Il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) ha finalmente dato il via libera al progetto definitivo del collegamento ferroviario tra Venezia e l’aeroporto “Marco Polo”, in vista delle Olimpiadi invernali “Milano-Cortina” del 2026.
Olimpiadi 2026 “Milano-Cortina”: il progetto per il treno verso l’aeroporto di Venezia ha il via libera
# Linea a doppio binario, tunnel e stazione interrata
Credits: @venetoeconomia
Sarà finalmente creata una nuova linea ferroviaria a doppio binario che collegherà Venezia all’aeroporto “Marco Polo” di Tessera, attesa da anni.
Il nuovo percorso ferroviario si staccherà dalla linea Mestre-Trieste, affiancherà la bretella autostradale che conduce all’aeroporto per circa 4 chilometri di superficie. Infine, il tracciato continuerà in galleria verso il “Marco Polo”, dove si prevede la costruzione di una stazione interrata di tipo passante a due binari collegata al terminal aeroportuale.
Credits: @veneziarport.it
I binari e la stazione dell’aeroporto saranno compatibili, per cui serviti, sia dai convogli regionali, sia dai treni ad alta velocità (o comunque di lunga percorrenza). E’ prevista anche la creazione di una pista ciclabile per raggiungere lo scalo ferroviario dal vicino paese di Tessera.
# Voci contrastanti sul progetto
Secondo Luca Zaia, governatore della regione Veneto, “questa è una bella notizia, per la quale abbiamo lavorato tutti in squadra rispetto a un progetto che permette di dare una vera risposta alla mobilità in relazione al terzo scalo aeroportuale italiano. Siamo di fronte – prosegue – a un investimento complessivo di ben 475 milioni di euro, che darà vita a un vero e proprio ‘biglietto da visita’ per chi arriverà in aereo in Veneto e a Venezia”.
Una quindicina di associazioni veneziane, invece, contestano il progetto, sia sul fronte ambientale, sia su quello storico-paesaggistico. Sostengono inoltre che la data del 2026 non sarebbe realistica (secondo i loro calcoli il nuovo treno non sarebbe pronto prima del 2036). Propongono invece un progetto alternativo da loro ritenuto meno impattante: una semplice linea di superficie dalla stazione di Venezia-Mestre all’aeroporto.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nel 1949 i giocatori del Grande Torino scomparvero improvvisamente per un incidente aereo sul colle di Superga. Gli unici che si salvarono furono alcuni componenti che non parteciparono alla trasferta.
Finché il trasporto aereo non raggiunse livelli di sicurezza assoluta, era d’uso nelle aziende evitare che gli amministratori più importanti viaggiassero tutti sullo stesso aereo.
Qualunque situazione in cui sia presente un certo rischio oppure gli effetti non siano ancora noti richiede che vi sia una separazione tra gli elementi più importanti.
Principio analogo a quello di ogni sperimentazione scientifica attuata sul campo.
Nel momento in cui devi determinare l’efficacia di un farmaco è sempre necessario che ci sia un campione di controllo.
Per due ordini di motivi. Uno è l’effetto placebo che è molto potente e alla base di tutta la medicina prescientifica, che trae le sue origini nello sciamanesimo e che tuttora viene valutato con una certa efficacia.
Un farmaco viene giudicato efficace quando supera per efficacia l’effetto placebo senza arrecare danni all’individuo. Quindi innanzitutto occorre avere persone che credano di avere assunto un farmaco senza averlo ricevuto.
Non solo. Per valutare tutti i benefici e i danni occorre verificare tutti gli effetti nel tempo confrontandoli con chi non ha ricevuto il farmaco.
Un esperimento scientifico in cui viene somministrato un farmaco a tutto il pubblico risulta per definizione fallace e non consente di ottenere nessun tipo di risultato misurabile e utilizzabile anche per migliorarne la resa.
Se, ad esempio, su una nave a tutti i passeggeri viene somministrato un cibo avariato e in seguito a questa ingestione si presenta un malore diffuso tra gli stessi, diventa quasi impossibile stabilire se sono stati male per il cibo ingerito, per un fantomatico insetto pericoloso, per il mal di mare o per una ipnosi collettiva.
Di fatto, la somministrazione a tutta la platea dei potenziali usufruttori invalida sia gli effetti negativi sia l’efficacia del prodotto.
L’unico modo per evitare questa incapacità di analizzare i dati è tenersi stretto un campione di soggetti che consenta all’esperimento di dimostrare la sua efficacia. Un gruppo di persone che in una situazione di pericolo si sacrificano per la collettività dovrebbero essere giudicati se non come eroi, almeno con gratitudine.
Perché l’unico effetto certo nella somministrazione totale è quello di coprire eventuali danni o l’inefficacia del prodotto.
MILANO CITTÀ STATO
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Con meno di 20 euro si viaggia in tutta Europa. Vediamo le principali destinazioni e i prezzi dei biglietti.
La CYBER WEEK di Ryan Air: una settimana di SUPER OFFERTE da Milano e Orio
# Dal 22 novembre al 3 dicembre la “Cyber week” di Ryan Air
Credits: @ryanair Ryanair
Ill 22 novembre è iniziata la Cyber Week di Ryan Air con 9 giorni di offerte, fino al “Cyber Moday” di lunedì 29 novembre a cui viene aggiunto venerdì 3 dicembre. La compagnia aerea low cost irlandese propone sul proprio sito offerte incredibili per gli amanti dei viaggi. Alla mezzanotte di ogni giorno vengono sbloccate una serie di destinazioni a prezzi stracciati.
# Da Milano Malpensa meno di 8 euro per volare a Londra, da Milano Bergamo bastano per raggiungere le Canarie
Credits 91alvaro_m ig – Lanzarote, Canarie
Vediamo alcuni esempi di costo dei biglietti partendo dagli scali milanesi dove opera Ryan Air. Dall’aeroporto di Milano Malpensa il prezzo, di solo andata, per atterrare a Palermo o Manchester è di soli 4,99 euro, per andare aVienna basteranno 6,36 euro, poco più di 7 euro per Londra, con 10 euro si vola a Malta, Bucarest, Dublino o alle Canarie.
Per chi sceglie di partire da Milano Bergamo la proposta è molto più ampia, essendo l’aeroporto “Il Caravaggio” l’hub principale delle compagnia aerea nel nord Italia. Con 4,99 euro si viaggia verso Liverpool o il Marocco, con 6,36 euro verso Sofia, con 7,99 euro si arriva a Lanzarote, Atene, Göteborg, con meno di 10 euro si raggiunge Parigi, Eindhoven, Colonia, Budapest, Bratislava e Cracovia.
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In base agli ultimi dati della rete Tecnocasa per chi vuole acquistare un’immobile da mettere a reddito c’è una sorpresa: è preferibile stare lontano dalle zone centrali, sia che si tratti di bilocali che trilocali. Scopriamo in quali quartieri conviene investire nel mattone.
Affitti a Milano: le ZONE che RENDONO di PIÙ (con sorpresa)
# Investire in un immobile a Milano rende in media il 5,5% lordo in caso di bilocale, il 4,7% per un trilocale
Credits: clubmilano.net – Quarto Oggiaro
Secondo i dati raccolti dalla rete di agenzie immobiliari Tecnocasa investire in un immobile a Milano per metterlo in locazione, in regime di contratto libero della durata di otto anni, rende in media il 5,5% all’anno lordo per un bilocale, il 4,7% per un trilocale. Al netto si passa rispettivamente al 3,6 % e al 3%. Questi numeri sono il risultato di un calcolo dell’edizione milanese de “Il Corriere” che ha considerato i valori a metro quadrato delle case usate di medio livello, con i bilocali computati come se fossero di 50 mq e i trilocali di 80 mq.
Per il conteggio del rendimento lordo è stato messo a confronto il canone ottenibile in un anno con il valore dell’immobile che viene affittato, quello netto abbattendo del 35% il valore del lordo. Il valore è il risultato della somma del 21% dell’aliquota della cedolare secca, scelta praticamente dalla totalità dei proprietari persone fisiche, al restante 14% (stimato) imputato all’Imu, a carico completo della proprietà.
# La zona di Milano dove il rendimento è più alto? Vialba, con oltre il 10% lordo. Il più basso nell’area Arena-Arco della Pace con il 3,6%
Credits milano.corriere – Rendimento appartamenti in affitto
Sui 125 quartieri di Milano analizzati da Tecnocasa, nell’infografica sono riportati alcuni dei più significativi, è Vialba con il 10,4% lordo e 6,8% netto quello con la performance di rendimentomaggiore in città prendendo in considerazione i bilocali, la tipologia di abitazione più diffusa. Il quartiere, situato nella zona nord-occidentale della città, al confine Quarto Oggiaro e con i comuni di Novate Milanese e Baranzate, precede la zona di Forza Armate con oltre il 9 per cento lordo.
# Nella fascia di rendimento alta quasi solo immobili in periferia
Gli appartamenti situati nella porzione di corso Sempione verso piazza Firenze rendono l’8,7%, l’unica zona semicentrale con rendimenti elevati, in via Bovisasca l’8,6% e Quinto Romano e Bonola con l’8,4%. Tra i quartieri dove gli immobili rendono almeno l’8%troviamo Certosa-Gallarate, Ponte Lambro e Garibaldi-Moscova.
Tra il 7,9% e 6,5% ci sono ad esempio le zone di Corvetto-Rogoredo-Santa Giulia al 7,8%, Affori al 7,3%, Dergano e San Siro al 7%, Bicocca al 6,8%, Ripamonti-Valdisole al 6,6%, Padova-Crescenzago al 6,5%.
# I bilocali nelle aree centrali registrano in media performance inferiori al 6,5% lordo
foto andrea cherchi
Nella fascia medio-bassa di rendimento, sotto il 6,5%, un bilocale nell’area del Centro e Piola fa guadagnare in media il 6,3% lordo, a Lorenteggio-Farini, Stazione Centrale-Filzi e Lambrate il 5,8%, in via Volvinio e in Corso XXII Marzo-Dateo il 5,5%, a Pagano il 5%, in Navigli-Darsena il 4,7%, mentre Nolo e Buenos Aires-Corso Venezia il 4,2%.
Il rendimento minore si registra tra viale Piave e Bocconi, con rendimenti fermi al 3,8%, in via Canonica e infine Arena-Arco della Pace al 3,6%.
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Immaginatevi di prendere un calderone e aggiungere pian piano alcuni ingredienti: i colori e le forme di Gaudì, il surrealismo di Dalì, un po’ di magia Disney e infine un pizzico di immagini psichedeliche. Ora prendete un cucchiaio e mescolate bene. Il risultato? L’ha già ottenuto l’architetta visionaria Dang Viet Nga.
La “CASA PAZZA”: la più STRANA del MONDO
# La casa pazza
Credits: @interestingworld_1 Crazy House
Inserita nei 10 edifici più bizzarri al mondo, l’opera di Dang Viet Niga si chiama Crazy House, nome più azzeccato non poteva esserci, e si trova a Da Lat, in Vietnam. L’obiettivo era quello di richiamare tutti i colori e le forme degli esseri viventi presenti in natura e il risultato è stato quello della casa più pazza del mondo. Osservarla nel suo insieme stordisce, è al limite dello psichedelico, ma la casa ormai è diventata una delle attrazioni principali del luogo e lo era già intorno al 1990.
# Un luogo che rappresenta la natura del Vietnam
Credits: si viaggia.it Stanza Casa Pazza
Tutto nasce dal colpo di fulmine che l’architetta ha avuto con il posto in cui ora c’è la “Casa pazza”. Inspirata dal luogo, Dang Viet Nga decise di rilasciare tutta la sua creatività in un’unica costruzioneche rappresentasse la flora e la fauna dell’intero Vietnam. Curato nei minimi dettagli, l’edificio è ora adibito ad albergo e chiamato anche la “Casa delle fate” per la particolarità delle sue stanze. Si passa da aree vivaci e colorate, ad altre che ti catapultano in un film dell’orrore con gigantesche ragnatele, caverne e funghi.
In generale, si tratta di una struttura di 5 piani a cui si accede tramite scale irregolari, con finestre dalle forme particolari e rami che si arrampicano lungo le pareti. Il corpo principale è sopraelevato ed è simile alla casetta di Hansel e Gretel.
# L’albergo
Credits: pinterest.com casa pazza
Già sembra molto interessante poter dormire in una casa così particolare, ma quando il concept dell’albergo sposa quello della casa di volersi ispirare alla natura è ancora meglio. Ogni stanza presenta le caratteristiche dell’animale a cui è ispirata: canguro, formica, fagiano e tigre.
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Willy Wonka del cioccolato omonimo esiste davvero. Questa è la storia di Milton Hershey, mastro cioccolataio di origine svizzera, che ha deciso di migliorare la vita dei consumatori di cioccolata, rendendo più felici i propri dipendenti
La storia dell’imprenditore che volle costruire la città ideale per i suoi dipendenti
# Il segreto del successo
Hershey Ch Credits @infohume IG
Può bastare la cioccolata a rendere felici le persone? Ogni tanto può bastare, certo, ma a volte c’è bisogno di più. Milton Hershey inizia la sua carriera di mastro cioccolataio a 18 anni, aprendo un negozio di dolciumi a Philadelphia nel 1876. Non contento delle sue stesse capacità, si trasferisce in Colorado, a Denver, per imparare dal migliore l’arte del caramello ed affinare così le proprie doti.
Torna a Lancaster, Pennsylvania, per aprire la sua seconda attività, la Lancaster Caramel Company, convinto a ricercare in sé stesso e nel mondo della tecnologia, le armi per rendere i suoi dolci i più famosi d’America.
Un curioso Hershey partecipa all’Esposizione Universale di Chicago, dove vede e acquista macchinari all’avanguardia per la lavorazione industriale del cioccolato. Fonda così la sua fabbrica di cioccolato, la Hershey Chocolate Company, iniziando a preparare caramelle ricoperte di cioccolato al latte.
La fabbrica produce anche tavolette di cioccolato al latte e cacao in polvere per la preparazione dei dolci.
Il successo è così travolgente che Hershey decide di progettare e costruire una propria città, a cui darà il proprio nome, dove ospitare la fabbrica di cioccolata e i dipendenti con tutte le loro famiglie. L’idea è quella che un po’ accompagna gli imprenditori americani con una certa visione: migliorare tutti gli aspetti della vita dei dipendenti, rendendo facili le soluzioni alla routine quotidiana delle famiglie, alleggerendoli di alcuni pesi e migliorare così la produttività, ovvero i profitti.
Nasce così la cittadina di Hershey, in Pennsylvania, una città che è allo stesso tempo una mega fabbrica di cioccolato.
Siamo nella contea di Dutch, quella parte dello Stato della Pennsylvania in cui vivono i Mennoniti e gli Amish, comunità di gente modesta dedita al lavoro e alla famiglia. In un contesto di questo tipo, l’imprenditore fonda la sua città-fabbrica in cui tutto è pensato per rendere felici i suoi abitanti: ogni casa è realizzata con tutti i comfort e le soluzioni più all’avanguardia.
Le casette di mattoni, circondate da bei prati curati e viali alberati, dotate di riscaldamento, elettricità e impianto idraulico, il parco e il teatro per lo svago e il tempo libero e perfino le scuole totalmente gratuite per i figli dei dipendenti: Hershey è la dolce vita di una città fondata sul cioccolato.
Milton sa che la felicità dei dipendenti farà la sua fortuna, è un imprenditore molto capace e di buon cuore, la città di Hershey diventa nel 1903 un modello aziendale innovativo e all’avanguardia, senza precedenti negli U.S.A. che porta al successo assoluto anche i cioccolatini Hershey che – come nel volere del suo papà – diventano veramente i dolcetti più diffusi d’America.
Hershey è ancora oggi meta di numerose gite di carattere turistico e culturale. Si possono visitare gli ambienti dove si è creato il cioccolato più famoso d’America. I lampioni, ad esempio, che ricordano la forma del cioccolatino “Kiss”, che ricorda il Bacio Perugina tanto caro in Italia; così come il parco voluto dal Milton Hershey, che oggi si estende per oltre 110 acri ed ospita uno zoo, un numero impressionante di specie diverse di alberi e la cittadina è inclusa in un vero e proprio percorso che culmina nella visita alla fabbrica di cioccolata. Alla Hershey Company si scoprono tutti i segreti della preparazione e lavorazione del cioccolato, con la degustazione di prodotti di ogni forma e dolcezza
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Alla fine del 1800 fu realizzata a New York, su progetto dell’inventore ed editore Alfred Beach, la prima metropolitana degli Stati Uniti. Basata sull’idea della ferrovia pnuematica rimase in funzione a livello dimostrativo per 3 anni, lungo un percorso di 95 metri sotto Broadway.
Per farla funzionare, un enorme ventilatore soprannominato il Tornado occidentale spingeva la carrozza con i passeggeri a bordo. Nonostante la vendita di circa 400.000 biglietti nelle prime due settimane, il progetto di estendere la linea per 8 chilometri fino a Central Park non riuscì a ottenere permessi e finanziamenti.
#2 Il marciapiede in movimento, l’antesignano dei “tapis roulant”
Credits stradadeiparchi – Marciapiede in movimento
Nel 1890 l’ingegnere Max Schmidt presentò alla Fiera mondiale di Chicago la prima passerella mobile composta da tre anelli concentrici, il primo fermo, il secondo in movimento a 4 km/h chilometri all’ora e il terzo a 8 km/h. In questo modo si consentiva ai pedoni di spostarsi a una velocità più bassa prima di passare a quella più veloce.
I funzionari di New York rimasero entusiasti a tal punto da proporre alcuni schemi di passerelle in città, tra cui uno sul Ponte di Brooklyn e un altro lungo Broadway, ma solo 50 anni dopo arrivarono negli aeroporti e nelle stazioni i primi “tapis roulant”.
#3 La monorotaia giroscopica
Credits stradadeiparachi – Monorotaia giroscopica
Poteva essere una delle invenzioni del secolo quella dell’irlandese Louis Brennan. Il 10 novembre 1909 diede la prima dimostrazione pubblica, all’interno del terreno della sua casa nel Regno Unito, della sua monorotaia giroscopica. Si trattava di un veicolo bilanciato da due giroscopi verticali montati fianco a fianco e ruotanti in direzioni opposte. In occasione del Japan-British Exhibition di Londra l’inventore fece viaggiare su una pista circolare alla velocità di oltre 30 km/h un’automobile monorotaia con 50 persone a bordo. Il progetto fu abbandonato quasi subito a causa degli alti costi richiesti per finanziarlo.
#4 Aerotreno, un hovercraft su terra da oltre 400 km/h per l’alta velocità francese
Credits giscardpunk IG – Aérotrain
Aérotrainsarebbe dovuto essere il mezzo per l’alta velocità francese. Sviluppato in cinque prototipi attorno al 1965 era un “hovertrain” alimentato da turbocompressori, con il comfort e la velocità di un treno a levitazione magnetica, ma senza la complessità tecnica e la spesa. L’I-80 HV, la versione successiva rispetto ai primi modelli, riuscì anche a stabilire il record mondiale di velocità di 430,4 km/h per i veicoli hovercraft su terra. Purtroppo l’invenzione non ebbe successo e il governo francese scelse di adottare il TGV per la sua rete ferroviaria ad alta velocità.
#5 Il missile intercontinentale Ithacus per trasportare i soldati americani
Credits stradadeiparachi – Ithacus
Ithacus era un colosso da 6400 tonnellate, alto 64 metri e alimentato da otto serbatoi di idrogeno progettato nel 1966 durante la guerra fredda. Sarebbe servito per ridurre la necessità di basi militari statunitensi all’estero visto che questo missile intercontinentale avrebbe potuto trasportare un battaglione di 1200 soldati. Non vide mai la luce perché avrebbe avuto bisogno di un trampolino di lancio personalizzato e di nuove scorte di idrogeno per ritornare alla base.
#6 Il Transit Elevated Bus, il primo autobus sopraelevato al mondo in grado di scorrere su binari
Credits india_and_jacob IG – Transit Elevated Bus
Il Transit Elevated Bus sarebbe dovuto essere il primo autobus sopraelevato al mondo in grado di scorrere su binari. Secondo i progettisti, che l’hanno ideato nel 2000, si sarebbero potute collegare quattro carrozze per creare un mega-treno in grado di trasportare 1600 passeggeri. Dopo il test su strada nel 2016 sembrava avviato a rivoluzionare il mondo del trasporto pubblico, ma le accuse di brogli finanziari hanno portato al definitivo abbandono.
#7 L’Ascensore spaziale, un’alternativa economica ai razzi
Credits focus.it – Ascensore spaziale
Uno dei mezzi di trasporto più avveniristici e utopistici mai progettati è sicuramente l’ascensore spaziale. Per farlo funzionare è previsto un cavo lungo almeno 3 volte il diametro della Terra, oltre l’orbita dei satelliti artificiali, con un contrappeso in cima in grado di annullare la forza di gravità grazie alla forza centrifuga della rotazione sincrona con la Terra. Pensato per essere un’alternativa economica alle navicelle per il trasporto di merci e persone nello spazio, la sua realizzazione rimane al momento solo un sogno.
La metropolitana pneumatica e il bus sopraelevato avrebbero potuto essere testati per il trasporto pubblico milanese.
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Chissà quante volte ci siamo interrogati sull’esistenza di altre forme di vita nell’universo. Tante le dicerie, i racconti sulla presenza di questi “esseri” in qualche parte dello spazio. Fu addirittura l’aeronautica messicana ad annunciare, durante una conferenza stampa, di aver identificato con una telecamera a infrarossi, 11 oggetti volanti di identificazione incerta: UFO, insomma.
La PISTA di ATTERRAGGIO per gli UFO: un’idea anche per Milano?
Sul tema, però, da sempre co sono solo smentite. Tutti gli avvistamenti del passato, infatti, sembrerebbero riferirsi ad effetti ottici o fenomeni atmosferici prodotti dall’uomo e utilizzati in missioni segrete. Per non parlare poi della famosa Area 51, una base militare nel deserto del Nevada avvolta da una coltre di fitto mistero, nella quale, ritengono soprattutto i complottisti, siano conservate alcune navicelle extraterrestri e addirittura corpi di alieni. Ma l’alto livello di segretezza che si aggira attorno a questo luogo, peraltro solo velatamente ammesso, circa la sua esistenza, dal governo statunitense, alimenta ancora di più i dubbi e gli interrogativi sull’argomento.
# Una pista di atterraggio che aspetta navicelle aliene da più di 50 anni
Credits: @Jembé Viaggi st. paul, Alberta
Questo non significa che si debba escludere l’esistenza di altre forme di vita nell’universo. A prepararsi infatti ad un’eventuale inaspettata “visita” degli alieni ci ha pensato il Canada. Il 3 Giugno del 1967 il ministro della difesa nazionale Paul Heyller inaugurò la prima pista di atterraggio per dischi volanti canadese e quasi sicuramente mondiale, a St. Paul, Alberta. La pista, con annessa targa d’accoglienza, è una piattaforma sopraelevata con incorporata la cartina del Canada formata da pietre provenienti da tutte le provincie.
Ciò che più colpisce però è il messaggio “umano” che sta dietro a questa costruzione, ovvero la certezza che l’umanità preserverà l’universo mantenendolo libero da guerre e conflitti. Tutti coloro che affronteranno i futuri viaggi nello spazio, compreso gli esseri intergalattici, potranno farlo in assoluta sicurezza e tutti i visitatori saranno ben accetti in questa città. Ad oggi non è stata riportata alcuna testimonianza di contatti con UFO, ma nell’eventualità questo dovesse accadere, sarebbero i ben accolti a St. Paul. D’altronde, nel sud della provincia, risiedevano quelle curiose creature, meglio identificate come dinosauri, di cui oggi abbiamo solo resti ossei.
# Una storia che ha del soprannaturale
Credits: @Jembé Viaggi st. paul, Alberta
Non solo. La notte del 24 Novembre 2008, Werner Jaisli, arrivato a Cachi, una piccola città nella provincia argentina di Salta, famosa per gli appassionati di UFO in tutto il mondo, dichiarò di aver avuto un contatto “telepatico” con gli UFO, che gli suggerirono di costruire un porto per loro. A seguito di questo “incontro”, Werner iniziò a lavorare sul progetto a Forte Alto, una città poco distante da Cachi. Gli appassionati del tema visitano con grande entusiasmo questa zona, che è diventata, negli anni una vera e propria attrazione turistica.
# E se si facesse anche a Milano una pista per UFO?
Credits: @Jembé Viaggi pista ufo
Immaginiamo di riproporre la stessa cosa a Milano. Ci sono delle grandi zone della città inutilizzate che potrebbero essere destinate alla costruzione di uno “spazioporto”, per definirlo con lo stesso nome usato dai predecessori che elaborarono questa idea, divenuta poi realtà. Magari realizzata dal nostro irriverente Cattelan, autore del famoso “dito medio” che impera in Piazza Affari. Maurizio Cattelan, conosciuto per le sue opere irriverenti e talvolta anche dissacranti, avrebbe certamente qualche idea originale per mettere in piedi un progetto così bizzarro. D’altra parte, si sa, Milano è una città all’avanguardia e non stupirebbe nessuno la realizzazione di una simile costruzione. E voi che ne pensate? Ai posteri l’ardua sentenza.
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Dall’hotel caverna alla stazione ferroviaria, ce n’è davvero per tutti i gusti. Scopriamo quali sono.
I 10 HOTEL più STRANI del MONDO: la classifica
#10 Earthship Biotecture negli Stati Uniti, l’hotel ecosostenibile
Credits brittanyapp IG – Earthship Biotecture
Apre la classifica l’Earthship Biotecture negli Stati Uniti, immerso nella natura selvaggia con case ben curate, arredate in stile zen, ricche di fiori e particolari colorati. Costituito da un insieme di costruzioni edificate secondo le più innovative tecniche ecosostenibili, l’hotel è dotato di sistemi di filtraggio della acque grigie, pannelli solari per la produzione di energia.
#9 Seaventures Dive Resort in Malesia, la piattaforma galleggiante
Credits unusualhotel IG – Seaventures Dive Resort
Il Seaventures Dive Resort in Malesia non offre grandi comfort ma promette un’esperienza incredibile. Questa piattaforma in mezzo al mare è una stazione per il diving ed è adatta per gli amanti delle immersione e dei paesaggi subacquei. Ogni mattina ci si può alzare e indossare tuta e bombole d’ossigeno per nuotare circondati da una splendida barriera corallina.
#8 Blu Cave Castle in Jamaica, una fortezza a strapiombo sul mare
Credits blue_cave_castle.876 IG Blue Cave Castel
Il Blu Cave Castle in Jamaica è un vera e propria fortezza, con torri merlate, costruita a strapiombo sul mare. I turisti vengono accolti da uno stupendo prato verde e possono ammirare il paesaggio e il mare da splendide terrazze. Per fare il bagno nelle acque caraibiche basta scendere direttamente dalle camere tramite delle scalette fatte di pietra.
#7 – Woodlyn Park a Otorohanga in Nuova Zelanda, un complesso di hotel fuori dall’ordinario
Credits stt_tours IG – Woodlyn Park, Otorohanga
Woodlyn Park a Otorohanga in Nuova Zelanda è stata trasformato dai proprietari da fattoria a un complesso di hotel fuori dall’ordinario. Si può scegliere di dormire in camere e suite dentro un aereo degli Stati Uniti, una nave ormeggiata dal parco oppure dentro una struttura chiamata Hobbit hotel che riproduce fedelmente la casa di Frodo nel “Signore degli Anelli”.
#6 Train Station Inn in Canada, l’hotel “stazione ferroviaria”
Credits jenn_houle IG – Train Station Inn, Tatamagouche
Il Train Station Inn è un vero e proprio hotel-stazione ferroviaria. In questa struttura a Tatamagouche in Canada le camere sono dislocate tra l’edificio della stazione e il treno. I vagoni sono stati allestite come suite dotate di tutti i confort. Non manca il vagone ristorante e il “vagone terrazza” da cui ammirare la nature circostante. Tutto il personale è vestito da capistazione, con cappello e fischietto.
#5 Hang Nga GuestHouse in Vietnam, l’hotel “fantasy”
Credits destinationluxuryofficial IG – Hang Nga GuestHouse, Dalat
In Vietnam c’è un’hotel davvero curioso, immerso in un’ambientazione onirica. Hang Nga GuestHouse è infatti costruito in stile “fantasy”, con camere nelle caverne, case sull’albero e case di legno. Ci sono scale e scalette, ponti e stanze nascoste che farà divertire soprattutto i più piccoli. Tutto le strutture sono aggrovigliate da rami, foglie e liane.
#4 – Treebones Resort negli Stati Uniti, il “villaggio indiano” immerso nel bosco
Credits coreygwin IG – Treebones Resort, Big Sur
Negli Stati Uniti c’è il Treebones Resort, immerso nella natura con una splendida vista sul mare, ideale per gli amanti di lunghe passeggiate nei boschi. Ha l’aspetto di un villaggio indiano, con tende circolari fatte di legno rivestite in tessuto e case sugli alberi. All’esterno è presente anche una zona bar-ristorante con piscina per rilassarsi.
#3 The Five Hotel a Parigi, l’hotel dal design “romantico”
Credits annalisaberetta23 IG – The Five Hotel Parigi
The Five Hotel di Parigi è sul gradino più basso del podio, il suo fantasioso design è perfetto per le coppie. Tutte le camere hanno una splendida vista dalla città, di piccole dimensioni ma confortevoli dotate di un sistema di luci a led che crea un’atmosfera molto romantica. Le pareti sono colorate, l’arredamento è ricercato e i letti sono adornati di fiori.
#2 Il Propeller Island City Lodge a Berlino ha camere per tutti i gusti
Credits travelplanetin IG – Propeller Island City Lodge
Il secondo hotel più strano al mondo si trova in Europa. Il Propeller Island City Lodge a Berlinoha camere per tutti i gusti, infatti ognuna ha uno stile diverse. C’è quella arredata con mobili appesi al soffitto, oppure con letti dentro bare o anche le camere con i letti dentro le gabbie. Troviamo la camera total white, in legno con fontana al centro e anche la camera psichedelica con i muri completamente ricoperti di specchi.
#1 Hotel Costa Verde, in Costa Rica, dentro un aereo “precipitato” nella giungla
Credits juliocarvajal IG – Hotel Costa Verde
Al primo posto di questa classifica troviamo un hotel in Costa Rica. Costruito dentro e intorno a un aereo, soggiornare all’Hotel Costa Verde è un’esperienza unica perché sembrerà di essere dentro un aereo precipitato nella giungla. I rami circondano le camere, gli animali vivono in simbiosi con i visitatori e l’hotel si trova tra gli alberi, a poca distanza dal mare.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Roma è celebre anche per le sue fontane, posizionate in centro alle imponenti piazze della città. Sono moltissime, alcune nettamente più belle di altre, ma talmente tante che sarebbe difficilissimo dire quali siano le più belle, perché magari nel conteggio alcune te le dimentichi. Tentiamo l’impresa impossibile, ecco le 5 fontane più belle della Città Eterna.
Le 5 FONTANE Più BELLE DI ROMA
Prima di partire con la classifica, non bisogna considerare le fontane romane come delle semplici strutture da cui fuoriesce dell’acqua. Piuttosto sono da pensare come scenografie urbane e ammirarle nella loro intera bellezza.
#1 La fontana di Trevi
Credits: @reikon08 Fontana di Trevi
La famosa e sempre piena fontana di Trevi è una delle fontane più belle di Roma. La più bella? Non si sa ma certamente la più conosciuta e la fama la rende in automatico quella considerata più bella. Un gioiello di acqua e di pietra voluto da papa Clemente XII nel 1732 e realizzata dall’architetto Nicola Salvi. Addossata a Palazzo Poli, la fontana è formata dal famoso bacino d’acqua pieno di monetine e desideri, una larga scogliera e una scultura imponente con al centro la statua del dio Oceano. Il nome Trevi deriva da regio Trivii, riferito alle tre vie che confluiscono nella piazza o ai tre sbocchi d’acqua della fontana.
#2 La Fontana dei Quattro Fiumi
Credits: @ gius.petrarca Fontana dei quattro fiumi
Secondo posto per la Fontana dei Quattro Fiumi in Piazza Navona e realizzata dal Bernini. Rio de la Plata, Gange, Danubio e il Nilo personificati in una scultura capolavoro del barocco. La realizzazione della fontana è stata anche protagonista di una disputa tra due delle famiglie romane più importanti dell’epoca nonché tra i due grandi artisti: Bernini e Borromini.
#3 La Fontana della Barcaccia
Credits: @ ig_rome Fontana della Barcaccia
In piazza di Spagna, ai piedi della Scalinata di Trinità dei Monti, c’è un’altra delle fontane più belle di Roma, del Bernini, ma non del grande Gian Lorenzo bensì del figlio Pietro. Su commissione di Papa Urbano VIII, il progetto della fontana doveva andare a camuffare il problema che l’acquedotto dell’Acqua Vergine avesse una pressione troppo bassa per permettere i classici zampilli o cascate delle fontane. Pietro Bernini decise quindi di realizzare una scultura che facesse sembrare la fontana una barca immersa nell’acqua.
#4 La fontana delle Tartarughe
Credits: @ isamuko Fontana delle Tartarughe
La fontana delle Tartarughe è considerata da molti una delle più belle della Città Eterna, nonostante non sia imponente quanto quella di Trevi, ad esempio. Si trova in pieno centro, in Piazza Mattei ed è stata voluta dallo stesso duca Mattei.
Alla base della sua realizzazione c’è una storia molto romantica: si dice che il duca volesse dimostrare la sua potenza al padre della donna amata facendo costruire proprio la meravigliosa fontana davanti alle sue finestre, tutto in una sola notte. Leggenda o realtà, la fontana fu costruita da Giacomo della Porta e rappresenta 4 fanciulli che aiutano le tartarughe ad entrare nel catino superiore.
#5 La Fontana del Moro
Credits: @_passionphoto_nature_ La Fontana del Moro
All’estremità di Piazza Navona, c’è la Fontana del Moro, realizzata inizialmente da Giacomo della Porta ma poi modificata da Gian Lorenzo Bernini. La fontana si trova davanti al palazzo Pamphilj. Al centro del bacino d’acqua c’è una scultura, realizzata da Giannantonio Mari su progetto del Bernini, raffigurante un moro che stringe tra le mani la coda di un delfino, la cui testa fuoriesce dalle gambe della statua.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il piacere di entrare in una libreria, chiedere consigli al libraio e sedersi su una poltrona per sfogliare un potenziale acquisto è un’usanza che a Milano non ha mai smesso di essere viva e vegeta. Alla faccia dei kindle, degli audiolibri e di tutte quelle forme di sostituzione del mondo dell’editoria che hanno sì scalfito, forse piegato, ma mai del tutto abbattuto i libri cartacei.
A Milano alcune piccole librerie hanno purtroppo chiuso ma le maggiori, soprattutto quelle aperte con lo scopo di supportare un determinato tema, sono più che in forma. Andiamo a vederle insieme.
Esoterica, Fumetto, Antiquaria e le altre LIBRERIE a TEMA più BELLE di Milano (Mappa)
# Libreria Esoterica Ecumenica, un incontro tra religioni
credits: @libreriaesotericamilano IG
La libreria Esoterica del Gruppo Anima si trova dietro Piazza Missori, praticamente nel ventricolo di Milano, ed è considerata, come si può intuire dal nome, un punto di riferimento per letture spirituali. La libreria nacque molti anni fa e, per l’esattezza, è giunta alla terza generazione.
L’idea venne a Calogero Falcone, un pastore protestante che fu chiamato da Trieste per insegnare alla facoltà Biblica di via Festa del Perdono, a due o trecento metri a piedi al massimo da Missori, e la libreria aprì nel 1968. Nel 1982, finito da poco il Concilio Ecumenico voluto da Papa Giovanni III, Falcone intuì l’esigenza di sfruttare il momento storico per creare la prima libreria ecumenica, che nasceva appunto con l’intento di favorire l’incontro e il confronto con le religioni.
Fu così che la Libreria Esoterica divenne l’unica libreria, fino a quel momento, nella quale si potevano trovare testi cattolici, protestanti ed ebraici. Nel 2014 anche la Libreria Ecumenica di piazza San Babila si unì a quella Esoterica di Piazza Missori e oggi, ai clienti che arrivano dall’Italia e dall’estero, si presenta con il nome congiunto con cui la conosciamo noi milanesi.
# Libreria dello Sport, un libro per ogni disciplina
credits: @libreriadellosport IG
Ovvero, la prima libreria italiana specializzata nello sport. Presso questa libreria sita in via Carducci 9, ci sono testi e libri fotografici che abbracciano praticamente tutte le discipline sportive. Oltre 17000 titoli per numerosi sottotemi, fra i quali i maggiori sono la medicina sportiva, la scienza dello sport, la fisiologia e la biomeccanica degli esercizi fisici, la psicologia, l’alimentazione e la legislazione sportiva. E naturalmente la storia dello sport, dal Barone di Coubertin allo Sheffield Wednesday, da Walter Clopton Wingfield a James Naismith e così via.
# Libreria Antiquaria, sopravvissuta alla seconda guerra mondiale
credits: @heracles_symposium IG
Fondata da Paride Malavasi, la libreria aprì nel 1940 in via Santa Tecla con l’insegna Libreria Malavasi e nei suoi quasi ottanta anni di storia sopravvisse ai bombardamenti della seconda guerra mondiale per poi accompagnare i lettori di Milano e d’Italia negli anni del progresso e del boom economico, passando per gli anni di piombo e arrivando fino ai giorni nostri. Nel 1975 la barra di comando viene raccolta dai figli di Paride: prima Maurizio, poi Sergio e Sandra, che mantengono la vocazione della libreria nella sua pura essenza.Fiore all’occhiello, il catalogo tomi XVI-XVIII secolo.
Inoltre, tra le varie librerie di Milano, i Malavasi sono stati tra i pionieri in Italia nel costruire un archivio elettronico, dove viene raccolto il lavoro bibliografico relativo al catalogo e alle giacenze.
# La Borsa del Fumetto: libri, dvd e altro ancora
credits: @roccomancini IG
Nella centralissima via Panfilo Castaldi, riconoscibile a centinaia di metri grazie alle storiche insegne rosse e gialle, troviamo la Borsa del Fumetto, ergo, uno dei primi negozi di comics in Italia a ospitare incontri per gli appassionati del genere. All’ingresso chiedono di lasciare eventuali borse negli armadietti appositi, dopodiché si può girare in libertà tra gli scaffali straripanti di albi.
In vendita c’è di tutto: fumetti italiani e non, manga, supereroi, pubblicazioni di case editrici indipendenti oltre che delle grandi firme del settore. E naturalmente, come contorno di questo gustoso piatto letterario si possono trovare dvd di animazione giapponese, gadget, card e libri di cinema, illustrazione e grafica. Bonus: su richiesta effettuano servizio di prenotazione e ricerca numeri e arretrati introvabili. Per tutti, ma non per la Borsa del Fumetto!
# Il salotto letterario della Libreria dello Spettacolo
credits:@spiderbibi IG
Se è vero che The Show Must Go on, è altrettanto vero che la Libreria dello Spettacolo di Via Terraggio non è semplicemente uno spazio libri, bensì un vero e proprio salotto letterario degno dei caffè della Belle Époque parigina, affollato in maniera meravigliosamente caotica da tomi, testi e volumi di qualunque tipo. Musica, Danza, Teatro e Cinema sono le quattro branche in qui si snoda il ricchissimo catalogo di questo esercizio a due passi dal Bar Magenta. Clienti storici della Libreria sono volti noti di ieri e di oggi come l’attore e doppiatore Alberto Lionello (scomparso nel ’94) l’eclettico Paolo Rossi e udite udite anche François Truffaut. Almeno stando a quanto ammesso dalla titolare (nonché scrittrice) Maria Cristina Spigaglia.
Come sempre ora la parola è vostra, amici lettori di Milano Città Stato. Siete mai stati in una di queste librerie o ne avete altre che avreste volentieri citato? Siamo qui per leggere i vostri preziosi commenti.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il blog Urbanfile alza la voce riguardo le pessime condizioni di vie e edifici del centro storico di Milano. Da piazza del Duomo fino al Castello Sforzesco sono molti i problemi da risolvere. Ecco il reportage del degrado.
La SCIATTERIA tra Duomo e Castello. La DENUNCIA di Urbanfile
# La sciatteria e il degrado tra piazza del Duomo e piazza Cordusio
Credits Urbanfile - Degrado e sciatterie da Duomo a Cordusio
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Credits Urbanfile - Portici settentrionali
Credits Urbanfile - Dissuasori Duomo
Credits Urbanfile - Degrado Cordusio Dante 1
Credits Urbanfile - Degrado Cordusio
Credits Urbanfile - Monumento Parini
Il disordine e il degrado è purtroppo abbastanza frequente in città e non di rado in pieno centro. Le problematiche sono sempre le solite e sembra che l’amministrazione comunale faccia fatica a risolverle: arredo urbano sporco, disastrato o sottoposto a scarsa manutenzione, oggetti abbandonati, tag e graffiti e in generale pulizia non sempre adeguata.
Partendo da piazza del Duomo si possono notare:
gli edifici dei portici settentrionaliin uno stato pietoso e urgenti di cura e restauro;
i new jersey, posizionati nel periodo di massima allerta per gli attentati terroristici, ricoperti di tag e non ancora sostituiti dai “milomat”, i pilomat di design installati sinora solo in qualche via;
i cartelli stradali, necessari e non, ricoperti di scritte e adesivi;
arrivando in piazza Cordusio la situazione non migliora con l’aggiunta di un selva di panettoni messi alla rinfusa e il monumento dedicato al Parini tra la sporcizia.
# La situazione tra via Dante e il Castello Sforzesco
Credits Urabnfile - Degrado da via Dante al Castello Sforzesco
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Credits Urbanfile - Dehor via Dante
Credits Urbanfile - Dissuasori via Dante
Credits Urbanfile - Dehor verso Largo Cairoli
Credits Urbanfile - Via Dante
Credits Urbanfile - Piante secche e motorini
Credits Urbanfile - Asfalto e disordine
Credits Urbanfile - Mancata manutenzione arredo e libreria con tag
Credits Urbanfile - Pali della luce
Credits Urbanfile - Totem Expo fuoriuso
Proseguendo il reportage da via Dante fino a piazza Castello si riscontra la stessa situazione di incuria a cui si aggiungono altre criticità. Ecco le principali:
nei dehors di bar e ristoranti lungo via Dante sono stati utilizzati “sistemi di copertura da orto, totalmente fuori luogo in una via che dovrebbe essere elegante e monumentale”;
a questi si aggiungono i dehors raffazzonati realizzati con delle strutture improbabili;
diversi blocchi di pietra della pavimentazione sono divelti e non mancano i soliti orrendi new jersey come protezione dall’accesso dei veicoli;
i motorini parcheggiati ovunque e spesso autorizzati con linee di posteggio dove non dovrebbero essere;
le grandi piante in vaso secche perché senza un minimo di cura;
da largo Cairoli troviamo quasi sempre asfalto e oggetti di arredo urbano in sovrannumero, eccessiva palificazione e lampioni da aree industriali e indegni della capitale del design;
arrivando in piazza Castello, in attesa della riqualificazione, ci si trova di fronte a una zona quasi abbandonata con arredo urbano malconcio, scarsa pulizia e i totem installati per l’Expo 2015, mai entrati in funzione, che giacciono in disuso, sporchi e pieni di graffiti.
La mancanza di cura e attenzione di tutte queste cose, che sono piccole se prese singolarmente, trasmettono un’immagine complessiva di sciatteria e degrado che la città non merita. L’amministrazione comunale dovrebbe capire che la bellezza di Milano passa anche dal mantenimento e l’ordine di quello che c’è già e non solo da quello che verrà realizzato in futuro.
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Milano offre numerose alternative per le giornate di pioggia, ma perché rinunciare ad una gita fuori porta? Il brutto tempo rende ancora più affascinante alcune piccole località come queste.
3 GITE FUORI PORTA con il brutto tempo a Milano
#1 Consonno: la città fantasma
Credits: anto1993_, IG – Consonno, Olginate
Partiamo dalla città fantasma: Consonno, una cittadina abbandonata frazione del comune di Olginate (Lecco), è passata da borgo rurale a città dei divertimenti, tra gli anni ’60 e gli anni ’80 diviene una piccola Las Vegas italiana.
Abbandonata, ha subito anni di degrado e vandalizzazione, oggi viene visitata da aspiranti fotografi e street artist che decorano i muri dell’hotel in stile arabesco e le macerie di quelle che una volta erano attrazioni per turisti annoiati.
Arrivare in questo borgo diroccato con la pioggia e camminare nelle pozzanghere garantisce un’esperienza soprannaturale, le nuvole conferiscono un’aura di mistero al luogo. La spettralità è accentuata dal contrasto con i colori che si stagliano sulle pareti dei ruderi.
Un’altra meta che grazie alla pioggia assume un’aria misteriosa e tetra che la rende affascinante è la piccola cittadina di Crespi d’Adda. Ex cittadina operaia, Crespi d’Adda è stato per anni il simbolo della nascita della nuova industria in Italia. Adesso si presenta come un reperto storico con le sue case tutte uguali degli operai, costruite seguendo l’esempio inglese, la villa padronale dei signori Crespi e la fabbrica abbandonata, attorno alla quale girava la vita di tutta la città.
Altrettanto interessante è il cimitero, corrispettivo della città con l’imponente cappella Crespi circondata da piccole lapidi tutte uguali. L’Unesco ha inserito Crespi d’Adda all’interno della World Heritage List nel 1995 e con la pioggia, le nuvole e il freddo che rendono l’atmosfera di abbondono ancora più visibile, diventa un posto ancora più affascinante.
Una meta più allegra, che ricorda la potenza sforzesca è invece la Rocca di Soncino, voluta da Galeazzo Maria Sforza nel 1473 in sostituzione dell’antica rocca posta più a sud. Non ci troviamo più davanti ad una struttura degradata ma ad un’imponente fortezza dalla cui entrata trasuda il potere dei suoi vecchi padroni.
Il castello, perfettamente conservato assume grazie alle nuvole nere una forza minacciosa, che lo rende incredibilmente affascinante, e se dovesse iniziare a piovere, i suoi ampi porticati permettono la visita al suo interno senza inzupparsi. Tutto intorno il borgo medievale, che si può ammirare tranquillamente da sotto l’ombrello in cima alle mura della rocca.
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Ci sono un leone, un ippopotamo e una giraffa che cenano tranquillamente all’ombra di un grattacielo, ma non è la trama di un film d’animazione. Ecco la storia dello zoo di Milano.
Quando ai Giardini di Porta Venezia c’erano LEONI, TIGRI e un ELEFANTE
# Si entrava da via Manin
street view googlemaps – Ingresso Zoo Via Manin
I giardini Montanelli di oggi, una volta erano uno spazio completamente diverso, popolato di tanti animali esotici. Era lo Zoo civico, voluto nel 1923 dagli amministratori di una Milano che si apprestava a far parte del regime fascista, gli animali sottratti dal loro ambiente naturale e portati in città per il pubblico divertimento di bambini e adulti. L’ingresso era da Via Manin e, per chi è milanese da poco, racconteremo oggi la storia di una Milano che esiste solo in bianco e nero, che molti sanno ma pochissimi ricordano
# Le gabbie delle belve feroci
Credits nontiperdere.com – Leone
Una volta entrati dalla biglietteria, era possibile addentrarsi nel parco grazie ad ampi viali o vialetti sterrati, disegnati dal Piermarini. Le attrazioni erano animali selvatici chiusi nelle loro gabbie, che si ammiravano per lo più annoiati. Già pasciuti e nutriti ad intervalli regolari dalle “guardie dello zoo”, ai bambini si presentava lo spettacolo di un leone sempre accasciato sul selciato, rinchiuso in una gabbia con le sue leonesse.
Si racconta che fosse talmente infastidito dagli schiamazzi dei piccini, che avesse imparato a fargli plin-plin addosso. Vicino ai leoni c’era la tigre e lo spettacolo meraviglioso dei colori e maestosità della sua pelliccia, era completamente annullato dalla nevrosi di cui soffriva, che costringeva l’animale a camminare ansiosamente avanti e indietro nei pochi metri a disposizione del recinto diurno.
Lo spettacolo offerto era opposto per alcuni spettatori: c’era chi diventava matto e chiedeva a tutti i familiari a disposizione di accompagnarlo allo Zoo una volta a settimana, oppure c’era chi veniva portato allo zoo per divertirsi, ma si intristiva ancora di più davanti alle belve che di feroce non avevano più nemmeno l’istinto. Le gabbie sono visibili ancora oggi, trasformate in lavoratori didattici.
# Gli orsi
Credits nontiperdere.com – Orso polare
I famosi orsi milanesi. Non è una battuta di cattivo gusto, gli orsi erano famosi sul serio. Anche loro rinchiusi in una gabbia, avevano a disposizione una piscina, piastrellata con il mosaico azzurro. Quando le scolaresche si avvicinavano, i bambini facevano un lungo “ooh” e la risatina di chi scopre che l’animale vero era così diverso dall’orsetto di peluche con quale si addormentavano la sera e, soprattutto, che avesse una piscina personale nella sua casetta
# Le foche
Credits barcrim IG – Vasca delle foche zoo di Milano
Prima della gita scolastica allo zoo, le maestre spiegavano alle classi le differenze tra i vari animali, facendo immaginare l’habitat in cui gli animali dovevano trovarsi per la loro sopravvivenza. Le foche dovevano stare nell’acqua, ovviamente, ma allo zoo nuotavano in una piscina azzurra e la vista era, per certi versi, divertente. Sono animali molto belli, allegri e festosi, ma dopo averli visti su un atlante geografico intenti a pescare in ammollo su uno scoglio, vederle in piscina strappava un sorriso. La vasca delle focheè ancora oggi uno degli elementi dei giardini Montanelli rimasto come allora.
# Bombay, la star assoluta dello Zoo
Credits propertieslife.it – Bombay
La star assoluta dello Zoo di Milano era l’elefantessa Bombay. Ad orari preposti lei e il suo istruttore offrivano agli spettatori dello zoo uno spettacolino. Bombay veniva agghindata con un paio di occhiali bianchi giganti, sapeva riconoscere i cubi di legno numerati e colorati, che l’istruttore chiamava ad alta voce. Bombay strappava applausi e simpatia. Quando è morta è stata imbalsamata e messa nel vicino Museo di Storia Naturale, in un diorama che riproduce la savana.
# La giraffa e l’ippopotamo
Gironzolando nello zoo si incontravano le scimmiette che si spulciavano tra di loro, così come la splendida giraffa, elegante col suo lungo collo e molto mansueta. Si faceva tranquillamente accarezzare dai visitatori e, ogni tanto, la si poteva trovare intenta a “leccare” la parte alta della sua gabbia. In un’altra vasca c’era l’ippopotamo. Ognuno usciva dalla visita allo zoo con le proprie preferenze sugli animali appena incontrati.
# La chiusura nel 1992
Il civico Zoo dei giardini di Porta Venezia è stato chiuso nel 1992, a seguito di molte istanze animaliste che – nel mondo – hanno portato alla progressiva chiusura di queste strutture, o alla radicale trasformazione in parchi tematici, con animali liberi e le cui visite sono escursioni in ambienti molto grandi e protetti. Gli animali vivono così in condizioni più dignitose e meno ristrette delle gabbie di una volta e, forse, è meglio così. Il leone, la giraffa e l’ippopotamo dell’inizio della storia, che cenavano all’ombra del grattacielo Pirelli, oggi hanno lasciato il posto e qualche traccia nel parco che è stato il primo parco pubblico di Milano, lì a Porta Venezia. Il vecchio zoo ha lasciato il posto ad uno “nuovo”. Adesso, però, la curiosità è grande: qual è il vostro animale preferito?
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Nella Costituzione Sovietica erano consentite tutte le libertà fondamentali: la libertà di parola, di espressione, di riunione, di manifestare. C’era però una condizione a tutte queste libertà. Che fossero esercitate “in conformità con gli interessi dei lavoratori e allo scopo di consolidare il regime socialista”.
È evidente che i diritti fondamentali non possono essere subordinati a una condizione perché questo li svuota di qualsiasi valore.
Se si prende la Costituzione Sovietica sembra infatti che altri principi ispiratori siano i medesimi di quelle dell’Occidente “libero”. Ad esempio, come la sovranità in Italia è assegnata al popolo, nell’Unione Sovietica “Tutto il potere nell’URSS appartiene ai lavoratori della città e della campagna” (art.3). Potere che in Italia è delegato al Parlamento, in Unione Sovietica al Soviet dei deputati.
La differenza tra le costituzioni degli stati democratici moderni e quelle degli stati totalitari è semplicemente la condizionalità dei diritti che, in quanto fondamentali, dovrebbero essere assoluti e incondizionati.
Viceversa, in questo periodo storico assistiamo all’introduzione della condizionalità dei diritti, avvicinandoci pericolosamente alle posizioni sovietiche e portandoci nell’orbita della visione della società tipica di uno stato totalitario.
Affermare, ad esempio, che la libertà individuale sia condizionata alla sicurezza della collettività significa di fatto non avere più una libertà. Così come affermare che si ha diritto di aggregarsi per assistere a una manifestazione sportiva ma non per manifestare per determinati motivi politici.
In generale ritenere che i diritti individuali possano essere condizionati a uno scopo o a un interesse superiore, che viene stabilito dall’autorità dello Stato, significa che in qualunque momento ogni persona solo perché ritenuta potenzialmente lesiva per gli altri (fatto inconfutabile), potrebbe essere imprigionata o perfino eliminata.
Che è esattamente l’approccio degli stati totalitari, come avviene ad esempio in Cina.
Uno stato totalitario o dittatoriale non si manifesta nella percezione dei suoi cittadini o nella rappresentazione che viene data dall’autorità che lo governa. Bensì da questo punto.
Se in un Paese è ritenuto possibile limitare qualunque diritto individuale in nome di un interesse collettivo si tratta di uno stato totalitario.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Piccole ed efficienti, comode ed economiche, è così che potremmo definire le mini-case. Comprare case molto piccole, magari mobili così da poter girare il mondo senza dover pagare gli hotel, dove poter riscoprire gli spazi abitativi sta diventando ormai una moda, che sta spopolando in tutto il globo. Se poi costano anche meno di uno scooter, il gioco è fatto!
La MINI CASA di DESIGN che costa come uno SCOOTER
# É il processo di costruzione che fa il prezzo
Credits: msn.com benishells
“Benishell” è una casetta dal tetto a forma di conchiglia costruita, cito The Spruce, “usando un processo che è simile alla fabbricazione di una base per palloncini di cartapesta“. Sì perché per fare le “benishells” basta creare una struttura d’acciaio tondeggiante sulla quale si versa il calcestruzzo e la casa è pronta. Sarà forse questo procedimento che le fa costare così poco? Quasi sicuramente sì, anche perché, se non si era capito, le “benishells” costano veramente poco, meno di uno scooter, circa 3000 euro l’una.
Un sistema di produzione pratico, economico ed efficiente. Inoltre, la forma del tetto rende le casette molto resistenti agli urti, quindi si potrebbe dire che le “benishells” possono sopportare anche terremoti o eventi atmosferici estremi.
# Benishells: da case-rifugio al mercato delle mini-case
Credits: esquire.com benishell
Inizialmente queste mini-case sono state costruite per ospitare i senzatetto, delle sorta di case-rifugio, ma alla fine non hanno ospitato solo loro. Sono state usate anche come aule di emergenza e ora sono entrate ufficialmente nel mercato delle mini-case. Piccole sono piccole e hanno tutti i comfort tipici delle mini-case, non gli manca niente. E poi concedono anche un po’ di privacy e permettono di entrare in contatto con la natura, questo soprattutto grazie ad una veranda molto ben progettata.
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Sarà un quartiere smart e ecosostenibile con tutti i servizi essenziali a 10 minuti, supportato da un’infrastruttura digitale gestire la produzione e i consumi di energia, il cibo locale e l’uso condiviso degli spazi comuni. Scopriamo le caratteristiche e i rendering di questo incredibile progetto.
Tutto in pochi passi: svelato il QUARTIERE del FUTURO. Ecco dove sarà costruito
# A Seul sorgerà un nuovo quartiere smart e ecosostenibile con tutti i servizi essenziali a 10 minuti a piedi
Credits wax & virgin lemon - Project H1
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Credits Wax & virgin - Vista boulevard commerciale Project H1
Credits wax & virgin lemon - Piazza vista dal basso Project H1
A Seul, in Sud Corea, nascerà un nuovo quartiere dove tutti i servizi essenziali saranno disponibili al massimo in 10 minuti a piedi. Project H1, questo il nome scelto da UNStudio, prenderà il posto di un deposito ferroviario e un sito industriale per diventare un denso spazio urbano a uso misto, votato alla massima efficienza e praticità.
Credits UNStudio – Piattafforma Project H1
Un’infrastruttura digitale, sviluppata da UNSense, fornirà un’interfaccia per gestire la produzione e i consumi di energia, il cibo locale e l’uso condiviso degli spazi comuni. Si verrà a creare un vero ecosistema sostenibile con riutilizzo dell’acqua piovana e delle piante, produzione di acqua calda dal riciclo dei rifiuti, utilizzo di materiali che garantiscono la massima efficienza energetica, sistemi di raffreddamento di uffici e appartamenti attraverso lo sfruttamento dell’acqua di irrigazione e spazi per l’agricoltura idroponica.
# Il masterplan ispirato a una foglia
Credits UNStudio – Vista area Project H1
Il masterplan del quartiere si ispira a una foglia, ma non è solo questo l’elemento della natura a caratterizzarlo. Il benessere è infatti al centro del progetto e le attività all’aria aperta saranno accolte e circondate da una rete di giardini, parchi e tetti verdi, secondo il principio del “paesaggio produttivo”: ci saranno pareti per l’arrampicata e piste da corsa.
# La struttura del quartiere: due zone connesse da tre piazze
Credits UNStudio – Vista area Project H1 suddivisione aree
Il quartiere sarà suddiviso in due zone a diversa densità messe in connessione tra di loro da tre piazze principali. Una zona ospiterà otto torri residenziali, con spazi terrazzati dedicati al divertimento, allo shopping e a programmi culturali, l’altra avrà aree commerciali e business, con un hotel, residenze pensate per il co-living, spazi di coworking e un modello di ufficio che combina le caratteristiche di una casa e di un hotel, chiamato “officetel”.
Credits UNStudio – Livelli del quartiere Porject H1
Ci sarà un’ampia offerta di servizi di trasporto in sharing, che si muoveranno prevalentemente sotto il piano strada eccetto biciclette e monopattini, a cui si aggiungerà un nuovo collegamento ferroviario oltre alla fermata della stazione metropolitana già presente a pochi minuti a piedi dal quartiere.
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Credits Il Sole24ore - Vaccinati per fascia d'età Lombardia
Gli ultimi dati sulla vaccinazione in Lombardia. La percentuale di vaccinati in alcune delle fasce meno a rischio di conseguenze per il Covid-19 è più alta rispetto ad altre più a rischio. Il Comune di Milano è al terzultimo posto per vaccinati tra le città capoluogo della Regione. Vediamo la fotografia della campagna vaccinale.
Lombardia. I VENTENNI si sono VACCINATI PIÙ degli ultra SETTANTENNI
# Meno del 5% i ventenni senza vaccino: solo gli ultra ottantenni si sono vaccinati di più
Credits Il Sole24ore – Vaccinati per fascia d’età Lombardia
La campagna vaccinale in Regione Lombardia prosegue a ritmi elevati, si è raggiunta la soglia dell’87%, quasi 3 punti oltre la media nazionale. In base agli ultimi dati disponibili al 19 novembre 2021 si evidenziano però alcune curiosità tratte da Infolab Il Sole 24ore:
#1 Ventenni e Ottantenni si sono vaccinati più di tutti
Il numero più evidente è il 91,97% di persone completamente vaccinate tra i 20 e 29 anni, una delle fasce meno a rischio per le conseguenze del Covid-19 e quindi con un rapporto rischi-benefici negativo in relazione al vaccino. L’unica fascia d’età in cui la copertura è maggiore, al 96,37%, è quella degli over 80, mentre tutte le altre si trovano a una percentuale inferiore, persino quella dei settantenni con il 91,94%.
Considerando la percentuale dei vaccinati con almeno una dose tra i ventenni la differenza con le altre fasce è ancora più marcata, si arriva al 95,27% e quindi a poco meno di 2 punti da quella degli ultraottantenni, più di 3 punti rispetto a quella dei settantenni e dai 10 ai 16 punti percentuali in più rispetto a tutte le altre fasce in cui sono comprese persone con un’età maggiore di 29 anni.
#2 Adolescenti e quarantenni i meno vaccinati
La fascia 30-39 ha più vaccinati di quella successiva, 40-49, l’84,01% contro l’82,13%. Una differenza di due punti percentuali che aumenta contando i cittadini con una sola dose si arriva rispettivamente all’86,53% e all’83,92%;
Nella fascia di età 40-49 la copertura vaccinale con almeno due dosi o con la monodose è superiore solo alla fascia 12-19 e di appena 7 punti percentuali, che scendono a meno di 5 contando solo una dose somministrata.
#3 Milano è terzultima per percentuale di vaccinati tra le città capoluogo lombarde
Credits Infolab Il Sole24ore – Completamente vaccinati per comune in Regione Lombardia
NelComune di Milano è vaccinato completamente il 78,33% della popolazione, una percentuale che posiziona la città al terzultimo posto tra gli enti capoluoghi di provincia della Regione Lombardia. I dati nel dettaglio:
la città con la più alta percentuale di cittadini che hanno ricevuto entrambi le dose o il vaccino monodose è Pavia con l’84,18%, a seguire Lodi con l’83,84% e Bergamo con l’82,41%;
sopra quota 80% c’è anche Lecco, Monza, Brescia e Sondrio rispettivamente con l’82,04%, 81,28%, 81,27% e 80,63%;
sotto questa soglia troviamo Varese con il 78,52%, Cremona con il 78,39%, Milano con il 78,33%, Mantova con il 77,58% e ultimo Como con il 77,50%;
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Entro il 2030 tutti i veicoli italiani saranno interconnessi. Nel tratto milanese della A4 si testa la mobilità intelligente e se ne intravede il futuro.
L’AUTOSTRADA del FUTURO: nel tratto milanese dell’A4 si testa la prima interconnessione bidirezionale
# Anche le autostrade si fanno smart
Credits Ness.Sk – Smart Mobility
La visione del futuro è composta da “cose intelligenti“. Dopo che i dispositivi di comunicazione “smart” sono diventati delle vere e proprie protesi degli esseri umani, diventano smart anche le case, le auto, le scuole, grazie ad una fitta rete di connessioni wi-fi e interconnessioni tra mille dispositivi diversi che parleranno tra loro. Perché dovrebbero essere escluse le autostrade?
# Milano cambia comunicazione da “one-to-many” a “all-to-all”
Credits Anas- Autostrade intelligenti
Le autostrade fanno parte integrante della vita di tutti gli abitanti, pertanto faranno parte del processo. Queste arterie di spostamento diventeranno intelligenti, connesse e sostenibili, in grado di dialogare con i veicoli in transito, sentinelle di sé stesse per allertare gestori e viaggiatori in transito di ogni minimo cambiamento rispetto alla normalità.
Milano è già nel futuro, grazie al test in corso nel tratto Arluno-Rho della A4 in entrambe le direzioni di marcia. Il progetto si basa sulla piattaforma Emeras, che è in grado di supportare l’interconnessione e la cooperazione in tempo reale tra tutte le parti in transito (infrastruttura e utenti) in maniera bidirezionale, cambiando per sempre il paradigma di comunicazione “one-to-many” odierno in “all-to-all”. In questo scenario comunicativo aperto, operatori e utenti si scambieranno informazioni real time tramite Emeras e il risultato sarà un traffico ottimizzato, minor numero di incidenti, code ed emissioni tossiche
# Il test in A4 tra Arluno e Rho
Credits corriere – Traffico autostradale
Il test è stato eseguito tra Arluno e Rho grazie ad una Golf con tecnologia “Car2X” integrata, grazie al supporto di Volkswagen in collaborazione con ASTM Group, quindi presentato in un incontro alla PWC Tower. Il piano di comunicazione tra Emeras e la Golfha attivato immediatamente un piano di risposta attraverso messaggi geolocalizzati, avvisando il veicolo, quindi il conducente a bordo, di anomalie lungo il percorso. Il raggio di azione dell’interconnessione, arriva alla prossimità di 800 metri, abbastanza per avvisare il conducente che c’è una coda o un pericolo davanti o dietro a sé, geolocalizzando l’anomalia, in modo da far intraprendere la strada alternativa migliore e la decisione più giusta.
Ciò è reso possibile proprio dall’integrazione della tecnologia CAR2X, oggi già disponibile su diversi modelli di auto del gruppo tedesco, che ha intenzione di investire 27 miliardi di Euro entro il 2025. Man mano che cresce il numero dei veicoli dotati di questa capacità connettiva, si stima di abbattere tutti i parametri che oggi sono difetti delle autostrade. “Le auto sono sempre più device su ruote e sempre più connesse tra loro, con l’infrastruttura e l’ambiente circostante. I potenziali benefici in termini di sicurezza, sostenibilità e user experience sono evidenti, così come è evidente il ruolo cruciale del software” afferma Massimo Nordio, che di Volkswagen è Vice President Group Government Relations and Public Affairs.
# Previsioni per il futuro
Credits it.motor.com – crusotto del futuro
In questo momento si tratta di una sfida tecnologica che gli automobilisti si augurano venga vinta. Le previsioni entro il 2030, infatti, parlano di milioni di veicoli che circoleranno in strade e autostrade in maniera sempre più interconnessa con ogni aspetto della vita delle persone. Solo il gruppo tedesco stima in circa 40 milioni i propri veicoli, dotati di questa tecnologia, in circolazione in Europa – circa 3 milioni solo in Italia, sugli attuali oltre 51 milioni di veicoli). Lo scenario apre non soltanto a fornire una soluzione tecnologica alla sicurezza stradale, ma anche, come dichiara Massimo Nordio “a nuovi scenari di business, supportando efficacemente l’integrazione totale con i centri di controllo del traffico.”
Il futuro? Per quanto riguarda questo specifico settore, sono le auto a guida autonoma. Quelle a cui impartire il comando: “Cià, dem a càa che sunt strac”. Che ne dite, chiediamo ai produttori di smart-automotive di implementare il milanese nel pacchetto software?
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Il Ventennio fascista è una pagina molto oscura della nostra storia. È stato scritto tanto a riguardo e al di là dei giudizi e al di là di un certo revisionismo, è innegabile che quel periodo abbia segnato la nostra storia macchiandola di crimini con i quali, ancora oggi, ci ritroviamo a fare conti e chissà ancora per quanto.
Il binario della VERGOGNA di Stazione Centrale
# Il legame indissolubile con il FASCISMO
Milano e il fascismo sono indissolubilmente legati da un filo molto stretto. Basti pensare che i Fasci di Combattimento sono nati qui in Piazza San Sepolcro, la sede del giornale “Il Popolo d’Italia” aveva la sede in via Lovanio 10, il teatro Lirico è stato luogo dell’ultimo discorso di Mussolini e infine la città è piena di palazzi e costruzioni di quel periodo, tra queste la Stazione Centrale.
Il nostro viaggio nella storia si svolge proprio qui da dove le persone partivano, alcuni per ragioni di lavoro, per vacanza e alcuni andavano incontro a un terribile destino. La destinazione erano i campi di concentramento e il binario da cui partivano era sempre lo stesso.
# Il fiore all’occhiello del regime fascista
credits: @stazionemilanocentrale IG
La stazione Centrale di Milano fu costruita negli anni venti del secolo scorso e fu attivata in piena era fascista nel 1931. La sua architettura (un misto di liberty e art decò) fu il fiore all’occhiello del regime grazie alla sua facciata in marmo che si estendeva per ben 200 metri, per la celebre galleria delle carrozze da dove, poi, si saliva in stazione per partire, la biglietteria centrale e per la tettoia composta da cinque volte in ferro e vetro che copre i ventiquattro binari. Tra essi, nei pressi del Binario 21, l’imponente Sala Reale (purtroppo raramente aperta al pubblico).
# Il binario della morte
Allo scoppio del conflitto e in particolar modo nel biennio 43/45, i vagoni della stazione non sono più frequentati da semplici viaggiatori, ma purtroppo anche da ebrei, partigiani e dissidenti politici che sono stati prelevati con la forza dal regime. Portati in Stazione Centrale al Binario 21 dove li aspetta un treno con molti vagoni diretto verso i diversi campi di concentramento nazisti che già da anni portavano avanti un progetto mostruoso chiamato Soluzione Finale che prevedeva l’eliminazione totale degli ebrei.
Pochissimi sono tornati vivi.
# Il binario è diventato un memoriale della Shoah
credits @___.wandergypsy.___ IG
Oggi quel binario tristemente famoso è diventato un museo, un memoriale dedicato alla Shoah. Nel 2002 viene presentato il progetto nato dalla collaborazione delle Ferrovie dello Stato, del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, dell’Associazione Figli della Shoah, della Comunità Ebraica di Milano, dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e dalla Comunità di Sant’Egidio.
Finalmente nel 2010 la posa della prima pietra e due anni dopo viene inaugurato alla presenza di Mario Monti, Giuliano Pisapia, Roberto Formigoni, Guido Podestà, Mauro Moretti e soprattutto Liliana Segre (una delle sopravvissute) che portò una testimonianza molto cruda della situazione dell’epoca.
# L’unico a essere rimasto intatto
credits: @wee_art_tour IG
Il sito del mausoleo fu riportato al suo aspetto originario senza troppi recuperi moderni, probabilmente questa scelta fu dovuta dopo l’intervento dello Yad Vashem (l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah d’Israele) perché nella tradizione ebraica l’ordine di ricordare è categorico.
Il binario non si trova all’interno dell’attuale stazione, ma bisogna costeggiare il suo lato destro, arrivare in via Ferrante Aporti e, una volta giunti, ci troviamo di fronte all’ingresso del memoriale, costruito laddove venivano portati i prigionieri che salivano sopra a dei carri e, grazie a un montacarichi, giungevano al binario. La direzione non era mai certa e al tempo pochi avevano sentito parlare di Auschwitz, Mathausen-Gulsen, Bergen-Belsen o Dachau.
# Il silenzio assordante all’interno del mausoleo
credits: @flay020469 IG
Le operazioni si svolgevano con estrema segretezza e per questa ragione non è stato possibile ricostruire con precisione il numero esatto delle persone portate al Binario 21. All’interno però troviamo:
· La Sala delle Testimonianze dove si possono osservare oggetti appartenuti ai prigionieri.
· Il Muro dei Nomi dove sono riportati i pochi nomi riconosciuti.
· Il Monolite, una sorta di prisma lungo 14 metri sopra il quale vengono proiettati video interattivi e touch screen inerenti alla tragedia della Shoah.
· Il Binario della Destinazione ignota, una banchina originariamente utilizzata per il carico e scarico dei vagoni postali: attraverso un carrello traslatore e un monta vagoni avveniva il sollevamento dei carri al livello del piano dei binari. Sempre qui troviamo venti targhe con date e destinazioni dei convogli.
· Il Luogo di Riflessione, una sala a forma tronco-conica con diametro di circa 10 metri con una panca circolare sul perimetro, che consente il raccoglimento dei visitatori. Non vi sono simboli religiosi, ma solo una luce diretta verso Gerusalemme.
Infine, si arriva al punto principale del memoriale, il cosiddetto Binario 21, laddove tutto si è compiuto e tutta la tragedia appare in tutte le sue sfaccettature. Il silenzio è “assordante”, ma entrando pare ancora di sentire le urla e le sensazioni di paura e smarrimento dei prigionieri.
Scrivendo quest’articolo, le parole possono essere tante, ma vorrei terminare qui citando Primo Levi: “É successo, può succedere ancora”.
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