorno e non bastavano i letti negli ospedali non si è fatto vedere“. 

Una visita che i lombardi non dimenticano: a Bergamo si era presentato dopo le undici di sera, mentre a Brescia era arrivato alle due di notte. A chi gli chiedeva conto di tutti quei morti rispondeva brusco: “Ho già parlato a Milano…. E, quando Francesca Nava cronista di Tpi ha provato a strappargli di bocca una parola in più, l’ha liquidata con stizza: “Guardi, se lei un domani avrà la responsabilità di governo, scriverà tutti i decreti ed assumerà tutte quante le decisioni“. Parole che in quel momento hanno fatto male a tutti i lombardi.

Fonti articolo: Il Corriere, Il Giornale

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ATLANTROPA: il progetto tedesco per UNIRE EUROPA e AFRICA

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Credits: berlinomagazine.it - Atlantropa

Un progetto che non vide mai la luce. Voleva prosciugare le coste del Mar Mediterraneo, lasciando ad esempio senza mare Venezia, per creare una sorta di unico continente. Per garantire autosufficienza all’Europa e contrastare gli Stati Uniti d’America. Ecco l’idea dell’architetto tedesco e come andò a finire.

ATLANTROPA: il progetto tedesco per UNIRE EUROPA e AFRICA

Pubblichiamo articolo di Gianmarco Corradini per “Berlino Magazine” – Atlantropa, il progetto di un architetto tedesco per unire Europa e Africa

# Lo scopo del progetto: unire territorialmente Europa e Africa attraverso il prosciugamento del Mediterraneo

Nel primo dopoguerra nacque in Germania il progetto di unire i continenti di Europa e Africa attraverso la costruzione di una diga sullo stretto di Gibilterra. L’idea di Atlantropa, questo il suo nome, venne all’architetto tedesco Herman Sörgel. A ispirare il progetto fu l’essiccamento ciclico delle acque del Mediterraneo avvenuto 6 milioni di anni fa. Secondo Herman Sörgel l’unione dei due continenti avrebbe risolto il problema della sovrappopolazione in Europa e fornito enormi quantità di energia elettrica. L’opera avrebbe richiesto 100 anni per la sua realizzazione, contribuendo ad abbassare i livelli di disoccupazione.

# Secondo l’ideatore del progetto Herman Sörgel , Atlantropa avrebbe risolto il problema del Lebensraum

Secondo Herman Sörgel l’unione terrena di Europa e Africa era l’unico modo per contrastare la potenza emergente degli Stati Uniti. L’Europa sarebbe diventata autosufficiente, possedendo territori in tutte le aree climatiche. Il progetto avrebbe anche risolto il problema della disoccupazione, che in quegli anni creava considerevoli tensioni politiche. I sostenitori erano principalmente di origine tedesca. Forte in quegli anni era l’interesse per il Lebensraum, lo spazio vitale. Connettendo territorialmente i continenti sarebbero stati velocemente raggiungibili nuovi territori da abitare. Punti chiave e presupposti del progetto erano il sentimento di pan-europeismo e una visione coloniale ed eurocentrica dell’Africa.

# Il progetto non fu esente da critiche

A favore del progetto erano architetti/progettisti della Germania e di altri paesi del nord Europa. Le critiche ruotavano intorno alla mancanza di cooperazione fra i paesi e alla totale non considerazione delle comunità marittime, le quali avrebbero visto sparire le loro coste. Il movimento per la realizzazione di Atlantropa durò fino ai primi anni 50 quando morì il suo ideatore.

Articolo di Gianmarco Corradini per “Berlino Magazine” – Atlantropa, il progetto di un architetto tedesco per unire Europa e Africa

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METROTRANVIA MILANO-DESIO-SEREGNO: nel 2021 via ai lavori. Le 25 fermate del progetto

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Metrotranvia Milano Seregno

Dopo decenni di stallo, ricorsi, modifiche al progetto e rischio concreto di stop definitivo, ora sembra arrivata la svolta decisiva. È stato infatti consegnato il progetto esecutivo da parte dell’impresa appaltatrice, che tra la primavera e l’estate del prossimo dovrebbe partire con i cantieri. Le ultime novità e i dettagli della nuova infrastruttura di trasporto pubblico che collegherà Milano con i comuni della Città Metropolitana.

METROTRANVIA MILANO-DESIO-SEREGNO: nel 2021 via ai lavori. Le 25 fermate del progetto

Pubblichiamo estratti articolo di Pier Mastantuono per “Il Cittadino MB” – Consegnato il progetto definitivo della metrotranvia Milano-Desio-Seregno: cantiere dal 2021

# L’impresa appaltatrice ha consegnato il progetto esecutivo

La Cmc ha consegnato a Città Metropolitana di Milano il progetto esecutivo della metrotranvia Milano-Desio-Seregno come annunciato da Beatrice Uguccioni della delegata alla mobilità, con il piano definitivo di intervento, entro i tempi previsti. Ora, con le interferenze e gli espropri risolti, non rimane che fare la validazione del progetto ad opera di MM. La procedura andrà eseguita entro 90 giorni, ma Milano chiede che Metropolitana Milanese stringa i tempi il più possibile. In modo da arrivare a questo ultimo step anche prima di dicembre.

# Un’opera attesa da decenni, finanziata dal governo Prodi

La Uguccioni ricorda che “Si tratta di un’opera finanziata ai tempi del governo Prodi, sono infrastrutture che devono essere fatte. Questa come altre, ma in maniera particolare quelle di più antico concepimento, che si trascinano ormai da decenni per le ben note vicende e complicazioni. Abbiamo grande rispetto per i sindaci, e nello specifico in questo caso, per quelli interessati dai lavori. Li abbiamo sentiti e abbiamo accolto, nei limiti del possibile le loro proposte. Anche con Seregno stiamo parlando proficuamente per la modifica sul capolinea. Ma l’opera si farà, non c’è alcun dubbio».

# I lavori in partenza tra la primavera e l’estate del 2021

Dopo la validazione, Uguccioni, Granelli per Milano e i tecnici di riferimento torneranno ad incontrare i sindaci e cittadinanze, in un ulteriore giro di assemblee pubbliche, tra la fine dell’anno e l’inizio del 2021. Il nodo, neanche tanto ignorato nei commenti, rimane Cusano Milanino che nei mesi scorsi ha sottratto dal bilancio la quota parte accantonata dalla giunta che ha preceduto il sindaco Valeria Lesma, che a sua volta ripete e sottolinea di non essere contraria all’opera. Sebbene Cusano abbia di fatto sottratto dal bilancio i fondi.

Non ci è stato ancora comunicato niente di ufficiale – commenta il sindaco Lesma – sono altri che hanno fatto ricorso contro la scelta del Comune di Cusano. Aspettiamo novità ufficiali e il pronunciamento del Tar“. Il Tribunale Amministrativo dovrebbe emettere una sentenza entro il 3 febbraio, ma a quel punto la validazione di MM dovrebbe essere cosa già acquisita. Con i lavori pronti a partire tra la primavera e l’estate, senza possibili ulteriori impedimenti.

# Cosa prevede il progetto: 25 fermate per 14,2 km di estensione

Progetto Metrotranvia Milano-Seregno

La prima parte fino a Paderno Dugnano (loc. Calderara) sarà a doppio binario e la seconda (da Calderara a Seregno) a binario singolo con raddoppi per gli incroci. Il progetto prevede la trasformazione dell’obsoleta tranvia interurbana Milano-Desio, con prolungamento a Seregno, in una moderna metrotranvia, intervenendo sulle vie di corsa, la tecnologia impiantistica, la tipologia dei treni e i criteri di esercizio.

È prevista inoltre la realizzazione di un nuovo deposito tranviario ubicato al confine fra i comuni di Desio e Seregno. Tale riqualificazione si inquadra nella pianificazione strategica d’ambito regionale e provinciale e coinvolge vari enti e i comuni di Milano, Bresso, Cormano, Cusano Milanino, Paderno Dugnano, Nova Milanese, Desio, e Seregno.

Continua la lettura con: Le fermate da accorpare sulla metro di Milano

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

 

7 OGGETTI CULT di Milano

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Molti oggetti fanno parte della tradizione di una città al punto da diventarne binomio inscindibile. Quali si abbinano di più a Milano? Ecco la nostra lista

7 OGGETTI CULT di Milano

#1 La Cadrega, l’oggetto milanese per eccellenza

E’ il caso di Milano e della cadrega ovvero la sedia. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno tributato a questo oggetto una scena diventata cult per tutti. Ciapa la cadrega era la frase tipica di chi invitava un ospite o l’ultimo arrivato a sedersi con lui. Le varie declinazioni indicavano tutti i tipi di sedie, dal cadreghin al cadregun. L’oggetto milanese per eccellenza.

#2 La schiscietta, il portavivande dei lavoratori milanesi

Schiscietta

La schiscietta è un portavivande composto da una vaschetta principale nella quale alberga una secondaria che rimane sollevata dalla prima. Serviva a portare il cibo da casa alle migliaia di pendolari e persone che non volevano o non potevano permettersi di spendere soldi in bar e ristoranti. Nella vaschetta principale si metteva il primo mentre nella vaschetta secondaria un secondo o un contorno, spesso cucinati la mattina stessa da madri e mogli che sacrificano ore di sonno per svegliarsi prestissimo e produrre il cibo per i loro lavoratori di casa. Erano presenti nei vari stabilimenti delle vasche in metallo che venivano riempite di acqua e quindi scaldate consentendo alle schisciette di scaldarsi stando a bagnomaria. Un must per le molte fabbriche e officine di Milano.

#3 La Resega, qualunque falegname ne aveva una, usato anche per indicare una persona spigolosa

Resega

La resega è una sega per legno composta da un’anima in legno a forma di H e che consente da una parte di avere una lama dentata e dalla parte opposta un tirante per far si che la lama rimanga sempre tesa. Qualunque falegname ne aveva più di una e sicuramente non mancava in casa di chi si scaldava con la legna. Il termine era anche usato per indicare una persona spigolosa, scontrosa

#4 La Michetta, il pane di Milano

Credits: pianetapane.it -Michetta

La michetta o rosetta, un cult per il milanese a tavola. Il pane a Milano era solo michetta e durante le gite si portavano farcite di salame o di Bologna, ovvero la mortadella. La sola variante era morbida o ben cotta, tutto il resto non era “commestibile”…

#5 Il Cifon, il comodino o per indicare una ragazza non propriamente carina

Il Cifon (pronunciato Cifun), cioè il comodino. Di qualunque forma e sostanza purché ci fosse il lumìn, piccola lampada da lettura. Si usava anche per indicare una ragazza non propriamente carina o di bell’aspetto.

#6 La vedovella, perché “la pisaa semper un gutin d’acqua”

Vedovella

La vedovella è la fontanella pubblica, impropriamente chiamata a Milano anche drago verde. Vedovella perché “la pisaa semper un gutin d’acqua”, cioè fa sempre cadere una goccia di acqua come se stesse piangendo. Intere generazioni di bambini si sono dissetati alle Vedovelle, chi bevendo l’acqua che cadeva o, i più ghessi, tappando il buco dal quale esce l’acqua attendo che zampillasse dal buco superiore. Chi appoggiava le labbra per bere si costruiva più anticorpi che una decina di trivalenti del militare.

#7 La rumenta, capitava spesso al Meazza sentir apostrofare qualche giocatore poco produttivo con suddetto vocabolo

La rumenta, il tuffo, la spazzatura. Il sacchetto dei rifiuti che andava riposto nella riera (immondezzaio). Inutile spiegare per quali altri usi venisse utilizzato questo vocabolo. Capitava spesso a San Siro, ora Meazza, sentir apostrofare qualche giocatore poco produttivo con suddetto vocabolo.

ROBERTO BINAGHI

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7 PARADOSSI ITALIANI

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Credits: tesoriditaliamagazine.it

Il paradosso più paradossale dell’Italia è che è il Paese in cui i cittadini denigrano di più se stessi, a differenza delle altre nazioni che invece praticano l’arte dell’auto elogio, anche quando magari hanno ben poco da esaltare. Detto questo, essendo io Italiana, non smentirò la premessa e mi butto a capofitto a far critica scovando alcuni paradossi del Bel paese.

7 PARADOSSI ITALIANI

#1 Il Paese record per siti Unesco ma incapace di valorizzarsi

Siamo la nazione che possiede in assoluto più siti “patrimonio dell’umanità” assegnati dall’Unesco, ma non lo sappiamo. Corriamo a New York e ci genuflettiamo davanti ai grattacieli, imbambolati da cotanta bellezza mentre non riusciamo più a cogliere l’atmosfera dei nostri borghi storici, delle chiesette di montagna, senza scomodare il Duomo di Firenze e il Colosseo.

#2 La donna italiana è simbolo di bellezza universale ma utilizziamo modelle straniere per promuovere i nostri abiti

Le donne: abbiamo corpi che geneticamente hanno attinto dalla statuaria greca perché dal sud dell’ Europa ci hanno portato le contaminazioni femminili, la solidità delle forme, i colori che ricordano la terra e la fertilità ma sulle nostre passerelle sfilano anoressiche straniere dal volto emaciato.

#3 Formiamo i nostri ragazzi ma facciamo di tutto per fare scappare all’estero i migliori

I cervelli: escono dalle nostre università a pieni voti. Gente che fa ricerca, inventa cose, risolve enigmi ma a noi piace umiliarli. Non si sa mai che si montino la testa. Così gli offriamo stipendi da fame, per questo poi ci rimaniamo male se ci tradiscono e vanno a vivere all’estero. Che ingrati…

#4 Siamo il paese più indebitato ma più generoso con i suoi politici

La crisi economica: anneghiamo nei debiti ma siamo forse il paese al mondo che spende in assoluto di più per foraggiare i governanti. Si taglia su tutto, tutto!! La sanità, la scuola, la cultura. Ma guai a togliere baby pensioni da 80 mila euro a politici che hanno lavorato due anni. Lo sappiamo tutti, lo vediamo, ma ad oggi nessuno è riuscito a chiudere il rubinetto.

#5 Il nostro artigianato ce lo ammira tutto il mondo ma noi lo ignoriamo

L’artigianato: possediamo una tradizione manifatturiera che tutto il mondo ci invidia. La creatività e l’abilità dei nostri artigiani è inimitabile, frutto di secoli di esperienza. Un prodotto, direi l’unico, che non ci possono portar via ma ci crediamo solo se arriva il turista americano a fare wow! Non solo, ci indebitiamo per comperare brand made in china, fatti in serie, perché dalla regia ci imboccano i gusti correnti.

#6 L’Italia è una, due, centomila

L’Italia va a due velocità: al nord la schizofrenia è un vanto, un fiore all’occhiello. Se sei iperattivo vieni ammirato, ancor più se dichiari di vivere per la carriera. Al sud sedersi a tavola in famiglia è un rituale sacro che richiede tempo. Pure in spiaggia si mangiano pietanze che al nord le vedi solo a Natale. I bimbi ingeriscono teglie di parmigiana e poi non possono metter piede in acqua fino all’ora di cena.

#7 Le mille contraddizioni: l’Italia è un Paese inspiegabile, come un “calabrone volante”

Questo paese è il regno delle contraddizioni e a volte sogni di scappare a gambe levate. Sogni una vita precisa come la Svizzera, efficiente come la Germania, solare come la Spagna, ribelle come la Francia, ma sul nostro mancar un po’ di tutto, abbiamo costruito un’identità forte e poliedrica. Zoppi, abbiamo imparato a camminare su un piede solo, ciechi, abbiamo affinato l’udito, poveri abbiamo compreso il senso della condivisione.

In fondo dovremmo solo spolverare l’abito buono e saperci raccontare meglio al mondo. Sarebbe un buon inizio.

PAOLA MERZAGHI

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Sud Dakota, la SVEZIA d’America nella lotta al Covid (AIER)

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Kristi Noem, governatore dello Stato del Sud Dakota

Forse sono le sue origini dai nativi americani, fatto sta che il Dakota del Sud nell’emergenza Covid ha preso le distanze dal resto degli Stati Uniti. Lo stato del Midwest ha infatti applicato lo stesso modello svedese: nessun lockdown, nessun obbligo all’uso dei mascherine, piena fiducia ai cittadini, scuole sempre aperte. Il risultato: l’economia è già in risalita, il tasso di disoccupazione è tra i più bassi e i decessi e contagi sono ormai a zero. L’analisi di Amelia Janskie per l’American Insitute for Economic Research.

Leggi anche: l’Eccezione svedese

Sud Dakota, la SVEZIA d’America nella lotta al Covid (AIER)

Pubblichiamo traduzione articolo di Amelia Janaskie per “American Insitute for Economic Research” – South Dakota: America’s Sweden

# Kristi Noem, governatore del Dakota del Sud, ha rifiutato di imporre restrizioni 

La maggior parte delle persone conosce il Dakota del Sud per i volti illustri scolpiti sul fianco della montagna delle Black Hills. Il monte Rushmore ci ricorda quattro leader americani che hanno instillato valori di libertà e speranza in questo paese. Questi valori sono sotto attacco nei nostri giorni tumultuosi del coronavirus. I lockdown hanno aggredito valori fondamentali che ritenevamo sacrosanti: i diritti di proprietà, il diritto di gestire un’impresa; libertà di associazione e movimento, nel diritto di viaggiare, riunirsi, lavorare, consumare, divertirsi e così via. In breve, il diritto di perseguire la felicità.

Monte Rushmore – Sud Dakota

Sotto la guida del governatore del Dakota del Sud Kristi Noem, tuttavia, lo stato delle Grandi Pianure ha creato una fortezza di libertà e speranza protetta dalle grinfie di politici prepotenti. E, cosa abbastanza interessante, le politiche del South Dakota fanno eco a molti degli stessi valori e approcci della Svezia, ed entrambe hanno sperimentato, non casualmente, risultati positivi. Noem ha rifiutato le comuni restrizioni draconiane del Covid-19 visti in luoghi come la California e il Regno Unito a favore di un approccio a mani libere.

In un senso simile, l’epidemiologo di Stato svedese, Anders Tegnell, ha sostenuto una strategia soft contro il Covid con il Paese che non è mai andato in lockdown nonostante le forti pressioni in tal senso da parte dell’Unione europea. Mentre la costituzione svedese vieta ai politici di intervenire, agenzie esperte si occupano invece di fornire al pubblico raccomandazioni non invasive.

# La risposta al coronavirus: fiducia individuale e buon senso a dirigere le scelte dei cittadini

La risposta al coronavirus in Dakota del Sud e Svezia è stata costantemente di natura non interventista, lasciando la fiducia individuale e il buon senso a dirigere le scelte dei cittadini.

All’inizio della pandemia, il governatore Noem ha richiesto alcune restrizioni iniziali, come la chiusura delle scuole il 16 marzo, pur consentendo l’ingresso per piccoli gruppi. Noem ha anche incoraggiato in precedenza il lavoro a distanza e il distanziamento sociale e ha raccomandato alle aziende di limitare la capacità interna a 10 persone quando il distanziamento sociale non era fattibile (come raccomandato dal CDC). In tal modo, il Governatore si è rimesso all’etica politica prevalente. Deve averla messa a disagio dato il suo impegno per la libertà come primo principio.

Ha ritirato le raccomandazioni iniziali in aprile per “mettere il potere nelle mani del popolo, a cui appartiene“, dando priorità alla libertà. All’inizio, il South Dakota ha introdotto un piano di permanenza a domicilio obbligatorio per le persone di età superiore ai 65 anni in due contee con un numero elevato di casi, che è stato revocato l’11 maggio. Tuttavia, non ha mai imposto obbligo di rimanere in casa, mascherine o divieti a riunioni in chiesa, asili nido, aperture di attività commerciali o viaggi.

# In Svezia e Dakota del Sud solo misure precauzionali

La Svezia, come il Dakota del Sud, ha suggerito misure precauzionali, come il lavoro da casa e l’allontanamento sociale quando necessario. La Svezia ha vietato raduni di oltre 50 persone, chiuso temporaneamente l’istruzione secondaria e le università e proibito ai visitatori di accedere alle case di cura. Ha riposto la fiducia negli individui per prendere decisioni prudenti nel rallentare la diffusione del virus.
 
Tegnell spiega come la fiducia e la trasparenza abbiano giocato un ruolo nella risposta della Svezia: “Avere una sorta di conversazione con il pubblico, riporre molta fiducia nel pubblico e dare un po ‘di responsabilità agli individui, che è esattamente ciò che le nostre leggi sulle malattie trasmissibili ci dicono di fare. E seguendo lo schema. In questo modo, potremmo ridurre il numero di casi e continuare a far funzionare i nostri servizi sanitari “.
 
Allo stesso modo, i cittadini del Dakota del Sud si affidavo alla fiducia e alle informazioni diffuse dalle istitutizioni; Noem afferma: “Ora il mio approccio a questo virus è stato quello di fornire ai cittadini tutte le informazioni che potevo e poi fidarmi di loro per esercitare la loro libertà di prendere la decisione migliore per se stessi e per le loro famiglie“. Noem ha evitato di imporre restrizioni aggressive, rimettendo ai cittadini l’uso del buon senso: praticare una buona igiene e allontanamento sociale quando necessario.

# Scuole sempre aperte senza obbligo di mascherine per i bambini

Le scuole aperte per tutto l’autunno sulla base della necessità di sostenere i bisogni educativi e sociali dei giovani e grazie al basso rischio di contrarre Covid. Uno scioccante 30% di tutti i bambini SD non si è mai registrato online per partecipare all’apprendimento remoto nella primavera del 2020. Questa statistica, unita alla discutibile efficacia dell’apprendimento online, rende ancora più urgente il ritorno in classe. Noem ritiene inoltre che non sia necessario richiedere mascherine per i bambini, ma consente alle giurisdizioni locali di prendere le proprie decisioni in merito. È preoccupata che le mascherine creino più problemi per i bambini: Toccano costantemente (la mascherina), la tolgono, la lasciano cadere sul pavimento. Tutti questi fattori aumentano i tassi di infezione e non è certamente un ambiente che li aiuterà a rimanere al sicuro“.
 
Anche la Svezia non ha imposto l’uso di mascherine in pubblico a causa della mancanza di prove a sostegno della loro efficacia e di altri problemi presentati dall’uso diffuso della mascherine. Sia Tegnell che Noem credono che un effetto collaterale del mascheramento obbligatorio e diffuso stia oscurando i problemi epidemiologici: favorire l’idea che ci siano soluzioni facili, che a sua volta fomenta ulteriori problemi.
 
Nonostante le libertà concesse, il Sud Dakota e la Svezia hanno osservato bassi tassi di infezione e mortalità rispetto ai loro stati e Paesi vicini. Sebbene il numero di casi sia aumentato, i decessi rimangono ancora bassi ed entrambe le economie stanno andando bene. Si ritiene inoltre che Stoccolma sia uno dei primi posti al mondo ad aver ottenuto l’immunità di gregge.

# Il South Dakota e la Svezia hanno avuto vantaggi economici difendendo la libertà individuale

Man mano che emergono più dati economici e finanziari, i trionfi economici sia del Sud Dakota che della Svezia stanno diventando evidenti. Anche se non possiamo trarre conclusioni definitive a questo punto, anche adesso è abbastanza chiaro che gli Stati che hanno imposto lockdown rigorosi stanno comparativamente affrontando difficoltà economiche maggiori di quelli che non lo hanno fatto.
 
Nel suo primo trimestre, il Bureau of Economic Analysis ha rilevato che il PIL del Sud Dakota si è ridotto solo del 2,2%. Questa percentuale è inferiore al calo del PIL del primo trimestre degli Stati Uniti del 5% e del secondo trimestre, che è sceso più in profondità di circa il 32,9%. La Svezia, anche dopo aver annunciato che non ci sarebbe stato un blocco totale, ha registrato un aumento del PIL del primo trimestre dello 0,1%.
 
Si prevede che la crescita del PIL della Svezia per l’anno che si è concluso al 2020 sarà compresa tra -5,3% e -7,8% a seconda della fonte. Il PIL degli Stati Uniti dovrebbe ridursi di circa il 7,3-8,5% e il Regno Unito di uno scoraggiante 11-14%. Tra aprile e giugno, l’economia svedese si è contratta dell’8,6%, che è ancora al di sotto dell’11,6% dell’Unione europea, del 18,5% della Spagna e del 13,8% della Francia.

# Il tasso di disoccupazione costantemente al di sotto della media nazionale.

Tasso di disoccupazione
Anche il mercato del lavoro del South Dakota è rimbalzato e il suo tasso di disoccupazione è rimasto costantemente al di sotto della media nazionale.  Secondo la Fed di Minneapolis, il South Dakota ha anche avuto il minor numero di perdite di posti di lavoro a basso reddito di qualsiasi stato nella sua regione.
 
Il tasso di disoccupazione del South Dakota ha raggiunto il suo apice ad aprile al 10,9%, ma da allora è sceso al 6% a luglio

# Impatto sul turismo: solo al terzo posto per calo delle prenotazioni

Mentre altri stati stanno registrando un calo significativo del turismo, il Dakota del Sud ha dovuto affrontare il terzo calo più basso delle prenotazioni nazionali dietro Montana e Wyoming. Il governatore Noem ha riconosciuto il risultato del Dakota del Sud, commentando che la vita in città non è perfetta, invitando persone da tutto il mondo a visitare il South Dakota.

La tabella seguente confronta otto stati con diversi indici di “restrizione delle misure” e mira a mostrare le diverse metriche che possono essere correlate con il rigore dello stato. L’indice di severità mostra i livelli di gravità degli stati in risposta al Covid-19 su una scala da 0 a 100, dove 100 è il più grave.

A differenza del Dakota del Sud, stati tra cui Washington, Oregon, Maine, New York, California e Idaho hanno scelto di implementare molte politiche di restrizione Covid tra cui ordini di soggiorno a domicilio e mascheramento interno obbligatorio, tuttavia hanno registrato un numero più elevato di casi e decessi pro capite. L’Oregon e l’Idaho hanno visto quasi il doppio dei casi di Covid-19, più del doppio dei decessi e tassi di mortalità più elevati rispetto al Dakota del Sud. Il PIL dell’Oregon nel primo trimestre è diminuito del 4,4% e quello dell’Idaho del 4,1% (rispetto al calo del 2,2% del Dakota del Sud).

L’agricoltura è l’industria principale per Oregon e Dakota del Sud. L’industria agricola del Dakota del Sud ha registrato un aumento dello 0,67% nel primo trimestre, mentre quella dell’Oregon è diminuita dello 0,13% e quella dell’Idaho del -0,57%. Anche i prezzi delle azioni delle tre principali società dell’Oregon, Intel, Nike e Columbia Sportswear, sono crollati.

Sebbene il Maine abbia mantenuto un basso tasso di infezione, l’economia dello stato sta soffrendo con un calo del PIL del primo trimestre 2020 del -6,30% e un tasso di disoccupazione leggermente superiore del 6,50% (rispetto al 6,30% del Sud Dakota).

# Il tasso di disoccupazione tra gli Stati americani premia sempre il Dakota del Sud

Tasso di disoccupazione mese per mese tra gli Stati americani

Anche i tassi di disoccupazione mese per mese differiscono tra gli stati. La disoccupazione dell’Oregon ha raggiunto il picco ad aprile del 14,9%, che è superiore sia al picco del 14,7% negli Stati Uniti nell’aprile 2020 che a quello del Dakota del Sud del 10,9%. L’Iowa, anch’esso mai in lockdoen, mostra un tasso di disoccupazione basso, vicino al South Dakota’s. La California ha subito un tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 16,4%.

Sebbene solo lo 0,7% della popolazione dell’Oregon sia stato malato di coronavirus, il danno al PIL e l’elevata disoccupazione potrebbero nel tempo superare la loro relativa mitigazione del Covid-19. Il Dakota del Sud e l’Iowa, con tassi di infezione leggermente più elevati, stanno registrando risultati economici più robusti e minori effetti sociali.
 
Incoraggiare la raccolta e la diffusione di informazioni locali, al fine di facilitare le valutazioni personali del rischio – incoraggiando nel contempo le persone veramente vulnerabili a proteggersi – sta producendo migliori risultati economici e sociali: nel Sud Dakota rispetto ad altri stati degli Stati Uniti, e in Svezia tra nazioni.

# I lockdown hanno provocato costi economici e sociali enormi supereranno nel tempo i benefici

I lockdown percepiti hanno provocato costi economici e sociali enormi che, è sempre più chiaro, sono superiori e nel tempo continueranno a superare i loro presunti benefici. Tra quelli difficili da vedere e i costi a lungo termine: risultati scolastici diffusi e inferiori alla media; genitori e famiglie allargate che sacrificano lavoro e consumi per prendersi cura dei bambini; disoccupazione di lunga durata e sottoccupazione; la distruzione irrevocabile di capitali e know-how; aumento dei tassi di divorzio; abusi su minori e coniugi; dipendenza (abuso di alcol e droghe) e aumento del tasso di suicidio.
 
I cittadini del Dakota del Sud e gli svedesi, tuttavia, hanno capito che i costi delle rigorose politiche sul coronavirus sono immensi rispetto ai benefici. Tutti gli stati tranne sette hanno emesso ordinanze di stop alla circolazione, e gli Stati Uniti stanno sostenendo i costi ad essi associati. Il Bureau of Economic Analysis stima attualmente che il PIL degli Stati Uniti nel secondo trimestre del 2020 sia diminuito di un incredibile 32,9%. Ora più che mai, gli americani devono seguire e citare gli esempi forniti sia dal Sud Dakota in patria che dalla Svezia all’estero: esempi intrisi delle nostre tradizioni fondanti di libertà, fiducia e buon senso.
 
 
 

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I MATTI di MILANO

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Cappellaio matto

Di matti, si sa, a Milano ce ne sono moltissimi. Questa città meravigliosa infatti è un po’ malata anche lei: oscilla nervosamente dalla quiete alla massima velocità e agitazione nell’arco di pochi secondi. Occorre starle dietro e per chi non ne è abituato è complesso. E’ un attimo perdersi.

Lo scrittore Paolo Nori ha proprio scritto un libro sull’argomento intitolato “Repertorio dei matti della città di Milano” in cui, con delle brevi pennellate, tratteggia ritratti di tanti abitanti di Milano quantomeno…eccentrici…

I MATTI di MILANO

# Il più famoso: quello che scrive nei muri della città “Baal culo” o “Lucifero culo”

Il più famoso è quello che scrive nei muri della città “ Baal culo” o “Lucifero culo”. Ultimamente, aggiornando il suo repertorio in periodo pandemico, ha iniziato anche a scrivere “Virus=baal”. Pare che una volta, beccato sul fatto, gli abbiano chiesto: “ Lei sa chi lasci questi messaggi sui muri?” ed egli abbia risposto: “Sarà un matto”.

# Quello che considerava Lambrate il quartiere migliore del mondo

Uno viveva a Lambrate e considerava il suo quartiere il migliore del mondo. Se un amico gli chiedeva: “Secondo te dov’è la migliore gelateria di Milano?”- egli rispondeva: “A Lambrate”. La birra? Solo al Birrificio di Lambrate. Pare che un tempo avesse avuto una fidanzata che abitava nel quartiere Gallaratese. La storia finì presto perché lui non sopportava le storie a distanza.

# L’esibizionista della metro

Uno è un cantante che si esibisce nei vagoni della metro. Il suo marchio di fabbrica è il suo saluto al pubblico con cui non manca mai di iniziare le sue performances. Al grido di: “Ciao Milano!!” parte a cantare con acuti e tono un po’ altalenante. Quando finisce si rivolge ai passeggeri e dice sempre: “Fatemi almeno un applauso, me lo sono meritato”.

# La sua oca era come il suo barboncino

C’è uno che andava a spasso attaccato ad un’oca. La teneva al guinzaglio come fosse un barboncino. Voleva molto bene all’oca e quando essa morì cadde in depressione.

# Quello che nitrisce per prenotare la fermata

C’è uno che sul tram per prenotare la fermata nitrisce come un cavallo e fa finta di tirare le redini per fermare la carrozza.

# Quello che credeva di essere il figlio della Regina Elisabetta II

C’è quello che credeva di essere il figlio della regina Elisabetta II. Tutti i giorni ai suoi colleghi diceva: “Sono il figlio di Elisabetta d’Inghilterra!”. Loro ovviamente ridevano e lo prendevano in giro, dicendogli che era più bello di suo fratello Carlo. Un anno l’azienda per cui lavorava organizzò per Pasqua un viaggio a Londra ed egli aveva aderito subito. Quando furono davanti a Buckingham Palace egli cercò di arrampicarsi sui cancelli al grido di : “Mamma, mamma!!”. Due colleghi riuscirono a portarlo via prima delle guardie.

# Il “disturbato” dei campi di calcio

Uno è un papà di un bimbo che gioca a calcio. Accompagna sempre suo figlio agli allenamenti e alle partite. Quando arrivano raccomanda sempre al figlio: “Mi raccomando, saluta i signori!”. Durante la partita però lo si sente urlare: “Spaccagli le gambe!!”.

# Il tale che voleva leggere i suoi pensieri con una risonanza magnetica

C’era poi uno con una lunga barba bianca, morbida e capelli sottilissimi e disordinati. Si presentava ogni martedì dal suo medico perché gli prescrivesse una risonanza magnetica. Voleva infatti vedere che percorso facessero i suoi pensieri.

# La poetessa della città

Una viveva in ripa di Porta Ticinese 47 tranne quando la rinchiudevano al Paolo Pini. Scriveva poesie. Il suo appartamento era pieno di oggetti, di quadri che i suoi amici le regalavano. Il pavimento era pieno di cicche di sigaretta e i muri erano coperti da numeri di telefono, come fosse una rubrica.

Si potrebbe andare avanti ancora molto e stilare un lungo elenco di matti..
A volte però mi chiedo: siamo davvero sicuri che noi siamo i sani?

GIULIA PICCININI

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Cosa sarebbe la VITA SENZA L’IKEA?

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Un luogo non luogo che catalizza gli stati d’animo dei milanesi fissando in un fermo immagine i loro progetti di vita più felici e la loro miseria.

Cosa sarebbe la VITA SENZA L’IKEA?

# Non è un centro commerciale come tanti

Ikea. C’è qualcosa che mi attrae di quel cubo abnorme piazzato sulle tangenziali.
L’ikea non è un centro commerciale come tanti. E’ un luogo non luogo che catalizza gli stati d’animo dei milanesi fissando in un fermo immagine i loro progetti di vita più felici e la loro miseria.
All’Ikea ci vai quando comperi la tua prima casa, sei giovane. Nella scelta di un divano colorato proietti il film delle serate con gli amici oppure romantiche notti fra calici di vino appoggiati per terra e briciole che te le senti nella schiena mentre baci qualcuno.
All’Ikea ci vai quando ti nasce un figlio. Lettini di legno, lampadari a forma di nuvole, bicchieri di plastica colorati, pupazzi acrilici ingombranti che non compreresti mai ma, tant’è, te li ritrovi alla cassa e li hai già pagati.
All’Ikea ci vai per sistemare la taverna…s’è mai capito perché le taverne devono diventare il ricettacolo dei mezzi mobili, del mezzo stile, del….vabbè questo qui lo mettiamo in taverna?

# Dove comperare le cose inutili

Ma all’Ikea ci devi andare soprattutto per comperare cose inutili. L’acquisto delle cose inutili ha salvato più anime del Prozac. Le cose inutili devo costare poco e non le puoi cercare tu perché, essendo inutili, non ti viene da pensarle. Sono loro che devono trovare te. Quindi lo stratega dell’Ikea ha creato un percorso perfetto, un labirinto al quale tu accedi si, volontariamente, ma nel quale non sei più padrone del tuo pensiero.
Io adoro ogni tanto non essere padrona del mio pensiero. Voglio dire, a furia di fare le persone intelligenti si diventa pure antipatici. A furia di organizzare la vita, propria e altrui, ci fuma il cervello. No, arriva il momento in cui hai necessità di prendere la macchina, infilarti all’ Ikea e comperare un taglia uova sode.

# L’esistenza è quella cosa che sta fra l’elevazione massima di un pensiero ed un affetta uova sode

L’esistenza è quella cosa che sta fra l’elevazione massima di un pensiero ed un affetta uova sode. Nel mezzo ci sta tutto il resto…Ma se tu, ogni tanto, non ti dedichi a fare cose semplici, inutili, stupide…non potrai tenerla tutta fra le mani, la tua vita.
Dobbiamo percorrere leghe di bellezza e di banalità per tratteggiare i chiaroscuri delle nostre giornate. Le verità le trovi negli scenari svuotati di poesia. Se ce l‘hai dentro di te però, la saprai portare pure all’Ikea.

All’Ikea ci devi andare con il coraggio del guerriero senza armi. Ti troverai a combattere con lo specchio di una società che ti rappresenta più di quello che vorresti. Ma il consiglio è non fare opposizione. Semplicemente venire a patti con il nemico. Non ti atteggiare ad essere diverso dalla famiglia media che frequenta quei luoghi. Una volta almeno sei stato identico a quella gente che ti appare così borghese, così esteticamente insignificante.
Entra all’Ikea e lasciati andare. Compera dei tovaglioli colorati, non stare a pensare. Abbi il coraggio di trascorrere una domenica mattina inutile. Bevi una spremuta a 2 euro. Fatti prendere per le orecchie dagli slogan eco friendly, frasi etiche che inevitabilmente si schiantano sulla mediocrità dell’ italiano medio…che a leggerle è tanto bello ma a metterle in pratica…ci passa.

# Niente mariti tra i piedi

Vai all’Ikea. Non avere paura. Ma vacci con un’ amica, niente mariti fra i piedi. Gli uomini non ci trovano nulla di poetico in un affetta uova sode.
Io ci vado spesso da sola…perché adoro osservare la gente ma posso andarci pure con le amiche. Con loro posso disquisire sul formato dei sacchetti freezer per mezz’ora. E confrontarci sulla scelta delle mollette chiudi biscotti. Loro…come me….dopo un intera settimana a gestire ogni singolo minuto della vita figli, casa e lavoro…sanno esattamente quanto sia fondamentale l’ acquisto di un rotolino togli pelucchi per la salvezza della mente, prima che arrivi..di nuovo…lunedì.

PAOLA MERZAGHI

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Sud, Nord e Milano: l’invidia ci sta distruggendo

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L'invidia - Giotto (Cappella degli Scrovegni) L'invidia fa bruciare l'invidiosa che denigra l'invidiato ma viene colpita dalla sua stessa malvagità. Il serpente della calunnia si rivolta contro di lei colpendole gli occhi

Pensiero del giorno

In un paese sano quando uno vede qualcuno che fa cose positive cerca di emularlo e di fare di più. Questo porta a un’accelerazione a livello individuale e di conseguenza anche a livello collettivo.

La regola aurea dell’invidia è invece che se c’è qualcuno che sta più in alto deve abbassarsi al livello del più basso.
Se non riesci a fare niente, allora nessuno deve poter fare niente. E chi eccelle non è una risorsa ma un problema.

Negli ultimi anni il tema in Italia è stata Milano.
In un’Italia sempre più in crisi Milano ha alzato la testa e ha proposta un’immagine di Italia positiva e vincente nel mondo.
Ma invece di essere presa a traino e a esempio dal resto del Paese, si è arrivati a vederla come un nemico.

Quando si arriva addirittura a un ministro del governo che attacca Milano perchè non restituisce niente al Paese si capisce quanto sia divenuta non solo diffusa ma dominante questa mentalità invidiosa. 

Questo modo di vedere le cose ha innescato un rancore immenso del Sud verso il Nord. E ora che Milano ha problemi sta rimontando ancora di più il sentimento di rivalsa, esteso a tutto il Nord: invece di vedere il Nord come un’orizzonte raggiungibile e superabile, ci si entusiasma perché lo si vede arretrare al proprio livello.

Molti ministri ripetono come un mantra che per rilanciare l’Italia bisogna colmare il gap tra Sud e Nord ma nessuno dice che bisogna farlo perché al Sud bisogna cambiare mentalità, deve prendersi la responsabilità di risolvere da solo i suoi problemi, deve acquisire un orientamento alla creazione del valore e al rischio imprenditoriale.

Il messaggio che viene trasmesso è in realtà un altro: per togliere la disparità tra Nord e Sud bisogna distruggere il Nord.
Perchè questo messaggio trova terreno fertile nell’invidia.
 

C’è però un problema ad assecondare questa mentalità. Il problema è che l’invidia non paga mai. Fa perdere tutti perchè impedisce a chiunque a partecipare alla gara del vivere comune.

Chi partecipa alla gara comunque ci guadagna anche se arriva ultimo, perchè comunque si è mosso, ha fatto passi in avanti rispetto a prima e avanzando troverà altre opportunità.
Invece l’invidioso parte già battuto e quindi impedisce ogni tipo di gara.

L’Italia dell’invidia è un’Italia di gente che perde senza neppure giocare.

«Quando l’invidia infuria in tutta la sua violenza contro di essa risulta impotente il singolo e persino un’intera istituzione» (Marco Tullio Cicerone)

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