Benvenuti a Milano, la città dei GRATTACIELI sponsorizzati

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foto di Andrea Cherchi (c)
foto di Andrea Cherchi (c)

Empire State Building, Taipei 101, Shanghai World Financial Center, Grattacielo Unicredit (o Torre Allianz o Generali). Trova la differenza. 

Il prezzo dell’estetica

“Do ut des” dicevano i latini. Le norme del Comune di Milano dicono – euro più euro meno – 100 euro al metro quadro all’anno. Cioè, se avete un immobile e volete legittimamente pubblicizzare la vostra azienda, i regolamenti stabiliscono che potete farlo, restando entro il perimetro dello stesso e versando alle casse cittadine l’obolo di cui sopra (fuori dal perimetro delle mura spagnole, perché in centro la questione è molto più complicata).

Facendo i conti della serva e a completa disposizione per essere corretti dagli interessati, abbiamo provato a fare due calcoli sui grattacieli di Milano, stupendi nel loro design ma molto meno apprezzati da tante, tantissime persone per come sono stati addobbati. E non solo sotto il periodo di Natale…
Un’insegna relativamente discreta come quella dell’Unicredit in piazza Gae Aulenti, alta circa 3,5 metri e larga 20, dovrebbe garantire al Comune sui 7.000 euro l’anno, che diventano il doppio considerata anche la scritta sulla parte nord del grattacielo. Insomma, neanche la copertura dello stipendio netto di un bravo impiegato comunale.

Andando in City Life e guardando lo Storto, ovvero l’affascinante Torre Generali, col “cappello” rosso che si è aggiunto agli originali e maestosi 44 piani e 177,4 metri ideati dalla grande Zaha Adid (lo studio Adid ha firmato anche il prolungamento), possiamo stimare una superficie pubblicitaria di circa 10 metri di altezza per 40 abbondanti di larghezza sui due lati più grandi e 10 per 30 sugli altri due. Che sommati dovrebbero fare una bella somma, all’incirca 140mila euro di tasse all’anno. Uno stipendio lordo da dirigente.

Se si tornasse indietro… o si andasse avanti

Le scritte su Palazzo Lombardia non sappiamo se ricadono sotto la stessa normativa. Sicuramente la Regione è stata tra le prime a lanciare questa moda tra i palazzi più alti d’Italia e di Milano, con la nuova sede inaugurata un paio di anni prima della Torre Unicredit, cui sono seguiti lo Storto e il Dritto di Allianz (che come tipologia di scritta e logo è allineata ad Unicredit).
Ora, senza additare questa o quella azienda che dà lavoro a migliaia di persone – e precisando che ogni palazzone milanese (hotel, hi-tech come Samsung e via dicendo) ha più o meno un’insegna, un logo, una scritta – è pieno diritto di ognuno mostrare la propria immagine come meglio crede ed entro le leggi vigenti. Tanto più pagando (troppo o troppo poco) l’imposta di pubblicità e contribuendo a riempire le casse del Comune che reinveste a favore di tutti.
Ma diciamoci anche che non abbiamo finora incontrato una persona a cui piacessero le insegne di cui sopra, da quella meno invadente a quella più fashion, da quella più colorata a quella più tamarra.

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Vi immaginate il Colosseo o l’Arena Civica piena di pubblicità ai tempi dei romani? Sì, è vero, i tempi sono cambiati. Ma la natura dell’uomo è sempre la stessa: il BELLO e il VERO sono (dovrebbero essere) il nostro obiettivo primario. E le pubblicità sui palazzi e grattacieli è VERO che sono BRUTTE. Molto brutte (tutte).

In Galleria le insegne sono rigorosamente regolamentate in dimensioni e colori (oro e nero), fuori dal centro l’estetica va a farsi benedire. Perché? Da Cracco o Prada ci passiamo davanti una volta ogni tanto e ci entriamo ancora meno, gli occhi al cielo li alziamo tutti i giorni e più volte al giorno.

Vi va di sognare un minuto? Siamo nel 2025, il Comune ha istituito una commissione di esteti che rifarà regole ispirate al bello e al buon senso, valide in centro come in periferia. Ma ancor prima abbiamo iniziato ad assistere allo smontaggio volontario di tante scritte ad opera di aziende virtuose, che continuano addirittura a pagare ricevendo in cambio visibilità con speciali iniziative social, sui mezzi pubblici e via dicendo… Del resto il “do ut des” vale sempre, ma quando è virtuoso è molto meglio.

FLAVIO INCARBONE

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Flavio Incarbone
Giornalisti si nasce o si diventa? Scrivo professionalmente da oltre 20 anni e la risposta mi interessa relativamente: l'importante è cercare di essere da stimolo in progress. Amo anche la psicologia, in particolare quella che è rimasta per millenni sotto le ali della grande filosofia, quella dell'inconscio freudiano e non ultimo del filone umanistico-esistenziale. Sono preoccupato da un'umanità che sembra essere al capolinea (e con essa la natura), ma sono felice perché i tempi sono obbligatoriamente maturi per riscoprirci davvero.