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Oh mia Bela Madunina: la storia che solo pochi sanno della «Regina di Milano»

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Credits: @simociocca Madonnina

L’anima della città sovrasta la piazza dalla più alta guglia. Non tutti conoscono però la sua storia. 

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Oh mia Bela Madunina: la storia che solo pochi sanno della «Regina di Milano»

# Lo stratagemma contro la paura dei fulmini

Credits: @andreacherchi_foto
Madonnina

Con un’altezza di 4,16 metri, in rame dorato, realizzata da Giuseppe Perego, la statua che rappresenta la Madonna Assunta, ricopre un ruolo culturale e religioso molto importante. Rappresentata con le braccia aperte in segno di invocazione, a protezione della città, la Madonnina ha una storia molto antica.

Siamo infatti nel 1300 quando i Visconti, una delle più antiche e nobili famiglie d’Italia, espressero il desiderio che la nuova Cattedrale del loro regno venisse consacrata alla Vergine Maria. Trascorsero però più di due secoli prima che qualcuno ipotizzasse di realizzare la scultura che la rappresentasse.

Il suo completamento avvenne senza grandi cerimonie, anzi, si racconta che la collocazione della statua sulla guglia più alta, destò moltissime preoccupazioni, soprattutto in uno dei più famosi esponenti della cultura italiana dell’epoca, Pietro Verri, il quale temeva che, a causa del peso, la statua potesse far crollare la chiesa e che attirasse fulmini, essendo la stessa di rame. In realtà non tutti sanno che l’alabarda che tiene in mano è un vero e proprio parafulmine, perfettamente funzionante e atto a proteggere la città in caso di maltempo.

# Durante le Cinque Giornate di Milano “guidò” i milanesi 

La Madonnina non è soltanto un importante simbolo religioso, ma anche un grande segno civico, a partire da quando, durante le Cinque Giornate di Milano, venne alzato il tricolore sulla statua per segnalare l’evacuazione della città dalle truppe austriache. Quella vista rincuorò l’intera città, risvegliando l’orgoglio dei combattenti e portandoli alla vittoria. Ancora oggi, in occasione di particolari eventi religiosi e civili, sull’alabarda posta a destra della Madonnina, sventola la bandiera italiana.

# Ricoperta di stracci durante la Guerra

Credits: @passeggiate_milanesi
Madonnina

Durante la Seconda Guerra mondiale, per evitare che la statua diventasse bersaglio per i bombardieri, i milanesi ricoprirono per cinque anni la statua con degli stracci.

# Le 4 Madonnine

La Madonnina mignon (Pirellone)
La Madonnina mignon (Pirellone)

Secondo la tradizione, nessuna costruzione avrebbe potuto superare, in altezza, la Madonnina. Edifici come la Torre Velasca, non superano infatti quelle misure. Quando però venne completato il Pirellone, allora sul tetto dell’edificio, a 127 metri, venne posta una copia della statua rimasta lì fino al 2010, per rispettare la tradizione. In suo onore venne scritta la famosa canzone “Oh mia bela Madunina”, ad opera di Giovanni D’anzi, canzone divenuta poi, col tempo, anche simbolo della città meneghina.

La tradizione di posizionare una Madonnina in cima agli edifici che superino in altezza il Duomo si è mantenuta negli anni. Oggi sono addirittura quattro le Madonnine che vegliano nel cielo di Milano. 

Continua la lettura con: Le 4 Madonnine di Milano

FABIANA CRIVELLO

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Piazza Borromeo, la piazzetta nel cuore dei giovani di Milano

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Credits: @mariannaiandolo Piazza Borromeo

Vicino ad uno degli incroci più significativi della città c’è una piazzetta molto amata dai giovani di Milano. Punto di ritrovo nelle serate estive e primaverili, è un luogo dalla lunga storia, nonché particolarmente legato alla famiglia che gliene dà il nome.

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Piazza Borromeo, la piazzetta nel cuore dei giovani di Milano

# Sulla piazza troneggia una delle chiese più antiche di Milano

Credits: @karola_jakubiak0_0
Chiesa di Santa Maria Podone

Nei pressi delle “Cinque vie” e vicino a piazzale Cordusio, tra una delle chiese più antiche di Milano e un palazzo medievale, si apre Piazza Borromeo. Prende il nome dalla storica famiglia del centro-nord Italia che, nel suo periodo di splendore, era proprietaria della maggior parte degli edifici nella zona nonché di quelli che creavano lo spiazzo centrale.

La piazza è dominata dalla Chiesa di Santa Maria Podone, uno degli edifici religiosi più antichi della città, risalente al nono secolo dopo Cristo. Più precisamente la chiesa è stata costruita nel 879 su un terreno donato da un certo Vuerolfo Podone, da qui il nome, ma nel corso dei secoli subì numerose modifiche. Da parte di chi? Naturalmente dalla famiglia Borromeo. Fu infatti Vitaliano Borromeo il primo a commissionare alcuni rimaneggiamenti durante il XIV secolo, Carlo Borromeo fece poi aggiungere il campanile, ancora visibile, e Fabio Mangone richiese ulteriori modifiche nel 1626. La chiesa oggi è proprietà della Chiesa Greca Ortodossa di Milano, ma nel Medioevo era considerata dai Borromeo la loro cappella, tanto che sulla facciata, sopra il grande finestrone, c’è lo stemma della famiglia.

# La famiglia Borromeo e il suo palazzo

Credits: @MarcoTrovò Flickr
Palazzo Borromeo

Ovunque ti giri all’interno della piazza si nota l’impronta della famiglia che a partire dal XIV secolo scelse Milano come sede dei suoi affari. Altro edificio importante della piazza è Palazzo Borromeo, costruito nel 1300 e ancora oggi esempio perfetto dell’architettura dell’epoca. Un tempo la piazza era completamente circondata da edifici di proprietà della famosa famiglia, ma durante la Seconda Guerra mondiale la maggior parte di questi venne distrutta. Lo stesso Palazzo Borromeo ai tempi era enorme, mentre oggi ne rimane solo una piccola parte ricostruita nel dopoguerra.

Piazza Borromeo è quindi un luogo ricco di storia e testimone delle vicende di Milano da prima dell’anno mille. Ed è proprio questa storicità che si incontra con la voglia di vivere dei tanti giovani che trascorrono proprio in questa piazza la maggior parte delle loro serate. Ma perché la piazza è così popolare tra i giovani?

# Tavolini sul piazzale, cocktail d’asporto e serate estive

Credits: @aperitivi_urbani
Piazza Borromeo, Milano

Sarà l’atmosfera vivace dei tavolini sul piazzale, dei cocktail d’asporto bevuti sul muretto e delle sere primaverili o estive, tra una chiacchera e l’altra, a rendere Piazza Borromeo così popolare tra i giovani. Affacciati alla piazza ci sono due bar per eccellenza il Flow Milano e il B Restaurant, l’uno con un salotto in stile inglese e l’altro tra raffinatezza e eleganza, entrambi accolgono i giovani milanesi.

Piazza Borromeo in realtà è però per tutte l’età. C’è chi va nei suoi locali per una cena, chi per sgranocchiare patatine, taralli e finger food in un aperitivo post lavoro e chi invece esce la sera tardi per bersi una birra, un bicchiere di vino o altro. Sempre in zona ci sono poi il B Cafè, in via S. Maurilio, e il Flowine, locale direttamente collegato al Flow Milano. A 10 minuti a piedi dalla piazza poi si trovano alcune delle discoteche più frequentate di Milano, come ad esempio il Volt in via Molino delle Armi.

Il suo clima piacevole che si crea soprattutto nei mesi più caldi ha reso la piazza un punto di riferimento per le serate di Milano.

 

Continua la lettura con: I LOCALI PIÙ STRANI DI MILANO per una serata originale

BEATRICE BARAZZETTI

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I misteri di Gerundo, il lago che bagnava Milano

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Lago Gerundo

C’era una volta un grande lago che bagnava Milano. Nella zona est- sud est, corrispondente all’area del lodigiano.

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I misteri di Gerundo, il lago che bagnava Milano

# Il lago con il terribile mostro (che ha ispirato il simbolo di Milano)

Milano non aveva il mare. Ma un lago sì. Un grosso lago, chiamato Gerundo: si diceva che ospitasse anche un terribile mostro, il drago Tarantasio.
Secondo la leggenda, questo mostro avrebbe ispirato il simbolo di Milano, il biscione che tiene in bocca un bambino. Ma si tratta di storia o di leggenda?

# Le prove della sua esistenza: resti di palafitte, piroghe e scheletro di un mini balenottero nelle campagne

Santuario_della_beata_vergine_delle_grazie_curtatone
Santuario_della_beata_vergine_delle_grazie_curtatone

Il nome Gerundo deriva probabilmente da géra, la “ghiaia” (oppure gérola), letteralmente “sasso”. Ci sono diverse prove dell’esistenza di questo grande lago. Ad esempio, ci sono nella zona resti di palafitte e si è ritrovato anche uno scheletro di una specie di balenottero nelle campagne tra Milano, Pavia e Cremona. Questi resti si possono riscontrare, ad esempio, nella chiesa di San Cristoforo, nel lodigiano, e nella chiesa di San Bassiano, a Pizzighettone.
Così come sono state ritrovate, nella stessa area, 11 piroghe, datate tra il 400 ed il 750 dopo Cristo.

Anche la toponomastica deriva ancora dal vecchio lago, come indicano i paesi Gera d’Adda, Gerola, Girola o la cascina Taranta.
La prova definitiva è quella dei geologi che indicano con certezza l’esistenza, appena fuori di Milano, di un lago preistorico, paludoso, malsano, ricco di ghiaia, il cui sottosuolo emanava metano e idrogeno solforato. Un luogo che doveva essere infernale. Tanto da sembrare il luogo perfetto per un terribile mostro. 

# Il lago del drago Tarantasio

Mentre sull’esistenza del lago sembrano non esserci più dubbi, per il suo elemento più iconico è più difficile capire dove passi il confine tra storia e leggenda.
Stiamo parlando di Tarantasio, il drago-dinosauro che divorava uomini e bambini, dall’alito asfissiante – come le esalazioni di metano -, al quale venivano offerti sacrifici umani.

Il drago se la prese anche con il figlio del fondatore della dinastia dei Visconti il quale con un colpo di spada strappò il suo erede dalle fauci del mostro, uccidendo la grossa bestia.

Per eliminare ogni rischio, Visconti fece prosciugare il lago di Gerundo e bonificare la palude. Lasciando a memoria dell’impresa, un’immagine scolpita sulla pietra.

Nasceva così il Biscione, il simbolo di Milano.

Continua la lettura con: Anche Milano ha il suo mostro di Loch-Ness

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Quando un radical chic del centro finisce per sbaglio a Ponte Lambro

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Ma cos’è sta roba qua?

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Continua con: Sei un automobilista milanese e ami fare gli scherzetti ai pedoni

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Metro M5 da Milano a Monza: c’è la data! Quando ci sarà la prima corsa

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hqmonza.it - M5 a Monza

Il prolungamento più importante tra quelli previsti per la metropolitana di Milano: la prima in Italia ad arrivare in un’altra provincia. Nell’attesa di recuperare tutte le risorse per coprire gli extracosti, è stato definito il cronoprogramma. Ecco quando è prevista la prima corsa.

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Metro M5 da Milano a Monza: c’è la data! Quando ci sarà la prima corsa

# Aggiornato il cronoprogramma su richiesta del Comune di Milano

Credits: Andrea Cherchi – Regione Lombardia

Forse ci siamo. Regione Lombardia, come riportato da Milano Today, ha approvato una delibera di Giunta per aggiornare il cronoprogramma relativo alla realizzazione del prolungamento di M5 verso Monza. L’atto si è reso necessario a seguito della richiesta da parte del Comune di Milano, in qualità di ente attuatore dell’opera, di posticipare di due anni, al 31 dicembre 2026, l’obbligazione giuridicamente vincolante. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno in quanto Palazzo Marino aveva già anticipato questa decisione, avvallata dal Ministero delle Infrastrutture, giustificata dall’assenza di adeguata copertura finanziaria. Copertura che però ancora non c’è. Vediamo perchè e quanto denaro servirebbe.

# Il conto degli extracosti potrebbe salire a oltre mezzo miliardo di euro: queste le cause

Credits hoigole IG – Palazzo Marino

Le prime stime fatte dal Comune di Milano parlavano di circa 400 milioni di euro, per un’infrastruttura che era stata finanziata integralmente con 1,296 miliardi di euro. La cifra potrebbe in realtà essere più alta, come spiegato dall’Assessore regionale alle Infrastrutture e Opere pubbliche, Claudia Maria Terzi, e superare i 500 milioni di euro. Ancora non si ha certezza sull’ammontare e per l’associazione HQ Monza, da anni impegnata nel sostenere la realizzazione del progetto, è colpa di Palazzo Marino che non ha presentato i documenti atti a motivare l’esborso aggiuntivo. In realtà anche il governo aveva fatto tale richiesta. Il problema va ricercato nel fatto che il Comune di Monza ha inviato la documentazione conclusiva della progettazione solo alcuni giorni fa, a seguire gli altri comuni.

Tra le cause degli extra costi troviamo infatti, oltre all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, anche la progettazione definitiva delle fermate, in alcuni casi cambiate rispetto ai disegni del 2017, e l’adeguamento delle tecnologie. Pertanto senza queste informazioni non è possibile avere un conteggio preciso. Al momento nell’ultima legge di Bilancio sono stati promessi 300 milioni di euro, spalmati dal 2027 al 2036, un altro centinaio potrebbero arrivare dal Pirellone.

Ma rivediamo il tracciato.

# La prima metropolitana a collegare due capoluoghi di provincia

Credits ascuoladiopencoesione.it – Tracciato M5

Il progetto di estensione della linea M5 prevede un raddoppio del tracciato attuale da Bignami al Polo Istituzionale di Monza: 11 fermate e 13 chilometri. Si tratta della prima metropolitana a collegare due capoluoghi di provincia, con 4 fermate nel Comune di Cinisello Balsamo compresa quella di interscambio prevista a Bettola con M1, e altre 7 a Monza con stop tra le altre alla stazione principale, in piazza Trento Trieste, al Parco della Villa Reale e all’Ospedale San Gerardo. Nel capoluogo brianzolo è contemplato anche il deposito, la linea M5 è l’unica al momento a non averne uno, su 20 ettari dell’area agricola del Casignolo. La frequenza dovrebbe essere di una corsa ogni 3 minuti nelle ore di punta, in 6 minuti negli altri orari, la distanza tra i due capoluoghi, Polo Istituzionale di Monza e San Siro Stadio, di circa 50 minuti.

Leggi anche: M5: i 7 difetti che la rendono la «Cenerentola» delle metropolitane di Milano

# Ufficiale lo slittamento: prima corsa nel dicembre del 2033

credit: discoradio.it

La procedura degli espropri sta andando avanti dal 2023, mentre MM sta lavorando per completare il progetto dopo avere ricevuto le ultime documentazioni da parte dei comuni interessati dal tracciato e procedere nella realizzazione del bando di gara. In base all’aggiornamento del cronoprogramma quest’ultimo dovrebbe essere pubblicato tra la fine del 2026 e l’inizio del 2027, per poi dare avvio ai lavori nel settembre del 2027. Sono previsti 7 anni di cantieri, con termine a marzo 2023 e prima corsa nel dicembre 2033.

Continua la lettura con: I tram di Milano che si potrebbero trasformare in metropolitane: questa la nuova mappa

FABIO MARCOMIN

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Le 10 «vie dei mestieri» di Milano

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Credits: ubanfile.org

Tra le tante vie di Milano ce ne sono alcune che rimandano a un’antica epoca di Milano.  Troviamo ad esempio le vie dei Mestieri, in prevalenza circoscritte nel nucleo storico, che ricordano la vita economica della città. Nello specifico rimandano all’età comunale e del Ducato di Milano quando erano le corporazioni di arti e mestieri a spadroneggiare in città. Foto cover: UrbanFile 

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Le 10 «vie dei mestieri» di Milano

#1 Via Armorari

Credits jeeldamilano IG – Via Armorari

Iniziamo da via Armorari, sul retro di piazza Cordusio, oggi conosciuta soprattutto per il mercatino domenicale per i collezionisti di numismatica e filatelia. Letteralmente è la via degli armaioli: qui un tempo erano presenti botteghe e officine che costruivano e vendevano armi. Pochi sanno che nel Rinascimento Milano era una delle capitali mondiali di armi. 

Leggi anche: I segreti di Piazza Cordusio

#2 Via Spadari

Credits marcelloantoninomarianegri IG – Via Spadari

Pochi passi e si rimane nello stesso tema. Spostandoci verso sud troviamo via Spadari, il cui nome prende a riferimento le botteghe che realizzavano e commerciavano le armi bianche. Tra queste c’erano spade e corazze per tutta la corte prima viscontea e poi sforzesca.

#3 Via Orefici

Credits Andrea Cherchi – Via Orefici

Pochi metri più avanti c’è una delle vie che collega piazza del Duomo con piazza Cordusio: via Orefici. Oggi è nota per i suoi edifici ottocenteschi e per negozi di lusso, uffici e ristoranti raffinati. Anche nei tempi antichi era una strada pregiata, dove si concentravano laboratori e negozi di oreficeria.

#4 Via Speronari

Credits: urbanfile.org

Via Speronari, la breve e stretta strada che unisce via Torino con via Mazzini, deve il suo nome alle piccole botteghe che costruivano e vendevano bardature e finimenti per cavalli, elmi e altri componenti simili durante il periodo del Rinascimento. Per riportare la stradina agli antichi fasti il celebre blog UrbanFile ha proposto di sostituire l’asfalto con un pavé pedonale (vedi immagine)

#5 Via Cappellari

Credits alessandro.barra.988 IG – Via Cappellari

Via Cappellari si trova proprio nell’incrocio in cui sbuca via Speronari e il suo nome è legato alla presenza di artigiani produttori di cappelli e berretti. Un tempo infatti si chiamava via dei Berrettari

#6 Via Mercanti

Credits Andrea Cherchi – Via Mercanti

Via Mercanti è il risultato della trasformazione dell’originaria piazza Mercanti, che oggi è circoscritta oltre la loggia, in una via di circa 200 metri che unisce piazza del Duomo al Cordusio. Come dice il nome, questo era fino al XIX secolo il luogo di scambi e anche dove si teneva la Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!, dalla tipica esclamazione dello stupore delle persone verso quello che veniva presentato sui banchi di vendita.

#7 Via Pattari

Credits katochin.travel IG – Via Pattari

Via Pattari, e l’omonima piazza collegata, ricorda invece uno dei mestieri più umili: lo straccivendolo e venditore di cianfrusaglie. Il termine pattari era infatti usato in modo dispregiativo, si usava per indicare “gli ultimi” a causa della loro situazione di povertà e dell’aspetto dismesso.

#8 Via Bergamini

Credits claremoletto IG – Via Bergamini

Arrivando da via Larga, all’altezza di piazza Fontana, c’è una via che sbuca direttamente di fronte all’Università Statale: via Bergamini. Non propriamente riconducibile alle vie dei mestieri, il nome infatti può non dire molto a una prima lettura, ricorda il luogo in cui un tempo provenivano i venditori di formaggi quasi tutti delle valli bergamasche.

#9 Piazza degli Affari

credits: pepperjess_ – Piazza Affari

Per non essendo riconducibile alle vie dei mestieri, piazza Affari identifica uno dei settori più importanti della vita economica della città. Qui è stata istituita il 16 gennaio 1808 la Borsa di Milano, la sede del mercato finanziario nazionale. La piazza ospita la celebre installazione di Cattelan: “L.O.V.E.”, più nota come “Il Dito“. 

#10 Via Moneta

Credits rmontoli IG – Via Moneta

A pochi metri da Piazza Affari troviamo invece via Moneta che si collega alla presenza dell’antica zecca romana, e che insieme a via Zecca Vecchia era il luogo dove veniva coniata la moneta in epoca imperiale romana. 

Leggi anche: La storia delle 5 VIE, il quartiere a forma di STELLA

Spunto: Unconventionaltour.net

Continua la lettura con: Le VIE di MONOPOLI sono tratte da Milano: DOVE SONO in realtà

FABIO MARCOMIN

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11 febbraio 1929: la firma del trattato che ha dato il nome a questa celebre piazza di Milano

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Ph. @marikapinto IG

Una delle piazze più note e frequentate di Milano: crocevia tra Cadorna e Pagano da una parte e tra via Venti Settembre e piazzale Baracca dall’altra. Ospita anche una fermata della M1. Ma cosa concilia? Per scoprirlo facciamo qualche passo indietro.

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11 febbraio 1929: la firma del trattato che ha dato il nome a questa celebre piazza di Milano

# Era il confine tra Milano e i Corpi Santi

porta magenta e caselli
porta magenta e caselli

Nella zona compresa tra piazzale Baracca e piazza Conciliazione un tempo insisteva la cinta dei bastioni spagnoli di porta Vercellina, poi Magenta (in onore della storica battaglia).

La presenza dei caselli daziari e della porta segnava il confine tra Milano e il Comune dei Corpi Santi: dalla città (lungo il borgo delle Grazie, oggi corso Magenta) si usciva imboccando lo stradone postale per Novara (oggi corso Vercelli). E facendo il percorso inverso, le merci qui pagavano il dazio d’entrata.

# Anni Trenta: nasce piazza Conciliazione

Gli ampi spazi che si aprirono con la trasformazione urbanistica di Milano divennero presto il palcoscenico di una nuova élite borghese. Sorse qui la raffinata via XX settembre, omaggio alla storica “breccia” di Porta Pia del 1870, cuore pulsante di un quartiere che il Piano Regolatore Beruto – definitivamente approvato nel 1889 – aveva immaginato per una Milano moderna e ambiziosa. Lotti studiati per ospitare le ville di industriali e commercianti, simbolo di un’alta borghesia in ascesa, pronta a ridisegnare il volto della città.

Nel fermento urbanistico del periodo, lo slargo di Porta Magenta si trasformò negli anni Trenta in piazzale Francesco Baracca, tributo all’aviatore eroe della Grande Guerra. Poco distante, il nodo viario da cui si diparte via XX Settembre trovò anch’esso una nuova identità e un nuovo nome: piazza Conciliazione.

# Perché si chiama Conciliazione? 

Il toponimo della piazza è un tributo all’accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede, siglato l’11 febbraio 1929 con i Patti Lateranensi. Un’intesa che poneva fine alla lunga “questione romana”, aperta con la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 e il conseguente attrito tra il neonato Regno d’Italia e il Papato.

In tempi più recenti, il cuore della piazza – di fatto una grande rotatoria stradale – ha accolto un’opera simbolica di forte impatto: il Gesto per la libertà di Carlo Ramous (1926-2003). Inizialmente esposta nel 1974 in piazzetta Reale, la scultura è stata poi collocata qui, come segno tangibile di un’idea di libertà che attraversa epoche e mutamenti urbani.

Continua la lettura con: Le VIE dei MESTIERI a Milano

MILANO CITTA’ STATO

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10 strade famose di Milano rimaste uguali a come erano una volta: le immagini di ieri e di oggi

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Credits milano sparita e da ricordare FB - Via Broletto anni '20 e oggi

Nel corso dei decenni e dei secoli sono state molte le trasformazioni urbanistiche che hanno avuto luogo in città, ma alcune strade sono rimaste ancora come un tempo. Come queste dieci. 

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#1 Via Brera

Credits Milano sparita a da ricordare Fb – Via Brera

Nella foto via Brera negli anni ’50. La differenza con oggi è che il transito dei veicoli a motore è vietato, eccetto autorizzati.

#2 Via Borgonuovo

Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Via Borgonuovo

In Brera un’altra via che non ha cambiato aspetto è via Borgonuovo

#3 Via Broletto in Cordusio

Credits milano sparita e da ricordare FB – Via Broletto anni ’20 e oggi

Nei pressi di piazza Cordusio troviamo via Broletto che ha mantenuto ancora oggi i binari tranviari e il pavé, mentre alcuni edifici hanno cambiato sembianze.

#4 Via Manzoni

Credits stagniweb – Via Manzoni-piazz della Scala

A pochi passi dal Duomo troviamo nell’immagine via Manzoni e piazza della Scala con il pavé, i tram e gli edifici identici a come si vedono ora. 

#5 Piazza San Sepolcro nel cuore antico della città

Milano Sparita – Piazza San Sepolcro

Piazza San Sepolcro, nel cuore più antico della città, e le vie laterali dell’Ambrosiana e del Cardinal Federico non sono sostanzialmente cambiate. L’unica modifica degna di nota è lo spostamento della statua di Federico Borromeo all’interno della cancellata che delimita la chiesa.

Leggi anche: La storia delle 5 VIE, il quartiere a forma di STELLA

#6 Vicolo dei Lavandai

Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Vicolo Lavandai

Lungo il Naviglio Grande una piccola strada che è rimasta immutata nel corso del tempo è Vicolo dei Lavandai, dove le donne lavavano i panni.

#7 Incrocio tra viale Gorizia e via Vigevano

Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Incrocio via Vigevano

Sul lato sinistra della Darsena l’incrocio tra via Vigevano e viale Gorizia non è molto diverso da come appare oggi. L’edificio al centro dell’immagine è quello che si può vedere ricoperto da un murales passandoci ai giorni nostri.

#8 Via Conte Rosso in Lambrate

Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Luca Sassi – Via Conte Rosso

In zona Lambrate si può trovare via Conte Rosso, rimasta identica a come era un tempo e ben conservata.

#9 Via Pusiano in zona Cimiano

Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Via Pusiano ieri e oggi

In zona Cimiano la via Pusiano è rimasta pressoché identica al passato, salvo gli edifici sulla destra, comprese le auto in divieto di sosta.

#10 Via degli Imbriani al Derganino

Credits Milano Sparita – Via degli Imbriani

Nella periferia nord della città, nel quartiere di Derganino, c’è via degli Imbriani che non è cambiata dagli inizi del ‘900.

Fonte: Milano Sparita e da ricordare (Pagina Facebook)

Continua la lettura con: Le VIE dei MESTIERI a Milano

FABIO MARCOMIN

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Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso: ATM ha tagliato anche la manutenzione?

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Riccardo Mastrapasqua FB - Scale mobili fuori servizio

Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso alle fermate del mezzi pubblici in superficie: che cosa sta succedendo ad ATM? Dopo il taglio delle corse arranca anche la manutenzione. 

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Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso: ATM ha tagliato anche la manutenzione?

# Scale mobili e ascensori fuori uso da troppo tempo

Riccardo Mastrapasqua FB – Scale mobili fuori servizio

Campanello d’allarme per i milanesi: ATM ha perso la sua efficienza secolare? Negli ultimi mesi aumentano le segnalazioni di malfunzionamenti di scale mobili e ascensori che si aggiungono ai guasti alle linee metropolitane più frequenti che in passato, complice anche la neonata M4 che ha bisogno di un po’ di rodaggio. Quello che più preoccupa è però la lentezza con cui i problemi vengono risolti. Nell’immagine in alto, scattata da Riccardo Mastrapasqua, vediamo la situazione alla fermata della stazione Ca’ Granda della M5 dove un impianto di scale mobili è fermo ormai da 4 mesi.

Nel cartello, dove è scritto che è in corso la verifica della causa del problema, gli utenti hanno riportato il proprio disappunto senza troppi giri di parole. ATM spiega in un altro cartello che è in attesa dei pezzi di ricambio e che la scala dovrebbe essere ripristinata entro la fine di febbraio. Non sfugge però un particolare increscioso: il cartello ne sostituisce una altro in cui la data di fine cantiere era indicata il 31 gennaio. 

Anche sulla linea M3, tra Maciachini e Comasina, come segnalato dall’ex consigliere comunale Gabriele Luigi Abbiati, scale mobili e ascensori non funzionano. In sintesi: la manutenzione scarseggia, i tempi si dilatano per ripristinare gli impianti e spesso la fine lavori viene ulteriormente posticipata, come successo anche per i nuovi ascensori previsti sulla linea M3 in vista delle Olimpiadi. Ma se le cose sottoterra sono avvolte nelle tenebre, anche in superficie si brancola nel buio. 

# In superficie le cose non vanno meglio

Credits mezzi_di_milano IG – Bus Atm

Salendo in superficie le cose non migliorano. Nell’ultimo periodo, sempre come segnalato da Gabriele Luigi Abbiati, le pensiline della linea 70 sono spente. Ancora Riccardo Mastrapasqua segnala la condizione disastrosa degli Eurotram in servizio sulla linea 15, con perdite d’acqua, aria condizionata fuori uso e, in alcuni casi, addirittura principi di incendio.

Rimane poi un miraggio l’asservimento semaforico per velocizzare la rete, che aumenterebbe la frequenza delle corse a parità del numero di autisti, di cui si iniziò a parlare negli anni ’90. Stupisce poi come, dopo due anni dall’arrivo del nuovo tram bidirezionale, il Tramlink di Stadtler stia continuando a fare le prove sui binari senza essere stato ancora messo in servizio. I sospetti di riduzione di budget dedicato alla rimessa in sesto sono alimentati dalla strategia in atto sulle corse. Dove si sta tagliando più che si può. 

# Il taglio drastico alle corse: 90 linee su 130

Alla scarsa manutenzione si aggiunge il calo del servizio con la progressiva riduzione della frequenza di bus e tram: i tagli hanno colpito a Milano 90 linee su 130, a partire dal novembre 2023. Il motivo principale di questa scelta sembra la carenza di autisti, che se ne stanno alla larga da Milano per l’alto costo della vita, insieme alla carenza di risorse economiche. Che poi è la stessa causa del primo punto. Alla fine dello scorso è arrivata anche la notizia dell’affidamento del servizio di una linea urbana a una società privata, mai successo prima.

Il risultato di tutto questo? I milanesi aspettano anche fino a 45 minuti prima del passaggio del bus o del tram. Il ritorno alla normalità viene annunciato entro la prima parte del 2025, ma sembra che i problemi di ATM siano ancora più grossi di quelli che si poteva immaginare. Nel 2026 è prevista la gara europea o l’affidamento in house, tra le ipotesi una fusione tra ATM e FNM, per la gestione del trasporto pubblico di Milano e Monza Brianza: potrebbe essere una mossa chiave per recuperare l’efficienza perduta?

Continua la lettura con: Atm taglia le corse, Trenord le fermate: è la fine del mito dei mezzi pubblici lombardi?

FABIO MARCOMIN

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7 buoni motivi per amare Milano (secondo i milanesi)

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Ph. @the_way_i_see_the_road IG

Berlino chiama, Milano risponde. Berlino Magazine ha fatto una ricerca tra i berlinesi per capire perché amino la loro città. Qui i risultati. Prendiamo la palla al balzo e facciamo lo stesso. Per capire quali siano i motivi che fanno battere forte il cuore quando si pensa a Milano, lo abbiamo chiesto ai milanesi. 

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7 buoni motivi per amare Milano (secondo i milanesi)

Credits: finedininglovers.it

#1 Milano è la città che accoglie tutti

Il suo tratto distintivo. Chiunque arriva può diventare milanese come tutti gli altri. A Milano non importa da dove vieni, importa solo che cosa fai e qual è il tuo grande sogno. Lo spiega Antonietta Pecora: «Perché mi ha adottato 52 anni fa e che se ne dica per me Milano altro che fredda e quella che accoglie tutti (Salerno ti amo è ti amerò anche oltre a Milano riconoscenza sempre e anche oltre)»

#2 Milano funziona

In un Paese dove spesso anche le cose più elementari faticano a funzionare, Milano pretende l’efficienza. Intesa come ottenere il massimo risultato senza sprechi. Non sempre ci riesce, ma (quasi) sempre prova a farcela comunque. 

#3 Milano è unica

C’è chi ha detto che Milano non è una città bella ma è ricca di cose belle. In questo è unica. E come tutte le cose uniche o la ami o la molli. 

#4 A Milano c’è sempre da fare

Appena arrivi ti inonda con la sua energia. A Milano è impossibile stare fermi. Ci si trova come in un torrente in piena dove basta seguire la corrente per ritrovarsi a fare un milione di cose. 

#5 Milano è elegante

In un mondo che tende sempre più a gridare e a fare casino, Milano resta compatta nel suo stile e nella sua raffinatezza. Anche quando critica, Milano lo fa senza mai andare oltre le righe. 

#6 A Milano tutto il mondo diventa paese

Una città che ha le caratteristiche della metropoli, ma mantenendo le distanze da paese. Dal centro ai confini ci sono 5 chilometri. Poco più di un’ora a piedi. Non solo: a Milano tutto il mondo è di casa. Come racconta Leonardo Sfragaro: «I cannoli siciliani in Pzza San Babila in un bar con un tizio della provincia di Catania che fa panini con la frittata cipolle e patate strepitose ( cotte sul momento in padella) da paura!!! Altro che Mc Donald, Sushi e cotolette di tacchino… concorrenza sbaragliata!!»

#7 «Perché senza di lei l’Italia sarebbe fallita»

Chiudiamo con la risposta di Stefano Ceriani che racchiude un concetto ripreso da molti. Di Milano piace anche il suo senso di sacrificio, quella sua capacità di farcela contro tutto e contro tutti. E anche il suo sconfinato senso di responsabilità: in una situazione come quella italiana, all’estero sicuramente qualunque città con un simile residuo fiscale (Milano riceve dal Governo l’1% di quello che versa) e con una simile assenza di poteri (in pratica Milano ha la stessa autonomia di Caronno Pertusella) sarebbe già scappata, rivendicando la sua indipendenza. Ma Milano è fatta così, nel bene o nel male. Subisce ma non molla mai. 

Credits: PaesiOnLIne

Continua la lettura con: Che cosa resterà a Milano di Beppe Sala?

ANDREA ZOPPOLATO

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Aereo o treno? Le 4 «lunghe» tratte in Italia dove il treno è più veloce dell’aereo

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Treno o aereo

Una domanda che ci facciamo tutti in occasione di un lungo viaggio in Italia: meglio il treno o l’aereo? Per capire qual è migliore bisogna considerare i vantaggi del treno al di là del tragitto: la posizione delle stazioni e le più agevoli pratiche dei controlli. Ecco quindi quali sono i percorsi per cui è meglio prendere un biglietto del treno piuttosto che dell’aereo.

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Aereo o treno? Le 4 «lunghe» tratte in Italia dove il treno è più veloce dell’aereo

# Le 4 tratte italiane più frequentate che sono più veloci in treno piuttosto che in aereo

Credits: @misterphoto195
Roma Termini

In Italia ci sono alcune tratte più veloci da fare in treno piuttosto che in aereo. Ecco quali sono tra quelle più frequentate.

Tra Napoli e Roma: in aereo ci si impiega circa 1 ora e 44 minuti (un’ora di controlli più 44 minuti di volo) e si emettono mediamente 100,4 kg di CO2 nell’atmosfera. Al contrario, se si sceglie il treno, per fare lo stesso percorso ci si mette 1 ora e 13 minuti e si inquina dieci volte meno (10, 7 kg di CO2).

Altro viaggio che conviene fare in treno è quello tra Roma e Firenze. Con 116,6 kg di CO2 emessi nell’atmosfera e 1 ora e 55 minuti di viaggio (sempre un’ora di controlli e 55 minuti di volo) l’aereo non è il mezzo più conveniente. In treno infatti il viaggio dura 1 ora e 27 minuti e si producono 13,2 kg di CO2.

Anche per viaggiare tra Bologna a Roma si dovrebbe preferire il treno. In treno ci si impiega 1 ora e 58 minuti e si emettono nell’atmosfera in media 17,3 kg di CO2, mentre in aereo ci si mette 1 ora e 55 minuti (considerando l’ora di controlli) e 116,1 kg di CO2.

Infine, secondo uno studio del sito Omio, anche la Milano-Roma conviene farla in treno piuttosto che in aereo. Considerando i controlli, i tempi morti dell’aereo e quanto questo inquina, facendo la tratta volando si risparmierebbe poco meno di un’ora. Risparmio che sarebbe spazzato via dal tempo necessario per andare in centro città. 

Continua la lettura con: In arrivo una nuova stazione nella Grande Milano

BEATRICE BARAZZETTI

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Il chip che limita la durata dei nostri apparecchi elettronici

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Gli elettrodomestici non si rompono da soli, smettono di funzionare perché qualcuno ha deciso così? Un video virale su TikTok rilancia l’allarme: esisterebbe un chip che impone un limite alla durata dei dispositivi elettronici. Ma cosa c’è di vero?

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Il chip che limita la durata dei nostri apparecchi elettronici

# Il video che ha riacceso il dibattito

Un montaggio tratto da un servizio della trasmissione La Gabbia (La7), andato in onda sette anni fa, è tornato a circolare sui social, riaccendendo l’attenzione dei consumatori sull’obsolescenza programmata. Nel filmato, Luca Mercatanti, esperto del settore, mostra un chip che, secondo la sua analisi, sarebbe presente in molti dispositivi elettronici, regolando il numero di accensioni e spegnimenti.

Nello specifico, Mercatanti estrae un chip da quella che sembra essere la scheda di una stampante e afferma che questo componente impone un numero massimo di stampe eseguibili, dopo il quale la macchina smette di funzionare. Non solo: l’esperto sostiene che meccanismi simili siano presenti anche in forni e altri elettrodomestici, determinando arbitrariamente il momento della loro “morte programmata”.

Come dimostrazione di ciò, nel video, viene costruito un circuito composto da un PCB (una scheda madre con dei relè) e dal chip incriminato, per programmare la “morte” di una lampadina. Dopo quattro accensioni, come previsto, la lampadina smette di funzionare. Mercatanti è sicuro nell’affermare che la causa della “morte” della lampadina è proprio il chip, il quale “ordina” lo spegnimento definitivo.

# Come funziona l’obsolescenza programmata

Credits: messanuovo.it

La “scoperta” del video, come dichiara l’esperto, non è un mistero. Al contrario, si tratta di una nota strategia industriale volta a ridurre deliberatamente la vita di un prodotto, per spingere il consumatore a sostituirlo con uno nuovo.

Le aziende, nel tempo, hanno adottato tecniche diverse per ottenere questo risultato:

  • Componenti deboli: materiali meno resistenti o progettati per deteriorarsi rapidamente.
  • Batterie non sostituibili: dispositivi con batterie integrate che non possono essere cambiate senza costosi interventi tecnici.
  • Aggiornamenti software: riduzione progressiva delle prestazioni tramite aggiornamenti che rallentano il dispositivo o lo rendono incompatibile con nuove applicazioni.
  • Ricambi costosi o introvabili: pezzi di ricambio venduti a prezzi sproporzionati o resi indisponibili poco dopo il lancio del prodotto.

Questa pratica non solo svuota le tasche dei consumatori, ma genera anche un enorme problema ambientale legato allo smaltimento dei rifiuti elettronici

# Il ruolo della tecnologia nei guasti programmati

Credits: altraconsapevolezza.it

Ma esiste davvero un chip che determina la fine degli apparecchi elettronici? La risposta è più complessa di quanto sembri.

È vero che alcuni dispositivi contengono EEPROM (memorie programmabili) che registrano cicli di utilizzo e altre informazioni diagnostiche. Questo consente, ad esempio, alle stampanti di bloccare l’uso dopo un certo numero di stampe per obbligare l’utente alla manutenzione.

Tuttavia, non esistono prove definitive di un “chip killer” universale che imponga una scadenza arbitraria a ogni dispositivo elettronico. Piuttosto, molte aziende implementano strategie software e hardware per limitare la riparabilità dei prodotti, favorendo il consumo continuo.

Alcuni produttori giustificano queste scelte con la necessità di garantire prestazioni ottimali e sicurezza per l’utente. Ad esempio, alcune batterie vengono bloccate dopo un certo numero di cicli per prevenire rischi di surriscaldamento o esplosione. Spesso queste limitazioni sembrano più orientate a incentivare l’acquisto di nuovi dispositivi piuttosto che a tutelare il consumatore.

# Quando L’AGCOM multò Apple e Samsung per pratiche scorrette

Nel 2018, al termine di due complesse istruttorie, l’AGCOM ha inflitto ad Apple e Samsung multe rispettivamente di 10 e 5 milioni di euro, dopo aver accertato la realizzazione di pratiche commerciali scorrette in violazione del Codice del Consumo. L’indagine ha rivelato che entrambe le società hanno rilasciato aggiornamenti firmware che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto significativamente le prestazioni dei dispositivi, accelerandone così la sostituzione.

Secondo l’Authority, Samsung ha insistentemente proposto dal maggio 2016 ai possessori del Note 4 di installare un aggiornamento pensato per il modello Note 7, senza informare dei gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware. Per le riparazioni fuori garanzia legate a questi problemi, venivano richiesti costi elevati.

Apple, invece, ha spinto i possessori di iPhone 6 ad installare iOS 10, sviluppato per iPhone 7, senza avvertire che il nuovo sistema operativo avrebbe richiesto più energia, causando spegnimenti improvvisi. Solo nel 2017 Apple ha introdotto la possibilità di sostituire le batterie a un prezzo inferiore, ma senza fornire assistenza adeguata per chi aveva già sperimentato problemi.

# La battaglia contro l’obsolescenza programmata

Credits: giardiniblog.it

Negli ultimi anni, alcuni governi e istituzioni stanno cercando di contrastare l’obsolescenza programmata con regolamenti più rigidi. Ad esempio:

  • In Francia è stato introdotto un indice di riparabilità per i dispositivi elettronici, obbligando i produttori a fornire informazioni sulla facilità di riparazione.
  • L’Unione Europea ha proposto il “diritto alla riparazione”, una serie di norme che impongono alle aziende di garantire la disponibilità di pezzi di ricambio per un certo numero di anni.
  • Le associazioni dei consumatori stanno spingendo per una maggiore trasparenza da parte dei produttori e per normative più severe contro le pratiche sleali.

Il consumatore ha un ruolo fondamentale in questa battaglia: scegliere marchi che promuovono la riparabilità, evitare di sostituire dispositivi ancora funzionanti e sostenere iniziative a favore di una produzione più etica può fare la differenza.

Continua la lettura con: Questi sono i 4 mezzi del futuro che potrebbero rivoluzionare la mobilità di Milano

MATTEO RESPINTI

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Lo chalet bavarese in piazzale Baracca, «nido d’amore» di un principe austriaco

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Residenza Vignale ph. @saretta_zhou IG

In quella che oggi è la via Toti n.2 (naturale continuazione dell’attuale piazzale Baracca) sorge un palazzo di 5 piani degli anni Cinquanta.
A ben guardare però si nota come il piano terra e il primo piano siano di stile ed epoca ben diversi: è ciò che rimane di quella che all’inizio del novecento era una villa nobiliare.

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Lo chalet bavarese in piazzale Baracca, «nido d’amore» di un principe austriaco

# Là dove c’era l’erba venne costruito un villino bavarese

vignale facciata anni venti

Alla fine dell’Ottocento questa zona di Milano, destinata a nuova urbanizzazione, era ancora caratterizzata da ortaglie e terreni agricoli. La porta Vercellina o Magenta, che si apriva nella cinta muraria di epoca spagnola, era stata demolita a partire dal 1895, e identica sorte subivano progressivamente le possenti mura difensive, permettendo così di unire due territori separati. In questo contesto urbano in forte mutamento, un nobile austriaco commissionò la costruzione di un caratteristico villino che ben si contestualizzasse con l’aspetto ancora campestre del circondario, per meglio seguire le proprie passioni amorose in terra milanese.

# L’alcova di uno dei figli dell’imperatore?

Ufficialmente, l’area sulla quale doveva sorgere l’edificio di due livelli affacciato sul piazzale Magenta e sul tratto di strada ancora detto dei Bastioni di porta Sempione, era stata acquistata nel 1905 da un certo Umberto Locarno che altri non era se non un prestanome di un non meglio identificato principe d’Austria-Ungheria, il cui nome rimase per vari motivi segreto, cosa che ha fatto anche pensare alla presenza, in questa strana committenza, di uno dei tanti figli illegittimi dell’imperatore Francesco Giuseppe.

# Coinvolto il più celebre archistar austriaco dei tempi

Adolf Loos

Il principe, tuttavia, abitò la residenza milanese, terminata nel 1909, solo per pochi anni, trovando la morte nel 1914, in una delle battaglie polacche della I guerra mondiale.
La progettazione dell’edificio, pensato come una piccola villetta in stile liberty, fu affidata all’architetto Gattermayer, che in Italia lavorò anche per progetti di restauro storico, come nella chiesa di Abbiategrasso. Questi, si avvalse dell’aiuto del più noto architetto austriaco Adolf Loos, per lo studio delle decorazioni e degli inserti artistici.

# La Residenza Vignale: lo Chalet Bavarese

Residenza Vignale: lo chalet

L’edificio nato da tale collaborazione risultò così essere una abitazione di dimensioni contenute con affaccio su strada e cortiletto: il piano terreno, pensato per le occasioni mondane e i piccoli ricevimenti, caratterizzato da due ampi saloni e alcune salette o fumoir; il primo piano, al quale si accede attraverso un grazioso scalone, per ospitare l’appartamento privato, quindi le camera da letto e un piccolo studio-biblioteca con affaccio sul terrazzino.
In fondo al cortiletto venne edificato il curioso spazio per la servitù, i cavalli e le carrozze, ospitati in una sorta di chalet bavarese tanto caratteristico quanto insolito per gli stili presenti in città. Gli interni vennero arredati secondo uno stile settecentesco e ottocentesco, probabilmente frutto di acquisti effettuati direttamente dal proprietario o comunque provenienti dalla sua collezione austriaca. Il suo nome con cui è nota a Milano è Residenza Vignale. 

 

Continua la lettura con: Le ville Tudor di Milano

MAURO COLOMBO

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Il boom del contactless sui mezzi di Milano: le 7+1 risposte alle domande più frequenti tra chi viaggia «senza biglietto»

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ph. @storie_metropolitane IG

Attivato nel giugno 2018, il sistema risulta sempre più usato. Dal 2023, questo tipo di pagamento è sbarcato anche sui bus e sui tram. Ancora oggi, però, chi viaggia si pone alcune domande in cerca di una risposta. Vediamo le più comuni.

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Il boom del contactless sui mezzi di Milano: le 7+1 risposte alle domande più frequenti tra chi viaggia «senza biglietto»

Credits Ufficio Stampa Atm – Nuova convalidatrice contactless su bus 73 (2)

#1 Cosa bisogna fare nelle stazioni prive di tornelli contactless?

Occorre passare sempre la carta sia per entrare sia per uscire dai tornelli, anche nelle stazioni dove l’uscita è libera.
Se uscendo dalla metropolitana un tornello non funziona, occorre provare con un altro, visto che tutte le 134 stazioni sono dotate di almeno due tornelli contactless, sia in entrata che in uscita.

#2 Quanto costa dimenticarsi di passarlo all’uscita?

Il sistema addebita la tariffa massima da pagare per raggiungere la stazione più lontana.

#3 Cosa faccio se il tornello della metropolitana non si apre?

In questo caso occorre controllare il colore del segnale luminoso sul lettore. Se è rosso, è probabile che la carta non appartenga a uno dei circuiti abilitati, sia scaduta, oppure non sia compatibile.

#4 Ho ricevuto un addebito di 1,30 euro per un viaggio che non ho mai fatto. Perchè?

Probabilmente si tratta di un costo extra per un viaggio, svolto anche diversi giorni prima e al termine del quale non si è avvicinata la carta al lettore. Senza questo passaggio, infatti, il sistema calcola un costo extra proprio perché non riesce a risalire al tragitto effettivo che è stato effettuato.

#5 Posso usare la carta anche sulle linee del passante ferroviario?

No. Il sistema non è ad oggi in servizio sulle linee S, né sui treni che attraversano il passante ferroviario, né sugli altri treni Trenord o di altri operatori. Quindi, se siete entrati in metropolitana con la carta di credito e dovete cambiare con una linea del passante, dovete uscire dalla metropolitana nelle stazioni di cambio, avvicinando la carta o il dispositivo ai tornelli.

#6 Bisogna passare la carta anche prima di scendere da un mezzo di superficie?

Sì. In particolare sulle linee in servizio tra Milano e l’hinterland. Questo perchè fuori Milano le tariffe cambiano a seconda delle zone che si attraversano. In caso la carta non venisse avvicinata prima di salire e prima di scendere, il sistema non potrebbe capire il tragitto che è stato seguito. Non potrebbe, dunque, applicare la tariffa più conveniente.

#7 Il pagamento funziona con Apple Pay, Samsung Pay e altri servizi bancari su telefoni, orologi o altri dispositivi?

Sì. Il sistema funziona con tutti i dispositivi dov’è stata digitalizzata una carta appartenente ai circuiti abilitati.

#7+1 Sì, ma se poi i controllori mi fermano?

In caso di controlli, sulla metro o sui mezzi di superficie, basta fornire la carta di pagamento utilizzata e attraverso un dispositivo il controllore verifica se il passeggero è in regola o meno.

Continua la lettura con: In arrivo una nuova stazione nella Grande Milano

ANDREA PARRINO

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Sei un automobilista milanese e ami fare gli scherzetti ai pedoni

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Pedoni, ciclisti, auto, monopattini. Infuria la guerra sulle strade di Milano. 

Qui il video: Sei un automobilista milanese e ami fare gli scherzetti ai pedoni

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Continua con: Quando segui Google Maps nelle 5 vie del centro di Milano 

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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Anche la Pedemontana ha perso le Olimpiadi

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Tracciato Pedemontana

Fino all’anno scorso era rimasta la flebile speranza di vederla completata, almeno nelle due tratte principali rimaste, per i giochi olimpici. Ma è arrivata la triste conferma. Vediamo perchè, il punto sui lavori e le altre opere attese per Milano Cortina 2026 che non arriveranno in tempo. O che non ci saranno affatto.

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Anche la Pedemontana ha perso le Olimpiadi

# I lavori sulle tratte principali rimanenti sono iniziati solo alla fine del 2024

Manuele Mariani – Aggiornamento lavori Pedemonta Lombarda

Anche la Pedemontana Lombarda non sarà pronta per le Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026. Il vizietto è sempre il solito: non si rispettano mai i tempi programmati. A confermarlo indirettamente proprio il profilo instagram di Regione Lombardia, in risposta alla domanda dell’utente varesealtop e segnalato da Manuele Mariani: «i lavori delle Tratte B2 e C della Pedemontana da Lentate sul Seveso fino a Vimercate sulla Tangenziale Est A51 sono stati avviati nel dicembre 2024». In base alle precedenti informazioni, ne avevamo parlato in questo articolo, per avere speranze concrete di inaugurare in tempo i cantieri sarebbero dovuti partire al massimo entro la primavera dello scorso anno. 

# Malpensa ha perso Orio: il punto sui cantieri dell’opera

Tracciato Pedemontana

Come detto, i lavori per realizzare l’opera nella sua interezza vanno a rilento. Il sistema viabilistico della Pedemontana Lombarda, che si sviluppa nell’area di Monza, Como e Varese, ha una lunghezza complessiva di 160 km, di cui 89 km del tratto autostradale (A36) da Cassano Magnago (Va) ad Agrate Brianza (MB). Un dato che comprende svincoli e opere connesse.

Dell’arteria autostradale sono in funzione dal 2015 però solo due delle cinque tratte previste, per un totale di 22,5 km: la “A” tra le autostrade A8 e A9 e la “B1” dall’interconnessione con la A9 alla SP ex SS 35 a Lentate sul Seveso. Per le tratte B2 e C i lavori sono partiti, ma non si concluderanno per le Olimpiadi Invernali. Mentre per la “D breve“, tra l’interconnessione con la Tangenziale Est a quella con l’autostrada A4, non è stato invece definito nemmeno il cronoprogramma: difficilmente verrà terminata prima del 2031

Tracciati vecchi Pedemontanta

A questo si aggiunge il fatto che, rispetto alle precedenti ipotesi, il tratto autostradale della Pedemontana sarebbe dovuta arrivare quasi a Bergamo, per la precisione a Osio Sotto, e quindi molto più vicina all’Aeroporto di Orio al Serio. In questo modo si è andato a perdere il collegamento “rapido” con lo scalo di Malpensa.

# Le altre opere “olimpiche” in ritardo o saltate: metro13, estensioni metro, preferenziale e Palasharp

Percorso Metrotranvia 13

Partiamo dalla Metrotranvia 13 di 4,7 km con 17 fermate, di cui 9 già esistenti e 8 da realizzare, tra il quartiere Santa Giulia e la stazione M3 di Rogoredo. Pensata per far arrivare i tifosi al PalaItalia per le gare di hockey maschile durante Milano-Cortina 2026, dovrebbe essere pronta solo un anno e mezzo dopo la conclusione della manifestazione internazionale.

Tracciato M5 wikipedia

Tra le opere che sarebbero state utili, c’è il prolungamento della linea M5 verso Monza di 13,5 km e 11 fermate, rinviata almeno al 2033. A questa si può aggiungere persino la mini estensione di 2 km della M1 a nord fino a Cinisello Bettola, che in realtà avrebbe dovuto essere in funzione per Expo2015, mentre forse lo sarà nel 2029. Nemmeno la chiusura della preferenziale della 90-91 sarà pronta, tenendo conto che i primi cantieri erano stati attivati una decina di anni fa ma interrotti a causa di tangenti e possibili infiltrazioni mafiose. Per il tratto est mancante, da viale Umbria a piazza Caiazzo, i lavori devono invece ancora iniziare.

coordinamentotutelaparcoovest IG – Palasharp

Infine il Palasharp che avrebbe dovuto essere riqualificato per ospitare le gare di hockey su ghiaccio femminile. La proposta di riqualificazione è stata abbandonata, lasciando l’impianto in stato di degrado e strascichi legali al seguito. Le gare vengono così trasferite nei padiglioni di Rho Fiera, mentre al suo posto dovrebbe sorgere un quartiere di social housing.

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FABIO MARCOMIN

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Milano deve tornare grande: i confini vanno estesi fino a qui

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Da oltre un secolo i confini del Comune di Milano sono rimasti immutati non rispecchiando le reali dimensioni del territorio. È giunta l’ora di estenderli? Vediamo come potrebbe essere la nuova Milano.

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Milano deve tornare grande: i confini vanno estesi fino a qui

# I confini di Milano sono rimasti uguali a un secolo fa

SamFan2 – wikipedia – Evoluzione territoriale di Milano

Nel gruppo facebook “l’altra Milano” ci si è posti l’interrogativo, a cento anni esatti dall’ultimo grande inglobamento da parte del Comune di Milano di alcuni piccoli comuni esterni, se sia giunto il momento di una nuova estensione dei confini territoriali. Con la riforma decisa dal governo fascista nel 1923, passarono sotto l’amministrazione milanese 11 comuni, tra cui Affori, Baggio, Greco, Niguarda e Vigentino. Da allora, salvo qualche piccolo aggiustamento negli anni successivi, i confini del Comune di Milano sono rimasti immutati. 

# Come potrebbe diventare Milano: una metropoli da 4 a 8 milioni di abitanti

Credit Urbanfile – Grande Milano

I veri confini del Comune di Milano non sono quelli determinati dal Regio Decreto del 1923. Basta osservare l’immagine satellitare, qui rielaborata da Urbanfile, per vedere come il suo territorio si estenda ben oltre. L’abitato si diffonde senza soluzione di continuità oltre Monza ad est, verso Busto Arsizio e Gallarate a ovest e nella provincia di Como a nord.

Prendendo in considerazione i soli comuni della prima e seconda corona dell’hinterland si contano 1,23 milioni di residenti, poco meno di 200.000 rispetto a quelli del Comune di Milano, e aggiungendo gli 880.000 della provincia di Monza e Brianza si arriva a un totale di 3,5 milioni. Sommando i restanti della Città Metropolitana di Milano si superano i 4 milioni.

Ci sono diversi studi che ipotizzano una più veritiera estensione del capoluogo lombardo. In base all’analisi di Demographia, il nucleo aggregante della più vasta area metropolitana sarebbe seconda nell’UE per popolazione dopo Parigi con una superficie di 2.225 kmq e 5,5 milioni di abitanti. Secondo l’OCSE l’area metropolitana milanese comprenderebbe anche i territori delle province di Varese, Bergamo, Como, Lecco, Cremona, Lodi, Pavia, Novara, Alessandria, Brescia e Piacenza avvicinandosi agli 8 milioni di abitanti.

# Perché sarebbe utile ingrandire la città: una sola regia per i trasporti e per i collegamenti

Mappa metro Grande Milano

L’idea del gruppo facebook “l’altra Milano” è quella di sollecitare un confronto pubblico, partendo dai 47 comuni che compongono le prime due corone dell’hinterland, per capire la reale esigenza di estendere i confini di Milano. In molti infatti sostengono che quelli attuali siano troppo limitati, anche in confronto con altre realtà italiane come Roma o di tante altre metropoli europee. Un primo passo di coordinamento e gestione di un territorio più vasto è arrivato con l‘introduzione del nuovo sistema tariffario STIBM che riunisce sotto “lo stesso tetto” la Città Metropolitana di Milano e le province di Monza Brianza, di Lodi, queste due un tempo all’interno della provincia milanese, e di Pavia.

La soluzione più simile sembrerebbe quella di Parigi, che ha un comune di dimensioni più ridotte rispetto a quelle del Comune di Milano ma ha un’area metropolitana più vasta e gestita in maniera unitaria da un ente con propri poteri e risorse. Il capoluogo lombardo avrebbe bisogno di ampliare i suoi confini amministrativi, tramite l’incorporamento di comuni o in alternativa trasformandosi in una città regione che comprenda lo stesso comune di Milano e tutti quelli dell’area metropolitana allargata, per competere con le altre metropoli internazionali, aumentare la capillarità del trasporto pubblico e offrire servizi migliori a tutti i cittadini che gravitano su e attorno al capoluogo.

Continua la lettura: APPROVATO il testo dell’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: cosa cambierà per l’Italia e per Milano

FABIO MARCOMIN

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Che cosa resterà a Milano di Beppe Sala?

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Siamo entrati nella seconda metà di quello che dovrebbe essere il suo ultimo mandato. Al volgere del mandato all’orizzonte, è il momento di chiedersi cosa resterà di Beppe Sala quando la sua avventura sarà terminata.

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Che cosa resterà di Beppe Sala a Milano?

#1 Il sindaco olimpico

A un anno dai Giochi Olimpici c’è ancora la nebbia su molte delle opere in costruzione. Sia che verranno completate tutte che solo in parte, Sala sarà per sempre abbinato alle Olimpiadi invernali a Milano.

#2 Il sindaco proibizionista

Nel suo secondo mandato, Sala ha sfoggiato la sua versione proibizionista. Nel nome dell’ecologismo, infatti, dal 1 gennaio 2025 il sindaco ha imposto il divieto di fumo all’aperto di sigari e sigarette. In pratica non si può più fumare? Non proprio. Lo si può fare, a patto che si rispetti una distanza di sicurezza uguale a 10 metri. Comunque sia si tratta di una norma senza eguali in Europa. 

#3 Il sindaco social

La Moratti si faceva ritrarre con la scorta anche se doveva attraversare la Galleria, Pisapia azzardava ogni tanto solo qualche post stiracchiato. Sala si è presentato subito come di un altro pianeta diventando il primo sindaco social della storia di Milano. Tra i selfie più celebri e discussi, quello in versione velista oppure a piedi nudi in Myanmar. O, ancora, con i calzini arcobaleno su divano ultrachic. 

#4 Il sindaco d’opposizione

Durante i suoi due mandati si sono alternati diversi governi. Soprattutto con quelli pendenti a destra, il sindaco non ha lesinato scontri, a volte anche duri. In particolare, Sala ha bisticciato con Salvini, su qualsiasi tema, dalle politiche degli immigrati, all’aumento del prezzo del biglietto. Senza poi contare le numerose volte che il sindaco ha battuto i pugni sul tavolo per avere più fondi da Roma.

Leggi anche: Anche Sala si è convinto: Milano deve avere più potere

#5 Il sindaco di Expo

Anche se non c’entra con quello che ha fatto come sindaco, a distanza di anni l’esposizione universale rimane ancora uno dei principali motivi di successo di Sala tra i milanesi. Non solo: più volte il sindaco ha mostrato di rincorrere quella stagione magica, forse irripetibile, di Milano. 

#6 Il sindaco dell’insicurezza (percepita o reale?)

Mai come nel secondo mandato il sindaco ha dovuto fronteggiare gli attacchi sul tema della sicurezza. Sala ha però voluto rassicurare i cittadini, smentendo diversi studi che etichettano Milano come insicura. «C’è un’evidente campagna politico-mediatica contro Milano» è stata la sua difesa in una diretta Instagram. Sarà realtà oppure solo percezione però è indiscutibile che l’immagine che lascerà con il suo mandato sarà di una città che sembra più pericolosa di quando aveva iniziato a governarla. 

#7 Il sindaco di Gotham City

E nella percezione della città insicura Sala ci ha messo anche il suo zampino. Rimarrà ai posteri anche la sua interpretazione come attore. Perchè diciamo questo? Tutto nasce da un video del 2023 che annuncia il ritorno del Club Dogo sotto i riflettori. A questo video partecipa anche il sindaco Sala, che dà vita ad un dialogo stile Batman con Claudio Santamaria. Il tema del dialogo è ovviamente quello della sicurezza, e alla fine del video Santamaria aziona il riflettore per richiamare un Batman virtuale ad occuparsi del problema. Tutto questo avrà il risultato di accentuale l’idea di una città ormai allo sbando. Un gesto provocatorio oppure un autosabotaggio inconscio? 

#8 Il sindaco ciclabile

Ma Sala evocherà sempre anche tanto amore. Per le ciclabili, che a Milano la fanno ormai da padrone. Nel 2015 si contavano 137 chilometri di strada destinate alle piste, nel 2024 il numero è più che raddoppiato. Su questo tema il sindaco è sempre andato avanti a testa alta, nonostante anche ad alcuni episodi che hanno visto queste piste sul banco degli imputati. Uno su tutti, l’inchiesta su Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e alla Protezione Civile, indagato per omicidio colposo a seguito della morte della ciclista Cristina Scozia.

Credit: e-gazette.it

#9 The International Mayor

Resterà anche impresso nella memoria come il sindaco dell’internazionalità. Per ora più che aver portato Milano sui mercati internazionali gli è riuscito il contrario. Sala verrà ricordato per l’ingresso di Starbucks in Italia (con relative palme), per l’inaugurazione di Apple con la trasformazione di piazza Liberty, per l’impennata di investitori stranieri nel mercato immobiliare. Sul fronte opposto, portare Milano all’estero, sembra svanito il sogno di Milano di prendere il posto di Londra dopo la Brexit. Qualche speranza di successo in più ha il tentativo di creare a Milano l’equivalente di London & Partners, anche se per ora partners non ci sono.

#10 Il sindaco slow: i 30 km/h e gli autovelox

Nella città del passo spedito dove bisogna sempre darsi una mossa, Sala ha avviato una controrivoluzione: quella della città lenta. Molto scalpore ha sollevato il suo pallino per il limite di velocità a 30 km/h. Annunciato la scorsa estate, il limite è già stato imposto su 100 vie di Milano. Ma non è tutto. Anche il tema dell’autovelox è stato sempre all’ordine del giorno per il primo cittadino. Sala infatti si è sempre mostrato favorevole ad installare questi strumenti, in particolare in prossimità delle scuole, per garantire la sicurezza dei cittadini. A suo dire. Ma per le opposizioni sarebbero uno strumento per fare cassa. 

#10+1 Il sindaco «SalvaMilano»?

Va menzionato, anche se come 10+1. Potrebbe aggiungersi o scomparire tra gli elementi di ricordo della sua azione. Soprattutto è ancora incerto il come questo fatto sarà ricordato. Sicuramente Sala resterà nella memoria come un sindaco amico dei costruttori. Durante il suo mandato l’industria più fiorente a Milano è stata sicuramente quella dell’edilizia o, per dirla alla romana, dei palazzinari. Secondo molti si è esagerato. Soprattutto secondo quei giudici che hanno inondato la città, e anche alcune archistar, di avvisi di garanzia, bloccando numerosi cantieri per irregolarità di vario livello. Il risultato è stato quello di arrestare un processo che sembrava a tratti parossistico. Un processo che si vuole far ripartire con il noto decreto «SalvaMilano» di cui Sala si è autonominato come suo massimo paladino. Vincerà anche questa partita? E, soprattutto, questo passerà alla memoria come qualcosa di positivo oppure come una macchia nera indelebile sul suo operato? Lasciamo la sentenza ai posteri. O ai giudici di Milano. 

foto Andrea Cherchi (c)

Continua la lettura con: Le foreste scomparse di Milano

ANDREA PARRINO

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10 febbraio 1952: in San Babila appare la prima cabina telefonica d’Italia

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Sono passati poco più di 70 anni. Ma sembra fantascienza.

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10 febbraio 1952: in San Babila appare la prima cabina telefonica d’Italia

10 febbraio 1952. In Piazza San Babila fa la sua prima comparsa in Italia una cabina del telefono. L’iniziativa è della concessionaria Stipel e la struttura inizialmente è in metallo e vetro. In realtà non si tratta del primo telefono disponibile per il pubblico: in precedenza i telefoni pubblici si trovavano solo in esercizi pubblici quali bar, edicole, ecc. o nei Posti Telefonici Pubblici (PTP).

Ph. @manlay6 IG

Nel corso degli anni le cabine telefoniche in Italia hanno ospitato diversi tipi di apparecchi: dai telefoni con combinatore a disco, con selezione dei numeri analoga al modello S62 “Bigrigio” si è passati ai primi telefoni a tastiera, poi all’apparecchio Rotor in funzione dal 1987. Nel 1998 si è arrivati a un telefono pubblico chiamato “tuo” (il tuo telefono), un modello only card di colore rosso con cornetta nera. L’ultimo apparso è il modello Digito in funzione dal 2002, tuttora presente nelle cabine rimaste attive.

Ph. @cabina_ndoperlecitta IG

In data odierna in Italia risultano ancora attivi 16.073 telefoni pubblici. A questi si aggiungono 1.801 postazioni negli ospedali, nelle carceri e nelle caserme, oltre alle 470 che si trovano nei rifugi di montagna.

Continua la lettura con: Le 10 parole con il suono più bello del milanese

MILANO CITTA’ STATO

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Fuori Milano non si fa: quello che i milanesi devono evitare quando si trovano in provincia

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Milanesi in provincia

Milano ha le sue regole, si sa, ma non sono universali. Alcune sue abitudini e pretese non sono infatti tipiche della provincia, ecco allora alcuni comportamenti che il milanese dovrebbe evitare quando si sposta fuori città

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Fuori Milano non si fa: quello che i milanesi devono evitare quando si trovano in provincia

#1 Non vestitevi da hipster

Credits: @QNM Pinterest
Camicia e foulard

Un milanese lo si riconosce perché è sempre vestito a festa. E non significa che chi vive in provincia è vestito male, ma semplicemente che non bisogna ogni volta indossare gli abiti delle grandi occasioni. Il o la milanese solitamente li riconosci dalla giacchetta e il foulard rigorosamente annodato che indossano. Senza vestirsi da hipster, in provincia vanno bene anche abbinamenti più casual.

#2 Non correte (e godetevi la calma – e l’aria pulita)

alba1970-pixabay – Corsa

Quando ci si allontana da Milano, la regola del camminare veloce non funziona più. In provincia ci si prende i propri tempi e non per forza è una cosa negativa, non significa annoiarsi e nemmeno non saper sfruttare al meglio il proprio tempo, ma semplicemente godersi il momento. Anche in provincia si è produttivi ma si fa tutto più lentamente. Una volta messo fuori il piede dalla città, al milanese converrà quindi rallentare il proprio passo e viversi ogni minuto della giornata. E poi allontanarsi dalla città ogni tanto fa bene, soprattutto per respirare un po’ d’aria pulita. In provincia si sente subito che l’aria è meno pesante e meno inquinata.

#3 Non improvvisate col dialetto

Credits: @lamilanesediprovincia
Vignetta in dialetto

Ormai il dialetto milanese lo sanno più i provinciali piuttosto che chi abita in città. Quindi se vieni da Milano Milano e decidi di andare nei dintorni della città ti conviene non provare a parlare in milanese. In molti paesi della provincia si parla ancora il dialetto, ma è un dialetto diverso dal milanese doc, una lingua contaminata da influenze bergamasche, lodigiane, brianzole, lecchesi, di Como o di Cremona che hanno fatto sì che in ogni zona dell’hinterland si creasse un proprio modo di parlare. Il problema è che quando un milanese arriva in provincia sentirà spesso utilizzare in dialetto, ma non gli sarà così facile rispondere. Perché? Perché al novanta per cento il tuo interlocutore provinciale capirà anche il tuo maccheronico dialetto milanese doc, ma le probabilità che tu capisca il suo non sono molto alte. Quindi consiglio: meglio parlare in italiano.

#4 Non aspettatevi il Medio Evo

La vita in provincia – Credits: www.ilparmense.net

Provincia non significa arretratezza. Ormai anche in un classico bar di provincia puoi pagare con la carta un semplice caffè, sempre se il nuovo governo continuerà a permetterlo. Sì è vero che in alcune zone della provincia c’è ancora la cultura del contante, ma ora anche fuori dai confini della città si sta iniziando a ricorrere solamente al pagamento con carta, piuttosto che girare con tanti contanti nel portafoglio.

#5 Non fate parcheggi creativi

È vero che in provincia difficilmente i parcheggi sono tutti pieni ma se non lo trovate, cercatene uno un po’ più in là e al massimo camminate, perché in provincia non si parcheggia a caso. È già tanto che i provinciali accettano le quattro frecce in doppia fila, accompagnate ovviamente da qualche insulto, ma sicuramente non si apprezzano i parcheggi creativi tipici dei milanesi. E in realtà non è che non si possa parcheggiare in modo creativo perché si rischia di prendere la multa, anche in provincia la polizia e i carabinieri non passano così spesso, ma perché il parcheggio sui marciapiedi non è una cosa normale! Ovviamente non troverete parcheggi su tutte le strade ma con una piccola ricerca prima o poi lo si trova. Spoiler alert. Seppure anche in provincia ci si sta adattando sempre di più alle strisce blu, a volte si trovano anche parcheggi non a pagamento.

#6 Non pretendete che sia tutto a portata di mano

Credits: @milandiamo
Naviglio Martesana

In provincia non ci sono tutte le comodità di Milano. Per raggiungere la maggior parte delle zone fuori conviene innanzitutto prendere la macchina, la scelta dei mezzi non è la più ottimale, anzi. Una volta arrivati nel paese di provincia muoversi con i mezzi (soprattutto se weekend) sarà molto difficile. Non pensare inoltre che tutto quello di cui hai bisogno sia vicino a te, se devi andare al bar, poi al ristorante, poi al cinema e poi a casa di un amica, potresti fare chilometri prima di raggiungere tutti.

#7 Non fate i bauscia

credit: remember8090.it

“Quest chì l’è on bauscia”. In realtà questa regola potrebbe riassumerle tutte. Cari milanesi, non fate i bauscia e in provincia starete benissimo. Come voi non amate quando chi viene da fuori si comporta da “provincialotto” nella vostra città, così i provinciali non amano che voi vi comportiate da “milanesotti” nei loro paesi. Non tiratevela e non fate gli snob, non sentitevi superiori come se stesse entrando nel terzo mondo e voi venite da un’area civilizzata, perché altrimenti vi farete riconoscere subito. Non aspettatevi che tutto vi sia dovuto. E considerando l’astio un po’ stereotipato che c’è tra milanesi e provinciali, tra bauscia e giargiana, forse è meglio una pacifica convivenza piuttosto che il farsi riconoscere subito e di conseguenza essere sulla bocca di tutti gli abitanti del paese. Sì perché in provincia si parla e se vi farete notare, sappiate che tutto il paese saprà che siete lì nel giro di poco tempo. Quindi meglio non fare il bauscia perché poi non lamentatevi se al vostro passaggio sentirete un corteo di voci che parlano di voi.

Continua la lettura con: 10 COSE da NON FARE a Milano: la non guida per i turisti

BEATRICE BARAZZETTI

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