La Fiera dell’Artigianato è profumi d’oriente e occidente, colori del levante e del ponente.
E’ artigianato proveniente da ogni angolo del mondo e gustosi manicaretti che evocano sapori esotici, etnici, mai provati.
La Fiera dell’Artigianato è un luogo in cui diverse culture si incontrano, rimanendo per ben una settimana a pochi passi l’una dall’altra, incontrandosi e confondendosi in questo grande evento pre-natalizio atteso da tutti i milanesi e non solo.
Alla Fiera dell’Artigianato ora sei in Marocco, ora in India. Ora sei in Francia, ora in Inghilterra. Ora sei in Italia, ora in Spagna.
Una manifestazione per un viaggio attraverso innumerevoli paesi, che ogni anno è in grado di farci volare con la mente verso orizzonti lontani e di farci toccare con mano le usanze del mondo.
Perchè non si tratta solo di una fiera durante la quale puoi acquistare artigianato internazionale, assaporare pietanze diverse dal solito e ascoltare musica evocativa: ormai, a Milano è una tradizione.
Come ogni anno, sarà a ingresso gratuito e si spalmerà per numerosissimi padiglioni del polo fieristico di Rho da questo sabato fino al 9 dicembre.
Cerchi dei regali di Natale unici e introvabili? Hai trovato pane per i tuoi denti.
Registrandoti su Spotlime, l’app che seleziona i migliori eventi di Milano, riceverai un promemoria dell’evento e potrai rimanere sempre aggiornato su questo e tutti gli eventi simili in città. Inoltre, prenotandoti dall’app e partecipando agli eventi, riceverai un vantaggio esclusivo.
Le serie tv che ci hanno accompagnati da sempre sono tante.
Da The Walking Dead ai Simpsons, da Criminal Minds ad American Horror Stories, da Magnum P.I. a 911 e molte, molte altre.
Tutte serie tv targate FOX, tra le più amate di sempre, che tutti noi conosciamo e abbiamo seguito con grande passione.
Il mondo delle serie tv è sempre più pervasivo nelle nostre vite e la FOX lo sa bene: per questo, dal 30 novembre al 2 dicembre ha organizzato il FOX Circus al BASE, tre giorni di conferenze, incontri e serate a tema, ma soprattutto… di parco divertimenti.
Eh sì, perchè per tre giorni verranno allestite delle giostre ispirate alle serie tv più famose: dalla gag del divano dei Simpsons al Devil’s Tunnel di American Horror Stories, potrai divertirti sulle attrazioni più coinvolgenti ed esilaranti che il BASE avrà da offrire, che saranno corredate dalla FOX Tavern e da alcune mostre tematiche.
Come fare a non perdersi un evento del genere? Basta registrarsi al form appositoe potrai goderti queste giostre spettacolari dedicate alle migliori serie tv degli ultimi anni, mentre per tutto il resto, beh, l’ingresso è gratuito, quindi… divertiti!
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Ascolti TantaMerda, segui ogni settimana l’OroscoPorcu e impazzisci per SUPERPOP? Allora probabilmente sei di NoLo, oppure adori andare a cercare la Milano che le testate nazionali non ti raccontano. Radio NoLo ha appena festeggiato il suo primo anno di attività e il trasferimento nella nuova sede con un Opening Party che ha attirato gente da mezza città. Se vi trovate a passare da via Oxilia e vedete persone visibilmente infervorate che chiacchierano e se la ridono dentro una vetrina, sappiate che sta facendo la radio, anzi una webradio.
Un successo lungo un anno
Radio NoLo è una delle ultime radio di quartiere nate a Milano da un’iniziativa dal basso, e nello specifico da una Social Street: ovvero abitanti del quartiere che hanno preso l’abitudine di stare spesso insieme a fare colazione, condividere passioni e attività, e alla fine anche una radio. Mica pizza e fichi: tra speaker, tecnici, redattori, responsabili marketing e eventi sono circa un’ottantina di persone, che ogni giorno battono il quartiere, raccontano quello che succede in giro, commentano le notizie e si divertono un mondo. Perché alla fine è proprio questo che conta davvero, dal momento che nessuno qui ci guadagna un euro. L’unico che la radio la fa da professionista è Riccardo Poli, tra gli autori di La Zanzara e conduttore di Off Topic su Radio24, che non a caso ne è l’ideatore e il Presidente.
E quando hai un’idea forte e un gruppo compatto dietro non ci sono limiti. Radio NoLo infatti ha appena vinto il premio come migliore webradio di Milano ai Milano Storytelling Awards 2018, nato per valorizzare le realtà che hanno saputo raccontare/immaginare/promuovere Milano attraverso le storie, le azioni, l’arte, la solidarietà e lo spettacolo. L’obiettivo ora è quello di andare presto in streaming (al momento vengono prodotti solo podcast) e di trasmettere 24h ore su 24h. Non ci sono dubbi che ce la faranno, sono tipi tosti, ne so qualcosa.
I have a stream
Ma Radio NoLo è solo una delle ultime tra le weradio comunitarie di Milano, tutti esperimenti nati dal basso che raccontano quello che succede ogni giorno nella pancia della città. Non quella delle influencer, dei parchi sponsorizzati, delle Olimpiadi e del PIL, ma le storie che in genere hanno pochissima visibilità. A metterle in rete da otto anni è Shareradio, nata nel 2010 a Baggio da un progetto di coesione sociale che ha coinvolto associazioni di quartiere, operatori sociali, attivisti e studenti: progetti, eventi, musica per offrire uno strumento di incontro e scambio soprattutto ai ragazzi che vengono definiti problematici, quelli che fanno fatica a scuola, che hanno percorsi familiari difficili alle spalle.
E di storie nelle sale di registrazione di Shareradio ne sono passate tante, le redazioni diffuse si sono moltiplicate disegnando una mappa che unisce Nolo, Cimiano e Affori, le scuole, le persone con problemi di salute mentale, gli esperimenti itineranti. Da anni su Onda Diurna i RariEventi raccontano il mondo della Salute Mentale e lavorano per la lotta allo stigma. Sono quelli per intenderci che forse vi è capitato di vedere tutti vestiti di blu su un tram dell’Atm il 10 ottobre (di quest’anno o degli ultimi 7 anni), nella diretta di Attaccàti al tram (si legge così, con l’accento sulla seconda a).
Al Giambellino è nata invece unaLadies Radio, un laboratorio radiofonico tutto al femminile formato da ragazze adolescenti di origine egiziana del centro di aggregazione giovanile I.R.D.A, che cerca di raccontare il quartiere e la condizione giovanile tra realtà, percezioni e pregiudizi dei suoi abitanti. Anche qui mica pizza e fichi. Le ragazze sono state tra le finaliste del premio L’Anello debole che si svolge all’interno del Capodarco l’Altro festival, con un audio documentario che racconta, “senza veli”, la realtà milanese delle donne di seconda generazione. Presto lo sentiremo con molta probabilità sulle frequenze di Radio3, a testimonianza del fatto che le webradio di prossimità possono produrre contenuti di qualità e di interesse generale, non necessariamente circoscritte alla zona di cui sono più diretta espressione.
Che il Piano Quartieri inizi da qui
Non a caso si vanno diffondendo proprio laddove esiste un progetto, un interesse, un’idea che difficilmente avrebbe facile accesso ai media più tradizionali, a ennesima riprova che il web è veramente ancora lo strumento più democratico di cui disponiamo. Sono questi ultimi anzi che spesso vanno a cercare voci e innovative al di fuori dei circuiti tradizionali. Per questo le webradio sono una grande opportunità. Lo ha capito da tempo Nicola Mogno, fondatore e anima di Shareradio, che non a caso di mestiere si occupa di media education, promuovendo progetti di sviluppo di comunità in quartieri periferici della città. Da anni con Shareradio offre lo spazio e visibilità, stimola nuove start up, fa formazione nelle scuole, nelle associazioni, ovunque ci sia qualcosa di importante da comunicare.
“C’è una ricchezza immensa a Milano, nascosta nelle pieghe e che spesso si mostra in occasioni poco note ai più – ha dichiarato in una recente intervista – E’ proprio frequentando i quartieri, conoscendone abitanti e attivisti, associazioni e centri di aggregazione, frequentando gli spazi dedicati allo sport e ai bambini che si scoprono i tesori più preziosi. La bellezza sta sotto la superficie, ben lontana da grattacieli a vetri e giardinetti con il prato inglese. Bisogna aver voglia di mescolarsi, di mettersi in discussione continuamente per godere delle proposte più invitanti in città”.
E per favore non me ne vogliate, l’ho scoperto solo dopo che anche Mogno vive all’Isola.
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E non parlo di meri danni ai muri, ma di qualcosa di più profondo, qualcosa che colpisca l’animo di chiunque vi entri.
La risposta a questa domanda potrà essere argomentata durante l‘allestimento site-specific “Invitation to a Disaster“, che prevederà l’esposizione delle opere di Matteo Montani e Antonio Trimani in un appartamento all’ottavo piano di Via Melchiorre Gioia 135.
Una volta che ti sarai prenotato la tua visita guidata dopo il tramonto, potrai iniziare un percorso dentro un nudo appartamento che si aprirà in fratture, ferite, fenditure irregolari che si rifletteranno nelle opere degli artisti e che le opere, a loro volta, rifletteranno.
Più che un’istallazione, sarà un vero e proprio percorso sensoriale, che sarà accompagnato da un continuo senso di stupore e, forse per alcuni, di oppressione, mentre sperimenterà la rigenerante bellezza della luce proveniente dalle tele di Montani o dai riverberi dei monitor dei video di Trimani.
L’appartamento si presenterà come un luogo veramente ferito e mostrerà concretamente questo suo carattere al termine del percorso espositivo, che prevederà la realizzazione live di un “vanishing painting” di Matteo Montani.
Un vero e proprio cammino sinestetico, quello all’interno dell’appartamento all’ottavo piano di Via Melchiorre Gioia 135, che potrai sperimentare dalle ore 19 solo prenotandoti scrivendo una mail a info@lestazioni.com o chiamando il 388 9240447.
Fossi in te, un’esperienza del genere la vivrei finchè ne si ha l’occasione.
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“Ho sempre una valigia a Berlino”, cantava Marlene Dietrich. Ho abitato per anni tra Kreuzberg e Friedrichshagen con una valigia pronta per Milano. Perchè Milano è sempre stata la mia casa.
A Milano ho abitato in zone diverse. Negli anni precedenti al mio soggiorno berlinese sono stato in via Cadore (Milano Est), in piazza Irnerio dietro a via Washington (Milano centro), ho abitato nel profondo nord al confine con Cinisello, mentre gli ultimi anni li ho trascorsi in Foro Buonaparte a Brera. Da qualche settimana mi sono provvisoriamente trasferito nel quartiere di San Siro. E qui ho scoperto una radicale cambiamento di prospettiva.
A Milano il centro non è una coordinata geografica, ma una misura di valore. Tutto a Milano si misura in distanza dal centro. Una caratteristica che la rende unica, almeno rispetto alle città dove ho vissuto (oltre a Berlino sono stato a Genova, Stoccolma, Parigi, Copenaghen e, in diverse fasi, a San Pietroburgo). Prima di fare ritorno a San Siro un amico che abita nell’est più est di Milano mi ha avvertito: guarda, mi ha detto, che Milano è un’oligarchia.
Oligarchia?
Sì, è l’oligarchia dell’area C. In tutta la città si pagano le stesse tasse, però chi vive in centro riceve servizi superiori. Davanti a casa mia è da mesi che c’è un marciapiede rotto. E nessuno è ancora intervenuto. Potresti immaginare un marciapiede rotto a Brera o in Montenapoleone? Inconcepibile. Questo è solo un esempio della verità: Milano è un’oligarchia.
Gli effetti di questa oligarchia di Milano li ho scoperti in queste settimane.
Guarda, mi ha detto, che Milano è un’oligarchia.
Oligarchia?
Sì, è l’oligarchia dell’area C. In tutta la città si pagano le stesse tasse, però chi vive in centro riceve servizi superiori.
Nuova vita a MILANO: cosa cambia a trasferirsi dal centro in periferia
#Il traffico
Dopo anni a Brera ero convinto che il traffico a Milano fosse sensibilmente diminuito. Anche perchè giro in scooter e da Brera si raggiunge tutto in pochi minuti. Mi sbagliavo. Abitando in zona San Siro e lavorando in zona Stazione Centrale ho riscoperto quella piaga che “è peggio della mafia”. Lo dico agli amici di Area C, credetemi, fuori dall’area C c’è un traffico pazzesco, che colpisce perfino chi gira in scooter. Per provare un’esperienza esotica basta avventurarsi sul cavalcavia della Ghisolfa in qualunque giorno feriale, alle 8.30 di mattina o alle sette di sera. Non ci passa neppure uno spillo. Personalmente sono a favore dell’area C però ora devo dare retta agli amici di periferia che mi dicevano che quello che non vedevo più in centro è stato buttato fuori ingolfando le strade che sembrano le compere di Natale.
#I costi
Chi vive in periferia spesso lo fa per una scelta economica. I prezzi degli affitti sono più bassi. Questo è vero. Però ho dubbi sul beneficio economico. Prendiamo una persona media che, visto che non abita a 200 metri dall’ufficio e vive lontano dalla metro, si debba spostare in auto. E’ vero che paga meno di affitto però bisogna aggiungere la benzina per gli spostamenti, il costo per l’accesso in area c, parcheggi, multe, a cui si aggiungono tempi che si dilatano a dismisura. I movimenti fuori dall’area C ricordano quelli della transumanza, si procede lenti, bloccati, ai confini di quello che appare come un eden o come un fortino.
#La notte
La sera a Brera era un incanto. Spesso dopo cena uscivo di casa. Qualunque direzione prendessi era come se casa mia proseguisse oltre il tinello. Strade in ordine, pulite, frequentate, con negozi e il parco il cui unico pericolo era di restare intrappolato dai cancelli di chiusura. La sera in periferia è un’altra dimensione che difficilmente chi vive in centro può immaginare. Le strade si fanno buie, deserte, ogni angolo che in centro si guarda con curiosità in periferia diventa un’insidia. Quelli che cambiano sono soprattutto i passanti: in centro sono una presenza amica, in periferia sono una minaccia.
#La manutenzione
A Brera uno smottamento del pavé o un binario fuori posto richiamano un pronto intervento. Quante volte ho ammirato operai di strada a lavoro di notte per riparare una buca o un pietrone fuori posto. Tutto questo si trasforma in nostalgia quando si passa al di là della cerchia dei navigli o, peggio, oltre le colonne d’Ercole della circonvallazione. Le scritte sui muri sai che ti accompagneranno per anni, alla sporcizia ci fai l’abitudine, le buche dell’asfalto sono una presenza da inserire in google maps.
#I mezzi di trasporto
Una delle cose che importerei subito da Berlino è la metropolitana 24 ore, almeno nei fine settimana. Perchè la chiusura della metro coincide con il coprifuoco per le periferie. L’ultima corsa della metro è quella dei Guerrieri della Notte. Se la si perde e si ha la sventura di essere in centro, all’unica alternativa a venire spennati da un taxi (vedi costi) è quella di dover superare sulla strada verso casa le teste rasate dei Turnbulls Ac’s o le Baseball Furie armate di mazze.
Cosa ci vorrebbe: un centro per le periferie
Ma forse quello che manca di più in periferia è proprio lui: il centro. In una città in cui il centro è misura di tutte le cose, chi vive in periferia si sente defraudato. Non solo per la distanza e per i confini mobili che si alzano a proteggere l’area C, ma per l’assenza di un centro identitario di riferimento nella propria zona. Anche a Berlino ho abitato in periferia, nell’estremo est di Muggelsedamm, dove nel cuore di quella che i berlinesi chiamano “Foresta” esiste uno splendido centro cittadino con una sua identità e completo di ogni tipo di attrazione, uno tra i tanti centri disseminati nella città berlinese. A Milano in periferia un centro non esiste. Il centro in periferia non esiste perchè Milano è un’oligarchia, ricordalo, mi ricorda il mio amico. L’oligarchia del centro non vuole che esistano altri centri che possano mettere a rischio la misura di tutte le cose, questa la sua conclusione. Forse da qui dovrebbe ripartire la rivoluzione della Milano del futuro: bisognerebbe creare un centro vitale e attrattivo per ogni zona, anche e soprattutto in quelle più periferiche. Un centro che sia luogo di attrazione possibilmente non solo per chi ci vive ma anche per il resto della città.
Un po’ come Lambrate con il Fuorisalone o San Siro quando giocano allo stadio, però dovrebbero essere un punto di attrazione permanente, dei centri talmente belli e distintivi da competere con il centro di Milano. Come si è dimostrato con Gae Aulenti, creare nuovi centri a Milano è possibile. Ma bisogna avere il coraggio di farli, anche oltre l’area C.
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I dati presentati da Lorenzo Bellicini, direttore del CRESME, il Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia, illustrano gli scenari demografici da qui al 2036 nelle regioni e nelle principali città italiane. Prevedono secondo le attuali stime chi nei prossimi anni perderà abitanti e chi invece ne guadagnerà.
Da: DemoSI del CRESME (ilpost.it)
Il risultato dei dati sembra drammatico per l’Italia. Quasi tutte le regioni e la gran parte delle città sembrano destinate a perdere abitanti, anno dopo anno. Con due eccezioni: il Trentino Alto Adige e la Lombardia. E tra le città emerge alla grande Milano che è la città che ha guadagnato più abitanti negli ultimi anni (quasi trentamila dal 2013 al 2016) e che, soprattutto, sembra pronta all’arrivo di quasi 300.000 nuovi abitanti da qui al 2036.
Tra le altre città solo Bologna e Firenze sembrano tenere. Mentre la situazione sembra disastrosa al sud, con Napoli che vedrà fuggire 163mila persone.
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Scommetto che anche tu hai visto almeno una puntata di “Siamo fatti così” o letto un volumetto di “Esplorando il corpo umano“: chi non l’ha fatto?
Ogni bambino o ragazzino che abbia visto quel cartone animato o letto quegli opuscoletti comprati in edicola ha pensato almeno una volta di fare il medico o qualche altra professione che avesse a che fare con il corpo umano.
Ricordi quanto era appagante montare pezzo per pezzo il corpo di un modellino in scala 1 a non-mi-ricordo e, allo stesso tempo, snervante dover aspettare l’uscita del numero successivo per poter finalmente aggiungere il colon e l’intestino crasso?
Bei tempi, quelli.
Sicuramente, gli ideatori della mostra “Real Bodies“ hanno sempre sognato di celebrare il corpo con… ehm… l’arte.
Eh sì, perchè visitando questa esposizione, che finalmente torna nella città della Madonnina per suggestionare, terrorizzare e affascinare i visitatori, potrai ammirare esattamente come siamo fatti sotto pelle.
Vedrai muscoli, tendini e ossa a “occhio nudo“, tesi in diverse posizioni, ognuna differente dall’altra, in tensione e rilassati, per far conoscere i meravigliosi e perfetti meccanismi del nostro corpo.
Chi lancia un giavellotto, chi è seduto a tavola e chi sta semplicemente camminando: potrai osservare con attenzione ogni singola fibra del corpo piegata a seconda delle posizioni e delle attività quotidiane e non.
Ricordati: non è una mostra adatta ai deboli di stomaco, perchè tutti i corpi in mostra sono… veri. Hai capito bene: ognuna delle figure che vedrai esposte è un corpo umano donato alla scienza, quindi se sei una persona impressionabile ti consiglio di stare alla larga da quest’esposizione.
Se sei curioso di visitarla, armati di tanto coraggio: ne vedrai delle belle, allo Spazio Ventura, soprattutto perchè quest’edizione sarà dedicata a niente meno che Leonardo Da Vinci e ai suoi studi sul corpo umano
Che aspetti a comprare il biglietto? Cosa solo 19.50euro e penso che per un evento del genere li valga tutti.
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Empire State Building, Taipei 101, Shanghai World Financial Center, Grattacielo Unicredit (o Torre Allianz o Generali). Trova la differenza.
Il prezzo dell’estetica
“Do ut des” dicevano i latini. Le norme del Comune di Milano dicono – euro più euro meno – 100 euro al metro quadro all’anno. Cioè, se avete un immobile e volete legittimamente pubblicizzare la vostra azienda, i regolamenti stabiliscono che potete farlo, restando entro il perimetro dello stesso e versando alle casse cittadine l’obolo di cui sopra (fuori dal perimetro delle mura spagnole, perché in centro la questione è molto più complicata).
Facendo i conti della serva e a completa disposizione per essere corretti dagli interessati, abbiamo provato a fare due calcoli sui grattacieli di Milano, stupendi nel loro design ma molto meno apprezzati da tante, tantissime persone per come sono stati addobbati. E non solo sotto il periodo di Natale…
Un’insegna relativamente discreta come quella dell’Unicredit in piazza Gae Aulenti, alta circa 3,5 metri e larga 20, dovrebbe garantire al Comune sui 7.000 euro l’anno, che diventano il doppio considerata anche la scritta sulla parte nord del grattacielo. Insomma, neanche la copertura dello stipendio netto di un bravo impiegato comunale.
Andando in City Life e guardando lo Storto, ovvero l’affascinante Torre Generali, col “cappello” rosso che si è aggiunto agli originali e maestosi 44 piani e 177,4 metri ideati dalla grande Zaha Adid (lo studio Adid ha firmato anche il prolungamento), possiamo stimare una superficie pubblicitaria di circa 10 metri di altezza per 40 abbondanti di larghezza sui due lati più grandi e 10 per 30 sugli altri due. Che sommati dovrebbero fare una bella somma, all’incirca 140mila euro di tasse all’anno. Uno stipendio lordo da dirigente.
Se si tornasse indietro… o si andasse avanti
Le scritte su Palazzo Lombardia non sappiamo se ricadono sotto la stessa normativa. Sicuramente la Regione è stata tra le prime a lanciare questa moda tra i palazzi più alti d’Italia e di Milano, con la nuova sede inaugurata un paio di anni prima della Torre Unicredit, cui sono seguiti lo Storto e il Dritto di Allianz (che come tipologia di scritta e logo è allineata ad Unicredit).
Ora, senza additare questa o quella azienda che dà lavoro a migliaia di persone – e precisando che ogni palazzone milanese (hotel, hi-tech come Samsung e via dicendo) ha più o meno un’insegna, un logo, una scritta – è pieno diritto di ognuno mostrare la propria immagine come meglio crede ed entro le leggi vigenti. Tanto più pagando (troppo o troppo poco) l’imposta di pubblicità e contribuendo a riempire le casse del Comune che reinveste a favore di tutti.
Ma diciamoci anche che non abbiamo finora incontrato una persona a cui piacessero le insegne di cui sopra, da quella meno invadente a quella più fashion, da quella più colorata a quella più tamarra.
Vi immaginate il Colosseo o l’Arena Civica piena di pubblicità ai tempi dei romani? Sì, è vero, i tempi sono cambiati. Ma la natura dell’uomo è sempre la stessa: il BELLO e il VERO sono (dovrebbero essere) il nostro obiettivo primario. E le pubblicità sui palazzi e grattacieli è VERO che sono BRUTTE. Molto brutte (tutte).
In Galleria le insegne sono rigorosamente regolamentate in dimensioni e colori (oro e nero), fuori dal centro l’estetica va a farsi benedire. Perché? Da Cracco o Prada ci passiamo davanti una volta ogni tanto e ci entriamo ancora meno, gli occhi al cielo li alziamo tutti i giorni e più volte al giorno.
Vi va di sognare un minuto? Siamo nel 2025, il Comune ha istituito una commissione di esteti che rifarà regole ispirate al bello e al buon senso, valide in centro come in periferia. Ma ancor prima abbiamo iniziato ad assistere allo smontaggio volontario di tante scritte ad opera di aziende virtuose, che continuano addirittura a pagare ricevendo in cambio visibilità con speciali iniziative social, sui mezzi pubblici e via dicendo… Del resto il “do ut des” vale sempre, ma quando è virtuoso è molto meglio.
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E’ impossibile non restare affascinati dalle opere del grande maestro Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio.
E’ vero: Caravaggio aveva un passato da delinquente, nonchè ladro, e ha passato gran parte della sua vita scappando, ma questa sua anima tormentata generava capolavori unici nel loro genere e decisamente rivoluzionari, per l’epoca.
L’utilizzo della luce e dei chiaro-scuro in modo così teatrale da sembrare progettati da un vero e proprio tecnico dei giorni nostri danno forma a quella che sembra una realtà pronta a uscire dalla tela, una vera e propria performance teatrale.
Viene voglia di soffermarsi per ore a osservare ogni dettaglio, ogni ombra, ogni drappeggio, perchè sembra quasi che da un momento all’altro potrebbe prendere vita.
Se anche tu sei un ammiratore delle opere di questo grande artista, ti propongo la mostra “Caravaggio – Oltre la tela” esposta dal Museo della Permanente, potrai ammirare le più famose opere del pittore secentesco tramite un’esperienza multimediale di alta tecnologia, che ripercorrerà le tappe fondamentali della sua vicenda artistica e umana.
Questa mostra su Caravaggio sarà, quindi, un percorso emotivo, durante il quale, grazie alle ambientazioni dell’epoca e al racconto che ascolterai in cuffia, potrai rivivere non solo il percorso artistico, ma anche la travagliata vita del grande artista.
Fossi in te, non perderei un’occasione così facile di poter ammirare da vicino alcune delle più famose opere di Caravaggio, soprattutto perchhè l’ingresso costa solo 14 euro.
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Milano come Berlino, dove ogni quartiere (Bezirk) ha una sua autonomia, una forte identità e perfino una sua bandiera? Un’idea che ci piace molto e che l’art director e illustratore Daniele Desperati sta realizzando con una serie di bandiere per i diversi quartieri di Milano. Li sta pubblicando sul suo profilo Facebook Daniele Desperati e già stanno facendo discutere.
Come riporta il sito www.frizzifrizzi.it, il progetto è nato per caso: «qualche giorno fa facevo ricerca per un cliente e mi sono imbattuto in un bellissimo archivio di bandiere navali antiche. C’erano file in alta risoluzione molto attraenti e, scorrendoli, ho iniziato (non chiedermi perché) ad associare alcune forme e colori a delle zone di Milano».
Ecco di seguito le prime bandiere da lui inventate con la spiegazione dell’autore:
NoLo è stata la prima ed è venuta un po’ da sé, mi piaceva la divisione in quattro
«per Barona è un vezzo estetico, volevo qualcosa che “facesse brutto”»
«Porta Venezia è un arcobaleno in quanto roccaforte LGBT»
«Parco Lambro è il mio quartiere»
«in zona Sarpi c’è la chinatown milanese quindi la bandiera rimanda alla Cina»
«Navigli è ispirato al libro di Marco Philopa Pirati dei navigli»
«Isola è ispirata alle vecchie stazioni di servizio»
«per quanto riguarda Ticinese, anche qui non ho altro da dichiarare!»
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In many ways, it seems as if the Berlin Wall never fell. There is an invisible barrier that separates West Berlin from East Berlin, as the differences in every characteristic can be observed: newspapers, lights, street lamps, even the football teams. West Berlin is a bourgeois city, very Occidental and Teutonic, at least as we Italians view Germany. East Berlin is instead anarchic, rebellious, creative and international.
Milan, too, is divided into West and East. The diversely characterized quarters possess different atmospheres, but if one had to determine how to best divide the city by its major areas, it just might be best to simply draw a line from North to South, exactly was done in Berlin.
Where does the wall of Milan pass?
Milan’s wall runs along viale Fulvio Testi, a traditional boundary separating the North East from the North West. It then extends west of the Isola zone, only to leave it on its eastern side, with Porta Nuova on the west. From Piazza Repubblica, it proceeds along via Manzoni, crossing Piazza della Scala, leaving the renowned opera house to the west and Palazzo Marino to the east. Crossing through the Galleria Vittorio Emanuele (the stately Tower to the west), we then across Piazza Duomo (the cathedral is to the east). Our wall scurries along towards Porta Ticenese, hosting the banks of the Darsena, the old boat docks to the west, and here on the south overlap the Naviglio Pavese, making it a natural boundary.
portaticinese- frontiera est ovest
Are you from East or West Milan?
City dweller characteristics
West Milan
Vista aerea di Milano ovest
It’s the Milan of the bourgeois, of the baùscia, that traditional full-of-himself braggart, a go-between offering strangers ‘precious’ information about his town – at a price! West Milan remains a somewhat unbalanced residential area. It is full of green areas, and great open spaces. Parco Trenno, Parco Sud, Parco Nord, Parco Sempione. This is the place that many living outside the city look to, the Milan of style and class, temperate and reserved, perhaps a bit obscure.
East Milan
vista aerea milano est
Here we see a post-industrial Milan, a mold of factory workers, young people, many students, a multitude of office buildings, and a scarcity of green areas. The inhabitants tend to be a bit anarchic, yet open-minded, perhaps because they are the first to see the sun rise. This is the exciting, always frenetic part of Milan, artistic and cultural, full of dynamic restaurants and shops, populated by immigrants.
Milan’s distinctive buildings
West Milan
In an isolated, concentrated area, we find two important sporting facilities: the world-famous 80,000 seat San Siro Football Stadium, home of Milan A. C. and Inter F. C.; adjacent, the Racing Track Ippodromo, the Pala-lido Swimming pools, and the Arena.
East Milan
politecnico di milano est
Milan, a University City: here we find both the State University and the Bocconi. In the Città Studi area, we find the Polytechnic, and the five scientific faculties of the same State University.
Transportation
West Milan
Cadorna Milano Ovest
Here, the city boasts the best urban transit services. The subway stops are almost all in the West, except for the Green Line and a part of the Yellow Line. The under-construction M4 Line will unite the east and west.
East Milan
linate milano est
This area contains the major infra-structures to connect Milan with its external, outlying areas; Linate Airport, and the Central Station with its miles of junction-forming tracks. Signs of Milan’s open-mindedness and international ambitions.
Symbolic places
West Milan
sant’ambrogio milano ovest
The monuments and principal artistic attractions are here; Sforzesco Castle, Leonardo’s ‘Last Supper’, the Pinacoteca Art Gallery, and Teatro alla Scala. Milan’s famed Basilica of Sant’Ambrogio stands nobly since the year 386.
East Milan
la-Rotonda-della-Besana milano est
The most bizzare part of all Milan; the Rotunda della Besana, Idroscala park, the Museum of the 1900’s, the Central Railway Station, the Law Court. Its Duomo, the city’s spititual hallmark.
Its Central Part
Milano Ovest
citylife milano ovest
City Life assuming the role of Milan’s New Central Quarter
East Milan
piazza cinque V giornate milano est
Piazza Cinque Giornate – A bit revolutionary, a kind of eternally unfinished
City Planning
West Milan
porta nuova milano ovest
This is Milan’s ‘skyscraper’ zone at Porta Nuova, and City Life, the villas along via XX Settembre and at San Siro.
East Milan
Milano Est- via Lincoln
The Milan of Città Studi, of via Lincoln and its most picturesque quarters, Porta Venezia, corso Buenos Aires, Porta Romana
The Parks
West Milan
Parco Sempione Milano Ovest
Parco Trenno, Parco Nord, Woods in the City, Parco Sempione.
East Milan
idroscalo milano est
Idroscalo, the Gardens at Porta Venezia, Forlanini, Parco Lambro, Parco Sud.
Due michette e un panetto di hashish per favore. La notizia è di questi ultimi giorni: il questore di Milano ha imposto un periodo di chiusura ad una panetteria dell’Isola perché era punto di ritrovo di un ben noto gruppetto di spacciatori. Toh, nel quartiere dei nuovi ricchi, dei grattacieli più belli del pianeta, dei ristoranti alla moda e delle case da 10.000 euro al mq c’è ancora lo spaccio di droga. Quello che in teoria avevano seppellito sotto le tonnellate di cemento di Porta Nuova. Ma non solo. Ci sono anche i venditori abusivi, i parcheggiatori abusivi, tanta voglia di ricominciare abusiva, e altre cose amene di cui, come si dice, è meglio tacere.
Mi ritorni in mente
I nostalgici già rievocano i tempi della Ligéra, quando l’Isola aveva fama di essere un quartiere malfamato, rifugio della rinomata e temuta mala milanese, una microcrimitalità che viveva per lo più di piccoli furti e ricettazione: papponi, rapinatori, allibratori, truffatori, spacciatori, strozzini, contrabbandieri, in genere disorganizzati e spesso in conflitto tra loro, cui la musica popolare milanese spesso e volentieri strizzava l’occhio. I suoi appartenenti erano per lo più disoccupati che ricorrevano al crimine per sopravvivere oppure artigiani che cercavano di arrotondare, ma cercavano per quanto possibile di non fare del male a nessuno.
Come quell’Ezio Barbieri che insieme al compare Sandro Bezzi con una Lancia Aprilia nera targata MI 777 (come il centralino della volante) si prese beffa per quasi un anno della polizia, che sfuggì sette volte alle manette, che riuscì a organizzare la più grande rivolta nella storia delle carceri italiane nell’aprile del 1946.
Ora le prostitute e i viados non ci sono più, e nemmeno le case popolari di un tempo, dove i banditi si nascondevano con la connivenza empatica dei vicini (o meglio, le case popolari ci sono ancora, ma questa è tutta un’altra storia).
Isola come Icaro?
Isola, ormai lo sanno anche i sassi, è il quartiere simbolo della rinascita di Milano. Il risultato della riqualificazione è che abbiamo i grattacieli più belli del mondo, ma non sono nostri. Tutti i palazzi di Porta Nuova sono di proprietà di un fondo di investimento del Qatar, che li ha acquistati in blocco nel 2015 con una delle maggiori transazioni immobiliari degli ultimi tempi in Italia. Gli appartamenti nei Boschi verticali non sono nemmeno più in vendita, si possono solo affittare.
Sempre a Porta Nuova abbiamo due nuovi fantastici giardini attigui, uno dei quali è la celeberrima Biblioteca degli Alberi appena inaugurata. Il primo è privato ad uso pubblico, il secondo è un parco pubblico a gestione privata, perché troppo oneroso da mantenere per le casse comunali. E che quindi ora rischia di diventare facile terra di conquista per sponsor ed eventi commerciali, come si può intuire andandosi a leggere l’offerta di sponsorizzazione pervenuta da parte di Coima.
Insomma, facciamo cose fighissime che poi però non ci possiamo permettere.
Il vecchio quartiere Isola sta scomparendo per lasciare posto ad un unico grande ristorante a cielo aperto, assediato dalle macchine, dal fracasso e dalla maleducazione imperante. I piccoli negozi chiudono a favore delle grandi catene di ristorazione, le uniche ormai che si possono permettere di affittare o acquistare da queste parti. E a tanti piccoli proprietari si sostituiscono pochi esercenti che gestiscono più locali in un raggio di pochi metri (stiamo parlando dell’Isola, mica di Manhattan). A fine mese chiuderà anche l’ultimo storico fruttivendolo di via Borsieri e nessuno, ovviamente, ha interesse a rilevarne l’attività.
E chi si permette di dire ‘beh’ viene subito rintuzzato. Hai un appartamento schifoso che vale quanto una villa con piscina. Zitto e mosca. Vendilo e togliti dai cabasisi. Questo pezzo di città non è più roba tua. Ma sarà davvero questa la Milano 2030?
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In un momento in cui molti in Italia tirano il freno e preferiscono volare rasoterra, proponiamo dieci opere audaci che potrebbero rilanciare il futuro dell’Italia. Ti invitiamo a votare la tua preferita. La più votata sarà realizzata.
Scegli l’OPERA PIU’ AUDACE per il futuro dell’Italia
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Ci stiamo avvicinando a Natale e si sa cosa succede in questo periodo.
No, non sto parlando di quella magica atmosfera tipica di Natale che ti culla dolcemente verso la serenità, la gioia e i “jingle bells” vari, nossignore.
Mi riferisco a quella sgradevolissima e scomodissima sensazione di essere indietro con i regali di Natale per tutti: mamma, papà e fratelli, senza contare nonni, zii e colleghi, ma anche gli amici, i tuoi animali e, forse, anche il tuo partner, ma alla fine, dai.
Non importa che si cominci l’8 novembre o il 15 dicembre: sarà sempre e comunque troppo tardi per pensare e fare tutto in tempo.
E come va a finire? Ogni anno si cerca disperatamente un posticino per i regali di Natale last minute, hai presente, no? Quelli dei quali ci si ricorda solo il 23 dicembre, ma dei quali si ha un bisogno vitale per evitare figuracce.
Già. C’è sempre qualcuno di cui ti sei dimenticato o che ti ha fatto il regalo senza che tu ne avessi minimamente idea.
Fortunatamente c’è il Piccolo mercato finlandesedi Natale dell’Ambrosianeum di Milano a risolvere tutto, al quale potrai andare questi sabato e domenica a partire dalle 12.
Tra prodotti diartigiani e venditori provenienti dalla Finlandia e altri paesi nordici, come Svezia, Norvegia, Islanda e Lituania, riuscirai a fare dei regali unici e speciali, te lo dico io.
Ma non è finita qui: al piano superiore dell’Ambroseum, troverai il punto ristoro con zuppa di salmone, pane di segale con salmone e glögi, giusto per riscaldare questo weekend novembrino.
Sarà uno shopping di Natale insolitamente gradevole, te lo dico io.
Registrandoti su Spotlime, l’app che seleziona i migliori eventi di Milano, riceverai un promemoria dell’evento e potrai rimanere sempre aggiornato su questo e tutti gli eventi simili in città. Inoltre, prenotandoti dall’app e partecipando agli eventi, riceverai un vantaggio esclusivo.
Ma cos’è esattamente il Black Friday, oltre a una giornata altamente commerciale inventata dagli americani?
Potrebbe sembrare solo una grande giornata di spese pazze, ma per i suoi fan incalliti, questo venerdì di novembre è molto di più.
Il Black Friday è il giorno in cui tutto è possibile, perchè tutti teoricamente tutti possono tutto.
Il Black Friday è il giorno in cui tutti potremmo potenzialmente essere ricchi, ma non quel “ricco” da “ho tanti soldi“, quel ricco da “prendo questo, quello e anche quest’altro perchè posso“, rischiando di raschiare il fondo della tua giara di pudore.
Il Black Friday è il giorno in cui il consumismo ha la meglio persino sulle menti più forti, perchè persino il buno senso va a farsi maledire.
Mah sì, in fondo chissenefrega se spendi tutti i tuoi risparmi in babbucce, Skittles e cianfrusaglie alla Tiger, tanto c’è sempre tempo per risalire la cresta dell’onda… o almeno, questo è quello che ti ripeti per convincerti di fare spese pazze durante il Black Friday.
So che sarai una di quelle persone che va a caccia dello sconto migliore per accaparrarsi la migliore cover del cellulare con l’unicorno glitterato, anche se non ne hai bisogno: anche la futilità imbarazzante diventa utile, questo venerdì.
Imbottisciti per bene e preparati a fare a spallate in Duomo, Buenos Aires, Corso Vercelli, Montenapoleone (perchè ci piace sognare) e tutte le altre vie commerciali di Milano: occhio agli sconti e… in bocca al lupo: io mi chiudo in casa.
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Marcel Proust diceva che ogni lettore in un libro legge se stesso. Ecco 10 scrittori che possono fare ritrovare al lettore il suo modo di essere milanese. Come si può vedere da questa selezione, una caratteristica impersonata dagli scrittori milanesi è la loro straordinaria unicità, la capacità di innovare e di porsi al di là delle etichette.
10 scrittori milanesi da leggere in vacanza
#1 Carlo Emilio Gadda
Non si può che iniziare con l’autore che ha reso il dialetto milanese popolare in tutta Italia. Fosse nato un secolo prima l’italiano di oggi sarebbe ricco di e aperte e di u alla tedesca. A Milano è nato il 14 novembre 1893 e ci ha vissuto fino agli anni cinquanta quando si è trasferito a Roma, dove è morto il 21 maggio 1973. Il libro consigliato è Quer pasticciaccio brutto de via Merulana del 1957, giallo sperimentale ambientato nei primi anni del fascismo.
Lo abbiamo messo per secondo perchè ha preferito scrivere in “fiorentino” che in “milanese” contribuendo al successo nazionale della lingua di Renzi. Ma lo perdoniamo. A Milano è nato nel 1785 ed morto nel 1873, senza praticamente mai uscire dall’area C, anche perchè quando lo faceva veniva assalito da attacchi di panico. Per le vacanze di Natale invece dei Promessi Sposi consigliamo un’opera minore, ma per certi aspetti più ispirante: Del trionfo della libertà.
Qui giace Arrigo Beyle. Milanese reca scritto la sua lapide a Parigi. Stendhal, pseudonimo di Beyle, visse a Milano i momenti più spensierati della sua vita, trovò l’amore e trascorse la breve ma intensa epopea napoleonica nella nostra città. Come opera consigliata a parte il doveroso “il Rosso e il Nero (cronaca del XIX secolo)”, antesignano dei moderni romanzi psicologici, proponiamo la Certosa di Parma che ha per protagonista il giovane nobiluomo milanese Fabrizio del Dongo, figlio di una gentildonna milanese e di un soldato napoleonico.
#4 Dario Fo
L’unico scrittore milanese ad aver ricevuto il Premio Nobel. I suoi testi dividono anche per lo stile particolarmente istrionico. Consigliamo quello che è considerato il suo capolavoro, l’opera teatrale Mistero buffo, recitato in una lingua reinventata, mix di linguaggi fortemente onomatopeici, che assume di volta in volta la cadenza e le parole delle lingue locali della pianura padana.
#5 Alda Merini
Negli anni in cui era in vita veniva definita la “poetessa matta dei Navigli”. A Milano è nata il 21 marzo 1931 in via Papiniano ed è morta il primo novembre 2009. A 16 anni viene ricoverata per la prima volta in una clinica per malattie mentali, successivamente la pazzia gli sarebbe stata un’intermittente compagna di vita. Come testo consigliamo La pazza della porta accanto, scritta sotto forma di diario e di pensieri a briglia sciolta.
#6 Giorgio Scerbanenco
IN realtà era ucraino, si chiamava Volodymyr-Džordžo Ščerbanenko ed era nato a Kiev, nell’allora Russia imperiale, il 28 luglio 1911. Sua madre era italiana: a sei anni si trasferì in Italia, prima a Roma e a sedici anni a Milano. Lavoro come caporedattore per Mondadori e divenne un romanziere di successo. Morì a Milano il 27 ottobre 1969. Di lui consigliamo I milanesi ammazzano al sabato, manifesto del senso del dovere innato nel milanese anche quando di professione fa l’assassino.
#7 Mogol
Giulio Rapetti, in arte Mogol, è nato a Milano, 17 agosto 1936. E’ forse il più grande paroliere musicale della canzone italiana e per il livello dei suoi testi abbiamo deciso di inserirlo in questa selezione di scrittori milanesi. Tra le canzoni da lui scritte che consideriamo vere e proprie opere di letteratura, ci sono Il mio Canto libero, scritto per Battisti, Io non so parlar d’amore per Celentano, L’immensità per Don Backy e Impressioni di Settembre per la PFM.
#8 Tommaso Marinetti
Grande rivoluzionario della parola, Tommaso Marinetti visse la gran parte della sua vita a Milano, dove fondò il più grande movimento d’avanguardia che sia nato in Italia: il Futurismo. Per chi vuole osare, più che il Manifesto del Futurismo, suggeriamo il romanzo Patriottismo insetticida del 1939, scritto con stile stravagante e senza punteggiatura, definito dall’autore “aeropoesia”.
#9 Andrea De Carlo
Negli anni anni novanta i molti invidiosi del suo straordinario successo lo definivano il “vate delle ragazzine“. Nato a Milano l’11 dicembre 1952, dopo il diploma al Berchet e molti viaggi all’estero, si è messo a scrivere inanellando una serie di best seller nell’ultima decade del novecento. Suggeriamo la sua icona Due di due, storia giovanile di amore e di amicizia.
#10 Andrea Pinketts
Concludiamo con lo scrittore che forse incarna più di tutti lo status symbol del milanese. Più delle sue opere di lui vengono in mente i cocktail, i pomeriggi nei bar di zona piazza Piemonte, lo spiccato accento milanese, le conquiste femminili e le ospitate al Maurizio Costanzo Show dei tempi d’oro. Consigliamo l’assenza dell’assenzio definito “un capolavoro” dallo stesso Pinketts. Of course.
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Sarà che ho amato questa città fin dal primo giorno in cui mi ci sono trasferito, 17 anni fa.
Sarà che Milano negli ultimi anni è molto migliorata, sarà… molte altre cose ma per fortuna trovo che le cose brutte di Milano siano molte meno di quelle di tante altre città.
La prima che mi viene in mente è la qualità dell’aria. È ancora oggettivamente un problema e la città dovrebbe fare di più. La soluzione? Molto onestamente: non lo so.
Detesto parlare di cose che non conosco (nonostante oggi vada molto di moda laurearsi su Google) e non ho competenze per dire se le misure adottate fino ad oggi siano le migliori o meno. Di certo il problema persiste e serve uno scatto deciso in questo senso.
Un altro aspetto, sempre per restare in tema, è il verde urbano. Qui però i progetti sono molti e qualcosa all’orizzonte si vede.
Venendo a cose più leggere, una città come Milano dovrebbe avere un orario della metropolitana, se non H24, almeno maggiormente prolungato nella notte, soprattutto il weekend.
Un’altra cosa che trovo sorprendente è la difficoltà con la quale si possono vedere film in lingua nei cinema. La programmazione è limitata, non così facile da reperire e quasi sempre nei giorni feriali. Ovviamente questo non è certo il problema numero uno di Milano, però per una città che ambisce, e in buona parte lo è, ad essere una capitale internazionale e attirare lavoratori qualificati dall’estero, è una contraddizione stridente.
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Voglio farti una domanda che potrà sembrare scontata, ma che, in realtà, è molto difficile da elaborare: quanto è importante la musica nella nostra vita?
Ma poi: quanto è pervasiva?
Pensaci: in qualsiasi ristorante, locale o negozio si sente della musica in sottofondo, mentre si passeggia per strada ci si ritrova a fischiettare o canticchiare qualche motivetto rimasto in testa addirittura a non poter fare a meno di girare con le cuffie nelle orecchie.
La musica è capace di intrufolarsi nelle nostre emozioni e di cullare i sentimenti verso orizzonti di gioia, tristezza o rabbia, a seconda di quello che le note ci fanno provare.
La musica è in grado di consolarci, di rallegrarci e di dirci esattamente quello di cui abbiamo bisogno nel momento giusto, senza alcun bisogno di chiedere.
E poi, potenzialmente, tutto potrebbe essere musica.
Dal segnale acustico della chiusura-porte in metro allo sbuffo dei bus quando ripartono, dal “bip” della cassa al supermercato al trillo del citofono.
Insomma, la musica è davvero ovunque e ha un’importanza molto rilevante nelle nostre vite.
Per questo motivo, sono felice di annunciarti che questa settimana si festeggia laMilano Music Week:fino a domenica, saranno giorni di concerti, dj set e conferenze con ingresso gratuito e non per celebrare questa nostra indispensabile compagna di vita.
Con il suo Linecheck, il Base sarà il quartier generale del festival: potrai partecipare a tantissimi eventi per passare delle serate a suon di… musica.
Sarà una settimana intensa, quindi non prendere impegni.
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Il problema di Milano? Che si sente Parigi mentre è ancora provinciale come Avellino. Questo il titolo di un articolo pubblicato su Linkiesta. La tesi dell’autore è che Milano si dia le arie da grande città europea ma invece nei comportamenti sia più simile a una provincia italiana.
Anche se i contenuti sono provocatori, del vero c’è. E ammetterlo è motivo di dolore. Quello che mi chiedo è qual è la causa di questo provincialismo ancora diffuso, se non dominante? E, soprattutto, come si potrebbe superarlo, proiettando Milano al ruolo che le spetta, di grande città internazionale?
Milano tra Parigi e Avellino? Per sprovincializzare Milano gli animali devono uscire dallo zoo
Milano è o non è una città provinciale?
Milano ha una debolezza geografica. Gli italiani sono molto provinciali: si adagiano sulle consuetudini, sul modus operandi. Se si è fatto sempre così una ragione ci sarà, è il comune sentire nel Paese che tra fare e non fare preferisce il secondo.
All’ostilità verso l’innovazione si accompagna un’altra caratteristica del provincialismo: giudicare il mondo con la misura del proprio ombelico. Gli italiani sono ancora quelli che vanno all’estero e dicono il caffé in Francia fa cagare, questi mangiano le aringhe a colazione, quelli mettono i calzini sopra i sandali, perchè il modo italiano è quello giusto e si misura tutto in base a quello. Anche il finto moralismo è molto provinciale, il giudicare gli altri. In generale la chiusura mentale, la mancanza di curiosità è sintomo del provincialismo.
Altra caratteristica del provincialismo è l’assenza di mobilità sociale, la ridotta meritocrazia. E’ provinciale un luogo dove lo status conta più dell’idea. E’ qualcosa di medievale, quando il figlio del fabbro faceva il fabbro e il potere era dinastico.
Per capire se questo quadro si può applicare anche a Milano bisogna partire proprio da questo aspetto. Il potere a Milano è meritocratico oppure dinastico?
Milano è provinciale perchè è provinciale la sua classe dirigente
Esiste una classe dirigente che è fissa, non ci sono mai novità, è una classe chiusa. In passato era difficile cambiare classe, ora è quasi impossibile.
Chi ha il potere in mano non vuole sprovincializzare Milano. Per loro va bene che sia così perché una classe chiusa non può che essere provinciale: il provincialismo si vede nel fatto che hanno tutti la casa nello stesso posto, fanno tutti le stesse cose, sono soggetti al modus operandi del gruppo. Nelle città più internazionali esistono dei fenomeni trasversali, di rottura. Ci sono classi dirigenti differenti e una grande mobilità sociale. Non c’è la logica del paese in cui ci sono sempre gli stessi quattro, con Pinko amico di Panko che vanno a cena insieme, tutti parte della stessa elite che ha sempre comandato la città, come se a New York ci fosse un’elite anglosassone che da secoli domina la città.
In una città meno provinciale queste logiche sono stemperate perchè ce ne sono diverse e i modi di definire uno status sono tanti. L’unica alternativa al provincialismo è l’esistenza di gruppi diversi, è l’assenza di monopoli e rendite di posizione, la presenza di mobilità verticale. La mancanza di questo porta a un impoverimento gigantesco perchè se tutti pensano allo stesso modo, si arriva al massimo dell’appiattimento, non si prendono in considerazione altre strade, altre vie perchè tutti pensano che la via è solo questa.
A Milano è talmente ristretta la classe che governa che non riesci a creare una spinta all’emulazione. La gente non sa neanche che ci sono. E non esiste immaginare di accedere a qualcosa che se non ne fai parte pensi che neppure esista.
La miglior difesa di questa classe dirigente provinciale è lasciare che invece a risplendere alla luce del sole sia altro. Quello che frega Milano è che in apparenza sembra che sia davvero una città internazionale.
Quando si esce dalla casta dominante si apre infatti un mondo che è tutt’altra cosa: c’è una società di corpi intermedi che è più fluida ed è basata su altri parametri rispetto a quelli della rendita e delle cricche.
I corpi intermedi sono sprovinciali perchè si sono formati in diverse ondate e si misurano con il resto del mondo, il problema è che fondamentalmente non contano nulla. E’ come se fossero qualcosa a sé stante. Come uno zoo. Lo zoo serve perchè è divertente, c’è la scimmia, l’elefante.
Gli animali dello zoo tutte le cose più innovative e internazionali della città. Sono realtà che invece di divampare e di contagiare, vengono rinchiuse in ambiti e in tempi con confini ben limitati, diventando dei fenomeni da baraccone. Milano è innovativa e bella perchè è questa, ci sono il gorilla, l’elefante, ti piace perchè se no ti annoi, ma allo stesso tempo li tieni relegati e non gli consenti di esercitare un potere. Così incanti tutti facendo finta che Milano sia una grande città internazionale, ma in realtà mantieni il controllo come in un’oligarchia medievale.
Milano è regina nel creare questi fenomeni che rimangono confinati: il modello principe è il Fuorisalone, che è la festa dello zoo, in cui si aprono le gabbie, ma solo per una settimana.
I rischi del provincialismo
Questo scenario può apparire concettuale e astratto, invece presenta dei rischi molto concreti.
Il rischio di continuare a essere diretti da una classe dirigente provinciale è di far ripiegare Milano in una dimensione provinciale, come è successo nelle altre città d’Italia.
Il rischio è quello di inibire l’innovazione. Più una città è provinciale meno è innovativa. Perchè non si prende il rischio di vedere altre cose e di mettere in pericolo il proprio status. Il rischio è di ritrovarsi a periferia d’Europa. Siamo talmente succubi delle culture esterne che si festeggiano robe che non sapevamo neanche cosa fossero. Acquisiamo riti da altre realtà. La classe non dirige, non innova, è ripiegata sule sue posizioni e quindi assorbe passivamente ciò che arriva dall’esterno.
Una delle caratteristiche delle città non provinciali è che sono più meritocratiche. Non è l’appartenenza a un gruppo ma è la proposta che stai facendo che interessa. A New York anche se non ti conosce nessuno puoi fare cose pazzesche. A Milano provate a prendere un appuntamento nei veri centri di potere e di presentare una vostra idea: vi accorgerete che ciò che conta non è l’idea che presentate ma lo status di chi la presenta. Se avete lo status, il progetto sarà di tutto il gruppo di appartenenza, con divisione di oneri e di onori. Se non avete lo status il massimo a cui potete ambire sono le noccioline, elargite con apparente magnanimità agli animali di uno zoo.
Cosa fare per liberare Milano dal provincialismo?
Milano potrebbe essere una città molto più importante, prendendosi cura anche del resto d’Italia. Milano dovrebbe rompere questo muro, diventare veramente una città aperta, come forse lo era negli anni sessanta. In quel periodo la crescita e il boom economico ha aperto il potere a nuovi ricchi che non venivano da famiglie con più cognomi e che hanno portato innovazione in città.
Poi questa spinta si è affievolita e la preoccupazione della classe dirigente è diventata difendersi dai nuovi entranti per arroccarsi sulle posizioni acquisite, come nel medio Evo.
Ma oggi esiste un’opportunità simile a quella degli anni sessanta. Come negli anni sessanta il mercato ha consentito di crearsi piccoli imperi dal nulla, oggi l’occasione sono i nuovi mercati, le tecnologie, le innovazioni, il poter operare sui mercati internazionali. Queste sono opportunità che alcuni stanno cogliendo ma che ancora non hanno saputo trasformare in potere in città.
Quelli che stanno nello zoo dovrebbero smettere di dipendere dalle noccioline. Dovrebbero acquisire la consapevolezza di essere quelli dell’innovazione, di affermare la loro diversità, non una diversità retorica o narcisistca, ma responsabile. Intesa come responsabilità di esercitare potere al di là delle proprie gabbie, senza misurarsi o dipendere dalla classe dirigente attuale che rappresenta il passato, non il futuro di Milano. Il grande cambiamento sarebbe se gli animali uscissero davvero dallo zoo. Invece di godere dell’ammirazione della classe dirigente e delle noccioline che gli lanciano, dovrebbero affermarsi, senza complessi di inferiorità.
Forse la cosa più probabile per rilanciare Milano come città internazionale e meritocratica, sarebbe che uno di questi animali da zoo, di questi fenomeni che fanno sembrare grande Milano, diventasse grande per davvero.
Se uno di loro diventasse qualcosa di potente, se Milano avesse una nuova impresa di livello mondiale, una nuova Google, Facebook o Amazon, che operando sui mercati internazionali riuscisse a ridisegnare le regole su scala locale. A quel punto le gabbie potrebbero essere aperte per sempre, gli animali si diffonderebbero in città, sarebbe il trionfo del merito, sarebbe Fuorisalone tutto l’anno.
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Sì, lo sappiamo che ci leggi con la bocca schifata alla Mourinho. Vi piace vincere facile? è la critica più frequente quando parliamo della capitale e dei suoi punti deboli rispetto a Milano. Però adesso osiamo qualcosa di diverso: abbiamo provato a immaginare Milano come potrebbe superare Roma proprio sui suoi principali punti di superiorità, vera o presunta. Ecco come Milano potrebbe vincere la sfida “capitale” copiando Roma sulle sue caratteristiche distintive.
Come trasformare Milano in CAPITALE d’Italia superando Roma nei suoi punti di forza
1. Il Papa
Da quasi duemila anni Roma è la capitale mondiale della cristianità. Anche Milano Capitale dovrà avere un papa. Ma dovrà essere di più: sarà un antipapa donna, più competitivo e popolare del precedente fallimentare dei francesi. Un papa più moderno di quello attuale, eletto da un concistoro bisex, in grado di equilibrare la carenza di vocazioni e di realizzare le pari opportunità. Per vederla verranno da tutto il mondo.
2. Il Vaticano
Anche Milano capitale deve avere uno stato nello stato. Creiamo un nuovo Vaticano nell’area Expo. C’è già il padiglione. E trasformiamo la Fiera nel nuovo San Pietro.
3. Le buche
Le buche a Roma ormai sono un modo di essere, un’icona internazionale, una caratteristica insuperabile. Per Milano Capitale creiamo un’app per la realtà aumentata che riempie le strade di buche ma ancora più grandi di quelle di Roma.
4. Il debito
Grazie alle suore che saltano i tornelli e ai referendum ignorati dai cittadini, l’Atac conferma un disavanzo record, unico al mondo. Milano Capitale vieta le emissioni di biglietti, superiamo il deficit di Roma e trasformiamo due linee della metro in catacombe.
5. Il fiume
Nonostante la buona volontà di Sala l’impatto visivo del Tevere pare inattaccabile, pure se scoprissimo tutti i navigli. Però se coloriamo di azzurro il pavé possiamo avere il colpo d’occhio del fiume.
6. Il Presidente
Mattarella lo mettiamo sulla guglia dell’Unicredit, all’ultimo piano del grattacielo, così può tenere sotto controllo tutta la città e i cittadini possono sempre vederlo lassù, come la Madonnina.
7. La storia
Ai duemilacinquecento anni di storia sintetizzati con orgoglio nei centurioni romani attorno al Colosseo. Milano risponde con celti e longobardi disseminati in piazza Gae Aulenti, a testimonianza che prima e dopo la caduta di Roma Milano c’era.
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