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#23 – Una giornata a GRECO: 10 attrazioni di uno dei quartieri più vivaci di Milano

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Murales Via Zuretti
Credits: Claudio-Lucia Flickr - Murales Via Zuretti

Un quartiere ricco di suggestioni fatte di storia, letteratura, mondanità e di preziosissimi angoli di verde senza tempo. Sono talmente tante le cose da vedere e da fare che una giornata sola non può bastare.
Esplorando la zona e i suoi dintorni, ho selezionato alcune curiosità e luoghi di interesse che vi propongo di visitare.

Una giornata a GRECO: 10 attrazioni di uno dei quartieri più vivaci di Milano

#1 I Ponti

Credits: @nonseifigo
Naviglio Martesana

La prima cosa che voglio condividere con voi è questa: passeggiando per le vie di Greco mi ha colpito la moltitudine di attraversamenti sulla Martesana e sulle ferrovie. I ponti sono una costante del paesaggio, della storia, un tratto comune che caratterizza il territorio. Vorranno significare che Greco collega territori e realtà diverse superando barriere non solo naturali e ferrate?

#2 Cassina de’ Pomm e le ville della Martesana

Naviglio Martesana
Credits: Matteo Grieco

Se volete rilassarvi e dimenticare per un attimo la frenesia di Milano il consiglio è quello di fare una bella passeggiata lungo la Martesana o di bervi una birra sotto il pergolato de LaButtiga: qui il tempo sembra essersi fermato e la sensazione è quella di trovarsi in campagna. Fino ai primi anni ’60, il corso d’acqua scorreva in superficie lungo Melchiorre Gioia; oggi riemerge soltanto nel punto in cui sorge la storica Cassina de’ Pomm: una delle cascine più vecchie di Milano, sicuramente la più antica rimasta integra. Nel corso dei secoli fu prima una casa di villeggiatura, poi una locanda pe ril cambio dei cavalli e di sosta per le barche. Negli anni ‘60 divenne un’osteria famosa per la cucina, i vini e la frequentazione mondana. Oggi è un condominio privato spesso usato come location cinematografica: alcuni film di Maurizio Nichetti, per esempio, “Benvenuti al Nord” e qualche serie televisiva. Sicuramente, quando il naviglio scorreva ancora a cielo aperto, qui furono girate diverse scene di “Miracolo a Milano”. Attraversando lo storico ponte del Pan Fiss si raggiunge la ciclabile della Martesana, lungo la quale si scoprono orti, atelier di artisti, centri di aggregazione e persino una cineteca. Spingendosi ancora oltre in direzione di Cernusco, non si possono dimenticare i parchi e le ville secolari: Villa Lecchi-Villa Pallavicini, Santa Maria Rossa in via Domenico Berra, Villa Albrighi, Villa Petrovic, Villa de’ Ponti, Villa Pino-Brasca.

#3 Il Villaggio dei Giornalisti e la Maggiolina

Case Maggiolina
Case Maggiolina

Dalla Cassina De’ Pomm si raggiunge facilmente il Villaggio dei Giornalisti attraversando il ponte in fondo a via Tarvisio. Il quartiere è un’area piuttosto ristretta di edilizia residenziale destinata alla piccola e media borghesia. Le strade sono popolate da villette e piccole palazzine immerse nel verde e nella pace e costruite nei più disparati stili architettonici: gotico, neo-medievale, vittoriano, montanaro e parigino. Si tratta di una delle zone più bizzarre e esclusive della città. Le costruzioni più vezzose e stravaganti sono le case a igloo di via Lepanto. Sono mini-abitazioni (all’incirca 45 m²) progettate dall’ingegnere Mario Cavallè nel 1946. Le case a igloo sono disposte su due livelli: uno al piano rialzato e uno seminterrato che, originariamente accessibile solo dall’esterno, riceve la luce dalle bocche di lupo aperte sul piano strada. Anche le case a fungo (oggi demolite del tutto) si sviluppavano su due livelli sovrapposti: uno più ristretto (il gambo) ed uno più ampio (la cappella). Alle stravaganze dell’ingegner Cavallè si aggiunge la Villa Figini realizzata dall’omonimo architetto come propria residenza e da tutti chiamata la Palafitta. La Villa in rigoroso stile razionalista, è ispirata alla Villa Savoye di Le Corbusier.

Muovendosi verso il centro, si incontra il quartiere della Maggiolina il cui nome deriva dalla Cascina Maggiolina, un antico edificio che sorgeva lungo il Seveso, all’altezza dell’attuale via della Maggiolina. Il casale venne demolito nel 1920 e il nome passò negli anni Sessanta al nuovo complesso residenziale chiamato appunto Villaggio Maggiolina. Oggi il quartiere è pieno di casette e villette a due piani costruite tutt’intorno a Piazza Carbonari e andando verso nord-ovest  si confonde con il Villaggio dei Giornalisti.

#4 La chiesetta di Segnano con i suoi affreschi

La Chiesetta di Sant’Antonino di Segnano è un altro piccolo tesoro inaspettato e soprattutto nascosto per chi non sa dove cercare. La chiesetta, che risale al Sedicesimo secolo, si trova in via Cozzi ed è ormai quasi completamente circondata da alti palazzi. Il suo interno è riccamente affrescato e decorato. L’affresco principale sulla sinistra raffigura una battaglia, ma non tutti concordano di quale scontro si tratti: potrebbe essere quello di Legnano del 1176 o invece la battaglia della Bicocca avvenuta intorno al 1500. Sulla parete destra c’è la contemplazione della Vergine Maria con il Bambino Gesù da parte di sei santi vescovi di Milano: Geronzio, Benigno, Ampelio, Antonino, Simpliciano, Vigilio e San Carlo Borromeo. L’arco dell’abside è decorato con delle quinte teatrali tenute aperte da angeli. All’interno dell’abside ci sono Sant’Antonino sulla sinistra e Beato Ludovico Barbo sulla destra. Molto bello è anche il soffitto a cassettoni, anch’esso riccamente decorato.

#5 Piazza Greco

La piazzetta di Greco con la Chiesa di San Martino era il centro del vecchio borgo ed è tutt’oggi il fulcro del quartiere. E neanche a farlo apposta in Piazza Greco c’è il ristorante ellenico Callistos. La Chiesa costruita alla fine del 1500 è in stile barocco ma al suo interno custodisce dipinti e molte altre opere del tardo Rinascimento che meritano una visita. Particolare di questo luogo sacro è il campanile, che nello scorso secolo venne rialzato con otto colonnine in ghisa, per ospitare delle campane più grandi.

#6 Il Refettorio Ambrosiano

Refettorio Ambrosiano
Refettorio Ambrosiano

Sulla piazza si affaccia un teatro rimasto chiuso a lungo fino a quando, in occasione di EXPO 2015, è diventato il Refettorio Ambrosiano. Per far sì che il cibo della manifestazione non andasse sprecato, Massimo Bottura e il regista Davide Rampello ebbero l’intuizione di creare il Refettorio come luogo di solidarietà e di bellezza. Coinvolsero fin da subito la Diocesi di Milano, e in particolare la Caritas, per tradurre in concreto questa idea alla quale si sono unite eccellenze dell’arte, della cultura e della cucina. Numerosi artisti contemporanei hanno contribuito a tradurre in bellezza gli ambienti e 40 tra i migliori chef del mondo hanno ideato e preparato menù a partire dalle eccedenze alimentari raccolte ogni giorno a Rho, nel pieno rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza alimentare. Il Refettorio Ambrosiano gestito dalla Caritas continua a funzionare come luogo di solidarietà, di cultura e spazio d’arte.

#7 il Teatro alla Scala di via Bottelli

A pochi passi da piazza Greco, in Via Bottelli, sorge l’edificio che dal 1985 ospita la sala prove privata del Teatro alla Scala e dove, data l’ottima acustica, si sono tenute in numerose registrazioni concertistiche. L’edificio mantiene tutt’oggi la stessa destinazione, ma per anni è rimasto in condizioni disastrose, completamente lasciato a se stesso. Nel 2018 è stato oggetto di un rinnovamento speciale grazie all’associazione Retake-Milano, il Politecnico e i cittadini: la facciata è stata interamente ricoperta con un enorme murales antismog. Gli studenti della scuola di Design del Politecnico che hanno progettato il murale hanno coinvolto il quartiere chiedendo ai residenti di scegliere il soggetto tra i cinque proposti.

#8 La porta di ingresso di Renzo Tramaglino

Sale Prove Teatro alla Scala
Sale Prove Teatro alla Scala

Nel capitolo 33 de “I Promessi Sposi” Manzoni descrive l’entrata di Renzo a Milano colpita dalla peste. Il giovane, dopo essere passato per Monza arriva di sera a Greco, descritto come un importante borgo rurale. Qui passerà la notte al riparo sotto al portico di una cascina, probabilmente la Cassina de’ Pomm. La targa posta sulla scuola elementare di via Bottelli che ricorda questo episodio riporta il passo del romanzo.

#9 La Villa Mirabello: “sempre el dovere”

Villa Mirabello
Villa Mirabello

Fra Greco e Niguarda, c’è il quartiere Mirabello che prende il nome dalla omonima villa che si trova a pochi passi dalla fermata della Metropolitana Marche. È una dimora in stile rinascimentale lombardo con le tipiche finestre ogivali in cotto e un piccolo cortile a loggiato con l’annessa cappella affrescata. Nel ‘400 fu residenza di caccia e villeggiatura dei Visconti e in seguito passò a Pigello Portinari, il rappresentante dei Medici a Milano. Verso la fine di quello stesso secolo, la villa divenne proprietà della famiglia Landriani, che lasciò tracce ancora oggi ben visibili, come gli stemmi sul camino e sui soffitti e il motto “sempre el dovere” sulle pareti esterne, accanto a melograni e croci azzurre. Sembra che la villa sia poi passata dai Landriani ai Marino, ricca famiglia di origine genovese che costruì Palazzo Marino in piazza della Scala. La Villa è oggi sede della Casa per ciechi di Lombardia.

#10 Il Leoncavallo, la “cappella sistina della contemporaneità”

Leoncavallo
Leoncavallo

Per uno svago alternativo l’attrazione del quartiere è il centro sociale Leoncavallo, invia Watteau). Il centro sociale nacque nel 1975 in via Leoncavallo quando il civico 22 venne occupato. Nel 1994, dopo lo sgombero, si trasferì nell’attuale sede, l’ex cartiera Cabassi, dove, seguendo i numerosi graffiti colorati si scova l’ingresso. Il nuovo spazio, ampio 4.000 m² al coperto, più cortili, spazi verdi e sotterranei, venne strutturato come un piccolo quartiere, con una “piazza” centrale sempre aperta e le varie strutture attorno. Qui vengono organizzate numerose attività: dai concerti ai corsi di fotografia e di lingue, dalla serigrafia al laboratorio di teatro, dalla ciclofficina alla radio, dalla cucina popolare all’accoglienza per i migranti e i senzatetto. Nel 2006 l’assessore alla cultura Vittorio Sgarbi ha definito i murali dell’ex cartiera “la Cappella Sistina della contemporaneità” e li ha inseriti fra i luoghi d’arte permanente da visitare come il Pac, la Triennale, Palazzo Reale.

# Per lo svago: locali e ristoranti della zona

Itinerario alternativo: in zona ci sono moltissimi locali e ristoranti molto frequentati dove fare delle soste durante una passeggiata nel quartiere. Per la colazione vi consigliamo la pasticceria Alvin’s, in via Melchiorre Gioia 141, oppure la Martesana in via Cagliero. Per il business lunche e il brunch il Dulcis in Fundo in via Zuretti 55, un ex capannone industriale adibito ora a bistrot. Per l’aperitivo, l’ideale è nella bella stagione il “Tranvai”, che si incontra attraversando il “Giardino Cassina de’ Pomm”: un tram storico del 1928 trasformato in un bar, sotto a uno spettacolare pergolato di glicine. Per la birra è d’obbligo una sosta a La Buttiga, proprio affacciata sulla Martesana. Per assaggiare le specialità elleniche, bisogna assolutamente prenotare un tavolo al Callistos in piazza Greco oppure al Mikonos in via Tofane, atmosfera romantica in un angolino di rara bellezza. Al Fuorimano di Via Cozzi 3 trovate di tutto, persino la pasta fresca democratica e i caffè letterari. E proprio alla pasta fresca democratica è dedicato un localino giovane e informale in piazza Greco: qui si sceglie tra mafaldine, ravioli, trofie, tagliatelle…e li si abbina a piacere ai sughi del giorno. Invece per cocktails, la cena di pesce e il dopo cena c’è La Gintoneria di Davide, in Via Comune Antico.

Cucina toscana all’antica trattoria Il Borghetto, all’angolo tra via Emilio de Marchi e via Comune Antico. Se invece amate il rock, non potete rinunciare a una serata al Rock’n’Roll, in via Bruschetti 11, angolo via Zuretti, molto frequentato da musicisti e metallari. Qui non è difficile incontrare Le Vibrazioni, il dj Ringo, Pino Scotto e altri protagonisti del mondo della musica. Per l’electro music imperdibile il Tunnel in via Sammartini 30 e infine, per i nostalgici, c’è la storica bocciofila di via del Progresso,dove si mangia e si beve in dialetto milanese.

Grazie a Alberto Michele Ghezzi Dora Markus Piero Dragan Christian Di Sante Arianna Ricotti Giorgio Castoldi Tiziano Zeloni Floria Bersani Gabriele Sotgia

Continua la lettura con: Luogo nascosto #24 – La CASCINA più DADAISTA di Milano

SOFIA MARI

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Il NUOVO TREND di Milano: MANGIARE MALISSIMO

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Cibi bruciati, molli, stracotti, con poco gusto o un cattivo sapore. Una sequenza di esperienze negative a pranzo, aperitivo e cena. E dire che eravamo la capitale della buona cucina. Che cosa sta succedendo? La testimonianza. 

Il NUOVO TREND di Milano: MANGIARE MALISSIMO

# Shish kebab: la carne bruciata

Oggi è una giornata importante nel mio piccolo: ho firmato il contratto per un nuovo libro che uscirà nel 2024 e decido di festeggiare con un pranzo fuori casa che sancisca questo risultato.

Il ristorante è semplice, uno dei tanti posti a Milano dove l’unico vero business è la pausa di mezzogiorno. Gestione egiziana, una garanzia. Il menù del giorno prevede un shish kebab che già solo a nominarlo fa venire l’acquolina in bocca. Non guardo nient’altro e attendo di essere servito, ma anche se l’attesa è minima il piatto che mi viene consegnato non è proprio invitante: tre piccoli spiedini di carne arrostita, nel vuoto di un piatto bianco decorato con una foglia d’insalata verde. Non si giudica mai dall’aspetto, del resto in luoghi così genuini l’impiattamento non può essere considerato un requisito. La carne è bruciata, il mio primo pensiero trova purtroppo conferma in un sapore di cottura esagerata. Mi guardo attorno e vedo gente mangiare la stessa cosa: c’è chi lascia il piatto a metà, chi lo rimanda indietro, chi si fa servire della focaccia per fare fondo. Era tanto che non venivo in questo locale e ora capisco anche perché.

# La pizza verace napoletana: fredda e molliccia

Suvvia, stasera sarà l’occasione per rifarsi, del resto abbiamo appuntamento con degli sconosciuti che hanno già prenotato la pizzeria, una di quelle catene che sono un trend da molti anni a questa parte, là dove la veracità della pizza napoletana si traduce in un menù pieno di prelibatezze, che sappiamo tutti quanto andare in vacanza o in trasferta di lavoro a Napoli si possa facilmente tradurre in qualche chilo in più per via della qualità e dell’abbondanza delle materie prime e dei piatti locali.

Il locale lo conosco bene, con le sue piastrelle smaltate e la birra alla spina che per quanto sarà sempre meglio del vino sfuso di oggi a pranzo. Ci fanno aspettare, il tavolo non è pronto, anche se siamo in ritardo di un quarto d’ora. Va bene, pregusto la gioia delle papille davanti a una pizza napoletana farcita con tonno e cipolla, una delle ricette intramontabili divenute nuovi classici, eppure qualcosa non torna. Già fredda, molliccia, al primo responso del coltello. Lo sconosciuto che nel frattempo si è presentato magnifica la sua pizza calda, cotta alla perfezione. La mia si è pure sfaldata al centro, niente da fare: per digerire questa volta ci vorrà un caffè.

# Pizza al trancio: dura e bruciata

Un nuovo giorno porta interrogativi più importanti del cibo, se devi passare tre ore in call con Londra per provare a lavorare a un progetto congiunto. E quando la riunione virtuale finalmente finisce è ora di cercare un locale nella zona dell’ufficio. Scelgo di dare la mia preferenza a quel ristorante italiano che è sempre affollatissimo di operai che scelgono il menù completo. Anche oggi riempiono la sala e a me assegnano un tavolo proprio vicino ai loro discorsi sulle donne, quanto mai fuori luogo in questa stagione di violenze. Ma non importa, io sono qui per un buon piatto.

Eppure, della lista del giorno non c’è nulla che mi ispiri, abbinamenti particolari di ingredienti e nessun piatto della tradizione. Beh, ma allora tanto vale puntare ancora sul fiore all’occhiello del posto: la pizza al trancio. Ordino la mia margherita abbondante mentre il retrogusto amaro della birra alla spina mi prepara per la versione più fast food del più famoso piatto italiano. Il coltello fa fatica, però, la fetta è dura come se l’avessero cucinata il giorno prima. E anche il sapore ha un che di cancerogeno: sfilo via il manto di mozzarella e pomodoro e scopro il nero evidente della bruciatura.

# Aperitivo di periferia all’hotel cinque stelle, la cena non decolla

Non me ne è andata bene una in questi giorni, ma stasera finalmente mi rifarò, al gran galà nell’hotel cinque stelle del centro di Milano. Basta kebab, basta pizza, immagino già le prelibatezze del finger food. Ma la realtà è un po’ diversa: noccioline e patatine, come in un bar di periferia. Allora ditelo che siamo al ribasso ovunque. Isole, isole, vi bramo con l’entusiasmo di un neofita che scopra solo oggi la cucina italiana. Ecco, questa tartare di tonno con rucola potrebbe essere un buon inizio. Avrebbe potuto, dai. Ma il buffet non doveva essere morto e sepolto dai tempi del Covid? Infatti sento altri ospiti lamentarsi del fatto che i piatti sono esposti ai colpi di tosse e agli starnuti della gente.

La band suona dell’ottimo jazz, ma la cena non decolla. I primi non mi ispirano, il riso sembra più che stracotto e i tortellini senza il brodo per me che sono emiliano sono una mezza bestemmia. Magari con questo bicchiere di prosecco discreto mi farò qualche dolcino: macché, mi sono perso in chiacchiere e i divoranti non aspettano certo me. Aspetta, però, ho visto che c’è il mio cibo preferito: il radicchio rosso. Quello non mi ha mai deluso mai. Però stavolta l’aceto balsamico è davvero troppo dolce.

Continua la lettura con: FASHION FOOD: i CIBI più TRENDY a MILANO

LORENZO ZUCCHI

copyright milanocittastato.it

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NUOVA SEDE RAI a MILANO: presentato il MASTERPLAN

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Credits Urbanfile - Rendering sede rai

I primi rendering e la bozza del masterplan in attesa del progetto esecutivo. Scopriamo come sarà e la data di fine lavori.

NUOVA SEDE RAI a MILANO: presentato il MASTERPLAN

# Il 23 novembre 2023 ufficializzata l’accordo per realizzare il nuovo centro di produzione

Credits Andrea Cherchi – Antenna Rai

La nascita del nuovo polo di produzione Rai a Milano è stato ufficializzato il 23 novembre 2023, nel corso del Consiglio d’Amministrazione riunito a Roma. In quel contesto sono state approvate due delibere inerenti il Piano strategico immobiliare della società. La prima prevede la vendita a pacchetto, nel 2026, di alcuni immobili non considerati più strategici, come la vecchia sede di Corso Sempione progettata da Gio Ponti dove svetta l’antenna. La seconda riguarda l’accordo quadro vincolante tra Rai e Fondazione Fiera Milano per ricollocare in nuovi spazi la sede milanese della televisione pubblica anche per assorbire le funzioni svolte dai locali in affitto in via Mecenate.

# Il masterplan e la prima bozza di rendering

Credits Urbanfile – Masterplan Fieramilanocity

La nuova sede Rai è prevista in Via Gattamelata, nell’area MiCo Nord al Portello al posto del “padiglione dell’Agricoltura”, nel contesto di una riqualificazione dove anche Fondazione Fiera Milano ha in programma di realizzare uffici, archivio storico e campus. La deadline per il trasferimento è il 2028/29 e l’obiettivo è quello di accentrare in un unico polo produttivo le attività e di disporre di un asset sviluppato secondo criteri di ecosostenibilità. 

Questi i primi rendering, da Urbanfile, con lo bozza di masterplan in attesa del progetto esecutivo.

L’investimento è di 101,8 milioni di euro, in tutto 8 sale di registrazione su una superficie di 63.000 mq.

Fonte: Urbanfile

Continua la lettura con: La TRASFORMAZIONE dei PADIGLIONI di FIERAMILANOCITY: cosa diventeranno in FUTURO

FABIO MARCOMIN

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A Milano le prime STRISCE PEDONALI sul marciapiede

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Le ciclabili a Milano ci stanno scappando di mano? Dopo le ciclabili lunghe pochi metri, spunta pure una ciclabile con annesse strisce pedonali sul marciapiede. Non è l’unica ciclabile strana di Milano. Anzi. 

A Milano le prime STRISCE PEDONALI sul marciapiede

Questa la segnalazione di Elio Govenco sulla ciclabile al Lorenteggio che si candida tra le ciclabili più assurde della città:

Via Vespri Siciliani. Pista ciclabile costruita ed in costruzione con tanti, troppi disagi per tutti e usata da 2 max 3 ciclisti al giorno però c’è un lato comico…le strisce pedonali sul marciapiede…” (Elio Giovenco)

La ricordiamo insieme ad altre ciclabili che stanno facendo parlare. Iniziamo da quelle “lunghe come una pedana”.

# Ciclabile nella parte est, oltre il tracciato ferroviario nei pressi di Lambrate: 12 metri

Google Maps – Ciclabile di via Saccardo

Nel quadrante est della città arrivando da via Bassini e passando sotto il sopraelevato ferroviario, nella svolta a destra si incrocia la ciclabile di Saccardo: si estende per 12 metri e dopo un attraversamento pedonale porta il ciclista direttamente contro le auto parcheggiate.

 

# La ciclabile di Piazza Camillo de Meis, una delle piazze piccole di Milano, sotto i 10 metri

Credits: Luca Ambrogio – Ciclabile via San Michele del Carso con via panizza e via Verga

Un’altra corsia ciclabile da record si trova nella zona tra Piazzale Baracca e Piazzale Aquileia, collega via San Michele del Carso con via Panizza e via Verga. Si trova in Piazza Camillo de Meis, una delle più piccole di Milano. La lunghezza del tratto compreso tra i due attraversamenti pedonali è poco oltre i 5 metri, si arriva a 9 metri contando dal cartello di inizio a quello di fine ciclabile. Considerando che questa è strutturale, forse merita il titolo di più corta del mondo. In attesa dell’ufficialità del Guinness dei Primati. 

 

E concludiamo con la celebre Ciclabile Tetris. 

# La Ciclabile Tetris di Monforte

Monforte – Visconti di Modrone

“Passi lei, no passi Lei! Passa tu che passo anch’io. Passo io prima che passi lui o passa lei che investe lui o lui che tampona lei?”. Sembra il nuovo ritornello di Annalisa. Invece è uno dei tanti commenti alla segnaletica da incubo disegnata dal Comune. Quella di Corso Monforte. 

Monforte – Visconti di Modrone

In questo caso c’è la replica da Palazzo Marino. Dall’Assessorato alla Mobilità spiegano che “La ciclabile è stata disegnata seguendo il Codice della Strada, adottando una soluzione poco utilizzata ma molto frequente all’estero”. 

Aggiungendo che “le “strisce di guida” servono a rendere più visibile il percorso sia ai ciclisti sia alle auto. Nello specifico, chi arriva in bici da San Babila non può proseguire diritto in corso Monforte: la linea tratteggiata della svolta a sinistra rende chiaro il percorso da fare”. 

MILANO CITTA’ STATO

Continua la lettura con: gli altri MILANO NON FA SCHIFO MA…

Gli ORARI “IMPOSSIBILI” dei MUSEI CIVICI di Milano

La STAZIONE BOVISA è un COLABRODO

La LETTERA: “SCRITTE e SIMBOLI SATANICI a VETRA e SAN LORENZO”

È più facile che un CAMMELLO passi per la cruna di un AGO, che trovare un TAXI la sera, in CENTRALE

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I PENDOLARI del CRIMINE

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 La CORSIA PREFERENZIALE INCOMPIUTA

Milano non è più Erasmus City: SCIVOLA al 48esimo POSTO

 Le BUCHE sull’ASFALTO

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Il SOTTOPASSO CHIUSO di Piazzale Lugano

I TRENI IMBRATTATI

La strana estate delle 11 PISCINE CHIUSE di Milano

Le STRISCE PEDONALI “SCOMPARSE”

Il JERSEY ABBANDONATO di viale LANCETTI

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#24 – La “TERRA di MEZZO” sul lago: il borgo dei giardini sull’acqua a un’ora da Milano

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Credits: @lobardia_reporter Tremezzo

Un piccolo e suggestivo comune sul lago di Como con ville storiche, elegante lungolago e una posizione caratteristica che gli hanno valso l’inserimento tra i paesi più belli d’Italia. Conosciuto anche come borgo dei giardini, si trova a metà tra il valico svizzero del Cantone dei Grigioni e la Pianura Padana: per questo portava il nome di Terra di Mezzo. Inoltre è sede di un percorso pedonale fra i più belli d’Europa. Benvenuti a Tremezzo.

La “TERRA di MEZZO” sul lago: il borgo dei giardini sull’acqua a un’ora da Milano

# L’eredità sette e ottocentesca

Credits: @bi.nicoletta
Villa Carlotta Tremezzina

La cittadina si presenta come un pittoresco borgo diviso in dieci frazioni dalle origini antiche e dall’atmosfera suggestiva. Numerose ville del Settecento furono erette a dimostrazione della potenza economica e del prestigio che le grandi casate locali ottennero grazie al commercio con gli altri paesi europei. In seguito alla Rivoluzione francese e alle guerre napoleoniche molte famiglie della zona caddero poi in disgrazia e furono costrette a vendere quei palazzi tanto prestigiosi ai ricchi signori milanesi, che iniziarono a utilizzare queste ville come case di villeggiatura.

# Meta dei vip del passato e di quelli attuali

Credits: @ghtlakecomo
Grand Hotel Tremezzo

Oggi è soprattutto con la presenza di nuovi e prestigiosi hotel che Tremezzo ha l’opportunità di diventare la famosa località turistica che oggi conosciamo, ma anche molti personaggi di spicco di epoche passate e presenti hanno soggiornato in uno dei sontuosi alberghi nella zona, in particolare sono passati per il lago Giuseppe Verdi, Giuseppe Parini, la regina Vittoria d’Inghilterra e il kaiser Guglielmo II. I palati più raffinati si danno appuntamento al Grand Hotel Tremezzo per degustare lo stile gourmet che il ristorante della struttura La Terrazza offre ai suoi ospiti, con un food concept basato sulle creazioni del compianto maestro della cucina mondiale Gualtiero Marchesi (milanese doc).

# Le ville

Credits: @ghtlakecomo
Grand Hotel Tremezzo

Villa Amila e Villa La Quiete sono fra le più prestigiose dimore che si trovano da queste parti. Quest’ultima si trova più sulla strada per Bolvedro e oggi è di proprietà privata, ma è utilizzata anche come location per grandi eventi o riprese cinematografiche data la presenza del grande giardino e della plateale scalinata che scende sul lago. Discorso a parte va fatto per Villa Carlotta, famosa per il suo giardino iscritto nel circuito dei Grandi Giardini Italiani e che custodisce al suo interno diversi capolavori dell’arte, come alcuni gessi di Canova e numerosi dipinti, tra i quali spicca L’ultimo addio di Giulietta e Romeo di Hayez. Degno di essere nuovamente menzionato è anche il Grand Hotel Tremezzo: una volta varcata la soglia sembra di essere tornati al tempo della Belle Époque grazie agli splendidi interni dagli arredi sontuosi e i colori vivaci che fanno rivivere il glamour dell’Art Nouveau.

# Un connubio tra sport, natura e bellezza

Credits: @deniselmanning
Tremezzo

Tremezzo si distingue non solo come punto di ritrovo per amanti dell’eleganza e dei contesti storici nonché della buona cucina, ma anche per gli appassionati del connubio sport/natura. Con un percorso di ben 10 km, infatti, per Tremezzo passa un tracciato pedonale denominato Greenway che parte dal Borgo di Colonno, attraversa Comacina, Ossuccio, Lenno, Mezzegra e passa quindi per Tremezzo, finendo poi nel successivo comune di Griante. Parte di questa meravigliosa pista per camminatori più o meno esperti (ma certamente non pigri) solca le strade già delineate dall’Antica Via Regina. Ovvero un percorso che si snodava sulla sponda occidentale del lago tracciato in epoca romana, che rappresentava una delle più importanti vie di transito della zona poiché permetteva un rapido collegamento tra la Pianura Padana e l’Oltrealpe.

# Tremezzo: la tappa più bella della greenway

Credits: @xamanafranco
Tremezzo

Di quel che resta dell’Antica Via e del nuovo percorso Greenway certamente il tratto che passa da Tremezzo è il più spettacolare. Dall’imbarcadero di Lenno si risale per un viottolo acciottolato e ci si inerpica sul tratto più faticoso verso il borgo di Mezzegra, sbucando sua via Pola e svoltando a destra, poi, al successivo bivio e svoltando a sinistra dopo la Chiesa di San Giuseppe si prosegue verso la Chiesa Parrocchiale di Sant’Abbondio, nome ultranoto da queste parti, dal cui sagrato si ammira la vista del promontorio di Bellagio. Infine si prosegue in discesa costeggiando la casa dei Presepi (visitabile tutto l’anno) per arrivare al Settecentesco Palazzo Brentano e sbucando poi sulla strada maestra si scende verso il lago su Via delle Gere. Da lì parte il torrente Bolvedro che porta dritti al cuore di Tremezzo, costeggiando le ville di cui sopra e godendosi il più bel panorama lacustre d’Italia.

Continua la lettura con: La gita più bella #25 – Il PICCOLO PAESE a un’ora da Milano (poco noto ai milanesi) che SVETTA tra le METE di ogni PONTE

CARLO CHIODO

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#24 – La CASCINA più DADAISTA di Milano

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Ph. @La_funari IG
Gionata Gesi, in arte Ozmo, è un autentico pioniere della street art italiana: nato a Pontedera, a due passi da Pisa, ha mosso i suoi primi passi da artista di strada proprio a Milano.
 
Le sue opere si caratterizzano per l’appropriazione e il sincretismo di immagini provenienti da molteplici immaginari e fonti iconografiche. Formatosi a fumetti, pittura accademica e writing, Ozmo si trasferisce nel capoluogo lombardo nel 2001 e qui, parallelamente a una ricerca pittorica portata avanti insieme al mondo delle gallerie, si ritaglia un ruolo da protagonista nella genesi della street art italiana, fino a diventare uno dei primi “graffitari” ad essere invitato ad esporre in spazi istituzionali.

Il CAVALIERE DI OZMO e la Cascina più dadaista di Milano

Ph. @La_funari IG

# Il Cavaliere Triste

La nostra città pullula dei suoi lavori, sparsi ovunque, dai luoghi più inaspettati a quelli più visibili (ne hanno parlato, tra gli altri, anche Repubblica e Rolling Stone). Ma, tra le tante, c’è una sua opera ad oggi ancora avvolta in un alone di mistero: stiamo parlando del Cavaliere della Cascina Torchiera. Il murale raffigura appunto un cavaliere armato, e con ogni evidenza afflitto, sopra un cavallo drappato di rosso.

 

cavaliere di ozmo
Credits: graffitiamilano.blogspot.com

Leggi anche: I più bei MURALES di Milano

Si tratterebbe di un rimando all’Orlando Furioso, il poema capolavoro di Ariosto dove il povero paladino, innamorato di Angelica negli antefatti del Boiardo, continuamente rifiutato cade nella disperazione, fino a perdere il senno e quindi ad impazzire completamente.

L’ipotesi sarebbe suffragata dal fatto che Ozmo lavorò già ad una mostra collegata all’epopea di Orlando: Donne Cavalieri Incanti Follia, organizzata dalla Scuola Normale Superiore e dal Comune di Pisa nel 2012, per la quale realizzò il murale Ritratto di PI.

Il misterioso Cavaliere di Ozmo sarebbe quindi proprio Orlando sulle soglie della follia.

# La Cascina dadaista

cavaliere di ozmo

Difficilmente Ozmo avrebbe potuto scegliere un luogo più singolare per produrre quest’opera. Il Cavaliere si trova infatti su uno dei muri della storica Cascina Torchiera, spazio occupato dal 1992 quando un gruppo di ragazzi del quartiere decise di costituirvi un centro sociale, per dare luogo ad uno spazio di aggregazione e dibattito politico fuori dagli schemi all’interno del quartiere, affacciato sul Cimitero Musocco nel Municipio 8.

La Cascina, in passato al centro di attacchi quantomeno inconsueti, è quasi interamente ricoperta di murales, che, proprio come Ozmo, rimandano alle tradizioni e agli avvenimenti più disparati, per ritrovarsi lì: quando si dice spiriti affini

 

Continua la lettura con: Luogo nascosto #25 – I 10 LUOGHI più “SEGRETI” di MILANO

HARI DE MIRANDA

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I BORGHI in ITALIA dove una CASA costa come un CAFFE’

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credit: elle.com

Acquistare casa al prezzo di caffè? E’ possibile grazie all’iniziativa “Case a 1 euro”. Ecco i borghi più belli dove fare l’affare secondo il sito Zingarate

I BORGHI in ITALIA dove una CASA costa come un CAFFE’

Per chi ci legge l’iniziativa “Case a 1 euro” non sarà una novità: ci siamo soffermati sull’immobile disponibile nel leggendario Borgo delle Streghe, ma ad aderire all’iniziativa ci sono anche altri borghi italiani.

Ecco 13 borghi più interessanti, secondo Zingarate, in cui ha preso piede l’iniziativa e le modalità con cui ci si può aggiudicare una casa al prezzo di un caffè.

# L’iniziativa “Case a 1 euro”

Il progetto “Case a 1 euro” è un’iniziativa diffusa in tutta Italia che mira a ripopolare quei borghi storici ormai disabitati ma che meriterebbero una seconda chance. Il prezzo di 1 euro è chiaramente simbolico: le case, appartenenti a privati che non possono più pagare tasse e balzelli, vengono vendute dai Comuni a patto che vengano ristrutturate dopo l’acquisto.

La lista completa dei borghi la si può trovare sul sito del progetto, qui vi mostriamo i 13 più interessanti secondo Zingarate.

#1 Biccari, Puglia

credit: happilyontheroad.com

Questo paese in provincia di Foggia è anche conosciuto come “il tetto di Puglia” e per contrastare lo spopolamento, il Comune ha messo in vendita più immobili con prezzi che variano a seconda della tipologia. Le case che interessano il progetto “Case a 1 euro” sono ovviamente da ristrutturare, ma sono in vendita anche case pronte all’uso fino ad un massimo di 15.000 euro.

Anche se il bando è stato proposto dal 2019, il progetto è partito quest’anno e sul sito del Comune si possono trovare tutte le informazioni.

#2 Castropignano, Molise

credit: fr24news.com

Situato a più di 500 metri e dominato dal Castello d’Evoli, si trova il borgo di Castropignano. Il Comune, in provincia di Campobasso, è considerato uno dei più belli di tutto il Bel Paese, eppure si sta da anni desertificando. Per attirare nuovi abitanti e recuperare le abitazioni del centro storico, il sindaco ha messo in vendita oltre 100 immobili al prezzo simbolico di 1 euro. Per avere maggiori informazioni sull’iniziativa del Comune, visitare il sito del Comune.

#3 Cinquefrondi, Calabria

credit: fontanedicalabria.altervista.org

L’iniziativa ha preso piede anche in Calabria, in provincia di Reggio Calabria. Il paese che ha deciso di attuare un ripopolamento è Cinquefrondi, nel cuore dell’Aspromonte. Il nome potrebbe non suggerirvi nulla ma il piccolo borgo è un paradiso a tal punto da attirare l’attenzione della CNN che gli ha dedicato persino un articolo.

Le case a 1 euro si trovano nella parte antica del paese e per sapere come aggiudicarsele basta cliccare qui.

#4 Pietramelara, Campania

credit: initalia.virgilio.it

Una delle ultime new entry del progetto è il comune di Pietramelara, in provincia di Caserta, che domina la piana dei 5 castelli dalla sua altura. Il paese ha messo in vendita un immobile al prezzo di un caffè e sul sito si possono trovare tutte le informazioni e i requisiti necessari, che a pensarci sono davvero pochi: è sufficiente sostenere tutte le spese per la redazione dell’atto di cessione, predisporre un progetto di ristrutturazione e recupero, iniziare i lavori entro un termine dalla data di acquisto.

#5 Zungoli, Campania

credit: avellino.occhionotizie.it

Dalla provincia di Caserta andiamo invece in quella di Avellino, a Zungoli, un piccolo villaggio che già dal 2019 ha iniziato a vendere immobili a prezzi stracciati. Tra storia e natura potranno essere acquistate delle case a solo 1 euro e tutte le informazioni si trovano qui.

#6 Sambuca, Sicilia

credit: theitaliantouch.org

Sempre restando nel Sud Italia c’è il borgo di Sambuca, in provincia di Agrigento. Il Comune aveva messo in vendita nel 2018 ben 17 immobili a 1 euro e, dopo il successo riscontrato, ha deciso di riproporre l’iniziativa nel 2021. Nei prossimi mesi sarà disponibile sul sito il bando per poter partecipare e aggiudicarsi un immobile al prezzo di un caffè in uno splendido angolo di Sicilia.

#7 Gangi, Sicilia

credit: ragusaoggi.it

Ci spostiamo ora nel Comune di Gangi, in provincia di Palermo, in cui è possibile acquistare una casa a 1 euro purché la ristrutturazione inizi entro un anno e si concluda entro 3. Lo scopo è ripopolare ma anche revitalizzare il paese dal punto di vista turistico e, per questo, il bando è rivolto anche alle aziende o a chi ha voglia di aprire un hotel, un ristorante o un b&b nel paese.

#8 Mussomeli, Sicilia

credit: tripadvisor.it – Castello Manfredonico

In provincia di Caltanissetta si trova il comune di Mussomeli, che ospita una delle fortezze più belle d’Italia: il Castello Manfredonico. Anche qui si è deciso di mettere in vendita vecchie case disabitate proprio nel centro storico del paese. Per avere tutte le informazioni basta andare sulla sezione dedicata al Comune di Mussomeli nel sito di Case a 1 euro.

#9 Salemi, Sicilia

credit: elle.com

Un altro borgo siciliano che aderisce al progetto è Salemi, questa volta in provincia di Trapani. Il Comune aveva già messo in vendita immobili al prezzo di un caffè 12 anni fa e adesso l’opportunità si è nuovamente ripresentata. Molteplici abitazioni verranno messe all’asta a partire dal prezzo simbolico di 1 euro: a quale stracciata cifra verranno vendute?

Maggiori info le trovate qui.

#10 Ollolai, Sardegna

credit: wesmoss.com

Dalla Sicilia andiamo in un’altra isola italiana: la Sardegna. Ollolai, in provincia di Nuoro, ha deciso di partecipare all’iniziativa ma con delle condizioni specifiche. E’ proprio il sindaco a spiegarne le motivazioni e il sistema: «I proprietari di case sottoutilizzate o inutilizzate, per i quali l’immobile rappresenta solo un costo, cedono a prezzo simbolico la propria casa fatiscente al Comune che la inserisce nel circuito della case ad 1 Euro a favore di acquirenti che diventano proprietari con l’impegno a ristrutturarle ed utilizzarle».

#11 Fabbriche di Vergemoli, Toscana

credit: casea1euro.it

Dopo una virtuale passeggiata tra le isole, torniamo sulla terra ferma per andare in Toscana. Il borgo di Fabbriche di Vergemoli, a metà strada tra il Parco delle Alpi Apuane e Lucca, ha deciso di aderire all’iniziativa per ripopolarsi visto che al momento gli abitanti sono solo 779.

Tutte le informazioni per l’acquisto le trovate qui.

#12 Montieri, Toscana

credit: ilgiunco.net

Nella provincia di Grosseto si trova il borgo di Montieri, in cui l’iniziativa ha avuto un gran successo nel 2016 ed è stata per questo riproposta quest’anno. Purtroppo si è recentemente conclusa ma potrebbe tornare attiva nel breve periodo. Per tenere sotto controllo lo stato del progetto si può visitare la sezione dedicata sul sito del progetto.

#13 Borgomezzavalle, Piemonte

credit: vimeo.com

Dalla Toscana risaliamo lo stivale per fermarci in Piemonte, a Borgomezzavalle. Anche qui il Comune ha deciso di combattere il progressivo spopolamento e ha per ciò aderito al progetto “Case a 1 euro”. Ma non è tutto: il sindaco per stimolare l’avvio di nuove attività ha messo a disposizione 2.000 euro per chi apre una partita Iva e per i nuovi nati 1.000 euro, asilo e mensa gratuiti. Tutte le condizioni le trovate sul sito del progetto.

Fonte: Zingarate

Leggi anche: “L’ISOLA che non c’è”: il progetto innovativo di Boeri per un BORGO STORICO

ROSITA GIULIANO

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Vado a VIVERE in CAMPAGNA: il SOGNO RURALE dei MILANESI

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cristinanasi68 IG - Lomellina

I risultati di una ricerca condotta su un campione di cittadini dell’area metropolitana milanese. 

Vado a VIVERE in CAMPAGNA: il SOGNO RURALE dei MILANESI

# La ricerca condotta su oltre 500 cittadini dell’area metropolitana milanese

Mappa Città metropolitana

Il sogno dei milanesi è di andare vivere in campagna. Questo è quello è emerso da una ricerca condotta dal Think Tank The European House – Ambrosetti e commissionata dai GAL (Gruppi Azione Locale) di Pavia, Cremona e Mantova. Lo studio, che ha coinvolto oltre 500 cittadini dell’area metropolitana milanese, si è posto l’obiettivo di capire la percezione dei milanesi sui territori rurali facili da raggiungere, come quelli delle province prese in esame, soprattutto come destinazioni attrattive per andarci a vivere

Leggi anche: #37 – ASSIANO: il quartiere “fantasma” che è ancora campagna

# Oltre il 50% degli intervistati valuta il trasferimento in campagna

cristinanasi68 IG – Lomellina

Pio Parma, Senior Consultant di The European House – Ambrosetti, che ha curato lo studio, evidenzia come “il 15% degli intervistati dichiara di essere intenzionato a trasferirsi in una zona rurale, mentre il 51,7% afferma che valuterà questa opzione in futuro: la possibilità di (ri)programmare parte della propria vita in una zona rurale è manifestata soprattutto da chi è nel pieno della propria attività lavorativa (60,8% nella fascia 45-54 anni) o prossimo alla pensione (50,6% nella fascia 55-64 anni)”.

# Le condizioni richieste per cambiare vita

credits: @renzocavagliotti – Oltrepò Pavese

Il trasferimento non avverrebbe a scatola chiusa, ma a precise condizioni. Queste le più importanti:

  • una congrua offerta servizi di base, come i presidi socio-sanitari, le farmacie e i servizi di assistenza alla persona, ritenuto come una priorità per oltre il 60% del campione;
  • la garanzia di un ambiente “sicuro” per il 70% degli intervistati;
  • la disponibilità di spazi aggregativi, socio-ricreativi e culturali per il 44%;
  • la possibilità di avere una situazione lavorativa soddisfacente e “agile” per circa il 50% del campione,

# La differenza tra maschi e femmine

Una differenza tra il campione maschile e quelle femmine c’è per quanto riguarda i fattori principali da tenere in considerazione per la scelta di trasferirsi in un contesto rurale. Per il primo il costo delle abitazioni e la qualità dell’ambiente, per il secondo la presenza di servizi alla persona come nidi, scuole, ospedali. Per entrambi resta determinante la qualità dell’ambiente.

# L’iniziativa “Dimore e Borghi” per intercettare i milanesi interessati a lasciare la città

falco_marchetti IG – Oglio Po

Il fine ultimo dello studio è di impostare una strategia integrata di ricettività dei tre territori lombardi. Alla base c’è il progetto “Dimore e Borghi” che punta a intercettare le esigenze dei milanesi disposti a trasferirsi nelle zone di campagna di Mantova, Cremona e Pavia, riprogettando i tre territori in quell’ottica. La prima fase prevede di aumentare la conoscenza dei territori con una campagna di promozione turistica, il 18% del campione non conosce o non ha mai visitato l’Oltrepò Pavese, la Lomellina, l’Oltrepò Mantovano e Oglio Po, la seconda invece un lavoro con le amministrazioni pubbliche e gli enti preposti per la costruzione di una nuova economia territoriale.

Fonte: latitudeslife.it

Continua la lettura con: Le 10 NOVITÀ per rendere MILANO più ATTRATTIVA a livello INTERNAZIONALE (secondo i milanesi)

FABIO MARCOMIN

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200 CASE LOW COST saranno costruite in zona Sarpi

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corriere.it - Social Housing

La prima operazione di questo tipo in Italia ad opera della Bei. Cosa è previsto e l’obiettivo dell’iniziativa.

200 CASE LOW COST saranno costruite in zona Sarpi

# Un finanziamento di 34 milioni di euro dalla Bei

credits: automoto.it – Paolo Sarpi

Si tratta della prima operazione di edilizia sociale per la Bei, la Banca Europea per gli investimenti, realizzata in Italia. Finora ha destinato quasi 7 miliardi in 11 paesi europei per progetti di social housing e prezzi calmierati. Il finanziamento concesso in questo caso è di 34 milioni di euro, ed è stato devoluto al Fondo Ca’ Granda gestito da Investire Sgr e partecipato dalla Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Cdp real asset Sgr e da Fondazione Cariplo. L’annuncio e la sottoscrizione sono avvenuti durante l’evento “Il partenariato acceleratore di rigenerazione urbana e sociale” tenutosi presso l’Archivio Storico del Policlinico di Milano il 27 novembre 2023.

# Oltre 200 case ricostruite per famiglie a reddito medio-basso

corriere.it – Social Housing

Le risorse servono per demolire e ricostruire, con i più alti standard di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale, oltre 200 appartamenti del quartiere Sarpi. Questi immobili furono donati al Policlinico che ora vuole ricambiare “restituendo valore alla città“, come spiega il presidente dell’istituto ospedaliero Marco Giachetti, che aggiunge come il progetto rispecchi il significato del concetto di generosità e di restituzione alla collettività: “da una parte, abitazioni belle e moderne a prezzi calmierati per le fasce deboli della popolazione; dall’altra, interventi nel sociale, concreti e per tutti.”   

L’obiettivo di questa riqualificazione immobiliare è infatti di arricchire l’eterogeneità sociale nel centro città e soprattutto di permettere a famiglie che dispongono di redditi medio-bassi di poter vivere in abitazioni di qualità, sia del punto di vista costruttivo che energetico.

Fonte: Milano Today

Continua la lettura con: Le TRE ZONE più CONVENIENTI per INVESTIRE a Milano

FABIO MARCOMIN

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La PRIMA PIETRA dell’”ARENA ONIRICA” di Milano

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Credits Urbanfile - Posa prima pietra

Inizia la costruzione vera e propria del palazzetto sportivo destinato a ospitare le gare di hockey maschile alle Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026.

La PRIMA PIETRA dell’”ARENA ONIRICA” di Milano

# Parte l’edificazione dell’arena per le gare di hockey di Milano Cortina 2026

Credits Urbanfile – Posa prima pietra PalaItalia

Il cantiere attivo dall’estate 2023 ha visto il 28 novembre la posa della prima pietra del PalaItalia alla presenza del Sindaco Beppe Sala e del Ceo di Eventim CTS, Klaus-Peter Schulenberg. Inizia così l’edificazione vera e propria della struttura, al momento dal terreno si vedono sbucare solo le fondamenta, il cui completamento è previsto entro la fine 2025. Le parole del Sindaco Sala a riguardo: “Deve essere pronta entro il 2025 e, da quello che capiamo fino ad oggi, siamo fiduciosi di poterci riuscire. Capisco la prudenza nell’uso del condizionale, ma io sarei più categorico. Tuttavia, come sempre, le opere si scontrano con costi che spesso superano le previsioni iniziali.

Credits Urbanfile – Fondamenta PalaItalia

Dovrà infatti essere realizzata in tempo per l’ispezione del Comitato Olimpico per consentire la disputa delle gare di hockey maschile di Milano Cortina 2026. L’evento sportivo è programmato dal 6 al 22 febbraio 2026.

# Una struttura di design e sostenibilità

davidchipperfield.com – Area Santa Giulia

Il progetto dell’arena olimpica è stato curato da Sir David Chipperfield dal suo Onirism Studio, mentre la gestione è affidata Eventim CTS, leader mondiale nell’ambito degli eventi e che ha acquisito la piattaforma di biglietteria online di Ticketone. La struttura si presenta con una forma ellittica ispirata all’archetipo dell’anfiteatro, sospesa da terra grazie a dei pilastri e con tre anelli di altezze diverse ricoperti di led che sembrano fluttuare l’uno sull’altro. Previste ampie hall all’interno che precedono l’accesso al parterre, una zona “premium”, con sky box e sale lounge, per un totale di 16.000 posti a sedere, e servizi di ristorazione.    

All’esterno una spaziosa piazza di oltre 10.000 mq, pensata per ospitare eventi, mentre sul tetto pannelli fotovoltaici. Per facilitare chi arriva in auto sotto l’area è previsto un parcheggio multipiano per 2.750 veicoli.

# Extra costi su del 50%

Rispetto ai 180 milioni di euro delle previsioni iniziali l’opera vede un aumento dei costi del 50%, dovuti alla necessità di recuperare il tempo perduto e dal lavoro su tre turni, tutti a carico dei privati. Il Sindaco Sala non esclude però un intervento del governo a sostegno delle imprese coinvolte: “sono a carico della società costruttrice e nell’impresa iniziale non dovevano esserci fondi pubblici. Da Milano non possono arrivare, non abbiamo disponibilità. Vediamo se al di là del grande impegno privato il governo potrà collaborare“.

# La “metro 13” più no che sì

Progetto Metrotranvia 13

Una conferma in negativo arriva invece per la metrotranvia 13, la nuova infrastruttura pensata per collegare Repetti M4 a Rogoredo M3 con fermata proprio nei pressi del PalaItalia e quindi utile per i tifosi durante le Olimpiadi Invernali 2026. Con molta probabilità l’inaugurazione solo dopo l’evento, come spiega Sala: “Non siamo sicuri se sarà pronta in tempo, sarebbe certo molto utile, ma non indispensabile“.

Continua la lettura con: La “METRO 13” di MILANO: arriverà in tempo?

FABIO MARCOMIN

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I NUOVI MILANESI: le ultime aperture a Milano

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polpetta_original IG

Molte novità nel campo della ristorazione. Vediamo quelle più clamorose. 

I NUOVI MILANESI: le ultime aperture a Milano

#1 Nobuya, un connubio tra Giappone e Italia 

milanotoday.it – Nobuya Milano

Il 27 novembre 2023 ha aperto in centro a Milano, in Via Nicolao 3, il nuovissimo ristorante giapponese di chef Nobuya. Un progetto che si prefigge di realizzare una ristorazione ricercata, raffinata e con materie prime di qualità italiane e giapponesi. Ne mangeremo delle belle. 

#2 Polpetta, dove tutto è “polpettabile”

polpetta_original IG

Apre a inizio dicembre “Polpetta”, un locale totalmente dedicato al mondo delle polpette, dai piatti classici come le polpette al sugo, alla cucina romana con polpette cacio e pepe, alle proposte internazionali come le polpette thailandesi con gamberi e curry. Non mancano proposte veg e le polpette dolci come dessert. In via Tortona 21. 

#3 Casa Tobago, al posto degli ex locali del Plastic

Credits megliounpostobello IG – Casa Tobago

In Viale Umbria 120 ha di recente aperto questo locale caratterizzato da una interessante dicotomia fra ambienti ed arredi tipicamente inglesi da un lato, la cucina incentrata sulla cottura alla griglia di carni dall’altro. Dunque arredi british, da divani e cucina a vista da una parte, a griglia e carni arrostite al momento dall’altra. Corposa anche la carta degli aperitivi.

Leggi anche: La NUOVA VITA del PLASTIC: da Freddie Mercury alla Quattro Stagioni

#4 Dolzeto, la “tripletta” in zona Isola

_lameneghina IG – Dolzeto

La chef Tasca, già avviati con successo Tascaro un bistrot e Ciopa, un forno-panetteria di quartiere entrambi in via Genova Thaon di Revel, apre il suo terzo locale in zona Isola, Via Arese 19. Si tratta di una pasticceria che propone dolci tipici veneziani, torte, e il principe della tradizione gastronomica veronese, ossia il pandoro che si potrà degustare tutto l’anno. 

#5 Cristalleria, il “pan de Cristal” in via Morazzone 10

lacristalleria.it IG

Di recente apertura un locale che promette di offrire un pane buonissimo: il pan de cristal infatti, grazie alla sua alta idratazione, risulta croccantissimo. Farcito con Patanegra, o salumi nostrani come il salame di Varzi, o ancora il pastrami di manzo, questo panino farà sicuramente breccia nel cuore dei tanti estimatori.

#6 Quintalino, il panino made in Italy 

quintalino_official IG

In via Terraggio 9 il nuovo locale dove primeggia il panino con ingredienti nostrani. Le carni infatti provengono dalla nota macelleria Toscana di Cecchini a Panzano, mentre i pretzel buns vengono da Pordenone. Da un progetto ideato, fra gli altri, dallo chef Francesco Panella, protagonista del programma “Little Big Italy”, e dal conduttore tv Alessandro Cattelan.

Continua la lettura con: Tutte le STELLE dei RISTORANTI di MILANO

ALESSANDRA GURRIERI

copyright milanocittastato.it

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#25 – Il PICCOLO PAESE a un’ora da Milano (poco noto ai milanesi) che SVETTA tra le METE di ogni PONTE

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Ph. @ulissepiana IG

Tra le località più ricercate dagli italiani quando c’è un week end ponte c’è un piccolo paese della Lombardia che pochi conoscono. Foto Cover: @ulissepiana IG

Milano-Monvalle

Il PICCOLO PAESE a un’ora da Milano (poco noto ai milanesi) che SVETTA tra le METE di ogni PONTE

# La perla nascosta del Lago Maggiore

Credits stefanozorzitto IG – Monvalle

Secondo i motori di ricerca tra le località più gettonate per i week end di ponte, soprattutto in primavera e in autunno, c’è Monvalle. Si trova in provincia di Varese, conta poco meno di 2.000 abitanti, e può essere considerato la perla nascosta del Lago Maggiore su cui gode di tre punti di accesso: il Lido, la spiaggia del Gurée ed il porto naturale del Cantone. Le prime tracce di questo piccolo borgo risalgono all’anno 1035, mentre nell’Historia del Verbano di Fra Paolo Moriggia pubblicata nel 1603 si trova il riferimento all’origine del nome chiamato Monvalle “per aver egli Monti e Valli”. 

# Le attrazioni più interessanti da vedere

Credits ottocento.italiano IG – Monvalle

Tra le cose interessanti da vedere a Monvalle troviamo alcuni edifici in via Cadorna, Diaz, Gramsci, Piave, Broletto, in località Carpanéé, una strada in acciottolato ben conservata che conduceva al “castrum” medievale con torre, di cui ormai non rimangono tracce, se non alcuni portali e un affresco di devozione. Valgono una visita anche le chiese Santo Stefano Protomartire e l’oratorio di S. Nazaro e Celso nella frazione di Turro.

# Il Sentiero dei Mulini

Credits g.nonini IG – Mulino di Monvalle

Suggestivi anche la Foce Monvallina e l’antico mulino nella frazione di Turro, che si trova lungo il sentiero dei Mulini che mette in comunicazione i mulini per secoli hanno caratterizzato la vita locale a ridosso dei fiumi Monvallina e Bardello. Per gli amanti dello sport all’aria aperta ci sono anche altri percorsi come il “Percorso Natura” oltre alla possibilità di sport acquatici, quando il livello del lago lo consente, partendo dal Lido di Monvalle, dalla spiaggia del Gurée ed dal porto naturale del Cantone. Per chi cerca relax invece può scegliere di riposarsi sul lungolago o la spiaggia.

# Come arrivarci

 

Partendo da Milano ci vuole circa un’ora di auto, tramite l’Autostrada A8 con l’uscita a Sesto Calende-Vergiate e poi la strada statale 629 e la strada provinciale 32.

Continua la lettura: La gita più bella #26 – Una delle “SPA più BELLE del mondo” è a due ore da MILANO

FABIO MARCOMIN

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#25 – I 10 LUOGHI più “SEGRETI” di MILANO

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La Vittoria (Adolfo Wildt)

Una lunga trasformazione urbana è in corso a Milano. Eppure, e per fortuna, ancora oggi, esiste (e resiste) una Milano insolita e segreta, che custodisce gemme nascoste capaci di suscitare curiosità e meraviglia che vale la pena andare a scoprire. E fare anche così un piccolo ripasso di storia della città.

I 10 LUOGHI più “SEGRETI” di MILANO

Passeggiare per Milano può regalare sorprese ed emozioni. Milano è la città degli angolini nascosti, quelli che bisogna cercare lontano dalla confusione e dai cliché“, racconta Massimo Polidoro, giornalista, scrittore, divulgatore scientifico e segretario nazionale del CICAP, che ha deciso di mostrarli in una guida “Milano insolita e segreta”», libro-guida tra i più segnalati su Amazon. In partenza per gli Stati Uniti (da settembre, per un semestre, Polidoro sarà Visiting scholar al Dipartimento di Storia della scienza dell’Università di Harvard, per studiare con la storica della scienza Naomi Oreskes”) è stato disponibile ad accompagnarmi in un tour alla ricerca dei luoghi più insoliti e curiosi.

#1 Il borgo dei Furmaggiatt

Fonte: Club Milano Magazine
Fonte: Club Milano Magazine – Borgo dei Furmaggiatt

Una fila di case popolari in Corso San Gottardo nasconde una delle poche testimonianze rimaste di quelle casére che occupavano questa zona. Quando nel 1819 fu completato il Naviglio Pavese, infatti, cominciarono a giungere qui, a bordo delle chiatte, i formaggi prodotti dalla campagna a sud di Milano e dove, al piano terra e nelle cantine, si trovavano i depositi per la conservazione e la stagionatura dei formaggi. Questa strada di collegamento tra città e campagna, era percorsa anche dal Gamba de Legn, una locomotiva a vapore così detta forse per l’incedere ondeggiante che pareva far zoppicare la vettura. All’interno del civico numero 20 si può ammirare il bel cortile ancora intatto, con i tipici lunghi ballatoi di accesso agli alloggi in fondo ai quali, un tempo, si trovava l’unico servizio igienico del piano.

#2 Via Bagnera

Stretta Bagnera

Fra Santa Marta e Via Nerino, c’è una stradina corta e stretta. Il nome Bagnera sembra derivi dal fatto che ai tempi dei romani lì vicino si trovavano i bagni pubblici. Proprio lì, in un piccolo magazzino che usava come casa e ufficio, nella prima metà dell’800 viveva Antonio Boggia, fabbro, muratore (ma lui si autoproclamava “imprenditore edile”), dall’aspetto distinto, solitario (la moglie senza cuore lo ha abbandonato, privandolo anche dell’affetto dei suoi figliuoli) primo serial killer ufficiale della storia italiana (fu accusato di circa una decina di omicidi).

Sceglieva un conoscente, uomo o donna, con qualche disponibilità economica. Inventava poi delle lettere con le quali le vittime gli lasciavano procure o deleghe per gestirne il patrimonio o con cui incassare ogni risparmio. Nel suo magazzino, inoltre, Boggia disponeva di una cantina ed era proprio lì che seppelliva le sue vittime. L’assassino finì impiccato nel Prato della morte, che si trovava in uno slargo tra viale Bligny e viale Beatrice d’Este, anticamente adibito alle pubbliche esecuzioni. L’ultimo civile a essere giustiziato a Milano.

Leggi anche: Il TOUR dell’ORRORE: i 7 LUOGHI più MACABRI di Milano (mappa)

#3 Palazzo Acerbi, la “casa del Diavolo”, in corso di porta Romana al 3

Casa del Diavolo

Il marchese Acerbi, un personaggio decisamente inquietante, “barba quadra et lunga“, era abituato a spostarsi con una carrozza nera trainata da 6 cavalli neri “con staffieri giovani in livrea verde dorata“. Mentre la popolazione veniva decimata dalla peste lui continuava ad organizzare feste sontuose e banchetti all’interno del suo palazzo, negli ampi saloni in marmo adornati con sculture, quadri di gran pregio, stucchi, specchi e tappezzeria di seta, senza che né lui né i suoi ospiti si ammalassero mai.

Da qui la credenza popolare che nel corpo del marchese Ludovico Acerbi si celasse in realtà il Diavolo in persona. “Acerbi in realtà morì anni prima dello scoppio dell’epidemia. Ma la leggenda continuò ad aleggiare attorno a questo personaggio inquietante“, precisa Massimo Polidoro. Nel 1848, il 20 marzo, durante le “Cinque Giornate di Milano” una palla di cannone austriaca colpì la facciata di Palazzo Acerbi e rimase conficcata nel muro della facciata come racconta la minuscola targa sotto di essa. Ancora oggi è possibile vederla alzando la testa, a destra del portone dopo la mensola del primo balconcino.

Leggi anche: L’incredibile storia del DIAVOLO di Porta Romana e del PALAZZO IMMORTALE

#4 La vittoria alata nel Palazzo Berri-Meregalli

Foto redazione – Casa Berri Meregalli

Tra i palazzi liberty di Porta Venezia potreste imbattervi, nel Palazzo Berri-Meregalli situato in via Cappuccini 8, una delle architetture più eccentriche e sorprendenti dell’architetto Giulio Ulisse Arata, realizzato fra il 1911 ed il 1913, miscelando stili diversi liberty, gotico e barocco. Dopo un piano terra caratterizzato dalla severità di un bugnato in finta pietra sbozzata, intervallato da aperture decorate con barre di ferro, le superfici si fanno sempre più leggere e terminano con un capitello che funge da base di appoggio per le sculture di puttini che formano una sorta di fregio in movimento. Ma le meraviglie di questo edificio non sono solo all’esterno, nell’incredibile, imponente e misteriosa facciata.

La Vittoria Alata (Adolfo Wildt)

Chiedendo il permesso al custode è possibile oltrepassare la cancellata in ferro battuto. Nell’atrio, scoprirete una meravigliosa pavimentazione dai toni accesi, contrapposto agli sfarzosi mosaici blu e oro che decorano i soffitti, illuminati dalla vetrata sul fondo. E poi apparirà davanti a voi: la Vittoria Alata, la meravigliosa scultura dell’artista milanese Adolfo Wildt (1868 -1921) progettata e scolpita tra il 1918 e il 1919 per celebrare la fine della prima guerra mondiale. Una statua liberty in marmo, ritrae la testa di una donna con un velo e un paio di ali, con un’espressione eterea, misteriosa che richiama quasi sofferenza nel suo sguardo rivolto verso il vuoto dell’infinito. “Non ha corpo, la sua Vittoria: è fulminea come il pensiero, lanciata in avanti, solo impeto aguzzo e solo ala impennata: prora di nave e fusoliera di aeroplano“, scrive all’epoca Margherita Sarfatti, critica d’arte. Se il profilo affilato del volto sembra modellato dall’aria che fende, le ali sono dorate come un mosaico di Klimt, e il marmo è patinato come un avorio antico. Ne rimarrete ammaliati. Quando la luce colpisce i tasselli dorati accanto a quelli dai colori accesi e brillanti delle vetrate la magia è completa.

#5 ll quartiere arcobaleno di via Lincoln

Credits: @solynou IG – Via Lincoln

Sicuramente uno dei luoghi più colorati della città. Un angolo di pace e tranquillità dove passeggiare lontano dal caos cittadino. A due passi da piazza Cinque Giornate si nascondono tra i palazzi due piccole vie ancora acciottolate con la tradizionale rizzada, su cui si affacciano, inaspettate, quaranta villette tutte di colori diversi, giallo, azzurro, viola, arancione, che sfida le giornate più grigie, ancor più è suggestivo in primavera, quando sbocciano i fiori, con giardini privati dove crescono palme, magnolie e gelsomini.

La storia di questo abitato ha origine nell’Ottocento, sfruttando un’area dismessa dovuta alla demolizione della stazione di Porta Tosa, (1876): lo scalo della ferrovia per Venezia della Imperial-Regia Privilegiata Strada Ferrata Ferdinandea Lombardo-Veneta (era brutta, orribile, scrivevano i cronisti dell’epoca. La parte più graziosa era costituita dal padiglione in legno del caffè gestito dal Baldassare Gnocchi”) sostituita dalla nuovissima stazione Centrale (in Piazza Fiume oggi della Repubblica). La Società Edificatrice Abitazioni Operaie creò piccole casette a due piani dai colori pastello con giardini orti e terrazzi, un vero e proprio villaggio per gli operai che lavoravano nel quartiere. Oggi i prezzi, neanche a dirlo, sono alle stelle.

Leggi anche: Sette cose che non sai sul QUARTIERE ARCOBALENO di Milano

#6 La Madonna con le corna in Sant’Eustorgio

Credits Andrea Cherchi – Madonna con le corna.jpg

Uno degli affreschi più singolari di Milano è all’interno della Basilica di Sant’Eustorgio nella Cappella Portinari. Sulla parete sud, infatti, è raffigurata una Madonna con le corna che tiene in braccio il piccolo Gesù, affrescata da Vincenzo Foppa, intitolato “Il miracolo della falsa Madonna”. La leggenda vuole che le corna siano del diavolo in persona che si nascose dietro l’icona della Madonna per disturbare San Pietro da Verona che celebrava la Messa in Sant’Eustorgio. Il Santo se ne accorse e scacciò il demonio, insieme a un mago eretico ritratto sulla destra, reggendo tra le dita un’ostia consacrata. Una volta eseguito il suo esorcismo, però, secondo la leggenda nel dipinto alla Madonna rimasero le corna di Lucifero. “In realtà, Foppa volle documentare l’avversione che all’epoca esisteva in quel luogo per il culto della Vergine“, spiega Massimo Polidoro.

#7 I solchi sulle balaustre dei Navigli

Sulle bitte in ferro e le balaustre in pietra lungo il Naviglio si possono vedere profondi solchi trasversali. Sono quelli lasciati dai cavi utilizzati per l’attracco delle chiatte che trasportavano le merci e materiali da costruzione come sabbia, laterizi, pietre da taglio, metalli, legna, carbone e prodotti alimentari. Tra il 1830 e la fine del secolo la sola Darsena di Porta Ticinese registrava una media di 8300 barche in entrata e uscita, per un movimento complessivo di 350.000 tonnellate l’anno. I traffici proseguirono nel Novecento, e continuarono fiorenti: nel 1953 la Darsena era al tredicesimo posto nella classifica dei porti nazionali per ricevimento merci. Il 30 marzo 1979 l’ultimo barcone scaricò il suo carico di sabbia.

#8 Nel labirinto di Arnaldo Pomodoro

Credits fondazione_arnaldo_pomodoro IG – Labirinto Arnaldo Pomodoro

In via Solari 35 (un tempo area delle ex officine Riva Calzoni dove si producevano turbine per centrali idroelettriche) negli spazi sotterranei che l’artista Arnaldo Pomodoro aveva trasformato in un inedito progetto culturale (che ha fatto da traino per la trasformazione di un quartiere dove oggi si concentrano attività legate al settore artistico e creativo), e oggi sede dello Show-room Fendi, è custodita un’installazione ambientale intitolata “Ingresso nel labirinto”. Realizzata dal 1995 al 2011 da Pomodoro (ha compiuto 97 anni lo scorso 23 giugno), si estende su circa 170mq ed è realizzata in bronzo, rame e fiberglass patinato. Quando nel 2019 la Fondazione Pomodoro si è trasferita nella nuova sede tra via Vigevano e il vicolo Lavandai, il suo gioiello, intrasportabile, è rimasto infatti incastonato nel sottosuolo.

Credits barbara_vellucci IG – Labirinto di Arnaldo Pomodoro

Il labirinto si compone di un insieme di vani, corridoi e porte girevoli rivestiti in fiberglass patinato, con interventi in bronzo e pavimento di lastre in rame. Il visitatore, attraversato il portale a scomparsa, viene catapultato in una dimensione di fantasia. Un luogo dove archeologia e arte contemporanea si fondono, tra geroglifici e richiami letterari all’Epopea di Gilgamesh (il primo poema epico della storia, inciso su undici tavolette d’argilla in caratteri sumerici). Al centro dell’opera c’è una sorta di mausoleo dedicato a Cagliostro, l’alchimista palermitano vissuto nel XVIII secolo, dove, su un pavimento a mosaico sottoposto al piano di calpestio, si staglia un giaciglio, luogo di morte del controverso alchimista, morto imprigionato presso la Rocca di San Leo. Visite guidate a cura della Fondazione Pomodoro.

Leggi anche: Il LABIRINTO DI MILANO, il capolavoro nascosto di Arnaldo Pomodoro

#9 L’oratorio di San Protaso in via Lorenteggio

Chiesetta di San Protaso

E’ situato in una aiuola spartitraffico della trafficata via Lorenteggio. «Secondo una leggenda», dice Polidoro, «qui nel 1162 entrò il Barbarossa come atto di devozione per invocare la vittoria, mentre Federico Confalonieri usò l’oratorio come covo di cospirazione carbonaro per i moti rivoluzionari contro gli austriaci.» Un tempo usato per la Messa domenicale dai contadini, che la chiamavano anche “Cà o Gesétta di Lusern” (Casa o Chiesetta delle Lucertole) sorgeva in aperta campagna. Quando a fine anni Cinquanta si pensò di abbatterla per fare spazio alla nuova Via Lorenteggio, l’opposizione degli abitanti del quartiere fu tale che si riuscì a salvarla.

All’interno sono visibili affreschi eseguiti in epoche diverse e spesso sovrapposti: il più antico è un fregio nell’abside databile intorno all’anno Mille, con scene di caccia. Sul sagrato di ciottoli della chiesa è stato sistemato il cippo stradale, rinvenuto durante scavi ottocenteschi, che un tempo indicava il territorio dell’antico “Comune di Lorenteggio e Uniti”.

Leggi anche: La “CHIESA delle LUCERTOLE”. l’indistruttibile LUOGO dei MIRACOLI sullo spartitraffico di via Lorenteggio

#10 Il Rifugio Antiaereo N° 87

credits: fontanedimilano.it – Rifugio sotto la fontana in Piazza Grandi

Durante la Seconda Guerra Mondiale, ogni volta che il rombo dei bombardieri si avvicinava e le sirene suonavano, i milanesi correvano a nascondersi sotto terra, nelle cantine o in uno dei 135 rifugi antiaerei pubblici sparsi per la città, per ripararsi dalle bombe. I rifugi erano segnalati esternamente con l’indicazione raffigurante una freccia e l’acronimo US ovvero uscita di soccorso oppure con una R che indicava Ricovero. Quelle frecce sopravvivono oggi, ancora ben leggibili sui muri. In piazza Grandi, proprio sotto la monumentale fontana, due grosse frecce bianche con una bordatura nera indicano la presenza del rifugio antiaereo N.56, realizzato dal comune nel 1936 in cemento armato. Uno dei pochi tuttora visitabili (grazie all’associazione Neiade) insieme al rifugio N.87 in Viale Bodio 22, capace di ospitare fino a 450 persone.

Come spesso accadeva, fu costruito riadattando le cantine dei sotterranei di una scuola elementare, in modo da dare immediata protezione agli alunni, ai maestri e ai cittadini dei dintorni. Il rifugio, che occupa 220 mq, ripulito nel 2010, conserva le scritte originali, le frecce che indicano il gabinetto o l’acqua potabile, le vie d’uscita, i divieti di fumare, ed è stato recuperato anche il pavimento originale. La scoperta del rifugio ha una storia incredibile. Fra quei ragazzi che si nascondevano lì sotto c’era anche c’era anche un bambino che da grande sarebbe diventato uno dei registi più sensibili e apprezzati del cinema italiano: Ermanno Olmi. Ne ha parlato nelle pagine del suo libro “Il ragazzo della Bovisa”, romanzo finito fra le mani di una preside saggia e ostinata, Laura Barbirato, quando a metà degli anni Novanta arrivò di fresca nomina a dirigere la scuola elementare Leopardi. Fatto sta che la neo preside legge il libro e il giorno dopo averlo ultimato, decide di controllare di persona. Scende nel seminterrato e sì, il rifugio aereo è ancora lì. Sommerso di rifiuti e polvere, ma c’è. Oggi è un museo.

Leggi anche: La MILANO SOTTERRANEA: sotto i nostri piedi si nascondono cose che noi milanesi non possiamo neanche immaginare

Continua la lettura: Luogo nascosto #26 – Il Tempio della NOTTE, il regno delle TENEBRE di Milano

CRISTINA TIRINZONI

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M1 INTERROTTA, BUS SOSTITUTIVI BLOCCATI nel traffico: la MIA ESPERIENZA nel GIORNO NERO di Milano

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Credits ilgiorno.it - Coda fuori dalla fermata Pasteur

Martedì 28 novembre 2023: il giorno nero dei trasporti di Milano. Durante l’attività di manutenzione notturna nella M1 un macchinario ha urtato un pilastro che separa i binari nella galleria di Palestro, danneggiandolo in modo grave. La linea è rimasta bloccata tra Loreto e Cairoli e sono partiti subito i bus sostitutivi. Ma chi li ha usati per attraversare la città ha vissuto una vera un’odissea. Come Roberta B. che così ci scrive. 

CAOS a MILANO: la linea M1 INTERROTTA, i BUS SOSTITUTIVI BLOCCATI nel traffico

# Il racconto del giorno nero: da Bisceglie a Cadorna in 1 ora e 20

Credits varesenews – Pilone danneggiato

28/11/2023: una giornata da dimenticare a Milano. Scendo per prendere la metro e un fiume di persone si snoda fin sulle scale. Cerco di capire la voce della radio “Cadorna… a Cadorna il sostitutivo” con rammarico preferisco prendere il bus. La metro è ferma, causa una rottura di un pilastro.

Soluzione sbagliata il bus? Da Bisceglie forse, ma il timore di aspettare la metro, di non farcela a salire, non lascia alternative: la 58 fino a Cadorna. Mi siedo al caldo. Nelle fermate successive non ci sono assalti, forse allora la metro è ripartita, dovrei scendere?

Invece rimango, impaziente, guardando l’orologio. Quanti semafori e traffico. Il problema reale è soprattutto la mancanza della corsia preferenziale per il bus, mi guardo intorno e non capisco il perché invece di aiuole grandi e larghe in mezzo alla strada, alle rotatorie. Io apprezzo il verde, ma ci sono anche i problemi alla circolazione. L’ urbanistica è una scienza e dimezzare le corsie e i parcheggi non credo sia contemplato. Intanto passano i minuti e dopo un’ora e 20 arrivo a Cadorna. Non mi resta che scendere e percorrere finalmente l’ultimo tratto a piedi per arrivare al lavoro. Scoprirò solo più tardi che sarei riuscita a salire con difficoltà sulla metro e solo dal capolinea.”

Robi B.

Continua la lettura con: Mancano 300 AUTISTI: le 31 LINEE di Milano che TAGLIANO le CORSE

MILANO CITTA’ STATO

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Le TRE ZONE più CONVENIENTI per INVESTIRE a Milano

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Bisceglie-Baggio

In base ai dati di Immobiliare.it questa è la top 3 delle zone migliori dove acquistare casa per metterla a reddito.

Le TRE ZONE più CONVENIENTI per INVESTIRE a Milano

#3 Una casa nell’area Affori-Bovisa rende il 6,62%

Affori-Bovisa

Dove conviene investire in un immobile a Milano per avere la rendita più elevata? Secondo i dati del portale Immobiliare.it emerge come le aree nella cerchia esterna della città siano quelle con profittevoli, pur se lontane del centro. Al terzo posto di questa top 3 troviamo la zona di Affori-Bovisa, a nord-ovest della città, dove il rendimento medio per un appartamento messo a reddito è del 6,62%. Tra gli interventi più importanti in corso c’è il nuovo campus del Politecnico alla Goccia nei vecchi gasometri.

#2 Nella zona di Ponte Lambro-Santa Giulia un immobile a reddito genera un ritorno annuo del 6,7%

Ponte Lambro-Santa Giulia

Al secondo posto c’è invece la zona di Ponte Lambro-Santa Giulia. All’interno è compresa sia la parte più critica, quella di Ponte Lambro, che quella di Santa Giulia dove è in corso una vera e propria rinascita con la costruzione il Pala Italia e nel prossimo futuro il completamento del quadrante nord. Per chi vuole comprare qui un immobile da investimento si può aspettare un ritorno annuo medio del 6,7%.

#1 Bisceglie-Baggio-Olmi è la zona dove si guadagna di più: 7,38% di rendimento medio

Bisceglie-Baggio

Al primo posto l’area compresa tra Bisceglie-Baggio-Olmi dove nel prossimo futuro è atteso il prolungamento della linea metropolitana M1 con 3 nuove fermate. Un fattore che contribuirà con molta probabilità ad aumentare il costo al mq sia per immobili usati che per quelli nuovi. Al momento si può realizzare qui l’investimento migliore, la rendita media prevista è infatti del 7,38%.

Spunto: milanopersempre.it

Continua la lettura con: CROLLO delle VENDITE di CASE a Milano: i due motivi che potrebbero portare al CRACK IMMOBILIARE

FABIO MARCOMIN

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Le SORPRESE di MILANO per chi arriva da fuori: 10 (+1) cose fondamentali da sapere per VENIRE A VIVERCI

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credits: guardachevideo.it

Spesso gli stessi milanesi non riescono a stare al passo con la celere trasformazione della città e chi viene da fuori, tornando magari qui dopo mesi, stenta a credere ai cambiamenti che sono costanti e imponenti. Ci sono, tuttavia, dei capisaldi su cui sembra che la città non cambi, qualunque sia l’amministrazione. Alcuni sono ben noti, altri sconosciuti.

Vediamo dunque insieme le cose da sapere prima di trasferirsi a Milano per non incappare in sorprese inaspettate. Sia quelle che fanno storcere il naso, che quelle che fanno esclamare “wow!” 

Le SORPRESE di MILANO per chi arriva da fuori: 10 (+1) cose fondamentali da sapere per VENIRE A VIVERCI

#1 Non c’è la metro di notte

Credits: @ior_leibler_photography
Metro Milano

È la città della vita notturna, ma i mezzi di notte non vanno. O meglio, ci sono degli autobus notturni che percorrono tutta la città per non lasciare vagabondi o incalliti aficionados della chiusura locali, ma la metro, che poi è il mezzo più comodo è veloce, a un certo punto si ferma. Le corse terminano infatti poco dopo la mezzanotte e riprendono verso le 5.30 del mattino. Non il massimo, per una capitale europea che vuole aspirare a un progresso sempre più distintivo. Chi arriva da una grande metropoli internazionale può restare di stucco per questa cosa che può incidere il modo di organizzare le uscite serali. 

#2 Ci sono parchi che chiudono la sera

Credits: fondoambiente.it – Parco Lago Nord

Altra cosa che sorprende chi arriva dal Nord delle Alpi. Qui ne va della sicurezza. Nel caso si ceda all’irresistibile voglia di una passeggiata notturna a Milano, è possibile farla solo nei grandi parchi irrecintabili di periferia, come il Forlanini, Trenno o il Parco Nord. Per i parchi del centro, come il Sempione o l’Indro Montanelli, invece, è impossibile.  

#3 La raccolta differenziata è una religione

avvenire.it

Il noto dj e conduttore radiofonico Fernando Proce qualche anno fa spopolava con uno spot di promozione del suo programma in radio, uscendo da un finto cassonetto della spazzatura e assicurando che il suo programma faceva (fa) la differenza. Un simpatico sketch che potremmo prendere in prestito per dire che a Milano la raccolta differenziata è sacra. Guai, quindi, anche solo a confondere il colore dei vari rifiuti. Si viene guardati malissimo, sia dai milanesi che da chi non lo è ma vive qui da tempo. Perché qui la differenziata fa la differenza.   

#4 Non solo città della moda, ma anche dello Sharing

Credits: greencity.it

Dal monopattino alle bici, dalle auto al carrello spesa, dagli appartamenti ai passaggi in auto, la moda dello sharing a Milano imperversa da tempo. Chi arriva deve abituarsi in fretta. A Milano tutto è disponibile senza acquistarlo. Fra qualche anno si potrà noleggiare anche l’aria (che per carità, non è certo fra le più salubri d’Italia ma chissà. Un giorno qualcuno potrebbe concepire l’affitto di metri cubi d’aria di montagna puliti a domicilio) 

#5  Tutto può essere spedito e ricevuto comodamente a casa

Credits: www.blogsicilia.it

Alias, perché spostarsi da casa o scendere quando si può spedire e ricevere tutto comodamente a casa? L’innominabile megastore online su cui tutti ormai si servono da anni è oggetto di mille contestazioni (legittime) da chi pensa che abbia impigrito le persone, che abbia massacrato piccoli esercizi commerciali e via dicendo. Ma come si suol dire, un conto è condividere problematiche sociali moderne, e un conto è avere il paraocchi e non ammettere che le cose vadano proprio in un determinato modo: Milano per fortuna o purtroppo è e resterà la capitale italiana ed europea dell’e-commerce e, di conseguenza, del delivery. 

#6 La nebbia non c’è più

Non c’è davvero. Fidatevi. I tempi di Totò e Peppino sono ormai obsoleti come lo stesso periodo storico in cui era ambientato il famoso sketch alla Stazione Centrale “La nebbia c’è, ma non si vede”. Rispetto agli anni’80, grazie soprattutto al cambiamento climatico generale che sta avendo luogo sul pianeta, la nebbia resiste solo nei parchi limitrofi di periferia, ma in centro città ormai non si vede da decadi.  

#7 I Milanesi di origine milanese ci sono ancora

credits: diggintravel.com

Esistono, miei care e cari lettori forestieri. Udite udite, non è vero che a Milano sono tutti o quasi di origine “straniera”. Secondo un sondaggio di metà anni ‘ 2000, i milanesi doc erano tre su dieci. Non ci è dato sapere come siano cambiate le percentuali, ma quel che è certo è che in molti sono ancora convinti che qui ci siano solo persone con origini di fuori Milano. Ogni 10 persone almeno due o tre sono milanesi DOC. 

#8  Tenere la destra sulle scale mobili

credits: traveller.com

La mitica scena di Pozzetto che ne “Il Ragazzo di Campagna” viene sbattuto fuori a calci e spintoni dalla metro di piazza San Babila non è poi così diversa dalla realtà. A Milano le scale mobili, le ciclabili e perfino i marciapiedi sono vie di traffico dove se non tieni la destra rischi insulti.   

#9 A Milano la velocità aumenta

credits: guardachevideo.it

Come sopra. In ognuno dei posti elencati, c’è chi va piano e chi corre al lavoro o all’appuntamento a cui non può far tardi. Trovare una persona che non sia un pensionato che passeggia lentamente a Milano in zone ad alta densità di pedoni, bici o monopattini è raro come una mosca bianca 

#10 Non fare l’imbruttito 

credit: ilmilaneseimbruttito.it

Milano non è imbruttita, anzi. Alla gran parte dei milanesi non piace molto quel tipo di personaggio ironico e stereotipato creato dalla celebre pagina web, la quale ha messo in bocca a tanti non milanesi modi di dire ed espressioni che sono delle macchiette come i personaggi dei film di Vanzina. A quel che mi risulta poi, sono anche tifosi del Milan (ve lo dice un nerazzurro fino al midollo) quindi come potrei perdonarvi se vi ispirate a loro? Datemi retta, amici che verrete presto a Milano. Per trovarsi bene qui non serve comportarsi da imbruttiti

#10+1 Il parcheggio non esiste

L’undicesima chicca che chiude il cerchio di questa squadra di cose da sapere. Potremmo parlare di tutto e del contrario di tutto, ma esattamente come il traffico nel film Johnny Stecchino, c’è una piaga, una grande piaga che stenta a gettare la spugna. Mi avete già capito, vero? Stiamo parlando del parcheggio. Che a Milano, semplicemente, non esiste. Quindi, più che un undicesima cosa da sapere, vi do un bel consiglio. A Milano sono tutti benvenuti, ma vi prego: non veniteci in macchina. Anche perché tra assenza di parcheggi, area B, area C, ZTL varie, è impossibile sfuggire alle multe. 

Continua a leggere con: 5 cose che i milanesi NON SOPPORTANO di Milano

CARLO CHIODO

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

 

#26 – Una delle “SPA più BELLE del mondo” è a due ore da MILANO

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Credits instafallen IG - Lefay Resort & Spa Lago di Garda

La Top Destination Spa è la classifica con le 30 migliori spa al mondo votate dai lettori di Condé Nast Traveler. Nell’ultima edizione il primo posto in assoluto è occupato dal pluripremiato indirizzo lusso thailandese a vocazione salute Chiva-Som International Health Resort, ma ci sono tre strutture italiane in classifica. Scopriamo quali sono. Tra cui una ad appena due ore da Milano. 

Una delle “SPA più BELLE del mondo” è a due ore da MILANO

# Lefay Resort & Spa Lago di Garda con la sua infinity pool – Lombardia

Credits instafallen IG – Lefay Resort & Spa Lago di Garda

La terza italiana in classifica è il Lefay Resort & Spa Lago di Garda in Lombardia che si guadagna la 29esima posizione. Si trova a Gargnano, in provincia di Brescia. Una struttura in simbiosi con il paesaggio, con trattamenti originali da non perdere, agopuntura, massaggio per dolci sogni, impacchi drenanti e la spettacolare infinity pool dello stesso identico colore del lago.

# Le altre due italiane tra le più belle del mondo

Terme di Saturnia Natural Destination Spa & Golf Resort, la Spa naturale più bella al mondo – Toscana

Credits: viaggiare.mondo.info – Terme di Saturnia

Alla 22esima piazza c’è la la storica struttura Terme di Saturnia Natural Destination Spa & Golf Resort nel cuore della Maremma Toscana. A detta di molti è la Spa naturale più bella al mondo grazie all’acqua termale, calda e ricca di benefici per salute e psiche, e allo scenario da favola in cui si trova. Tra i punti di forza della struttura ci sono i trattamenti a base di fanghi termali, la verde campagna circostante e la deliziosa cucina del territorio.

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Lefay Resort & SPA Dolomiti Pinzolo immersa tra boschi e picchi innevati – Trentino Alto Adige

Credits topolskayasignature – Lefay Resort & SPA Dolomiti Pinzolo

Il Lefay Resort & SPA Dolomiti Pinzolo è la prima Spa italiana in classifica, piazzandosi alla 12esima posizione. Una struttura di recente costruzione ecosostenibile dagli arredi avvolgenti e curati, le vetrate a tutt’altezza aperte sul paesaggio e una concezione del benessere capace di fondere le migliori lezioni di Asia e Occidente. Immersa tra boschi e picchi innevati dista da Trento meno di un’ora di auto. 

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#26 – Il Tempio della NOTTE, il regno delle TENEBRE di Milano

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Milano è una città che presenta molte sorprese dove meno te l’aspetti. Si possono trovare nei cortili oppure sottoterra.

Il Tempio della NOTTE, il regno delle TENEBRE di Milano

La Milano sotterranea oltre che della metro è sede di cunicoli, cripte e passaggi segreti: da quelli medievali ai bunker di epoca bellica.

Una delle sorprese più misteriose si trova a Gorla, nel parco di Villa Finzi, uno dei più antichi della città, costruito per abbellire la villa.

In una grotta artificiale il “Tempio della Notte”. Ma qual è la sua storia?

# Villa Finzi

Uno scorcio del parco Betthyàny-Finzi visto dalla Martesana (Credits: divinamilano.it)

La sua storia ha inizio quando nell’allora borgo di Gorla, a poche migliaia dai Bastioni di Porta Orientale (oggi porta Venezia), c’era, ancora visibile oggi, un edificio splendido, noto come Villa Finzi. La villa apparteneva al conte ungherese Antonio Giuseppe Batthyàny, alto ufficiale degli Ussari, la cavalleria ungherese, che lui usava come “buen retiro”  di campagna, dimora di delizia, luogo di piacere. La proprietà confina col canale della Martesana (allora Naviglio Piccolo), offrendo degli scorci romantici davvero unici.

Villa Batthyàny negli anni Trenta (oggi Villa Finzi)

Nella sua villa di Gorla il conte Antonio Giuseppe Batthyàny organizzò, tra le molte attività festose, anche il fastoso ricevimento di benvenuto in onore del principe Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena (fratello dell’Imperatore Francesco e vicerè del Regno Lombardo-Veneto) e della Principessa Elisabetta di Savoia-Carignano (sorella del futuro re di Sardegna Carlo Alberto) in occasione del loro passaggio per Milano, dopo le nozze celebrate a Vienna il 28 maggio 1820.

# La nascita di uno dei parchi più antichi di Milano

La villa era in origine senza giardino. Per estendere il suo terreno, nel 1826 il conte decide di acquistare dei terreni agricoli confinanti con la sua proprietà. Poiché i terreni acquisiti erano attraversati dal fontanile dell’Acqualunga chiese al suo architetto, Gaetano Brey, di progettare un giardino paesaggistico o giardino all’inglese. Così fece costruire un vasto parco con laghetto che divenne così uno dei più antichi parchi di Milano.

# Il Tempio dell’Innocenza

Credits: divinamilano.it/

Non si limitò al laghetto e a decorazioni floreali. Il conte fece costruire pure il Tempio dell’Innocenza, un tempietto in stile neoclassico, visibile ancora oggi nel parco. Una costruzione a pianta circolare, a cielo aperto, con otto colonnine in pietra, su un basamento a gradoni, in origine eretto su un isolotto in mezzo al laghetto, raggiungibile con una piccola barca. Ma questo non è l’unico tempio che fece costruire il conte. A questo, alla luce del sole, dedicato all’Innocenza, contrappose il suo opposto. Realizzato sottoterra. Era il Tempio della Notte. 

# Il Tempio della Notte: la scoperta

Il secondo tempietto viene fatto nascosto sottoterra, sotto il parco. E’ il Tempio della Notte, unico esempio a Milano di architettura massonica ipogea, un gioiello del Neoclassicismo lombardo. Il tempio fu realizzato all’interno di una struttura sotterranea preesistente, usata come ghiacciaia, una sorta di neviera, e venne individuato la prima volta nel 1991 in circostanze accidentali dallo speleologo Celestino Ghezzi, che stava esplorando il percorso del fontanile Acqualunga. Anche se solo nel 2005 il tempio venne scoperto nella sua interezza grazie all’opera di un altro speleologo, Andrea Thum. 

L’unico altro esempio simile esistente in Italia si trova in Lombardia: a Cernusco sul Naviglio, nel parco della villa del Conte Ambrogio Uboldo, di qualche anno antecedente al Tempio di Gorla. In Europa, al di fuori dell’Italia, esiste un unico altro esempio: nel parco del Castello di Schönau an der Triesting, nella bassa Austria, il Tempio della Notte fu costruito nel 1796 dal barone Peter von Braun, uno degli uomini più ricchi d’Austria a quell’epoca.

# Il Tempio della Notte: l’utilizzo passato e la leggenda delle notti di luna piena

Tutti templi sotterranei fatti di colonnati, capitelli, volte e nicchie varie, costruiti rispettando particolari posizioni astrali. Ricevono la luce ai solstizi d’inverno e d’estate da un’imboccatura posta sulla volta. Pare piuttosto che siano stati costruiti per ospitare riunioni massoniche e riti di iniziazione che avvenivano attraverso il passaggio simbolico dalle tenebre alla luce.

Il tempio oggi non è valorizzato come dovrebbe. Si narra che nelle notti di plenilunio ospiti messe nere e riti satanici. Sarà solo una oscura leggenda? 

Fonte: DivinaMilano.it

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L’AUTOSTRADA SILENZIOSA e SOTTOTERRA a nord di Milano

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Webuild - Pedemontana

Il progetto dei dettagli e quando è prevista l’inaugurazione completa.

L’AUTOSTRADA SILENZIOSA e SOTTOTERRA a nord di Milano

# Un tracciato di 67 km da Cassano Magnago (Va) a Osio Sotto (BG)

Pedemontana Lombarda

La Pedemontana Lombarda è un sistema viabilistico in costruzione nell’area di Monza, Como e Varese con uno sviluppo complessivo di 157 km. Il tratto autostradale è a nord di Milano con una lunghezza di 67 km, di cui poco meno di 20 km a tre corsie da Bovisio Masciago a Vimercate. A questi si aggiungono 20 km di tangenziali e 70 km di viabilità locale. Il tracciato autostradale (A36) va da Cassano Magnago (Va) a Osio Sotto (Bg), collegando le esistenti autostrade A8 Milano-Varese, A9 Milano-Como e A4 Torino-Venezia. 

# Il 75% è sotto il livello campagna, le prime due tratte operative dal 2015

Tratte in funzione A36

Il progetto è suddiviso in 5 tratte. In funzione dal 2015 le prime due, per un totale di 22,5 km: la “A” tra le autostrade A8 e A9 e la B1 dall’interconnessione con la A9 alla SP ex SS 35 a Lentate sul Seveso. Rispetto alle grandi autostrade costruite negli anni ’70 la A36 corre per il 75% del tracciato sotto il livello campagna: in trincea e galleria naturale o artificiale. In questo modo si riduce l’impatto acustico del transito provocato dal transito dei mezzi e anche quello estetico-ambientale, con l’aggiunta di altre opere di mitigazione e barriere fonoassorbenti.  

# Un investimento 4-5 volte superiore alle classiche autostrade

Webuild – Pedemontana

Come spiegato a Monza Today da Sabato Fusco, Amministratore Delegato di Pedemontana, un’autostrada di questo tipo ha un costo fino a 4-5 volte maggiore rispetto a quelle costruite a livello campagna. Solo per le tratte in procinto di partire con in cantieri, la B2 e la C, la spesa è arriva a 1 miliardo e 265 milioni di euro. Il tracciato in questione è per l’83% in trincea o galleria artificiale, rispettivamente il 47% e il 36%. La galleria artificiale è una struttura coperta realizzata in cemento armato, mentre il percorso in trincea viene realizzato scavando fino a 6-9 metri sotto il livello del terreno. 

# A dicembre primi lavori tratta B2, inaugurazione di tutta l’opera nel 2031

Tratta B2 Pedemontana Lombarda

Nel mese di dicembre 2023 previsti i primi lavori per la tratta B2, con la ricognizione per verificare la presenza di ordigni bellici. A seguire la bonifica dei terreni tra Seveso e Meda tra febbraio e marzo 2024. Lunga 9,5 km di galleria artificiale, trincea e rilevato, tra Lentate e Cesano Maderno non prevede nuova sede stradale ma l’ampliamento e riqualificazione della Milano-Meda.

Per la tratta D Breve di 18,5 km, dall’interconnessione con la Tangenziale Est a quella con l’autostrada A4, si attende la definizione del cronoprogramma. L’obiettivo è inaugurare tutta l’infrastruttura entro il 2031.

Fonti: MonzaToday, pedemontana.com

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FABIO MARCOMIN

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La COMPANY TOWN stile anni ’30

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A pochi chilometri da Udine sorge Torviscosa, un esempio di Company Town anni ’30.

La COMPANY TOWN stile anni ’30

# Città di Fondazione o Company Town

Tra il XVIII e il XX secolo, a seguito della massiccia industrializzazione, nel mondo occidentale sono nate numerose città di fondazione, o Company town. Prendono questo nome i nuclei urbani non spontanei che per definizione, nel corso della storia, sono sorti “sulla base di una precisa volontà politica e di un progetto urbanistico“. Tra questi si ricordano brevissimamente alcune esempi come i villaggi operai ottocenteschi legati ad insediamenti industriali o minerari (vedi Crespi d’Adda Nebida), le città giardino inglesi (Hampstead) o gli insiediamenti urbani fondati nel ventennio fascista nel Lazio, a supporto delle opere di bonifica dell’Agro Pontino e Romano (Sabaudia, Littoria, Carbonia, Ventotene).

# La Company Town friulana

Nel corso del tempo in Italia sono nate numerose città aziendali (company towns), a completamento delle infrastrutture produttive di altrettante grandi aziende. Ivrea, Crespi d’Adda, Panzano e Torviscosa ne sono un esempio. Quest’ultima è un paese in provincia di Udine fondato tra il 1937 e il 1938 assieme alla fabbrica di cellulosa di proprietà di SNIA (Società Navigazione Industriale Applicazione Viscosa, ultimo dei nomi dato all’azienda). Qui si produceva cellulosa, ricavata dalla lavorazione della canna gentile, di cui il territorio era ricco. Veniva utilizzata nella fabbricazione di fibre artificiali, come rayon e viscosa (da qui il nome della città).

Credits: @turismoFVG

# Torviscosa e SNIA

La company town è una città in cui la maggior parte o tutti gli immobili, gli edifici (sia residenziali che commerciali) e i servizi appartengono a SNIA che provvede, in via generale, anche alla pianificazione urbana. Fino gli anni ’30, si estraeva cellulosa prevalentemente dal legname, ma il modello economico del regime fascista esigeva l’utilizzo di materie prime italiane per la produzione in autonomia. Siccome il legname italiano non era sufficiente, la SNIA decise di utilizzare la canna gentile. Un interessantissimo cortometraggio del 1949 diretto da Michelangelo Antonioni, “Sette canne, un vestito”, spiega il processo produttivo della cellulosa. Il documentario è stato girato in buona parte proprio a Torviscosa.

Credits: @turismoFVG

# Il progetto della città

Fu Franco Marinotti, allora amministratore delegato di SNIA, a fondare Torviscosa. Decise le strategie industriali e finanziarie e scelse l’architetto che l’avrebbe progettata. Il progetto originale, elaborato dall’architetto Giuseppe De Min, prevedeva che la città potesse ospitare circa 20.000 abitanti. In realtà,  la disponibilità di abitazioni (nuove o ristrutturate) nel centro storico non consentì mai di superare i 1.500 abitanti.

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Credits: @David Flos(FB) – Il punto di ristoro del dopolavoro

# Mattoni rossi e gusto estetico fascista

Il fulcro della vita pubblica era rappresentato dalla piazza “Impero” (in seguito ribattezzata Piazza del Popolo). Le altre aree funzionali della città sono divise tra spazi del lavoro, gli spazi pubblici civili (la piazza con l’edificio e la torre del Municipio e di fronte le scuole), luoghi per lo sport e per lo svago, aree verdi, aree abitative divise per categorie di lavoratori (operai-impiegati)  e dirigenti. Infine, sono evidenti gli edifici con finalità autocelebrative dell’azienda: una torre posta all’ingresso del paese a forma di “T”, (iniziale del nome), e soprattutto il Centro di Informazione e Documentazione (CID). Dal punto di vista architettonico, due elementi non possono passare inosservati: l’utilizzo di mattoni rossi, da un parte, la presenza massiccia del gusto estetico fascista dall’altra. Molti elementi ricordano infatti la serie di quadri delle Piazze d’Italia di Giorgio De Chirico.

Fonte: https://www.comune.torviscosa.ud.it

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LUCIO BARDELLE

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