Con l’aumento dei prezzi del carburante delle ultime settimane, tanti di noi hanno dovuto scendere a compromessi per arrivare a fine mese. La città di Milano si è dichiarata pronta a rispondere a questo cambiamento dei costi.
Il nuovo CAR SHARING ELETTRICO che collega le città della LOMBARDIA
# Un car-sharing FUORI DAL COMUNE
https://www.vaielettrico.it/
Il 21 marzo è stato presentato il nuovo progetto del Gruppo Fnm (Ferrovie Nord Milanesi), che si è aggiudicato un bando del comune di Milano per attivare il quarto servizio di car-sharing elettrico della città. Con una copertura praticamente totale del centro urbano, assicura anche diversi collegamenti nell’hinterland milanese. Infatti, oltre alle 112 postazioni fisse di parcheggio e ricarica collocati in punti strategici in giro per la città (vicino a università, stazioni, ospedali, metropolitane), E-VAI ha dei E-POINT in 90 comuni. Collegando 45 stazioni e tutti i tre aeroporti lombardi, offre un vero e proprio servizio integrato con il sistema ferroviario.
Un servizio che “non hanulla di simile al mondo, un vero esempio di intermodalità con stazioni e aeroporti, ma anche in piccoli paesi e nelle loro frazioni” spiega l’amministratore delegato di E-Vai Gianni Martino.
# POCHI CENTESIMI per un IMPATTO AMBIENTALE uguale a ZERO
https://www.ferrovie.info/index.php/it/
Le centinaia di Renault Zoe già a diposizione si possono noleggiare pagando 0,12 centesimi al minuto per i primi 30 km e 0,19 cent per i seguenti.
Il servizio si differenzia dagli altri 3 già presenti su territorio (Enjoy, Leasys e ShareNow) perché è una valida soluzione per chi deve percorrere diversi chilometri. Con un noleggio minimo di 2 ore infatti è adatta per lo più per chi deve recarsi in aeroporto o in un comune limitrofo alla città, non consumando neanche una goccia di carburante.
https://www.quattroruote.it/
L’intermobilità assicurata da E-VAI ha permesso anche di far nascere delle collaborazioni atte a vantaggiare ulteriormente i cittadini lombardi. Tra vari codici sconto è presente anche una promozione per gli studenti dell’Università Pavia, che ammortizza i costi del noleggio.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Letizia Gambi. Artista, musicista Jazz, nata a Napoli cresciuta in Lombardia tra Milano e Como, da qualche tempo trasferita negli Stati Uniti dove tiene concerti e incide dischi. Innamorata di Milano, con nostalgia.
Letizia GAMBI: “la mia Milano sarà l’esempio di una città GIUSTA”
Letizia Gambi
La cosa che ami di più di Milano?
Amo la vasta proposta di ristoranti e cucine alternative che solo Milano ha in Italia. Amo i panifici di quartiere con focaccia e cornetti caldi, che profumano di buono. Le attività a gestione familiare. Sono le cose che mi mancano di più da quando vivo negli Stati Uniti. Amo Milano perché è la città più internazionale d’Italia.
Quella che invece ti piace di meno?
Paragonata ad altre metropoli europee Milano a volte è un po’ provinciale, ma non sa di esserlo! Milano è la metropoli meno internazionale d’Europa.
Il tuo locale preferito?
Essendo sempre via ho perso di vista i locali. Però ho lasciato il cuore al Club Due di Brera, dove iniziai a cantare da ragazzina, appena arrivata a Milano per studiare Jazz.
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Fare il tour delle gelaterie per decidere qual è il gelato migliore. Passeggiare al parco.
Gelateria della Musica Piazzale Baracca
La canzone su Milano a cui sei più legata?
La canzone su Milano è Milano di Dalla. Ma la canzone che mi fa pensare a Milano ogni volta che l’ascolto si intitola “A time” . E’ il primo brano che ho composto nella mia mansarda a Porta Venezia, scritto a Milano e inciso poi a New York nel mio primo album..
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Il lago di Como.
Credits: @best_hotelsandresorts Lago di Como
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
L’incontro che mi ha cambiato la vita, al Blue Note, con il mio produttore americano Lenny White.
La fermata della metro a cui sei più affezionata (e perché)?
Porta Venezia. Dove ho sempre avuto casa.
Credits Andrea Cherchi – Porta Venezia
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Sul Duomo, la Statua della Libertà in miniatura! In realtà si chiama la statua della Legge Nuova che, scolpita all’inizio dell’800 da Camillo Pacetti ispirò, 70 anni dopo, quella di New York. Come al solito copiano sempre da noi!
La nostra statua della libertà (Duomo di Milano)
Il quartiere che ami di più?
Porta Venezia e Brera.
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
1.Chiederei di investire davvero nella musica live e nell’educazione musicale anche nelle scuole. Gli chiederei di darmi in mano la direzione di un nuovo festival musicale internazionale. Di ridurre la burocrazia e la tassazione per i teatri, locali, e club che vogliono fare musica. Bisognerebbe incentivare alla bellezza e all’arte, nel rispetto dei professionisti e del loro prezioso lavoro.
2. Gli chiederei anche di restituirci i (già pochi) parcheggi per residenti in centro che ha dato ai dehors dei ristoranti!
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Si, ma dipende sempre da chi controlla l’autonomia.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Ho già lasciato Milano per New York e Miami. Torno ogni tanto per qualche settimana. Vorrei tornare a vivere a Milano, in una Milano che accoglie gli artisti italiani con lo stesso entusiasmo con cui accoglie quelli stranieri.
Credits amber ig – Miami
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Il Festival di cui sopra e rilancerei le piccole imprese. Il made in Italy.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Il futuro è già domani. In questi tempi di difficoltà e ingiustizie vorrei solo che Milano fosse l’esempio di città “giusta”. Una fortezza dove le libertà di pensiero e di scelta vengono garantite a tutti e dove si vive da esseri umani liberi. Una città più umana e meno digitale. È il mio sogno.
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Credits Andrea Cherchi - Porta Nuova vista grattacieli
Garibaldi, Isola, Porta Nuova si stanno imponendo come il nuovo cuore pulsante di Milano. Piazza Gae Aulenti con il suo palazzo dell’Unicredit, la sua modernità e il suo essere arrivata per prima con i suoi grattacieli e voglia di contemporaneità ha reso la zona una dei nuovi simboli di Milano. E proprio per quest’importanza che sta accumulando negli anni nella vita dei milanesi, il Comune ha deciso di investire per nuove opere urbane nel quartiere e nell’area circostante.
PORTA NUOVA sempre più PEDONALE: si aggiungono ALTRI 20.000 MQ
È stata decisa una convenzione della durata massima di 5 anni che verrà sottoscritta tra il Comune e Coima SGR Spa, piattaforma leader nell’investimento, sviluppo e gestione di patrimoni immobiliari per conto di investitori istituzionali che ha sede in Piazza Gae Aulenti. Nella convenzione, le cui linee di indirizzo sono state appena approvate con una delibera della Giunta, sono previsti interventi che coinvolgono l’area di Garibaldi, Isola e Porta Nuova, estendendosi però anche verso la Stazione Centrale e via Melchiorre Gioia. L’area delimitata dalle vie Gioia, della Liberazione, Cardano, Bordoni e lungo le vie Sassetti e Pirelli sarà nuovamente trasformata, aumentando il verde pubblico e le aree pedonali, proprio con l’obiettivo di rendere la zona più fruibile a tutti.
Porta Nuova diventerà un’area più pedonale e ciclopedonale, si creerà un asset viabilistico centrale e aumenteranno le aree verdi intorno alla Biblioteca degli alberi. Il progetto nella convenzione, più specificatamente, prevede 4 aree di intervento. Prima di tutto si vuole riqualificare via Bordoni ripavimentando i marciapiedi e inserendo nuovo verde urbano, si allungherà poi la pista ciclabile già presente. Sempre con l’intento del rendere l’area più fruibile alle biciclette, verrà completata la pista ciclabile tra via De Castilla e via Confalonieri e saranno realizzate nuove ciclabili in zona Pirelli. Nello specifico, partendo da via Pirelli in direzione Stazione Centrale saranno realizzati nuovi viali alberati e ripavimentati i marciapiedi, dalla stessa via poi, in direzione Melchiorre Gioia, saranno sistemati i marciapiedi e realizzate nuove aree alberate diffuse.
La convenzione vuole più in generale promuovere una mobilità sostenibile e per farlo, oltre ai già presenti 120mila mq di spazi ciclopedonali, nella prima fase verranno aggiunti più di 12mila mq sull’asse che porta a Fondazione Feltrinelli e altri 20mila mq in Porta Nuova Gioia. Gli interventi previsti richiedono un investimento di circa 8,5 milioni di euro, finanziati da privati. Se quindi questi sono gli obiettivi della convenzione, i progetti veri e propri non sono ancora stati presentati. Si ha infatti circa un anno per la presentazione dei progetti e i cantieri apriranno nel 2024.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Milano sta registrando valori anomali per quanto riguarda il suo traffico giornaliero. In città nella settimana dal 14 al 20 marzo 2022 si è vista una diminuzione media delle auto in circolazione dell’11% rispetto alla settimana precedente. Ne sono certamente felici ATM, le compagnie di sharing e l’aria della città, ma quali sono i motivi di questo calo drastico in pochi giorni?
FUGA dalle AUTO: -11% in una settimana per il caro-benzina. BOOM per METRO e SHARING
# Il cambio di tendenza: sempre meno auto in circolazione
Credits: bollettino.bici.milano.it
Un’indagine dell’Agenzia Mobilità Ambiente e Territorio ha notato che lunedì 14 marzo le auto in circolazione sulle strade milanesi sono state -11% rispetto a lunedì 7 marzo. I dati, ottenuti grazie allo studio dei tempi di percorrenza sulle strade urbane di Tom Tom, confermano la tendenza anche per tutta la settimana. Se si confrontano i martedì della seconda e della terza settimana di marzo, si nota infatti che il 15 del mese c’è stato addirittura un calo del 22% rispetto al martedì precedente. Nonostante quest’ultimo dato sia in parte “falsato” a causa dello sciopero dei mezzi che c’è stato l’8 marzo, e la conseguente scelta dei milanesi e pendolari di preferire il mezzo privato a quello pubblico, per tutta la terza settimana di marzo le auto sulle strade di Milano sono state molto meno del solito, con cali anche del 15 e 19%.
Si tratta di un calo ben sperato e desiderato da tempo. Nonostante sia necessario avere prudenza nello sperare in un cambio di tendenza, dato che si stanno confrontando dati recenti e un campione molto piccolo (solo una settimana), ATM e le aziende di sharing stanno registrando un boom nelle richieste del servizio. Atm parla di un aumento del 3% circa dei suoi passeggeri e bike sharing e monopattini registrano prelievi fino ad un +20% e +30%.
# Focus sullo sharing: sì a bici e monopattini no alle auto condivise
Credits: ilpost.it
Tra le compagnie di sharing a Milano che più hanno beneficiato di questo calo delle auto in circolazione ci sono Dott, che ha registrato il 20% in più di prelievi delle sue e-bike, e Helbiz, che ha visto la richiesta di monopattini salire del 30%. Sembra quindi che i milanesi prediligono la mobilità lenta, scelta che conferma che delle auto non se ne vuole sapere. Enjoy, infatti, compagnia di auto sharing, non ha registrato alcun aumento né a Milano né in altre città italiane.
# Il caro benzina ha portato al rifiuto delle auto
Credits: @Semplicemente Milano di Andrea Cherchi (FB) Caro benzina
Ma qual è il motivo di questo calo improvviso? La risposta più semplice pare il caro della benzina. Nell’ultima settimana benzina e diesel avevano raggiunto prezzi altissimi che non si vedevano da parecchio tempo. In Italia, in media, la benzina self service costava 2,217 euro al litro, il servito 2,333 euro/litro mentre il diesel 2,220. Difficilmente a Milano e dintorni si trovavano prezzi più bassi, mentre in alcuni distributori il costo era leggermente più alto. Se quindi, come conferma Arianna Censi, assessora comunale alla Mobilità, il caro della benzina sembra il motivo principale di questo “rifiuto delle auto”, il vantaggio di Milano è quello di avere un sistema di trasporto pubblico efficiente e tante alternative alle auto che permetterebbero ai milanesi di abbandonare veramente l’uso delle auto. Tuttavia, prima di trarre conclusioni, bisogna aspettare le prossime settimane e soprattutto vedere ciò che succede dopo il taglio delle accise sul carburante che dovrebbe portare ad una riduzione di circa 20 centesimi del costo, l’inversione del trend non è quindi confermata, ma qualcosa si sta muovendo.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In un recente intervento Odifreddi racconta come la stessa figura di Mosé veniva vista da Hitler come un protobolscevico leninista e da Thomas Mann come un protonazista. Anche adesso c’è questa situazione in cui gli ucraini danno dei nazisti ai russi e i russi danno dai nazisti agli ucraini.
Non solo loro. Ormai qualunque ragionamento che non sia appiattito su una posizione ideologica estremista viene automaticamente classificato uguale all’estremismo opposto.
Questo sta accadendo ormai da almeno due anni in un dibattito che forse non è mai diventato un dibattito ma delle esternazioni di dogmi preconfezionati. Dove qualunque pensiero anche solo leggermente diverso dal dogma della posizione viene subito ribaltato a pericoloso nemico della verità e abbinato alle teorie più estreme e ributtanti.
Impressionante come l’Europa, patria del pensiero complesso e articolato e della ricerca della verità al di sopra delle parti, sia precipitata in un fanatismo in cui il pensiero non sia più espressione di un proprio punto di vista ma adesione acritica e incondizionata allo schieramento ideologico.
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Capovolgimento nella Top 10 dell’Index of Economic Freedom, insieme alla scomparsa di Hong Kong dai radar per il secondo anno consecutivo.
Vediamo quali sono i paesi che svettano nell’indice della libertà economica
I più PICCOLI sono i più LIBERI
# Libertà economica e dove trovarla
Top10 – Credits: heritage.org
Mappa – Credits: heritage.org
La libertà economica è un diritto fondamentale degli individui, rappresenta l’azione umana nell’ordine spontaneo. È considerato un parametro talmente importante che da oltre 20 anni la Fondazione Heritage prepara un report annuale, misurando ogni Paese sulla scorta di 4 maxi-parametri.
#1 La dimensione del governo, che tiene conto di pressione fiscale e spesa pubblica;
#2 L’integrità dello Stato di diritto e l’efficacia giudiziaria nella protezione dei diritti di proprietà;
#3 Il livello della libertà di commercio, la libertà finanziaria e di investimento;
#4 L’efficienza normativa, la libertà del lavoro, di impresa e monetaria.
Vediamo le proiezioni del 2022 attraverso l’analisi del Prof. Paolo Bernardini, titolare del corso “States, Economy and Global Markets” all’Università dell’Insubria.
Con un punteggio di 84,4 che rende la sua economia la più libera del pianeta, in cima alla classifica svetta Singapore. Seguono Svizzera e Irlanda, poi Lussemburgo, Nuova Zelanda. Concludono la top 10 della libertà Estonia, Olanda, Finlandia e Danimarca.
La considerazione più significativa a proposito delle prime 10 posizioni, è che sono tutti paesi di piccole dimensioni o con pochi abitanti. Compresa la Svizzera, la maggior parte di questi stati ha meno abitanti della Lombardia; alcuni paesi hanno lo stesso numero di abitanti del Veneto, o inferiore. La somma degli abitanti di questi 10 paesi messi insieme, raggiunge i 78,6 milioni, cioè meno degli abitanti della Germania.
L’IEE va interpretato come un indice che misura l’efficienza dello stato, non è certo un ranking che tiene conto dei parametri naturali e assoluti del liberalismo, per questo molto criticato dal mondo liberale.
Eppure mostra il dato più interessante di tutti: gli stati piccoli, con pochi abitanti, sono anche gli stati più efficienti, se parametrati con i 4 criteri presentati all’inizio. Sembra che le dimensioni ridotte siano una caratteristica fondamentale per l’agilità dello stato.
L’Italia occupa la 57ma posizione, con un punteggio globale di 65,4, posizionandosi a metà della zona “Moderatamente libera” dell’Index.
Heritage Foundation analizza l’Italia con i suoi parametri parziali, restituendo la radiografia di un paese nel quale «la libertà monetaria, commerciale e di investimento sono forti, ma l’economia rimane pesantemente gravata dalla spesa del governo».
Il bel paese ha piazzato una crescita costante di 2.9 punti nell’IEE, dal 2017 ad oggi e, nella scheda di analisi spiccano la decrescita dell’integrità del governo, accompagnata dalla diminuzione delle dimensioni dello stesso (appunto).
All’estero ci percepiscono cosi, ma qual è la nostra sensazione?
Impossibile limitarsi alla lettura del ranking, senza fare paragoni tra il nostro paese e quelli in Top10.
Abbiamo già accennato alla comparazione del numero di abitanti della nostra regione, confrontandolo con quello della maggior parte dei paesi in Top10.
Sebbene sia considerato da Heritage Foundation come un “parametro neutro” il PIL pro capite italiano, confrontato con una qualunque delle prime 10 posizioni, equilibra un po’ la fotografia del paese reale, tra quello di Heritage e come viene percepito da noi cittadini. Il PIL pro capite di Singapore, si avvicina a triplicare quello italiano; la vicina Svizzera si accontenta di doppiarlo. L’Estonia, coi suoi 1,3 milioni di abitanti, relativamente giovane e nata dalle macerie del socialismo, ha ora un PIL/individuo che ha raggiunto quello italiano; la Repubblica Ceca (21 posto dell’IEE) ha lo stesso PIL pro capite italiano, con il numero di abitanti della Lombardia.
La vera provocazione, lanciata dal Prof. Bernardini e che ci dovrebbe fare riflettere molto, è richiamare le previsioni che Alberto Alesina ed Enrico Spolaore fanno in “The Size of Nations”, un volume del 2005.
Le aspettative di Alesina (H Index 103) e Spolaore (H Index 24) usano gli strumenti economici per studiare gli stati e i cambiamenti dei confini e della popolazione interna.
Provocatoriamente sostengono che «i paesi più piccoli possono trovare più facile rispondere alle preferenze dei cittadini in modo democratico». Il loro calcolo sulla dimensione ottimale di uno stato non è soltanto teorico, ma cerca di spiegare la dimensione della realtà del paese o della macroregione analizzata.
E lo fa ponendosi anche questa domanda: Le dimensioni contano per il successo economico? A giudicare dal risultato dell’IEE 2022, sembrerebbe proprio di sì.
Brevissima riflessione sulla scomparsa, per il secondo anno consecutivo, di Hong Kong.
Il Porto Profumato non è fuori dalla Top10, che ha guidato per decenni, ma è proprio fuori dal ranking, che contiene 177 paesi più 7 non classificate. La città stato inglobata con leggi e regole determinate dall’autorità centrale di Pechino, non è più considerato un paese, uno stato, ma fa parte della Cina stessa.
La centralizzazione, pertanto, sta facendo perdere visibilità alla libertà economica di Hong Kong. Il Prof. Bernardini si proclama convinto che lo stesso accadrà anche a Taiwan.
Staremo a vedere.
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Nei primi giorni del recente conflitto russo-ucraino, durante un bombardamento russo su Kiev, è andato severamente danneggiato l’unico esemplare dell’Antonov An-225 Mriya, l’aereo più grande mai entrato in servizio. Scopriamone la storia.
L’AEREO più GRANDE del MONDO è stato distrutto
# Guerra fredda e corsa allo spazio
Credits: pixabay
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Stati Uniti ed Unione Sovietica avviarono la cosiddetta Guerra Fredda, ovvero una contrapposizione serrata su livelli politici, ideologici e militari che nella pratica sfociò principalmente in operazioni di spionaggio e propaganda.
Ad entrambe le categorie sono appartenute le iniziative avviate da entrambe le parti in ambito aerospaziale. Da un lato, infatti, i risultati ottenuti in questo campo potevano essere utilizzate per dare prestigio e pubblicizzare la propria potenza economica e tecnologica, dall’altro potevano portare alla realizzazione di strumenti atti ad agire contro l’avversario, ad esempio con dei satelliti spia.
Mentre i primi traguardi furono centrati dai Sovietici, come i primi animali, uomini e satelliti artificiali in orbita, gli Statunitensi riuscirono nell’impresa che destò maggior scalpore e rimase nella storia, ovvero l’atterraggio e la passeggiata di alcuni astronauti sulla Luna nel 1969.
# La nascita del Mriya
Credits: MASTER SGT. DAVE CASEY, Wikimedia
Dai primi anni ’70 gli Stati Uniti conquistarono un vantaggio strategico nel campo spaziale rispetto all’Unione Sovietica che si trovò continuamente ad inseguire le innovazioni tecniche messe a punto oltre oceano. Tra queste vi furono lo Space Shuttle e il razzo Saturn V. Nel tentativo di pareggiare quest’ultimo, gli scienziati sovietici iniziarono a sviluppare il progetto del razzo lanciatore Energia.
Le componenti del razzo necessitarono della realizzazione di un nuovo aereo da trasporto adatto all’impresa che venne battezzato Mriya, sogno in ucraino. Fu così che sul finire del 1988 l’Antonov An-225 compì il suo primo volo. La sua presentazione ufficiale presso il Salone Internazionale dell’Aeronautica e dello Spazio di Parigi nel giugno del 1989 fu eclatante e le sue caratteristiche tecniche lasciano di stucco gli esperti del settore. Venne anche utilizzato per trasportare sopra di esso il Buran, lo Space Shuttle sovietico.
Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1990, il programma spaziale venne interrotto e l’An-225 messo a riposo.
# L’eccellenza dell’Antonov An-225
Credits: pixabay
Negli anni ’90 il governo sovietico decise di creare reddito attraverso le proprie risorse militari ed iniziò ad utilizzare alcuni aerei della propria flotta per trasporti cargo attraverso la Antonov Airlines con sede a Kiev e base operativa a Londra.
L’iniziativa commerciale funzionò e ben presto gli aerei a disposizione non bastarono più pe soddisfare le richieste. Si decise quindi di riattivare l’An-225 Mriya e riportarlo in attività con funzioni commerciali dal 2001. La qualità dell’aereo sovietico fu testimoniata anche dall’utilizzo dello stesso da parte del Governo degli Stati Uniti, come quando trasportò 800 tonnellate di equipaggiamento indirizzato alle truppe americane in Iraq.
Nella sua storia operativa questo velivolo registrò oltre 200 record come la maggiore lunghezza di sempre (84 m), la maggiore apertura alare (89 m), il massimo peso al decollo (640 tonnellate).
@DAlperovitch on Twitter, CC BY-SA 4.0
Purtroppo l’unico esemplare rimasto è stato gravemente danneggiato durante i bombardamenti russi su Kiev nel 2022.
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Alziamo i calici e brindiamo perché anche quest’anno l’Italia si è confermata come primo produttore al mondo di vino. Ce l’avevamo fatta nel 2020 e ci siamo riconfermati nel 2021, un anno che ha visto, per la prima volta nella storia, relegare i nostri acerrimi cugini francesi al terzo posto dopo la new entry della Spagna..
L’ITALIA primo produttore di VINI al mondo
# La viticultura nel Belpaese
credtis: radio monte carlo
La coltivazione della vite nel nostro paese ha origini antichissime, forse pochi sanno che il primo nome dell’Italia era Enotria (terra del vino) e che trae il suo nome dalla popolazione degli Enotri che abitava in quella che oggi è la Basilicata. Stiamo parlando di un periodo di circa cinquecento anni prima di Cristo. Gli studi hanno rivelato che questa popolazione aveva già sviluppato e perfezionato tecniche e conservazione delle viti. Questo fa capire che la pianta della vite era già presente e conosciuta nella nostra penisola e inoltre aveva una qualità superiore a quella greca che permetteva di vinificare bevande con una giusta gradazione alcolica.
I Romani esporteranno tecniche di coltivazione e produzione in tutte le terre conquistate (in particolar modo in Gallia). Durante il Medioevo, il vino assumerà un significato sacro, è proprio in questo periodo che i monaci saranno grandi produttori di vino da messa.
Nei secoli a seguire, Toscana e Piemonte diventeranno produttori di vini eccellenti conosciuti e richiesti in tutto il mondo, ma mentre la prima si concentrerà sulla produzione del Chianti classico, il secondo affinerà la produzione applicando tecniche imparate dai vicini francesi ed è in questo periodo che Barolo e Nebbiolo conoscono il loro periodo più d’oro. Solo nel XX secolo verranno promulgate leggi tese a disciplinare la produzione del vino e verranno applicate tre livelli per stabilire la qualità del prodotto (DOCG, DOC e IGT).
# Produzione ed esportazione nel mondo
credits: universal de idiomas
Attualmente la coltivazione della vite e la produzione vinicola è diffusa in tutto il nostro territorio. Le stime parlano chiaro: produciamo 54,8 milioni di ettolitri di vino all’anno e di questi, il 29% è destinato al mercato americano, il 6% alla Gran Bretagna, il 9% alla Germania, il 27% alla Russia e ben il 47% alla Cina che si mostra molto attratta dai nostri vini.
Dalla nostra viticoltura esce anche lo spumante, diretto concorrente del più blasonato champagne francese e anche in questo caso, i dati parlano di un incremento di vendita e quindi di importazione pari al 6% in più rispetto ai nostri cugini d’oltralpe.
Quindi, l’Italia è sicuramente al primo posto come esportatore mondiale, ma è seconda alla Francia come valore esportativo, infatti se un Bordeaux viene venduto a quattordici euro al litro, i vini piemontesi o toscani non superano i nove euro. A mio parere non si trovano giustificazioni a livello qualitativo, ma semmai mostra una scarsa capacità di valorizzare il prodotto offerto.
Prosit!!!
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La guerra va avanti ormai da quasi un mese e, tra atrocità e paura, i cittadini ucraini cercano di mettersi in salvo in ogni modo. Tra i loro posti sicuri ci sono i bunker, da quelli ricavati per emergenza, come i tunnel della metropolitana, a quelli realizzati proprio per la paura di una guerra. Anche il resto d’Europa inizia a pensare ad ipotetici luoghi sicuri dove rifugiarsi in caso di una guerra nucleare. Alcuni archistar si stanno cimentando anche nella costruzione di bunker particolari privati: ce ne sono alcuni così lussuosi che trascorre del tempo lì sembrerebbe perfino piacevole.
ARCHISTAR in tempo di guerra: i BUNKER di LUSSO più straordinari del mondo
# La nuova moda: i bunker-appartamento
Credits: domusweb.it bunker di lusso
L’idea di avere un bunker-appartamento non è nata solo dopo l’invasione dell’Ucraina. Già la pandemia aveva infatti crescere una certa ansia nelle persone, tanto da portarle a preferire l’isolamento totale dal resto del mondo nel proprio appartamento sotterraneo. Naturalmente, la guerra ha alimentato la paura e la domanda di bunker sul mercato è aumentato esponenzialmente. Ma chi, se non i più ricchi, può permettersi di comprare un bunker-appartamento? Ed è proprio per questo motivo, che gli architetti si cimentano con le loro idee nella realizzazione di questi rifugi sotterranei. Così, come riportano il New York Times, il Guardian e Bloomberg, sempre più vip hollywoodiani stanno scegliendo di comprare bunker o case segrete dall’altra parte del globo, come in Nuova Zelanda, che siano all’altezza delle loro ville.
# Vivo Xpoint: la più grande comunità di bunker del mondo
La scorsa estate Kanye West comprò un garage per andarci a vivere, o meglio, un garage che si rivelò poi un super lussuoso bunker-appartamento. È stato proprio il rapper, con il suo bunker da $ 57,25 milioni, a lanciare la nuova moda. Una sorta di “istinto di sopravvivenza” tra i super ricchi, che hanno deciso di trovarsi posti sicuri per prevenire eventi catastrofici, non volendo però farsi mancare nulla.
Credits: domusweb.it Vivos Xpoint, Robert Vicino. Cortesia Terra Vivos
Spinti dal survivalismo, un movimento di persone che si preparano attivamente per le emergenze, future o eventuali, milioni e milioni di dollari vengono spesi per acquistare rifugi sotterranei e arredarli con vasche idromassaggio, cinema, sale giochi e biliardo e addirittura stalle. Nel South Dakota esiste di già la più grande comunità di prepper costituita da 575 bunker. Si chiama Vivo Xpoint e qui ogni appartamento sotterraneo può essere acquistato con $35mila iniziali e un canone annuale di $1000.
Credits: domusweb.it vivos xpoint
# Nascerà una nuova città sotterranea?
Credits: domusweb.it condominio di sopravvivenza
Mentre già da anni, sulla scia dell’11 settembre, esistono società specializzate nella costruzione di bunker di lusso, quali le statunitensi Rising S Bunkers e Atlas Survival Shelters, dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, in Europa la società Northsafe ha ricevuto più di 500 richieste. Tra gli esempi di bunker europei c’è Vivos Europa Uno, una serie di appartamenti ricavati dal gigantesco bunker russo costruito ai tempi della Guerra fredda, vicino a Rothenstein in Germania. Questo bunker è profondo 120 metri sotto una montagna, ma soprattutto copre una superficie di 23mila metri quadrati.
Credits: domusweb.it Survival Condo
Ma si sa che gli architetti non si accontentano mai, amano sperimentare e ogni occasione è buona. Proprio per questo sembra che questi non si limitino a costruire bunker privati super lussuosi, anzi, con la città di Survival Condo, il fondatore Larry Hall vuole dare vita ad una comunità sotterranea di miliardari. Sulla falsa riga di Biosphere 2, l’ecosistema autosufficiente nel deserto dell’Arizona, Larry Hall vuole fornire ai suoi futuri abitanti della comunità sotterranea armi, servizi igienici giapponesi, orti e tutto ciò che può servire per creare una città sotterranea. Qui ci sono una piscina pubblica, centro benessere, una biblioteca, cinema e supermercato. Sarà un’idea per far sì che il genere umano possa sopravvivere? Siamo veramente arrivati al punto in cui ci si ingegna per evitare l’estinzione dell’uomo (che per di più continua ad auto-sabotarsi)?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A 3000 km dalle coste del Cile, nel Pacifico meridionale, si trova la famosa Isola di Pasqua, uno dei centri abitati più isolati del nostro pianeta. Di origine vulcanica e caratterizzata da ripide scogliere, l’Isola di Pasqua ha una Storia avvincente dalle radici molto profonde.
Le TESTE dell’Isola di Pasqua hanno anche dei CORPI
# L’isola di RAPA NUI, che noi conosciamo come l’Isola di Pasqua
https://www.miprendoemiportovia.it/
La prima popolazione che colonizzò l’isola era di origine polinesiana: intorno all’800-900 d.C giunse su questa sperduta isola, che probabilmente si presentava come un’immensa foresta di palme. Foresta che non molto tempo dopo però subì un feroce disboscamento da parte dell’uomo, necessario per rispondere all’aumento della popolazione e al desiderio di fare spazio per quelle enormi statue – trasportate facendole scivolare su dei tronchi – che oggi noi volgarmente chiamiamo “le teste dell’Isola di Pasqua”.
# I COLOSSI di pietra VULCANICA
https://pixabay.com/images/id-1857652/
I Moai sono le famose statue monolitiche disposte lungo tutta la costa dell’Isola di Pasqua. Originariamente il numero di queste statue si pensa superasse il migliaio, ma oggi se ne trovano 638, tutte comprese tra i 2,5 e i 10 metri di altezza. O così si pensava. Nei primi anni del secolo scorso, scavando, è stato scoperto che le teste possedevano anche un corpo: spalle e busto sotterrati dallo scorrere del tempo.
# I PROTETTORI dell’Isola
Dando le spalle al mare e guardando quindi verso i villaggi nell’entroterra, i Moai sorgevano nell’area cerimoniale “Ahu”, tra la costa e il centro abitato. Una delle teorie più sostenute che riguardano il loro significato prevede che fossero dei protettori e portatori di benessere e prosperità, rivolti verso i villaggi per proteggere la terra e coloro che l’abitavano.
# La LEGGENDA dei 7 esploratori
https://pixabay.com/images/id-4243688/
Non tutti i Moai sono però rivolti verso l’interno dell’isola: i sette dell’Ahu Akivi, un’area cerimoniale nell’entroterra, guardano verso il mare. La spiegazione dell’insolito posizionamento è fornita da una leggenda orale che racconta che il prete della popolazione Hotu Matu, primi colonizzatori dell’isola, fece un sogno in cui vide l’anima del re sorvolare l’oceano e scoprire l’isola. Così il re inviò sette esploratori per localizzarla, che rimasero sull’isola in attesa dell’arrivo del re, con lo sguardo rivolto verso l’oceano in attesa di cominciare una nuova vita su questa nuova terra.
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Andrea Sianesi. Presidente della Fondazione Politecnico di Milano e Presidente del Polihub, uno dei principali centri dell’innovazione d’Italia. Milanese Doc.
Andrea SIANESI: “la mia MILANO sarà la CAPITALE europea dell’INNOVAZIONE”
Andrea Sianesi
La cosa che ami di più di Milano?
Tantissime cose: l’ambiente multiculturale, la dinamicità, la capacità di innovare e reinventarsi, ma anche la varietà dei quartieri, il Parco Sempione ed i giardini nascosti dietro ai portoni. Ma soprattutto la propensione ad accogliere, la solidarietà, l’apertura al confronto ed al dialogo.
Credits: Semplicemente Milano di Andrea Cherchi (FB)
Quella che invece ti piace di meno?
L’inquinamento, la cappa marrone che si vede sopra Milano quando si è in aereo nelle giornate limpide, il caldo umido. E su un altro piano la lentezza rispetto ad altre metropoli mondiali nel realizzare grandi opere infrastrutturali.
credit: leggo.it
Il tuo locale preferito?
Dal punto di vista enogastronomico ce ne sarebbero troppi da elencare, invece nella sfera professionale il campus di Piazza Leonardo da Vinci è splendido, ma io sono anche affezionato ad una sala riunioni in Bovisa, nei locali del MIP, la business school del Politecnico che tra il 2015 ed il 2019 ho arredato con tutti i ricordi dei viaggi fatti per sviluppare le relazioni internazionali ed i regali ricevuti dai colleghi di università straniere in visita da noi; è un luogo per me simbolico, che vuole testimoniare in modo tangibile il fatto di essere aperti alla “contaminazione” con tante culture differenti dalla nostra.
Credits: @actuari piazza Leonardo
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Domanda critica, perché a Milano penso di passare il tempo soprattutto a lavorare. Mi piace fare qualche passeggiata per le vie del centro, incontrare amici a cena, ma sinceramente sono eventi rari, anche perché appena posso cerco di andare al mare in Liguria per staccare un po’.
Sicuramente due: Luci a San Siro e Milano e Vincenzo, ma anche le canzoni di Iannacci in generale. E ovviamente “oh mia bela Madunina”.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Sono due: il Lago di Como e l’Adda e non troppo lontani il Monte Rosa e la Liguria.
Credits: pepitaviaggi.com – Lago di Como
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Incontrare mia moglie e avere da lei una figlia.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Cadorna. Non solo perché ci abito vicino, ma perché riassume tutte le cose che amo di più a Milano, è un crocevia incredibile, è in mezzo ai due campus del Poli, che posso raggiungere con la metro o con le Ferrovie Nord e poi c’è il tram 1, che è il mio preferito.
Credits: @amilanopuoi Piazza Cordusio
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
È un ricordo di quando ero bambino: un signore che girava vicino al Castello Sforzesco con un carretto pieno di cartelli con scritte del tipo “Popolo bue la Chiesa ti uccide con l’onda”.
Il quartiere che ami di più?
La zona Magenta, soprattutto Via XX Settembre.
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Investire ancora di più di quanto già viene fatto nel supporto dell’Innovazione e nel favorire la localizzazione di laboratori e centri di ricerca e in generale investire nella Formazione, a tutti i livelli.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Sì, ma solo se questa autonomia si concretizzasse in una semplificazione della burocrazia ed in generale in una velocizzazione dei tempi di realizzazione dei grandi progetti.
Tolta Milano in quale città ti piace vivere?
In Europa Parigi, fuori Europa a Shanghai, ci ho passato dei periodi lunghi come visiting professor e mi sono trovato immerso in un ambiente affascinante e stimolante come quello milanese.
Shanghai (da pixabay)
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Finanzierei la realizzazione di un “borgo dell’innovazione” dove realizzare laboratori di ricerca e accogliere startup focalizzate su due tematiche: la sostenibilità e il social impact.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Diventare la capitale europea dell’innovazione ed il “place to go” per i giovani talenti provenienti da tutto il mondo.
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Il sindaco Sala chiede alla stampa di aiutarlo a lanciare un appello, affinché qualche imprenditore possa vederci un business
La proposta a sorpresa: un nuovo PALASPORT a SAN SIRO?
# Milano chiama un business che forse non c’è
Credits: MilanPress
Giornate di sport internazionale a Milano nel week end appena trascorso. È partita la Milano-Sanremo, la prima grande classica del ciclismo nostrano.
Intervistato a margine di questo evento sportivo, il sindaco Sala è stato stuzzicato anche sull’immancabile leitmotif di Milano, il nuovo stadio.
Spunta anche l’ipotesi affascinante di un palasport, da realizzare nell’area antistante al nuovo impianto del calcio. Sala cede alla suggestione, chiamando imprenditori privati a raccolta intorno a questa idea, nella speranza che qualche illuminato/a magnate ci possa «vedere qualcosa di redditizio».
Fa bene il sindaco chiamarla suggestione, perché di tale si tratta.
L’idea di affiancare il palasport allo stadio, per realizzare una cittadella dello sport, è un’idea dal sapore antico, che in realtà una volta ha anche preso forme concrete.
Fino al gennaio 1985, infatti, nell’area verde che ora prende il posto di “Parco dei Capitani” sorgeva un palazzetto dello sport, dal design moderno e accattivante. L’impianto poteva ospitare fino a 18.000 spettatori e nell’arena coperta trovavano ampio spazio molti sport: dal ciclismo al basket. Il Palazzone, come era soprannominato, era a pianta circolare, senza colonne portanti. La stabilità del tetto era affidata a tensostruttura e cavi. L’eccezionale nevicata del 1985 ha reso pericolante proprio il tetto, che si è spostato verso il basso rendendo inagibile la struttura, infine demolita.
Credits: cocoparisienne, by pixabay Chiari di luna
Beppe Sala ha usato parole particolari, nel proprio commento all’ipotesi che un palasport possa trovare posto di fronte a San Siro. Il sindaco, crediamo a nome della sua intera giunta, alza bandiera bianca: non sarà questa amministrazione a portare a compimento la cittadella dello sport. «In questo momento così difficile, le risorse sono quelle che sono perciò se ci fossero interessi dei privati lo spazio ci sarebbe. Aiutateci anche voi a fare un appello perché qualcuno possa vedere in ciò qualcosa di redditizio». L’amministrazione è di fatto momentaneamente impantanata nel progetto del nuovo stadio, appena approvato e già in procinto di traslocare insieme a Milan e Inter.
Sala fa anche appello alla principale virtù dei forti, la pazienza, per quanto riguarda le intricate vicende legate alla nuova Scala del calcio.
Dopo un incontro con Giuseppe Marotta, il sindaco Sala ha dichiarato che «Sullo stadio continuo a pensare che si può fare. Purtroppo nel nostro Paese tutto è molto complicato: ci vuole pazienza però il percorso non è interrotto. Secondo me è avviato anche bene».
Per una Grande Milano, all’altezza su molti fronti compreso quello sportivo, queste parole del sindaco sono incoraggianti?
Su una cosa Sala ha perfettamente ragione: ci vuole pazienza e dovrà essere accompagnata da una buona dose di coraggio, per svincolarsi anche dalla morsa di questo paese, che rende tutto così complicato.
Le olimpiadi alle porte porteranno in dote una nuova arena che sarà la più grande d’Italia e, nella città in cui fioriscono strutture sportive un po’ abbandonate e un po’ riqualificate (da privati), trovare qualcosa di redditizio in un’area che non ha ancora la sua identità, sarà impresa non semplice.
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2500: il numero di artigiani milanesi che nel 2021 si è visto costretto ad abbassare per sempre le saracinesche. Se già la pandemia aveva messo in ginocchio il settore dell’artigianato, ora, con il rincaro delle bollette peggiorato dal conflitto in Ucraina, molti artigiani si vedono costretti ad alzare bandiera bianca. Un settore destinato a scomparire?
ALLARME ARTIGIANI a MILANO: in 2500 hanno chiuso nel 2021
# Futuro incerto per un mestiere che sta invecchiando
Pandemia e bollette sono la spada di Damocle per un settore che sta invecchiando e già fortemente in crisi. L’Italia è sempre stato un Paese in cui si è dato grande valore all’artigianato e al lavoro manuale in generale e, nonostante l’artigianato pesi per il 9,5% sul Pil e rappresenti il 21,2% delle imprese, il futuro del mestiere rischia di essere messo a dura prova. L’artigianato sta invecchiando: in dieci anni si sono perse 28mila imprese di under 30, diminuite del 41,9% rispetto al 2011.
Un mestiere poco attrattivo per i giovani che rende il cambio generazionale sempre più difficile, ma complice della crisi è stata anche l’emergenza Covid. Solo a Milano sono oltre duemila le attività, fra piccole imprese e botteghe di vicinato, che nel Milanese hanno abbassato per sempre la saracinesca a causa della pandemia. E tra marzo 2021 e marzo 2011 il settore ha già subito un calo complessivo di 170 mila unità (-11,7%), portando a 1,3 milioni il totale dell’imprese artigiane.
Oggi, come se non bastasse, ad aggravare una situazione già drammatica, è subentrato il conflitto tra Ucraina e Russia e il conseguente rincaro delle bollette, che costringe i pochi superstiti a “un’economia da guerra”, con le luci delle vetrine spente per risparmiare.
# Situazione critica, a Milano si lancia l’allarme
Credits: progetto impatto zero
Una crisi che non risparmia nessuna categoria, infatti, dopo un decennio di crescita ininterrotta, perfino gli imprenditori immigrati sono in ritirata. È Marco Accornero, segretario generale dell’Unione artigiani di Milano e membro di giunta della Camera di Commercio Milano-Monza-Brianza-Lodi, a mettere in guardia e lanciare l’allarme: «Un altro 9, 10% di artigiani prevede di chiudere e nei quartieri si vedrà, sempre di più, una progressiva carenza di servizi, perché ogni chiusura è un servizio in meno e un presidio in meno sul territorio».
A Milano la situazione è grave: per il centro studi dell’Unione Artigiani, tra Milano e hinterland, hanno cessato di esistere 2.482 insegne, nel 2021 erano 88.549 contro le 91.031 aperte del 2020. Sicuramente i prezzi degli affitti non aiutano queste piccole imprese, infatti, la grande fuga si registra soprattutto nel centro storico dove gli affitti sono alle stelle: 1.668 vetrine all’appello nel 2021 contro le 1.704 del 2020. Al momento, i settori che sembrano reggere maggiormente sono l’edilizia (6.537 imprese) e la cura della persona (2.706).
# Un’economia di guerra, il caro-bollette non risparmia nessuno
Addio ai calzolai, all’elettricista per i piccoli acquisti, alla sarta o al riparatore di bici. Addio a tutte quelle piccole realtà sulle quali si ha sempre fatto affidamento. «La pandemia, oltre a mettere in ginocchio le piccole imprese, ha disincentivato nuove aperture, per esempio anche da parte degli immigrati», ammette Accornero. «È mancato il turnover fisiologico, anche perché i giovani non sono attratti dall’artigianato e così vanno a morire alcuni mestieri, che invece potrebbero garantire un futuro alle nuove generazioni». Le botteghe milanesi «resistono nelle vie periferiche, oppure nei mercati coperti dove si supportano a vicenda e migliorano la qualità della vita degli abitanti del quartiere, soprattutto degli anziani».
A mettere in ginocchio gli artigiani ora ci pensa il caro-bollette e il caro-materie prime. Una bastonata che in molti pensano di non poter reggere: «Stanno prendendo provvedimenti da economia da guerra: chi può rinuncia al riscaldamento e lavora imbacuccato, oppure spegne di notte l’insegna o razionalizza l’uso degli impianti», conclude Accornero.
Una situazione preoccupante e di certo da non sottovalutare per la salvaguardia di un settore che è da sempre uno dei tratti distintivi della cultura e dell’economia italiana.
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Paesi Bassi o Belgio? È questa la domanda chiave per questa piccola città. Non si capisce dove si sia, facendo un semplice giro in città si “rischia” di attraversare il confine dei due Stati per almeno 6 volte. Ma com’è possibile? E perché viene chiamata città puzzle?
La CITTÀ PUZZLE: il paesino che ha al suo interno tanti confini nazionali (delimitati con una X)
# La città nella città
Credits: @defietsjournalist Città puzzle
Ci troviamo nella città di Baarle-Hertog, a circa 50 km di Anversa, e la particolarità di questa città è proprio quella di essere una sorta di puzzle. Perché? Baarle-Hertog ha un comune gemello olandese Baarle-Nassau e, per riassumere facilmente cos’hanno in comune questi due paesi, Baarle-Hertog è un territorio belga dentro alla città olandese Baarle-Nassau.
Credits: @geopop Città puzzle
In poche parole una città nella città. Sembra quasi impossibile che possa esistere una cosa del genere, eppure si tratta di una cittadina (Barlee-Hertog) spezzata in diverse parcelle, 22 delle quali sono exclavi in territorio Oranje, ossia delle “isole” di territorio belga immerse nel comune gemello olandese. In questo modo camminare per una delle due città diventa un continuo cambiare Stato.
# Croci separatrici che creano i pezzi di puzzle
Credits: @gabrielherrera_ Confine città
Tentando di considerare ora le due città come un tutt’uno, in questa unione di Barlee-Hertog e Baarle-Nassau per le strade si trovano tratteggi e croci che separano i due Stati. Per il Belgio le X bianche separatrici, che creano i finti tasselli del puzzle, hanno l’indicazione B mentre per i Paesi Bassi la scritta NL.
Credits: @sankarrajj confini città
La particolarità è che queste X tagliano a metà non solo strade e piazze, ma anche edifici. Qualcuno potrà dire di avere una casa in Belgio e una nei Paesi Bassi quando magari, in realtà, ha semplicemente il salotto a Barlee-Hertog e la camera da letto a Barlee-Nassau. Nel frattempo bandierine rosse-gialle-nere o bianche-rosse compaiono su cabine telefoniche, cassette postali, cartelli stradali e targhe di automobili per separare i pezzi di città olandesi da quelli belgi.
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Il primo convoglio della metropolitana milanese ha compiuto il viaggio inaugurale con i cittadini il 1° novembre del 1964. Da allora i treni si sono evoluti stando al passo con lo sviluppo della città. Vediamo i modelli che hanno segnato la storia e quelli che segneranno il futuro della metropolitana meneghina.
L’evoluzione dei treni della metro di Milano
# I treni “Tradizionali” a “sagoma intera”
Le prime elettromotrici della linea 1, 2 e 3 sono conosciute con il nome di “Tradizionali”, e sono state realizzate in serie differenti ed entrate in servizio alle inaugurazioni delle diverse lineetra il 1964 e gli inizi degli anni ’90. I convogli della M1 detteranno gli standard per la costruzione del materiale rotabile per tutte le linee delle metropolitane italiane costruite “a sagoma intera” dagli anni ’60 in poi.
#M1 dalla serie 100/200 alla 600/700
Credits: arcgis.com – Immissione M1 in Castello
Per la linea M1 furono costruite in 9 diversi lotti dal 1962 al 1989, dalla serie 100/200 alla 600/700, con le prime serie che presentavano i fari sporgenti, una soluzione abbandonata in quelle successive. Oggi rimangono in servizio quelli del 4º-5º lotto e del 7º-9º lotto revampizzati.
#M2 dalla serie 300/400 alla 500, le prime pensate per un servizio suburbano
Credits mentelocale – Treno M2 1973
I convogli per la M2 furono costruiti in 4 diverse serie (divise in 6 lotti) dal 1970 al 1991, i treni dei primi 4 lotti erano dotati di sole tre porte per lato e la seduta trasversale in quanto pensati per il servizio suburbano visto che inizialmente la M2 era in prevalenza fuori dal centro città, e quindi con la necessità di ospitare più passeggeri seduti rispetto alla M1. Dal 2011 quasi tutti i treni sono stati revampizzati, mentre tra il 2018 e il 2020 le vetture “Tradizionali” sono state accantonate con l’entrata in servizio dei nuovi Leonardo.
#M3 dalle serie 8000 alla 8100 con i primi treni intercomunicanti
Credits: @milanotrasporti metro san donato – Serie 8110
I treni della M3, dalle serie 8000 a 8100, sono stati costruiti in due lotti distinti (divisi in tre serie) dal 1989 al 2004. Sui tutti i treni a sinistra e a destra della veletta sono presenti degli indicatori luminosi a forma di freccia che indicano il lato di apertura porte. La serie 8100 è stata la prima ad avere le carrozze intercomunicanti nella metropolitana milanese.
# 2009: arriva MeNeGhino, il primo treno di nuova generazione
Credits: ilpost.it – Meneghino linea gialla
Nel 2009 ha debuttato nella metropolitana milanese Meneghino, un soprannome coniato interponendo alle tre lettere dell’acronimo MNG (Metropolitana di Nuova Generazione) le vocali e ed aggiungendo in finale due sillabe per ottenere il termine MeNeGhino. Prodotto da AnsaldoBreda e da Firema, circolano su tutte le linee pesanti: 20 sulla M1, 15 sulla M2 e 11 sulla M3. Il convoglio misura 105 metri, è composto di 6 casse ognuna dotata ogni dotato di 8 porte elettroniche per un totale di 24 per lato. Il primo treno della metropolitana a recuperare energia elettrica durante la frenatura, fino a un massimo del 50%.
# 2014: Leonardo, l’evoluzione del Meneghino
Credits marco.colombini77 IG – Leonardo al Deposito Atm San Donato
L’ultimo modello di treno entrato in funzione per le prime due linee metropolitane è stato “Leonardo”, a dicembre 2014, l’evoluzione del Meneghino. Le caratteristiche sono le medesime, salvo essere più lungo di 2 metri, mentre a livello estetico il cambiamento è sostanziale. I profili frontali sono in evidenza, con una cornice del colore che racchiude il logo ATM e si chiude sopra i faretti che tornano leggermente sporgenti. Le livree sono di due tipologie sia per la M1 che per la M2. Le sedute sono più essenziali, con un unico blocco ondulato, le pareti bianche e sono ridotti gli ostacoli visivi. La flotta di treni si compone di 72 treni: 26 per la M1 e 46 per la M2.
I treni della M5, essendo questa linea la prima di Milano con un sistema di guida driverless,non prevedono la cabina per l’autista da nessun lato del convoglio, ma solo un pannello di controllo da usare in caso di emergenza. A differenza delle tre linee “pesanti” M1, M2, M3, le banchine sono lunghe solo 50 metri contro i 110 delle prime tre linee di Milano, e i treni impiegati sono quindi più corti. I convogli di tipo “MAAB” (Metrò Automatico AnsaldoBreda) delle serie 5550 hanno solo 4 casse e misurano infatti 48 metri di lunghezza per 2,65 di larghezza. Un’altra caratteristica distintiva è il fatto che le carrozze hanno anche sedute a salotto e altre richiudibili. Ad oggi sono 21 i convogli in servizio sulla M5.
I treni della futura M4 saranno sostanzialmente identici a quelli della linea M5. Le uniche differenze riguarderanno la livrea esterna, dove il bianco non sarà più il colore predominante, la lunghezza sarà di 50,5 metri invece di 48 e non saranno presenti sedute a salotto. Il numero di convogli previsti a regime, quando la linea sarà interamente operativa, è di 47.
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Ci sono angoli di vecchia Milano che l’espansione famelica della città non ha fatto scomparire. Nuovi insediamenti hanno sostituito le antiche cascine, ma il verde è rimasto come collante. Come in questa area nascosta portata alla celebrità da un servizio del sito blog.urbanfile.org che lo innalza a “quartiere del verde” di Milano. Andiamo a scoprirlo.
La sorpresa di ARZAGA: è il quartiere più VERDE di Milano?
# Il colore del Nord-Ovest
Credits: PCase.it
Nella zona Nord-Ovest di Milano, più precisamente nelle punte più estreme dei Municipi 7 e 8, il verde è il colore di punta. Praticamente tutte le zone più lontane dal centro, in questi punti cardinali, hanno la caratteristica di essere circondati da tanto verde.
È il caso dell’area intorno a Via Arzaga, che porta il nome dell’antico insediamento che fino a 180 anni fa dava il nome all’intera zona che ora è compresa tra Primaticcio, Inganni e Bande Nere.
Sono le ex zone agricole di Milano, che hanno ceduto il passo alla città quando tra fine ‘800 e tutto il ‘900 ha continuato a consumare terreno, nella sua bulimica espansione. La stratificazione urbana, però, non è riuscita a risucchiare tutto il verde, che sembra quasi tenere insieme tutte le diverse forme che ci sono oggi.
Via Arzaga deve il suo nome ad un’antichissima cascina, forse quattrocentesca, che dominava il territorio di Porta Vercellina. Inizialmente, infatti, l’attuale via iniziava proprio da Largo Settimio Severo e da lì conduceva alla cascina.
Il punto esatto è l’incrocio tra Via Arzaga e Via dei Benedettini; lì sorgeva questa bella cascina dall’aspetto inconsueto.
Di architettura neogotica, Cascina Arzaga aveva una facciata molto ampia in mattoni e un immenso ingresso a volta, che dava accesso alla corte interna dove erano visibili le ali, realizzate in pietra e rifinite con portici, che ospitavano le stalle da un lato e le abitazioni dall’altro.
Il complesso, costruito a forma di U, era “chiuso” dall’altro lato dalla bella cappella ottagonale dedicata a San Carlo, versione ridotta di quella di San Carlo al Lazzaretto.
# Il progresso degli anni ’60 rade al suolo l’antica cascina
Credits: Pinterest
Spinto dall’irrefrenabile crescita della popolazione, il Comune di Milano ha acquistato questo territorio, cambiandone radicalmente il volto.
Milano ha continuato a sottrarre terreno agricolo, fino ad arrivare alle soglie della cascina. Nel 1966 Cascina Arzaga viene demolita, in concomitanza con un vincolo che la Sovraintendenza emette ormai troppo tardi, rispetto alla decisione dei proprietari. Un atto barbaro, come lo definisce Urbanfile, che fa perdere per sempre un gioiello del 1400.
Per un certo periodo resta in piedi il chiosco della cappella ottagonale, abitato da un pastore almeno finché, una notte di agosto del 1966, viene anch’esso demolito.
Di Cascina Arzaga restano delle belle foto d’epoca, rigorosamente in bianco e nero e pochi fotogrammi del film “Boccaccio ’70” di Mario Monicelli. Le riprese di quest’ultimo riguardano un episodio dal titolo “Renzo e Luciana”, girato alla fine del 1962 e ritrae i protagonisti immersi in questo angolo di periferia.
Oggi questo quartiere è cambiato, ma non così tanto da rendere impossibile ricostruire – almeno con l’immaginazione – la vita del distretto agricolo della cascina. Il contatto con l’anima di Cascina Arzaga, resta non solo nel nome della via, ma dalla testardaggine del verde che si insinua in ogni singolo cortile delle nuove costruzioni.
Nonostante le diverse stratificazioni, che danno spunto per una datazione dell’espansione di Milano, ogni palazzina di questo distretto è isolata dalle altre grazie alla cintura del giardino con cui sono circondate.
Guardando la zona dall’alto, è oggi visibile l’ingrediente che tiene insieme il quartiere come un collante: il verde dei giardini.
Uno dei capisaldi del distretto è la graziosa Chiesa dei Santi Patroni d’Italia, che sorge proprio in Via Arzaga dal 1965 e che ha sostituito una chiesa in legno costruita per dare un luogo di preghiera alla popolazione in continuo aumento, dopo l’abbattimento della cappella ottagonale di Cascina Arzaga.
La tenacia con cui l’anima agricola del territorio sembra affrancarsi ancora oggi, vive anche nel Villaggio dei Fiori del Lorenteggio.
La vicinanza tra la ex Cascina Arzaga e questo dedalo di vie, tutte intitolate a nomi di fiori, è una contiguità certamente casuale ma desta curiosità. In questo punto si trova il più grande parco pubblico della zona, un altro esempio del carattere della natura che non si arrende all’urbanizzazione selvaggia.
Nel 1969, in piena espansione senza controllo di Milano, questo lembo dell’antica campagna è rimasto libero dalla costruzione caotica dei nuovi quartieri.
Ne è risultata poi una pregevole riqualificazione, che ha portato alla realizzazione del giardino oggi intitolato ad Alberto Moravia.
Forse qui il territorio non è mai cambiato, forse è sempre lo stesso dal lontano medioevo. Il Giardino Moravia, ex Berna Ciclamini, può farci intuire com’era Milano una volta?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ci sono storie che si intrecciano nel tessuto urbano in maniera talmente misteriosa da diventare ben presto vere e proprie leggende. Come nel caso dei fantasmi di Milano, delle credenze popolari ritenute portafortuna (tipo il toro in Galleria Vittorio Emanuele II) e molto altro ancora. Poche zone della nostra città, però, possono vantare un’aurea di mistero come quella che si porta dietro la zona del Naviglio Pavese, e questo grazie a un locale in particolare: la Sacrestia Farmacia Alcoolica. E se per caso non foste a conoscenza della sua singolare storia che si presenta in tre atti, oggi sono qui per raccontarvela.
Siamo nella famosa via Conchetta che, assieme a via Ascanio Sforza, rappresenta lo snodo dei canali attorno al più stretto dei Navigli milanesi, ed è qui che al civico 20 troviamo la Sacrestia Farmacia Alcoolica.
Il contesto storico ci riporta indietro di più di cento anni: siamo infatti all’inizio del XX secolo quando, in linea con il resto dei locali della zona, anche la Farmacia Alcoolica assurgeva a ruolo di Casa di Piacere, sia per poveracci in cerca di emozioni forti che per ricchi e borghesi signori scesi fin quaggiù dal centro di Milano. In questa zona di chiuse e di canali sotterranei, le feste a tema vietato ai minori e le serate a base di superalcoolici non trovarono alcuna diga a rallentarne il flusso di clienti provenienti non solo da Milano, ma anche da buona parte della provincia, e neanche la Grande Guerra ne frenò la fama. Le cose sarebbero state destinate a cambiare solamente dopo la seconda guerra mondiale.
# Secondo atto: la FARMACIA
Le leggi della neonata Repubblica sempre più atte a ricostituire un ordine e una civiltà smarritesi in Italia durante gli anni bui del conflitto mondiale rappresentarono uno spartiacque anche per gli hobby dei libertini di allora. Le città furono ricostruite, gli orrori del fascismo buttati alle spalle, ma un certo bigottismo iniziò a prendere pian pianino piega nel costume della Penisola. Di anno in anno, iniziarono a chiudere tutti i cosiddetti “bordelli”, e questo è il motivo per cui la vecchia Sacrestia fu acquisita dalla potente Curia di Milano. In breve tempo le mura di questo locale furono convertite per trasformarlo in una più funzionale (e più “pulita”) farmacia.
Questa fu la seconda di tre facce che questo storico luogo di Milano ebbe la fortuna di indossare.
L’ultimo punto di questa fiaba milanese del tutto autentica coincide con l’attuale forma assunta dalla nostra farmacia alcoolica: un punto di ritrovo per la vita notturna. E se un tempo ci si recava qui per acquistare erbe, spezie e medicamenti, ma prima ancora ci si dilettava con qualche bella signorina, oggi in via Conchetta 20 troviamo un locale davvero camaleontico, che ha saggiamente mantenuto l’atmosfera e le caratteristiche del suo piccante passato. Grazie al fatto di aver mantenuto la struttura originale, qui si ha la possibilità di vivere due universi completamente differenti, dove trasgressione ed etica coesistono all’interno dello stesso spazio, in un alone di intrigo e di leggenda. Si può scegliere fra apericena con un ricco buffet, oppure un vario menù a base di cucina mediterranea (degustazione di salumi e formaggi come portate iniziali, pietanze
come la parmigiana di melanzane, la tagliata ed altre proposte culinarie della tradizione italiana).
Inoltre, se avete un evento da programmare, questa location sicuramente lascerà a bocca aperta i vostri invitati: infatti è possibile riservare la sala chiamata “Sala della Sciura Cesara” posta al piano inferiore, per vivere il vostro compleanno o laurea nel pieno della magia della Sacrestia.
L’atmosfera è unica, caratterizzata dalla presenza di luci soffuse, busti e statue, sipari in velluto, chaise long e specchi ad ogni angolo. I proprietari hanno voluto conservare drappi, tendaggi color porpora, poltrone e lampadari originali; e ancora la vecchia insegna della Farmacia recuperata e restaurata, la collezione di alambicchi e barattoli di spezie necessarie alla preparazione dei medicamenti: è il richiamo sia ai “Piaceri Particolari” della Casa che alle cure “alchemiche” degli Antichi Rimedi. Ma come detto la Sacrestia non è solo un locale aperitivo: il segno incessante del tempo che qui dentro si è fermato è rappresentato dalla sala ristorante dove ci si può imbattere in orologi a pendolo, stoppatisi chissà in quale dei tumultuosi anni che questa perla della vita notturna milanese ha conosciuto.
Conoscevate la storia della Sacrestia Farmacia Alcoolica? Ci siete mai stati? Diteci la vostra nei commenti!
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Sonia Bedeschi. Nata a Tortona, trasferita a Milano ai tempi dell’Università. Giornalista su carta, video e radio con collaborazioni, tra gli altri, con Mediaset, Telelombardia e Il Giornale.
Sonia BEDESCHI: “la mia Milano tornerà a SOCIALIZZARE”
Sonia Bedeschi
La cosa che ami di più di Milano?
Le sue bellezzearchitettoniche, la sua cultura e la dinamicità.
Credits: @milanocityitalia IG
Quella che invece ti piace di meno?
Il degrado delle periferie.
Il tuo locale preferito?
Le abbazie come Mirasole.
Credits: @vittoschiero Abbazia Mirasole
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Come giornalista scoprire gli aneddoti milanesi e le figure storiche che hanno reso grande Milano.
La canzone su Milano a cui sei più legato?
O mia bela Madonnina, senza dubbio! Perché ho creato trasmissioni sullo spirito milanese e questa è senza dubbio la colonna sonora.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Milano2 per il suo verde, la praticità e tutto a disposizione.
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Organizzare e moderare convegni per le giovani generazioni su temi sociali.
La fermata della metro a cui sei più affezionata (e perché)?
Fermata metro preferita è Lotto, è stato il mio primo colloquio a Telenova, zona a cui sono affezionatissima e che ho visto migliorare negli anni.
Presentazione delle nuove fermate della M5, fermata Lotto (Luca Matarazzo, MILANO – 2015-04-27)
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Vedere una giovane ragazza in metro, sedermi accanto, scoprire di frequentare la stessa università IULM, condividere studi, diventare giornaliste insieme e sceglierla come mia testimone di nozze. Lei è Chiara Maffioletti del Corriere della Sera. Destino!
Chiara Maffioletti
Il quartiere che ami di più?
Zona Castello.
Credits: mondointasca.it
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Chiederei di coinvolgere le giovani generazioni in laboratori/workshop/spettacoli dove riscoprire le persone che hanno reso grande la Lombardia e l’Italia agli occhi del mondo. Inventori/imprenditori. Riscoprire la nostra storia e il nostro essere italiani!
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Favorevole a regione autonoma.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Se lasciassi Milano andrei a vivere sul lago di Garda.
Credits: siviaggia.it – Lago di Garda
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
2 miliardi ben spesi: riqualificherei scuole in città e case nelle periferie. Gestirei diversamente traffico automobilistico e sicuramente meglio il traffico su due ruote. Milano ha tanto da valorizzare, non dobbiamo copiare realtà esistenti. Ogni città ha la propria storia da valorizzare. Nb: più strutture per i senzatetto.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
L’augurio è che si ritorni a socializzare con eventi mirati. Lo Smart-working ha creato troppa alienazione, dobbiamo tornare a guardarci negli occhi e a stringere relazioni. Non abbiamo nulla da invidiare agli Americani … anzi!
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Nel cuore del Mar Mediterraneo c’è un simpatico gattino che gioca con qualcosa—forse un gomitolo. No, non siamo impazziti. Continuate a leggere per scoprire una piccola ma meravigliosa isola italiana… A forma di gatto.
Il GATTINO GIGANTE che gioca in mezzo al MARE di NAPOLI
Che i gatti abbiano il magnifico—e improbabilissimo, a volte—dono di trovarsi nei posti più impensati è un dato di fatto. Ma che un gattino si trovi addirittura nel bel mezzo del Golfo di Napoli sembra strano… No, non stai leggendo il deliro di una gattara, non preoccuparti. Sto solo parlando di un’isola. Un’isola a forma di gatto.
Credits: @Astro_Soichi
# Procida, l’isola dei gatti… A forma di gatto
L’isola di Procida non è estranea alla fama. Conosciuta e amata già dagli antichi greci, si dice che sia sorta sul corpo esanime del giganteMimante, fu la patria di Arturo nel romanzo di Elsa Morante e, in generale, è un’isola bellissima, piena di colore con le sue abitazioni variopinte, con un mare da mozzare il fiato, e con piccoli e affascinanti borghi marinari da scoprire.
Credits: @ turismo.it
Ma Procida è conosciuta anche come l’isola dei gatti. Sembra che in questa isoletta baciata dal sole i felini abbiano trovato una casa confortevole e accogliente, in cui la convivenza con gli esseri umani è non solo pacifica, ma addirittura affettuosa. Certo, non è sempre stato così, però…
Credits: @ kodami.it
# La storia dell’isola dei gatti
Nel VIII secolo il Regno dei Borbone diede la caccia ai mici di Procida, senza tregua e senza nessuna pietà, dato che questi mal convivevano con la passione del re per la caccia ai fagiani. Fu solo quando, dopo aver “disinfestato” l’isola, i topi presero il sopravvento e invasero l’isola che gli abitanti di Procida si ribellarono, e i gatti ripresero a vivere tra le stradine dell’isola.
Credits: @ repubblica.t
Da quel momento, sembra che esista un legame indissolubile tra Procida e i gatti: i suoi abitanti e i mici convivono amabilmente, come in una favola, e i gatti sono davvero ovunque. Appena sbarcati a Marina Grande, se ne incontrano a decine, e da Punta Murata, il luogo più alto di tutta Procida, è possibile vederli, come piccoli puntini colorati, percorrere le vie o accoccolarsi al sole del Golfo.
# Si vede un gatto dallo spazio!
Quando dico che i gatti a Procida sono ovunque… Intendo davvero ovunque, anche nella forma. Nel maggio 2021 una foto dell’astronauta giapponese Soichi Noguchi ha fatto letteralmente il giro del mondo, portando nuova fama a Procida. Lafotografia, scattata dallo spazio, ritrae Procida come un piccolo gattino che gioca in mezzo al Mediterraneo.
Credits: @Astro_Soichi
Sembra quasi che il pianeta Terra abbia deciso il destino di Procida ancor prima che I Borbone si arrendessero ai gatti procidani.
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I NUOVI GRATTACIELI in arrivo a Milano nei PROSSIMI TRE ANNI
2022
#1 Il grattacielo Gioia22 in Porta Nuova, alto 120 metri per 26 piani, ospiterà entro la fine dell’anno Intesa Sanpaolo
Credits Andrea Cherchi – Gioia 22
Entro la fine dell’anno l’intera divisione Fideuram – Intesa Sanpaolo Private Banking, si trasferirà dalla sede attuale di via Montebello 18 alla “Scheggia di vetro”. Il nuovo grattacielo Gioia 22 è stato così soprannominato a causa della sua particolare architettura che si sviluppa allargandosi in una tensione verso l’alto e che al contempo si protende verso il basso. Disegnato da Pelli Clarke Pelli Architect ha un’altezza di 120 metri per 26 piani e sarà il primo edificio a emissioni zero ad inaugurare a Milano. Rimane solo da completare la configurazione e l’arredamento degli uffici prima della consegna ufficiale.
#2 Entro il 2022 il “Nido verticale”, di 120 metri per 23 piani, sarà occupato da Unipol
Credits Andrea Cherchi – Torre Unipol
La struttura della torre Unipol a firma dell’architetto Cucinella, ormai nota come il “Nido verticale” per la sua forma e struttura, è stata completata e anche il rivestimento è quasi arrivato al termine. Alto 120 metri per 23 piani il grattacielo che affaccia su via Melchiorre Gioia e la Biblioteca degli Alberi dovrebbe essere occupato entro la fine dell’anno.
#3 Negli edifici 3 e 4 del Social Village in zona ex-Expo, rispettivamente di 65 e e 84 metri, arriveranno i primi inquilini nei prossimi mesi
All’interno dell’ex Expo Village, il complesso residenziale realizzato per ospitare i partecipanti di Expo 2015, lo studio CZA Cino Zucchi Architetti ha terminato la realizzazione di due torri, alte rispettivamente 65 e 84 metri, che vanno a completare il complesso di Social Housing del lotto R9 del progetto Cascina Merlata. I circa 200 alloggi sono ad affitto a canone concordato e patto di futura vendita e sono già stati tutti allocati. Nei prossimi mesi arriveranno i primi inquilini.
#4 Il complesso di Torre Aurora è stata concluso alla fine del 2021
credits: www.modulo.net
Torre Aurora è un progetto residenziale, firmato dallo Studio Calzoni Architetti, che ridà vita ad uno dei più grandi isolati tracciati nel piano Beruto del 1889. Si tratta di un complesso di 3 edifici residenziali che affaccia sul quartiere di Citylife, costituito da due blocchi lineari e la torre di 19 piani e 70 metri d’altezza, realizzata da Borio Mangiarotti Spa. Terminata alla fine del 2021, conta 143 appartamenti, 172 box ed 11 posti auto, inizierà ad essere abitata nei prossimi mesi.
#5 Gli appartamenti di Torre Milano, nel quartiere Maggiolina, 83 metri distribuiti su 24 piani, dovrebbero essere consegnati entro la fine del 2022
Torre Milano
Torre Milano, con un’altezza di 83 metri con 24 piani, ha da poco concluso i lavori. Un progetto interamente milanese, frutto della collaborazione di tre grandi nomi dell’immobiliare della città: Impresa Rusconi, Storm.it e lo studio di architettura Beretta Associati, che ha progettato l’edificio ispirandosi ai grattacieli simbolo del boom economico della città e agli stilemi tipici dell’architettura razionalista. Il progetto è frutto anche di uno dei primi interventi di equity crowdfunding immobiliare. Entro la fine del 2022 è prevista la consegna degli appartamenti.
2023
#1 Città Contemporanea 3.0: tre edifici in linea più una torre di 92 metri nel progetto di Cascina Merlata pronti alla fine del 2023
Credits Andrea Cherchi – Lotto 3.0 Città Contemporanea
Città Contemporanea 1.0 e 2.0 già consegnate, iniziati da poco i lavori per il lotto 3.0, tutto il progetto è frutto della collaborazione tra lo studio Antonio Citterio Patricia Viel e CMB. Insieme hanno condotto una co-progettazione integrata che si esplica nella qualità dei materiali, nella scelta degli elementi di design degli edifici e degli spazi pubblici. In questo terzo lottosono previsti quattro edifici, tre in linea, più una torre di 28 piani e 92 metri, per un totale di 357 appartamenti. Tutti questi edifici fanno parte del lotto R7 riservato all’edilizia convenzionata del progetto di Cascina Merlata. I lavori dovrebbero concludersi nel 2023.
#2 Trilogy Tower: tre torri in zona Portello, la Platinum sarà alta 69 metri. I lavori partiti a giugno 2021 dovrebbero finire entro il 2023
Trilogy Towers
Trilogy Towers è un complesso residenziale in zona Portello con affacciano su CityLife e il vicino Monte Stella, firmato da Abitare In. Il progetto strutturale è dell’ingegner Alfonso Corredor di Studio PP8, mentre il progetto architettonico è di BAEC (Building Appraisal & Estimating Consulting). Costituito da tre torri di altezze diverse collegate al piano terra e denominate rispettivamente: Gold, Diamond e Platinum, la più alta avrà 17 piani e un’altezza massima di 68,80 m.I lavori sono iniziati a giugno del 2021 e dovrebbero concludersi per la fine del 2023.
#3 Nei pressi del futuro capolinea ovest San Cristoforo della linea M4 è in costruzione Terminal Tower: alta 65 metri per 18 piani
Credits: grattacielimilano.it
Nel 2021 sono iniziati i lavori di costruzione della Terminal Tower che comprende 33 unità residenziali, su una torre di 18 piani su 65 metri d’altezza, di cui 20 trilocali, 7 bilocali, 6 quadrilocali oltre a 40 posti auto. Il progetto si colloca in un’area al centro di un importante progetto di riqualificazione urbana che prevede la realizzazione di un parco di circa 140.000 mq e della nuova linea metropolitana cittadina M4 San Cristoforo integrata con la fermata della linea suburbana S9. Alla fine del 2023 si prevede la consegna degli appartamenti.
2024
#1 I grattacieli fratelli “Gioia 20 Est” e “Gioia 20 Ovest”: prospicenti “la Scheggia” in consegna nel 2022, alti rispettivamente 98 e 64 metri
Il progetto di “Gioia 20” è suddiviso in “Gioia 20 Est”, alto 98 metri di fronte a “Gioia 22”, e “Gioia 20 Ovest” di 64 metri. A fine 2020 sono state predisposte le aree di cantiere e le opere speciali propedeutiche a scavi e fondazioni che dovrebbe partire a breve. Le due torri ad uso terziario, che rientrano nel vasto progetto di Porta Nuova Garibaldi Varesine, andranno a coprire gli ultimi due buchi rimasti in questa porzione del Centro Direzionale. Consegna prevista tra fine 2023 e inizio 2024.
#2 Park Towers: le due torri affacciate sul fiume Lambro. La più alta raggiungerà i 77 metri
Park towers
Park Towers Milano è un progetto di Asti Architetti gestito da BlueStone, primario sviluppatore immobiliare. Le due torri di 77 e 55 metri d’altezza, entrambe con affaccio sul parco Lambro, sono composte da 107 appartamenti di diversi tagli e metrature, 123 box e si svilupperanno su un area verde di circa 5.000 metri quadrati ad esclusiva fruibilità dei residenti con spazi comuni come co-working, palestra, area gioco bambini, delivery room, sala eventi. A gennaio di quest’anno è iniziata la palificazione, mentre la consegna è prevista tra la fine del 2023 e i primi mesi del 2024.
2025
#1 The Gate: il quarto grattacielo di Citylife soprannominato “lo sdraiato”, toccherà la quota massima di 110 metri
Il quarto grattacielo
The Gate, soprannominato dai milanesi anche “lo sdraiato” per rimanere in linea con le definizioni date alle vicine tre torri il dritto, lo storto e il curvo, è l’ambizioso intervento di Bjarke Ingels Group (BIG): la nuova porta d’ingresso alla città. Due edifici autonomi collegati da una struttura a portico sospeso lunga ben 140 metri, sotto il quale ci saranno spazi di lavoro, negozi, ristoranti, due corti private ed un rooftop bar con piscina. L’edificio più basso, circa i 50 metri d’altezza, comprenderà un hotel di 10 piani e più di 120 camere, il più alto adibito ad uffici arriverà a 110 metri di nell’estremità strutturale. Le attività di scavo sono iniziate nel 2022 e la consegna è prevista nel 2025.
#2 Torre Faro A2A sarà il primo grattacielo nel sud Milano, alto 145 metri per 28 piani. In ritardo sulla tabella di marcia, non sarà pronto prima del 2025
Torre Faro A2A
Torre Faro sarà la nuova sede milanese di A2A, la più grande multiutility italiana. L’edificio servirà a raggruppare sotto un unico tetto gli svariati uffici sparsi sul territorio. Caratteristica saliente del progetto sarà l’originale “spaccatura” centrale a circa 60 metri d’altezza con giardini pensili oltre che l’uso di innovativi sistemi di efficienza energetica ed eco sostenibilità. Raggiungerà i 145 metri per 28 piani complessivi. Rispetto al cronoprogramma iniziale i lavori non sono ancora cominciati, è ancora in fase di definizione la sistemazione dell’area pubblica circostante, e non sarà quindi terminato prima della fine del 2025.
#3 TPR Tower of professions: lungo la ferrovia Milano-Mortara delimitato a sud dal Naviglio Grande, 20 piani per 75 metri
Credits solids – TFR
Il progetto TPR prevede la costruzione di un complesso edilizio multifunzionale di 19.000 mq su una posizione strategica lungo la ferrovia Milano-Mortara che collega Corsico al centro di Milano in pochi minuti. Il complesso, che si affaccia su un parco urbano esistente delimitato a sud dal Naviglio Grande, sarà composto da una grande lastra orizzontale di due livelli fuori terra, sormontata da una torre di 20 piani per un’altezza di 75 metri. All’ultimo piano è previsto uno Sky bar e un ristorante con vista a 360°. La progettazione definitiva è in fase di ultimazione, l’orizzonte per il fine lavori è il 2025.
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