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Per tre anni Milano è stata sotto TORINO: cosa è successo e che cosa i Savoia hanno lasciato a Milano

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carlo emanuele III assedia il castello

Pochi sanno che Milano è stata sotto i Savoia, anche se per soli 3 anni. Ecco come si svolsero i fatti.

Per tre anni Milano è stata sotto TORINO: cosa è successo e che cosa i Savoia hanno lasciato a Milano

# Il 4 novembre 1733 l’occupazione franco-piemontese della città

Nel settembre 1733 con il Trattato di Torino, un accordo segreto tra il Regno di Francia e Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, la Francia prometteva a Carlo Emanuele il ducato di Milano in cambio di aiuto militare nella guerra di successione polacca. Nel rispetto di questo trattato il 28 ottobre 1733 Carlo Emanuele III di Savoia, schierato con il nipote Luigi XV, marciò verso Milano per occupare la città e la Lombardia. Tra le conquiste ci furono: Vigevano, Pizzighettone, Sabbioneta e Cremona.

Il 4 novembre 1733 le truppe franco-piemontesi occuparono Milano senza incontrare resistenza da parte degli austriaci. Carlo Emanuele III di Savoia entrò a Milano l’11 dicembre e dal 15 al 25 dicembre i piemontesi assediarono il Castello, comandato da Annibale Visconti, che capitolò alla fine di dicembre. Il 25 gennaio 1934 nominò una giunta provvisoria presieduta dal piemontese de Petit per governare Milano.

# La fine dell’occupazione dopo soli 3 anni

L’occupazione dura poco: il 3 ottobre 1735 la Francia firma l’armistizio con l’Austria e iniziano i preliminari della pace di Vienna, che verrà conclusa nel 1738. Sono così deluse le aspettative del Piemonte di ottenere la Lombardia: il 16 agosto 1736 vennero firmati i preliminari di pace che assegnavano le Langhe, Novara e Tortona al Piemonte. Ha inizio lo sgombero delle truppe piemontesi. Nel seguente trattato di Vienna del 1738 si imponeva in via definitiva sia a Carlo Emanuele III sia a Filippo V di rinunciare a Milano, in cambio appunto di alcuni territori lasciati al Piemonte. Durante l’occupazione piemontese di Milano Carlo Emanuele III si era autoproclamato “re di Lombardia“. Di quei tre anni rimane solamente una campana con simboli tipici conservata all’interno del Castello Sforzesco.

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I NUOVI POVERI di Milano, giovani famiglie con il terrore di finire in strada: +30% le richieste di AIUTO ad agosto

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credit: corriere.it

“Durante il lockdown si sono presentate anche persone che non mangiavano da 4 giorni”. “Ora vengono persone dai 35 ai 50 anni”. “Un aumento di richieste di aiuto di circa il 30 per cento ad agosto”. Cronache dal mondo delle associazioni dell’altra emergenza, quella economica, che in silenzio rischia di sbriciolare Milano. Articolo pubblicato su agi.it

I NUOVI POVERI di Milano, giovani famiglie con il terrore di finire in strada: +30% le richieste di AIUTO ad agosto

Pubblichiamo: Il Ferragosto dei nuovi poveri a Milano, giovani famiglie col terrore di finire in strada (www.agi.it)

 Durante il lockdown si sono presentate anche persone che non mangiavano da 4 giorni, una situazione molto anomala in una città come Milano che ha una solida rete di assistenza per i più fragili. Ora, a chiedere aiuto, sono  tante famiglie italiane e uomini e donne più giovani. Sono i ‘nuovi’ poveri, dolente eredità del coronavirus che chiedono aiuto alle associazioni di volontariato. E lo faranno anche a ferragosto con le modalità imposte dalla prevenzione del contagio coi ‘pacchi’ per sfamarsi che ora si ricevono dentro ai sacchetti.

“Ora vengono persone dai 35 ai 50 anni”

“Agosto vede arrivare da noi lo stesso numero di persone dei mesi precedenti – spiega all’AGI Luigi Rossi, vicepresidente  di ‘Pane quotidiano’  che da oltre un secolo distribuisce generi alimentari e aiuti economici e ha due sedi in città –  il che significa che si registra un aumento di richieste di circa il 30 per cento perché in questo mese di solito viene meno gente che nel resto dell’anno. Noi non censiamo gli ospiti, ma vediamo che arrivano soprattutto anziani italiani, oggi ci troviamo di fronte a diversi italiani di ‘mezza età’, dai 35 ai 50 anni, una situazione che certo è figlia del Covid. 

Sono cittadini, ragiona, che “magari prima mettevano in tasca 1350 euro al mese e ora sono in cassa integrazione e ne prendono 800, manca una fetta di reddito importante. Li aiutiamo evitando che tirino fuori i soldi per la spesa”.

“Famiglie col terrore di finire in strada”

Operatori e volontari del ‘Progetto Arca’, altra coriacea realtà di aiuto milanese, distribuiranno in stazione Centrale il 15 agosto anguria fresca e 10mila bottigliette d’acqua ai più fragili ai senza dimora, utile refrigerio a chi sta molte ore sotto al sole.

“Stiamo notando due cose – spiega Costantina Regazzo, direttrice dei servizi -. La prima è che le persone in strada hanno bisogni sanitari più alti per la difficoltà dei servizi a rimettersi in moto e, per questo, abbiamo potenziato i servizi infermieristici delle unità sul campo. La seconda è il terrore delle famiglie che ci chiamano: c’è chi ha paura di perdere il lavoro, di non riaprire a settembre, di perdere la casa perché non sta più pagando l’affitto. 

Regazzo racconta che, durante il lockdown, i senza dimora hanno perso i loro riferimenti con la chiusura di servizi e negozi e la scomparsa di chi, passando dove avevano scelto di mettere la loro ‘casetta’, li aiutava. Inoltre non sapevano cosa stesse accadendo ed è stato importante, e ancora lo è, informarli, anche su come tutelare la loro salute. Ricorda “quella sera davanti alla stazione Centrale che sono arrivate più di 200 persone a prendere il cibo e abbiamo capito che mancava in modo significativo. Lì c’era un signore che non mangiava da 4 giorni, molto anomalo che capiti a Milano.  Abbiamo anche deciso di non dare più solo il pacco quotidiano, ma anche il pranzo del giorno dopo”.

Articolo originale: Il Ferragosto dei nuovi poveri a Milano, giovani famiglie col terrore di finire in strada (www.agi.it)

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MILANO tra le 20 città in cui si VIVE MEGLIO al MONDO

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Helsinki prima in classifica. Credit: @helsinki (Instagram)

Uno studio internazionale rivela le migliori 40 città al mondo dove vivere. Il risultato è stato ottenuto confrontando i dati relativi ai seguenti parametri:
– intensità del lavoro e disoccupazione,
– il supporto delle istituzioni,
– la legislazione,
– la vivibilità
– e altri ancora per un totale di venti fattori tenuti in considerazione.

Fonti dello studio sono Eurostat, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), la Banca Mondiale, il World Happiness Report e l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’unica città italiana che appare nella classifica è Milano, al sedicesimo posto.

La classifica: le top 10

Le 10 città migliori per vivere sono:
#1 Helsinki (Finlandia)
#2 Monaco (Germania)
#3 Oslo (Norvegia)
#4 Amburgo (Germania)
#5 Stoccolma (Svezia)
#6 Berlino (Germania)
#7 Zurigo (Svizzera)
#8 Barcellona (Spagna)
#9 Parigi (Francia)
#10 Vancouver (Canada).

Nove delle prime dieci sono tutte città europee. La parte del leone la fa la Germania: tre delle prime sei sono tedesche.

Le zone calde: dalla 11 alla 20

#11 Ottawa (Canada)
#12 Londra (UK)
#13 Toronto (Canada)
#14 Budapest (Ungheria)
#15 Sidney (Australia)
#16 MILANO (Italia)
#17 San Diego (USA)
#18 Melbourne (Australia)
#19 Portland (USA)
#20 San Francisco (USA)

Altre città in classifica

#21 New York (USA)
#26 Los Angeles (USA)
#30 San Paolo (Brasile)
#39 Tokyo (Giappone)

Qui la classifica completa

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L’INTENZIONALITA’

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Quarta puntata: L’intenzionalità”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica
Cerco l’uomo

Benvenuti all’estate di filosofia politica. Oggi tratteremo di un tema non solo scottante, ma anche complesso: l’intenzionalità. Questi incontri di filosofia politica sono fatti perché sono un’introduzione alla scuola di formazione politica che come Vivaio faremo a fine settembre, in cui approfondiremo con più profondità alcuni di questi concetti.

Ci occupiamo in questi video di filosofia perché ci concentriamo sul fine della politica e sui componenti o sulle cause per cui questo fine non sempre viene raggiunto. Anzi, recentemente viene raggiunto molto di rado. Brevemente, negli scorsi video abbiamo visto: nel primo il fine della politica, che in senso classico è quello di organizzare la società per rendere felici le persone, nel secondo abbiamo visto la crisi della politica che è dato dal fatto che in particolare nel ‘900 sono stati proposti dei modelli che hanno fallito nel rendere felici le persone, nel terzo abbiamo visto come si possono prendere due modi completamente diversi di vedere l’essere umano, uno pragmatico contemporaneo basato sul l‘io razionale e l’altro classico basato sul concetto di essere umano a 360 gradi, in cui è presente un’intenzionalità di natura o “anima”, e che come fine esistenziale non ha quello di raggiungere gli obiettivi ma di conoscere se stesso, cioè far luce su se stesso.

Noi prendiamo quest’altra visione che è quella come detto più filosofica e probabilmente anche un po’ più trascurata negli ultimi tempi, ma che è la  base, è così importante sia perché se si parla di felicità dell’essere umano perseguita dalla politica, bisogna interrogarsi che cosa rende felice questo essere umano, sia perché il governante è esso stesso un essere umano e infine tutta l’organizzazione della politeia, per prendere il termine aristotelico, si basa e si deve fondare su una visione dell’essere umano per realizzarla in modo ottimale. Quindi rispetto al concetto di volontà dell’essere umano contemporaneo, analizzando l’essere umano in senso classico bisogna sostituire la volontà con l’intenzionalità.

L’INTENZIONALITA’

# L’intenzionalità di natura secondo Brentano

L’intenzionalità è stata trattata in termini moderni da Brentano, filosofo austriaco che ha vissuto anche in Italia. È stata poi rielaborata da Husserl, in particolare mettendo la connessione dell’intenzionalità con l’intenzionalità in natura o “mondo della vita”, ed entrambi hanno ripreso il concetto di intenzionalità che ha origine nella scolastica, in particolare in San Tommaso e Duns Scoto, e che sostanzialmente con il concetto di “Res clamat ad dominum” partiva dal presupposto che ogni essere vivente non può che basare ogni tipo di azione psichica sul rapporto tra la “res”, la cosa, e il soggetto. Non può esistere attività psichica, disse Brentano, che non abbia un oggetto e questa relazione soggetto-oggetto dà vita all’intenzionalità.

Perché è diversa l’intenzionalità della volontà? Facciamo un esempio molto banale: se noi vediamo una persona che cammina, l’intenzionalità è capire che se il movente principale di questa persona è prendere il latte, porterà questa persona in un luogo che è quello dove prende il latte, luogo che sarà differente se l’intenzionalità è invece quella di incontrare un amico. Ma qua, direte, l’intenzionalità è uguale a volontà. Il problema vero è che nella vita tante persone in ogni momento pensano di voler prendere il latte ma poi quando arrivano a casa il latte non l’han preso.  Il perché lo vediamo ora.

# Intenzionalità di natura e complessi: le due macro componenti dell’inconscio

Cogliere l’intenzionalità significa intercettare in ogni momento, in ogni elemento vivente, quindi dalla singola cellula a un essere umano, un’intenzionalità, ossia un movente principale, dominante che lo porta, lo spinge verso un oggetto. Questo oggetto può essere concreto o psichico.

Per capire quale può essere intenzionalità, il movente principale, bisogna capire quali sono le dinamiche che avvengono nella mente umana. Nella sfera cosciente come abbiamo visto c’è la volontà, l’“io voglio il latte” dell’esempio, però poi ci sono, in questo sono tutti d’accordo, lo riconoscono anche quelli della cosiddetta della visione dell’essere umano contemporaneo, ci sono due componenti cosiddette inconsce che, essendo inconsce, non sono sotto controllo dell’Io razionale. In questo inconscio però come dicevano i classici, non ci sono solo “i mostri alla Freud”, cioè quello che ci porta fuori strada, ma c’è anche la nostra più grande ricchezza. Il motivo per cui appunto privilegiamo la visione classica è che tutti i pensatori classici hanno detto che la più grande ricchezza è dentro l’inconscio: chi la chiama anima, chi intenzionalità di natura, chi essenza ect…, però tutti riconoscono che c’è questa intelligenza, che è una e fa parte dell’individuazione, ma è anche parte del molteplice, ci fa anche essere in armonia col resto dell’essere e ci fa essere viventi. Essendo la nostra più grande ricchezza ma essendo nella sfera incosciente, il vero obiettivo esistenziale è quello di fare luce nel nostro inconscio in ogni momento della nostra vita per realizzare questa intenzionalità, che poi è la nostra identità come diceva Jung. La nostra identità profonda che in azione storica consente di ottenere per noi in ogni momento una nostra realizzazione esistenziale. Quindi ci sono questa componente, che è l’intenzionalità, e quella dei “cavalli neri” riprendendo la biga platonica e cioè ciò che ci porta fuori strada che possiamo chiamare “complessi”. Da un lato l’intenzionalità di natura e dall’altro i complessi, queste sono le due macro componenti del nostro inconscio. 

# Perchè l’intenzionalità è superiore alla volontà

Perché riteniamo che l’intenzionalità di natura sia superiore e più efficace per la nostra felicità rispetto all’io cosciente? Non solo perché l’han detto tutti i grandi saggi e non solo per l’evidenza del fatto che noi siamo siamo immersi in questa intelligenza di natura, cioè ogni cellula, ciò che accomuna tutti viventi,  tutti sono accomunati dal fatto che hanno le cellule. Le cellule hanno questa caratteristica di essere non solo auto sufficienti, nel senso che hanno una loro identità che le porta ad agire in modo metabolico con l’ambiente, ma anche a ricavare dall’ambiente le risorse e l’energia per crescere e per riprodursi, altra caratteristica del vivente. Non solo noi siamo viventi, tra l’altro noi abbiamo miliardi cellule e siamo tutti d’accordo che lavorano in modo autonomo dal nostro “Io cosciente”, ma non solo: se il nostro “Io cosciente” dovesse governarle moriremmo in pochi secondi. Ma non solo questo, lo vediamo anche dai frutti: perché dico che è “superiore” e che quindi dobbiamo avere un atteggiamento di umiltà che ci fa dire l’obiettivo è conoscere e applicare questa intelligenza di natura? Semplicemente dal fatto che lo vediamo dei frutti, l’albero si vede dai frutti. La razionalità umana come frutto ha sempre opere riproducibili, se ci pensiamo tutto ciò che è creato dalla mente umana può essere riprodotta e soprattutto non è vivente. Mentre tutto ciò che è vivente crea qualcosa che non viene riprodotto dall’essere umano. Cioè, l’essere umano nonostante che abbia la possibilità di imitare qualunque cosa e abbia ogni tecnologia, non è stato mai capace, e probabilmente non lo sarà mai, di creare niente di vivente. Vivente significa con una sua identità che agisce in modo autonomo e metabolico con l’ambiente circostante, capace di crescita e di riproduzione. La nostra razionalità non ne è capace.

Quindi è come se ci fosse una logica che non appartiene alla nostra razionalità, è come una lingua che non conosciamo. Quindi capire questo fatto ci fa dire: non mettiamo al primo posto la volontà ma mettiamo, come dicevano i classici, al primo posto quello di utilizzare la realtà come uno specchio per aiutarci a far luce sulla nostra interiorità. Che tra altro è un obiettivo molto più sano e armonico, lo definirei in termini classici, rispetto a raggiungere un obiettivo della volontà. Perché l’obiettivo della volontà presumibilmente sarà simile a quello di tanti altri: che cosa succede se io ho lo stesso obiettivo di un altro, cioè io voglio occupare l’unico posto a cui tendono anche gli altri? Significa che strumentalizzo tutto per ottenere quello, che se poi non lo ottengo sono frustrato oppure aggredisco quello che non mi consente di ottenerlo. Ma se l’obiettivo è quello di usare tutta la realtà per far luce su me stesso, in questo caso ogni me stesso è diverso dall’altro e ogni realtà può essere utile a questo. Quindi non c’è nessun atteggiamento aggressivo e tutti quanti in ogni momento possiamo ottenere questa realizzazione senza aggredire nessun altro, ma semplicemente usando la realtà come specchio. Questo lo dico perché, per la visione classica, questa è una intenzionalità che noi abbiamo, noi siamo immersi in questa intelligenza che ci porta sempre dal punto di vista ontologico verso la nostra realizzazione.

# Cosa sono i complessi e perché ci portano fuori strada

Dall’altro lato c’è invece la sfera complessuale: cosa sono questi complessi e perché ci portano fuori strada? Faccio un esempio che mi facevano all’Università di San Pietroburgo per capire come nascono i complessi e perché agiscono contro il nostro interesse. I complessi si formano tendenzialmente nella primissima infanzia o meglio sono i complessi che poi finiscono nell’inconscio. Si formano in questo modo: ogni essere vivente è mosso da due istinti contemporanei, l’istinto alla sopravvivenza e l’istinto alla crescita. Prendiamo un bambino: in un bambino questi due istinti sono sempre presenti ed evidenti, l’istinto alla sopravvivenza è quello che lo fa piangere per chiedere il latte alla mamma, in generale per ottenere l’attenzione dal genitore che in quel momento è quello che gli fornisce i mezzi per sopravvivere, però al tempo stesso ha l’istinto alla crescita che è quello dello scoprire, ampliare il suo territorio di azione, conoscere il resto del mondo, acquisire una forma di autonomia prima sul suo corpo e poi sull’ambiente circostante. Questi sono due istinti che teoricamente potrebbero andare insieme.

Come si forma il complesso? Si forma quando viene ripetutamente frustrato uno di questi istinti portanti. Di norma l’istinto ad essere frustrato è quello della crescita. Esempio banale: il bambino che seguendo l’istinto della crescita in quel momento vuole aumentare il suo spazio vitale, gli sfugge la palla e la vuole inseguire, sente però il genitore in quel momento che giustamente dice, siccome la palla sta finendo magari in strada, gli dice “Fermo perché è pericoloso”. A quel punto il il bambino, quindi l’istinto di raggiungere la palla va in contrasto con quello del soddisfare l’istinto di sopravvivenza che è incarnato in realtà dall’affetto del genitore, cioè dal seguire quello che gli dice il genitore, che gli dice di frustrare questo istinto in nome di un pericolo. A questo punto presumibilmente il bambino non inseguirà più la palla, una cosa che tra l’altro può avere in quel momento una motivazione anche giusta. Però estremizzando, se succede più volte che, ripeto non è un discorso morale, ma che il genitore in nome di un pericolo o anche del fatto che secondo il genitore in quel momento non è ancora pronto il figlio a maturare il suo istinto alla crescita, ogni volta che il bambino frustra il suo istinto alla crescita, in quel caso in nome di un pericolo arresterà l’istinto alla crescita, aumenterà questa carica energetica irrisolta. A quel punto cosa succederà? Diventando adulto ogni volta che avrà questo istinto alla crescita che lo spingerà a un aumento, ogni volta che avrà una grande opportunità, spunterà il complesso che gli assocerà all’opportunità una paura.

# Le due caratteristiche del complesso

Le due caratteristiche tipiche del complesso sono: la prima è che agisce per autosabotaggio cioè ti frustra un risultato che potresti ottenere, la seconda è che ha un meccanismo di difesa, per cui la grande paura dell’esempio che in realtà nasce dal complesso l’io la associa alla opportunità. Questo perchè io non capisco che questa paura mi nasce da un complesso e dal fatto che ancora seguo un indirizzo eterodiretto che tra l’altro aveva un senso quando aveva tre anni, ma non ha più senso quando ne ho venti. Ma per la mia razionalità non è colpa di quel complesso, ma dò la colpa all’opportunità e quindi l’opportunità per me diventa pericolosa, razionalizzo e dico “non la colgo perché c’è questo rischio“. Questo è un esempio che poi significa ottenere l’attenzione in nome della paura e quindi mi faccio venire una paura, ci sono tante altre modalità per ottenere sempre l’affetto di un ente esterno: si forma questa eterodirezione che viene sempre determinata da una forza esterna, che invece di portarci sul nostro interesse di rinforzo della nostra identità seguendo quindi l’intenzionalità in natura, i complessi ci portano fuori strada e alla lunga determinano un autosabotaggio.

Perché lo fanno? Perché mentre tutte le informazioni, gli ingredienti che invece sono stati di rinforzo all’identità quelli li abbiamo metabolizzate e quindi sono diventati parte della nostra natura, i complessi invece rimangono a sé stanti, quindi sono “irrisolti”, e continuano ad indirizzarci fuori dalla nostra identità. Perché è così importante per la nostra analisi politica? Perché vedremo domani come l’adulto di riferimento potrebbe essere sublimato in dinamiche complessuali dal cosiddetto “consenso” per il politico. Quindi domani vedremo come secondo una visione naturale, quali potrebbero essere, se ce ne sono, le cause di fallimento dei politici. Per capire proprio come base non solo per costruire una politeia che possa essere più strumentale rispetto alla felicità delle persone contemporanee, ma anche per fare luce su quelli che sono gli errori tipici che portano fuori strada i governanti che magari in origine sono stati mossi anche da fini positivi. Ci vediamo domani.

ANDREA ZOPPOLATO

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🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi

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credit: ravennanotizie.it

Non ci sono test negli aeroporti. Chiamate record al numero anti Covid ma nessuno sa cosa si deve fare. Governo e Regione in tilt. Finalmente viene chiarito quello che bisogna fare per chi rientra in Italia dall’estero

🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi

L’ultimo DPCM aveva prescritto l’isolamento fiduciario con tampone all’arrivo negli aeroporti per chi rientra in Italia da quattro paesi giudicati a rischio: Malta, spagna, Grecia e Croazia. Per la sua applicazione il Governo ha poi passato la palla alle Regioni. Da qui il caos. In particolare in Lombardia. 

A Malpensa non si possono fare controlli

Primo problema: i controlli annunciati dal Governo per chi torna da Spagna, Croazia, Grecia, Malta non sono stati effettuati. «Non si possono fare perché a Malpensa c’è un posto di pronto soccorso e non un ospedale per la diagnostica. Una situazione estendibile a tutta Italia. Non ci sono aeroporti dove si possano fare accertamenti con tamponi, a meno di piccolissimi scali con 100 passeggeri al giorno, non certo i 6.000 previsti nel periodo di Ferragosto tra Malpensa e Linate» spiegano dall’Usmaf.

Caos nelle informazioni: per le ATS di Milano obbligo di isolamento in attesa di tampone

I passeggeri che rientrano sono frastornati. Anche perchè le ATS forniscono indicazioni contrastanti. La città metropolitana di Milano sarebbe per la necessità di isolamento in attesa del tampone, mentre Pavia o altre province non danno alcun orientamento. Al numero unico 116.117 anti Covid sono pervenute in poche ore più di 13mila chiamate. Nella serata di venerdì è arrivato il chiarimento della Regione dopo un confronto con il ministero della Salute. 

Gallera: «Non si applica nessun isolamento fiduciario per chi rientra da Spagna, Croazia, Grecia e Malta» 

 «Mi scuso personalmente per le difficoltà di comunicazione riscontrate ieri da molti cittadini». Ha aperto l’assessore al Welfare Giulio Gallera che così chiarisce: 

«Non si applica nessun isolamento fiduciario per chi rientra da Spagna, Croazia, Grecia e Malta ma l’adozione rigorosa delle misure igienico sanitarie previste già dal Dpcm del 7 agosto 2020 con particolare riguardo all’uso continuativo delle mascherine e della limitazione allo stretto necessario degli spostamenti». Il presidente Attilio Fontana e Gallera hanno specificato le modalità applicative, concordate con il ministero, dell’ordinanza del 12 agosto. «L’introduzione di tali modalità deriva dal fatto che la situazione dei contagi in Lombardia è tuttora sotto controllo e in considerazione dell’imminente inizio delle attività lavorative per chi rientra dalle vacanze. Resta inteso che in presenza di sintomi è opportuno contattare con urgenza il proprio medico di base».

Cosa deve fare chi rientra da questi Paesi

#1 permane la necessità di segnalare l’ingresso in Italia per chi arriva da Croazia, Grecia, Spagna e Malta al dipartimento di prevenzione di Ats.

#2 Successivamente si deve presentare l’esito del tampone effettuato nelle 72 ore antecedenti il rientro in Italia, oppure effettuare un nuovo test entro 48 ore dall’arrivo a casa. 

L’invito è «ad agire nella massima serenità, essendo quella in corso un’azione importante di screening preventiva, e non uno stato di emergenza». Dall’altra parte, però, «va rilevato che in base all’ultimo report settimanale del ministero della Salute, nella settimana tra il 3 e il 9 agosto (dati aggiornati all’11) i nuovi casi positivi diagnosticati in Lombardia sono 539. Di questi, 273, ossia il 50,6 per cento, sono importati da Stato estero».

Resta però un ultimo dettaglio: come si fa ad effettuare un tampone entro 48 ore prescritti dalle autorità? Domanda purtroppo che per molti sta restando inevasa. 

Fonte: Il Giorno

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“Milano ha più bisogno di PARCHEGGI che di CICLABILI”. I risultati del SONDAGGIO

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“Milano: ha più bisogno di piste ciclabili o di parcheggi?” Risultato? Circa 1.000 votanti si sono espressi a maggioranza, con il 56%, per avere più parcheggi invece che più ciclabili. Vediamo i risultati. 

“Milano ha più bisogno di PARCHEGGI che di CICLABILI”. I risultati del SONDAGGIO

 

Quasi 1.000 voti per un sondaggio che ha raggiunto in 24 ore 6.465 persone e più di 1.200 interazioni totali. La maggioranza ha scelto di volere più parcheggi con il 56% dei votanti, mentre il 44% preferisce la realizzazione di nuove piste ciclabili. Un risultato a sorpresa soprattutto perchè in contraddizione con la linea della giunta Sala che sta accelerando nella costruzione di ciclabili riducendo gli spazi per i parcheggi, come è accaduto per la ciclabile di Porta Venezia-Buenos Aires e come avverrà in corso Sempione. 

# I commenti più significativi emersi del sondaggio 

Agostino C. – Secondo me servirebbero entrambi: parcheggi, magari a pagamento (ma non per i residenti) e piste ciclabili fatte con criterio. ecco… criterio. sono state disegnate righe per terra -chiamate poi ciclabili- in zone davvero inutili e a tratti pericolose. servirebbe più raziocinio, meno -molta meno- ideologia.

Daniele N. – prima più parcheggi – sotterranei o in elevazione – per lasciare, poi, spazio a 1) marciapiedi più larghi, 2) a corsie riservate ATM e 3) a piste per bici, monopattini, monowheel, tricicli, schettini, ecc.

Tiziana G. – Il problema è l’area c, dovete fare più parcheggi e chiudere il centro come una volta ma la cassa fa gola

Laura F. – Ciclabili. E senso civico. Meno uso dell’auto come nelle grandi città estere

Riccardo B. – Essendoci più auto che biciclette, servono più parcheggi, vie a scorrimento veloce (no pedoni, no cicli), meno aree pedonali.

Marco I. – Prima parcheggi: immaginate una strada con parcheggi in strada destra e a sinistra piene di auto. Ora immaginate la stessa strada con un solo lato totalmente libera e avrete la ciclabile

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Sul Duomo c’è la statua di SAN NAPOLEONE, il santo patrono degli abusivi

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Sul Duomo, lato Palazzo Reale, c’è la statua di San Napoleone. In realtà si tratta di un santo creato ad arte. Si sa che Napoleone Bonaparte, futuro imperatore dei Francesi, nacque ad Aiaccio il 15 agosto 1769 e solamente dopo il 1801 ci si preoccupò di utilizzare questa data per consolidare il prestigio popolare dell’uomo la cui ambizione cresceva in proporzione ai suoi successi. Vediamo come si sono svolti i fatti che portarono all’istituzione del culto di questo santo posticcio.

San Napoleone, il santo patrono degli abusivi

# La festa del Santo venne stabilita per decreto nel 1806

Con un decreto del 19 febb. 1806 si stabilì che « la festa di s. Napoleone e quella del ristabilimento della religione cattolica in Francia saranno celebrate in tutto il territorio dell’impero al 15 ag. di ogni anno, giorno dell’Assunzione e data della conclusione del Concordato »  L’idea venne al Cardinal Caprara che per ingraziarsi l’imperatore francese reinterpretò un ignoto San Napoleonis del Medio Evo.

Occorreva però spiegare il passaggio da questo Neopolis a Napoleone e vi provvidero le risorse della filologia che prescrissero di inserire nella leggenda un dotto paragrafo che descrivesse la “leggenda” di un martire, dapprima torturato poi agonizzante in prigione fino alla morte, proprio come Napoleone. Per dare un onomastico all’imperatore il nuovo santo fu inserito appunto il 15 agosto, giorno di nascita di Napoleone. Finalmente il 15 agosto 1806 si celebrò ufficialmente e liturgicamente S. Napoleone, nel giorno della posa della prima pietra dell’Arco di Trionfo a Parigi, chiaramente più a gloria dell’imperatore che ad onore del santo martire ignorato fino a quella data.

# Dopo il crollo del regime napoleonico, Re Luigi XVIII abolì la festa di San Napoleone

Con la caduta dell’Impero di Napoleone, cadde nell’oblio anche la sua festa, nata più dall’immaginazione degli adulatori che da reali e documentate connessioni storiche. Infatti il 16 luglio 1814 il re Luigi XVIII annullò i decreti relativi alla celebrazione del 15 agosto. In seguito, nel 1852 l’imperatore Napoleone III emise un decreto che riconosceva ancora il 15 agosto come festa nazionale, ma come data della nascita di suo zio e non come festa di San Napoleone. 

Continua la lettura con: Napoleone a Milano

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Cerco l’UOMO

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Terza puntata: Cerco l’UOMO”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica

Benvenuti all’estate di Filosofia Politica. Abbiamo visto nei giorni scorsi perché ci occupiamo di Filosofia Politica: significa interrogarsi sul perché, sul fine. Perché solo se si capisce il fine della politica si può capire se quello che si sta facendo è bene o male. Questi video sono introduttivi per la scuola politica di Vivaio che avrà luogo a fine settembre e si occupa di quattro ambiti: l’economia, la tecnica politica, la cultura e la psicologia. Nel primo video abbiamo visto il perché si fa politica in termini aristotelici: si è parlato di politeia, l’obiettivo della politica è quello del creare le condizioni ottimali perché le persone possano essere felici. Nel secondo si è visto perché c’è questa crisi della politica,  riprendendo Hobsbawm col “Il secolo breve” che sostanzialmente ha certificato la fine della politica, in quanto i programmi per rendere felici le persone provati nel novecento sono tutti miseramente fallitiPer capire perché sono falliti bisogna partire dall’uomo così come visto che si parla della felicità delle persone, bisogna ritornare all’uomo che il concetto più radicale della filosofia e di capire qual è la visione dell’essere umano. 

Cerco l’UOMO

# La visione dell’uomo partendo da Diogene

Parlando di visione dell’essere umano vorrei partire da Diogene “il cinico”, un personaggio pittoresco dell’antica Grecia del quarto secolo A.C.  Viveva in una botte perché sosteneva che l’obiettivo dell’essere umano è quello del vivere in modo totalmente autentico e per vivere in modo totalmente autentico, essenziale, doveva essere in grado di rinunciare a qualunque bene materiale. Quindi viveva in una botte. C’erano diversi aneddoti su di lui, ad esempio questo: l’unico patrimonio che aveva era una ciotola con cui prendeva da bere. Ma quando vide un bambino che beveva usando solo le mani, buttò via la ciotola perché disse “questo bambino allora è superiore rispetto a me”. E’ celebre e utile dal punto di vista del contatto con la politica soprattutto per due motivi: il primo sono i suoi incontri con Alessandro Magno. Lui viveva col nulla e Alessandro Magno che invece aveva questa brama di “conquistare tutto il mondo” volle conoscere questo uomo, che era anche detto il “Socrate pazzo”. Alessandro andò da lui e lo trovò che stava sdraiato a terra a prendere il sole. Alessandro Magno gli chiese di cosa avesse bisogno e il filosofo rispose: “ho solo bisogno che ti sposti, perché mi stai facendo ombra“.

Oltre a questo ci furono altri episodi, perchè Alessandro Magno era incuriosito da questo personaggio. Siccome Diogene veniva chiamato “cane”, allora gli mandò del cibo per cani, delle ossa, dei resti, quindi Alessandro andò da lui e gli chiese com’è andata. Diogene rispose: “il cibo era da cane ma il regalo non era degno di un re. Un fatto curioso fu che tutti e due morirono lo stesso giorno nel 323 a. C. e prima della morte si disse che a Alessandro Magno che ormai aveva conquistato tutto il mondo conosciuto, gli chiesero se era felice della sua vita. Lui rispose che se non fosse stato Alessandro sarebbe voluto essere Diogene: cioè se non avesse avuto tutto avrebbe voluto avere il nulla, però in grado di apprezzarlo. Diogene è così importante oltre che per quest’incontro con Alessandro, per l’aneddoto più celebre: c’era un periodo che Diogene andava in giro in pieno giorno con una lanterna. Chi lo incontrava gli chiedeva come mai tu pazzo, perché vai in giro con la lanterna in pieno giorno e lui rispondeva: “cerco l’uomo“. Cerco l’uomo perché non trovava nessun essere umano autentico. Quindi questo è il concetto, la radicalità, quando perdi tutte le convenzioni e i beni materiali alla fine il centro di tutto è: cos’è l’essere umano. Fare luce sull’essere umano è importante, anche perché dall’essere umano poi si parla della politica, perché il nostro obiettivo è quello di identificare nella filosofia politica non solo i fini, ma quale dovrebbe essere in senso aristotelico la politeia cioè l’organizzazione ottimale.

# Le due visioni di essere umano dominanti

Ci sono due visioni dell’essere umano dominanti. La prima è quella contemporanea, l’altra è quella classica. Ora faccio un discorso propriamente strumentale al tema della politica, per approfondire vi rimando a studi, a libri o ad altri incontri magari in forma più riservata. Però in questo caso parlo solo di che cosa serve per affrontare il nostro discorso. Una è quella contemporanea, una quella classica. Il punto di comunanza fra queste due visioni dell’essere umano, è che entrambe partono da un dato di fatto, cioè che l’uomo è inconscio a se stesso. La visione contemporanea che è di matrice anglosassone definisce questo inconscio come una “black box”, cioè esiste dentro l’essere umano una scatola nera. Come detto è un dato di fatto che noi non conosciamo una parte di noi. Tutta la storia del mondo, dal “conosci te stesso” dell’oracolo di Delfi, a Socrate con “so di non sapere”, a Gesù Cristo quando dice “Dio perdonali perché non sanno quello che fanno”, per poi arrivare alla spiegazione scientifica con Freud con la formalizzazione dell’inconscio, da sempre si sa che c’è una parte di noi che non conosciamo.

# La visione contemporanea

Qual è però la differenza fra la visione classica dell’essere umano e quella moderna: che quella moderna dice sostanzialmente, visto che è inconscia questa scatola è inutile perderci troppo tempo, cioè non la scopriremo mai. Però al tempo stesso sappiamo che questa scatola incide sulla nostra vita perché comunque ci sono dentro delle forze che comunque sia ci condizionano. Però visto che non le conosciamo, l’unico modo è quello di indirizzare e programmare questa scatola nera con l’io cosciente. Cioè il governo di tutto l’essere umano viene da qui, nel cervello attraverso la volontà, cioè la volontà cosciente deve sostanzialmente programmare e indirizzare le forze che ci sono nell’inconscio. Tra quelle ad esempio è nota la PNL che è la programmazione neuro linguistica, una modalità per cui attraverso la lingua, il pensiero e le abitudini si programma questa scatola nera dell’inconscio. Quindi chi vede l’essere umano in questo modo, sostanzialmente lo considera coincidente con la razionalità cosciente, e l’obiettivo dell’essere umano a quel punto è di esaudire i suoi desideri attraverso la volontà, perché il centro di tutto è avere degli obiettivi. Tanto più quegli obiettivi sono comuni tanto più si può usare dei programmi verificati. Perché il principio della PNL è quello che se vuoi raggiungere un obiettivo, tipo diventare ricco, devi trovare chi l’ha raggiunto e poi fare esattamente quello che ha fatto lui. La vita è fatta di obiettivi coscienti e la felicità è data dal raggiungimento di questi obiettivi. Questa è una visione che apre tutto un mondo che è tutto nella sfera cosciente, per cui se non raggiungi gli obiettivi significa che hai sbagliato qualcosa e, in generale, tutte le cause che ti hanno fatto fallire sono delle cause tangibili esterne, restando sempre nel mondo dei fenomeni, come direbbe Husserl.

# La visione classica

L’altra strada in questo periodo storico è sicuramente quella meno diffusa, perché è dominante questa che ho appena descritto, basta vedere i media, la cultura, tutto quanto, oggi si basa sull’Io cosciente. Però c’è anche la visione classica. Anche questa dice che c’è una black box, non la chiama black box, c’è un inconscio, però dice sostanzialmente questo: dentro questo inconscio è vero che, come direbbe Freud, ci sono dei mostri però ci sono anche le nostre più grandi ricchezze. Cioè, dentro questo inconscio, come direbbe Platone, c’è la biga, noi siamo come a capo di questa biga dove ci sono i cavalli bianchi e i cavalli neri, bisogna governarli. Dentro queste inconscio c’è sia quindi la componente vitale della nostra identità naturale, la cui dimostrazione viene dal fatto che noi sappiamo che non siamo solo razionalità, perchè tutto il nostro organismo non è governato dalla razionalità. Siamo fatti di miliardi di cellule e tutte queste cellule hanno una loro intelligenza, cioè stanno facendo qualcosa indipendentemente dalla razionalità e soprattutto non credo che nessuno di noi possa dire che noi siamo semplicemente l’io del cervello. Noi siamo tutto questo organismo, noi abbiamo un tipo di intelligenza, che c’è chi la chiama biologia chi la chiama natura, ma soprattutto è quel tipo di intelligenza che tutti i grandi di ogni scuola di pensiero l’hanno identificata. Per gli antichi era un dato di fatto. Quest’anima non è un concetto religioso o astratto ma era qualcosa di molto reale: l’uomo è fatto di anima e corpo, per cui Aristotele diceva ad esempio che l’anima è l’essenza che è causa ma anche il fine di ogni essere umano e questa unità di azione indipendente, aprioristica rispetta alla mente è anche il fine di tutte le azioni. Non solo, ma quest’anima è ciò che ci rende anche parte del molteplice. Ci sono tanti altri che l’hanno detto, c’è ad esempio Zoroastro che diceva che dentro di noi c’è una “scintilla divina”. Lo stesso Gesù quando diceva che dentro di noi c’è il Regno dei cieli o Victor Hugo che diceva che è la cosa più grandiosa dell’universo, “più del mare c’è il cielo, ma più ancora del cielo c’è ciò che è chiuso nella nostra anima”. C’era Jung che diceva che l’anima è dentro a ogni cosa, così come Tommaso D’Aquino che diceva questa intelligenza che ci muove è “nel corpo, tutta in ogni parte”. Quindi tutti i grandi saggi lo dicono, nelle Upanishad c’è scritto che se vuoi vedere l’assoluto basta entrare all’interno della conoscenza dell’anima, così come il Buddha diceva che se vuoi trovare Dio, basta mettere in congiunzione tutte le anime del mondo e si potrebbe andare all’infinito con Pelagio e tutti quanti, sono tutti d’accordo che dentro questi inconscio c’è la più grande delle nostre ricchezze.

Allora se è questa la premessa, che dentro di noi c’è questa grande ricchezza, ci siamo che è un controsenso logico quello di dire che l’obiettivo nella vita è programmare questa scatola nera. Se io avessi preso una scatola e vi dicessi che qui dentro c’è il più grande tesoro, nessuno direbbe facciamo finta che non ci sia e viviamo la vita come se non ci fosse. Ma qual è invece il vero fine? Il vero fine è quello dell’oracolo di Delfi “Conosci te stesso” e quello di tutti i grandi che dicono sostanzialmente che il vero fine non è programmare questa scatola ma far luce dentro questa scatola, dove ci sono i mostri ma c’è anche questa che chiamano l’intelligenza della natura, quello che ci rende uguali: siamo diversi in azione storica, ma nel seme siamo uguali.

Quindi questo è il fine individuale: mentre il fine della visione pragmatica contemporanea è quello delle esaudire i propri obiettivi e quindi in ogni momento bisogna avere un obiettivo cosciente ed esaudirlo, l’obiettivo invece della visione classica, che è una visione di saggezza eterna, è di conoscere te stesso, cioè fare luce dentro questa black box, che è tutto un altro mondo. Anche perché nel primo caso se l’obiettivo è raggiungere i propri obiettivi significa, “io devo strumentalizzare tutta la realtà per raggiungere questo obiettivo”, col rischio che magari se questo obiettivo è lo stesso dell’altro, cioè se tutti due abbiamo l’obiettivo di prendere, occupare la stessa sedia, a quel punto si strumentalizza tutto e se l’altro diventa un nemico perché vuole anche lui occupare questa sedia finisce che si può cedere all’aggressività, o perfino alla guerra. Questo è il vero problema sociale di questa visione, così come strumentalizzare tutti i mezzi in funzione di questo obiettivo che è un obiettivo di volontà, non è un obiettivo naturale, può essere molto pericoloso perché rischia di inaridire l’ambiente. Dall’altro lato i rischi vediamo che non ci sono perché che cosa significa avere come obiettivo quello del conoscere se stessi? Significa che in questo caso tutta la realtà mi può essere d’aiuto, ma mi può essere d’aiuto perché può essere uno specchio della mia realtà interiore. Cioè, se io voglio vedere me stesso come faccio a vedere me stesso? Lo vedo attraverso la realtà perché se ci pensiamo è vero che la realtà è una, questo è un mondo ed è un dato di fatto che questa è una realtà oggettiva, però se noi prendiamo venti persone questa realtà viene percepita in venti modi diversi. Innanzitutto perché ognuno la guarda da una posizione diversa e poi perché ognuno ha un sistema di percezione e di verifica della realtà suo personale. Per uno questa realtà sarà bellissima, per un altro magari vedrà che ci sono dei problemi, un’altra vorrà pulire lo sporco:  perché essendo una percezione del sè, una volta che la realtà esterna entra in se stessi, a quel punto visto che se ci sono dieci persone cambia, non è che cambia la realtà ma cambia la percezione della realtà- E cambia in funzione di che cosa? Di chi siamo e di come siamo. Quindi la realtà ci è utile per capire noi stessi in un dato momento: è uno specchio di come siamo. Quindi tornando a noi, perché questo serve dal punto di vista politico? Perché come detto io andrò avanti nei prossimi giorni con questa visione dell’essere umano, la visione dell’essere umano che come detto vuole conoscere se stesso in ogni momento e ogni possibilità o opportunità nella realtà è utile per conoscere se stessi. Però a quel punto tutto  l’impianto della politica va in funzione di questo. Però prima di capire come essere felice e come in senso proattivo si può organizzare la politeia ideale, la politica ideale in funzione di un essere umano, ivedremo invece che cosa lo porta fuori. Per vedere cosa ci porta fuori, domani parleremo di complessi ma soprattutto di intenzionalità. Domani parleremo di Brentano.

ANDREA ZOPPOLATO

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Covid: se si prendono i dati degli ultimi mesi i tassi di MORTALITÀ e LETALITÀ in Italia sono CROLLATI

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Il governo promette un giro di vite per ridurre i contagi: dalle mascherine all’aperto al numero chiuso di locali e piazze, fino all’ipotesi di nuovi lockdown. Qualcosa però non torna: se si guardano i dati ufficiali, gli indici di mortalità e di letalità risultano in picchiata. 

Covid: se si prendono i dati degli ultimi mesi i tassi di MORTALITÀ e LETALITÀ sono CROLLATI

# La mortalità è scesa negli ultimi 30 giorni in Lombardia allo 0,0007%, la letalità al 4%. Mentre in Italia siamo al 2%


I principali organi di informazione e della politica parlano di situazione a rischio con migliaia di nuovi casi in aumento e centinaia di focolai. Si dà colpa di questo al mancato rispetto delle regole dei cittadini, alla troppa libertà concessa dopo l’allentamento delle misure o a chi rientra dalle vacanze all’estero.

Per far fronte a queste emergenza che sembra peggiorare si attuano regole sempre più stringenti, come le mascherine all’aperto o la quarantena per chi ritorna dalle vacanze, ipotizzando anche nuovi lockdown. Eppure i dati ufficiali dell’epidemia degli ultimi 60 giorni o meglio ancora degli ultimi 30 giorni, trasmettono uno scenario diametralmente opposto. Non solo la situazione non sta peggiorando ma anzi, presenta un miglioramento esponenziale.  

Leggi anche: 🔴 Quarantena per chi rientra dall’estero, mascherine all’aperto e nuovi lockdown: il nuovo PIANO del GOVERNO. Eppure i DATI mostrano una REALTÀ DIFFERENTE

Infatti come si può vedere dall’analisi che abbiamo effettuato, prendendo unicamente i dati ufficiali della Protezione Civile Italiana, ricaviamo i due indicatori simbolo per valutare la gravità di una patologia: il Tasso di Mortalità e quello di Letalità.

Il tasso di mortalità calcola quanti decessi ci sono stati, in questo caso con o per il Covid, in percentuale sul numero di abitanti. Il dato che emerge è che negli ultimi 60 giorni in Lombardia il tasso di mortalità è dello 0,0038%, mentre negli ultimi 30 giorni è sceso allo 0,0007%. Sulla base dell’intera popolazione italiana la mortalità risulta ancora più bassa: lo 0,0016% a 60 giorni e lo 0,0004% tenendo conto degli ultimi 30 giorni.

Un andamento simile lo segna il tasso di letalità che fa riferimento al numero di decessi in proporzione ai casi risultati positivi (numero totale dei contagiati). Per la Lombardia abbiamo un indice al 7% degli ultimi 60 giorni, ossia già inferiore di oltre il 60% alla media totale del periodo (17%). Indice che scende al 4% sugli ultimi 30 giorni. Meglio ancora il dato nazionale con un 6% negli ultimi 2 mesi e  al 2% nell’ultimo mese, sensibilmente inferiori rispetto a quasi il 14% di letalità delle statistiche ufficiali. Questo significa che prendendo i dati dell’ultimo mese chi è stato contagiato dal Covid avrebbe una percentuale attorno al 98% di guarire. 

Questi dati confermano anche il trend degli ospedali i cui reparti in terapia intensiva o ordinaria risultano svuotati rispetto ai mesi passati: 11 malati in terapia intensiva per Covid in tutti gli ospedali lombardi e poco più di 50 se si calcolano tutti gli ospedali italiani. 

# Gli indici di letalità potrebbero essere ancora più bassi, se disponessimo di un campione simile a quello emerso dall’indagine sierologica nazionale

I tassi di letalità calcolati negli ultimi due mesi sono confortanti ma potrebbero risultarlo ancora di più se si estendesse il numero delle persone che sono state contagiate ma che non rientrano nei dati della Protezione Civile che calcola solo le persone sottoposte a tampone.

Come calcolato infatti dall’indagine sierologica nazionale, il numero reale dei positivi è superiore di molto alle statistiche ufficiale: con 1,5 milioni di positivi certificati ha fatto scendere drasticamente il tasso reale di letalità al 2% sull’intero periodo. Questo significa una percentuale ancora sensibilmente inferiore se si calcolassero soltanto decessi e contagiati reali degli ultimi due mesi. 

Se la mortalità e la letalità della pandemia risultano in picchiata rispetto alle fasi passate dell’emergenza, che senso ha aumentare gli allarmi in nome di contagi che non presentano preoccupazione sul loro decorso?

Leggi anche: COVID: 6 volte più dei casi ufficiali. Il TASSO DI LETALITÀ crolla dell’85%

FABIO MARCOMIN

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“VACCINO? SÌ, ma NON OBBLIGATORIO”: lo dicono 2 milanesi su 3

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Foto: Andrea Cherchi (c)

“Il vaccino contro il Coronavirus: deve essere obbligatorio come dice Renzi oppure facoltativo come dice Conte?”. Risultato? Su quasi 3.000 votanti, in massima parte di Milano e dintorni, il 69% si è espresso perchè il futuro vaccino sia una libera scelta. 

“VACCINO? SÌ, ma NON OBBLIGATORIO”: lo dicono 2 milanesi su 3

# A Milano vince la “libera scelta”: oltre due votanti su tre si sono espressi perchè il futuro vaccino non sia reso obbligatorio

 

2.880 voti, 217 commenti, 129 condivisioni: in sole 24 ore il sondaggio ha raggiunto 21.192 persone e più di 800 interazioni totali. Il risultato per nulla scontato, vista la grande maggioranza dei media nazionale schierati a favore dell’obbligatorietà del vaccino, ha visto prevalere nettamente la libera scelta da lasciare alle persone. Si sono espressi infatti per tenere il vaccino per Covid come facoltativo il 69% dei votanti, contro il 31% che preferisce ne venga istituita l’obbligatorietà.

# I commenti più significativi emersi del sondaggio 

Un tema sentito come la scelta vaccinale, specie in una situazione nuova e poco conosciuta come il virus Covid, ha prodotto commenti stimolanti per il dibattito. Ecco una selezione:

Virginia .R – “Annosa questione… si vaccini pure chi così può e vuole sentirsi tranquillo e, in virtù di tale tranquillità, lasci in pace gli altri.”

Gianni C. – “obbligatorio per fasce di rischio ed età, andrei cauto per tutti

Elena B. – “Non solo volete farvi inoculare un vaccino che non sarà affatto sicuro, perché poco testato, ma vorreste pure imporlo a tutti? Nuovo step della dittatura sanitaria, cancellazione della libertà individuale di cura.

C. Meduri – “Senza estrema convinzione ho optato per il vaccino obbligatorio…purtroppo come si sta presentando. E’ una catastrofe mondiale che dicono non passerà e quindi diventerà vaccinazione obbligatoria come del resto per altre malattie

Alysia R. – “non passerà”: ma se abbiamo i reparti covid vuoti! Il virus si è depotenziato guardate i dati paragonateli a quelli di marzo basta avere paura oggi per trovare il virus lo devono moltiplicare di vari cicli per vederlo coi macchinari . Non si può vivere di paura e non si può trascurare le altre malattie ! Già sono morte migliaia di persone per cure sospese o rimandate” 

Daniele P. – “Il ritorno alla normalità e alla vita di sempre deve essere obbligatorio, la liberazione da distanze, mascherine e ogni altra restrizione deve essere obbligatoria, non un vaccino inutile e pericoloso.

Carlo P.  – “Il primo anno facoltativo e se è veramente efficace e non fa danni si può pensare di vaccinare tutti.

Diego B. – “Facoltativo per tutte le categorie nessuno può imporre a qualcuno cosa iniettare nelle proprie vene sarebbe una violazione dei diritti umani, del trattato di Norimberga, dell’articolo 32 della costituzione e dell’articolo 33 della legge N.833 del 1978 l’obbligo non si può fare.

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Il SUD ha davvero BISOGNO di più aiuti dallo STATO? Questi dati dimostrano il contrario

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Credits: istitutoliberale.it

Mentre tutte le forze politiche si mostrano unite nel chiedere ancora più aiuti per il Sud, la domanda che molti si fanno è: è vero che il Sud è in crisi perchè non ha ricevuto abbastanza aiuti? Oppure è vero il contrario: il Sud è in crisi per un eccesso di assistenzialismo e di spesa pubblica? Ha provato a trovare una risposta l’Istituto Liberale.

Leggi anche: Nasce in Parlamento l’alleanza dei MERIDIONALISTI. E la Meloni rincara: “Fiscalità di vantaggio per il SUD? Sì, ma per SEMPRE”

Il SUD ha davvero BISOGNO di più aiuti dallo STATO? Questi dati dimostrano il contrario

Pubblichiamo riflessione e analisi dell’“Istituto Liberale” – “Lo Stato non ci aiuta.”

# “Lo Stato non ci aiuta”: ma è davvero così?

“Lo Stato non ci aiuta”. Quante volte abbiamo sentito queste parole, ripetute quasi come un mantra, da politici, cantanti e personalità varie del Sud Italia? Peccato che ciò non corrisponda alla realtà. I dati sulla spesa pubblica consolidata nelle regioni italiane in percentuale al loro PIL, dati di ImpresaLavoro del 2017, dipingono un quadro ben diverso: il Sud e le Isole sono le parti d’Italia in cui lo Stato contribuisce maggiormente all’economia.

Risulta quindi chiaro come il problema del Mezzogiorno non sia certo l’assenza dello Stato: non solo lo Stato c’è, ma spende anche proporzionalmente molto di più. La criticità di tale situazione deriva dal fatto che gran parte di tale spesa pubblica non è per attività produttive, che potrebbero forse stimolare uno sviluppo economico nel lungo periodo, ma per mantenere posti di lavoro ridondanti e inefficienti: avrete certo sentito parlare della questione delle guardie forestali in numerose regioni.

# All’aumentare della presenza dello Stato nell’economia, il reddito medio diminuisce: l’appello ai cittadini del Sud

Di fatto, in certe aree d’Italia lo Stato utilizza i posti di lavoro pubblici come una forma di welfare. Si tratta di una soluzione temporanea e insostenibile, applicata solo perché politicamente più semplice rispetto all’effettuare sostanziali riforme strutturali. Ma non finisce qui. Se si mettono in relazione spesa pubblica in percentuale al PIL e PIL pro capite, emerge una correlazione negativa quasi perfetta tra le due variabili: nelle regioni italiane, all’aumentare della presenza dello Stato nell’economia, il reddito medio diminuisce. Si tratta però appunto di un’analisi di correlazione, che, pur indicando un forte legame inverso tra ingerenza statale e ricchezza dei cittadini, non dimostra un nesso di causalità.

Di conseguenza, non possiamo affermare con certezza che la maggior presenza statale nell’economia porti ad un minor tenore di vita, e naturalmente i fattori da considerare sono numerosi e complessi. Ciò che risulta però evidente è che, se anche lo Stato non fosse la radice del problema, di certo non aiuta. Ossia, in sostanza, più Stato non è la soluzione.

Lanciamo quindi un appello agli abitanti del Mezzogiorno: non avete bisogno di più Stato, ma che quello già presente lasci il posto ad attività realmente produttive. Non avete bisogno di uno Stato che vi dia un pesce ogni giorno, dovete dimostrargli di saper pescare da soli.

Fonte: Istituto Liberale

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Le 7 GELATERIE più BUONE di Milano APERTE ad Agosto

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C’è ne sono proprio per tutti i gusti e in tutti i quadranti di Milano. Ecco 7 tappe golose da non farsi scappare per chi rimane in città nel mese più caldo dell’anno.

Le 7 GELATERIE più BUONE di Milano APERTE ad Agosto

#1 La Gelateria Marghera, da 40 anni icona del gelato da passeggio

Via Marghera = traffico bloccato dalle auto in doppia fila davanti alla Gelateria Marghera. Un classico da decenni. Nata come il primo negozio interamente dedicato al gelato da passeggio o da asporto a Milano, proposto in tanti gusti e prodotto fresco nel laboratorio presente in negozio, con materie prime naturali, quindi veramente artigianale. Da 40 anni è un punto di riferimento della città, sempre in grado di evolversi per rimanere al passo con i tempi, tra le invenzioni il “gelato gourmet”.

Aperta tutto il mese di Agosto

 

#2 Gelateria Artico, premiata dal Gambero Rosso e dal New York Times

Casa del gelato tradizionale, questa gelateria non molto tempo fa è stata selezionata tra i cinque migliori luoghi da visitare a Milano da The New York Times, propone materie prime di altissima qualità, nessun additivo chimico, solo ingredienti naturali e tutto, proprio tutto, prodotto in casa, premiato con “3 coni” dalla Guida Gambero Rosso.

Il punto vendita all’Isola sarà chiuso a Ferragosto, quello in Duomo rimarrà aperto tutto il mese

 

#3 Gelateria artigianale n° 22, punto di riferimento a Porta Romana

Credits: zero.eu

Lo schema estetico della “Gelateria Artigianale n° 22” è quello classico: tre o quattro sgabelli davanti a un bancone, dietro al quale si intravede il laboratorio. La produzione ha una sua identità e non mancano i gusti un po’ meno standardizzati. Ci sono, per esempio, il mascarpone con fichi, la nocciola con mandorla, la pera con cannella e il cioccolato San Tomè. Un ottimo gelato a pochi passi dalla storica “Polleria” di Giannasi.

Chiuso in Agosto dal 14 al 16

 

#4 Gelateria Alberto Marchetti, il meglio di Torino a Milano 

Fra i migliori gelati d’Italia, quello di Alberto Marchetti, partito anni fa Torino è sbarcato a Milano nel 2014 in viale Montenero 73, non deludendo affatto le aspettative. La gelateria è organizzata con banchi a pozzetto, arredamento minimal ed è presente una selezione di gusti più famosi di Marchetti: il Farina Bona, in buona compagnia del Bonet, del Cioccolato Extra senza latte e del Ramassin. Per chi vuole qualcosa di diversa dal classico gelato, c’è l’affogato da passeggio con 3 palline di gelato a scelta, caffè e granella e l’accoppiata gelato frutta, per i più salutisti. 

Chiuso solo la settimana di ferragosto

 

#5 Gelateria Giova. ingredienti provenienti da aziende agricole locali

Credits: flawless.life – Gelateria Giova

Ingredienti di altissima qualità, preferibilmente da aziende agricole locali, trasparenza nella produzione, passione e dedizione. I gusti fissi, sorbetto di cioccolato, yogurt, pistacchio di Bronte, sono delle certezze, ma ogni giorno c’è qualcosa di nuovo e inventivo: ricotta & gocce di cioccolato , arachidi, fichi fioroni, fragoline di bosco. Una meta imperdibile nel quadrante est della città.

Chiuso solo la settimana di ferragosto

#6 Gelateria Rigoletto, solo ricette artigianali nell’ovest Milano

Credits: snapitaly.it – Gelateria Rigoletto

In tutti i punti vendita in città è una sola la filosofia dal 1997: gelato artigianale realizzato solo con ingredienti genuini e secondo ricette della tradizionali, senza dimenticare sapori più audaci e contemporanei. Circa una trentina di gusti che spaziano dalle tante variazioni di cioccolato fino ad arrivare ai gusti malaga, cassata, torrone e tanti altri, tutti realizzati con estrema cura. Al Rigoletto si possono trovare anche delle deliziose barrette di cioccolato artigianali, granite e semifreddi.

Aperti tutto il mese di Agosto

 

#7 Cremeria Rossi, sapori di Sicilia in piazza Bolivar

In piazza Bolivar, la Cremeria Rossi porta nel capoluogo lombardo il vero gelato e la vera granita siciliana. Squisito il pistacchio, vera specialità della casa, da gustare oltre che nel classico cono anche nella tipica brioche. Altrettanto buoni gli altri gusti, tutti realizzati con ingredienti di qualità e dalla consistenza cremosa. Quanto alle granite, sono assolutamente da provare i gusti alla fragola e alla mandorla.

Aperto tutto il mese di Agosto

 

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

🔴 Quarantena per chi rientra dall’estero, mascherine all’aperto e nuovi lockdown: il nuovo PIANO del GOVERNO. Eppure i DATI mostrano una REALTÀ DIFFERENTE

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Cerdits: ilpost.it

Il Governo ha predisposto un piano d’azione per la nuova fase dell’emergenza Covid. Il focus ormai da tempo in Italia non sono i ricoverati o i posti in terapia intensiva per tenere sotto controllo la situazione degli ospedali, ma ora sono i contagi. Non si fa distinzione tra sintomatici o asintomatici, tra malati lievi o malati gravi. Obiettivo è di tenere basso il numero di contagi.  E in caso di conferma di un rialzo della curva dei contagi scatteranno misure più restrittive.

Facciamo luce sulla situazione reale dell’emergenza in base unicamente ai dati ufficiali e sulle misure programmate dal governo. 

🔴 Quarantena per chi rientra dall’estero, mascherine all’aperto e nuovi lockdown: il nuovo PIANO del GOVERNO. Eppure i DATI mostrano una REALTÀ DIFFERENTE

#1 Le nuove regole fino al 7 settembre: tamponi e quarantena per chi rientra in vacanza all’estero da quattro paesi

Il primo intervento appena in vigore riguarda gli italiani che rientrano in vacanza dall’estero. Nel dettaglio è previsto che ci sia l’obbligo di tampone entro 48 ore per chi proviene da Grecia, Spagna, Croazia e Malta e l’obbligo dell’auto segnalazione alle autorità sanitarie territoriali, con successivo tracciamento dei contatti. ll tampone non sarà obbligatorio invece in presenza di attestazione dell’esito negativo al test molecolare rilasciata nelle 72 ore precedenti l’arrivo in Italia. Inoltre alla “black list” dei Paesi da cui non si potrà arrivare, per entrare o transitare in Italia, si è aggiunta la Colombia.

Per chi arriva in Lombardia dall’estero, ci sarà una sorta di mini isolamento, come ha dichiarato l’assessore al welfare Giulio Gallera: “Per i cittadini lombardi che rientrano da questi Paesi mettiamo a disposizione il supporto operativo e informativo necessario attraverso il numero unico 116117, che fornirà i riferimenti delle Ats di competenza per domicilio. Nel periodo precedente l’effettuazione del test ed in attesa del suo esito, ferma restando l’indicazione di informare immediatamente il proprio medico di medicina generale o operatore sanitario pubblico in caso di insorgenza di sintomi sospetti è fortemente consigliato ridurre la vita sociale ed è indispensabile l’utilizzo della mascherina anche all’aperto ed in presenza di conviventi nella propria abitazione

Fonte: Milano Today

#2 Se aumentano i contagi: mascherine obbligatorie all’aperto e piazze e locali a numero chiuso

Il piano che il governo sta mettendo a punto entrerà in vigore se la curva epidemica continuerà a salire, anche se non ci sono parametri definiti né una diversa strategia a seconda della gravità dei contagi: sia che si tratta di asintomatici o di malati lievi, sia che si tratta di malati gravi la misura non cambia. Vediamo quali saranno queste misure. 

Le principali saranno l’obbligo di mascherina all’aperto e la chiusura di piazze e locali. Ha spiegato il Ministro Boccia: Bisogna impedire che i giovani tornino a far circolare il virus e lo trasmettano agli anziani, bisogna impedire quello che sta accadendo in molti altri Stati. Finora abbiamo lavorato bene. Non possiamo vanificare gli sforzi fatti finora, soprattutto a poche settimane dalla ripresa della scuola e di tutte le altre attività“. 

#3 In caso di rialzo eccessivo dei contagi: in arrivo nuovi lockdown

Ma la notizia più angosciante è quella data il 13 agosto al Corriere della Sera dal coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Agostino Miozzo, che ha dichiarato: «Se i contagi salgono, lockdown inevitabili: e sarebbe un incubo»

# In base a quali dati il governo sta per imporre nuove misure restrittive?

Molti chiedono al Governo di poter indicare dati certi su cui si mettono in atto le misure più restrittive. Potrebbe essere l’indice di affollamento delle terapie intensive, ad esempio, ma la linea del Governo sembra aver preso la strada del contenimento del numero dei contagi, senza distinzione se si tratta di asintomatici o di malati in terapia intensiva. In più non si hanno dati sul numero di contagi che potranno determinare nuove misure restrittive: l’assenza di parametri certi lascia il Paese in un costante stato di incertezza, in cui in qualunque momento si può determinare una presa di decisione unilaterale del governo. Un’incertezza che arresta qualunque possibilità di programmare il futuro e pesa come un macigno su ogni prospettiva di rilancio dell’economia. Anche perchè, se ci si basa unicamente sui dati, tutti questi motivi di preoccupazione ci sfuggono. Vediamo i dati ufficiali. 

Credits: lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/ – Variazione percentuale giornaliera

Come si vede dal grafico sulla variazione percentuale giornaliera la crescita dei contagi in termini percentuali è piatta da almeno 3 mesi.

Credits: lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/ – Trend giorno per giorno

Da questo grafico si vede come dall’inizio di maggio i guariti e dimessi stanno registrando una crescita costante, mentre gli attualmente positivi hanno avuto un andamento totalmente opposto.

Credits: lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/ – Trend ricoveri

In base a quest’ultima immagine, che conferma quelle precedenti, il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva ha un’andamento piatto da metà maggio, lo stesso per i ricoveri semplici da fine giugno. 

Visti questi dati, come si possono imporre le nuove misure restrittive nei confronti dei cittadini e, soprattutto, questo continuo alimentare il pericolo incombente di una nuova chiusura del Paese?

FABIO MARCOMIN

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Take the MONEY and do nothing: the new frontier of ITALIAN POLITICS

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Money for nothing. It was the most important song by the Dire Straits music group. It had some lyrics that repeated, obsessively, the same concepts, money for nothing, and chicks for free. It was an attack to the society of the 1980s, featuring useless consumption and easy money, so easy that it seemed everybody could achieve them. And, most importantly, they could be gained without doing anything. If we were to choose a soundtrack for politics in our time, Money for Nothing would be perfect.

Take the MONEY and do nothing: the new frontier of ITALIAN POLITICS

It would be unfair to blame a single political force in Italy for the latest frontier in the politics of our country. Money for nothing is now the only political strategy in our country. And it is the logical evolution of policies being rooted in the past. In order to understand it, it may be useful to take a few steps back.

Digging holes and then filling them again

The State governs, while the production of wealth and jobs are left to the private sector: this subdivision of roles have been the cornerstone of societies until the great crisis of the 1930s: The stock market crash, hyperinflation, the disintegration of savings, endless queues for a loaf of bread. It was a brand new situation for the new nation States that had been transformed by the industrial revolution of the previous century. As an answer, Keynes came along, with one simple idea: if things go wrong, the State must provide jobs. It is not important, Keynes thought, if a job is really useful. Rather, it is better to give everybody a shovel for him or her to dig a hole and then fill it again, it is not important for the work to be useful, it is important for people to work. This is a very easy rule, who led the Western States to fight unemployment with a binge of public jobs. Roosevelt’s America espoused Keynes’ ideas and rose again, exactly like the Nazis did in Germany and the Fascists did in Italy. These worldviews were different, but they had the idea of a lifesaving State providing jobs for its citizens in common.

This was an idea that has been working for a few years, even if we do not know how things would have ended, since such events were interrupted by the greatest and most devastating war the world ever experienced. No one can state whether a link exists between a State providing jobs and a worldwide conflict, what we want to show here is that when the State creates jobs out of thin air, you never know where you might end up.

Money does not make people happy, but…

Indeed, the things changed during the post-war era. The 1950s and the 1960 saluted the Italian economic boom, as the State acted as the State and the market acted as the market. At least, that is what happened in half the world, as the other half decided to let the State do everything. Those were the decades of the Cold War, of the time when the world was subdivided between Good and Evil, when the collectivist models were widespread within the Communist half of the universe, where the citizens were promised equality, jobs and happiness for everyone. However, such a model had its limits. And maybe the biggest limit was due to human psychology and weaknesses: Communism failed because, in the end, it provided jobs, but it gave little money, too little for the people to be happy.

While the other half of the world played music that went money for nothing and chicks for free time and again, on the other side, rather than understanding the attack to an arid and decomposing system, they heard only the guitar riffs and the siren song of the money they did not have, as well as of a world where everything was possible. Money for nothing? Maybe someone in the 1980s, while listening to Mark Knopfler and to the little choruses by Sting, went “mumble mumble”, thinking that a bright political career might be hidden within that sentence.

Mr. Lauro’s shoe

Truth be told, before getting to our times, more than a very successful song, the first seed, the first intuition that power could be achieved by acting on everyone’s greed, was achieved by Achille Lauro. Not by the singer, but by the then-Mayor of Naples.

Called “the Captain”, because of his seafaring past, Achille Lauro was a Mayor during the 1950s and he was a Peronist, even if he went beyond even Peron and his spouse. He made history with his methods to gain votes, such as giving his potential electors a single shoe: he was to give the other only after that the voters proved their vote. It was not yet money for nothing, but shoes for votes, an innovative move, indeed, but still nothing, compared with today’s politics. And yet, before considering our times, we still have to get to another milestone.

One million jobs“. This was the well-received slogan that, according to many, was the basis of the revolution Mr. Berlusconi led, when, for the first time in the history of Italy, an entrepreneur established a political party out of thin air, achieving a landslide election victory and becoming Prime Minister. Also in this case, it would be unfair to reduce the whole of his success to the promises of jobs he made. His promise, the promise he held to with both his words and his example, was that of success. A success one may gain with hard work but, mostly through relations, shortcuts and a convincing smile. For other things, his strategy was similar to that of the 1930s, calling on the State to create jobs, even if it did not achieve this goal through public works and with the taxpayers footing the bill, but, rather through a cultural model who spread within the country, indeed the model sung by the Dire Straits, involving money for nothing, easy money, available girls, of success with no hardships. And if this does not happen thanks to the market, then it is due to debts.

Work for nothing

The idea of money for nothing was perhaps already present within the political subconscious, and from the 1980s onwards, it became the cornerstone of the explosion of public debt used to buy votes, create cronyism and ceaselessly proposing a lifestyle going beyond the actual possibilities, leaving the future generations to foot the bill. And the bill came with the new millennium, when, only to pay for the interest on the debt of two decades earlier, the debt itself ended up in a spiral that those dealing with loan sharks know well: making debts in order to pay debts. Debt after debt, this led our country to make more and more debts and to become poorer and poorer, achieving one of the lowest growth rates amongst the economies all over the world.

After years of struggle and regression, when often, rather than money for nothing, the song has become work for nothing, work as much as you can, but nothing will remain in your pocket in the end. This is true for small enterprises or for business owners, as well as for young interns busting their asses off for an unpaid traineeship. It is implied that many want to flee: this is the case with the people and also money looking for an haven in places where the cause-effect link is not money for nothing or work for nothing, but working for money and money for work.

From the emergency stopping lane to the fast lane

And now we get to the current times. Italy may have many flaws, but it surely is not lacking in one thing, for good or evil. Italy is a wonderful place, often being ahead of what is going to happen in the rest of the world. Therefore, the country having given birth to the Renaissance, the Catholic Church, the discovery of the Americas, but also the Inquisition and Fascism, is now using the turn signal, shifting from the emergency stopping lane to the fast lane directly, waving with its hand towards the column of the cars of the other nations, as they are jammed up in a constant growth, something too ordinary for us. The car that is Italy, after a breakdown of twenty years, now put its pedal to the metal, playing the “Money for Nothing” song from an old audio cassette.

Think about it. Aren’t the two great reforms by the yellow-green government, i.e. the “quota 100” early retirement scheme and the basic income money for nothing? And this was only the appetizer. Close your eyes and think about Premier Conte appearing on the TV with his speeches, at 8 PM. What comes to your mind? 80, 150 or 450 billions? And, most of all, what were they promised for? For payroll subsides, for persons undergoing hardships, for the self-employed, for the employed, for those who are still home, for those who cannot do it, but also for those who can do it, for companies weathering a crisis, for State-run companies, for private-run companies to be turned into State-run companies, money, money, money for nothing. And also without the efforts that were made in the past, connected with providing them for something, without public works, without people that, equipped with their shovels, builds highways or digs holes in order to fill them afterwards. The stroke of genius, here, is understanding that, more than giving money to those who work, giving them for the others to do nothing is even better. A stroke of genius, as a founding Member State of the EU, having given it all in building, create and imagine a new future amongst the EU Member States won every negotiation simply asking for that: money for nothing. Money for nothing. And this was achieved.

As it is the case with every song, also Money for Nothing does finish in the end

These policies understood something akin to genius. Money can be given and promised, even when one does nothing to deserve them. This is like the allowance your father gives you just because you exist, it is welfarism from the cradle to the grave, it is receiving money for nothing. This is the consequence of a country built for those who live off their private income, more than for those who produce, for those who control more than for those who create value, for the assisted more than for those who assist.

Now, it all seems to be a beautiful story. The whole of the Italian politics, yellow, red, blue and green, speaks with a single voice, a competition between those who promise more money for nothing, a challenge seeming both irresistible and without any negative elements. The problem here is that, as it is the case with every story starting well, there is always a “but” liable to ruin everything.

The only problem here is that money do not last forever. One cannot make debts forever, we cannot be aided by Europe all the time, and, should we do it again someday, currency cannot be printed without depreciating the value of money by the same token.

Therefore, what is going to happen when the toy will break? After having fostered and spread a parasite-like mentality based on demanding without giving, on constantly depending on someone else while remaining in a state of constant passiveness and destruction of wealth, the only logical consequence of it all will be to find a scapegoat. Today the trouble comes from a health-based emergency, tomorrow it could be the wealthy, or, more probably, some hidden potentate, dragging us in a devastating war.

However, the responsibility for what will happen is only ours, right now. As Jean Paul Sartre said, “you are always responsible for what you could not avoid”. Today, all of us, with our laxity towards rhe policies enacting money for nothing, giving our consent to all of this, are becoming accomplices to the disintegration of our country.

Get your money for nothing. Get your chicks for free

The italian version: Prendi il DENARO e non far nulla: la nuova frontiera della POLITICA ITALIANA

ANDREA ZOPPOLATO (Translated by ANTONIO BUONOCORE)

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Riparte la STAGIONE FIERISTICA a Milano: il debutto con la MODA. Il CALENDARIO delle prime manifestazioni

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Credits: comocity.it - Artigiano in fiera

Uno dei settori più colpiti dalla crisi è quello degli eventi, fiera compresa. Uno dei motori della città è stato azzerato dall’emergenza Covid. Finalmente gli eventi sono sulla rampa di lancio. Da settembre infatti parte un calendario di iniziative. Vediamo quali sono. 

Riparte la STAGIONE FIERISTICA a Milano: il debutto con la MODA. Il CALENDARIO delle prime manifestazioni

# Il via con la kermesse di Milano Unica: l’8 e il 9 settembre a Rho Fiera

La Fiera di Milano riparte dalla moda. Anche il polo fieristico di Rho-Pero aprirà le sue porte: il primo appuntamento in calendario è “Milano Unica”, kermesse dedicata al tessile e agli accessori d’abbigliamento di alta gamma, in programma dall’8 al 9 settembre.

Dopo qualche giorno, i padiglioni torneranno ad animarsi dal 19 settembre quando si svolgeranno Homi fashion & jewels, dal 19 al 22 del mese. Seguiranno dal 20 al 23 settembre Mipel, Micam, The One Milano e Lineapelle: appuntamenti dedicati alla pelletteria e alle calzature e al business della moda. Ultima manifestazione fieristica nel mese di settembre sarà Autoclassica, salone interamente dedicato agli appassionati di auto.

Il Presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali dichiara: “Si riparte nella convinzione che sarà un lavoro lungo e complesso per riprendere a pieno regime, ma certamente il settore fieristico-congressuale italiano sarà tra i primi a contribuire alla ripresa del nostro Paese. A settembre il settore fieristico e congressuale potrà riprendersi quel doppio ruolo che da sempre gli appartiene: strumento di politica industriale di tanti settori strategici per l’economia nazionale, e primario attore nella politica territoriale, in grado di fornire un contributo sostanziale allo sviluppo delle economie locali“.

# Arrivano le prime conferme fino a Dicembre: c’è anche Artigiano in Fiera

Dopo il mese di settembre sono state confermate anche Bimu, la fiera dedicata alle macchine utensili, in programma a ottobre. Scorrendo il calendario fino a dicembre si scopre che è stata confermata anche la 25esima edizione dell’Artigiano in Fiera, in programma dal 5 al 13 dicembre.

Fonte: Milano Today

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🔴 SALA incontra GRILLO: accordo vicino per MILANO? Ma Corrado (M5S) e Barberis (PD) bocciano l’intesa

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Credits: milanoposta.info - Grillo e Sala

Anche se manca ancora l’ufficializzazione della sua ricandidatura, il Sindaco di Milano sta già lavorando per le prossime elezioni comunali del prossimo anno. Dopo che già una delle alleanze che lo sostengono aveva fatto già circolare una bozza di programma, un altro indizio spinge non solo per una sua candidatura ma anche per un allargamento della compagine che lo sostiene.  Beppe Sala è infatti andato a trovare Beppe Grillo nella sua casa di vacanze in Toscana. Nei corridoi della politica milanese si parla di un accordo ormai raggiunto. 

🔴 SALA incontra GRILLO: accordo vicino per MILANO? Ma Corrado (M5S) e Barberis (PD) bocciano l’intesa

# Il sindaco di Milano e il fondatore del M5S a pranzo per discutere di Milano

Beppe Sala non ha mai nascosto una simpatia personale per il leader carismatico dei 5 stelle. Non sorprende più di tanto la sua visita a Beppe Grillo sulla spiaggia di Marina di Bibbona nel livornese, con pranzo nella villa del comico genovese, prima del rientro a Zoagli in Liguria dove il Sindaco è in vacanza. E’ quasi certo che tra i temi dell’incontro possa essere stata messa sul tavolo l’ipotesi di un accordo strategico, in vista delle elezioni dell’anno prossimo, tra la lista di Sala e il M5S. Il sostegno potrebbe arrivare su una piattaforma programmatica di impostazione marcatamente ambientalista. Non è da escludere che i due abbiamo discusso di politica nazionale, viste le prossime elezioni regionali e il voto referendario sul taglio dei parlamentari di Settembre.

A Gennaio Sala aveva già espresso la sua stima per Grillo: “È un dialogo che nasce da una comunanza di visione su tanti temi. Non ci sono percorsi definiti ma è qualcosa che a me gratifica molto, perché è uno scambio che trovo molto stimolante». “La cosa bella per me è che io non ho nulla da chiedere a lui, e lui non ha nulla da chiedere a me». A settembre dovrebbe esserci l’annuncio del Sindaco in merito alla sua ricandidatura per le comunali del 2021.

Fonte: Il Corriere

Ma il candidato sfidante del M5S alle elezioni del 2016, Gianluca Corrado, non gradisce

Intervistato da Fabio Massa per Affaritaliani, Gianluca Corrado fa capire che non è contento dell’eventuale accordo tra Sala e il M5S per le prossime elezioni comunali del 2021, ricordando che spetterebbe comunque agli iscritti della piattaforma Rousseau decidere.

Gianluca Corrado ha visto Beppe da Beppe? Intese future?
“Se devo essere onesto non credo sarebbe utile né a noi né al Partito Democratico, andare uniti al primo turno. Beppe Sala deve provare a vincere con le proprie forze.”

Però insieme sostenete Conte.
“Sì, ma Milano è una cosa diversa. Abbiamo impostazioni diverse in città. A partire dalle politiche urbanistiche. Dopodichè ovviamente sono valutazioni molto più in alto di me.”

Deciderà Beppe Grillo?
“Non lo so. So però che se sarà Beppe Grillo o chiunque altro, bisognerà che questo passi da un voto su Rousseau. Deve essere la base degli iscritti a decidere, come sempre.”

Fonte: Affaritaliani

# Mugugna anche Barberis, capogruppo del Pd a Palazzo Marino: “Con M5S non ci sono condizioni per un’alleanza

Anche dal Pd si levano voci contrarie e sono di un certo calibro, quelle del capogruppo a Palazzo Marino Filippo Barberis: “Sono convinto che a Milano la coalizione uscente allargata a forze come Italia Viva, Azione e Più Europa debba avere e abbia la forza di presentarsi autonoma agli elettori rivendicando con coerenza quanto fatto e rilanciando sui prossimi 5 anni. Con i 5 Stelle abbiamo sempre dialogato ma non ritengo ci siano le condizioni per un’alleanza organica”.

Fonte: Radio Lombardia

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Nasce in Parlamento l’alleanza dei MERIDIONALISTI. E la Meloni rincara: “Fiscalità di vantaggio per il SUD? Sì, ma per SEMPRE”

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Credits: ALBERTO PIZZOLI / AFP - Giorgia Meloni

Il fronte unito per orientamento geografico si allarga trasversalmente tra tutte le forze politiche. Ministri, giornali, forze di governo e dell’opposizione formano un unico coro: destinare al SUD più aiuti possibili del Recovery Fund. Mentre nasce l’alleanza dei meridionalisti, come pubblicato su Libero, si aggiunge anche la presa di posizione di Giorgia Meloni: in un’intervista al Messaggero, riportato da Agi.it, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni prosegue sulla stessa linea degli esponenti di tutti i partiti sulle risorse da destinare al Mezzogiorno, rincarando la dose: “giusti i soldi al Sud, ma siano per sempre”. Sempre più Fratelli d’Italia del Sud?

# Il fronte trasversale tra M5S, PD, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia: tutti d’accordo per dare aiuti al Sud e fare una commissione d’inchiesta sul Nord

Estratti articolo di Pietro Senaldi per “Libero – Nasce l’alleanza dei meridionalisti e il Pd si accorge che esiste il Nord”

“Si tratta di un gruppo multipartisan tra rappresentanti di tutti i partiti, anche se Partito Democratico e Movimento 5 Stelle sono per ovvi motivi maggioritari, che ha lo scopo dichiarato di creare un fronte meridionalista che si assicuri che, in proporzione a popolazione e attività produttive, al Mezzogiorno arrivino più finanziamenti che al Nord e al Centro. Sono circa una sessantina tra senatori e onorevoli e si sono posti anche lo scopo di creare di una commissione d’inchiesta che faccia luce sulla ragione per cui al Nord ci sono più infrastrutture che al Sud e nel caso dirottare lì gli investimenti pubblici.”

“L’iniziativa di questo gruppo in Parlamento è dettata dal fatto che il Covid ha distrutto il 6% dei posti di lavoro al Sud e il 3,5% al Nord e che si prevede una ripresa più rapida nelle regioni settentrionali, con un +5,4%, rispetto a quelle del Mezzogiorno con +2,3%. A dire il vero però il Nord ha perso 600.000 occupati contro i 380.000 del Sud e ha avuto un calo del PIL del 9,6% contro l’8,2% meridionale. Indipendentemente dalle ragioni storiche e dai torti e dai meriti delle due realtà italiane, economicamente e culturalmente profondamente diverse, per guarire un corpo malato, qual è il nostro Paese oggi, occorre curare prima gli organi vitali e quindi, per dirla con Massimo Cacciari, intellettuale non sospettabile di simpatie leghiste, occorre far ripartire il Nord.”

# Meloni “Sì a una fiscalità di vantaggio al Sud, ma deve essere resa permanente”

Pubblichiamo articolo di “Agi” – Per Meloni la fiscalità di vantaggio per il Sud deve essere permanente 

“Sgravi al Sud ma per sempre. Le imprese del nord hanno pagato un prezzo altissimo al Covid e quelle del Mezzogiorno lo hanno pagato ad un lockdown generalizzato che, numeri alla mano, si sarebbe potuto evitare”, spiega Giorgia Meloni, in un’intervista al Messaggero. “Sì a una fiscalità di vantaggio al Sud – sostiene – ma deve essere resa permanente e non durare pochi mesi”

Il supporto fiscale deve essere anche “accompagnato da ingenti investimenti”, puntualizza Meloni, “in infrastrutture materiali e digitali” come alta velocità, autostrade, porti e interporti. “E banda larga fino nelle aree interne”. Secondo Meloni, “far ripartire il Sud rappresenterebbe un enorme volano anche per le attività produttive del Nord Italia”, ciò che “storicamente è un fenomeno che abbiamo già visto in Europa negli anni della riunificazione tedesca”, precisa. Poi Merloni spiega: “Gli ingenti investimenti fatti dalla Germania per far recuperare le regioni della ex Ddr hanno rappresentato per gli anni successivi un enorme stimolo economico per tutta la Germania”. 

# Dal nord arrivano i primi mugugni: Bonaccini e Martina

Ormai è un mantra ripetuto da ogni esponente politico: investire al Sud per far ripartire il Paese, sembra davvero l’unica strategia per risollevare l’economia del nostro Paese. Davvero la storia italiana non ha insegnato nulla oppure semplicemente siamo di fronte alla solita propaganda per accaparrarsi il consenso di chi è meno libero di scegliere? Invece di aiutare a rilanciare l’Italia nel suo complesso, in particolare le sue forze più produttive, ha senso accelerare su iniziative assistenzialistiche determinata da criteri geografici?

Nel frattempo arrivano i primi mugugni da parte di alcuni esponenti della maggioranza. Il bergamasco Maurizio Martina, l’ex segretario del Pd, non è d’accordo sulla fiscalità di vantaggio per le aziende del Sud annunciata da Conte, e chiede di estenderla a tutto il territorio: “Sarebbe un errore scatenare una competizione sfrenata tra due parti del Paese e il governo non deve dimenticare la questione settentrionale“. Già ieri il presidente dell’Emilia-Romagna nonché possibile futuro segretario del Partito Democratico, Stefano Bonaccini, aveva detto che “il partito deve rappresentare di più il Nord perché la parte d’Italia che produce di più deve ripartire nell’interesse di tutti“.

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Fonte: Agi, MessaggeroLibero

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SVIZZERA: dalla riforma del 2020 un modello ancora più spinto di FEDERALISMO FISCALE

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Credits: tvsvizzera.it - Imposizione fiscale in Svizzera

La Svizzera ha circa due milioni di abitanti meno della Lombardia ed è suddivisa in 26 tra cantoni e semicantoni. In nome del federalismo, ogni cantone è libero di organizzare come vuole il sistema fiscale e le aliquote delle imposte. La sovranità fiscale in Svizzera è divisa su tre livelli: Confederazione, Cantoni e Comuni e ognuno preleva delle imposte a cittadini e società. Il gettito fiscale totale che si ricava viene così suddiviso: 45,8% per la Confederazione, 32,6% per i cantoni e 21,6% per i comuni. Significa che oltre la metà del gettito dipende dal livello locale: dalle decisioni di cantoni e dei comuni. Questo ha generato nel tempo la cosiddetta concorrenza fiscale intercantonale, rilanciata dalla nuova riforma fiscale entrata in vigore nel 2020. Vediamo cosa prevede la riforma.

SVIZZERA: dalla riforma del 2020 un modello ancora più spinto di FEDERALISMO FISCALE

Pubblichiamo estratti articolo di Riccardo Franciolli per “Tv Svizzera.it” – Come nasce e dove porta la concorrenza fiscale tra cantoni

# Riforma fiscale del 2020: aumento della pressione fiscale per le multinazionali, forte riduzione per le aziende locali

La Riforma fiscale delle imprese, dopo il voto del 2019, è entrata in vigore il primo gennaio 2020. Questa riforma è pensata per abrogare i privilegi fiscali di cui godono le società con statuto speciale, multinazionali con con sede in Svizzera, dichiarati dalla UE come aiuti di Stato incompatibili con l’accordo di libero scambio tra la Svizzera e l’Ue: il rischio era che la confederazione elvetica venisse inserita nella blacklist dei paradisi fiscali. Di conseguenza l’utile è tassato in egual modo per tutte le società, anche le multinazionali registrano un deciso aumento della pressione fiscale.

# Più libertà fiscale per i Cantoni: tra i più vantaggiosi al mondo per le imprese

I Cantoni hanno ottenuto dalla Confederazione un margine di manovra ancora più ampio in materia di politica finanziaria e hanno annunciato o già messo in pratica una riduzione della tassazione sull’utile delle aziende, in alcuni casi dimezzata. Secondo l’Istituto Bak Economics quando le riforme di tutti i cantoni saranno operative nel 2025, il canton Nidvaldo, con l’aliquota al 9.8%, scavalcherà Hong Kong diventando  il luogo più vantaggioso al mondo per l’imposizione delle aziende. Gli altri cantoni seguiranno a ruota, tutti con aliquote tra il 10 e l’11%: Uri, Sciaffusa, Obvaldo, Appenzello esterno, Lucerna Tugovia e Glarona. E i restanti cantoni non staranno solo a guardare.

# Sovranità fiscale cantonale e concorrenza intercantonale: i casi di Zugo, Svitto e Nidvaldo

Questa libertà fiscale data ai Cantoni, porta a quella che chiamiamo concorrenza fiscale intercantonale e cantoni come Zugo, Svitto e Nidvaldo hanno anche eliminato le tasse sulla proprietà e stabilito prezzi più interessanti per attrarre gli investitori. Il cantone di Zugo negli anni ha continuamente ridotto le aliquote dell’imposta sulle società favorendo l’arrivo di grandi multinazionali, che lo hanno scelto per notevoli vantaggi fiscali ma anche per la vicinanza a Zurigo e i servizi della città. Zugo è oggi uno dei cantoni più ricchi della Confederazione.

Anche altri cantoni come Lucerna, Basilea Città e Vaud hanno intrapreso la stessa e strada. In generale i cantoni, a scadenza annuale, provano a introdurre aliquote più basse per far concorrenza agli altri cantoni, se non interviene un voto referendario dei cittadini. Il professore di macroeconomia dell’Università di Friburgo Sergio Rossi l’ha chiamato “gioco al massacro” che nel 2025 a attuazione completo dalla Riforma Fiscale diventerà ancora più marcato.

# I vantaggi e gli svantaggi della Riforma Fiscale

Credtis: tvsvizzera.it – Aliquote dell’imposta sulle società in Svizzera

La conseguenza di questo continua rivisitazione verso il basso dell’imposizione fiscale ha comportato meno entrate per le casse cantonali e meno servizi a per i cittadini. Il professor Sergio Rossi spiega: “Infatti, con la concorrenza fiscale intercantonale diminuiscono ovviamente le entrate e non sempre vengono compensate dall’arrivo di nuovi contribuenti. Questo perché nessuna società seria cambia sede ogni anno per accasarsi nel cantone che in quel momento ha le imposte più vantaggiose“. C’è però un aspetto positivo “Un vantaggio però questa concorrenza fiscale l’ha portato. Gli amministratori cantonali e comunali hanno imparato a gestire al meglio le finanze pubbliche: con meno risorse fiscali hanno dovuto ottimizzare la spesa pubblica e renderla più efficace“.

Inoltre politica fiscale permette ai cantoni e la Confederazione di mantenere sul proprio territorio le sedi delle multinazionali. Quindi maggior gettito fiscale per Confederazione e cantoni, molti posti di lavoro qualificati, ricerca e sviluppo all’avanguardia promossi in Svizzera e di costante presenza della Confederazione al top tra le nazioni più competitive al mondo.

# L’esempio del canton Vaud: sede di una lunga lista di multinazionali

Il canton Vaud aveva già quasi dimezzato nel 2019 l’aliquota fiscale dal 21.65% al 13.79%, suffragata dall’87% dal voto della popolazione nel 2016. Lo scopo era mantenere le multinazionali a tassazione speciale sul territorio, che la riforma fiscale avrebbe fatto scappare. Le minori entrate fiscali, grazie anche al versamento della quota dell’imposta federale della Confederazione in favore dei Cantoni, porteranno a un costo complessivo iniziale è di circa 285 milioni di franchi. Secondo gli amministratori del cantone dovrebbe essere a poco a poco bilanciato dall’arrivo di nuove grandi società grazie alla bassa imposizione fiscale.

Il rischio scampato è comunque la fuga delle multinazionali che nel cantone di Vaud sono numerose. Queste solo le più importanti: Accor, Adecco, Caterpillar, Chiquita, Colgate, Eastman Kodak, Gillette, Hewlett Packard, Liebherr, Nissan, Oracle, Philip Morris, Polo Ralph Lauren, Procter & Gamble, Richemont, Tetrapak, ups e Vale.

# Confronto internazionale: la Svizzera è tra le prime 10 nazioni al mondo con le più basse imposte societarie

ll livello medio di tassazione delle società si attesta a un’aliquota del 17% contro il 12.5% e il 24% dell’Italia. Anche se le aliquote variano in base al Cantone la Svizzera si posiziona come una delle economie più competitive a livello mondiale e sempre secondo l’Istituto BAK Economics l’aliquota d’imposta media nazionale sulle società scenderà al 13,5% entro il 2025. Già oggi è tra le prime 10 nazioni con le più basse imposte sulle società.

I vantaggi per le società, che scelgono la Svizzera come propria sede, non si fermano però solo alla fiscalità agevolata come ricorda il professor Sergio Rossi: “oltre ad essere attrattiva per l’imposizione fiscale relativamente bassa offre altri grandi vantaggi per le società, ovvero una formazione accademica molto elevata, un alto livello della qualità della vita, ottimi servizi pubblici, un’attenzione per l’ambiente“.

Fonte: Tv Svizzera

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Il COGNOME più diffuso a Milano è HU. Tra i NOMI dei neonati i primi sono LEONARDO e SOFIA

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Credits: mamme.it - Nascite a Milano

Il cognome più diffuso a Milano? E’ HU. Al primo posto sia per gli uomini che per le donne. Al secondo posto c’è Rossi. Seguono altri due cognomi tipici italiani.

Il COGNOME più diffuso a Milano è HU. Tra i NOMI dei neonati i primi sono LEONARDO e SOFIA

# Hu scalza dal primo posto il cognome Rossi anche nella graduatoria femminile

Secondo quanto comunica l’anagrafe del Comune di Milano è il cinese Hu il cognome più diffuso in assoluto in città, sia tra gli uomini sia tra le donne e dunque anche nella classifica totale.

Il cognome italiano Rossi, secondo nella graduatoria, è stato scalzato anche in quella femminile: 2.210 contro 2.133. Tra i maschi il sorpasso era già avvenuto e il conto aggiornato è di 2.454 Hu contro 1.873 Rossi.

Nella classifica totale, dunque, ci sono 4.664 milanesi che si chiamano HU, seguiti da 4.006 Rossi. Al terzo posto c’è Colombo con 1.543 maschi e 1.832 femmine per un  totale di 3.375, mentre al quarto Ferrari con 1.506 maschi e 1.720 femmine per totale di 3.226.

# Tra i nomi più amati ci sono quelli più tradizionali: Leonardo, Sofia e Giulia

I genitori milanesi restano fedeli ai nomi più tradizionali anche nel primo semestre del 2020: come succede stabilmente dal 2015, anche tra i 4.856 nati dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno, la scelta dei nomi è ricaduta su Leonardo per i maschi in 213 occasioni e Sofia e Giulia per le femmine rispettivamente per 108 e 106.

A seguire: 2. Tommaso con 153, 3. Riccardo con 123, 4. Alessandro con 122 e 5. Lorenzo con 120. Per le bambine: Ginevra (90), Alice (84), Camilla e Beatrice (79).

Una curiosità? Anche le mamme e i papà stranieri preferiscono il nome Leonardo, con 58 nascite. In questo caso al secondo posto c’è Mohamed con 34. Lo stesso discorso per le bambine: anche tra gli stranieri vince Sofia con 28 nascite, subito dopo Maria e Aurora con 21.

Continua la lettura con: Quanti sono gli abitanti di Milano?

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

La CRISI della POLITICA

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Seconda puntata: LA CRISI della POLITICA’”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica

Benvenuti all’estate di filosofia politica. Ieri abbiamo ha parlato del “fine della politica”, oggi parliamo della “crisi della politica”. In breve ieri abbiamo visto come la società è divisa in tre dimensioni che sono: la cultura, l’economia e la politica, dove il fine dell’economia è quello di creare valore, quello della cultura di far crescere la persona con un arricchimento interiore e quello della politica, abbiamo visto secondo Aristotele, Machiavelli e anche gli antichi Re della Mesopotamia, è quello dl creare le condizioni ottimali perché le persone possono vivere felici. Oggi parliamo di crisi della politica.

La crisi della politica

# Secondo Husserl la crisi delle scienze è data dalla mancanza di un nesso ontologico 

Per a crisi della politica, partirei da Husserl, anche perché dal punto vista filosofico “crisi” nel ‘900 significa Husserl. Husserl nel 1936 ha fatto uscire un libro che fece molto scalpore, anche perché in qualche modo preconizzò quello che accadde poi con la grande tragedia della seconda guerra mondiale: “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Secondo Husserl la grave crisi del ‘900 era per il fatto che tutte le scienze erano ormai racchiuse,si può dire sono ormai racchiuse, nello studio dei fenomeni e hanno perso di vista il cosiddetto mondo delle cause: il “numenon“, secondo gli antichi greci. Questo perché sostanzialmente il limite delle delle scienze è di aver perso il criterio fondamentale, il nesso ontologico, ossia il contatto con quello che lui definiva il “mondo della vita”. Quindi da essere oggettive sono diventate soggettive perché dipendono dal soggetto, da chi fa scienza. Tra l’altro si può dire, ai giorni presenti, è diventata abbastanza palese questa crisi delle scienze anche da noi, visto che si è visto come nel caso del Covid, la scienza si è spaccata, comunque ha perso quel criterio di oggettività che l’aveva resa autorevole in tutto il mondo. Quindi secondo Husserl la crisi delle scienze è una crisi di mancanza di nesso col mondo della vita. Si può parlare anche di una crisi ormai della società.

# La prima crisi è quella economica

Per la crisi della società intendo riprendere i fini: è una crisi di fini. Visto che il fine giustifica i mezzi, se tu hai un fine che è contraddittorio, errato o confuso l’effetto che si ha è che anche i mezzi perdono di significato. Perché c’è una crisi a livello di società, ossia di tutte le componenti, perché è una crisi proprio di fini che si potrebbe dire ontologica, che investe le singole attività dell’umano. Partendo dal primo dei tre ambiti, che è quello dell’oikos che abbiamo visto ieri di Aristotele, la prima crisi è quella economica perché sta succedendo esattamente quello che aveva detto Aristotele sul limite dell’economia. Secondo Aristotele l’uso del denaro può essere fatto in modo naturale e positivo per la crescita del valore oppure innaturale. Naturale quando lo scambio che è la base dell’economia, cioè una persona dà qualcosa in cambio di un altro, è finalizzata alla creazione del valore, cioè io pago un “tot” e ottengo come valore qualcosa che è superiore rispetto a questo “tot”. Secondo Aristotele invece lo scambio innaturale è quello che avviene da soldi per soldi, cioè che poi in ultima analisi il simbolo di tutto è, ad esempio, dare soldi in cambio di ottenere un credito, cioè io pago i miei soldi oggi per avere più soldi in futuro. Quindi perché diceva che era innaturale? Perché sostanzialmente quello che accade secondo Aristotele in uno scambio monetario, non in uno scambio economico, cioè in un’economia dominata dallo scambio monetario si ha una creazione di moneta che non compensa la creazione di valore.

Ma non solo, si ha che prevarica la parte del credito rispetto al debito, cioè il debitore che sostanzialmente dovrebbe pagare gli interessi e poi rimborsare il debito, alla lunga secondo Aristotele quello che avviene in realtà è che il debitore viene privato di molti più poteri, diritti e valori rispetto a quello che dovrebbe essere il debito. Se vado comprare una mela devo semplicemente pagare i soldi quella mela, ma se devo prendere un prestito la banca mi fa il check di tutto e mi controlla anche quello che farò dopo. A livello macro politico lo si vede perché un paese indebitato, come esempio all’Italia, che tra l’altro è uno dei pochi Paesi che ha sempre pagati suoi debiti, in realtà non le viene chiesto solo di pagare i debiti, ma viene costretta a una serie di privazioni e di controlli che vanno oltre il debito, quello che diceva appunto Aristotele: a tendere il debito diventa una schiavitù.

Che cosa si dovrebbe fare? Per questo ad esempio, non dico che che sia una soluzione, ma mi riallaccio a questo punto, non a un pensatore della politica, ma a una tradizione antica. Secondo l’antico ebraismo, secondo la Tōrāh, ogni sette cicli di anni sabbatici, quindi sette per sette, ogni 49 anni si deve avere il Giubileo. Cos’era il Giubileo? Il Giubileo era per evitare il fatto che il debitore si mettesse nelle mani totalmente del creditore perdendo tutte le sue libertà. Cioè ogni cinquant’anni, ogni quarantanove anni, si ha al giubileo, cioè vengono cancellati i debiti e in particolare tutti tornano a essere proprietari della propria terra e della propria libertà. Proprio perché, avevano previsto gli antichi, tra l’altro era una tradizione che addirittura si riallacciava ai vecchi regni mesopotamici, proprio per il fatto che si accorgevano che lo scambio monetario finisce con il debitore che paga molto di più, perché paga con la propria vita, con la propria libertà, con i propri diritti quello che dovrebbe essere semplicemente un rapporto economico. Ed è ovvio che oggi siamo in una economia sbilanciata, perché sbilanciata sulle economia monetaria, perché è diventata incapace di creare valore. Basta vedere, ad esempio, parlando dell’Italia non solo la crisi economica, proprio per il fatto di una crisi produttività e il fatto che se vediamo negli ultimi vent’anni non ci sono state grandi aziende a livello internazionale che sono state create, perché l’azienda è il simbolo della creazione del valore. Mentre invece si è creato molto debito, cioè si sta portando l’economia da un’economia sana di creazione di valore, a un’economia ormai sbilanciata sulla creazione monetaria, del pago soldi oggi per avere più soldi domani e ridudo le libertà del debitore. Questo a cascata, perché son concatenati questi tre ambiti, è anche la crisi politica e culturale.

# Hobsbawm “Il secolo breve” e il fallimento dei programmi di miglioramento dell’essere umano

L’equivalente di Husserl invece per la politica e in generale per la cultura è Hobsbawm. Hobsbawm è un pensatore nato come marxista che è diventato celebre in tutto il mondo per aver scritto “Il secolo breve”. Secondo Hobsbawm, in questo suo grande libro, il ‘900 in realtà è un secolo che è durato dall’inizio la prima guerra mondiale alla caduta del muro di Berlino, per questo è breve, perché durato meno di un secolo. Secondo Hobsbawm, il secolo breve ha testimoniato il fallimento di tutti i programmi di miglioramento dell’essere umano. Cioè, da un lato nel ‘900 è esplosa questa intenzionalità diffusa a livello delle società di creare dei modelli di miglioramento, si può dire secondo la politeia aristotelica la finalità era quella di rendere felici gli essere umani, però  con le grandi tragedie ‘900 si dimostra il fallimento di tutte queste idee, secondo Hobsbawm è successo proprio che hanno dimostrato di fallire tutti questi programmi, che secondo lui sono riconducibili ai tre grandi gruppi che sono: il fascismo, il comunismo e il capitalismo. Hanno fallito perché, lo si può vedere perché se  riprendiamo anche la storia degli ultimi anni, tra l’altro ha preconizzato anche lui quello che è successo adesso perché, se si vede, dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, se si analizza l’aspetto politico, si vede che ha fallito la politica negli ambiti che sono quelli aristotelici di base. Cioè secondo Aristotele la politica deve essere politeia, cioè deve essere una modalità di organizzazione e deve essere un atto di ribellione sotto certi aspetti, cioè la vera politica è un atto di ribellione perché la vera politica è la proposizione di un nuovo modello e deve essere ribellione perché vuol dire che il modello precedente non funzionava. Ma se si guarda riprendendo Hobsbawm quello che è successo dalla caduta del muro di  Berlino si vede che non esistono, non sono stati proposti nessun tipo di nuovo modello di organizzazione che non sia un modello a immagine e somiglianza del modello mercantilista. Cioè questo modello che, diciamo è il centro base di tutta la politica degli ultimi trent’anni, è stato il creare tutte quelle condizioni ottimali, non per rendere felici le persone ma per fare e per costruire tutto quel sistema basato proprio su credito/debito, su un’economia tipicamente monetaria. Lo si vede perché gli stati vengono analizzati ormai non tanto sul PIL, ma quanto sul debito, cioè sulla capacità di ripagare questo debito, e ancora oggi si vede che gli aiuti, tra virgolette, che vengono dati all’Italia non sono aiuti per la creazione del valore come potevano essere gli aiuti del piano Marshall: ma sono aiuti finalizzati sostanzialmente a cosa? Ad aumentare ancora di più il debito, che riprendendo la tradizione ebraica e mesopotamica significa aumentare la dipendenza e la privazione dei diritti basilari e della libertà di un Paese.

# La fine della cultura

E tra l‘altro l’ultima opera di Hobsbawm è proprio “La fine della cultura”, perché dice che tutto questo è figlio del fatto che c’è un imbarbarimento culturale perché abbiamo perso l’estetica nella cultura, perché la cultura dovrebbe avere invece come fine proprio quello dell’arricchimento interiore, secondo un criterio estetico, come diceva Husserl, per l’evoluzione della persona. Invece per la rivoluzione tecnologica abbiamo perso l’autonomia e l’identità e invece siamo diventati omologati in un imbarbarimento robotizzante, quindi per questo è finita insieme alla politica, secondo Hobsbawm, anche la cultura.

# I due segnali del fallimento della politica

Quali sono i due segnali del fallimento della politica? In primis, a livello macro, il fatto che non ci sono stati dei modelli, non parlo solo dell’Italia ma a livello internazionale non ci sono stati più dei modelli, hanno fallito i programmi questi così detti modelli di politeia recenti, non sono stati sostituiti con altri più efficienti, ma sono stati sostituiti da assenza di modelli, che poi l’assenza di modelli è come si può dire, l’anarchia. L’anarchia non è libertà totale ma è che lasci prevaricare le forze più distruttive, le cosiddette erbacce. È un principio naturale, se tu hai un orto alla fine se non coltivi, riprendendo anche la la metafora mesopotamica del buon regno che è come quello del giardino, se non coltivi buone piante vincono le piante cattive. In questo caso la potenza dell’economia monetaria rispetto a quella della creazione valore.

Ma secondo punto della crisi della politica, è il fatto che si vede che se la politica come fine è quello de rendere più felici le persone e poi si vedrà anche nei prossimi incontri che cosa vuol dire rendere più felici le persone, in senso aristotelico e machiavellico, o meglio machiavelliano perché anche Machiavelli ha detto che il governante deve utilizzare e strumentalizzare tutti i mezzi per rendere felici i sudditi, l’altro segno è che se vediamo questo non è avvenuto o meglio tutti i governanti parliamo dell’italia, tutti i governanti che ci sono stati, non si può dire certo che abbiano contribuito a un miglioramento della società. Anzi, almeno se vediamo gli ultimi vent’anni non solo nessuno di loro è riuscito a trasmettere il suo potere in un miglioramento della società, miglioramento economico, di benessere, di possibilità, anche di libertà e partecipazione che erano i princìpi della felicità secondo Aristotele, ma anche loro stessi hanno fallito perché non sono riusciti a mettere in atto quello che era il loro programma, il progetto quantico che volevano sviluppare. Se prendiamo gli ultimi governanti dei recenti vent’anni nessuno è mai riuscito a mettere in atto quello per cui era stato votato. Quindi domani affronteremo questo tema scottante, ci chiederemo come mai questi leader politici hanno fallito e soprattutto cerchiamo di verificare anche a livello di psicologia se ci può essere stato un punto in comune fra tutti quanti i loro fallimenti.

ANDREA ZOPPOLATO

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