Credits andreaslodewijkschmidt IG - Porta Venezia M1
Dopo la serie di violenze e vandalismi su bus e metrò le istituzioni intervengono: si passa da un Comitato e si arriva… a un Tavolo. Ecco l’obiettivo di questo nuovo soggetto.
AGGRESSIONI sui MEZZI: la MONTAGNA della POLITICA partorisce un TOPOLINO
# Il protocollo di intesa per fermare le aggressioni sui mezzi pubblici
Credits Arianna Censi FB – Firma protocollo Comune – Esercito
“Prima pagina, venti notizie – ventuno ingiustizie e lo Stato che fa – si costerna, s’indigna, s’impegna – poi getta la spugna con gran dignità”. Una storia già scritta e già cantata da De André quella che è accaduta a Milano. Nelle ultime settimane in città si è registrata un’escalation di episodi di molestie, vandalismi e furti, avvenuti a bordo di tram, bus e metropolitane, a carico di conducenti e passeggeri.
Porta Venezia, Gorla, circolare 90/91, zona Navigli e piazza Ohm, sono solo alcuni siti cittadini dove hanno avuto luogo i fatti criminosi. Dopo che i sindacati hanno alzato la voce (“Le aggressioni al personale Atm non si contano più, non si può arrivare ad avere paura di uscire dalla cabina“, scriveva la Rsu in un volantino) è arrivata la prima risposta, pronta e decisa, delle istituzioni: un protocollo di intesa. Parafrasando Maria Antonietta, il popolo ha paura, gli si dia un Protocollo. Che di fatto ha sancito che i militari possono “viaggiare gratuitamente sulla rete del trasporto pubblico cittadino per garantire maggiore sicurezza e rispetto delle norme”.
Ma questo tempestivo Protocollo non ha dato gli esiti sperati. La prefettura in una nota ha confermato la situazione effettivamente si stava facendo sempre più calda: mentre dal 2009 al 2019 è stato registrato un costante e cospicuo decremento delle aggressioni, negli ultimi due anni invece sono aumentati gli atti vandalici, soprattutto su bus, tram e filobus, e le liti anche violente fra i passeggeri o fra passeggeri e personale Atm.
# Il Comitato prefettizio per l’ordine e la sicurezza dà vita ad un tavolo tecnico. Riuscirà questo nuovo soggetto a frenare le violenze?
Credits andreaslodewijkschmidt IG – Porta Venezia M1
Per arginare il fenomeno le istituzioni cosa fanno questa volta? Creano un Tavolo tecnico. Un comitato (Comitato prefettizio per l’ordine e la sicurezza) che dà vita ad un tavolo (“Tavolo tecnico dedicato, coordinato dalla questura, a cui prenderanno parte rappresentanti dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia locale e della stessa security di Atm”).
La mission di questo Tavolo? Garantire il migliore coordinamento operativo e per una analisi più tempestiva e costante delle criticità. Riuscirà questo nuovo soggetto a frenare aggressioni, furti e atti vandalici sui mezzi? Lo scopriremo solo vivendo. Al massimo il Tavolo, generato ma non creato dal Comitato, potrà dare alla luce un nuovo attore, diciamo che potrebbe essere una Commissione. Figlia del Tavolo e nipote del Comitato.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Una mostra porta all’attenzione l’affermazione sociale della donna all’interno di una comunità antica, in cui le donne sono al centro di una corrente pittorico-artistica significativa. Ecco dove.
A Milano arrivano le DONNE VENEZIANE del CINQUECENTO
# La donna al centro
Sylvia Ferino porta a Palazzo Reale a Milano una mostra in cui grandi autori del Cinquecento rendono omaggio alla donna rendendola il centro della loro produzione artistica. Dopo numerosi libri dedicati al tema, che evidenziano come la Venezia Cinquecentesca fosse la società che dimostra il cambiamento della concezione femminile nell’arte rappresentativa, questa mostra porta a Milano la passione della Serenissima per la figura femminile. La tappa inaugurale della mostra è stata il Kunsthistorisches Museum di Vienna, da cui sono state trasferite numerose opere. A Palazzo Reale la mostra ha luogo tra il 23 febbraio al 5 marzo, è prodotta da Milano-Cultura e Skira, insieme al museo e la Fondazione Bracco.
Il soggetto della mostra sono le donne nella società Veneziana, in cui le donne avevano un ruolo di risalto nel Cinquecento. Questa visione femminile era una conseguenza del cosmopolitismo di una cultura internazionale, caratterizzata dalla conoscenza di diverse lingue, dalla pratica di diverse religioni e anche maggior rispetto dell’aspetto umano. All’interno di questa società la donna aveva ruolo di rilievo, nonostante non possedesse un ruolo pubblico, essa, a qualsiasi ceto appartenesse poteva occuparsi di poveri e malati, grazie al sostegno delle parrocchie. Un altro fatto che affermava il ruolo di rilievo della donna era che a Venezia poteva disporre liberamente della propria dote.
Nonostante il ruolo che ricoprivano, queste donne sono rappresentate da un punto di vista maschile: gli autori sono infatti Tiziano, Giorgione, Palma il Vecchio, Lorenzo Lotto, Veronese e altri. Le donne soggetto della mostra sono tutte rappresentate belle, ingioiellate, eleganti e scollate, non certo rispettando il pensiero politicamente corretto del 2022. Ma per Tiziano la donna rappresenta la parte migliore della creazione, così come per gli altri pittori, che la celebrano rendendole omaggio attraverso rappresentazioni di bellezza e decoro, creando autostima nella figura femminile, mettendo in discussione l’autorità maschile attraverso la promozione del movimento querelles des femmes, partito a Venezia alla fine del Cinquecento.
Oltre ai quadri nella mostra a Palazzo Reale la donna viene rappresentata anche attraverso sculture, gioielli e altri esempi di arte decorativa, tutti mettono in risalto il ruolo libero e attivo nella società della donna a Venezia unito alla sua bellezza intrinseca.
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A Milano cambierà la mobilità. Se ne parlava già da un po’ e si aspettava solo l’approvazione, arrivata ora dal Consiglio Comunale con 28 voti favorevoli e 12 contrari. Con l’obiettivo di diventare una città sempre più green e “carbon neutral”, lunedì 21 febbraio è stato approvato dal consiglio comunale di Milano il “piano aria e clima”. Il progetto che trasformerà la mobilità milanese potrà avere inizio. Ma cosa prevede questo Piano aria e clima?
Nuove ztl, niente diesel e città a 30 all’ora: a Milano CAMBIA la MOBILITÀ con il “Piano Aria”
Gli obiettivi prefissati si dovranno portare a termine tra il 2022 e il 2050 e la sfida finale è quella di far diventare Milano una città a zero emissioni. Obiettivo molto ambizioso, quasi utopico, ma rimane che la città vuole impegnarsi per essere sempre più sostenibile.
# L’approvazione definitiva
Credits: @milanoguida BAM
Il Piano Aria e Clima era già nel cassetto del Comune di Milano da qualche tempo e, dopo il 10 gennaio scorso quando è stato presentato nella sua totalità, lunedì è stato accettato definitivamente dal consiglio comunale. Il Piano si divide in 5 macro-aree di intervento (salute, connessione e accessibilità, energia, adattamento ai cambiamenti climatici e consapevolezza) e prevede una transizione ecologica della città.
Il Comune specifica che il piano è stato ideato partendo dal voler garantire la salute ai propri cittadini attuali e futuri, per questo si è sottolineata l’esigenza di un cambiamento. Come riportato dal Comune, si vuole migliorare la qualità della vita dei milanesi e per farlo bisognerà passare “dall’abbattimento delle emissioni inquinanti al raggiungimento della neutralità carbonica, passando per il contenimento dei rischi legati al cambiamento climatico, la valorizzazione dell’economia circolare e sostenibile sino all’adozione di stili di vita consapevoli e responsabili. Azioni sistemiche e sinergiche rivolte a tutti i cittadini con una particolare attenzione a chi è più fragile per età, situazione socio-economica e stato di salute”.
# Nuove Ztl e una città a 30 km/h
auto parcheggiate (pixabay)
Alcuni degli interventi previsti dal Piano Aria sono già noti ai milanesi, tra questi la volontà di trasformare Milano in una città ciclopedonale, una cosiddetta città a 30 km/h. Per raggiungere questo obiettivo, a partire da ottobre 2022, si inizierà a impedire l’accesso in città alle auto diesel Euro 5. Sempre per ottenere una città a 30 km/h verranno create nuove Ztl, aree a traffico limitato, in particolare in quelle zone considerate “sensibili”. Un esempio sarà favorire la realizzazione di accessi privilegiati a pedoni, bici e monopattini nelle aree vicine a scuole e ospedali.
Credits: pixabay.com, Beeki
Sempre rimanendo in tema auto, l’obiettivo è anche quello di scoraggiare l’utilizzo di mezzi privati e di diminuirne l’uso entro il 2025. Per farlo, tra le idee del Piano Aria e Clima, c’è quella di togliere i parcheggi gratuiti e trasformare alcune aree cementate adibite a parcheggio in spazi verdi.
# Verso la riduzione di emissioni CO2
Le scuole avranno un ruolo molto importante nel Piano. Per ridurre del 45% le emissioni di CO2 entro il 2030, il Comune prevede l’installazione di 60mila mq di pannelli fotovoltaici sui tetti di scuole, case popolari e uffici. In più si vogliono controllare gli impianti termici delle case private, portando i cittadini a scegliere impianti sempre più moderni e sostenibili.
Sempre per contrastare l’innalzamento della temperatura della città, si ridurranno le isole di calore inserendo più spazi verdi e depavimentando alcune aree. Per questi obiettivi ci si affiderà a progetti già avviati come ForestaMi, ovviamente implementandoli.
# Un’azione non più procrastinabile
Il Piano Aria e Clima è essenziale e la transizione ecologica della città non può più essere rimandata. Lo sa il Comune vedendo i nuovi limiti dei livelli di inquinanti imposti dall’Oms, ma lo sanno anche i cittadini sempre più attenti all’ambiente.
Milano cambierà davvero dopo il Piano Aria e Clima?
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Stanziati 1,6 miliardi per il prolungamento della terza linea metropolitana della capitale. Ecco fino a dove si estenderà e gli sviluppi futuri.
La LINEA C di ROMA riprende la MARCIA: le NUOVE FERMATE in arrivo
# In arrivo 1,6 miliardi dal PNRR per il prolungamento della Linea C
Credits geordie_7272 IG – Stazione Metro C
Nell’ambito dell’evento “PNRR e risorse nazionali quale impatto per Roma” il Ministro Giovannini ha confermato lo stanziamento di 1,6 miliardi di euro per il prolungamento della terza linea metropolitana della capitale, relativamente alla tratta T2 Venezia – Clodio.
Queste risorse fanno parte dei 3,7 miliardi destinati alle metropolitane nelle città italiane dall’art. 1 co. 393 della Legge Finanziaria 2022 che entro la fine del mese di febbraio verranno attribuite ufficialmente tramite un apposito decreto ministeriale. Per la tratta T2 sono 1,7 i miliardi di euro stanziati complessivamente, contando i 140 milioni messi a disposizione nel 2014 per la realizzazione della stazione Venezia. Questi fondi non bastano però per l’intera tratta, servirebbero 2,5 miliardi, ma per dare avvio ai cantieri della sub tratta comprendente la sola stazione Venezia.
Entro la fine dell’anno, grazie al finanziamento di un’intera tratta della metropolitana di Roma dopo 10 anni, dovrebbe esserci la cantierizzazione della stazione Venezia mentre l’avvio dei lavori per la restante tratta T2 è previsto entro il 2023, previo cofinanziamento di Comune e Regione e il necessario risanamento di Roma Metropolitane.
La nuova tratta si estenderà per circa 4 km e avrà 5 nuove fermate: Venezia, Chiesa Nuova, San Pietro, Ottaviano e Clodio/Mazzini. La realizzazione del prolungamento fino alla stazione Farnesina è ancora da definire in quanto servono ulteriori 700 milioni di euro, che potrebbero essere inseriti nelle finanziarie dei prossimi anni.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Francesco Langiulli. Pugliese di nascita, milanese di adozione. Esperto di comunicazione, fotografo, motociclista: circolano sul web i suoi viaggi in solitaria per le strade del mondo. Ha fondato Milano Panoramica, ama guardare Milano dall’alto.
Francesco LANGIULLI: “la mia Milano avrà più LUCE e BELLEZZA”
Francesco Langiulli
La cosa che ami di più di Milano?
Tante opportunità, tanti aeroporti, siamo al centro del mondo e non basta una vita sola per conoscere tutti gli aneddoti e luoghi nascosti.
Quella che invece ti piace di meno?
Da pugliese sono cresciuto con la cultura che i locali commerciali, negozi di abbigliamenti, ferramenta, panettieri, qualsiasi attività commerciale resta aperta fino alle 22 e chiude tra le 13 e le 16. Questo è un modo per rendere sempre viva la città anche nelle ore buie. Da quando vivo a Milano, circa 15 anni, mi sono accorto che dopo le 18 in alcuni quartieri, anche del centro storico, si percepisce quella sensazione di coprifuocoche nelle città del sud Italia non c’è. La stessa sensazione la percepisco dei paesi dell’hinterland.
Il tuo locale preferito?
Il Carlsberg, accogliente, si mangia qualsiasi cosa e ci sono talmente tanti posti a sede che spesso anche senza prenotare si trova posto. Nonostante le centinaia di coperti il servizio è sempre velocissimo.
Credits: @ferri_silvia_e_luna Carlsberg Ol
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Fotografare e conoscere gente.
fotografare (da pixabay)
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Luci a San Siro, ma solo perché ho visto un centinaio di volte il film “3 uomini e una gamba” ahah
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Andando in moto direi il lago di Como, il Ticino.
lago como, milano
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Realizzare qualsiasi mio sognonel cassetto.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Gambara, è stato il mio primo quartiere di Milano dove ho abitato.
Credits: cavourimmobiliare.it
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Montagnetta di San Siro, quando ho scoperto come fosse “nata”
montestella
Il quartiere che ami di più?
CityLife / Ravizza
Credits bigbuilds IG – Citylife
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Serve piùsicurezza in questa città, non possiamo permetterci scorribande che arrivano dall’hinterland libere di fare quello che vogliono, Milano è una città che merita rispetto. Servono punizioni, anche piccole, per far rispettare le regole.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Sono assolutamente d’accordo.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Una città sul mare e giovane come Valencia.
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Li utilizzerei non per grandi opere ma per sanare tutto ciò che è brutto alla vista, c’è ancora tanto degrado nell’arredo pubblico e non tanto nelle periferie, a Milano tanti quartieri moderni vengono curati meglio di tante vie del centro storico.
Francesco Langiulli
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Preservare la sua bellezza, preservare la qualità della vita senza costi aggiuntivi, altrimenti sarà una città per soli ricchi come molte metropoli mondiali dove il divario tra ricchi e poveri è molto evidente.
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Un amico ci ha raccontato che a causa di un passaggio di proprietà di una banca online gli si è interrotto l’utilizzo della carta di credito e a catena si sono verificate una serie di cose che hanno paralizzato la sua vita. Non è stato più in grado di guardare la posta perché aveva attivato l’espansione dello spazio di gmail automaticamente sulla carta, non riusciva più ad acquistare su Amazon per lavoro, non funzionava più paypal e, ovviamente, non poteva prelevare soldi né fare la spesa.
Questo ci ha ricordato un altro episodio accaduto in Francia due anni. Si era smagnetizzata la carta di credito e non potevamo più fare benzina. Fortunatamente avevamo dei contanti perché altrimenti saremmo rimasti bloccati sulla costa della Normandia.
Due esempi che dimostrano quanto siamo fragili perché abbiamo messo la nostra vita in mano a servizi virtuali privi di qualunque contatto reale, soprattutto umano, in cui spesso è impossibile contattare qualcuno per avere chiarimenti su quello che è successo.
Anche per questo molti di noi si sono fortemente allarmati alla decisione di Trudeau di congelare i conti correnti dei manifestanti canadesi. Azione esercitata senza processo contro persone che fino a prova contraria sono innocenti. E che dovrebbe essere un giudice, non certo un uomo politico, dopo un giusto processo, a decidere se è stato compiuto un illecito e quale deve essere la pena.
L’automazione tecnologica orientata a massimizzare i profitti insieme a questa ondata di autoritarismo illimitato che si sta diffondendo nel mondo moderno stanno portando ognuno ad essere totalmente dipendente da meccanismi incontrollabili che possono bloccare completamente la vita delle persone senza alcun motivo.
Forse i lockdown che abbiamo subito, in cui di colpo a ognuno di noi è stata tolta la libertà perfino di uscire di casa senza aver compiuto alcun misfatto, potrebbe essere non un avvenimento incidentale bensì una metafora di una nuova era in cui siamo entrati. Un’era in cui tutto di noi, dai beni materiali allo stesso corpo, è in mano di altri.
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Un movimento silenzioso diffuso nelle strade di Milano. I No Passante, quelli che il passante non lo hanno mai preso. E non riescono a immaginarselo neanche. Queste le ipotesi che circolano tra chi non lo frequenta.
I NO PASSANTE: come ci immaginiamo il passante noi che non l’abbiamo mai preso
# “Dubitiamo della sua stessa esistenza”
Alcuni di quelli che non hanno mai preso il passante dubitano perfino della sua esistenza. Forse perché in alcune fermate è in coabitazione con la Metro, forse perché in certe zone è talmente deserto da fare invidia alle distese di sale del Nevada. Tra di loro gira voce che proprio come il Molise il Passante ferroviario non esista ma sia solo una manovra di marketing per fare sembrare più estesa la linea metropolitana milanese.
# “Non riusciamo a concepire che un treno possa passare sottoterra come una metropolitana”
il treno che passa sotto Milano. Credit: Repubblica Milano
Una delle meraviglie agli occhi di vede il passante per la prima volta. Sembra come una metro salvo vedere l’arrivo di un treno vero invece di quello della metropolitana. Con trambusto e sferragliare assordante. Se è un treno dovrebbe partire da Centrale, Garibaldi o Lambrate, se è una Metro al massimo potrebbe fare spola fra Porto di Mare e il Duomo, o fra QT8 e Molino Dorino. Ma i suoi creatori lo sapevano bene, e per confondere i No Passante non lo hanno chiamato né Metro né treno. Bensì, appunto, Passante.
# “Deve essere un universo di persone stranissime”
gente sul passante
Chi non lo ha mai preso si può scordare i passeggeri tipici di Metro e treni regionali o nazionali. Sul passante si può trovare di tutto. E chi non c’è stato si immagina personaggi al limite della fantasia. Forse a ragione.
# “L’idea che sia tipo una funivia, piccola, corta”
Chi lo immagina come qualcosa di più simile a una funivia che a un treno. Breve, con corse avanti e indietro. E poi ci sono anche dei No Passante che lo identificano come un mezzo fatto apposta per trasportare le persone fuori dai confini urbani. Riescono a concepirlo come un treno di sola andata, senza fermate, per la terra di nessuno.
# “Non riesco a immaginare il passaggio da fuori a sottoterra”
Credits: en.wikipedia.org S9
Il momento in cui il treno si infila sottoterra è un’altra delle immagini che i no passante non riescono a rappresentare nella mente. Si apre un buco, si casca in una voragine o la discesa è più dolce, a poco a poco? Così come l’opposto. Che effetto può avere scendere per prendere un treno sottoterra e vedere poi la luce? C’è l’idea che i binari di una ferrovia dovrebbero essere in piano, o quasi. Ma non scendere sottoterra.
# “L’idea inconcepibile che possano arrivare sullo stesso binario treni per diverse direzioni”
Ecco un altro caposaldo del movimento No Passante. Nella metro ogni linea ha il suo treno e il suo binario. Mentre nel caso del passante no. Sullo stesso binario scorrono treni che possono poi andare in direzioni diverse e bisogna fare attenzione a dove si sale. Sulla metro al massimo si può sbagliare diramazione, qui si può finire dalla parte opposta della Lombardia.
# “Dalla metro al passante è come scendere all’inferno…”
Per i no passanti abituati alla metro, il passaggio al passante nella stessa stazione assomiglia a una discesa agli inferi. Si vedono allontanarsi persone che non si vedranno mai più, spesso rifornite di bagagli e borse come se dovessero affrontare un viaggio infinito. Tutto il contrario della metropolitana, insomma. Il luogo degli incubi sono le fermate divise a metà fra Metro e Passante (come ad esempio Milano Repubblica o Garibaldi): per prendere quest’ultimo bisogna fare un’infinità di scale mobili ripide e minacciose, al cui fondo pare esserci un buco nero.
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Il Paese è il secondo più grande inquinatore marino al mondo dopo la Cina. Per questo si è impegnata a ridurre i rifiuti di plastica nelle sue acque entro il 2025. Vediamo come.
La città dove si paga il BUS con i rifiuti di PLASTICA
# Il problema della plastica
Credits: pixabay
L’Indonesia è uno stato del Sud-Est asiatico a cavallo dell’Equatore, che divide l’Oceano Indiano da quello Pacifico, composto da 17.000 isole e popolato da 275 milioni di abitanti, il quarto più popolato al mondo dopo Cina, India e Stati Uniti.
Per la sua posizione è fortemente soggetto alle precipitazioni monsoniche, sia provenienti dall’Asia che dall’Oceania.
Tutte questa caratteristiche contribuiscono ad una situazione critica nelle acque indonesiane, letteralmente invase dai rifiuti di plastica, complice la scarsa sensibilità della popolazione alle tematiche legate all’inquinamento ambientale che interessa anche i corsi d’acqua interni.
A Gennaio 2021, alcuni abitanti hanno trascorso un fine settimana sulle più famose spiagge di Bali per ripulirle dai rifiuti accumulati a riva dai monsoni. Il risultato sono state 90 tonnellate di detriti al 70% costituiti da materiale plastico.
Nel novembre 2018 è stata trovata una balena morta all’interno del Parco Nazionale di Wakatobi con 6 chilogrammi di plastica nello stomaco.
Il Governo Indonesiano ha preso coscienza dell’emergenza che inquinamento che sta colpendo il Paese e ha avviato dei programmi volti a ridurre del 70% i rifiuti di plastica negli oceani entro il 2025 azzerandoli nel 2040.
Per farlo sta agendo su 2 fronti, da un lato si sta cercando di limitare l’utilizzo di materiali plastici vietando, ad esempio, l’utilizzo di cannucce e sacchetti di plastica, dall’altro sta cercando di agire sulla sensibilizzazione della popolazione circa l’importanza di raccogliere e riciclare la plastica in modo adeguato.
In quest’ottica rientra l’iniziativa avviata nella città indonesiana di Surabaya, popolata da circa 3 milioni di abitanti che ha introdotto un incentivo unico al mondo.
A Surabaya c’è la possibilità per i cittadini di scambiare la spazzatura con biglietti di viaggio per gli autobus.
L’amministrazione ha messo a disposizione 20 autobus quasi nuovi, ciascuno con cestini per raccogliere i rifiuti permettendo alle persone di ottenere un viaggio di 1 ora con 3 bottiglie grandi, 5 bottiglie piccole o 10 bicchieri di plastica.
Il risultato è stato molto incoraggiante, con sempre più persone impegnate a raccogliere rifiuti che prima venivano lasciati a bordo delle strade o dentro i corsi d’acqua, fino a 6 tonnellate inviate al riciclo ogni mese.
Offrire viaggi gratuiti in cambio di comportamenti responsabili ha dato modo alle autorità di educare la popolazione sull’importanza del riciclo e dall’altro di incentivare l’utilizzo di mezzi pubblici con il risultato secondario di diminuire la congestione del traffico su gomma.
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Credits thelegendaryexplorer IG - Sobrino de Botin
Ha visto la Guerra dei Trent’anni, William Shakespeare, Galileo Galilei, la Santa Inquisizione e la Rivoluzione Francese. Sta avvicinandosi al mezzo millennio di vita. Ecco dove si trova e la sua affascinante storia.
Il RISTORANTE più ANTICO del MONDO
# Le prime notizie risalgono al 1590
Credits mia.in.madrid IG – Guinness Botin
Il ristorante più antico del mondo si trova a Madrid. Le prime notizie su di lui risalgono al 1590. A quell’epoca venne infatti edificato il palazzo che ancora oggi ospita il ristorante, conosciuto come Casa Botin, dove il proprietario decise di aprire un’osteria per viandanti.
Il Sobrino de Botin, questo il nome del ristorante, fu rilevato nel 1620 da Jean Botin, un giovane cuoco francese che decise di stabilirsi nella capitale rilevando l’antica osteria. La data ufficiale di apertura del ristorante, prima i clienti dovevano portarsi il cibo da casa e l’oste poteva solo vendere le bevande, è il 1725 quando un nipote della moglie di Botin aprì una taverna all’interno dell’edificio ristrutturandolo con l’aggiunta di un forno a legna presente ancora oggi.
# La trasformazione del ristorante fino alla conformazione odierna
Sobrino de Botin
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Credits thelegendaryexplorer IG - Sobrino de Botin
Credits enrique_mateu IG - Interno Botin
Credits marcy_poppy IG - Maialino al forno Botin
Agli inizi del XIX secolouna nuova ristrutturazione del ristorante destinò l’ingresso ed il primo piano all’accoglienza dei clienti mentre i piani superiori ad uso della famiglia. Durante i primi decenni del 1900 il Sobrino de Botin fu rilevato dalla giovane famiglia Gonzalez formata da Amparo, il marito Emilio ed i loro tre figli che trasformò il locale nella conformazione odierna. Tutti e 4 piani sono occupati dal ristorante, la struttura è stata preservata nel modo più fedele possibile all’originale, e viene offerta la tipica cucina tradizionale castigliana.
Ernest Hemingway ed Emilio Gonzalez, il nonno dei giovani proprietari attuali, erano molto amici a tal punto che lo scrittore chiese al proprietario del ristorante di insegnarli a cucinare la paella, ma senza risultato. Sempre Hemingway nel romanzo Fiesta cita il ristorante e le sue specialità, il maialino da latte al forno. Un altro personaggio, che diventò in seguito uno dei più riconosciuti pittori spagnoli, fu Francisco Goya che lavorò al Botin come lavapiatti prima di diventare un vero artista. Due assidui frequentatori del ristorante furono i celebri scrittori Truman Capote e Francis Scott Fitzgerald.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Come sono collegati gli aeroporti di Malpensa e Linate a Milano? Vediamo tutte le alternative possibili per arrivare negli scali milanesi.
MALPENSA e LINATE: come si RAGGIUNGONO da Milano?
# Treno e navette per arrivare all’aeroporto di Malpensa senza l’auto
Credits deliluna IG – MalpensaCi sono circa 50 km che separano il centro di Milano dall’aeroporto di Malpensa. La prima opzione da considerare è quella di arrivare allo scalo con l’auto propria o in taxi percorrendo l’A8 o l’A4 e poi la statale 336. In alternativa, se si vuole optare per il trasporto pubblico ci sono queste possibilità:
Malpensa Express: il servizio aeroportuale di Trenord che unisce il centro di Milano all’Aeroporto di Malpensa, 7 giorni su 7 e che mette in connessione diverse stazioni milanesi (Bovisa, Cadorna, Porta Garibaldi, Milano Centrale) con il Terminal 1 oppure con il Terminal 2 dell’aeroporto. Dalla Stazione Centrale parte un treno ogni ora, il primo treno per il Terminal 2 alle ore 5:37 e l’ultimo alle 22:37, per il Terminal 1 rispettivamente alle 5:43 e alle 22:43;
Navette bus in partenza dalla Stazione centrale, pullman di compagnie private che in circa 50 minuti portano i passeggeri a Malpensa con fermate sia al Terminal 1 che al Terminal 2. All’aeroporto, per spostamenti tra i due terminal, sono invece disponibili navette gratuite con frequenza di 20 minuti dalle cinque del mattino fino a mezzanotte.
# Per Linate anche auto in sharing e linea bus 73. Entro la fine dell’anno la M4
Credits: Andrea Cherchi – Milano Linate
Dal centro di Milano al city airport di Linate sono circa 10 km, una distanza sensibilmente più breve rispetto allo scalo di Malpensa. In alternativa all’auto privata e al taxi, chi vuole arrivare in auto ha a disposizione il servizio in sharing di Enjoy, Ubeeqo e Sharenow. Oltre a questo si può scegliere:
la linea urbana di autobus numero 73 del servizio ATM, con interscambio in centro alle fermate di Missori M3 e Duomo M1-M3, e operativa tutti i giorni dalle 05:23 alle 00:36.
le navette in partenza dalla Stazione Centrale, con cadenza oraria.
Dateo-Linate M4
Entro la fine dell’anno si aggiungerà un’altra opzione: la linea metropolitana M4 che arriverà direttamente dentro lo scalo, con prima fermata in città a Dateo FS, stazione del passante ferroviario, e altre quattro prima del capolinea.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Paul Pablo. Milanese con lo spirito newyorchese, innamorato della nostra città in cui ha aperto uno dei blog più seguiti, Nati per vivere Milano, specie per le foto e per i video on the street. Di sé dice che: “Nella vita ho sempre avuto molti interessi e non ho mai visto il mondo per com’è nella realtà, ho una mia visione molto personale delle cose…”. Vediamo la sua visione molto personale di Milano.
Paul PABLO: “la mia Milano avrà mezzi pubblici 24H e un GRATTACIELO da record”
Paul Pablo
La cosa che ami di più di Milano?
È l’unica città internazionale d’Italia, consente di vivere la propria vita in piena libertà, si percepisce di essere nel luogo più importante d’Italia, tutto arriva prima a Milano!
Ph. giannino nalin (pixabay)
Quella che invece ti piace di meno?
Che la metro chiuda a mezzanotte! Il servizio della metropolitana dovrebbe essere 24 ore su 24 e potenziato, la vedo la più grande risorsa per spostarsi in città senza usare l’auto.
Credits: trasportinfo.it – M1 Leonardo
Il tuo locale preferito?
Ce ne sono tanti, troppi, forse quello nel quale conservo più ricordi di vita è il Carlsberg OL Conca dell’Incoronata.
Credits: @ferri_silvia_e_luna Carlsberg Ol
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Ovviamente farefoto passeggiando.
Paul Pablo
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Oh mia bella Madunina.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
C’è qualcosa fuori Milano? Non mi ero accorto… ahaah diciamo, frequento poco il fuori città, dovessi proprio scegliere la vista da Montevecchia nei giorni in cui c’è particolarmente limpido, si vede la skyline di Milano davvero strepitosa!
Credits: @lauracarla.magni montevecchia
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Mi ha dato la possibilità di scoprire me stesso, di mettermi alla prova, di farmi sentire finalmente a casa.
Paul Pablo
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Penso che il 99% risponda come me Duomo: imprescindibile, è la fermata del cuore di tutti coloro che sono davvero affezionati alla nostra city.
Credits: joecrupier (Pixabay)
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Il palazzo a forma di castello in viale Monza, è stato proprio un grande quello che l’ha voluto e costruito!
Il quartiere che ami di più?
Sicuramente Porta Nuova, avere visto e vissuto la trasformazione di questo quartiere mi ha dato la prova inconfutabile delle potenzialità che ha la nostra città e rappresenta molto il mio ideale di quartiere.
Credits Andrea Cherchi – Porta Nuova vista grattacieli
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Qui ci sarebbe da aprire un capitolo infinito, provo a scegliere alcune cose: riqualificazione della zona della Stazione Centrale, dalla Stazione a via Vittor Pisani fino a Repubblica. La vorrei sicura, pulita, elegante e grandiosa come meriterebbe, potrebbe essere una delle passeggiate più belle di Milano, l’apertura di via Vittor Pisani e il tipo di architettura permetterebbero davvero di creare un ambiente unico al mondo.
Vorrei vedere finalmente Piazzale Loreto in una nuova veste, renderlo un po’ la Times Square di Milano, tecnologia e schermi ovunque. Corso Buenos Aires pedonale, con alberi al centro, sarebbe il più bel viale dello shopping del mondo.
Poi tanti, tanti ma tanti grattacieli, io li adoro, ne vorrei ovunque, soprattutto ne vorrei uno davvero altissimo, da record, impazzirei di gioia!
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Assolutamente favorevole!
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Beh ovviamente New York! Prima di tutto perché così potrei avvicinarmi a mia sorella che vive lì, poi perché davvero è una città che amo tanto e in cui mi identifico, in Europa invece sceglierei Barcellona.
New York (picography)
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Grattacieli, parchi, mezzi di ogni tipo per evitare l’uso delle auto, la renderei la città più futuristica del mondo!
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Auspico che si metta al primo posto la sicurezza dei cittadini, la cura dei quartieri, la riduzione drastica dell’uso delle auto in centro, che si possano avere mezzi pubblici 24 ore su 24 puliti e potenziati, che si possano vedere sempre più grattacieli e verde!
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Credits Andrea Cherchi - Porta Nuova vista grattacieli
Milano detiene il record per il maggior numero di grattacieli e torri residenziali in Italia come altezza. Non solo: detiene anche il primato per gli appartamenti più costosi, con prezzi al mq che superano anche i 18.000 euro. Vediamo le torri residenziali con le quotazioni più elevate.
I GRATTACIELI RESIDENZIALI più ALTI d’Italia: Milano al TOP ma QUANTO COSTA viverci?
# Il record: a Milano ci sono 6 delle 10 torri residenziali più alte in Italia. Prima la torre Solaria
Credits Andrea Cherchi – Torre Solaria
Milano è la città con più grattacieli in Italia, per definizione gli edifici di almeno 100 metri d’altezza: sono 17 contando la Torre Unipol in via di ultimazione, contro gli 8 di Napoli, i 5 di Genova e i 2 di Torino e Roma. Milano è al primo posto anche contando i palazzi alti più di 40 metri sia a destinazione uffici che residenziale o mista, arrivando a quota 71.
Facendo il focus sulle 10 torri più alte esclusivamente residenziali, secondo l’analisi di Abitare Co.1, 6 sono nel capoluogo lombardo con un’altezza media di 101 metri e 26 piani. La Torre Solaria in Porta Nuova è la più alta del nostro Paese con i suoi 143 metri e 37 piani, segue la Torre EuroSky di Roma con 120 metri, il Grattacielo di Cesenatico con 118 metri e al quarto posto in Italia e secondo a Milano per la sua altezza la Torre 1 del Bosco Verticale con 116 metri e 27 piani.
# Nel Bosco Verticale gli appartamenti più costosi d’Italia, possono superare i 18.000 euro al mq
credits: @katta8111 su IG
Sono molti i milanesi a desiderare di vivere in uno di questi grattacieli esclusivi, ma ovviamente sono a destinati a pochi eletti vista anche la continua crescita dei prezzi: nel 2021 sono aumentati in media del +8,5% rispetto al 2020 e variano sensibilmente in base al numero del piano. Tra il primo e il ventesimo, ad esempio, si deve spendere in media circa il 25% in più.
Le torri in assoluto più costose di Milano e d’Italia sono quelle del Bosco Verticale, la Torre 1 va da €14.500 a €18.100 e la Torre 2 da €13.500 a €16.500. A seguire le torri Solaria e Aria, sempre in zona Porta Nuova, rispettivamente con valori immobiliari da €11.200 a €16.200 a mq e da €11.200 a €14.500 a mq.
I primi posti di questa classifica italiana sono occupati tutti da edifici residenziali milanesi, al quinto posto c’è infatti Torre Monforte in via Mascagni con prezzi che variano da €9.500 a €12.500 a mq, anche non si può definire propriamente grattacielo in quando si ferma a 78 metri. Gli altri grattacieli italiani, tutti tra i primi dieci per altezza, hanno un costo al mq nettamente inferiore. Si passa dai 4.200 ai 6.600 euro necessari per un appartamento alla Torre Eurosky di Roma, ai 3.600 euro di quelli richiesti nel Grattacielo di Cesenatico, fino a un minimo di €1.100 a un massimo di €3.000 per un immobile nelle torri genovesi Elah e Sampierdarena.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits ParmaItaly - Primo progetto metropolitana Parma
La prima bozza del progetto del 2004 prevedeva tre linee e nel 2005 quello definitivo, prima di essere accantonato, aveva ottenuto anche parte del finanziamento. Vediamo il grande sogno sfumato di Parma per una rete di trasporto europea.
Il sogno in grande della METROPOLITANA di PARMA
# Il grande sogno di Parma
Credits: @vivoparma – Parma 2021
Ci fu un tempo, nei primi anni del nuovo millennio, in cui la vecchia grandeur di Parma volle rimettere la testa fuori dalla sabbia, a pieno diritto. Dopotutto la città, che fu piccola capitale dello splendido Ducato per centinaia di anni, veniva da una stagione fortunata, supportata da un decennio di grandi risultati calcistici del miracolo di provincia Parma FC. Qualcosa, però, non andò per il verso giusto.
# La diciottesima città d’Italia
Credits DEZALB-pixabay – Parma
Oggi Parma è una delle poche realtà in crescita d’Italia. La sua popolazione ha ormai raggiunto quella di Brescia, cosa che solo un ventennio fa sembrava impossibile. La splendida città emiliana, pur faticando a imporsi come meta turistica in un territorio che trasuda di attrazioni eccezionali come quello italiano, può vantare un palmarès di tutto rispetto.
Parlando d’arte, non si possono ignorare le strepitose testimonianze artistiche dell’Antelami (scultore medievale) nel Battistero, forse il più bello di tutto il paese. Oppure quelle del Correggio, nei suoi affreschi cinquecenteschi, di cui la città conserva tre assoluti capolavori: la Camera di San Paolo, la cupola della chiesa di San Giovanni Evangelista e la cupola del Duomo.
Questo è solo l’ABC, naturalmente: la città riserva tantissime altre curiosità a chi è appassionato di cultura, a partire dagli spettacoli di lirica nel Teatro Regio, che ogni anno omaggiano il maestro di casa Giuseppe Verdi con un festival a lui dedicato. Ultima eccellenza locale, ma una delle prime per importanza, è quella dei prodotti del territorio, dal Parmigiano Reggiano al prosciutto di Parma, dal culatello di Zibello alla spalla di San Secondo per finire col il salame di Felino; una ricchezza che sta trovando spazio anche nei bar della città, fortunatamente sempre più dediti alla promozione della tradizione gastronomica locale.
# Il primo progetto con 3 linee, di cui una diretta all’aeroporto
Credits ParmaItaly – Primo progetto metropolitana di Milano
La prima bozza del progetto del 2004 prevedeva addirittura tre linee. La terza avrebbe dovuto servire meramente l’aeroporto e la fiera, con un collegamento diretto fino alla stazione ferroviaria, un piccolo hub che negli anni è stata oggetto di una riqualifica a metà, avendo perso l’alta velocità a favore della nuova fermata Mediopadana in prossimità di Reggio Emilia, disegnata dall’archistar Santiago Calatrava.
Il Giuseppe Verdi, piccolo scalo aeroportuale di Parma, ha avuto a sua volta una vita travagliata. Inaugurato nel 1991, ha vissuto a lungo dei collegamenti stagionali con le isole, oltre a qualche sporadica linea delle compagnie low cost per le capitali europee. Attualmente rimane uno scalo secondario, non essendo riuscito a convogliare sufficiente traffico dal bacino d’utenza dei dintorni, penalizzato indubbiamente dalla relativa vicinanza di altri aeroporti più importanti (Linate, Bologna, Orio al Serio).
Anche la Fiera, trainata negli anni d’oro dal Cibus, il salone internazionale dell’alimentazione, ha visto nel nuovo secolo perdere ingressi in maniera sostanziale. Nessuna sorpresa, dunque, che a sparire dal grande sogno di Parma per prima sia stata la linea 3, verde come i bellissimi viali alberati che bordano il centro storico di Parma.
# La revisione in due linee
Credits ParmaItaly – La revisione del progetto metropolitana Parma
Una versione riveduta del progetto prevedeva solo le due linee superstiti. La linea 1, da nord a sud, che avrebbe dovuto collegare il parcheggio scambiatore posto in prossimità dell’uscita autostradale di Parma con il Campus universitario situato nella periferia ai margini della città, già in vista delle prime propaggini collinari emiliane.
La linea 2, si sarebbe dovuta intersecare con la primaper servire altre zone popolate della città a ovest e a est. La lunghezza delle tratte doveva essere simile: 12 chilometri per la linea 1 (blu), 10 per la 2 (rossa).
Erano previste solo alcune fermate interrate, in corrispondenza del centro cittadino, mentre la maggior parte del tracciato avrebbe dovuto scorrere in superficie. Cruciali in questo senso, per la linea 1 che a regime avrebbe dovuto trasportare circa 50mila passeggeri al giorno, si prevedevano essere le stazioni di Pace (in prossimità del complesso museale della Pilotta) e di Garibaldi, salotto cittadino, oltre a un paio di soste per servire il pittoresco quartiere dell’Oltretorrente, che come il nome suggerisce costituisce la porzione antica della città posta dall’altra parte del Torrente Parma. La linea 2, destinata a un bacino di passeggeri inferiore per più della metà, avrebbe avuto, tra le altre, le stazioni interrate dell’Ospedale (Gramsci e Abbeveratoia) e del Parco Ducale (Giardino).
# L’ultimo progetto con 1 sola linea
Credits ParmaItaly – Progetto definitivo
Ma anche la linea 2, i cui lavori avrebbero dovuto iniziare solo al completamento della prima linea, fu cassata dal progetto. Si arrivò dunque al progetto di una sola linea, la fatidica 1 dal tragitto particolarmente sinuoso, che oggi definiremmo quasi una M5 milanese ante litteram.
Grazie alla sponsorizzazione del ministro per le infrastrutture Pietro Lunardi, originario di Parma, nel maggio del 2005 fu deliberato il finanziamento di 210 milioni a fondo perduto. Ma per il grande sogno di Parma servivano molti altri soldi. Di conseguenza ben 96 milioni di euro avrebbe dovuto metterli il Comune di Parma, con la giunta di centrodestra di Ubaldi e Vignali, favorevolissima al progetto, in linea con le ambizioni cittadine dell’epoca. Una società costituita ex novo, la Metro Parma Spa, avrebbe avuto il compito di coinvolgere altri capitali privati. Sembrava proprio una di quelle storie a cui la politica italiana ci ha abituato da sempre: lo sperpero dei soldi pubblici.
# La revoca dei finanziamenti
I conti non tornano, però, praticamente da subito, una volta archiviati i brindisi commemorativi nei saloni degli hotel. Mentre i costi cominciano inevitabilmente a lievitare dalle prime ottimistiche previsioni, si fa finalmente largo l’idea che non sia la metropolitana il progetto adatto per la città di Parma. Il problema del traffico, naturalmente, esiste anche qui. La rete di autobus è particolarmente vecchia e lenta, e la maggior parte della gente si muove con l’auto privata.
Ma i costi di gestione di una rete metropolitana hanno bisogno di essere sostenuti dai numeri dei passeggeri, e a Parma ogni destinazione si può raggiungere facilmente in meno di mezz’ora, anche dall’altra parte della città. Prima del tramonto definitivo di un’idea epocale, qualcuno prova a rilanciare il progetto convertendolo in una tramvia di superficie, una soluzione che verrà attuata di lì a poco in città di dimensioni paragonabili a quelle di Parma (Padova, Cagliari), ma chi la propone ormai è sfiduciato, non ci crede più. Di comune accordo tra comune e governo, il finanziamento viene revocato definitivamente nel 2008, e con esso scompare forse per sempre l’ambizione di Parma di fregiarsi del titolo di città metropolitana.
# La voce dei cittadini
Ma in tutto questo teatrino politico, possibile che nessuno abbia mai pensato di chiedere l’opinione dei cittadini di Parma, i diretti interessati dal progetto? Oggi, a distanza di più di quindici anni, i favorevoli dell’epoca si trincerano dietro un no comment. Qualcuno invece soppesava con grande nonchalance i pro e i contro della questione, dimostrando l’apertura mentale di chi non nasce mai soggiogato da una posizione presa a prescindere. I contrari, che erano la maggioranza, sicuramente non avevano tutti i torti. Nei loro ricordi si alternano sensazioni vaghe, come quella di essere stati in mano a un progetto megalomane, quasi da Corea del Nord, oppure quella del sollievo da pericolo scampato una volta dimenticata in fretta la metropolitana. E adesso? In attesa che un giorno torni l’enfasi della Grande Parma, i parmigiani, refrattari a ogni dispendio che non sia quello delle bottiglie di spumante da bere alla Vigilia di Natale, possono continuare con la loro rilassata joie de vivre, ben consapevoli di non avere nulla da invidiare a nessuno.
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Credits: wikimedia by atul666 from Portland, USA - Mill Ends Park, CC BY-SA 2.0
Il parco più piccolo del mondo è abitato da folletti e attrezzato con piscina e trampolino per farfalle. Ma gli inglesi protestano: il parco più piccolo è il nostro.
Il “PARCO più PICCOLO del mondo” con i folletti e la piscina per le farfalle
# Un giornalista di ritorno dalla guerra…
Credits: peter bucks on Unsplash
Il giornalista Dick Fagan, di origini irlandesi, partecipò alla Seconda Guerra Mondiale in Europa. Al suo ritorno nella citta di Portland, nell’Oregon, tornò al suo precedente lavoro: il giornalista.
L’ufficio dell’Oregon Journal per cui lavorava si affacciava su una strada ampia e molto trafficata, l’odierna Naito Parkway, e la vista dal suo ufficio al secondo piano non era per nulla piacevole.
Osservò che un buco nell’asfalto in mezzo alla carreggiata, lasciato libero per installare un palo della luce, non veniva utilizzato a tale scopo. Giorno dopo giorno questo piccolo spazio ha iniziato a essere colonizzato da erbacce infestanti.
Decise quindi di prendere l’iniziativa e iniziare a curare quel piccolissimo spazio di terra piantandovi dei fiori.
Credits: Another Believer – Own work, CC BY-SA 3.0
Fagan raccontò per più di 20 anni dalle colonne dell’Oregan Journal la vita di un gruppo di folletti che si stabilirono in quel minuscolo pezzetto di terra costituendo l’unica colonia di folletti ad ovest dell’Irlanda, rendendo sempre più presente questo parco nell’immaginario collettivo della città.
Anche dopo la morte di Fagan, avvenuta nel 1969, il parco ha mantenuto la sua importanza venendo curato e arricchito con nuovi elementi, come una piccola piscina e un trampolino per le farfalle, alcune statue, una ruota panoramica e addirittura un disco volante.
Dal 1976, anno in cui il parco è stato dedicato a S.Patrizio, è il centro dei festeggiamenti della nota festa irlandese.
Nel Dicembre del 2021, a seguito dei lavori inseriti nel più ampio progetto Better Naito Forever del Portland Bureau of Transportation (PBOT), il Mill Ends Park ha subito uno spostamento di 15 centimetri verso ovest, per far spazio ad uno stallo per biciclette e ad un rinnovato marciapiede.
# 61 centimetri possono non bastare: il record contestato dagli inglesi
Credits: wikimedia, CC BY-SA 3.0
Il Parco, con i suoi 61 centimetri di diametro, è stato riconosciuto come il più piccolo al mondo dal Guinness World Record fin dal 1971.
Questo primato, però, è insidiato dalle istanze di una società di gestione sportiva dello Stafforshire, nel Regno Unito, che organizza la “corsa divertente più breve del mondo” intorno a Prince’s Park, Guinness World Records come parco più piccolo della Gran Bretagna.
La motivazione mossa dagli inglesi è legata al fatto che Mill Ends Park non possa considerarsi un vero parco, ma al massimo un “vaso di fiori glorificato”.
Al momento il riconoscimento al parco americano non sembra a rischio, forte dell’importanza che riveste nella vita dei cittadini di Portland e della sua centralità in molte manifestazioni ufficiali e di valore storico, come l’occupazione del movimento Occupy Portland nel 2011, oltre ad essere ufficialmente riconosciuto e manutenuto dalle istituzioni pubbliche come qualsiasi altro parco cittadino.
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Palazzo Contarini è uno degli innumerevoli gioielli racchiusi nella città di Venezia. Una curiosità che pochi conoscono lo rendono ancora più prezioso.
A Venezia c’è una SCALA da percorrere a CAVALLO
# Palazzo Contarini
Tra i mille luoghi incantati da visitare nell’antica città di Venezia, non può mancare Palazzo Contarini. E’ uno degli scorci da fotografare più belli di Venezia.
Credits: @gioiellinascostidivenezia(IG)
Si tratta di un edificio costruito prima del XIII secolo dall’architetto bresciano Matteo Raverti per Niccolò Morosini della Sbarra. Fu in seguito acquistato dalla famiglia Contarini “di San Paternian” come loro dimora intorno al 1400. La famiglia Contarini apparteneva all’aristocrazia veneziana e diversi Dogi provenivano da essa.
# La vista sulle comete
Credits: @gioiellinascostidivenezia(IG)
Il Palazzo gode di una posizione strategica: si trova infatti esattamente a metà strada tra Piazza San Marco e il Ponte di Rialto, rispettivamente il centro città per eccellenza e l’antico centro del commercio cittadino. Inoltre, nella seconda metà del 1800, grazie alla sua posizione sopraelevata rispetto alle costruzioni adiacenti, venne utilizzato per alcune importanti osservazioni astronomiche di Ernst Wilhelm Tempel.
E’ proprio qui che l’astronomo tedesco, armato di un telescopio Steinheil, riuscì a scoprire la cometaC/1859 G1 e la nebulosa delle Pleiadi.
# La torre con scala
Nel corso del tempo, le diverse famiglie proprietarie del palazzo, al fine di rendere Palazzo Contarini più prestigioso, decisero di far realizzare una serie di decorazioni e affreschi sull’edificio. L’aria particolarmente salmastra della laguna, però, finì per rovinare queste opere in poco tempo. Da qui nacque l’idea di realizzare una meravigliosa torre con scala. Il progetto non era tra i più semplici, in quanto la torre sarebbe stata inserita su un edificio già esistente che si sviluppava su diverse altezze. Con molta probabilità, il disegno della torre è da attribuire a Giovanni Candi, un artigiano locale.
# La leggenda sulla scala da percorrere a cavallo
80 gradini che si sviluppano con forma elicoidale attorno ad un unica colonna centrale
Altezza: 26 metri
Diametro: 4,7 metri
Materiale: Pietra d’Istria
Questi sono i numeri della Scala di Palazzo Contarini, che in poco tempo prese il nome di Scala Contarini del Bovolo (Il “bovolo” è la chiocciola, in dialetto veneziano).
Credits: @gioiellinascostidivenezia(IG)
Secondo la leggenda, Pietro Contarini fece costruire la scala non solo come un simbolo di potere, ma anche perché pare volesse raggiungere la sua camera da letto direttamente da cavallo. Grazie alla scala, il termine “bovolo” venne usato per indicare il ramo specifico della stessa famiglia Contarini.
# La Scala del Bovolo è visitabile
All’inizio del 1800, dopo l’estinzione della famiglia Contarini, l’edificio diventò l’Albergo “Del Maltese“. Infatti, il giardino di Palazzo Contarini alla Porta di Ferro viene chiamato ancora oggi “Corte del Maltese“.
Scala Contarini è aperta tutti i giorni dalle 08:00 alle 18.00. Con soli 7€ si può prenotare la visita on-line ed evitare così fastidiose code.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità
A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Maria Fratelli. Museologa, è stata Conservatore di Arte Moderna e Contemporanea e Responsabile della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Milano. Dirigente del Servizio Case Museo e Progetti Speciali del Comune di Milano e reggente del Servizio Musei Storici, è la direttrice della Casa Museo Boschi di Stefano.
Maria FRATELLI: “la mia Milano darà più attenzione alla QUALITÀ della VITA dei cittadini”
La cosa che ami di più di Milano?
Il fatto di essere una città “europea”
Quella che invece ti piace di meno?
Lo smog che le conferisce l’aspetto di città infelice nelle giornate grigie
credit: leggo.it
Il tuo locale preferito?
I bar libreria (per esempio Verso in ticinese e i bar ancora economici)
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Il cinema e i concerti
La canzone su Milano a cui sei più legato/a?
MA MI di Iannacci
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Le sue abbazie: Chiaravalle e Viboldone
Credits: borgodichiaravalle.org – Abbazia di Chiaravalle
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Oltre che incontrare mio marito, Milano mi ha dato il privilegio di lavorare per i suoi musei
Casa Museo Boschi di Stefano – Via Giorgio Jan, 15 – Buenos Aires
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Isola perché ferma davanti a Casa della Memoria
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
La sfilata dei re magi il 6 gennaio
Il quartiere che ami di più?
Ticinese
Credits decocinaelaprendiz IG – Ripa di Porta Ticinese
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Gli chiederei la maggiore attenzione possibile alla qualità della vita dei cittadini: è questa l’attrazione più ammirata dai turisti
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Venezia
Credits: 10cose.it
Se avessi due miliardi di euro per Milano che cosa faresti?
Terrei musei e luoghi della cultura aperti e gratuiti fino a tardi la sera
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Una città che resti umana e che lasci convivere in armonia le persone delle più diverse estrazioni sociali (in questa varietà si nasconde la vera creatività), offrendo a tutti la propria ritrovata bellezza.
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
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