Non ci sono test negli aeroporti. Chiamate record al numero anti Covid ma nessuno sa cosa si deve fare. Governo e Regione in tilt. Finalmente viene chiarito quello che bisogna fare per chi rientra in Italia dall’estero
🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi
L’ultimo DPCM aveva prescritto l’isolamento fiduciario con tampone all’arrivo negli aeroporti per chi rientra in Italia da quattro paesi giudicati a rischio: Malta, spagna, Grecia e Croazia. Per la sua applicazione il Governo ha poi passato la palla alle Regioni. Da qui il caos. In particolare in Lombardia.
A Malpensa non si possono fare controlli
Primo problema: i controlli annunciati dal Governo per chi torna da Spagna, Croazia, Grecia, Malta non sono stati effettuati. «Non si possono fare perché a Malpensa c’è un posto di pronto soccorso e non un ospedale per la diagnostica. Una situazione estendibile a tutta Italia. Non ci sono aeroporti dove si possano fare accertamenti con tamponi, a meno di piccolissimi scali con 100 passeggeri al giorno, non certo i 6.000 previsti nel periodo di Ferragosto tra Malpensa e Linate» spiegano dall’Usmaf.
Caos nelle informazioni: per le ATS di Milano obbligo di isolamento in attesa di tampone
I passeggeri che rientrano sono frastornati. Anche perchè le ATS forniscono indicazioni contrastanti. La città metropolitana di Milano sarebbe per la necessità di isolamento in attesa del tampone, mentre Pavia o altre province non danno alcun orientamento. Al numero unico 116.117 anti Covid sono pervenute in poche ore più di 13mila chiamate. Nella serata di venerdì è arrivato il chiarimento della Regione dopo un confronto con il ministero della Salute.
Gallera: «Non si applica nessun isolamento fiduciario per chi rientra da Spagna, Croazia, Grecia e Malta»
«Mi scuso personalmente per le difficoltà di comunicazione riscontrate ieri da molti cittadini». Ha aperto l’assessore al Welfare Giulio Gallera che così chiarisce:
«Non si applica nessun isolamento fiduciario per chi rientra da Spagna, Croazia, Grecia e Malta ma l’adozione rigorosa delle misure igienico sanitarie previste già dal Dpcm del 7 agosto 2020 con particolare riguardo all’uso continuativo delle mascherine e della limitazione allo stretto necessario degli spostamenti». Il presidente Attilio Fontana e Gallera hanno specificato le modalità applicative, concordate con il ministero, dell’ordinanza del 12 agosto. «L’introduzione di tali modalità deriva dal fatto che la situazione dei contagi in Lombardia è tuttora sotto controllo e in considerazione dell’imminente inizio delle attività lavorative per chi rientra dalle vacanze. Resta inteso che in presenza di sintomi è opportuno contattare con urgenza il proprio medico di base».
Cosa deve fare chi rientra da questi Paesi
#1 permane la necessità di segnalare l’ingresso in Italia per chi arriva da Croazia, Grecia, Spagna e Malta al dipartimento di prevenzione di Ats.
#2 Successivamente si deve presentare l’esito del tampone effettuato nelle 72 ore antecedenti il rientro in Italia, oppure effettuare un nuovo test entro 48 ore dall’arrivo a casa.
L’invito è «ad agire nella massima serenità, essendo quella in corso un’azione importante di screening preventiva, e non uno stato di emergenza». Dall’altra parte, però, «va rilevato che in base all’ultimo report settimanale del ministero della Salute, nella settimana tra il 3 e il 9 agosto (dati aggiornati all’11) i nuovi casi positivi diagnosticati in Lombardia sono 539. Di questi, 273, ossia il 50,6 per cento, sono importati da Stato estero».
Resta però un ultimo dettaglio: come si fa ad effettuare un tampone entro 48 ore prescritti dalle autorità? Domanda purtroppo che per molti sta restando inevasa.
“Milano: ha più bisogno di piste ciclabili o di parcheggi?” Risultato? Circa 1.000 votanti si sono espressi a maggioranza, con il 56%, per avere più parcheggi invece che più ciclabili. Vediamo i risultati.
“Milano ha più bisogno di PARCHEGGI che di CICLABILI”. I risultati del SONDAGGIO
Quasi 1.000 voti per un sondaggio che ha raggiunto in 24 ore 6.465 persone e più di 1.200 interazioni totali. La maggioranza ha scelto di volere più parcheggi con il 56% dei votanti, mentre il 44% preferisce la realizzazione di nuove piste ciclabili. Un risultato a sorpresa soprattutto perchè in contraddizione con la linea della giunta Sala che sta accelerando nella costruzione di ciclabili riducendo gli spazi per i parcheggi, come è accaduto per la ciclabile di Porta Venezia-Buenos Aires e come avverrà in corso Sempione.
# I commenti più significativi emersi del sondaggio
Agostino C. – Secondo me servirebbero entrambi: parcheggi, magari a pagamento (ma non per i residenti) e piste ciclabili fatte con criterio. ecco… criterio. sono state disegnate righe per terra -chiamate poi ciclabili- in zone davvero inutili e a tratti pericolose. servirebbe più raziocinio, meno -molta meno- ideologia.
Daniele N. – prima più parcheggi – sotterranei o in elevazione – per lasciare, poi, spazio a 1) marciapiedi più larghi, 2) a corsie riservate ATM e 3) a piste per bici, monopattini, monowheel, tricicli, schettini, ecc.
Tiziana G. – Il problema è l’area c, dovete fare più parcheggi e chiudere il centro come una volta ma la cassa fa gola
Laura F. – Ciclabili. E senso civico. Meno uso dell’auto come nelle grandi città estere
Riccardo B. – Essendoci più auto che biciclette, servono più parcheggi, vie a scorrimento veloce (no pedoni, no cicli), meno aree pedonali.
Marco I. – Prima parcheggi: immaginate una strada con parcheggi in strada destra e a sinistra piene di auto. Ora immaginate la stessa strada con un solo lato totalmente libera e avrete la ciclabile
MILANO CITTA’ STATO
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Sul Duomo, lato Palazzo Reale, c’è la statua di SanNapoleone. In realtà si tratta di un santo creato ad arte. Si sa che Napoleone Bonaparte, futuro imperatore dei Francesi, nacque ad Aiaccio il 15 agosto 1769 e solamente dopo il 1801 ci si preoccupò di utilizzare questa data per consolidare il prestigio popolare dell’uomo la cui ambizione cresceva in proporzione ai suoi successi. Vediamo come si sono svolti i fatti che portarono all’istituzione del culto di questo santo posticcio.
San Napoleone, il santo patrono degli abusivi
# La festa del Santo venne stabilita per decreto nel 1806
Con un decreto del 19 febb. 1806 si stabilì che « la festa di s. Napoleone e quella del ristabilimento della religione cattolica in Francia saranno celebrate in tutto il territorio dell’impero al 15 ag. di ogni anno, giorno dell’Assunzione e data della conclusione del Concordato » L’idea venne al Cardinal Caprara che per ingraziarsi l’imperatore francese reinterpretò un ignoto San Napoleonis del Medio Evo.
Occorreva però spiegare il passaggio da questo Neopolis a Napoleone e vi provvidero le risorse della filologia che prescrissero di inserire nella leggenda un dotto paragrafo che descrivesse la “leggenda” di un martire, dapprima torturato poi agonizzante in prigione fino alla morte, proprio come Napoleone. Per dare un onomastico all’imperatore il nuovo santo fu inserito appunto il 15 agosto, giorno di nascita di Napoleone. Finalmente il 15 agosto 1806si celebrò ufficialmente e liturgicamente S. Napoleone, nel giorno della posa della prima pietra dell’Arco di Trionfo a Parigi, chiaramente più a gloria dell’imperatore che ad onore del santo martire ignorato fino a quella data.
# Dopo il crollo del regime napoleonico, Re Luigi XVIII abolì la festa di San Napoleone
Con la caduta dell’Impero di Napoleone, cadde nell’oblio anche la sua festa, nata più dall’immaginazione degli adulatori che da reali e documentate connessioni storiche. Infatti il 16 luglio 1814 il re Luigi XVIII annullò i decreti relativi alla celebrazione del 15 agosto. In seguito, nel 1852 l’imperatore Napoleone III emise un decreto che riconosceva ancora il 15 agosto come festa nazionale, ma come data della nascita di suo zio e non come festa di San Napoleone.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Benvenuti all’estate di Filosofia Politica. Abbiamo visto nei giorni scorsi perché ci occupiamo di Filosofia Politica: significa interrogarsi sul perché, sul fine. Perché solo se si capisce il fine della politica si può capire se quello che si sta facendo è bene o male. Questi video sono introduttivi per la scuola politica di Vivaio che avrà luogo a fine settembre e si occupa di quattro ambiti: l’economia, la tecnica politica, la cultura e la psicologia. Nel primo video abbiamo visto il perché si fa politica in termini aristotelici: si è parlato di politeia, l’obiettivo della politica è quello del creare le condizioni ottimali perché le persone possano essere felici. Nel secondo si è visto perché c’è questa crisi della politica, riprendendo Hobsbawm col “Il secolo breve” che sostanzialmente ha certificato la fine della politica, in quanto i programmi per rendere felici le persone provati nel novecento sono tutti miseramente falliti. Per capire perché sono falliti bisogna partire dall’uomo così come visto che si parla della felicità delle persone, bisogna ritornare all’uomo che il concetto più radicale della filosofia e di capire qual è la visione dell’essere umano.
Cerco l’UOMO
# La visione dell’uomo partendo da Diogene
Parlando di visione dell’essere umano vorrei partire da Diogene “il cinico”, un personaggio pittoresco dell’antica Grecia del quarto secolo A.C. Viveva in una botte perché sosteneva che l’obiettivo dell’essere umano è quello del vivere in modo totalmente autentico e per vivere in modo totalmente autentico, essenziale, doveva essere in grado di rinunciare a qualunque bene materiale. Quindi viveva in una botte. C’erano diversi aneddoti su di lui, ad esempio questo: l’unico patrimonio che aveva era una ciotola con cui prendeva da bere. Ma quando vide un bambino che beveva usando solo le mani, buttò via la ciotola perché disse “questo bambino allora è superiore rispetto a me”. E’ celebre e utile dal punto di vista del contatto con la politica soprattutto per due motivi: il primo sono i suoi incontri con Alessandro Magno. Lui viveva col nulla e Alessandro Magno che invece aveva questa brama di “conquistare tutto il mondo” volle conoscere questo uomo, che era anche detto il “Socrate pazzo”. Alessandro andò da lui e lo trovò che stava sdraiato a terra a prendere il sole. Alessandro Magno gli chiese di cosa avesse bisogno e il filosofo rispose: “ho solo bisogno che ti sposti, perché mi stai facendo ombra“.
Oltre a questo ci furono altri episodi, perchè Alessandro Magno era incuriosito da questo personaggio. Siccome Diogene veniva chiamato “cane”, allora gli mandò del cibo per cani, delle ossa, dei resti, quindi Alessandro andò da lui e gli chiese com’è andata. Diogene rispose: “il cibo era da cane ma il regalo non era degno di un re“. Un fatto curioso fu che tutti e due morirono lo stesso giorno nel 323 a. C. e prima della morte si disse che a Alessandro Magno che ormai aveva conquistato tutto il mondo conosciuto, gli chiesero se era felice della sua vita. Lui rispose che se non fosse stato Alessandro sarebbe voluto essere Diogene: cioè se non avesse avuto tutto avrebbe voluto avere il nulla, però in grado di apprezzarlo. Diogene è così importante oltre che per quest’incontro con Alessandro, per l’aneddoto più celebre: c’era un periodo che Diogene andava in giro in pieno giorno con una lanterna. Chi lo incontrava gli chiedeva come mai tu pazzo, perché vai in giro con la lanterna in pieno giorno e lui rispondeva: “cerco l’uomo“. Cerco l’uomo perché non trovava nessun essere umano autentico. Quindi questo è il concetto, la radicalità, quando perdi tutte le convenzioni e i beni materiali alla fine il centro di tutto è: cos’è l’essere umano. Fare luce sull’essere umano è importante, anche perché dall’essere umano poi si parla della politica, perché il nostro obiettivo è quello di identificare nella filosofia politica non solo i fini, ma quale dovrebbe essere in senso aristotelico la politeia cioè l’organizzazione ottimale.
# Le due visioni di essere umano dominanti
Ci sono due visioni dell’essere umano dominanti. La prima è quella contemporanea,l’altra è quella classica. Ora faccio un discorso propriamente strumentale al tema della politica, per approfondire vi rimando a studi, a libri o ad altri incontri magari in forma più riservata. Però in questo caso parlo solo di che cosa serve per affrontare il nostro discorso. Una è quella contemporanea, una quella classica. Il punto di comunanza fra queste due visioni dell’essere umano, è che entrambe partono da un dato di fatto, cioè che l’uomo è inconscio a se stesso. La visione contemporanea che è di matrice anglosassone definisce questo inconscio come una “black box”, cioè esiste dentro l’essere umano una scatola nera. Come detto è un dato di fatto che noi non conosciamo una parte di noi. Tutta la storia del mondo, dal “conosci te stesso” dell’oracolo di Delfi, a Socrate con “so di non sapere”, a Gesù Cristo quando dice “Dio perdonali perché non sanno quello che fanno”, per poi arrivare alla spiegazione scientifica con Freud con la formalizzazione dell’inconscio, da sempre si sa che c’è una parte di noi che non conosciamo.
# La visione contemporanea
Qual è però la differenza fra la visione classica dell’essere umano e quella moderna: che quella moderna dice sostanzialmente, visto che è inconscia questa scatola è inutile perderci troppo tempo, cioè non la scopriremo mai. Però al tempo stesso sappiamo che questa scatola incide sulla nostra vita perché comunque ci sono dentro delle forze che comunque sia ci condizionano. Però visto che non le conosciamo, l’unico modo è quello di indirizzare e programmare questa scatola nera con l’io cosciente. Cioè il governo di tutto l’essere umano viene da qui, nel cervello attraverso la volontà, cioè la volontà cosciente deve sostanzialmente programmare e indirizzare le forze che ci sono nell’inconscio. Tra quelle ad esempio è nota la PNL che è la programmazione neuro linguistica, una modalità per cui attraverso la lingua, il pensiero e le abitudini si programma questa scatola nera dell’inconscio. Quindi chi vede l’essere umano in questo modo, sostanzialmente lo considera coincidente con la razionalità cosciente, e l’obiettivo dell’essere umano a quel punto è di esaudire i suoi desideri attraverso la volontà, perché il centro di tutto è avere degli obiettivi. Tanto più quegli obiettivi sono comuni tanto più si può usare dei programmi verificati. Perché il principio della PNL è quello che se vuoi raggiungere un obiettivo, tipo diventare ricco, devi trovare chi l’ha raggiunto e poi fare esattamente quello che ha fatto lui. La vita è fatta di obiettivi coscienti e la felicità è data dal raggiungimento di questi obiettivi. Questa è una visione che apre tutto un mondo che è tutto nella sfera cosciente, per cui se non raggiungi gli obiettivi significa che hai sbagliato qualcosa e, in generale, tutte le cause che ti hanno fatto fallire sono delle cause tangibili esterne, restando sempre nel mondo dei fenomeni, come direbbe Husserl.
# La visione classica
L’altra strada in questo periodo storico è sicuramente quella meno diffusa, perché è dominante questa che ho appena descritto, basta vedere i media, la cultura, tutto quanto, oggi si basa sull’Io cosciente. Però c’è anche la visione classica. Anche questa dice che c’è una black box, non la chiama black box, c’è un inconscio, però dice sostanzialmente questo: dentroquesto inconscio è vero che, come direbbe Freud, ci sono dei mostri però ci sono anche le nostre più grandi ricchezze. Cioè, dentro questo inconscio, come direbbe Platone, c’è la biga, noi siamo come a capo di questa biga dove ci sono i cavalli bianchi e i cavalli neri, bisogna governarli. Dentro queste inconscio c’è sia quindi la componente vitale della nostra identità naturale, la cui dimostrazione viene dal fatto che noi sappiamo che non siamo solo razionalità, perchè tutto il nostro organismo non è governato dalla razionalità. Siamo fatti di miliardi di cellule e tutte queste cellule hanno una loro intelligenza, cioè stanno facendo qualcosa indipendentemente dalla razionalità e soprattutto non credo che nessuno di noi possa dire che noi siamo semplicemente l’io del cervello. Noi siamo tutto questo organismo, noi abbiamo un tipo di intelligenza, che c’è chi la chiama biologia chi la chiama natura, ma soprattutto è quel tipo di intelligenza che tutti i grandi di ogni scuola di pensiero l’hanno identificata. Per gli antichi era un dato di fatto. Quest’anima non è un concetto religioso o astratto ma era qualcosa di molto reale: l’uomo è fatto di anima e corpo, per cui Aristotele diceva ad esempio che l’anima è l’essenza che è causa ma anche il fine di ogni essere umano e questa unità di azione indipendente, aprioristica rispetta alla mente è anche il fine di tutte le azioni. Non solo, ma quest’anima è ciò che ci rende anche parte del molteplice. Ci sono tanti altri che l’hanno detto, c’è ad esempio Zoroastro che diceva che dentro di noi c’è una “scintilla divina”. Lo stesso Gesù quando diceva che dentro di noi c’è il Regno dei cieli o Victor Hugo che diceva che è la cosa più grandiosa dell’universo, “più del mare c’è il cielo, ma più ancora del cielo c’è ciò che è chiuso nella nostra anima”. C’era Jung che diceva che l’anima è dentro a ogni cosa, così come Tommaso D’Aquino che diceva questa intelligenza che ci muove è “nel corpo, tutta in ogni parte”. Quindi tutti i grandi saggi lo dicono, nelle Upanishad c’è scritto che se vuoi vedere l’assoluto basta entrare all’interno della conoscenza dell’anima, così come il Buddha diceva che se vuoi trovare Dio, basta mettere in congiunzione tutte le anime del mondo e si potrebbe andare all’infinito con Pelagio e tutti quanti, sono tutti d’accordo che dentro questi inconscio c’è la più grande delle nostre ricchezze.
Allora se è questa la premessa, che dentro di noi c’è questa grande ricchezza, ci siamo che è un controsenso logico quello di dire che l’obiettivo nella vita è programmare questa scatola nera. Se io avessi preso una scatola e vi dicessi che qui dentro c’è il più grande tesoro, nessuno direbbe facciamo finta che non ci sia e viviamo la vita come se non ci fosse. Ma qual è invece il vero fine? Il vero fine è quello dell’oracolo di Delfi “Conosci te stesso” e quello di tutti i grandi che dicono sostanzialmente che il vero fine non è programmare questa scatola ma far luce dentro questa scatola, dove ci sono i mostri ma c’è anche questa che chiamano l’intelligenza della natura, quello che ci rende uguali: siamo diversi in azione storica, ma nel seme siamo uguali.
Quindi questo è il fine individuale: mentre il fine della visione pragmatica contemporanea è quello delle esaudire i propri obiettivi e quindi in ogni momento bisogna avere un obiettivo cosciente ed esaudirlo, l’obiettivo invece della visione classica, che è una visione di saggezza eterna, è di conoscere te stesso, cioè fare luce dentro questa black box, che è tutto un altro mondo. Anche perché nel primo caso se l’obiettivo è raggiungere i propri obiettivi significa, “io devo strumentalizzare tutta la realtà per raggiungere questo obiettivo”, col rischio che magari se questo obiettivo è lo stesso dell’altro, cioè se tutti due abbiamo l’obiettivo di prendere, occupare la stessa sedia, a quel punto si strumentalizza tutto e se l’altro diventa un nemico perché vuole anche lui occupare questa sedia finisce che si può cedere all’aggressività, o perfino alla guerra. Questo è il vero problema sociale di questa visione, così come strumentalizzare tutti i mezzi in funzione di questo obiettivo che è un obiettivo di volontà, non è un obiettivo naturale, può essere molto pericoloso perché rischia di inaridire l’ambiente. Dall’altro lato i rischi vediamo che non ci sono perché che cosa significa avere come obiettivo quello del conoscere se stessi? Significa che in questo caso tutta la realtà mi può essere d’aiuto, ma mi può essere d’aiuto perché può essere uno specchio della mia realtà interiore. Cioè, se io voglio vedere me stesso come faccio a vedere me stesso? Lo vedo attraverso la realtà perché se ci pensiamo è vero che la realtà è una, questo è un mondo ed è un dato di fatto che questa è una realtà oggettiva, però se noi prendiamo venti persone questa realtà viene percepita in venti modi diversi. Innanzitutto perché ognuno la guarda da una posizione diversa e poi perché ognuno ha un sistema di percezione e di verifica della realtà suo personale. Per uno questa realtà sarà bellissima, per un altro magari vedrà che ci sono dei problemi, un’altra vorrà pulire lo sporco: perché essendo una percezione del sè, una volta che la realtà esterna entra in se stessi, a quel punto visto che se ci sono dieci persone cambia, non è che cambia la realtà ma cambia la percezione della realtà- E cambia in funzione di che cosa? Di chi siamo e di come siamo. Quindi la realtà ci è utile per capire noi stessi in un dato momento: è uno specchio di come siamo. Quindi tornando a noi, perché questo serve dal punto di vista politico? Perché come detto io andrò avanti nei prossimi giorni con questa visione dell’essere umano, la visione dell’essere umano che come detto vuole conoscere se stesso in ogni momento e ogni possibilità o opportunità nella realtà è utile per conoscere se stessi. Però a quel punto tutto l’impianto della politica va in funzione di questo. Però prima di capire come essere felice e come in senso proattivo si può organizzare la politeia ideale, la politica ideale in funzione di un essere umano, ivedremo invece che cosa lo porta fuori. Per vedere cosa ci porta fuori, domani parleremo di complessi ma soprattutto di intenzionalità. Domani parleremo di Brentano.
ANDREA ZOPPOLATO
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Il governo promette un giro di vite per ridurre i contagi: dalle mascherine all’aperto al numero chiuso di locali e piazze, fino all’ipotesi di nuovi lockdown. Qualcosa però non torna: se si guardano i dati ufficiali, gli indici di mortalità e di letalità risultano in picchiata.
Covid: se si prendono i dati degli ultimi mesi i tassi di MORTALITÀ e LETALITÀ sono CROLLATI
# La mortalità è scesa negli ultimi 30 giorni in Lombardia allo 0,0007%, la letalità al 4%. Mentre in Italia siamo al 2%
I principali organi di informazione e della politica parlano di situazione a rischio con migliaia di nuovi casi in aumento e centinaia di focolai. Si dà colpa di questo al mancato rispetto delle regole dei cittadini, alla troppa libertà concessa dopo l’allentamento delle misure o a chi rientra dalle vacanze all’estero.
Per far fronte a queste emergenza che sembra peggiorare si attuano regole sempre più stringenti, come le mascherine all’aperto o la quarantena per chi ritorna dalle vacanze, ipotizzando anche nuovi lockdown. Eppure i dati ufficiali dell’epidemia degli ultimi 60 giorni o meglio ancora degli ultimi 30 giorni, trasmettono uno scenario diametralmente opposto. Non solo la situazione non sta peggiorando ma anzi, presenta un miglioramento esponenziale.
Infatti come si può vedere dall’analisi che abbiamo effettuato, prendendo unicamente i dati ufficiali della Protezione Civile Italiana, ricaviamo i due indicatori simbolo per valutare la gravità di una patologia: il Tasso di Mortalità e quello di Letalità.
Il tasso di mortalità calcola quanti decessi ci sono stati, in questo caso con o per il Covid, in percentuale sul numero di abitanti. Il dato che emerge è che negli ultimi 60 giorni in Lombardia il tasso di mortalità è dello 0,0038%, mentre negli ultimi 30 giorni è sceso allo 0,0007%. Sulla base dell’intera popolazione italiana la mortalità risulta ancora più bassa: lo 0,0016% a 60 giorni e lo 0,0004% tenendo conto degli ultimi 30 giorni.
Un andamento simile lo segna il tasso di letalità che fa riferimento al numero di decessi in proporzione ai casi risultati positivi (numero totale dei contagiati). Per la Lombardia abbiamo un indice al 7% degli ultimi 60 giorni, ossia già inferiore di oltre il 60% alla media totale del periodo (17%). Indice che scende al 4% sugli ultimi 30 giorni. Meglio ancora il dato nazionale con un 6% negli ultimi 2 mesi e al 2% nell’ultimo mese, sensibilmente inferiori rispetto a quasi il 14% di letalità delle statistiche ufficiali. Questo significa che prendendo i dati dell’ultimo mese chi è stato contagiato dal Covid avrebbe una percentuale attorno al 98% di guarire.
Questi dati confermano anche il trend degli ospedali i cui reparti in terapia intensiva o ordinaria risultano svuotati rispetto ai mesi passati: 11 malati in terapia intensiva per Covid in tutti gli ospedali lombardi e poco più di 50 se si calcolano tutti gli ospedali italiani.
# Gli indici di letalità potrebbero essere ancora più bassi, se disponessimo di un campione simile a quello emerso dall’indagine sierologica nazionale
I tassi di letalità calcolati negli ultimi due mesi sono confortanti ma potrebbero risultarlo ancora di più se si estendesse il numero delle persone che sono state contagiate ma che non rientrano nei dati della Protezione Civile che calcola solo le persone sottoposte a tampone.
Come calcolato infatti dall’indagine sierologica nazionale, il numero reale dei positivi è superiore di molto alle statistiche ufficiale: con 1,5 milioni di positivi certificati ha fatto scendere drasticamente il tasso reale di letalità al 2% sull’intero periodo. Questo significa una percentuale ancora sensibilmente inferiore se si calcolassero soltanto decessi e contagiati reali degli ultimi due mesi.
Se la mortalità e la letalità della pandemia risultano in picchiata rispetto alle fasi passate dell’emergenza, che senso ha aumentare gli allarmi in nome di contagi che non presentano preoccupazione sul loro decorso?
“Il vaccino contro il Coronavirus: deve essere obbligatorio come dice Renzi oppure facoltativo come dice Conte?”. Risultato? Su quasi 3.000 votanti, in massima parte di Milano e dintorni, il 69% si è espresso perchè il futuro vaccino sia una libera scelta.
“VACCINO? SÌ, ma NON OBBLIGATORIO”: lo dicono 2 milanesi su 3
# A Milano vince la “libera scelta”: oltre due votanti su tre si sono espressi perchè il futuro vaccino non sia reso obbligatorio
2.880 voti, 217 commenti, 129 condivisioni: in sole 24 ore il sondaggio ha raggiunto 21.192 persone e più di 800 interazioni totali. Il risultato per nulla scontato, vista la grande maggioranza dei media nazionale schierati a favore dell’obbligatorietà del vaccino, ha visto prevalere nettamente la libera scelta da lasciare alle persone. Si sono espressi infatti per tenere il vaccino per Covid come facoltativo il 69% dei votanti, contro il 31% che preferisce ne venga istituita l’obbligatorietà.
# I commenti più significativi emersi del sondaggio
Un tema sentito come la scelta vaccinale, specie in una situazione nuova e poco conosciuta come il virus Covid, ha prodotto commenti stimolanti per il dibattito. Ecco una selezione:
Virginia .R – “Annosa questione… si vaccini pure chi così può e vuole sentirsi tranquillo e, in virtù di tale tranquillità, lasci in pace gli altri.”
Gianni C. – “obbligatorio per fasce di rischio ed età, andrei cauto per tutti ”
Elena B. – “Non solo volete farvi inoculare un vaccino che non sarà affatto sicuro, perché poco testato, ma vorreste pure imporlo a tutti? Nuovo step della dittatura sanitaria, cancellazione della libertà individuale di cura.”
C. Meduri – “Senza estrema convinzione ho optato per il vaccino obbligatorio…purtroppo come si sta presentando. E’ una catastrofe mondiale che dicono non passerà e quindi diventerà vaccinazione obbligatoria come del resto per altre malattie”
Alysia R. – “non passerà”: ma se abbiamo i reparti covid vuoti! Il virus si è depotenziato guardate i dati paragonateli a quelli di marzo basta avere paura oggi per trovare il virus lo devono moltiplicare di vari cicli per vederlo coi macchinari . Non si può vivere di paura e non si può trascurare le altre malattie ! Già sono morte migliaia di persone per cure sospese o rimandate”
Daniele P. – “Il ritorno alla normalità e alla vita di sempre deve essere obbligatorio, la liberazione da distanze, mascherine e ogni altra restrizione deve essere obbligatoria, non un vaccino inutile e pericoloso.”
Carlo P. – “Il primo anno facoltativo e se è veramente efficace e non fa danni si può pensare di vaccinare tutti.”
Diego B. – “Facoltativo per tutte le categorie nessuno può imporre a qualcuno cosa iniettare nelle proprie vene sarebbe una violazione dei diritti umani, del trattato di Norimberga, dell’articolo 32 della costituzione e dell’articolo 33 della legge N.833 del 1978 l’obbligo non si può fare.”
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“Lo Stato non ci aiuta”. Quante volte abbiamo sentito queste parole, ripetute quasi come un mantra, da politici, cantanti e personalità varie del Sud Italia? Peccato che ciò non corrisponda alla realtà. I dati sulla spesa pubblica consolidata nelle regioni italiane in percentuale al loro PIL, dati di ImpresaLavoro del 2017, dipingono un quadro ben diverso: il Sud e le Isole sono le parti d’Italia in cui lo Stato contribuisce maggiormente all’economia.
Risulta quindi chiaro come il problema del Mezzogiorno non sia certo l’assenza dello Stato: non solo lo Stato c’è, ma spende anche proporzionalmente molto di più. La criticità di tale situazione deriva dal fatto che gran parte di tale spesa pubblica non è per attività produttive, che potrebbero forse stimolare uno sviluppo economico nel lungo periodo, ma per mantenere posti di lavoro ridondanti e inefficienti: avrete certo sentito parlare della questione delle guardie forestali in numerose regioni.
# All’aumentare della presenza dello Stato nell’economia, il reddito medio diminuisce: l’appello ai cittadini del Sud
Di fatto, in certe aree d’Italia lo Stato utilizza i posti di lavoro pubblici come una forma di welfare. Si tratta di una soluzione temporanea e insostenibile, applicata solo perché politicamente più semplice rispetto all’effettuare sostanziali riforme strutturali. Ma non finisce qui. Se si mettono in relazione spesa pubblica in percentuale al PIL e PIL pro capite, emerge una correlazione negativa quasi perfetta tra le due variabili: nelle regioni italiane, all’aumentare della presenza dello Stato nell’economia, il reddito medio diminuisce. Si tratta però appunto di un’analisi di correlazione, che, pur indicando un forte legame inverso tra ingerenza statale e ricchezza dei cittadini, non dimostra un nesso di causalità.
Di conseguenza, non possiamo affermare con certezza che la maggior presenza statale nell’economia porti ad un minor tenore di vita, e naturalmente i fattori da considerare sono numerosi e complessi. Ciò che risulta però evidente è che, se anche lo Stato non fosse la radice del problema, di certo non aiuta. Ossia, in sostanza, più Stato non è la soluzione.
Lanciamo quindi un appello agli abitanti del Mezzogiorno: non avete bisogno di più Stato, ma che quello già presente lasci il posto ad attività realmente produttive. Non avete bisogno di uno Stato che vi dia un pesce ogni giorno, dovete dimostrargli di saper pescare da soli.
C’è ne sono proprio per tutti i gusti e in tutti i quadranti di Milano. Ecco 7 tappe golose da non farsi scappare per chi rimane in città nel mese più caldo dell’anno.
Le 7 GELATERIE più BUONE di Milano APERTE ad Agosto
#1 La Gelateria Marghera, da 40 anni icona del gelato da passeggio
Via Marghera = traffico bloccato dalle auto in doppia fila davanti alla Gelateria Marghera. Un classico da decenni. Nata come il primo negozio interamente dedicato al gelato da passeggio o da asporto a Milano, proposto in tanti gusti e prodotto fresco nel laboratorio presente in negozio, con materie prime naturali, quindi veramente artigianale. Da 40 anni è un punto di riferimento della città, sempre in grado di evolversi per rimanere al passo con i tempi, tra le invenzioni il “gelato gourmet”.
Aperta tutto il mese di Agosto
#2 Gelateria Artico, premiata dal Gambero Rosso e dal New York Times
Casa del gelato tradizionale, questa gelateria non molto tempo fa è stata selezionata tra i cinque migliori luoghi da visitare a Milano da The New York Times, propone materie prime di altissima qualità, nessun additivo chimico, solo ingredienti naturali e tutto, proprio tutto, prodotto in casa, premiato con “3 coni” dalla Guida Gambero Rosso.
Il punto vendita all’Isola sarà chiuso a Ferragosto, quello in Duomo rimarrà aperto tutto il mese
#3 Gelateria artigianale n° 22, punto di riferimento a Porta Romana
Credits: zero.eu
Lo schema estetico della “Gelateria Artigianale n° 22” è quello classico: tre o quattro sgabelli davanti a un bancone, dietro al quale si intravede il laboratorio. La produzione ha una sua identità e non mancano i gusti un po’ meno standardizzati. Ci sono, per esempio, il mascarpone con fichi, la nocciola con mandorla, la pera con cannella e il cioccolato San Tomè. Un ottimo gelato a pochi passi dalla storica “Polleria” di Giannasi.
Chiuso in Agosto dal 14 al 16
#4 Gelateria Alberto Marchetti, il meglio di Torino a Milano
Fra i migliori gelati d’Italia, quello di Alberto Marchetti, partito anni fa Torino è sbarcato a Milano nel 2014 in viale Montenero 73, non deludendo affatto le aspettative. La gelateria è organizzata con banchi a pozzetto, arredamento minimal ed è presente una selezione di gusti più famosi di Marchetti: il Farina Bona, in buona compagnia del Bonet, del Cioccolato Extra senza latte e del Ramassin. Per chi vuole qualcosa di diversa dal classico gelato, c’è l’affogato da passeggio con 3 palline di gelato a scelta, caffè e granella e l’accoppiata gelato frutta, per i più salutisti.
Chiuso solo la settimana di ferragosto
#5 Gelateria Giova. ingredienti provenienti da aziende agricole locali
Credits: flawless.life – Gelateria Giova
Ingredienti di altissima qualità, preferibilmente da aziende agricole locali, trasparenza nella produzione, passione e dedizione. I gusti fissi, sorbetto di cioccolato, yogurt, pistacchio di Bronte, sono delle certezze, ma ogni giorno c’è qualcosa di nuovo e inventivo: ricotta & gocce di cioccolato , arachidi, fichi fioroni, fragoline di bosco. Una meta imperdibile nel quadrante est della città.
Chiuso solo la settimana di ferragosto
#6 Gelateria Rigoletto, solo ricette artigianali nell’ovest Milano
Credits: snapitaly.it – Gelateria Rigoletto
In tutti i punti vendita in città è una sola la filosofia dal 1997: gelato artigianale realizzato solo con ingredienti genuini e secondo ricette della tradizionali, senza dimenticare sapori più audaci e contemporanei. Circa una trentina di gusti che spaziano dalle tante variazioni di cioccolato fino ad arrivare ai gusti malaga, cassata, torrone e tanti altri, tutti realizzati con estrema cura. Al Rigoletto si possono trovare anche delle deliziose barrette di cioccolato artigianali, granite e semifreddi.
Aperti tutto il mese di Agosto
#7 Cremeria Rossi, sapori di Sicilia in piazza Bolivar
In piazza Bolivar, la Cremeria Rossi porta nel capoluogo lombardo il vero gelato e la vera granita siciliana. Squisito il pistacchio, vera specialità della casa, da gustare oltre che nel classico cono anche nella tipica brioche. Altrettanto buoni gli altri gusti, tutti realizzati con ingredienti di qualità e dalla consistenza cremosa. Quanto alle granite, sono assolutamente da provare i gusti alla fragola e alla mandorla.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Il Governo ha predisposto un piano d’azione per la nuova fase dell’emergenza Covid. Il focus ormai da tempo in Italia non sono i ricoverati o i posti in terapia intensiva per tenere sotto controllo la situazione degli ospedali, ma ora sono i contagi. Non si fa distinzione tra sintomatici o asintomatici, tra malati lievi o malati gravi. Obiettivo è di tenere basso il numero di contagi. E in caso di conferma di un rialzo della curva dei contagi scatteranno misure più restrittive.
Facciamo luce sulla situazione reale dell’emergenza in base unicamente ai dati ufficiali e sulle misure programmate dal governo.
🔴 Quarantena per chi rientra dall’estero, mascherine all’aperto e nuovi lockdown: il nuovo PIANO del GOVERNO. Eppure i DATI mostrano una REALTÀ DIFFERENTE
#1 Le nuove regole fino al 7 settembre: tamponi e quarantena per chi rientra in vacanza all’estero da quattro paesi
Il primo intervento appena in vigore riguarda gli italiani che rientrano in vacanza dall’estero. Nel dettaglio è previsto che ci sia l’obbligo di tampone entro 48 ore per chi proviene da Grecia, Spagna, Croazia e Malta e l’obbligo dell’auto segnalazione alle autorità sanitarie territoriali, con successivo tracciamento dei contatti. ll tampone non sarà obbligatorio invece in presenza di attestazione dell’esito negativo al test molecolare rilasciata nelle 72 ore precedenti l’arrivo in Italia. Inoltre alla “black list” dei Paesi da cui non si potrà arrivare, per entrare o transitare in Italia, si è aggiunta la Colombia.
Per chi arriva in Lombardia dall’estero, ci sarà una sorta di mini isolamento, come ha dichiarato l’assessore al welfare Giulio Gallera: “Per i cittadini lombardi che rientrano da questi Paesimettiamo a disposizione il supporto operativo e informativo necessario attraverso il numero unico 116117, che fornirà i riferimenti delle Ats di competenza per domicilio. Nel periodo precedente l’effettuazione del test ed in attesa del suo esito, ferma restando l’indicazione di informare immediatamente il proprio medico di medicina generale o operatore sanitario pubblico in caso di insorgenza di sintomi sospettiè fortemente consigliato ridurre la vita sociale ed è indispensabile l’utilizzo della mascherina anche all’aperto ed in presenza di conviventi nella propria abitazione”
#2 Se aumentano i contagi: mascherine obbligatorie all’aperto e piazze e locali a numero chiuso
Il piano che il governo sta mettendo a punto entrerà in vigore se la curva epidemica continuerà a salire, anche se non ci sono parametri definiti né una diversa strategia a seconda della gravità dei contagi: sia che si tratta di asintomatici o di malati lievi, sia che si tratta di malati gravi la misura non cambia. Vediamo quali saranno queste misure.
Le principali saranno l’obbligo di mascherina all’aperto e la chiusura di piazze e locali. Ha spiegato il Ministro Boccia: “Bisogna impedire che i giovani tornino a far circolare il virus e lo trasmettano agli anziani,bisogna impedire quello che sta accadendo in molti altri Stati. Finora abbiamo lavorato bene. Non possiamo vanificare gli sforzi fatti finora, soprattutto a poche settimane dalla ripresa della scuola e di tutte le altre attività“.
#3 In caso di rialzo eccessivo dei contagi: in arrivo nuovi lockdown
Ma la notizia più angosciante è quella data il 13 agosto al Corriere della Sera dal coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Agostino Miozzo, che ha dichiarato: «Se i contagi salgono, lockdown inevitabili: e sarebbe un incubo»
# In base a quali dati il governo sta per imporre nuove misure restrittive?
Molti chiedono al Governo di poter indicare dati certi su cui si mettono in atto le misure più restrittive. Potrebbe essere l’indice di affollamento delle terapie intensive, ad esempio, ma la linea del Governo sembra aver preso la strada del contenimento del numero dei contagi, senza distinzione se si tratta di asintomatici o di malati in terapia intensiva. In più non si hanno dati sul numero di contagi che potranno determinare nuove misure restrittive: l’assenza di parametri certi lascia il Paese in un costante stato di incertezza, in cui in qualunque momento si può determinare una presa di decisione unilaterale del governo. Un’incertezza che arresta qualunque possibilità di programmare il futuro e pesa come un macigno su ogni prospettiva di rilancio dell’economia. Anche perchè, se ci si basa unicamente sui dati, tutti questi motivi di preoccupazione ci sfuggono. Vediamo i dati ufficiali.
Come si vede dal grafico sulla variazione percentuale giornaliera la crescita dei contagi in termini percentuali è piatta da almeno 3 mesi.
Credits: lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/ – Trend giorno per giorno
Da questo grafico si vede come dall’inizio di maggio i guariti e dimessi stanno registrando una crescita costante, mentre gli attualmente positivi hanno avuto un andamento totalmente opposto.
In base a quest’ultima immagine, che conferma quelle precedenti, il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva ha un’andamento piatto da metà maggio, lo stesso per i ricoveri semplici da fine giugno.
Visti questi dati, come si possono imporre le nuove misure restrittive nei confronti dei cittadini e, soprattutto, questo continuo alimentare il pericolo incombente di una nuova chiusura del Paese?
FABIO MARCOMIN
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Money for nothing. It was the most important song by the Dire Straits music group. It had some lyrics that repeated, obsessively, the same concepts, money for nothing, and chicks for free. It was an attack to the society of the 1980s, featuring useless consumption and easy money, so easy that it seemed everybody could achieve them. And, most importantly, they could be gained without doing anything. If we were to choose a soundtrack for politics in our time, Money for Nothing would be perfect.
Take the MONEY and do nothing: the new frontier of ITALIAN POLITICS
It would be unfair to blame a single political force in Italy for the latest frontier in the politics of our country. Money for nothing is now the only political strategy in our country. And it is the logical evolution of policies being rooted in the past. In order to understand it, it may be useful to take a few steps back.
Digging holes and then filling them again
The State governs, while the production of wealth and jobs are left to the private sector: this subdivision of roles have been the cornerstone of societies until the great crisis of the 1930s: The stock market crash, hyperinflation, the disintegration of savings, endless queues for a loaf of bread. It was a brand new situation for the new nation States that had been transformed by the industrial revolution of the previous century. As an answer, Keynes came along, with one simple idea: if things go wrong, the State must provide jobs. It is not important, Keynes thought, if a job is really useful. Rather, it is better to give everybody a shovel for him or her to dig a hole and then fill it again, it is not important for the work to be useful, it is important for people to work. This is a very easy rule, who led the Western States to fight unemployment with a binge of public jobs. Roosevelt’s America espoused Keynes’ ideas and rose again, exactly like the Nazis did in Germany and the Fascists did in Italy. These worldviews were different, but they had the idea of a lifesaving State providing jobs for its citizens in common.
This was an idea that has been working for a few years, even if we do not know how things would have ended, since such events were interrupted by the greatest and most devastating war the world ever experienced. No one can state whether a link exists between a State providing jobs and a worldwide conflict, what we want to show here is that when the State creates jobs out of thin air, you never know where you might end up.
Money does not make people happy, but…
Indeed, the things changed during the post-war era. The 1950s and the 1960 saluted the Italian economic boom, as the State acted as the State and the market acted as the market. At least, that is what happened in half the world, as the other half decided to let the State do everything. Those were the decades of the Cold War, of the time when the world was subdivided between Good and Evil, when the collectivist models were widespread within the Communist half of the universe, where the citizens were promised equality, jobs and happiness for everyone. However, such a model had its limits. And maybe the biggest limit was due to human psychology and weaknesses: Communism failed because, in the end, it provided jobs, but it gave little money, too little for the people to be happy.
While the other half of the world played music that went money for nothing and chicks for free time and again, on the other side, rather than understanding the attack to an arid and decomposing system, they heard only the guitar riffs and the siren song of the money they did not have, as well as of a world where everything was possible. Money for nothing? Maybe someone in the 1980s, while listening to Mark Knopfler and to the little choruses by Sting, went “mumble mumble”, thinking that a bright political career might be hidden within that sentence.
Mr. Lauro’s shoe
Truth be told, before getting to our times, more than a very successful song, the first seed, the first intuition that power could be achieved by acting on everyone’s greed, was achieved by Achille Lauro. Not by the singer, but by the then-Mayor of Naples.
Called “the Captain”, because of his seafaring past, Achille Lauro was a Mayor during the 1950s and he was a Peronist, even if he went beyond even Peron and his spouse. He made history with his methods to gain votes, such as giving his potential electors a single shoe: he was to give the other only after that the voters proved their vote. It was not yet money for nothing, but shoes for votes, an innovative move, indeed, but still nothing, compared with today’s politics. And yet, before considering our times, we still have to get to another milestone.
“One million jobs“. This was the well-received slogan that, according to many, was the basis of the revolution Mr. Berlusconi led, when, for the first time in the history of Italy, an entrepreneur established a political party out of thin air, achieving a landslide election victory and becoming Prime Minister. Also in this case, it would be unfair to reduce the whole of his success to the promises of jobs he made. His promise, the promise he held to with both his words and his example, was that of success. A success one may gain with hard work but, mostly through relations, shortcuts and a convincing smile. For other things, his strategy was similar to that of the 1930s, calling on the State to create jobs, even if it did not achieve this goal through public works and with the taxpayers footing the bill, but, rather through a cultural model who spread within the country, indeed the model sung by the Dire Straits, involving money for nothing, easy money, available girls, of success with no hardships. And if this does not happen thanks to the market, then it is due to debts.
Work for nothing
The idea of money for nothing was perhaps already present within the political subconscious, and from the 1980s onwards, it became the cornerstone of the explosion of public debt used to buy votes, create cronyism and ceaselessly proposing a lifestyle going beyond the actual possibilities, leaving the future generations to foot the bill. And the bill came with the new millennium, when, only to pay for the interest on the debt of two decades earlier, the debt itself ended up in a spiral that those dealing with loan sharks know well: making debts in order to pay debts. Debt after debt, this led our country to make more and more debts and to become poorer and poorer, achieving one of the lowest growth rates amongst the economies all over the world.
After years of struggle and regression, when often, rather than money for nothing, the song has become work for nothing, work as much as you can, but nothing will remain in your pocket in the end. This is true for small enterprises or for business owners, as well as for young interns busting their asses off for an unpaid traineeship. It is implied that many want to flee: this is the case with the people and also money looking for an haven in places where the cause-effect link is not money for nothing or work for nothing, but working for money and money for work.
From the emergency stopping lane to the fast lane
And now we get to the current times. Italy may have many flaws, but it surely is not lacking in one thing, for good or evil. Italy is a wonderful place, often being ahead of what is going to happen in the rest of the world. Therefore, the country having given birth to the Renaissance, the Catholic Church, the discovery of the Americas, but also the Inquisition and Fascism, is now using the turn signal, shifting from the emergency stopping lane to the fast lane directly, waving with its hand towards the column of the cars of the other nations, as they are jammed up in a constant growth, something too ordinary for us. The car that is Italy, after a breakdown of twenty years, now put its pedal to the metal, playing the “Money for Nothing” song from an old audio cassette.
Think about it. Aren’t the two great reforms by the yellow-green government, i.e. the “quota 100” early retirement scheme and the basic income money for nothing? And this was only the appetizer. Close your eyes and think about Premier Conte appearing on the TV with his speeches, at 8 PM. What comes to your mind? 80, 150 or 450 billions? And, most of all, what were they promised for? For payroll subsides, for persons undergoing hardships, for the self-employed, for the employed, for those who are still home, for those who cannot do it, but also for those who can do it, for companies weathering a crisis, for State-run companies, for private-run companies to be turned into State-run companies, money, money, money for nothing. And also without the efforts that were made in the past, connected with providing them for something, without public works, without people that, equipped with their shovels, builds highways or digs holes in order to fill them afterwards. The stroke of genius, here, is understanding that, more than giving money to those who work, giving them for the others to do nothing is even better. A stroke of genius, as a founding Member State of the EU, having given it all in building, create and imagine a new future amongst the EU Member States won every negotiation simply asking for that: money for nothing. Money for nothing. And this was achieved.
As it is the case with every song, also Money for Nothing does finish in the end
These policies understood something akin to genius. Money can be given and promised, even when one does nothing to deserve them. This is like the allowance your father gives you just because you exist, it is welfarism from the cradle to the grave, it is receiving money for nothing. This is the consequence of a country built for those who live off their private income, more than for those who produce, for those who control more than for those who create value, for the assisted more than for those who assist.
Now, it all seems to be a beautiful story. The whole of the Italian politics, yellow, red, blue and green, speaks with a single voice, a competition between those who promise more money for nothing, a challenge seeming both irresistible and without any negative elements. The problem here is that, as it is the case with every story starting well, there is always a “but” liable to ruin everything.
The only problem here is that money do not last forever. One cannot make debts forever, we cannot be aided by Europe all the time, and, should we do it again someday, currency cannot be printed without depreciating the value of money by the same token.
Therefore, what is going to happen when the toy will break? After having fostered and spread a parasite-like mentality based on demanding without giving, on constantly depending on someone else while remaining in a state of constant passiveness and destruction of wealth, the only logical consequence of it all will be to find a scapegoat. Today the trouble comes from a health-based emergency, tomorrow it could be the wealthy, or, more probably, some hidden potentate, dragging us in a devastating war.
However, the responsibility for what will happen is only ours, right now. As Jean Paul Sartre said, “you are always responsible for what you could not avoid”. Today, all of us, with our laxity towards rhe policies enacting money for nothing, giving our consent to all of this, are becoming accomplices to the disintegration of our country.
Get your money for nothing. Get your chicks for free
Uno dei settori più colpiti dalla crisi è quello degli eventi, fiera compresa. Uno dei motori della città è stato azzerato dall’emergenza Covid. Finalmente gli eventi sono sulla rampa di lancio. Da settembre infatti parte un calendario di iniziative. Vediamo quali sono.
Riparte la STAGIONE FIERISTICA a Milano: il debutto con la MODA. Il CALENDARIO delle prime manifestazioni
# Il via con la kermesse di Milano Unica: l’8 e il 9 settembre a Rho Fiera
La Fiera di Milano riparte dalla moda. Anche il polo fieristico di Rho-Pero aprirà le sue porte: il primo appuntamento in calendario è “Milano Unica”, kermesse dedicata al tessile e agli accessori d’abbigliamento di alta gamma, in programma dall’8 al 9 settembre.
Dopo qualche giorno, i padiglioni torneranno ad animarsi dal 19 settembre quando si svolgeranno Homi fashion & jewels, dal 19 al 22 del mese. Seguiranno dal 20 al 23 settembre Mipel, Micam, The One Milano e Lineapelle: appuntamenti dedicati alla pelletteria e alle calzature e al business della moda. Ultima manifestazione fieristica nel mese di settembre sarà Autoclassica, salone interamente dedicato agli appassionati di auto.
Il Presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali dichiara: “Si riparte nella convinzione che sarà un lavoro lungo e complesso per riprendere a pieno regime, ma certamente il settore fieristico-congressuale italiano sarà tra i primi a contribuire alla ripresa del nostro Paese. A settembre il settore fieristico e congressuale potrà riprendersi quel doppio ruolo che da sempre gli appartiene: strumento di politica industriale di tanti settori strategici per l’economia nazionale, e primario attore nella politica territoriale, in grado di fornire un contributo sostanziale allo sviluppo delle economie locali“.
# Arrivano le prime conferme fino a Dicembre: c’è anche Artigiano in Fiera
Dopo il mese di settembre sono state confermate anche Bimu, la fiera dedicata alle macchine utensili, in programma a ottobre. Scorrendo il calendario fino a dicembre si scopre che è stata confermata anche la 25esima edizione dell’Artigiano in Fiera, in programma dal 5 al 13 dicembre.
Anche se manca ancora l’ufficializzazione della sua ricandidatura, il Sindaco di Milano sta già lavorando per le prossime elezioni comunali del prossimo anno. Dopo che già una delle alleanze che lo sostengono aveva fatto già circolare una bozza di programma, un altro indizio spinge non solo per una sua candidatura ma anche per un allargamento della compagine che lo sostiene. Beppe Sala è infatti andato a trovare Beppe Grillo nella sua casa di vacanze in Toscana. Nei corridoi della politica milanese si parla di un accordo ormai raggiunto.
🔴 SALA incontra GRILLO: accordo vicino per MILANO? Ma Corrado (M5S) e Barberis (PD) bocciano l’intesa
# Il sindaco di Milano e il fondatore del M5S a pranzo per discutere di Milano
Beppe Sala non ha mai nascosto una simpatia personale per il leader carismatico dei 5 stelle. Non sorprende più di tanto la sua visita a Beppe Grillo sulla spiaggia di Marina di Bibbona nel livornese, con pranzo nella villa del comico genovese, prima del rientro a Zoagli in Liguria dove il Sindaco è in vacanza. E’ quasi certo che tra i temi dell’incontro possa essere stata messa sul tavolo l’ipotesi di un accordo strategico, in vista delle elezioni dell’anno prossimo, tra la lista di Sala e il M5S. Il sostegno potrebbe arrivare su una piattaforma programmatica di impostazione marcatamente ambientalista. Non è da escludere che i due abbiamo discusso di politica nazionale, viste le prossime elezioni regionali e il voto referendario sul taglio dei parlamentari di Settembre.
A Gennaio Sala aveva già espresso la sua stima per Grillo: “È un dialogoche nasce da una comunanza di visione su tanti temi. Non ci sono percorsi definiti ma è qualcosa che a me gratifica molto, perché è uno scambio che trovo molto stimolante». “La cosa bella per me è che io non ho nulla da chiedere a lui, e lui non ha nulla da chiedere a me». A settembre dovrebbe esserci l’annuncio del Sindaco in merito alla sua ricandidatura per le comunali del 2021.
Ma il candidato sfidante del M5S alle elezioni del 2016, Gianluca Corrado, non gradisce
Intervistato da Fabio Massa per Affaritaliani, Gianluca Corrado fa capire che non è contento dell’eventuale accordo tra Sala e il M5S per le prossime elezioni comunali del 2021, ricordando che spetterebbe comunque agli iscritti della piattaforma Rousseau decidere.
Gianluca Corrado ha visto Beppe da Beppe? Intese future?
“Se devo essere onesto non credo sarebbe utile né a noi né al Partito Democratico, andare uniti al primo turno. Beppe Sala deve provare a vincere con le proprie forze.”
Però insieme sostenete Conte.
“Sì, ma Milano è una cosa diversa. Abbiamo impostazioni diverse in città. A partire dalle politiche urbanistiche. Dopodichè ovviamente sono valutazioni molto più in alto di me.”
Deciderà Beppe Grillo?
“Non lo so. So però che se sarà Beppe Grillo o chiunque altro, bisognerà che questo passi da un voto su Rousseau. Deve essere la base degli iscritti a decidere, come sempre.”
# Mugugna anche Barberis, capogruppo del Pd a Palazzo Marino: “Con M5S non ci sono condizioni per un’alleanza“
Anche dal Pd si levano voci contrarie e sono di un certo calibro, quelle del capogruppo a Palazzo Marino Filippo Barberis: “Sono convinto che a Milano la coalizione uscente allargata a forze come Italia Viva, Azione e Più Europa debba avere e abbia la forza di presentarsi autonoma agli elettori rivendicando con coerenza quanto fatto e rilanciando sui prossimi 5 anni. Con i 5 Stelle abbiamo sempre dialogato ma non ritengo ci siano le condizioni per un’alleanza organica”.
Il fronte unito per orientamento geografico si allarga trasversalmente tra tutte le forze politiche. Ministri, giornali, forze di governo e dell’opposizione formano un unico coro: destinare al SUD più aiuti possibili del Recovery Fund. Mentre nasce l’alleanza dei meridionalisti, come pubblicato su Libero, si aggiunge anche la presa di posizione di Giorgia Meloni: in un’intervista al Messaggero, riportato da Agi.it, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni prosegue sulla stessa linea degli esponenti di tutti i partiti sulle risorse da destinare al Mezzogiorno, rincarando la dose: “giusti i soldi al Sud, ma siano per sempre”. Sempre più Fratelli d’Italia del Sud?
Nasce in Parlamento l’alleanza dei MERIDIONALISTI. E la Meloni rincara: “Fiscalità di vantaggio per il SUD? Sì, ma per SEMPRE”
# Il fronte trasversale tra M5S, PD, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia: tutti d’accordo per dare aiuti al Sud e fare una commissione d’inchiesta sul Nord
“Si tratta di un gruppo multipartisan tra rappresentanti di tutti i partiti, anche se Partito Democratico e Movimento 5 Stelle sono per ovvi motivi maggioritari, che ha lo scopo dichiarato di creare un fronte meridionalistache si assicuri che, in proporzione a popolazione e attività produttive, al Mezzogiorno arrivino più finanziamenti che al Nord e al Centro. Sono circa una sessantina tra senatori e onorevoli e si sono posti anche lo scopo di creare di una commissione d’inchiesta che faccia luce sulla ragione per cui al Nord ci sono più infrastrutture che al Sud e nel caso dirottare lì gli investimenti pubblici.”
“L’iniziativa di questo gruppo in Parlamento è dettata dal fatto che il Covid ha distrutto il 6% dei posti di lavoro al Sud e il 3,5% al Nord e che si prevede una ripresa più rapida nelle regioni settentrionali, con un +5,4%, rispetto a quelle del Mezzogiorno con +2,3%. A dire il vero però il Nord ha perso 600.000 occupati contro i 380.000 del Sud e ha avuto un calo del PIL del 9,6% contro l’8,2% meridionale. Indipendentemente dalle ragioni storiche e dai torti e dai meriti delle due realtà italiane, economicamente e culturalmente profondamente diverse, per guarire un corpo malato, qual è il nostro Paese oggi, occorre curare prima gli organi vitali e quindi, per dirla con Massimo Cacciari, intellettuale non sospettabile di simpatie leghiste, occorre far ripartire il Nord.”
# Meloni “Sì a una fiscalità di vantaggio al Sud, ma deve essere resa permanente”
“Sgravi al Sud ma per sempre. Le imprese del nord hanno pagato un prezzo altissimo al Covid e quelle del Mezzogiorno lo hanno pagato ad un lockdown generalizzato che, numeri alla mano, si sarebbe potuto evitare”, spiega Giorgia Meloni, in un’intervista al Messaggero. “Sì a una fiscalità di vantaggio al Sud – sostiene – ma deve essere resa permanente e non durare pochi mesi”
Il supporto fiscale deve essere anche “accompagnato da ingenti investimenti”, puntualizza Meloni, “in infrastrutture materiali e digitali” come alta velocità, autostrade, porti e interporti. “E banda larga fino nelle aree interne”. Secondo Meloni, “far ripartire il Sud rappresenterebbe un enorme volano anche per le attività produttive del Nord Italia”, ciò che “storicamente è un fenomeno che abbiamo già visto in Europa negli anni della riunificazione tedesca”, precisa. Poi Merloni spiega: “Gli ingenti investimenti fatti dalla Germania per far recuperare le regioni della ex Ddr hanno rappresentato per gli anni successivi un enorme stimolo economico per tutta la Germania”.
# Dal nord arrivano i primi mugugni: Bonaccini e Martina
Ormai è un mantra ripetuto da ogni esponente politico: investire al Sud per far ripartire il Paese, sembra davvero l’unica strategia per risollevare l’economia del nostro Paese. Davvero la storia italiana non ha insegnato nulla oppure semplicemente siamo di fronte alla solita propaganda per accaparrarsi il consenso di chi è meno libero di scegliere? Invece di aiutare a rilanciare l’Italia nel suo complesso, in particolare le sue forze più produttive, ha senso accelerare su iniziative assistenzialistiche determinata da criteri geografici?
Nel frattempo arrivano i primi mugugni da parte di alcuni esponenti della maggioranza. Il bergamasco Maurizio Martina, l’ex segretario del Pd, non è d’accordo sulla fiscalità di vantaggio per le aziende del Sud annunciata da Conte, e chiede di estenderla a tutto il territorio: “Sarebbe un errore scatenare una competizione sfrenata tra due parti del Paese e il governo non deve dimenticare la questione settentrionale“. Già ieri il presidente dell’Emilia-Romagna nonché possibile futuro segretario del Partito Democratico, Stefano Bonaccini, aveva detto che “il partito deve rappresentare di più il Nord perché la parte d’Italia che produce di più deve ripartire nell’interesse di tutti“.
Credits: tvsvizzera.it - Imposizione fiscale in Svizzera
La Svizzera ha circa due milioni di abitanti meno della Lombardia ed è suddivisa in 26 tra cantoni e semicantoni. In nome del federalismo, ogni cantone è libero di organizzare come vuole il sistema fiscale e le aliquote delle imposte. La sovranità fiscale in Svizzera è divisa su tre livelli: Confederazione, Cantoni e Comuni e ognuno preleva delle imposte a cittadini e società. Il gettito fiscale totale che si ricava viene così suddiviso: 45,8% per la Confederazione, 32,6% per i cantoni e 21,6% per i comuni. Significa che oltre la metà del gettito dipende dal livello locale: dalle decisioni di cantoni e dei comuni. Questo ha generato nel tempo la cosiddetta concorrenza fiscale intercantonale, rilanciata dalla nuova riforma fiscale entrata in vigore nel 2020. Vediamo cosa prevede la riforma.
SVIZZERA: dalla riforma del 2020 un modello ancora più spinto di FEDERALISMO FISCALE
# Riforma fiscale del 2020: aumento della pressione fiscale per le multinazionali, forte riduzione per le aziende locali
La Riforma fiscale delle imprese, dopo il voto del 2019, è entrata in vigore il primo gennaio 2020. Questa riforma è pensata per abrogare i privilegi fiscali di cui godono le società con statuto speciale, multinazionali con con sede in Svizzera, dichiarati dalla UE come aiuti di Stato incompatibili con l’accordo di libero scambio tra la Svizzera e l’Ue: il rischio era che la confederazione elvetica venisse inserita nella blacklist dei paradisi fiscali. Di conseguenza l’utile è tassato in egual modo per tutte le società, anche le multinazionali registrano un deciso aumento della pressione fiscale.
# Più libertà fiscale per i Cantoni: tra i più vantaggiosi al mondo per le imprese
I Cantoni hanno ottenuto dalla Confederazione un margine di manovra ancora più ampio in materia di politica finanziaria e hanno annunciato o già messo in pratica una riduzione della tassazione sull’utile delle aziende, in alcuni casi dimezzata. Secondo l’Istituto Bak Economics quando le riforme di tutti i cantoni saranno operative nel 2025, il canton Nidvaldo, con l’aliquota al 9.8%, scavalcherà Hong Kong diventando il luogo più vantaggioso al mondo per l’imposizione delle aziende. Gli altri cantoni seguiranno a ruota, tutti con aliquote tra il 10 e l’11%: Uri, Sciaffusa, Obvaldo, Appenzello esterno, Lucerna Tugovia e Glarona. E i restanti cantoni non staranno solo a guardare.
# Sovranità fiscale cantonale e concorrenza intercantonale: i casi di Zugo, Svitto e Nidvaldo
Questa libertà fiscale data ai Cantoni, porta a quella che chiamiamo concorrenza fiscale intercantonale e cantoni come Zugo, Svitto e Nidvaldo hanno anche eliminato le tasse sulla proprietà e stabilito prezzi più interessanti per attrarre gli investitori. Il cantone di Zugo negli anni ha continuamente ridotto le aliquote dell’imposta sulle società favorendo l’arrivo di grandi multinazionali, che lo hanno scelto per notevoli vantaggi fiscali ma anche per la vicinanza a Zurigo e i servizi della città. Zugo è oggi uno dei cantoni più ricchi della Confederazione.
Anche altri cantoni come Lucerna, Basilea Città e Vaud hanno intrapreso la stessa e strada. In generale i cantoni, a scadenza annuale, provano a introdurre aliquote più basse per far concorrenza agli altri cantoni, se non interviene un voto referendario dei cittadini. Il professore di macroeconomia dell’Università di Friburgo Sergio Rossi l’ha chiamato “gioco al massacro” che nel 2025 a attuazione completo dalla Riforma Fiscale diventerà ancora più marcato.
# I vantaggi e gli svantaggi della Riforma Fiscale
Credtis: tvsvizzera.it – Aliquote dell’imposta sulle società in Svizzera
La conseguenza di questo continua rivisitazione verso il basso dell’imposizione fiscale ha comportato meno entrate per le casse cantonali e meno servizi a per i cittadini. Il professor Sergio Rossi spiega: “Infatti, con la concorrenza fiscale intercantonale diminuiscono ovviamente le entrate e non sempre vengono compensate dall’arrivo di nuovi contribuenti. Questo perché nessuna società seria cambia sede ogni anno per accasarsi nel cantone che in quel momento ha le imposte più vantaggiose“. C’è però un aspetto positivo “Un vantaggio peròquesta concorrenza fiscale l’ha portato. Gli amministratori cantonali e comunali hanno imparato a gestire al meglio le finanze pubbliche: con meno risorse fiscali hanno dovuto ottimizzare la spesa pubblica e renderla più efficace“.
Inoltre politica fiscale permette ai cantoni e la Confederazione di mantenere sul proprio territorio le sedi delle multinazionali. Quindi maggior gettito fiscale per Confederazione e cantoni, molti posti di lavoro qualificati, ricerca e sviluppo all’avanguardia promossi in Svizzera e di costante presenza della Confederazione al top tra le nazioni più competitive al mondo.
# L’esempio del canton Vaud: sede di una lunga lista di multinazionali
Il canton Vaud aveva già quasi dimezzato nel 2019 l’aliquota fiscale dal 21.65% al 13.79%, suffragata dall’87% dal voto della popolazione nel 2016. Lo scopo era mantenere le multinazionali a tassazione speciale sul territorio, che la riforma fiscale avrebbe fatto scappare. Le minori entrate fiscali, grazie anche al versamento della quota dell’imposta federale della Confederazione in favore dei Cantoni, porteranno a un costo complessivo iniziale è di circa 285 milioni di franchi. Secondo gli amministratori del cantone dovrebbe essere a poco a poco bilanciato dall’arrivo di nuove grandi società grazie alla bassa imposizione fiscale.
Il rischio scampato è comunque la fuga delle multinazionali che nel cantone di Vaud sono numerose. Queste solo le più importanti: Accor, Adecco, Caterpillar, Chiquita, Colgate, Eastman Kodak, Gillette, Hewlett Packard, Liebherr, Nissan, Oracle, Philip Morris, Polo Ralph Lauren, Procter & Gamble, Richemont, Tetrapak, ups e Vale.
# Confronto internazionale: la Svizzera è tra le prime 10 nazioni al mondo con le più basse imposte societarie
ll livello medio di tassazione delle società si attesta a un’aliquota del 17% contro il 12.5% e il 24% dell’Italia. Anche se le aliquote variano in base al Cantone la Svizzera si posiziona come una delle economie più competitive a livello mondiale e sempre secondo l’Istituto BAK Economics l’aliquota d’imposta media nazionale sulle società scenderà al 13,5% entro il 2025. Già oggi è tra le prime 10 nazioni con le più basse imposte sulle società.
I vantaggi per le società, che scelgono la Svizzera come propria sede, non si fermano però solo alla fiscalità agevolata come ricorda il professor Sergio Rossi: “oltre ad essere attrattiva per l’imposizione fiscale relativamente bassa offre altri grandi vantaggi per le società, ovvero una formazione accademica molto elevata, un alto livello della qualità della vita, ottimi servizi pubblici, un’attenzione per l’ambiente“.
Il cognome più diffuso a Milano? E’ HU. Al primo posto sia per gli uomini che per le donne. Al secondo posto c’è Rossi. Seguono altri due cognomi tipici italiani.
Il COGNOME più diffuso a Milano è HU. Tra i NOMI dei neonati i primi sono LEONARDO e SOFIA
# Hu scalza dal primo posto il cognome Rossi anche nella graduatoria femminile
Secondo quanto comunica l’anagrafe del Comune di Milano è il cinese Hu il cognome più diffuso in assoluto in città, sia tra gli uomini sia tra le donne e dunque anche nella classifica totale.
Il cognome italiano Rossi, secondo nella graduatoria, è stato scalzato anche in quella femminile: 2.210 contro 2.133. Tra i maschi il sorpasso era già avvenuto e il conto aggiornato è di 2.454 Hu contro 1.873 Rossi.
Nella classifica totale, dunque, ci sono 4.664 milanesi che si chiamano HU, seguiti da 4.006 Rossi. Al terzo posto c’è Colombo con 1.543 maschi e 1.832 femmine per un totale di 3.375, mentre al quarto Ferrari con 1.506 maschi e 1.720 femmine per totale di 3.226.
# Tra i nomi più amati ci sono quelli più tradizionali: Leonardo, Sofia e Giulia
I genitori milanesi restano fedeli ai nomi più tradizionali anche nel primo semestre del 2020: come succede stabilmente dal 2015, anche tra i 4.856 nati dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno, la scelta dei nomi è ricaduta su Leonardo per i maschi in 213 occasioni e Sofia e Giulia per le femmine rispettivamente per 108 e 106.
A seguire: 2. Tommaso con 153, 3. Riccardo con 123, 4. Alessandro con 122 e 5. Lorenzo con 120. Per le bambine: Ginevra (90), Alice (84), Camilla e Beatrice (79).
Una curiosità? Anche le mamme e i papà stranieri preferiscono il nome Leonardo, con 58 nascite. In questo caso al secondo posto c’è Mohamed con 34. Lo stesso discorso per le bambine: anche tra gli stranieri vince Sofia con 28 nascite, subito dopo Maria e Aurora con 21.
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Benvenuti all’estate di filosofia politica. Ieri abbiamo ha parlato del “fine della politica”, oggi parliamo della “crisi della politica”. In breve ieri abbiamo visto come la società è divisa in tre dimensioni che sono: la cultura, l’economia e la politica, dove il fine dell’economia è quello di creare valore, quello della cultura di far crescere la persona con un arricchimento interiore e quello della politica, abbiamo visto secondo Aristotele, Machiavelli e anche gli antichi Re della Mesopotamia, è quello dl creare le condizioni ottimali perché le persone possono vivere felici. Oggi parliamo di crisi della politica.
La crisi della politica
# Secondo Husserl la crisi delle scienze è data dalla mancanza di un nesso ontologico
Per a crisi della politica, partirei da Husserl, anche perché dal punto vista filosofico “crisi” nel ‘900 significa Husserl. Husserl nel 1936 ha fatto uscire un libro che fece molto scalpore, anche perché in qualche modo preconizzò quello che accadde poi con la grande tragedia della seconda guerra mondiale: “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale“. Secondo Husserl la grave crisi del ‘900 era per il fatto che tutte le scienze erano ormai racchiuse,si può dire sono ormai racchiuse, nello studio dei fenomeni e hanno perso di vista il cosiddetto mondo delle cause: il “numenon“, secondo gli antichi greci. Questo perché sostanzialmente il limite delle delle scienze è di aver perso il criterio fondamentale, il nesso ontologico, ossia il contatto con quello che lui definiva il “mondo della vita”. Quindi da essere oggettive sono diventate soggettive perché dipendono dal soggetto, da chi fa scienza. Tra l’altro si può dire, ai giorni presenti, è diventata abbastanza palese questa crisi delle scienze anche da noi, visto che si è visto come nel caso del Covid, la scienza si è spaccata, comunque ha perso quel criterio di oggettività che l’aveva resa autorevole in tutto il mondo. Quindi secondo Husserl la crisi delle scienze è una crisi di mancanza di nesso col mondo della vita. Si può parlare anche di una crisi ormai della società.
# La prima crisi è quella economica
Per la crisi della società intendo riprendere i fini: è una crisi di fini. Visto che il fine giustifica i mezzi, se tu hai un fine che è contraddittorio, errato o confuso l’effetto che si ha è che anche i mezzi perdono di significato. Perché c’è una crisi a livello di società, ossia di tutte le componenti, perché è una crisi proprio di fini che si potrebbe dire ontologica, che investe le singole attività dell’umano. Partendo dal primo dei tre ambiti, che è quello dell’oikos che abbiamo visto ieri di Aristotele, la prima crisi è quella economica perché sta succedendo esattamente quello che aveva detto Aristotele sul limite dell’economia. Secondo Aristotele l’uso del denaro può essere fatto in modo naturale e positivo per la crescita del valore oppure innaturale. Naturale quando lo scambio che è la base dell’economia, cioè una persona dà qualcosa in cambio di un altro, è finalizzata alla creazione del valore, cioè io pago un “tot” e ottengo come valore qualcosa che è superiore rispetto a questo “tot”. Secondo Aristotele invece lo scambio innaturale è quello che avviene da soldi per soldi, cioè che poi in ultima analisi il simbolo di tutto è, ad esempio, dare soldi in cambio di ottenere un credito, cioè io pago i miei soldi oggi per avere più soldi in futuro. Quindi perché diceva che era innaturale? Perché sostanzialmente quello che accade secondo Aristotele in uno scambio monetario, non in uno scambio economico, cioè in un’economia dominata dallo scambio monetario si ha una creazione di moneta che non compensa la creazione di valore.
Ma non solo, si ha che prevarica la parte del credito rispetto al debito, cioè il debitore che sostanzialmente dovrebbe pagare gli interessi e poi rimborsare il debito, alla lunga secondo Aristotele quello che avviene in realtà è che il debitore viene privato di molti più poteri, diritti e valori rispetto a quello che dovrebbe essere il debito. Se vado comprare una mela devo semplicemente pagare i soldi quella mela, ma se devo prendere un prestito la banca mi fa il check di tutto e mi controlla anche quello che farò dopo. A livello macro politico lo si vede perché un paese indebitato, come esempio all’Italia, che tra l’altro è uno dei pochi Paesi che ha sempre pagati suoi debiti, in realtà non le viene chiesto solo di pagare i debiti, ma viene costretta a una serie di privazioni e di controlli che vanno oltre il debito, quello che diceva appunto Aristotele: a tendere il debito diventa una schiavitù.
Che cosa si dovrebbe fare? Per questo ad esempio, non dico che che sia una soluzione, ma mi riallaccio a questo punto, non a un pensatore della politica, ma a una tradizione antica. Secondo l’antico ebraismo, secondo la Tōrāh, ogni sette cicli di anni sabbatici, quindi sette per sette, ogni 49 anni si deve avere il Giubileo. Cos’era il Giubileo? Il Giubileoeraper evitare il fatto che il debitore si mettesse nelle mani totalmente del creditore perdendo tutte le sue libertà. Cioè ogni cinquant’anni, ogni quarantanove anni, si ha al giubileo, cioè vengono cancellati i debiti e in particolare tutti tornano a essere proprietari della propria terra e della propria libertà. Proprio perché, avevano previsto gli antichi, tra l’altro era una tradizione che addirittura si riallacciava ai vecchi regni mesopotamici, proprio per il fatto che si accorgevano che lo scambio monetario finisce con il debitore che paga molto di più, perché paga con la propria vita, con la propria libertà, con i propri diritti quello che dovrebbe essere semplicemente un rapporto economico. Ed è ovvio che oggi siamo in una economia sbilanciata, perché sbilanciata sulle economia monetaria, perché è diventata incapace di creare valore. Basta vedere, ad esempio, parlando dell’Italia non solo la crisi economica, proprio per il fatto di una crisi produttività e il fatto che se vediamo negli ultimi vent’anni non ci sono state grandi aziende a livello internazionale che sono state create, perché l’azienda è il simbolo della creazione del valore. Mentre invece si è creato molto debito, cioè si sta portando l’economia da un’economia sana di creazione di valore, a un’economia ormai sbilanciata sulla creazione monetaria, del pago soldi oggi per avere più soldi domani e ridudo le libertà del debitore. Questo a cascata, perché son concatenati questi tre ambiti, è anche la crisi politica e culturale.
# Hobsbawm “Il secolo breve” e il fallimento dei programmi di miglioramento dell’essere umano
L’equivalente di Husserl invece per la politica e in generale per la cultura è Hobsbawm. Hobsbawm è un pensatore nato come marxista che è diventato celebre in tutto il mondo per aver scritto “Il secolo breve”. Secondo Hobsbawm, in questo suo grande libro, il ‘900 in realtà è un secolo che è durato dall’inizio la prima guerra mondiale alla caduta del muro di Berlino, per questo è breve, perché durato meno di un secolo. Secondo Hobsbawm, il secolo breve ha testimoniato il fallimento di tutti i programmi di miglioramento dell’essere umano. Cioè, da un lato nel ‘900 è esplosa questa intenzionalità diffusa a livello delle società di creare dei modelli di miglioramento, si può dire secondo la politeia aristotelica la finalità era quella di rendere felici gli essere umani, però con le grandi tragedie ‘900 si dimostra il fallimento di tutte queste idee, secondo Hobsbawm è successo proprio che hanno dimostrato di fallire tutti questi programmi, che secondo lui sono riconducibili ai tre grandi gruppi che sono: il fascismo, il comunismo e il capitalismo. Hanno fallito perché, lo si può vedere perché se riprendiamo anche la storia degli ultimi anni, tra l’altro ha preconizzato anche lui quello che è successo adesso perché, se si vede, dalla caduta del muro di Berlino ad oggi, se si analizza l’aspetto politico, si vede che ha fallito la politica negli ambiti che sono quelli aristotelici di base. Cioè secondo Aristotele la politica deve essere politeia, cioè deve essere una modalità di organizzazione e deve essere un atto di ribellione sotto certi aspetti, cioè la vera politica è un atto di ribellione perché la vera politica è la proposizione di un nuovo modello e deve essere ribellione perché vuol dire che il modello precedente non funzionava. Ma se si guarda riprendendo Hobsbawm quello che è successo dalla caduta del muro di Berlino si vede che non esistono, non sono stati proposti nessun tipo di nuovo modello di organizzazione che non sia un modello a immagine e somiglianza del modello mercantilista. Cioè questo modello che, diciamo è il centro base di tutta la politica degli ultimi trent’anni, è stato il creare tutte quelle condizioni ottimali, non per rendere felici le persone ma per fare e per costruire tutto quel sistema basato proprio su credito/debito, su un’economia tipicamente monetaria. Lo si vede perché gli stati vengono analizzati ormai non tanto sul PIL, ma quanto sul debito, cioè sulla capacità di ripagare questo debito, e ancora oggi si vede che gli aiuti, tra virgolette, che vengono dati all’Italia non sono aiuti per la creazione del valore come potevano essere gli aiuti del piano Marshall: ma sono aiuti finalizzati sostanzialmente a cosa? Ad aumentare ancora di più il debito, che riprendendo la tradizione ebraica e mesopotamica significa aumentare la dipendenza e la privazione dei diritti basilari e della libertà di un Paese.
# La fine della cultura
E tra l‘altro l’ultima opera di Hobsbawm è proprio “La fine della cultura”, perché dice che tutto questo è figlio del fatto che c’è un imbarbarimento culturale perché abbiamo perso l’estetica nella cultura, perché la cultura dovrebbe avere invece come fine proprio quello dell’arricchimento interiore, secondo un criterio estetico, come diceva Husserl, per l’evoluzione della persona. Invece per la rivoluzione tecnologica abbiamo perso l’autonomia e l’identità e invece siamo diventati omologati in un imbarbarimento robotizzante, quindi per questo è finita insieme alla politica, secondo Hobsbawm, anche la cultura.
# I due segnali del fallimento della politica
Quali sono i due segnali del fallimento della politica? In primis, a livello macro, il fatto che non ci sono stati dei modelli, non parlo solo dell’Italia ma a livello internazionale non ci sono stati più dei modelli, hanno fallito i programmi questi così detti modelli di politeia recenti, non sono stati sostituiti con altri più efficienti, ma sono stati sostituiti da assenza di modelli, che poi l’assenza di modelli è come si può dire, l’anarchia. L’anarchia non è libertà totale ma è che lasci prevaricare le forze più distruttive, le cosiddette erbacce. È un principio naturale, se tu hai un orto alla fine se non coltivi, riprendendo anche la la metafora mesopotamica del buon regno che è come quello del giardino, se non coltivi buone piante vincono le piante cattive. In questo caso la potenza dell’economia monetaria rispetto a quella della creazione valore.
Ma secondo punto della crisi della politica, è il fatto che si vede che se la politica come fine è quello de rendere più felici le persone e poi si vedrà anche nei prossimi incontri che cosa vuol dire rendere più felici le persone, in senso aristotelico e machiavellico, o meglio machiavelliano perché anche Machiavelli ha detto che il governante deve utilizzare e strumentalizzare tutti i mezzi per rendere felici i sudditi, l’altro segno è che se vediamo questo non è avvenutoo meglio tutti i governanti parliamo dell’italia, tutti i governanti che ci sono stati, non si può dire certo che abbiano contribuito a un miglioramento della società. Anzi, almeno se vediamo gli ultimi vent’anni non solo nessuno di loro è riuscito a trasmettere il suo potere in un miglioramento della società, miglioramento economico, di benessere, di possibilità, anche di libertà e partecipazione che erano i princìpi della felicità secondo Aristotele, ma anche loro stessi hanno fallito perché non sono riusciti a mettere in atto quello che era il loro programma, il progetto quantico che volevano sviluppare. Se prendiamo gli ultimi governanti dei recenti vent’anni nessuno è mai riuscito a mettere in atto quello per cui era stato votato. Quindi domani affronteremo questo tema scottante, ci chiederemo come mai questi leader politici hanno fallito e soprattutto cerchiamo di verificare anche a livello di psicologia se ci può essere stato un punto in comune fra tutti quanti i loro fallimenti.
ANDREA ZOPPOLATO
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Il decreto di Agosto è una dichiarazione di guerra contro il Nord: Italia a rischio di desertificazione economica (SPY Finanza)
# Al nord manca una vera rappresentanza politica
Dal suo buen retiro di Formentera, immagino che il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, abbia appreso con vivo entusiasmo dei contenuti del Decreto agosto. Lui, l’uomo che a fronte delle scosse telluriche che scuotono da qualche tempo la Lega, ha lanciato l’appello al Pd affinché parta alla conquista di quel Nord abbandonato dal Matteo Salvini in veste nazionalista e lepenista, ora potrebbe passare all’incasso. Magari, in tandem con quel Beppe Sala che ultimamente non ha lesinato stoccate al Mezzogiorno e proposte-tabù come una riedizione delle gabbie salariali per combattere la crisi.
Già, perché quando dentro il Decreto che dovrebbe mettere il turbo alla ripartenza, in attesa del Sarchiapone dei fondi europei, trovi un bello sgravio del 30% per le aziende del Sud (…) il profilo elettorale alla Lauro del provvedimento appare immediato, lampante, cristallino. E per la leadership di Nicola Zingaretti, in parte mortale. Perché in un periodo di caduta assoluta delle certezze e delle roccheforti, alienarsi del tutto il Settentrione del Paese appare davvero una scelta suicida. Resa di fatto possibile proprio dall’assenza totale di rappresentanza di quell’area geografica e produttiva, un tempo fortino inespugnabile della Lega Nord di Umberto Bossi e del centrodestra moderato a trazione Forza Italia, ad esempio in Brianza. Oggi, il deserto.
# Il Nord a rischio desertificazione economica
Il senatore Matteo Salvini ragiona ormai nell’ottica del partito nazionale e nazionalista, di fatto andando in contrapposizione diretta contro chi quell’orizzonte politico ce l’ha nel dna da sempre. Ovvero, l’onorevole Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, non a caso in ascesa continua a scapito proprio dell’ex Carroccio. (…) Insomma, praterie elettorali al Nord per un Pd a forte vocazione territoriale e liberale come sogna Giorgio Gori. E come, fatte salve le pagliacciate del politicamente corretto che piacciono tanto alla borghesia meneghina che deve pettinarsi la coscienza, in fondo non dispiace affatto nemmeno a Beppe Sala.
Il problema è che, al netto dei contenuti del Decreto agosto, quelle prateria potrebbe rivelarsi, da qui a pochissime settimane, un deserto. Quella che, in tempi non sospetti, definivo la Spoon River delle saracinesche chiuse. Basta girare Milano per accorgersene già oggi. E non solo in periferia, anche in pieno centro. Lo smart working a oltranza che ha seguito la fine del lockdown ha di fatto inferto il colpo mortale alla città, già totalmente orfana dei turisti del lusso. Il Governo ha, di fatto, accontentato pressoché totalmente i sindacati e ignorato Confindustria. (…) Con tanti saluti alle aziende del Nord, soprattutto PMI, che dopo tre mesi di inattività totale, ora si troveranno anche a fare i conti con i diktat economici di Stato e sindacato: l’Unione Sovietica non era molto differente, a livello di pianificazione. E noi vogliamo andare in guerra così, con questa armatura?
La produzione industriale francese è salita ancora, +12,5%. La Germania, se riuscirà a evitare un nuovo lockdown, pare pronta per l’innesco di un trend di ripresa sostenuto e sostenibile: ma l’industria del Nord che opera da subfornitore di quella teutonica, riuscirà a correre altrettanto, visti i pesi che il Governo le ha legato alle caviglie con il Decreto agosto? Anzi, meglio chiamarlo Decreto Landini.
# Come reagiranno i leader politici del nord: Salvini, Gori e Sala?
Ammesso e non concesso che, come dicono tutti i protagonisti chiamati in causa, dentro la Lega sia davvero in atto solo un sano confronto di posizioni che però non sfocerà in fronda. Resta un fatto: come reagisce il partito del senatore Matteo Salvini a questa manovra dichiaratamente meridionalista? Qui non si tratta di contrapposizione fra aree del Paese, non si tratta di rinverdire i fasti di un secessionismo d’antan, bensì semplicemente prendere atto del fatto che il Governo ignora scientemente la realtà e si fa scudo delle indicazioni della Commissione Ue rispetto al privilegiare il Mezzogiorno nelle scelte di politica economica. Peccato che i soldi del Recovery fund ancora non ci siano. E non ci saranno mai. Lo ripeto: il Mezzogiorno non è mai stato chiuso per lockdown, a differenza di un Nord che ha visto le regioni trainanti dell’intero Pil nazionale bloccate e chiuse letteralmente in casa a contare le ambulanza che passavano per quasi tre mesi. Questa è stupidità politica ed economica. O malafede elettoralistica in vista del voto regionale di settembre. Tertium non datur.
Cosa accadrà, adesso? Cosa dirà Giorgio Gori, al ritorno delle vacanze? Darà vita a una sua corrente personale e nordista, aprendo di fatto una fronda interna al Pd? E Beppe Sala, cosa farà? Una cosa è certa: attenzione a lasciare senza rappresentanza politica la parte produttiva del Paese, la quale sta già oggi gridando il proprio disperato appello per sopravvivere. Attenzione, tutti. Perché c’è un forte rischio insito in questa dinamica di scollamento, duplice in realtà.
# Il rischio di politicizzazione di Confindustria
Primo, la possibilità di una politicizzazione quasi da arco costituzionale parallelo e silente di Confindustria, di fatto l’unica ad alzare la voce con accenti di buonsenso in difesa dell’impresa. Sono certo che Carlo Bonomi non abbia mire politiche, ma il rischio che giocoforza si ritrovi coinvolto in una sciarada di ruoli appare ogni giorno più alto, stante il carattere palesemente statalista e anti-mercatista dell’azione politica del Governo e dell’opposizione. E l’associazione degli industriali, di fatto, vive da sempre questo dualismo interno fra Nord e Sud, esplicitatosi negli anni in base alle presidenze espresse e alle loro provenienze geografiche e di cluster. Oggi il rischio frantumazione in nome dell’interesse supremo della sopravvivenza di qualche decina di migliaia di aziende è alto come non mai, talmente alto da costringere il Governo a prendere una posizione netta e scegliere la potenza organizzativa e di deterrenza ricattatoria del sindacato.
# Se il Nord non regge i ritmi di ripresa tedeschi, la Germania si fornirà altrove
Secondo, la Germania non aspetta. Se il comparto della subfornitura industriale del Nord non sarà in grado di reggere i ritmi di ripresa teutonici, giocoforza gli imprenditori di quel Paese dovranno prendere atto delle mutate condizioni operative e scegliere al ribasso, sacrificando la specializzazione e l’eccellenza italiana e scegliendo la produttività e i ritmi di lavoro di Paesi concorrenti al nostro Settentrione, magari a Est. Dopodiché, sarà davvero game over.
Pensate però che Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Piemonte accetteranno questa logica? Pensate che la risposta al Covid e al lockdown sia un esercito di dipendenti statali, cassintegrati a oltranza e percettori di reddito di cittadinanza? Se volete la guerra civile, quella combattuta a colpi di partita Iva e disobbedienza fiscale, andate avanti su questa strada. Poi, però, non lamentatevi più per le incursioni predatorie di soggetti esteri verso i nostri gioielli imprenditoriali, non evocate più il 1992, la svendita sul Britannia e altre amenità: perché questo Decreto agosto rappresenta una sorta di lasciapassare per qualsiasi raider imprenditoriale straniero che intenda fare shopping a prezzo di saldo. O, magari, sperate in una calata di massa di presunti businessmen cinesi, carichi di contante statale, pronti a colonizzare il Nord, esattamente come hanno fatto con la Grecia?
Fossi Giorgio Gori, anticiperei il ritorno da Formentera e taglierei corto il resto delle ferie agostane: se davvero ha a cuore la questione del Nord, questo è il momento di entrare in campo. Prima che la Spoon River delle saracinesche d’autunno lo tramuti per sempre in un camposanto. E per quanto io prenda atto delle smentite che giungono dalla Lega, dubito che Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia accetteranno ancora per molto che una simile prospettiva politica di svuotamento della rappresentanza delle istanze del Nord possa passare dall’avere carattere meramente ipotetico a crisma di realtà fattuale. In mezzo, la Confindustria di Carlo Bonomi. Involontaria e forse inconsapevole pietra angolare di un gioco politico ed economico senza precedenti. Per pericolosità. Ma anche per carattere spartiacque.
# Il decreto di Agosto è una dichiarazione di guerra contro il Nord
Parliamoci chiaro: il Decreto agosto è una dichiarazione di guerra contro il Nord, il diritto d’impresa, i sacrifici di chi tenta di ripartire e, in ultima istanza, chi ha sofferto i lutti e le conseguenze economiche e sociali del lockdown. Quello vero. E, contestualmente, una dichiarazione d’amore verso la logica dell’assistenzialismo, del sussidio e di chi anche durante il breve, parlando del Sud periodo di chiusura totale ha potuto comunque godere del proprio stipendio puntuale, spesso e volentieri tramutando lo smart working in alibi per ferie aggiuntive. E non lo dice il sottoscritto, bensì un giornalista dichiaratamente di sinistra e progressista come Federico Rampini di Repubblica. Vediamo ora chi accetterà onere e onore di rispondere a questo atto ostile, prima che sia tardi.
Per finire, una domanda più generale, quasi di scenario: davvero pensate che Mario Draghi metta a repentaglio la sua legacy professionale e il suo buon nome internazionale per mettersi alla guida di un deserto economico sul modello della Ddr?
Introduzione: perchè l’ “estate di filosofia politica?”
Benvenuti all’estate di filosofia politica. Questi video sono introduttivi alla scuola di formazione politica che avverrà a fine settembre. La scuola di formazione politica è aperta a tutti quelli che pensano che, nella loro vita oltre che svolgere un’attività privata, vogliono svolgere attività pubblica, cioè di incidenza e di effetto sulla comunità. Sia come governanti che come semplici cittadini che hanno un effetto sugli altri. La scuola si snoderà su quattro ambiti, che sono gli ambiti di formazione che a nostro avviso ogni persona che svolge attività politica, macro o micro, deve conoscere, e che sono: latecnica politica, la cultura politica intendendo proprio il tema del perché uno fa politica, l’economia politica intesa come creazione del valore che deve essere sempre alla base delle proprie scelte, valore in termini di benessere o valore economico, infine la psicologia politica, perché tutto, come si vedrà in questi video, tutto ciò che riguarda i gruppi di persone nasce sempre e comunque sia da dinamiche individuali.
Quindi, partendo da questo presupposto, perché questi video di filosofia politica? Perché a nostro avviso oggi la politica è carente proprio di filosofia, cioè la filosofia cos’è alla fine? Nel senso più radicale significa interrogarsi su dove si sta andando, sul fine in termini ontologici. Riprendendo il manuale guida del pensiero politico, il Principe di Machiavelli, la sua frase più nota è “Il fine giustifica i mezzi”.Togliendo l’aspetto morale di quelli che dicono che è un simbolo di opportunismo o altro, il fine giustifica i mezzi significa che se tu non conosci il fine, cioè dove stai andando, non c’è nessun criterio per giudicare i mezzi, cioè le decisioni. In questo senso serve parlare di filosofia politica cioè interrogarsi sui fini che si vogliono ottenere: questa è la base per poter a quel punto avere un criterio di giudizio, per capire se la politica sta facendo bene o sta facendo male, perché se no si scivola nell’ideologia o nella ricerca del consenso, che è quello che ad esempio a noi non ci interessa.
Il fine della politica
Quindi, partendo da questo il primo video non può che intitolarsi “Il fine della politica”. Qual è il fine della politica? Per capire il fine alla politica cerchiamo di capire e a riprendere il concetto di società, di quello che è un po’ il padre del pensiero politico moderno o meglio occidentale: Aristotele. Secondo Aristotele sostanzialmente la società si può suddividere in tre ambiti che sono: l’economia, la cultura e la politica, che anche oggi tutto ciò che riguarda l’umano lo si può far rientrare in uno di questi tre ambiti. Parlando di fine, qual è il fine di questi tre ambiti?
# L’economia
Il fine dell’economia è generare valore. Sempre riprendendo Aristotele, diceva che l’economia è la scienza della casa, oikos appunto in greco vuol dire casa. Diceva sostanzialmente che ci sono due modi per utilizzare il denaro: uno è un modo naturale che produce frutti positivi e l’altro è un modo innaturale che non produce frutti positivi. Il modo naturale per Aristotele è quello della creazione di valore attraverso lo scambio, cioè io utilizzo il denaro per ottenere un valore superiore rispetto al denaro utilizzato. In questo modo l’economia è accrescitiva perché se io ogni volta che utilizzo il denaro ottengo un bene che ha un valore superiore rispetto al denaro impiegato, l’economia cresce. Qual è invece il modo innaturale? Il modo innaturale è quello che si potrebbe definire non un scambio economico ma uno scambio monetario, cioè il dare denaro per un altro denaro. Cioè, io metto denaro ad esempio per ottenere un titolo di credito o per ottenere più denaro in futuro. Alla lunga secondo Aristotele questo produce dei problemi nella società, cioè una società che è esclusivamente per il denaro come fine, è una società che distrugge l’economia. Perché?
Qual è la differenza fra questi due modi? Prendiamo ad esempio un parco. A Milano abbiamo il Parco Sempione. Se vogliamo vedere un valore monetario, cioè una economia come valore monetario, l’amministrazione dovrebbe decidere, rispetto a un parco che non genera soldi, dovrebbe decidere di fare costruire palazzi sul terreno di questo parco. Dal punto di vista economico sarebbe un guadagno perché ci sarebbero i costruttori che pagano per questo terreno e a quel punto generano economia. Però cosa succederebbe? Se distruggi quel parco, è vero che nel brevissimo hai generato moneta, perché questi hanno pagato l’amministrazione, però se tu distruggi il Parco Sempione e ci costruisci le case, a quel punto cosa succede? Che aumenterà il traffico, si vivrà male e quindi a quel punto perderanno valore tutte le case della città, comprese anche quelle che sono state costruite nel parco.
Quindi puntando sul valore monetario alla fine secondo Aristotele si ha sempre un deprezzamento economico, cioè si perde. L’opposto invece succede considerando il valore economico: se noi prendiamo il parco, valore economico significa non il valore monetario, significa un benessere, significa che grazie al fatto che c’è un parco bellissimo nel centro della città, questo è un valore economico che si traduce anche in valore monetario, perché a quel punto per il fatto che questo parco determina miglioramenti nella qualità della vita, fa in modo che ci sia un incremento nei prezzi di tutte le case e di tutte le attività economiche. Quindi per Aristotele inseguire il valore economico determina sempre un vantaggio monetario, mentre l’opposto, inseguire un valore monetario, determina sempre un deprezzamento anche economico.
Inseguire il valore monetario significa anche creare una società basata su credito e debito e quindi alla lunga impoverisce, come tra l’altro gli antichi avevano inventato il concetto di giubileo, cioè il giubileo era che ogni cinquant’anni ad esempio nel mondo ebraico, ogni cinquanta anni c’era il giubileo che cancellava i debiti. Perché? Perché riprendendo Aristotele, un’economia basata sui soldi per i soldi determinava una divisione fra creditori e debitori, che nel breve può essere funzione del commercio e funzione del valore economico, ma alla lunga determina che il debitore finisce con il diventare uno schiavo del creditore. Lo vediamo politicamente perché in un’economia di questo tipo basata sul valore monetario delle cose, i paesi indebitati non solo devono pagare il debito, ma finisce che il creditore decide sul paese indebitato anche al di là del semplice ripagare il debito e quindi il paese indebitato perde anche una sua sovranità, i suoi poteri, con dei doveri che vanno oltre il semplice rapporto credito/debito. Quindi tornando ad Aristotele il fine dell’economia è la creazione del valore, quello che invece non è sano o meglio innaturale è il fine monetario.
# La cultura
Un secondo ambito nella società è quello della cultura. Qual è il fine della cultura? Il fine della cultura è quello di un arricchimento interiore, tutto ciò che aiuta una crescita interiore è cultura. Cultura infatti viene dal termine “coltura”, cioè della coltivazione: prendendo la metafora della coltivazione, rientrano nella cultura tutte quelle attività che in qualche modo coltivano l’interiorità dell’individuo, cioè hanno l’obiettivo della crescita interiore, dello sviluppo, dell’elevazione dell’individuo. Rientrano quindi nell’ambito della cultura tutti quegli ambiti che sono e intervengono interiormente, quindi l’istruzione, l’educazione, l’arte, la religione, tutto questo è cultura perché interviene sull’interiorità e dovrebbe favorire una crescita della persona.
# La politica
Infine arriviamo all’ultimo ambito della società: la politica. La politica secondo appunto Aristotele, si ha passando dalla casa allo Stato: più case formano un villaggio, più villaggi formano lo Stato. Il governo della stato viene identificato come politeia, che poi identificava anche la Costituzione. Politeia è l’organizzazione di uno stato, che per Aristotele a quel tempo coincideva con la polis cioè la forma più radicale di comunità e di stato era la città, la città stato. Quindi da polis e da politeia, dalla polis come comunità e da politeia come organizzazione della comunità, viene fuori la politica.
Qual è il fine della politica? Qua Aristotele è un punto in comune, diciamo con una saggezza universale, nel senso che per Aristotele la sana, la buona politeia, intesa anche come Costituzione, è quell’organizzazione delle attività umane che abbia come obiettivo la felicità delle persone. Machiavelli nel Principe col concetto de “il fine giustifica i mezzi” afferma che il sovrano, il principe, deve utilizzare tutti i mezzi per dare felicità ai suoi sudditi: non importa il bene o il male morale, tutto viene misurato sulla felicità dei sudditi. E questo è lo stesso modo di intendere il buon governo che avevano invece, tornando a molto più indietro, circa 1.700/1.800 anni prima di Cristo, i sovrani assiro- babilonesi, all’epoca tra delle prime città stato. I sovrani assiro-babilonesi si facevano ritrarre all’interno di giardini, nel senso che secondo quell’epoca il bravo sovrano era quello che creava il giardino migliore, giardino inteso come luogo ottimale che consente alle piante di generare buoni frutti. Ma quindi cosa significa, cosa sono queste piante e come si fa ottenere la felicità?
Tornando ad Aristotele, diceva che una società per essere felice deve essere virtuosa e per essere virtuosa deve essere fatta da cittadini virtuosi. Cosa significa? Per Aristotele la premessa dell virtù era la libertà. Un cittadino doveva essere libero, la libertà intesa come eleutheia. Il cittadino per essere felice deve essere libero di poter vivere la sua vita e deve essere anche politico, cioè deve avere la libertà di potere governare o, meglio, di partecipare alla vita pubblica. Quindi queste sono le due dimensioni anche perché il concetto di virtù per Aristotele è un concetto simile a quello dell’economia, cioè diceva che la virtù dà la felicità del cittadino: non è l’ottenimento di beni materiali, quelli non danno la felicità danno il piacere che è momentaneo, ma la felicità la si ottiene attraverso i cosiddetti beni immateriali e alla domanda quali sono questi beni immateriali che danno la felicità l’individuo, con Aristotele si chiude il cerchio: la felicità dell’individuo viene data dall’azione politica.
Per questo intendeva l’individuo come animale politico, perché diceva innanzitutto l’essere umano è un animale politico o animale sociale perché è portato naturalmente a mettersi insieme con i suoi simili per creare una comunità. E proprio perché ha questa inclinazione naturale a mettersi insieme con i suoi simili per creare la comunità, che una dimensione fondamentale anzi la dimensione fondamentale per ottenere la felicità dell’essere umano è la dimensione politica, cioè l’essere umano per essere felice oltre ad avere un’azione privata, deve esercitare l’azione politica, quella che ti dà felicità, cioè la misurazione della felicità è nell’impatto che tu hai sulla comunità.
Quindi sulla base di queste tre dimensioni abbiamo visto la politica e i suoi fini, la cultura, l’economia e la politica con i loro fini sulla base queste tre dimensioni. Domani analizzeremo il perché nella nostra epoca si può parlare di crisi della società.
ANDREA ZOPPOLATO
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Non solo mare, anche i fiumi italiani riservano luoghi incantevoli dove fare il bagno e prendere il sole. Ecco una selezione delle 7 spiagge di fiume più belle che si possono trovare nel Nord della nostra penisola.
Le 7 SPIAGGE più belle dei FIUMI del NORD ITALIA
#1 I due specchi d’acqua delle Guje di Garavot (Torino) – Piemonte
Guje de Garavot
Le Guje di Garavot si raggiungono attraverso un piccolo sentiero, appena arrivati in Valchiusella, a una settantina di chilometri da Torino. Quello che vi aspetta sono due specchi d’acqua che comunicano attraverso una stretta forra e circondati da pareti rocciose di un colore grigio-blu levigate dalle acque del fiume. Qui potrete rilassarvi sulle sponde del fiume, bagnarvi nella parte meno profonda, tuffarvi dalle rocce oppure fare delle immersioni fino ad una profondità di 9 metri.
#2 Le cascatelle del Torrente Bidente, Valle di Pietrapazza (Forlì Cesena) – Emilia Romagna
Torrente Bidente
Siamo nell’Emilia Romagna più impervia. Per arrivare nelle spiaggette del Torrente Bidente bisogna partire dal paesino di Santa Sofia, da dove è già possibile ammirare la bellezza del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, patrimonio Unesco. Percorsa la valle del torrente, meta di appassionati di Kayak, ci si imbatte in un’altra valle, quella di Pietrapazza. Il fiume qui ha scavato per secoli lasciando solo la nuda roccia e dove era costretto a fare dei salti si sono create delle cascatelle ognuna con la propria piscina nel fondo, dei veri laghetti balneabili.
#3 La “laguna blu” del torrente Lima (Lucca) – Toscana
Credits: gustarviaggiando.it – Fiume Lima
Il torrente Lima è una piscina naturale, vicino all’Abetone nella provincia di Lucca, con un azzurro mai visto e un acqua sempre fresca: fare il bagno nelle strette di Cocciglia o nella “laguna blu” è un’esperienza indimenticabile. E’ possibile fare rafting.
#4 Le pozze smeraldine sul Fiume Meduna (Pordenone) – Friuli Venezia Giulia
Credits: ecobnb.it – Pozze Smeraldine
Siamo in uno dei luoghi più selvaggi nel parco delle Dolomiti friulane, in provincia di Pordenone, dove le rocce carsiche che affiancano tutta la valle sono state scavate dal fiume Meduna, formando una serie di conche che permettono a chi arriva fin qui di fare un bagno in questo contesto naturale incontaminato. Un luogo ameno dalle acque color smeraldo. Più si sale di quota e più l’acqua diventa limpida e cambia sfumature dallo smeraldo all’azzurro cristallino.
#5 La “valle più bella del mondo” sul fiume Trebbia (Piacenza) – Emilia Romagna
Fiume Trebbia
Leggenda narra che Ernest Hemingway passando per la Val Trebbia disse: “Oggi ho attraversato la valle più bella del mondo“. Di certo le acque di questo fiume emiliano sono considerate le più pulite d’Europa e sono perfette. Trasparenti, dalle sfumature incredibili che cambiano colore fra gole e insenature sono un vero must per gli amanti del genere del nord-centro Italia. Le spiagge più belle si trovano da Bobbio in poi scendendo i colli piacentini fino a Marsaglia, Ponte Organasco e Ottone.
#6 Il Bidet della Contessa, Val di Mello (Sondrio) – Lombardia
Ph. credits: valmasino.info
Valle laterale della Val Masino, è un luogo che toglie il fiato per la sua bellezza fatta di cime, cascate e pratiincontaminati. I torrenti che scendono dalla montagna vanno a formare un piccolo laghetto, conosciuto come Bidet della Contessa, dalle acque fresche e cristalline proprio perché di sorgente. Il luogo offre poi sentieri, possibilità di arrampicate e bellissimi spazi dove fare picnic.
#7 Fiume Piave – Veneto
Parco del Piave – Bigolino
L’acqua fresca del Piave è il luogo ideale in queste giornate di caldo afoso e lungo il suo corso potete trovare molte zone attrezzate e non, perfette per rilassarvi e prendere il sole. Tra le mete più gettonate ci sono: il Parco del Piave a Bigolino e l’area monumentale dell’Isola dei Morti a Moriago della Battaglia, entrambi con tavoli per chi vuole organizzare un pic nic oppure nel bellunese oltre alla spiaggia di Cesana c’è anche Lambioi Beach, un’area attrezzata con chioschi, giochi per i bambini, lettini ed ombrelloni.
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Ottime notizie anche sul fronte dei nuovi positivi: sono solo 31, il calo continua. La Lombardia segna appena l’11% dei nuovi positivi in Italia, la percentuale più bassa di sempre, ora è terza dietro a Emilia e Lazio.
In particolare la situazione migliora a Milano: solo 4 nuovi contagiati. Nessuna provincia in Regione registra più di 10 nuovi positivi: la prima è Brescia con 7.
Situazione tranquilla anche in Italia: 4 decessi, +259 positivi.
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