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Il potere tende sempre all’abuso di potere

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Pensiero del giorno

L’atto di raggiungere il potere ha insito il desiderio di aumentare sempre più il potere.

Il tema principale del Signore degli Anelli mostra l’impossibilità di una persona di resistere al potere. Tutti quelli che vengono in contatto con questo anello che simboleggia il potere diventano pazzi, non pensano più al bene degli altri e si impegnano solo ad aumentare il loro potere.

Il potere cerca di arrivare sempre al massimo di quello che gli è consentito. Per questo Montesquieu ha teorizzato la limitazione del potere, con la sua divisione e il controllo reciproco che è alla base di tutte le Costituzioni.

In Italia il potere legislativo in questa fase è in mano a chi ha il potere esecutivo. L’ultimo limite che dovrebbe essere invalicabile al potere in una democrazia è la libertà individuale che infatti è sancita dalla Corte dei diritti dell’uomo che è al di sopra di tutte le Costituzioni.

Ma se l’individuo inizia a cedere su suoi diritti fondamentali, come il decidere sul bene dei propri figli, sulla sua libertà di movimento e sulla sua salute, l’effetto è quello di lasciare briglia sciolta a un ulteriore abuso di potere.

Sia Mussolini che Hitler sono arrivati al potere in una Costituzione che prevedeva la divisione dei poteri. Sono state le persone che accettando la limitazione di alcune delle loro libertà che in quel momento sembravano marginali hanno spianato la via alla dittatura.

In una democrazia il compito del cittadino è esclusivamente di difendere le sue libertà. Se cede in questo lascia campo aperto a ogni forma di abuso.

Qui trovi tutti i pensieri del giorno (clicca)

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I conti non tornano: ITALIA PRIMA AL MONDO per LETALITÀ da Covid. Perché non si fa luce sui protocolli di cura?

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L’ultimo aggiornamento della Johns Hopkins University, riporta un dato che fa riflettere sulla gestione della pandemia da parte del governo italiano. Il nostro Paese infatti, nonostante che si sia contraddistinto nel mondo per le restrizioni maggiori contro la diffusione dei contagi, risulta al primo posto al mondo per la più alta percentuale di decessi tra i pazienti positivi al Covid-19. Lo studio dell’università privata di Baltimora negli Usa solleva alcune domande tra cui: ha senso la strategia di focalizzarsi sulle limitazioni delle libertà dei cittadini invece che sul capire cosa avviene nelle RSA e negli ospedali, e come si curano e sono stati curati i malati?

I conti non tornano: ITALIA PRIMA AL MONDO per LETALITÀ da Covid. Perché non si fa luce sui protocolli di cura?

# Il nostro Paese è il peggiore di tutti, la percentuale di positivi deceduti è quasi quattro volte sopra alla media mondiale

Dati mondiali Covid della Johns Hopkins University

Alla data del 03 ottobre 2020 l’analisi dei casi mondiali di Covid-19 redatta dalla J.Hopkins University fa una fotografia della gestione sanitaria della pandemia. Il dato eclatante è che l’Italia si posiziona tristemente in cima alla classifica per tasso di letalità, che indica il rapporto percentuale tra positivi e deceduti, all’11,16% davanti a Messico, Regno Unito e Belgio. Con un tasso doppio rispetto alla Svezia ferma al 6,25% e quattro volte maggiore a paesi come Brasile, USA o India. E questo nonostante avere attivato il lockdown più lungo e repressivo del mondo occidentale e continuare con restrizione uniche al mondo, come l’obbligo di mascherina all’aperto anche se si è da soli. 

Leggi anche: CONTAGI in grande calo e ripresa ECONOMICA: la VITTORIA della SVEZIA (secondo Bloomberg e Financial Times)

# L’Italia è capace solo di misure restrittive, ma sui protocolli di cura rimane il silenzio

A distanza di otto mesi dall’inizio dell’emergenza tutta l’attenzione del governo italiana resta sempre fedele alla linea iniziale: limitare le libertà dei cittadini, invece di potenziare ospedali e rendere uniformi e pubblici i protocolli di cura. E il governo sembra insistere su questo aspetto: dal 7 ottobre infatti entrerà in vigore nuovamente l’obbligo di indossare la mascherina protettive anche all’aperto e da soli su tutto il territorio nazionale, nonostante al nord Italia e nello specifico in Lombardia la percentuale di contagi su tamponi e in proporzione alla popolazione sia tra le più basse d’Europa. Oltre all’obbligo è prevista anche una misura punitiva, ovvero multe fino a 3.000 euro nel caso si venga sorpresi a girare con naso e bocca scoperti, con l’intervento addirittura dell’esercito per imporre questa restrizione. 

andamento contagi in Lombardia rispetto al resto d’Italia

Questa scelta non ha alcun riscontro scientifico. Numerosi medici, come i Prof. Remuzzi, Galli, Bassetti, Crisanti, Clementi e Zangrillo si sono espressi definendo l’obbligo di mascherine all’aperto inutile se non dannoso, così come avviene nella gran parte dei paesi a nord delle Alpi. Svizzera, Olanda, Svezia, Finlandia, Danimarca e altre nazioni hanno infatti messo al bando le mascherine sconsigliando il loro utilizzo anche negli spazi interni Vedi articolo: Europa e le mascherine. 

Come si vede da questo grafico, la Spagna che da luglio impone l’obbligo di mascherine su tutto il territorio nazionale e la Francia che prevede obbligo all’aperto nelle principali aree urbane da oltre un mese, sono i paesi che registrano ancora oggi i tassi di crescita dei contagi più alti in Europa. 

tassi di incremento dei contagi in Europa (ultimi dati)

A fronte di una misura contraddittoria, la cui efficacia non ha alcuna evidenza scientifica, il governo evita invece di affrontare la radice del problema, come adottare e comunicare i protocolli sanitari che sono in grado di aumentare la possibilità che pazienti positivi al coronavirus ricoverati in ospedale possano essere salvati. Il governo oltre a non aver incrementato il numero dei posti in terapia intensiva, come avrebbe dovuto fare in questi mesi approfittando dello scarso accesso agli ospedali, mantiene il massimo riserbo sulle cure che a bene vedere non sono state efficaci come negli altri Paesi. Basti vedere che due Nazioni tanto attaccate per la pessima gestione della pandemia, ovvero Brasile e Usa, hanno un tasso di letalità rispettivamente del 2,98% e del 2,84%: 4 volte più basso di quello italiano.

Perché quindi l’esecutivo e la stampa in generale continuano a decantare la bontà di quanto sin qui fatto per affrontare l’emergenza sanitaria, mentre l’Italia registra il più alto tasso di letalità a livello mondiale? Qualcosa davvero non torna.

Continua la lettura con: Accordo con il governo: FCA produrrà 27 milione di mascherine al giorno per il mercato italiano

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Sondaggio internazionale: l’Italia è il PEGGIORE PAESE al mondo dove LAVORARE

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Credits: internation.org - Expat 2019

L’Italia: una Repubblica fondata sul lavoro? La Costituzione risulta sconfitta anche solo nell’articolo 1. Questo un po’ lo avevamo capito ma diventa ancora più evidente dal confronto con altri paesi. E per la prima risultiamo all’ultimo posto, superati anche dalla Grecia. Ecco il quadro impietoso analizzato nel report italiano basato su il sondaggio Expat Insider.

Sondaggio internazionale: l’Italia è il PEGGIORE PAESE al mondo dove LAVORARE

Pubblichiamo traduzione del report italiano di “Inter Nations – Expat Insider 2019” –  Great Weather Can’t Make Up for Italy’s Stagnating Economy

# Per l’Indice Working Abroad l’Italia è all’ultimo posto dove venire a lavorare, siamo riusciti a superare anche la Grecia

Uno dei motivi per l’ulteriore declino dell’Italia – sebbene certamente non l’unico – è lo stato della sua economia: la maggioranza degli intervistati, il 58%, la valuta negativamente con una differenza eclatante di 40 punti percentuali in più rispetto agli intervistati di tutto il mondo. “L’economia è in gravi difficoltà e non ci sono prospettive“, secondo un intervistato russo.

Allo stesso modo, gli espatriati in Italia sono notevolmente meno soddisfatti del loro lavoro in generale: 49% di valutazioni positive contro il 64% a livello globale, delle loro prospettive di carriera, 29% contro 55%, della sicurezza del lavoro, 41% contro 59%, e per il loro orario di lavoro, 49% contro 62%. L’ultimo posto in Italia nell’Indice Working Abroad non è quindi sorprendente, anche se è la prima volta che l’Italia è peggiore della Grecia. (…)

# Non va meglio nei rapporti umani: l’Italia al 41° posto su 64 Nazioni per la facilità nel fare amicizia

È interessante notare che oltre un terzo, il 35%, afferma che i loro amici in Italia sono principalmente residenti locali, contro il 19% a livello globale, nonostante il fatto che l’Italia sia al di sotto della media per la facilità di fare amicizia locale, 41° su 64 Nazioni. Tuttavia, ciò può essere correlato al fatto che una quota superiore alla media, ovvero il 32% contro il 24% a livello globale, vive già lì da almeno 10 anni.

# Italian Dream? Siamo la penultima destinazione preferita, appena dopo il Kuwait

Index expat destination

Come meta preferita l’Italia è al penultimo posto, una reputazione peggiore c’e l’ha solo il Kuwait. Questo dato rafforza quello dell’indice complessivo che ci mette all’ultimo posto come luogo in cui ci sono le migliori condizioni per lavorare.

# Tra gli ultimi posti anche per i servizi all’infanzia

Il 21% degli intervistati che sta crescendo bambini in Italia non sono contenti, classificandoci al 31° posto tra le 36 destinazioni presenti in questo indice. Meno dei due terzi, il 66%, considera la propria vita familiare in generale positiva, rispetto al 79% a livello globale, e quasi un quarto, il 24%, attribuisce alle attività ricreative disponibili per i bambini un punteggio negativo, dieci punti percentuali in più rispetto al media che è del 14%. Un americano intervistato condivide questa valutazione “difficoltà a trovare e iscrivere bambini in sport e attività a causa di difficoltà linguistiche e informazioni limitate sui siti Web“.

# La qualità dell’istruzione è da metà classifica, va peggio nell’indice sulla vita familiare

L’Italia ha un risultato nella media per quanto riguarda la qualità dell’istruzione, posizionandosi al 33° posto, con quasi un quarto dei genitori espatriati, il 23%, che valutano questo fattore negativamente, contro il 16% a livello globale. Fa peggio nell’indice sulla vita familiare per quanto riguarda la disponibilità di assistenza all’infanzia e istruzione, siamo al 35° posto. Quasi la metà dei genitori espatriati in Italia, il 47%, non è d’accordo sul fatto che le opzioni di assistenza all’infanzia siano numerose e facilmente disponibili, 14 punti percentuali in più rispetto alla media globale del 33%.

# Il costo della vita è nella media, ma i redditi sono troppo bassi

L’Italia si posiziona al 33 ° posto per il costo della vita in generale, con il 43% degli espatriati che la giudica favorevole, contro il 47% a livello globale. Tuttavia, un intervistato tedesco ritiene che vi sia uno squilibrio tra reddito e costo della vita“. L’Italia si posiziona tra i primi 3 posti dell’indice delle finanze personali, 62 ° su 64 paesi: meno della metà degli intervistati, il 48%, è soddisfatta della propria situazione finanziaria, contro il 64% in tutto il mondo, e oltre tre su dieci, il 31%, affermano che il loro reddito familiare disponibile non è sufficiente a coprire tutte le spese di soggiorno, rispetto al 23% a livello globale. Oltre due su cinque, il 41%, ha un reddito annuo lordo inferiore a 25.000 dollari. Una percentuale ancora più elevata di espatriati lavorativi, il 46%, ritiene che il loro reddito da lavoro o da affari sia inferiore a quello che otterrebbero per un lavoro simile nel loro paese di origine, rispetto al 25% a livello globale.

# Anche la qualità della vita è peggiorata, solo la valutazione sul clima ha il miglior punteggio in assoluto. Pesa per gli intervistati la poco disponibilità di servizi digitali e l’instabilità politica

In passato, l’Italia poteva almeno compensare i suoi cattivi risultati per quanto riguarda il lavoro e la finanza con valutazioni medie sulla qualità della vita. Tuttavia, anche in questo indice, il paese registra un calo nel 2019, classificandosi al 49° posto, dopo un 43° posto nel 2018. Mentre gli intervistati adorano ancora il clima e il tempo – il 44% gli dà persino il miglior punteggio possibile, rispetto al 26% in tutto il mondo – questo non può compensare l’insoddisfazione degli espatriati per la loro vita digitale: in questa sottocategoria, l’Italia si posiziona tra i primi 10, e gli intervistati sono particolarmente insoddisfatti della disponibilità di servizi pubblici online, 25% di valutazioni positive contro 55% in tutto il mondo, del loro accesso a Internet ad alta velocità, 59% contro 75%, e opzioni di pagamento senza contanti, 62% contro 79%.

Inoltre, quasi la metà degli espatriati, il 48%, valuta la stabilità politica in Italia – che ha visto il primo governo di coalizione populista dell’Europa occidentale entrare in carica nel 2018 – negativamente, rispetto al 17% di tutti gli intervistati. Mentre il sondaggio Expat Insider 2019 è stato condotto a marzo, diversi mesi prima della crisi del governo di agosto, gli intervistati non erano già felici: “Non mi piace l’incertezza della situazione politica, poiché le politiche cambiano frequentemente“, condivide un intervistato americano. Nel complesso, gli intervistati sono leggermente meno felici della propria vita in generale rispetto alla media globale, 69% contro 74%.

FonteInter Nations – Expat Insider 2019

FABIO MARCOMIN

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La TOP 5 dei SINDACI della storia di Milano

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Credits: varesenews.it - Antonio Greppi

I primi cittadini che hanno fatto grande la città: dalla prima esposizione universale, passando per la realizzazione delle linee metropolitane fino ai nuovi quartieri che hanno ridisegnato interi quartieri. Ecco la nostra cinquina delle meraviglie (in ordine cronologico).

La TOP 5 dei SINDACI della storia di Milano

#1 Ettore Ponti, il sindaco benefattore: portò la prima Expo nel 1906, realizzò il Mercato Ortofrutticolo e le prime case popolari

Credits: wikipedia.org – Ettore Ponti

Nato a Gallarate nel 1855, rampollo di una dinastia di facoltosi industriali, si distinse sin da giovane per il suo impegno nel sociale. Spese l’intera somma ricevuta in eredità da uno zio per far costruire due nuovi padiglioni nell’allora ospedale Maggiore di Milano, oggi sede dell’Università Statale di Milano. Di area liberale fu eletto Sindaco nel 1905. Sotto la sua carica si costruirono il mercato Ortofrutticolo e le prime case popolari. Per trovare il denaro necessario impose una nuova politica fiscale necessaria anche per ripagare un debito di 70.000.000 di lire contratto con la Cassa Depositi e Prestiti.

Alcuni provvedimenti risultarono in netto contrasto con gli interessi delle classi più abbienti che presero le distanze da Ponti ma questo non scoraggiò il Sindaco che credette sempre e solo nel bene della sua città. Solo un imprenditore prestato alla politica avrebbe potuto riuscire in una simile impresa e conscio che il business internazionale avrebbe fatto decollare definitivamente Milano riuscì a ospitare l’Esposizione Internazionale (1906) basata sulla tematica dei trasporti. Uno dei padiglioni tutt’ora esistenti di quell’evento è l’Acquario Civico. La sede principale venne posta a ridosso del Castello Sforzesco nell’attuale Parco Sempione mentre la parte secondaria e più ampia fu costruita nell’area della ex Fiera. Le due aree erano collegate da una tramvia sopraelevata di quasi 2 km. Un uomo d’azienda prestato alla Madunina.

Leggi anche:
La ferrovia SOPRAELEVATA di Milano: antenata della 90/91, così simile a New York
L’acquario di Milano risale all’Expo 1906: è il terzo più ANTICO d’Europa

#2 Emilio Caldara, il sindaco della Grande Guerra: fece nascere Città Studi e rese municipali i trasporti pubblici

Credits: Archivio storico Società Umanitaria di Milano – Emilio Caldara

Primo di una lunga lista di sindaci socialisti faceva parte di una politica fatta di uomini che si adoperavano ed agivano principalmente per il bene comune, cosa purtroppo ormai diventata rara a vantaggio di interessi personali, di potere o di passiva ricerca del consenso. Nato a Soresina nel 1868 grazie ai sacrifici di una famiglia non certo agiata si Laurea in Giurisprudenza a Pavia e nel 1891 arriva a Milano per esercitare la professione, ma la sua vera passione è la politica. Dopo un iter che lo porta prima ad essere eletto consigliere comunale succede alla carica di Sindaco nel 1914 succedendo al blasonato Greppi (omonimo di un altro grande Sindaco che racconteremo dopo) e subito si impegna per le fasce più deboli ma la cosa per la quale è soprattutto ricordato è la municipalizzazione dei trasporti pubblici.

Per onor del vero Caldara non fu direttamente eletto ma prese il posto dell’anziano indicato Sindaco Luigi Majno che dovette declinare per motivi di salute indicando proprio Caldara come suo validissimo sostituto. Nel periodo della Grande Guerra data la carenza di manodopera maschile con gli uomini impegnati al fronte promuove la presenza delle donne nei lavori fino allora esclusivamente affidati alle persone di sesso maschile. Si trovano pagine della sua Milano anche nei racconti di Hemingway in “Addio alle armi”. Lascerà Milano nel 1921, nonostante risulti il più votato alle elezioni comunali, alla volta di Roma dove conquistò una poltrona in Parlamento nelle file del PSI. Le sue crociate pro-deboli lo faranno espellere dal PSI per confluire nei riformisti del Partito Socialista Unitario. Dobbiamo a lui la nascita di Città Studi. Un uomo libero.

#3 Antonio Greppi, il sindaco della ricostruzione e della riconciliazione: fece rinascere scuole, università e “La Scala” dopo i bombardamenti 

Credits: varesenews.it – Antonio Greppi

Nato ad Angera nel 1894 dove ricoprì anche la carica di Sindaco si sedette sulla poltrona di Primo Cittadino di Milano il 27 Aprile del 1945 con una città devastata dalla Seconda Guerra Mondiale. Esponente di spicco del Partito Socialista fu un instancabile lavoratore e si batté fermamente per evitare qualunque forma di ritorsione dovute ai rancori maturati dalle varie fazioni che combatterono. La sua esperienza da fervente antifascista che gli costò numerosi arresti ma, soprattutto, la perdita di un figlio morto fucilato in via San Michele del Carso da parte di una pattuglia di fascisti, forgiò un carattere di grande riformista, cosa che pagò anche successivamente nella sua carriera di parlamentare.

Fece ricostruire scuole e università oltre che un incredibile numero di alloggi per poveri e indigenti. Amante dell’arte non mancò di ricostruire anche La Scala abbattuta dai bombardamenti degli alleati. Il Palco reale lo vedeva sempre presente nelle rappresentazioni di opere e concerti nel meraviglioso teatro che il mondo ci invidia. Lui come Caldara fu un incredibile difensore degli ultimi. Umanità fatta a persona.

#4 Pietro Bucalossi, il sindaco medico: ha inaugurato la prima linea metropolitana e guidato la Milano del boom economico

Credits: milanopost.info – Pietro Bucalossi

Di origini toscane, combattente antifascista e eccellente oncologo cedette al richiamo della politica per la sua vocazione di contribuire sempre al bene di tutti. Eletto Sindaco nel Febbraio del 1964 Bucalossi inaugura la Linea 1, “la rossa”, si impegna per riportare in pareggio i conti delle casse comunali e pianifica una edificazione controllata che preveda più spazi verdi pur consentendo nuove costruzioni. Controverso per alcune sue idee non sempre condivise dai più, vedi l’ampliamento dell’Aeroporto di Linate in un’ottica di espansione della città in termini economici e l’abolizione di alcuni apparati burocratici considerati un inutile dispendio di soldi si ritirerà dalla vita politica per tornare ad occuparsi di oncologia. Ha studiato e combattuto tumori negli esseri umani e nella società.

#5 Gabriele Albertini, il sindaco della nuova Milano: ha progettato la trasformazione urbanistica degli ultimi due decenni

Credits: mitomorrow -Gabriele Albertini

Imprenditore impegnato in diversi sindacati e gruppi di settore quali Assolombarda e Confindustria Albertini è stato Sindaco per due mandati consecutivi ricoprendo la carica dal 1997 al 2006. Di estrazione medio-borghese si prende cura di Milano riportandola nell’olimpo della moda mondiale, contribuendo alla riqualificazione della zona Varesine e del rilancio della Triennale. Sotto il suo mandato viene costruita Fieramilano che va via via sostituendo la Vecchia Fiera ora sede anche di CityLife, progettata durante il suo ultimo mandato. In netto contrasto con la Provincia di Milano che acquistò azioni di Milano-Serravalle Milano-Tangenziali giudicando troppo onerosa la cifra sborsata (oltre 100 milioni di euro rispetto al prezzo di mercato) attende giustizia. Sempre durante i suoi due mandati sono stati messi in funzione i due principali depuratori cittadini e sono state concluse le progettazioni delle linee 4 e 5 della metropolitana. Un signore. Anche in mutande.

Continua la lettura con: 10 personaggi che hanno fatto la storia di Milano 

ROBERTO BINAGHI

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7 COSE BELLE da fare a MILANO a ottobre

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Credits: mentelocale.it - Mostra Multimediale Monet

In questo strano autunno di “letargo” milanese, la nostra città regala mostre, eventi, oltre alla possibilità di scoprire quartieri e visitare i luoghi autunnali più belli. Scopriamo quello che si può fare a Ottobre nella selezione di Milano Segreta. 

7 COSE BELLE da fare a MILANO a ottobre

#1 Festeggiare i primi 15 anni dello Yoga Festival Milano

Credits: instagram Yoga Festival

Quest’anno lo Yoga Festival festeggia i suoi 15 anni, con due weekend ricchi di eventi al Superstudio Più. Quattro giornate, oltre al weekend appena trascorso sabato 10 e domenica 11 ottobre 2020, con 24 workshop dal vivo e lezioni gratuite. “Rinascere” è il tema di questa edizione 2020. Ecco il calendario con tutti gli appuntamenti per prenotare le classe preferite.

 

#2 Fare le 7 tappe del tour alcolico alla Milano Wine Week

Credtis: gqitalia.it – Milano Wine Week 2020

Torna anche quest’anno la settimana del vino a Milano. Dal 3 all’11 ottobre, è possibile partecipare a Masterclass, Walk-Around tasting, ShowCooking e Wine Pairing e incontri anche online. L’evento internazionale, interamente dedicato al mondo del vino, partirà dalle centinaia di location e luoghi della ristorazione aderenti all’iniziativa. In 7 Wine District i visitatori avranno l’opportunità di conoscere e degustare vini particolari. Altri eventi si terranno anche a Palazzo Bovara. Tutto il calendario.

#3 Immergersi nella mostra multimediale dedicata a Monet

Credits: mentelocale.it – Mostra Multimediale Monet

Fino al 13 dicembre 2020 al Teatro degli Arcimboldi è possibile visitare la mostra multimediale “Claude Monet – The immersive Experience”. Si tratta di una mostra interattiva in cui il visitatore cammina all’interno dei quadri, grazie ad un innovativo sistema di proiezione 3D mapping. Le informazioni e i biglietti.

 

#4 Sfidare l’Uomo Ragno alla mostra Marvel

Credits; instagram marko noct

A Milano al Museo del Fumetto potrai vedere i tuoi supereroi preferiti con la mostra “Amazing!- 80 anni di supereroi Marvel”. Nella mostra troverai oltre 80 tavole originali di maestri come Jack Kirby, John Buscema, John Romita, Steve McNiven e tanti altri. Fino al 6 gennaio 2021.

 

#5 Perdersi nel caos di Frida Kahlo

Credits: mostrafridakahlo.it

Un percorso fotografico e interattivo alla scoperta della vita, la storia e la creatività della Kahlo. Saranno presenti le fotografie della pittrice scattate da grandi fotografi, i suoi abiti, le lettere d’amore e la ricostruzione degli spazi in cui visse (come lo studio e la camera da letto). La mostra dedicata alla pittrice messicana si tiene presso la Fabbrica del Vapore a Milano dal 10 Ottobre 2020 al 28 Marzo 2021. Biglietto intero 15 euro, weekend e festivi 17 euro, ecco dove prenotarsi.

 

#6 Lasciarsi sorprendere nel Parco d’arte a CityLife

Foot for Milan

Artline è il Parco d’arte Contemporanea all’aperto di Citylife, quasi realizzato per la sua interezza, offre una stupenda collezione di opere d’arte a cielo aperto dove i visitatori rimangono meravigliati dai colori e dalla particolarità delle creazioni. Un “museo gratuito” da visitare assolutamente in questo mese che ancora consente passeggiate con un clima clemente e temperature non troppo fredde.

 

Leggi anche:
Il PARCO d’ARTE a cielo aperto di CITY LIFE: le 12 opere più CURIOSE attuali e future con i loro significati (foto)
CITY LIFE vs PORTA NUOVA: la sfida presente e futura tra verde e architettura

#7 Vivere l’estate indiana a Milano ammirando il Foliage 

Credits: Andrea Cherchi

L’autunno milanese regala angoli belli e colorati dove ammirare e fotografare i variegati colori che regalano le foglie degli alberi. In città esistono molti luoghi in cui scoprire l’autunno nel suo massimo splendore, tra i più suggestivi ci sono: il parco Sempione, il Monte Stella, la Biblioteca degli Alberti, i giardini Indro Montanelli, il Parco delle Cave, Viale Lazio  con i filari di Tiglio, via Lazzaro Papi/via Tiraboschi con i filari di Aceri o in via Piccinini con i filari di Ginko Biloba.

Fonte articolo: Milano Segreta

Continua la lettura: Foliage a Milano

Oppure: Foliage nel Nord Italia: i tre posti dove lo spettacolo è più intenso

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La classifica dei QUARTIERI di Milano dove SI VIVE MEGLIO (oggi e nel futuro)

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Credits: milanotoday.com - Classifica quartieri Milano dove si vive meglio

Durante la “prima Giornata Nazionale della Casa” un’analisi sulla vivibilità dal capoluogo lombardo presentata da “Scenari Immobiliari” ha illustrato quali sono i quartieri migliori per vivere in città oggi e quelli di domani. Eccoli nel dettaglio.

La classifica dei QUARTIERI di Milano dove SI VIVE MEGLIO (oggi e nel futuro)

# I10 quartieri in cui vivere oggi: vince Porta Lodovica. In generale quelli a cavallo della circonvallazione

L’analisi: come è stata realizzata? “L’analisi tiene conto di una serie di parametri, quali l’offerta di immobili nelle diverse zone della città e le esigenze dei vari nuclei familiari, studenti universitari, young professional, professionisti, giovani coppie, famiglie con figli e senior, per costruire dei veri e propri indicatori necessari all’individuazione del livello di appetibilità residenziale rispetto alle principali tipologie di domanda“.

Questa la graduatoria di Scenari immobiliari sui quartieri dove si vive meglio oggi:

#1 Porta Lodovica

#2 Città Studi

#3 Bicocca

#4 Sarpi

#5 San Siro

Le motivazioni della scelta: “Università, accessibilità, prossimità con il centro e le aree della movida, attività commerciali e servizi urbani fanno di questi ambiti urbani i luoghi privilegiati in cui attrarre e formare la nuova domanda residenziale milanese. Sono quartieri che possono rappresentare sia il punto di partenza per la costruzione del proprio modello di vivere urbano sia un luogo dove progettare e sviluppare il proprio futuro da milanese“.

Credits: milanotoday.com – Classifica quartieri Milano dove si vive meglio

Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari, illustra i 10 migliori quartieri di oggi: “A livello cittadino i dieci migliori quartieri residenziali di Milano risultano prevalentemente concentrati a cavallo della Circonvallazione, a est e a ovest del centro storico. Il più ampio ambito urbano residenziale di qualità è costituito da una serie di quartieri che si sviluppano da nord est a sud e che comprendono Buenos Aires, Porta Venezia, Porta Monforte, Città Studi, XXII Marzo, Porta Romana, Porta Vigentina e Porta Lodovica. L’altro macro ambito occidentale è invece costituito dall’aggregazione dei quartieri di Porta Magenta, De Angeli, Monte Rosa e San Siro. Infine, i due quartieri di Sarpi e Bicocca, a nord del centro storico si posizionano rispettivamente in continuità con le zone urbane di Brera, Porta Nuova e Porta Garibaldi e in prossimità del confine comunale e dell’intervento di rigenerazione, più importante dei prossimi dieci anni in Europa, di livello metropolitano della Città della Salute di Sesto San Giovanni”.

# I quartieri da scegliere nei prossimi anni: Scalo Romana, Santa Giulia, Mind-Cascina Merlata, grazie agli investimenti e rigenerazioni urbanistiche

Nel futuro, grazie agli investimenti immobiliari in arrivo e alla rigenerazione urbanistica, gli esperti prevede un cambio di contesto. Infatti i quartieri a cui guardare saranno:

#1 Scalo di Porta Romana

#2 Santa Giulia

#3 Rubattino

#4 Bovisa 

#5 Mind-Cascina Merlata e Bisceglie

“Sono alcuni dei quartieri che in un futuro sempre più prossimo trasformeranno la città di Milano, non solo da un punto di vista urbanistico e architettonico, ma soprattutto dal punto di vista sociale e demografico“.

Il motivo: “Questi nuovi quartieri, con le loro peculiarità, accessibilità urbana, servizi locali e sovralocali innovativi, istruzione, formazione e ricerca, social housing, student housing e senior housing, saranno in grado di attrarre e rispondere alla nuova domanda residenziale che, nella città di Milano, cerca risposte alle sue eterogenee esigenze“.

Estratti articolo di “Milano Today” – Milano, dove si vive meglio? Ecco la classifica dei quartieri (di oggi e domani)

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La denuncia di UrbanFile: la situazione dei NEGOZI di Milano è DISASTROSA

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Il racconto fotografico della città restituisce un’immagine desolante: centro e periferia non fa differenza. Anche i marchi più storici, solidi e internazionali hanno chiuso i loro punti vendita e non hanno più riaperto, a causa delle misure stringenti contro il Covid. Vediamo il servizio di Urban File. 

La denuncia di UrbanFile: la situazione dei NEGOZI di Milano è DISASTROSA

Pubblichiamo articolo di “UrbanFile” – Commercio – Negozi chiusi: il disastro di quest’anno

# Il Covid-19 ha inferto un colpo pesante al commercio in città

Prima gli acquisti on-line, l’e-commerce, poi nel 2020 l’emergenza Covid19 con il lockdown e lo smart working, hanno e stanno segnando pesantemente anche il panorama delle nostre città. Vetrine spente, negozi con le saracinesche abbassate un po’ ovunque fanno calare una brutta sensazione passeggiando per le strade cittadine. Grandi marche così come i piccoli negozi, già da diversi anni rinunciavano ad avere negozi in città, oramai diventati dispendiosi. Al loro posto, in vie secondarie, dove un tempo potevamo trovare i panettieri, gli ortolani, le mercerie o il ferramenta, lentamente sono stati istituiti da ristorante e locali serali, certo più redditizi. Ma le vie dello Shopping?

# Il deserto in Galleria: anche Armani ha chiuso

Urbanfile ha raccolto una serie di foto da alcuni dei luoghi sfavillanti fino a pochi anni fa e oggi, invece, tristemente spenti e opachi. Partendo dal centro in Galleria Vittorio Emanuele II hanno chiuso e più riaperto Oxus, Tim, Leo Pizzo storica insegna, e addirittura Armani accessori.

# Svuotato anche il resto del centro: Via Torino, Via Orefici, Via Mazzini e Via Spadari con chiusure eccellenti

Spostandosi solo di qualche centinaia di metri troviamo Via Torino che, se fino a qualche anno fa non appena si liberava uno spazio commerciale si assisteva ad un subentro quasi immediato, da mesi non c’è rinnovo, cosa mai accaduta. Ora invece, sembra proprio che molti negozi rischino di rimanere sfitti.

Via Orefici e dintorni vedono altre vetrine bianche o nere, chiuse e senza attività. Tra gli altri hanno chiuso il rinomato negozio francese di macaron Ladurée e il bar-caffè Peck chiuso già dallo scorso anno.

Via Mazzini, in affanno ormai da anni, è diventata ancora di più un luogo desolante e triste.

# Corso Buenos Aires, la via dello shopping per eccellenza è una desolazione. Il 10% dei negozi sono chiusi

Non è stata risparmiata nemmeno Corso Buenos Aires, la via dello shopping per eccellenza, che negli anni Novanta per numero di affari e movimento persone era la quinta strada commerciale al mondo, assieme alla Quinta di New York, gli Champs–Élysées parigini o Oxford Street di Londra, oggi tristemente desolante.

Tra i negozi vuoti si trovano quelli di: Burger King all’angolo con via Vitruvio, uno dei due negozi di H&M, Desigual ha lasciato definitivamente il corso, stessa sorte per Moleskine e Marina Militare, anch’essi tutti chiusi. Questi sono solo alcuni dei nomi di negozi che hanno lasciato le vetrine vuote, in tutto quasi il 10 per cento del totale. Ancora oggi i prezzi degli affitti per i locali, specie se enormi, sono troppo cari e a quanto pare, gli affari non vanno più bene come un tempo, costringendo a rinunce o a scarso interesse da parte di commercianti.

Identiche immagini si possono ritrovare in tutta la città. Urge trovare un nuovo modello, in questo cambiamento epocale dove lo smart-working ha svuotato gli uffici e i locali e l’assenza di turismo ha messo in ginocchio le attività commerciali al dettaglio, per ridare vita a una città che si sta sempre più spegnendo.

Vedi l’articolo completo di “UrbanFile” – Commercio – Negozi chiusi: il disastro di quest’anno

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Ci arrendiamo: siamo il Paese migliore del mondo

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Pensiero del giorno

Abbiamo il governo migliore del mondo, quello che ha più a cuore i suoi cittadini.

Di conseguenza in Italia non si muore più, le aziende non falliscono più, le persone non perdono più il lavoro.

Gli anni venti hanno sempre queste prerogative.

classifica mondiale letalità del Covid (aggiornata al 4 ottobre)

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Qui trovi tutti i pensieri del giorno (clicca)

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Boom contagi al SUD? Coprifuoco e obbligo mascherine all’aperto anche al NORD

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Da mesi la Lombardia è riuscita a far calare contagi e ricoveri SENZA obbligo di mascherine all’aperto, restrizioni alla movida o coprifuoco ai locali. Il premio? Il governo inasprisce le restrizioni. Questo perchè mentre la Lombardia registra da oltre un mese il più basso tasso di crescita dei contagi in Italia, e uno dei più bassi d’Europa, in alcune regioni del Sud i contagi sono schizzati alle stelle. Perchè quando era l’opposto, contagi alti in Lombardia e bassi al Sud, solo in Lombardia si è applicato l’obbligo di mascherine all’aperto?

Boom contagi al SUD? Coprifuoco e obbligo mascherine all’aperto anche al NORD

Prof. Remuzzi: «In Lombardia il virus circola meno: si è creata una specie di immunità»

Lo dicono gli scienziati. Il prof. Remuzzi ha dichiarato che in Lombardia ormai il virus circola di meno perchè si è creata una specie di immunità grazie al fatto che a inizio anno si sia diffuso di più. Secondo i test sierologici in alcuni territori della regione siamo attorno al 50% di immunità. 

Secondo studi danesi e svedesi in Lombardia il virus sarebbe circolato così tanto da raggiungere ormai un alto grado di immunità, così come potrebbe essere successo in Svezia (vedi Studio Danese). Teorie confortate dagli ultimi dati in regione. 

I decessi in regione sono da un mese ai livelli più bassi da febbraio: ieri ci sono stati due decessi. Per un confronto: il 21 marzo in Lombardia si sono registrati 526 morti. Le terapie intensive sono costanti o in calo. Attualmente risultano ricoverati in terapia intensiva in regione 39 pazienti. I contagi da giorni oscillano tra i 200 e i 300 giornalieri a seconda del numero di tamponi. Il 21 marzo erano stati 3.251. 

andamento contagi in Lombardia rispetto al resto d’Italia

Ma soprattutto a migliorare sono tutti gli indici. Il tasso di positività in Lombardia è da oltre un mese tra l’1 e il 2%. Significa che ogni 100 tamponi si rilevano 1 o 2 positivi. Per capire: in Campania è più del doppio, in Francia è oltre il 7%. Da tre settimane la Lombardia per numero di nuovi positivi è stabilmente sotto la media nazionale. L’RT risulta a 0,8, tra i più bassi d’Italia: RT inferiore a 1 significa che la diffusione dei contagi è in diminuzione. E il tasso di crescita dei contagi da quasi un mese è sempre il più basso in Italia, oscillando tra lo 0,1% e lo 0,3%, tra i più bassi d’Europa. Nelle regioni del Sud sta superando il 2%, in Campania il 3%, dieci volte superiore alla Lombardia. Risultati ottimi che presentano in Lombardia la situazione migliore dal punto di vista sanitario dallo scorso febbraio. Risultati che sono stati ottenuti dal popolo lombardo SENZA obbligo di mascherine all’aperto, restrizioni alla movida o coprifuoco ai locali. Il premio? Il governo inasprisce le restrizioni. 

In arrivo con il DPCM restrizioni per tutto il territorio italiano

Coprifuoco ai locali, restrizioni alla movida, obbligo di mascherine all’aperto su tutto il territorio italiano. Addirittura verrà impiegato l’esercito per punire le persone che saranno trovate senza mascherina. Queste le decisioni in arrivo con il DPCM atteso nella serata di lunedì 5 ottobre. Questo avviene in seguito al rialzo dei contagi in Campania e in altre regioni del Sud. Le domande che si fanno i lombardi a questo punto sono due: 

  1. Perchè a parti inverse, quando la Lombardia registrava il massimo dei contagi, solo in regione si è applicato l’obbligo di mascherine all’aperto ma il governo ha consentito che nel resto d’Italia le persone mantenessero la libertà di scelta?
  2. Perchè dopo mesi di calo di contagi e degli indici di diffusione del virus in Lombardia senza restrizioni, il popolo lombardo viene ora “premiato” per gli ottimi risultati raggiunti con l’inasprimento delle restrizioni e addirittura l’esercito nelle strade?

L’Italia come la Spagna: unico paese a imporre obbligo di mascherina all’aperto su tutto il territorio nazionale

Da mercoledì 7 ottobre l’Italia si unirà alla Spagna che finora era l’unico paese europeo a imporre l’obbligo di mascherine all’aperto su tutto il territorio nazionale. Una misura in vigore dallo scorso luglio che però a distanza di tre mesi non ha dato i risultati sperati: a ottobre la Spagna risulta ancora il paese europeo con il maggior incremento di contagi, insieme alla Francia, e con il maggior aumento di ricoveri. 

tassi di incremento dei contagi in Europa (ultimi dati)

Nel resto d’Europa, soprattutto nei paesi del nord, come Svizzera, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca o Finlandia, la strategia è opposta. Nessun obbligo di mascherine neppure negli spazi interni. Risultato? Calo generalizzato dei contagi e soprattutto primi segni di ripresa dell’economia. 

Visti i risultati ottenuti dai popoli del nord Italia che sono riusciti a fare calare la diffusione del virus grazie ai loro comportamenti e alla loro responsabilità, forse sarebbe il momento di scegliere di aderire all’Europa a noi più vicina, al di là delle Alpi, che a una politica borbonica fatta di autoritarismo e di esercito nelle strade. 

Continua la lettura: l’Europa e le mascherine: i tre diversi approcci

ANDREA ZOPPOLATO

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7 COSE di Milano che potrebbero ROVINARE le ARCHISTAR del futuro

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Non sempre i progetti degli architetti più famosi al mondo sono sinonimo di qualità e bellezza. Anzi potrebbero essere loro i primi a danneggiare per sempre il patrimonio storico, artistico e naturale della città. Ecco la nostra lista delle cose più a rischio a Milano.

7 COSE di Milano che potrebbero ROVINARE le ARCHISTAR del futuro

#1 Copertura dei navigli

Visto che alla fine la riapertura dei Navigli risulterà impraticabile e costosa, gli archistar del futuro potrebbero coprirli totalmente realizzandoci sopra una strada pedonale o una ciclabile con materiale innovativo.

Leggi anche: la riapertura dei Navigli

#2 Scalo di Porta Romana cementificato

Nessun filo d’erba previsto, ma solo grattacieli, piazze e strade per non lasciare alcun spazio alla natura e consentire all’inquinamento di avanzare senza sosta.

#3 Distruzione di palazzi d’epoca 

Credits: wikipedia.org – Casa Galimberti

Palazzo Marino, Palazzo Clerici, Casa Galimberti, Palazzo Giureconsulti, Palazzo Serbelloni, Villa Invernizzi alcuni dei palazzi che sarebbero a rischio.

#4 Riurbanizzazione di Brera secondo canoni modernisti

Abbattimento di tutte le costruzioni storiche del quartiere più bohémien di Milano per ricostruirle in ottica modernista e funzionale.

#5 Distruzione dei resti romani per motivi etnici

Milano conserva numerose tracce dell’epoca romana, lasciti anche di quando fu capitale dell’Impero Romano d’Occidente, come i resti dell’anfiteatro, del palazzo imperiale o delle terme erculee che furono le più estese dell’antica Mediolanum. La storia è fatta spesso di estremismi opposti. Si potrebbe passare dalla distruzione del Vivaio Riva per ridisegnare il vecchio anfiteatro a un rifiuto di tutto ciò che non è ritenuto autoctono. 

Leggi anche: il parco più inaccessibile del mondo

#6 La distruzione di tutte le costruzioni fasciste per motivi ideologici 

Credits: lombardiabeniculturali.it – Tribunale di Milano

Dalla Stazione Centrale al Palazzo di Giustizia, dall’Arengario al Palazzo dell’Arte della Triennale, nessuna verrebbe risparmiata.

Leggi anche: 50 sfumature di nero: opere della Milano fascista 

#7 Edificazione di un grattacielo orribile che rovina lo Skyline

L’occasione di costruire un nuovo grattacielo potrebbe essere ghiotta per deturpare il paesaggio e lo skyline costruito in anni di fatica dalla città.

Continua la lettura con: 5 grattacieli visionari per Milano

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I MANICOMI di Milano

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mombello (credit: Stefano Candi @stefanoc.1985 INST)

Della storia degli istituti per i malati di mente della città se ne ha memoria dalla fine del 1700, fino a che la Legge Basaglia ne ordinò la dismissione a livello nazionale nel 1978. Ripercorriamo le vicende degli istituti che hanno impresso il loro “segno” nella vita di Milano.

I MANICOMI di MILANO

# Il “Manicomio di Senavra”: il più antico di Milano

Al numero 50 di corso XXII Marzo, dove adesso sorge la chiesa parrocchiale del Preziosissimo sangue di Gesù, un tempo sorgeva un ritiro spirituale dei gesuiti poi trasformato nel 1780 in un ricovero per folli che accolse gli ospiti dell’antico ospedale di San Vincenzo. Tale ospedale, di cui si hanno le prime notizie dal 1111, era destinato tradizionalmente all’accoglienza degli alienati. Occorre precisare che in passato la categoria degli “alienati’” era molto ampia e comprendeva i malati di mente ma anche i disabili, epilettici, malati.

Nel 1780, anno in cui un decreto di Maria Teresa d’Austria stabilì questa trasformazione, il palazzo della Senavra, situato appunto in corso XXII marzo n 50, accolse quindi un centinaio di persone provenienti dall’Ospedale San Vincenzo. Inizialmente la struttura accolse i cosiddetti ‘matti così detti pazzerelli’ ma anche sordi, ciechi, bambini con malformazioni abbandonati dai genitori. Con il tempo però cominciarono ad essere ospitati solo i malati di mente e in breve tempo la Senavra diventò sinonimo di manicomio.

# Le condizioni di vita tremende dei malati

I suoi ospiti vivevano in condizioni tremende: erano rinchiusi in piccole celle umide la cui porta era sostituita da un cancello di ferro, tipo prigione. Erano malnutriti e maltrattati, secondo uso e costume di un’epoca in cui i malati di mente erano considerati esseri senza diritti né dignità, rei di aver meritato la punizione che era stata inflitta loro dal cielo.
Si deve attendere la metà del 1800, con la nascita delle nuove teorie psicologiche, per vedere nascere delle condizioni di vita più umane. Si fece strada lentamente l’idea della cura morale del malato di mente attraverso un percorso di recupero e reintegro nella vita quotidiana di tali malati che permettesse loro di uscire per lavorare in fabbrica o nei campi.

# Due particolarità sul “Manicomio di Senavra”

Due particolarità della Senavra. Una riguarda l’origine di tale nome curioso. Non si è certi sulla sua etimologia ma si pensa che derivi dal fatto che su uno dei muri era dipinto un albero e una massima evangelica che recitava: “Da un granello di senape, la più piccola tra le verdure, nascerà un albero”. Da qui probabilmente il nome “senape”, in milanese “senavra
La seconda riguarda un particolare ospite che il manicomio ospitò: Vincenzo Verzeni, uno dei primi serial killer italiani. Nel 1872 fu accusato di aver ucciso barbaramente tre donne e fu condannato al soggiorno alla Senavra. Qui il famoso padre della criminologia, Cesare Lombroso, venne per studiarlo ed elaborò una cura tremenda che comprendeva ustioni al collo, isolamento totale e scariche elettriche.

# Il trasferimento dei malati al Manicomio di Mombello

Credtits: madtrip.co – Manicomio di Mombello esterno

Nella seconda metà del 1800 il numero dei pazienti era diventato però troppo elevato arrivando a toccare quasi le 500 unità a fronte di una struttura pensata per accogliere un massimo di 300 persone. A quel punto fu chiaro che bisognasse pensare ad una soluzione anche perché il sovraffollamento stava iniziando a creare problemi igienici. Il governo allora realizzò nel 1865 un nuovo ospedale psichiatrico vicino a Limbiate, a Mombello. Inizialmente fu una semplice succursale della Senavra ma nel 1878 ne prese il posto e la Senavra fu adibita ad altri usi.

# L’idea di realizzare un nuovo manicomio in città all’inizio del ‘900

Nel 1904 venne in seguito ufficializzata l’idea di realizzare un nuovo grande ospedale psichiatrico. Fu a lungo dibattuto infatti se ampliare il già attivo e super affollato manicomio di Mombello o far sorgere un altro istituto che fosse collegato al primo con una linea tramviaria. Si scelse la seconda via. Nel 1906 fu acquistato quindi un vasto terreno nell’area di Affori, caratterizzata da un clima salubre e da venti che riparano da influssi nocivi per la salute. Tale zona all’epoca era pressoché disabitata e rispondeva all’esigenza di situare l’ospedale al limite della città.

Dal 1914 il progetto fu rivisto sotto l’influenza del pensiero di Giuseppe Antonini: prevedeva la dotazione di ampi locali per le visite ambulatoriali e per l’incontro tra medici , famiglie e pazienti. Gli spazi dovevano essere riorganizzati secondo i principi dell’ergoterapia (terapia del lavoro), della libertà. Purtroppo con lo scoppio della prima guerra mondiale il progetto fu accantonato.

# Dopo la fine della guerra partirono i lavori e il nuovo manicomio fu concluso nel 1923

Solo nel 1921 fu affidato il compito di redigere un progetto a Italo Vandone, ingegnere e a Giuseppe Antonini, direttore del manicomio di Mombello.
I lavori terminarono il 7 luglio 1923. La struttura prevedeva la realizzazione di padiglioni situati nel verde collegati tra loro nel rispetto però di un calcolo delle distanze che rispondesse a ragioni logiche, ragioni igieniche di areazione e isolamento terapeutico.
Inizialmente la casa di cura fu data in gestione ad una associazione privata ma nel 1939 fu ripresa dalla provincia di Milano, che ne ordinò una ristrutturazione. Nel 1945 il manicomio di Affori fu intitolato a Paolo Pini, psichiatra scomparso in quell’anno.

Dopo la seconda guerra mondiale divenne l’ospedale psichiatrico più famoso e importante di Milano, mentre quello di Mombello fu scalzato e lentamente destituito. Furono introdotti molti miglioramenti sostanziali : ampliamento di laboratori, nascita di una nuova sezione per adolescenti, si allestì una sala cinematografica e si mise radio e tv in ogni reparto. Vennero organizzati spettacoli teatrali, gite e concerti.

# Negli anni ’60 la nascita dei laboratori creativi per i malati, nel 1971 la Clinica di neuropsichiatria infantile. Anche Alda Merini vi soggiornò

Negli anni Sessanta vennero creati nuovi laboratori che miravano a valorizzare la creatività attraverso l’artigianato e la stimolazione all’arte. Nacquero quindi i primi atelier d’opere interni al manicomio. Nel 1971 nacque qui la Clinica di neuropsichiatria infantile.
Il ‘Paolo Pini’ arrivò, durante la sua attività, ad ospitare più di mille ricoverati. Una delle più famose pazienti fu la celebre poetessa Alda Merini che negli anni Sessanta soggiornò qui.
La casa di cura chiuse i battenti nel 1999. Oggi è sede del Museo d’arte Paolo Pini e dell’associazione ARCA onlus.

Continua la lettura con: MOMBELLO era il MANICOMIO più grande d’Italia. Uno dei luoghi più SPAVENTOSI del mondo

GIULIA PICCININI

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La VILLA più COSTOSA messa sul MERCATO a Milano (Gallery fotografica)

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Villa venduta a Milano

In pieno Quadrilatero della Moda, quattro piani di lusso oltre a una mega terrazza panoramica e un giardino, una Spa e molto altro. Caratterizzata da una particolare struttura geometrica, la villa è curata nei minimi dettagli. Quanto costa? Chi è il proprietario? Scopriamolo insieme a tante altre curiosità.

La VILLA più COSTOSA messa sul MERCATO a Milano (Gallery fotografica)

# In passato la quotazione era arrivata a 49 milioni di euro, ora è scesa del 30%

Progettata dagli architetti Carlo de Carli ed Antonio Carmiati, un vero e proprio monumento, un’espressione tipica del Modernismo dei primi anni ’50, l’abitazione di Santo Versace fratello di Gianni e Donatella, si trova tra Brera, via Manzoni e via Monte Napoleone. Una villa di super lusso composta da 8 camere da letto, 10 bagni, un garage per 6 auto da 120 mq ma anche una Spa, una palestra, una zona per il personale di servizio. In tutto sono 4 piani, oltre 2 mila metri quadri complessivi, di cui 442 mq di giardino e 400 mq di terrazza panoramica. Nel 2012 l’immobile era stato messo sul mercato a 49 milioni di euro, sceso del 30% a 33 milioni di euro nel 2018 quando era stato nuovamente messo in vendita. Ad oggi però non ha cambiato proprietario.

Negli anni ’70 Santo Versace l’ha acquistata e ristrutturata con l’idea di creare una villa singola per la sua famiglia nel cuore di Milano, nei pressi delle vie più esclusive, come Via Montenapoleone e Via Della Spiga. Ecco le principali curiosità e una gallery di foto mozzafiato.

# Un ottagono incastonato in un rettangolo e i mosaici in polvere d’oro che raffigurano la “Medusa” simbolo della maison Versace

La villa con la sua meravigliosa facciata si caratterizza per la sua particolare struttura geometrica: un ottagono incastonato in un rettangolo. L’arredo di tutti i locali sono stati pensati alla perfezione senza nessun dettaglio lasciato al caso. Un esempio sono gli armadi in legno fatti a mano in Marocco, i quali caratterizzano la sala del corridoio nella zona notte.

Oppure le magnifiche sfere in vetro di Murano incorporate nella scalinata, o i mosaici in polvere d’oro che, con le loro ombre ocra e verde smeraldo, danno forma alla Medusa, simbolo appunto di Villa Versace.

Ovviamente la casa non poteva non ospitare anche una grande sala da biliardo: un tavolo da gioco molto grande e di un fantastico rosso acceso.

Le grandi finestre si affacciano sull’enorme giardino mostrando un’ampia selezione di statue classiche.

Credits: finance.yahoo.it

Al momento pare sia stata tolta dal mercato, riusciranno mai a venderla?

Continua la lettura con: l’appartamento più costoso in vendita a Milano

FABIO MARCOMIN

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Anselmo Barbogio detto Il CAPPELLAIO

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Si tratta forse del più ingiustamente trascurato pittore milanese. Per questo la notizia dell’imminente mostra mercato in cui verranno esposte le sue opere principali sarà la giusta occasione per conoscere “Il Cappellaio” e rendergli il dovuto omaggio. La sua storia, la vita artistica e i dettagli dell’evento.

Anselmo Barbogio detto Il CAPPELLAIO (Milano 29/2/1775 – 31/6/1810)

# A palazzo Roverbella di Brondolo la prima mostra mercato delle opere del trascurato pittore milanese

Nella splendida cornice di Palazzo Roverbella di Brondolo a Milano, in piazza Roverbella 2, recentemente restituito agli antichi fasti dopo un accurato restauro finanziato da un’azienda leader nel settore dei contraccettivi (cui è stato inibito l’uso del marchio per espressa richiesta dell’Arcivescovado), grazie alla stretta collaborazione tra il Comune e la celebre casa d’aste londinese Hagathaz, si svolgerà a breve la prima, attesissima mostra mercato di uno straordinario, quanto ingiustamente trascurato, pittore milanese: Anselmo Barbogio detto il Cappellaio.

# L’affascinante storia dell’oriundo milanese, figlio illegittimo di Oregondo Trombini di Ragliano e di una anonima meretrice

Oriundo milanese, il Barbogio nacque illegittimo – si sussurra figlio dell’esuberante marchese Oregondo Trombini di Ragliano e di una anonima meretrice al seguito dell’esercito napoleonico- nell’antico quartiere dell’Ortica e fu da subito affidato alle amorevoli cure delle Figlie Errabonde di Maria Maddalena, Ordine areligioso non contemplativo (tuttora attivo) contrario ad ogni forma di clausura ed anzi dedito alla diffusione del Verbo, nonché di numerose malattie veneree, sulle strade cittadine.

Sin dalla più tenera età, oltre a stupire gli astanti con una singolare scioltezza nell’uso del pennello, il Barbogio (cui le devote Figlie Errabonde, nell’entusiasmo laicista napoleonico, avevano originariamente assegnato il cognome Diotifulmini) rivelerà di sé due caratteristiche che ritroveremo spesso nelle sue opere visionarie: uno spiccato senso della giustizia e una propensione all’ubriachezza molesta per la quale divenne tosto famoso nelle osterie della città.

# Le sue opere pregne di riferimenti all’oscurità e alla sua grama vita

L’opera sua è pregna di riferimenti alle oscurità ed alle difficoltà della vita che gli toccò in sorte. Pigro, assillato dai creditori e costantemente al verde, il Barbogio si specializzò presto nella ritrattistica di lebbrosi e mutilati di guerra. Inizialmente perché (cito) “c’è meno roba da pitturare”, ma in un secondo tempo ebbe l’intuizione: iniziò a ricrearne ad minchiam le fattezze, inventandosi di sana pianta arti mancanti, riempiendo orbi oculari e tamponando necrosi, col nobile scopo di regalare a quegli infelici l’illusione, che è il più potente afflato dell’arte, di vedersi anche più belli di com’erano prima che la sorte s’accanisse su di loro.

Tale fu il successo che il Barbogio fu elevato, per il breve periodo che gli toccò di vivere, ai più alti fasti: fu chiamato a ritrarre aristocratici, vescovi, banchieri e mercanti, tutta l’alta società meneghina. Ma il passaggio dagli squallidi ed affollati giacigli delle Figlie Errabonde alle sete preziose ed ai candelieri argentei dei più sofisticati salotti milanesi non lo domò. Ciò che aveva aggiunto, inventandoselo, ai derelitti della società lo toglieva, arbitrariamente, ai nobilotti ansiosi di ritagliarsi mezzo metro quadrato su una qualche parete. E così, via l’orecchio destro alla baronessina; zac, niente mano destra al monsignore; tric, guerciato il supponente banchiere, azzoppato l’avido mercante: di un noto generale francese asportò tutta la parte sinistra. Trovò qualcosa da togliere persino ad un Asburgo, schiatta che secoli di endogamia avevano sì dotato d’un enorme potere, ma privato di forma umana.

Tutti gli organi che il Barbogio asportava, artisticamente parlando, ai ricchi, li donava ai derelitti, che non abbandonò mai. Tanto intenso fu il lavoro di sezionamento dell’aristocrazia milanese che, verso la fine dei suoi giorni, afflitto da una cirrosi epatica irreversibile, non sapeva più dove piazzare gli organi: fu così che un carrettiere, storpiato da un cavallo imbizzarrito, poté ammirarsi con tre piedi, quattro testicoli e sei dita per mano.

# Fu sua l’indimenticata opera “Le Birichine”: Il girotondo di innocenti ragazzine di classi sociali diverse

Sua l’indimenticata opera “Le Birichine”, vivissima e iconica rappresentazione d’un girotondo (tema assai caro al Barbogio) di innocenti ragazzine di classi sociali diverse, dalla contessina alla figlia della stracciaia: ancora oggi resta il mistero di come il Barbogio, autodidatta e alcolizzato, abbia potuto rendere quel vorticoso movimento che porta l’orecchio della baronessina ad apparire sulla stracciaia, il vestitino di taffetà della prima convertirsi a straccio maleolente e viceversa, con un losco personaggio sullo sfondo, riconoscibile dalle tre narici, indeciso se violare l’una o l’altra o entrambe. Un crescendo icastico di simmetria e profonda, sconsolata, ma tutto sommato ottimista consapevolezza che la ruota gira per tutti e che nessuno è mai al sicuro da niente.

# La morte lo colse nella giovane età in tragiche circostanze

Il grande, visionario anticipatore dei temi dell’equità e della giustizia sociale, morì giovane in tragiche circostanze: chiamato a ritrarre nientemeno che il suo supposto padre naturale, l’ormai anziano marchese Trombini di Ragliano, il tagliente pennello del Barbogio non seppe resistere alla tentazione di evirarlo e di apporne il membro virile nel ritratto di un arricchito beccamorto, tale S. Alvini, proprio in mezzo alla fronte. Un gesto di grande considerazione da parte del Barbogio, che il cliente non gradì: un suo scherano attese il Barbogio sotto casa e lo costrinse ad ingoiare il quadro.

Fu ucciso da una scheggia della cornice, obiettivamente indigesta.

A Palazzo Roverbella di Brondolo, il 31 settembre 2020.
Ingresso pieno € 11,58, ridotto € 6,73. Graditi gli spiccioli.

ANDREA BULLO

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7 piatti SCOMPARSI e RISCOPERTI nel Nord Italia

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Zuppa di pesce all'istriana

Continua il nostro viaggio nelle specialità culinarie scomparse e ritrovate che è partito da qui raccontando le delizie lombarde perdute. Ora andiamo alla ricerca di quelle che hanno lasciato il segno in tutto il Nord dello stivale italico.

Leggi anche: I 7 PIATTI SCOMPARSI della cucina LOMBARDA

7 piatti SCOMPARSI e RISCOPERTI nel Nord Italia

#1 Il cappone in vescica di bue e canna di sambuco, caro a Pellegrino Artusi

Credits: storiaenogastronomica.it – Cappone alla canna di sambuco

Si riparte da un piatto lombardo, precisamente mantovano, il cappone in vescica di bue e canna di sambuco, già caro all’Artusi ed ora segreto di cucina gelosamente custodito da pochi ristoratori nella terra di Virgilio.

#2 Il Casadello o Latteruolo, un dolce di tradizione contadina

Credits: blog.giallozafferano.it – Casadello o Latteruolo

Lo stesso Artusi menziona anche un dolce della sua terra, la Romagna, detto Casadello o Latteruolo. Soprattutto la seconda variante ne dimostra la base di latte, che, insieme allo zucchero e alla vanillina, va bollito e riempie un guscio di pasta dolce, che la tradizione chiama “pasta matta”. Si tratta di un dolce della tradizione contadina, che i mezzadri erano soliti regalare per la festa del Corpus Domini ai padroni delle terre che lavoravano

#3 “Chisoëula Pellegrinese”, una focaccia al rosmarino che si insaporiva con il sugo dell’arrosto e #4 “lat in pé” un budino a km zero

Passando ora all’Emilia, nel parmense, in piena food valley, sono stati riscoperti di recente due piatti, entrambi figli della tradizione culinaria povera e degli espedienti: si tratta della “Chisoëula Pellegrinese”, una focaccia al rosmarino alla quale si dava sapore con il sugo dell’arrosto, generalmente avanzato dai pasti precedenti e del “lat in pé”, ossia “latte in piedi”, una sorta di budino fatto di uova, zucchero e latte, spesso “a chilometro zero”, in quanto erano prodotti dagli animali della fattoria.

#5 La zuppa di pesce all’istriana

Zuppa di pesce all’istriana

Risulta interessante anche notare come Trieste, crocevia di culture, sospesa tra tre mondi (ossia l’Italia, la sfera germanofona e quella di cultura slava), oltre che fra terra e mare, abbia fatto da “scrigno” per alcuni piatti, di tradizione istriana e dalmata, ora entrati di diritto nella tradizione cittadina. Si tratta, nello specifico, della zuppa di pesce all’istriana, detto anche brodetto, che mette insieme lo scorfano, la gallinella di mare, i calamari, il pesce prete, il merluzzo, le vongole e le cozze per creare uno dei piatti più gustosi, come capita anche nelle altre regioni italiane di tradizione marinara. Lo stesso brodetto presenta diverse varianti, anche all’interno della stessa zona.

#6 I “fusi”, una pasta all’uovo istriano rivisitato a Trieste

Un altro piatto istriano, recuperato e in qualche modo rivisto a Trieste, è quello dei cosiddetti “fusi”, un tipo di pasta all’uovo, simile a quella umbra, che poi viene servita in un brodo di gallina, oppure con asparagi e tartufo, oppure ancora con piselli o lenticchie.

#7 Il “dindo alla Schiavone”, tacchino ripieno di castagne e prugne, dalla Dalmazia a Venezia

Credits: gnammo.com – Il dindo alla schiavone

La Dalmazia, che per la la Serenissima Repubblica di Venezia faceva parte della Schiavonia, ha regalato molti piatti alla tradizione veneziana e veneta. Tra questi, figura senz’altro il “dindo alla schiavone”, ossia il tacchino ripieno di castagne e prugne, che ha un posto di tutto rispetto nei pranzi di piatti tradizionali della Serenissima.

Per forza di cose non è stato possibile menzionare tutte le ricette che il nostro Paese, eccellenza alimentare mondiale, custodisce e condivide. Speriamo, però, di avervi stuzzicato l’appetito, anche mentale, per (ri)scoprire i piatti di vostro gusto.

ANTONIO ENRICO BUONOCORE

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Come sono LE MILANESI?

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Se si digita su Google “Le milanesi sono…” appaiono ai primi tre posti gli aggettivi con cui le milanesi vengono più comunemente definite nelle ricerche. Vediamo queste tre risposte più gettonate che presentano diverse sorprese. 

Come sono LE MILANESI?

Terzo posto: “le milanesi sono IMBRUTTITE”

credit: ilmilaneseimbruttito.it

Non sappiamo se essere felici di questo oppure no ma uno degli effetti del grande successo di un sito che rappresenta i milanesi come delle macchiette, ha diffuso questa immagine in tutta Italia. Al terzo posto nelle ricerche le milanesi vengono proprio definite così: “imbruttite”. 

Secondo posto: “le milanesi sono FACILI”

Altra sorpresa al secondo posto. Si è sempre pensato che le milanesi fossero piuttosto altezzose o comunque che il loro cuore fosse difficile da conquistare, invece per le ricerche al secondo posto vengono definite facili. Forse più che realtà per chi fa le ricerche si tratta di una speranza?

Primo posto: “le milanesi sono BELLE”

Ma al primo posto non poteva che esserci questo risultato. Milano ha un’immagine universale di bellezza e soprattutto le sue abitanti sono un’icona di eleganza e di gusto estetico. Un primato che pare tutta Italia ci riconosca.

Continua la lettura con: come sono i milanesi?

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Il potere incredibile di persone insignificanti e transitorie

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Pensiero del giorno

La politica democratica si basa sulla divisione dei poteri. È uno strumento di tutela del cittadini nei confronti dell’incompetenza di coloro che hanno il potere impossibile da prevenire o ridurre.

Le persone sono tutte profondamente ignoranti sulle altre persone e su tutti gli argomenti. Anche uno che è esperto di una cosa può sbagliare. L’errore fa parte del sistema uomo. Tutti possono sbagliare e il sistema per correggere gli sbagli è la divisione dei poteri.

Il principio di precauzione dovrebbe essere di non prendere mai provvedimenti che riguardino la sfera della vita delle persone. Nelle democrazie evolute si raccomanda, si consiglia, non si impone per legge.

Nei paesi del Sud del mondo, invece, si creano spesso dei regimi autoritari in nome di una non ben definita incapacità del popolo di avere una sua maturità. Salvo affidare a elementi del popolo un potere illimitato sulla propria vita.

Un principio naturale è chi sbaglia paga. Se tu sbagli nella tua vita devi essere il primo a pagarne il prezzo. E’ un principio naturale perché se chi commette l’errore paga subito è il modo migliore per arginare l’errore evitando che si propaghi. Nella natura questa è la normalità. 

Se invece si dà a qualcuno un potere illimitato sulla vita degli altri e questo potere non ha una responsabilità immediata per gli eventuali danni provocati, è un incentivo all’errore e a diffonderlo senza argini.

Una diffusione dell’errore tanto più probabile quanto più avviene quello che sta ricorrendo nella storia recente d’Italia. Dove a fronte di un potere mai visto, con la concentrazione tra potere legislativo e esecutivo nelle stesse persone, si hanno persone inadeguate per esperienza e competenza. E transitorie perché chi oggi decide in modo illimitato della vita delle persone è qualcuno diverso da chi c’era un anno fa e probabilmente da chi ci sarà tra un anno.

Ha senso delegare in bianco le scelte della propria vita a persone inette e transitorie che non rispondono dei danni che dovessero provocarci?

Qui trovi tutti i pensieri del giorno (clicca)

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La SFIDA delle SFIDE: Milano sceglie la “MILANO DEL SUD”. Le 5 finaliste

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Credits: huffingtonpost.it - Matera

Molte città italiane vengono paragonate a Milano. In particolare al Sud. Di solito l’abbinamento a Milano concede un motivo di vanto per la città che riceve questa nomea. Ma tra le tante, qual è la città che può ambire a diventare l’alter ego di Milano per il Mezzogiorno? La scelta non può venire fatta da Milano città stato. Ecco chi ha vinto.

La SFIDA delle SFIDE: Milano sceglie la “MILANO DEL SUD”. Le 5 finaliste

La classifica.

#5 Roma

Credits: siviaggia.com – Roma

Perché è una metropoli, ha quasi tre linee intere di metro, attira persone da tutta Italia, ha ospitato le Olimpiadi. Non ha la Madonnina però ha il Papa. E sta per diventare città stato. 

Leggi anche: Roma sarà città stato

Credits: huffingtonpost.it – Papa Francesco

#4 Costa Smeralda

Credits: repubblica.it – Porto Cervo

Per vincere dovrebbe diventare una città metropolitana a se stante. È Milano in vacanza, la ricca borghesia va a Porto Cervo, le periferie vanno a sud di Olbia. Offre alcune delle spiagge più spettacolari d’Italia: da Baya Sardinia a Poltu li Cogghi. E c’è anche la “spiaggia dei milanesi”. 

Leggi anche: La spiaggia dei milanesi si trova in Sardegna

#3 Matera

Credits: huffingtonpost.it – Matera

Boeri ha progettato la stazione centrale della città. È stata capitale della cultura, è un set cinematografico, da “La passione di Cristo” di Mel Gibson all’ultimo “007” con Daniel Craig. Inoltre è anche lei bistrattata dal governo centrale che non ha costruito neppure un’autostrada. Milano ha le pietre, Matera ha i sassi.

Credits: Paolo Rosselli – Stazione Centrale di Matera

#2 Catania

Credits: siciliafan.it – Catania

Perché è l’unica città siciliana che ha una linea metropolitana, che presto permetterà di raggiungere l’aeroporto cittadino. Inoltre è quella la meglio collegata al continente, è moderna anche come costumi, ha una gloriosa tradizione musicale, è una città di rottura.

Metro Catania

#1 Bari 

Credits: civitatis.it – Bari

Ma la vincitrice è lei. C’è la fiera del Levante, è la città più intraprendente e dinamica del Sud Italia. I pugliesi sono la comunità più laboriosa tra quelle importate a Milano. E poi, si sa: «Se Milano avess lu mersarebb ‘na piccola Ber». 

Credits: repubblica.it – Fiera del Levante

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La FATTORIA degli ANIMALI di Milano. C’è anche Spillo il DAINO

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Credits: milano.repubblica.it - Daino nella Fattoria a Milano

Una piccola porzione di campagna in quel di Niguarda: un casale, un mulino, alcuni animali da cortile, e persino un piccolo museo, un bellissimo cortile ben curato ed elegante, con fiori e piante. La mascotte è un piccolo cucciolo di daino, ecco la sua storia.

La FATTORIA degli ANIMALI di Milano. C’è anche Spillo il DAINO

# Lo zoo delle Onoranze Funebri Turati in zona Niguarda

Lo zoo delle Onoranze Funebri Turati unisce due estremi: la morte e la vita rappresentata dagli animali che si rincorrono e giocano tra loro in questo parco delle meraviglie. Non si respira l’atmosfera triste degli altri zoo, pur trovandosi in un posto dove ogni giorno succede qualcosa di drammatico. L’attuale titolare racconta: “L’attività è stata fondata dal mio bisnonno nel 1892, è stata portata avanti da mio nonno e si tramanda di generazione in generazione. Abbiamo sempre avuto animali sia perché ci aiutavano nel lavoro sia perché questa periferia in passato era campagna“.

In questa fattoria degli animali, tra un corso d’acqua e un laghetto con le ninfee si trovano tartarughe, pesci, cagnolini, colombi, pony, galline, caprette, faraone, anatre, e sopratutto una coppia di daini, Romeo e Giulietta, e il loro piccolo Bambi nato nel 2016, e il suo fratellino Spillo, nato nel 2017.

# Spillo, la piccola mascotte del quartiere

Credits: milano.repubblica.it – Daino nella Fattoria a Milano

Spillo, mascotte del quartiere, è un cucciolo di daino con qualche problema alle zampe. Una tac ha rivelato delle lesioni alla spina dorsale per questo deve essere protetto dagli attacchi dei suoi genitori e degli altri membri di questa “fattoria degli animali” in pieno quartiere Niguarda, a Milano, tenendolo in una zona riservata dell’aia dove può mangiare tutta l’erba che vuole senza doversi difendere dai suoi simili. 

# Il museo di oggetti ritrovati e antichi oggetti di tutti i giorni dentro il Mulino

Dentro al mulino, perfettamente funzionante, ma con l’acqua azionata da un pompa, è stato creato un piccolo museo con alcuni oggetti trovati durante la ristrutturazione: la bicicletta elettrica della sorella della nonna dell’attuale proprietario, ossia il mitico “Mosquito”, o il motorino “Solex” di suo marito, e c’è anche un vecchio monopattino degli anni ’50.

Oltre anche a oggetti di tutti i giorni: una vecchia imbottigliatrice, un enorme paiolo per la polenta, dei secchi in alluminio di diverse misure. Ci sono vecchie latte in metallo che contenevano olii meccanici, un grande mobile-radio degli anni ’40, con mangianastri, e anche una piccola “Fiat 500”.

 

Fonte: Niguarda.eu

Continua con: Villa Clerici, la villa delle delizie di Niguarda

FABIO MARCOMIN

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Da Poligono di tiro a nuovo CONSOLATO USA: il progetto di trasformazione di un luogo di grande significato per Milano

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Credits: milanotoday.com - Tiro a Segno

I lavori dovrebbe concludersi nel 2021 e, anche se il progetto rimane segreto, il recupero dell’edificio prosegue e sta ritornando agli antichi splendori. La storia e il futuro della prossima sede del Consolato americano che si trasferirà da quella attuale in Largo Donegani.

Da Poligono di tiro a nuovo CONSOLATO USA: il progetto di trasformazione di un luogo di grande significato per Milano

# Uno dei migliori esempi di architettura liberty presenti a Milano

Credits: milanotoday.com – Tiro a Segno

Progettato nel 1906 dal maggiore del Genio militare Silvio Gariboldi, il Poligono della Cagnola, situato nell’ex Piazza Bersaglio oggi Piazzale Accursio, è uno dei migliori esempi di architettura liberty presenti a Milano. Inizialmente insisteva su un’area di circa 70.000 mq e, se fu risparmiato dai bombardamenti aerei durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1972 fu interamente ristrutturato per rispondere alle nuove esigenze di sicurezza: l’area del poligono fu ridimensionata ed allontanata da Piazzale Accursio. La nuova sede invece, funzionante dal 1978, fu costruita nell’area accanto, rimanendo ancora oggi una delle migliori d’Europa.

# Il riconoscimento a monumento nel 1985 e il successivo abbandono

Diventata sede del tiro a segno milanese negli anni ‘70, nel 1985 fu classificato come “monumento” ed affidato al Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche ma, a causa delle spese eccessive di manutenzione, venne prima abbandonato a se stesso e poi riadattato come sede dell’Arma dei Carabinieri come alloggio di servizio e deposito per mezzi da demolire. Nel 2008 tutta l’area è stata acquistata dal consolato statunitense, senza però una destinazione precisa fino a quando hanno preso il via i lavori per la realizzazione del nuovo consolato. 

# Il futuro dell’edificio: il Consolato USA

Credits: brigante-engineering.it – Consolato Usa

Si prevede la costruzione di una palazzina interna nell’area dove una volta si tenevano le sessioni di tiro a segno, mentre la vecchia palazzina sarà totalmente ristrutturata per poi essere adibita a galleria espositiva ed area di accoglienza. 

Il progetto del nuovo complesso diplomatico è frutto della partnership tra gli studi Genius Loci Architettura di Milano e RTKL di Washington D.C., ma il processo di vendita al Governo federale statunitense dell’immobile e dell’area circostante è stato seguito dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Monumentali di Milano, per via del vincolo monumentale. Tra le novità trapelate, la sede consolare avrà un nuovo ingresso su via Gallarate, immerso negli spazi verdi e tra gli edifici storici dell’area del tiro a segno. 

L’edificio principale, invece, ubicato dietro il fabbricato storico del poligono di tiro, si svilupperà per circa 6.000 mq e ospiterà gli uffici diplomatici. Infine, la cancellata storica che delimita l’area e che si affaccia su Piazzale Accursio sarà ugualmente mantenuta e riportata al suo antico splendore. Riguardo agli interni nessuna indescrizione. Attualmente situato in Via Principe Amedeo tra Largo Donegani e via Turati, il Consolato generale degli Stati Uniti dovrebbe occupare la nuova location nel 2021.

Continua la lettura con: La goccia della Bovisa

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Conte: “Da oggi entra in vigore la fiscalità di VANTAGGIO per tutte le aziende del SUD”

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Dal profilo Facebook di Giuseppe Conte: 

Oggi entrerà in vigore la “Fiscalità di vantaggio” per tutte le aziende del Sud.
Tutte le imprese che operano nelle regioni del Mezzogiorno potranno contare su un taglio del 30% del costo lavoro per tutti i loro dipendenti. I lavoratori non subiranno nessuna riduzione delle proprie retribuzioni.

È una misura che abbiamo introdotto anche grazie all’impegno del Ministro Peppe Provenzano che interviene in maniera concreta a favorire le aree produttive del Paese che avvertono urgente bisogno di misure di sostegno al fine di ridurre carenze infrastrutturali e rispondere più efficacemente alla crisi generata dalla pandemia. Vogliamo rendere questa boccata di ossigeno stabile e duratura in modo da favorire la ripartenza e il rilancio produttivo del Sud.

Un Sud più solido e competitivo renderà più forte l’Italia intera.”
Di seguito alcune delle reazioni.
 
 

Continua la lettura: Lo scippo di risorse fatte dal nord al sud: un falso storico. In realtà ogni anno il nord dà 40 miliardi di euro al sud

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