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🛑 M4 RALLENTA ancora: i tempi si allungano

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Linee previste per Expo2015

Foto: Urbanfile

A causa dei ritrovamenti archeologici nella stazione De Amicis, a cui si aggiungono i tre mesi di ritardo accumulati per la pandemia, è rinviata ancora l’apertura della nuova linea metropolitana blu. Ecco il nuovo cronoprogramma.

🛑 M4 RALLENTA ancora: i tempi si allungano

# In dubbio anche l’apertura ad Aprile delle prime 3 fermate tra Linate e Stazione Forlanini

Credits: Urbanfile – M4 Linate – Forlanini Fs

L’assessore ai trasporti Marco Granelli ha comunicato l’ennesimo rinvio dell’inaugurazione della nuova linea metropolitana M4, probabile anche per le prime 3 fermate da Linate Aeroporto a Stazione Forlanini che interscambia con le linee suburbane S5 e S6: “i lavori sono sostanzialmente terminati e ora sono in corso le attività necessarie per avere le autorizzazioni, dalla data del 31 gennaio, inizialmente annunciata, con i tre mesi di ritardo dovuti al Covid, si andrà al 30 aprile. Sulla partenza effettiva del servizio, attendiamo di capire gli scenari pandemici, soprattutto in relazione al sistema dei trasporti e al traffico aereo di Linate“.

Leggi anche:🛑 M4: NUOVO RINVIO. Da gennaio a (forse) aprile 

# L’apertura completa slitterà al 2024, in centro i treni viaggeranno non prima del 2023

Credits: wiikipedia.org

Nonostante si sia cercato di minimizzare i ritardi imposti dal Covid, l’assessore ai trasporti Granelli conferma che anche le aperture di tutte le altre tratte saranno spostate in avanti nel tempo di 3 mesi: “La stazione di Dateo dalla previsione di apertura a luglio 2022 slitterà in autunno e lo stesso per San Babila che da dicembre 2022 sconterà i tre mesi di ritardo del Covid. Più pesante il bilancio per la tratta che arriverà fino a San Cristoforo e che doveva essere terminata a luglio 2023.”

Credits: Urbanfile – Ritrovamento muro romano nella stazione De Amicis

Per il restante tracciato della M4 che prosegue sotto la Cerchia dei Navigli i tempi saranno quindi ancora più lunghi e non altrettanto certi, complice i ritrovamenti archeologici emersi durante la realizzazione della stazione De Amicis. Il commento dell’assessore Granelli: “oltre a dover scontare i tre mesi di ritardo per il Covid, accumulerà ulteriore ritardo a seguito dei ritrovamenti archeologici in De Amicis. I costruttori che hanno fatto un’analisi in base alle indicazioni della Soprintendenza, ci hanno dato un’indicazione del ritardo quantificabile in mesi, ma non abbiamo un riscontro certo di cosa significhi. È un’operazione complessa non ancora definita del tutto e quindi non possiamo determinare con precisione la data di conclusione lavori“. È facile ipotizzare che l’apertura dell’intera linea prevista a luglio 2023, che con i mesi di ritardo causa Covid sarebbe stata comunque posticipata a ottobre, non avverrà prima del 2024.

Leggi anche: Ritrovati NUOVI REPERTI nel CANTIERE per la linea M4: QUALE sarà il loro DESTINO?

Fonte: Milano Today

Continua la lettura con: 🔴 Non è ancora partita che già si allunga: ALTRE 4 FERMATE per la M4?

FABIO MARCOMIN

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L’ascesa dell’autoritarismo

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Nerone

Nei secoli si è lottato per ridurre e limitare l’autorità del sovrano. Da questo sono nate tutte le Costituzioni e le conquiste della civiltà contemporanea.
La tendenza della nostra società è assegnare al governante di turno la stessa potestà, se non di più, di quella che un tempo avevano i sovrani assoluti contro cui i nostri antenati hanno lottato.

Tutti quelli che erano paradigmi ormai impossibili da ripetere stanno diventando normali. Esempio, il coprifuoco per fasce orarie o il confinamento, in casa o all’interno di un comune, una regione o uno stato, sono diventate cose di ordinaria amministrazione. Il controllo e l’omologazione dei media hanno raggiunti livelli da totalitarismo e nella maggior parte degli stati non esiste più l’opposizione, ma solo diverse gradazioni di autoritarismi.

Una società pervasa da internet e dalla comunicazione orizzontale sta portando la politica verso un nuovo autoritarismo simile a quello che abbiamo vissuto nella prima metà del novecento.
I diritti che erano considerati fondamentali proprio perché mai escludibili soprattutto nelle situazioni di emergenza, sono diventati delle decorazioni del diritto.

Dall’altro lato sembra che sia assodato come soluzione ai problemi quello di accentrare tutti i poteri nelle mani del governo o di commissari improvvisati e di ridurre al minimo l’autonomia di azione e di decisione per i cittadini.
Ormai essere multati perfino perché si beve il caffé in tazzina o perché si prende il sole è considerato normale. Anzi, i cittadini si accaniscono contro chi rivendica un minimo di libertà.

Come alla fine dell’antica Roma il Senato e le istituzioni repubblicane sono state soppiantate alla volontà dell’imperatore, così adesso si stanno perdendo tutti gli strumenti di tutela dei cittadini in nome di un’autorità assoluta che sta acquisendo sempre di più tratti divini.

Continua la lettura con: in Italia ogni cosa è religione

MILANO CITTA’ STATO

Il primo TUNNEL NAVALE del mondo (video e rendering)

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Credits: CNN/The Norwegian Coastal Administration

La Norvegia ha annunciato il via ai lavori di costruzione del primo tunnel navale al mondo, attraverso la penisola montuosa di Stadhavet. Ecco quando verrà realizzato e quali sono gli enormi vantaggi che apporterà alla navigazione.

Il primo TUNNEL NAVALE del mondo (video e rendering)

# Un investimento di 330 milioni di dollari per un tunnel lungo 1,7 km

La Norvegia ha annunciato il via ai lavori di costruzione del primo tunnel navale al mondo, progettato per il transito delle imbarcazioni tra i fiordi di Moldefjorden e Kjødepollen nel Mare di Stadhavet. La galleria sarà scavata attraverso la penisola montuosa di Stadhavet nella Norvegia nordoccidentale per una lunghezza di 1,7 km e un investimento complessivo di 330 milioni di dollari, circa 280 milioni di euro. I cantieri inizieranno nel 2022 e la loro durata prevista è di tre/quattro anni.

# L’obiettivo è rendere più agevole il transito delle imbarcazioni, spesso soggetto a tempeste

Credits: CNN/The Norwegian Coastal Administration

L’obiettivo principale di questa infrastruttura è rendere i viaggi delle navi più sicuri e agevoli perché, spiega il project manager Terje Andreassen: “La costa al di fuori di questa penisola è la zona più tempestosa della Norvegia, con gli uragani. Ci sono molte correnti strane qui. A volte le navi devono aspettare giorni nel porto più vicino affinché le condizioni meteorologiche migliorino.” I benefici non si fermano qui perché grazie a questo tunnel si potrà in futuro istituire un servizio di traghetti ad alta velocità e rafforzare anche le attività industriali e commerciali della zona.

# Anche le navi di grandi dimensioni potranno transitarvi

L’ingresso al tunnel sarà controllato da un sistema semaforico. Il piano prevede che lo scavo avvenga tramite piattaforme di perforazione sotterranee ed è prevista la rimozione di alcuni edifici e circa tre milioni di metri cubi di roccia.

Il tunnel navale attraverserà il punto più stretto della penisola di Stadhavet e questo consentirà, come dichiara l’amministrazione costiera norvegese, il transito anche di navi di grandi dimensioni rispetto a altri tunnel che possono ospitare solo piccole imbarcazioni e chiatte. 

Continua la lettura con: Un TUNNEL SOTTOMARINO tra Scozia e Irlanda del Nord: la Gran Bretagna cerca di non perdere pezzi

FABIO MARCOMIN

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🛑 PIAZZA CASTELLO avrà un nuovo VOLTO: da giugno parte il restyling

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Credits: professionearchitetto.it Rendering Piazza Castello

Si è appena chiusa la gara d’appalto per l’assegnazione dei lavori, Piazza Castello e via Beltrami a giugno cambieranno volto. Si parte in ritardo, dato che il concorso di progettazione era stato indetto e vinto nel 2017, ma, salvo imprevisti, quest’estate si avvierà il cantiere. Il progetto è diviso in due lotti e per ora partirà solo il primo, mentre per il secondo, che comprende il rifacimento di largo Cairoli e alcune vie intorno a Foro Bonaparte, bisognerà aspettare.

🛑 PIAZZA CASTELLO avrà un nuovo VOLTO: da giugno parte il restyling

# Un progetto da 5,2 milioni di euro

Credits: @dolcevita_in_giro
Piazza castello

Tra le otto offerte, l’appalto è stato vinto dalla Giussani Emilio srl e prevederà una spesa di 5,2 milioni di euro, molto meno rispetto ai 6 milioni e mezzo che erano stati stabiliti da Palazzo Marino. Meglio, considerando che la spesa complessiva è stata fissata a quasi 10 milioni e che quindi si avranno maggiori disponibilità per il secondo lotto. I lavori dovrebbero essere seguiti dal sindaco Beppe Sala, ma sempre meglio mettere il condizionale, data anche l’emergenza sanitaria in cui ci troviamo che potrebbe portare ad un rinvio dei lavori. Anche se la data sembra fissata, nel caso dovesse essere rimandata dopo l’estate, potrebbe spettare al nuovo sindaco il destino di Piazza Castello, nonché del secondo lotto del progetto (questo già sicuro).

Tempi e sindaco a parte, il futuro di Piazza Castello è deciso: diventerà una zona molto più verde e in armonia con Parco Sempione.

# Il restyling: nuovo verde urbano

Credits: blog.urbanfile.org
restyling Castello
Credits: blog.urbanfile.org
restyling Castello

La Giussani Emilio srl nel corso del tempo ha modificato un po’ il progetto, leggere correzioni, infatti l’obiettivo di fondo di far diventare la piazza più verde è rimasto. 184 nuovi alberi, di cui 167 aceri, andranno a creare un triplice filare alberato e in Piazza Castello compariranno nuove aiuole. Ma il verde non andrà a coprire la vista del Castello, al contrario le piante creeranno una sorta di cornice intorno agli attraversamenti. L’area diventerà completamente pedonale. I lavori in via Beltrami, invece, consisteranno nel rifacimento della pavimentazione. Si è optato per il granito bianco di Montorfano con inserti di beola grigia. Oltre ad una valorizzazione degli attraversamenti pedonali e dell’aumento del verde intorno al Castello, il progetto prevede un miglioramento dell’illuminazione pubblica.

Fonti: blog.urbanfile.org

Continua la lettura con: 🛑 CORSO SEMPIONE cambia VOLTO: ecco i PRO e i CONTRO del progetto

BEATRICE BARAZZETTI

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La PRIMAVERA a ROMA: TULIPARK, roseti e ciliegi giapponesi

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Dal Tulipark, all’Orto Botanico, passando per il Roseto Comunale e alcune vie di Roma, il periodo della fioritura nella capitale è un tripudio di colori da non perdere.

Tulipani, rose, ciliegi in fiore, sono pronti a farsi ammirare in quanto attrattiva all’aria aperta. Di seguito alcune destinazioni top a Roma per gli amanti dei fiori.

La PRIMAVERA a ROMA: TULIPARK, roseti e ciliegi giapponesi

# i TULIPANI al Tulipark

Forse la Primavera si sta facendo attendere, ma non il tripudio di 360.000  tulipani coltivati e pronti da raccogliere al TULIPARK  di Via Gordiani, nel quartiere Prenestino. Inaugurato nel 2018 e rimasto chiuso nel 2019 causa Covid, in occasione della festa del papà, lo scorso 19 Marzo, sono stati riaperti al pubblico gli oltre 16.000 metri quadri di terreno coltivati a filari di tulipani. Con il sistema U-pick, cogli tu, dopo una rapida spiegazione sul come fare, ognuno può scegliere personalmente i tulipani per il proprio mazzo.  Il Pretty woman, è di un frivolo rosso ciliega, il Rococo ha dei riccioli spettinati, il Dowgones è ordinatamente giallo e rosso, il Queen of night è sorprendentemente nero, poi c’è il Queensland, il Carola, il Menton. Sono i nomi di alcune delle oltre 100 varietà di tulipani pronti per essere colti al Tulipark di Roma.

# Le FIORITURE al Museo Orto Botanico

Situato alle pendici del Gianicolo, un altro luogo per amanti dei fiori e delle piante è il Museo Orto Botanico di Roma, dell’Università degli Studi di Roma la Sapienza.Si estende su una superficie di circa 12 ettari nel cuore del tessuto urbano della città, fra Via della Lungara e il Colle del Gianicolo, occupando parte dell’area archeologica denominata Horti Getae costituita, in antico, dalle terme di Settimio Severo. E’ un vero e proprio patrimonio urbano a tutela della conservazione della biodiversità con all’interno anche una casa delle farfalle dal suggestivo nome Butterfly Even.

Questo Orto ha origini molto lontane che risalgono all’undicesimo secolo, anche se solo nel 1660 all’Università venne assegnato un terreno per crearvi l’Orto Botanico universitario. La sua sistemazione definitiva, nella attuale sede di Villa Corsini “alla Lungara” risale invece a poco più di un secolo fa. Oggi accoglie 3.500 specie di piante alcune delle quali antichissime. In questa stagione permette di ammirare le fioriture primaverili ed in particolare la splendida fioritura dei ciliegi hanami.

#Le ROSE del Roseto Comunale

Con 340 nuove piante aggiunte di recente Il Roseto Comunale è il luogo per gli amanti del fiore per eccellenza, la rosa. Non grande nelle dimensioni, si trova in una location spettacolare, sulle pendici dell’Aventino. Di fronte si aprono alla vista del visitatore i resti del Palatino, appena sopra il Circo Massimo, il campanile di S. Maria in Cosmedin, la cupola della Sinagoga, il Vittoriano e la vista spazia fino ad arrivare all’osservatorio di Monte Mario. Il Roseto ospita circa 1.100 specie di rose provenienti da tutto il mondo, persino dalla Cina e dalla Mongolia. Fra le più curiose, la Rosa Chinensis Virdiflora, dai petali di color verde, la Rosa Chinensis Mutabilis, che cambia colore con il passare dei giorni e la Rosa Foetida, una rosa sorprendentemente maleodorante. Fin dal III sec. a.c. il luogo in cui sorge il roseto era dedicato ai fiori. Tacito, negli Annales, parla di un tempio dedicato alla dea Flora, i cui festeggiamenti, i floralia, si svolgevano in primavera nel Circo Massimo. Ricoperto di orti e vigne fino a tutto il XVI sec., divenne, nel 1645, l’Orto degli Ebrei poi imase incolto fino al 1950, quando divenne sede del nuovo roseto comunale.

#I CILIEGI Giapponesi

Roma è una delle città migliori in Italia dove poter assistere allo spettacolo primaverile della fioritura dei ciliegi.  Il luogo più conosciuto dai romani, e non solo, per assistere alla fioritura dei Sakura, il ciliegio giapponese, è sicuramente il Parco Lago dell’EUR.  Sono 150 i ciliegi giapponesi donati nel 1959, dell’allora primo ministro Nobusuke Kishi, durante la visita ufficiale a Roma, da parte della città di Tokyo. Sono tante le persone che in primavera si radunano qui per passeggiare o fare pic-nic sotto questi splendidi alberi.

Ci sono poi i sakura di via Panama nel quartiere Parioli, tra Via Salaria e Villa Ada, strada che, tra il 1942 e il 1945, si chiamavaVia Giappone. Nei primi anni venti, l’imperatore del Giappone Hirohito compì un viaggio in Europa, visitando anche l’Italia. In particolare, arrivato a Roma, donò alla città dei ciliegi giapponesi che vennero piantati in quella che, per l’occasione, fu chiamata Via del Giappone. Oggi, a causa dell’inquinamento, purtroppo, solo una minima parte dei ciliegi ha resistito al tempo ma la loro fioritura  può essere ancora ammirata.

Altro luogo amato dai romani che desiderano scoprire il fascino dei ciliegi in fiore è l’Istituto giapponese di cultura. All’interno del giardino, realizzato dall’architetto Ken Nakajima, sono presenti oltre ad alberi tipici dell’area mediterranea anche dei ciliegi giapponesi. Sebbene sia piccolo il giardino ha tutto quello che un giardino giapponese dovrebbe avere: un laghetto, la cascata, piccole isole, un ponticello e un toro, ovvero la tradizionale lampada in pietra.

Continua la lettura con: Il quartiere delle fiabe di Roma

FRANCESCA SPINOLA

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

 

La Nuova ARENA di Verona da 100 milioni di euro

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Ricordo come fosse ieri la giornata del 3 settembre 1989. Molti di voi manco erano nati, lo so. Io avevo 10 anni. In quella grigia domenica, mio papà mi accompagnò a vedere Hellas Verona-Juventus allo Stadio Bentegodi. Assistevo per la prima volta, dal vivo, a una partita di Serie A. I miei occhi erano increduli di fronte ad un simile spettacolo. Stadio al completo, pista d’atletica a dividere gli spalti dal campo di gioco. Potevo vedere dal vivo i “personaggi” che fino a quel momento avevo visto solo in TV, grazie al 90° Minuto di Paolo Valenti. Si parla di un’era distante anni luce da quella che viviamo oggi. Vi dico solo che i primi due goal della partita, finita per 1-4, li ha segnati un certo Totò Schillaci. Alla fine della partita abbiamo fatto una corsa verso casa per riuscire a “vedere i goal in TV”, alle 10 di sera. Durante la Domenica Sportiva giungeva una bruttissima notizia: Gaetano Scirea era morto a causa di un incidente stradale, in Polonia. Avevo solo dieci anni, ma ricordo ancora oggi ogni momento di quella singolare giornata.

La Nuova ARENA di Verona da 100 milioni di euro

Dopo 30 anni, quel bellissimo stadio che ho visitato molte volte e che non smetto mai di ammirare ogni volta che percorro l’autostrada A4, con molta probabilità, verrà demolito.

Il progetto a cui lascerà spazio è però figlio del progresso e della volontà di dare un nuovo volto a Verona.

# Come sarà

Uno stadio nuovo di zecca, fatto a immagine e somiglianza dell’Arena, aperto e attivo sette giorni su sette, con tanto di albergo di lusso, piscina e ristorante stellato. Sorgerà in Piazzale Olimpia, dove oggi si trova lo Stadio Bentegodi.

Anche il nome è pronto: Nuova Arena Stadium, e il count down segna come data il 2022.

@archistadia.it (IG) – Rendering del Nuovo Arena Stadium

Il nuovo stadio, esternamente, richiamerà  infatti l’Arena: tipica forma ellittica e la riproduzione della forma degli arcovoli. Il campo da calcio rientrerà nella categoria 4 Uefa. Non ci sarà più la pista di atletica, inutilizzata da anni. Dalle poltroncine, da qualunque settore, si potrà quindi vedere più da vicino il campo, senza ostacoli, da qualsiasi lato.

Lo spazio esterno guadagnato con la nuova costruzione, che sarà infatti più piccola dell’attuale, secondo il progetto presentato sarà destinato a parco verde. Per quanto riguarda la sostenibilità, si garantisce l’utilizzo di materiali e tecnologie moderne, con vantaggi anche per la gestione dei costi. Fra le opzioni anche quella di dotare il nuovo stadio di un tetto richiudibile, da usare per abbattere il disturbo e migliorare l’acustica durante i concerti. Ovviamente, tornerebbe utile in caso di maltempo.

Si tratta di  un impianto più piccolo ma decisamente più moderno rispetto al colosso di cemento armato risalente ai primi anni ’60 del secolo scorso. Il sindaco di Verona, Federico Sboarina, ha precisato che risistemare l’attuale Bentegodi, costerebbe molto di più. Aggiunge inoltre che «Non va dimenticato lo stato di salute del Bentegodi. Per quest’anno siamo riusciti a rientrare nei parametri imposti dalla Lega Calcio per l’iscrizione dell’Hellas al campionato, ma i vincoli in tema di sicurezza e normative da rispettare diventano sempre più restringenti. Per adeguare il Bentegodi servono interventi davvero onerosi».

# I costi a carico del Comune saranno ZERO

Lo stadio verrò costruito rigorosamente in project financing. Il progetto, garantito dall’Istituto per il Credito Sportivo, è quello di costruire il nuovo stadio, alle migliori condizioni e con costi e tempi certi. Il Credito Sportivo potrebbe guidare un insieme di banche che coprirebbero più della metà dei costi, mentre le restanti spese dovrebbero essere sostenute dai promotori dell’iniziativa e da tutti gli investitori privati interessati a partecipare. La Nuova Arena sarebbe, dunque, finanziata in tutto e per tutto da privati. I costi preventivati ammontano a 72 milioni di euro, ai quali se ne devono aggiungere altri 18 per le zone cosiddette extrasportive, ovvero hotel, ristoranti, bar, centro convegni, perfino un asilo. Totale un centinaio di milioni. “L’opera sarà realizzata a costo zero per il Comune, che ne manterrà la proprietà, mentre la gestione competerà a una società specializzata”, fa infatti sapere l’amministrazione comunale della città.

# La parola al sindaco Federico Sboarina

Sboarina: "Di Maio eviti passerelle elettorali al Vinitaly di Verona" - IlGiornale.it
Credits: sboarinasindacoi (IG) – Il Sindaco di Verona Federico Sboarina

Nonostante le ottime premesse, è plausibile che quello della Nuova Arena sia un progetto che non mette d’accordo tutta la città e soprattutto tutta l’amministrazione cittadina. Il sindaco Sboarina non sembra avere dubbi, comunque, sull’opportunità dell’operazione, e afferma con entusiasmo:

«Il Bentegodi rappresenta la storia sportiva del calcio di Verona, delle nostre squadre e di tanti avvenimenti. È nel cuore di tutti i tifosi, anche nel mio, è lo stadio dello Scudetto (1984-85, ndr) e di tanti ricordi per tifosi, bambini e famiglie. Sto pensando di far lasciare una traccia della vecchia gloria e magari anche che ogni tifoso abbia un pezzo del Bentegodi. Oggi però la costruzione è ormai datata e il nostro calcio si merita una struttura all’avanguardia. Il Bentegodi ha bisogno di diversi interventi milionari che sarebbero a carico del Comune e cioè dei veronesi, mentre il nuovo stadio sarebbe a costo zero per le casse comunali. Il fatto che ci sia un interesse imprenditoriale per realizzarlo è per Verona una novità importante. L’aspetto significativo è inoltre che in abbinata ci sarebbe la riqualificazione del quartiere. Faremo di tutto per rendere possibile questo sogno”.

Credits: verona-in.it

Continua la lettura con: ZAI LIFE: il progetto più rivoluzionario di Verona

LUCIO BARDELLE

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1.000 persone alla Filarmonica di Berlino: la Germania si organizza per riaprire TEATRI e SALE CONCERTI

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Credit: @berlinphil

Siamo a Berlino, capitale di un paese che ha visto un andamento del Covid-19 simile al nostro: picchi alti nei primi mesi, lockdown, una situazione migliore in estate, chiusure e restrizioni nuovamente in questo periodo.

Eppure, il 30 marzo, la Filarmonica di Berlino ha tenuto un concerto con 1000 spettatori, un progetto pilota per capire come far ripartire la musica anche durante una pandemia. 

1.000 persone alla Filarmonica di Berlino: la Germania si organizza per riaprire TEATRI e SALE CONCERTI

# La Filarmonica e il concerto con 1000 persone

Credit: @berlinphil

Sabato 20 marzo, alla filarmonica di Berlino si è tenuto un concerto con un pubblico di 1000 persone.

Dopo un anno di chiusure e di musica online, si è dato il via al primo progetto pilota, un tentativo per far ripartire le attività culturali.

E così, dopo tanto tempo, 1000 persone si sono sedute in un teatro per sentire della musica dal vivo.

Sembra assurdo data la situazione sanitaria attuale, la Germania ha da pochi giorni riaperto alcune attività ma ha comunque moltissimi contagi al giorno e una situazione precaria, un po’ come l’Italia.

E da qui mi sorge una domanda spontanea: ci sembra assurdo perché rappresenta effettivamente un pericolo o perché da noi non si è mai fatto?

Per l’occasione, sono state l’Ouverture di Romeo e Giulietta di Tchaikovsky e la Seconda Sinfonia di Rachmaninov dirette dal Maestro Kirill Petrenko a risuonare nel teatro.

# Un evento in sicurezza

Credit: @berlinphil

Tutto l’evento si è svolto in completa sicurezza.

Per entrare al teatro bisognava presentare un test Covid negativo effettuato in giornata.

Se questo potrebbe sembrare una “seccatura” da dover sbrigare, i tedeschi hanno pensato anche a questo: al momento dell’acquisto del biglietto, ogni cliente riceveva un voucher con la possibilità di prenotare un appuntamento in un centro test della città.

Chi non poteva effettuare il test in anticipo, aveva comunque la possibilità di sottoporsi al tampone subito prima del concerto.

Questo avveniva in un centro appositamente allestito e con un team della Charité presente per garantire che i test fossero effettuati correttamente.

Il teatro normalmente ospita quasi 2500 posti mentre in questa occasione gli spettatori erano 1000. La capacità del teatro è stata quindi dimezzata per l’occasione, così da poter tenere una poltrona vuota fra uno spettatore e l’altro.

All’interno della struttura era obbligatorio indossare la mascherina e non era previsto un intervallo. Non era in funzione neanche il servizio di guardaroba e c’è stata un attenzione particolare alla ventilazione e sanificazione degli ambienti.

# Un esempio per tutto il mondo?

Credit: ilmitte.com

Il senatore alla cultura di Berlino Klaus Lederer ha sottolineato come questo progetto potrebbe estendersi e diventare un esempio per tutti gli altri teatri del Paese e per tutto il mondo.

Questo concerto è la prova vivente che fare eventi in sicurezza si può, la strada per uscire completamente dal Covid sembra ancora lunga, perchè nel mentre non sentire un po’ di musica?

Questo concerto è stato il primo e servirà quindi per riconsiderare le procedure di sicurezza, la logistica e la gestione degli spazi per poter migliorare i prossimi eventi.

La direttrice artistica Andrea Zietzschmann ha specificato che questo evento è stato reso possibile solo perché tutti i professionisti hanno lavorato senza essere pagati ma soprattutto grazie al Senato di Berlino che ha fornito i test.

É quindi necessario trovare un modo per gestire meglio i costi.

Ma da qui si parte. Dopo questo primo tentativo si studieranno altre soluzioni possibili per far tornare la musica del vivo.

Andrea Zietzschmann ha dichiarato che tutti i biglietti disponibili sono stati venduti in tre minuti e questo dimostra che una cosa è certa: c’è voglia di musica.

Perchè non seguire il modello della Filarmonica di Berlino anche in Italia?

Fonti: ilmitte.com

Continua la lettura con: L’irresistibile voglia di musica di Milano: i CONCERTI sui PIANEROTTOLI

ARIANNA BOTTINI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

In Europa scuole CHIUSE in media per 10 settimane. In Italia: scuole APERTE per 10 settimane

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Credits: Unesco - Media durata chiusura scuole

In quasi tutto il Paese sono chiuse le scuole di ogni ordine e grado compresi asili nido e scuole materne. Su 8 milioni di alunni oltre 7 sono a casa. Ecco la drammatica condizione degli studenti italiani confrontata con quella delle altre nazioni.

In Europa scuole CHIUSE in media per 10 settimane. In Italia: scuole APERTE per 10 settimane

# I dati Unesco: in Europa (senza contare l’Italia) scuole chiuse in media 10 settimane a causa del Covid

Credits: Unesco – Media durata chiusura scuole

In base ai dati riportati dall’Unesco la durata media della chiusura totale in Europa non ha superato le dieci settimane, mentre la media mondiale è di 22 e negli USA di 38. Meno di tutte Australia e Nuova Zelanda: solo 7 settimane di chiusura. In Italia invece la media di apertura è stata all’incirca di 10 settimane. Le considerazioni dell’Unesco sottolineano come le risposte dei singoli governi siano state molte e diverse tra loro, con impatti diversi anche a livello sociale e pedagogico. Vediamo la situazione attuale sulle aperture e chiusure nei principali Stati europei.

# La situazione attuale: in tutti i principali Stati europei le scuole sono aperte

# Austria: le scuole hanno riaperto lo scorso 8 febbraio, ma gli alunni devono sottoporsi ad un test ogni settimana. Dal 15 marzo le lezioni di educazione fisica riprenderanno regolarmente nelle scuole austriache.

# Belgio: le scuole di ogni ordine e grado sono aperte, organizzate sulla base di un protocollo sanitario che prevede l’uso della mascherina e il distanziamento di 1 metro e mezzo.

# Francia: Le scuole restano aperte in Francia, dove gli studenti sono tornati sui banchi dopo le vacanze di febbraio, differenziate a seconda dei dipartimenti. Ad eccezione del lockdown tra marzo e maggio 2020 e dei periodi di ferie, in Francia le scuole non hanno mai chiuso.

# Germania: le scuole hanno riaperto in 11 Laender, dopo una chiusura durata due mesi, a partire dal 16 dicembre. Lo scorso 15 febbraio la Sassonia è diventata il primo Stato tedesco a riaprire nidi, materne ed elementari.

# Polonia: le scuole dell’infanzia e le primarie sono aperte da gennaio. 

# Regno Unito: dopo quasi tre mesi di didattica a distanza, tutte le scuole hanno riaperto l’8 marzo.

# Olanda: asili nidi, materne e scuole elementari hanno riaperto le porte l’8 febbraio, dopo essere state chiuse dal 17 dicembre.

# Spagna: tutte le scuole restano aperte, con casi di chiusura e di ritorno alla didattica a distanza legati agli istituti nei quali si registrano contagi.

# Svezia: sono aperte le scuole materne ed elementari che non hanno chiuso neppure un giorno. Le secondarie di primo e secondo grado sono in parte dal vivo e in parte a distanza fino al 1° aprile.

# Svizzera: le scuole sono aperte, con obbligo di mascherina dai 12 anni.

# In Italia le scuole sono rimaste aperte per una media di 10 settimane. Oggi su poco più di 8 milioni di alunni oltre 7 sono ancora a casa

Credits: lametino,it

Da lunedì 15 marzo sono 11 le regioni rosse, con l’obbligo quindi della solo didattica a distanza nelle scuole: Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Campania, Molise, Puglia. Le regioni in fascia arancione, che sono Valle d’Aosta, Liguria, Calabria e Sicilia, Toscana, Umbria e Abruzzo, possono decidere se aprire o tenere chiuse le scuole, con ogni istituto che in base all’autonomia garantisce la presenza tra il 50% e il 75% degli studenti.

In realtà però in Toscana tutte le scuole sono chiuse nelle province di Arezzo, Pistoia, Prato, in Abruzzo sono chiuse in tutta le regione e in Umbria sono aperti solo nidi e scuole d’infanzia. In totale, su poco più di 8 milioni di alunni oltre 7 rimangono a casa. Una situazione drammatica per gli studenti italiani che sono andati in classe per una media di sole 10 settimane in tutto il 2020.

La Campania risulta il luogo al mondo dove le scuole sono state chiuse per più tempo. 

Continua la lettura con: 🛑 “DAD è solo mio papà”: la PROTESTA A COLORI dei bambini di Milano

FABIO MARCOMIN

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“L’ISOLA che non c’è”: il progetto innovativo di Boeri per un BORGO STORICO

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Credits: altavaltrebbia.net il Trebbia abbraccia Brugnello

“Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino. Poi la strada la trovi da te, porta all’isola che non c’è”. Viene da citare l’Isola che non c’è quando si pensa al progetto di Stefano Boeri, l’archistar del Bosco Verticale milanese, e dei 71 studenti del Politecnico sul borgo di Brugnello in Val Trebbia. In questo caso la strada non è così facile trovarla da sé però, l’architetto ha sicuramente direzionato il pensiero, ma incentivi statali e un cambio di mentalità possono portare all’effettiva realizzazione del progetto. È necessario però capire meglio qual è l’obiettivo di Boeri.

“L’ISOLA che non c’è”: il progetto innovativo di Boeri per un BORGO STORICO

# “La pandemia ha fatto riscoprire i borghi storici” dice Boeri

Credits: architetti.com
Stefano Boeri

L’architetto ritiene che la pandemia abbia fatto riscoprire i borghi storici e che saranno proprio i piccoli comuni a salvare la metropoli. Un po’ di borghi in città e un po’ di città nei borghi è quello che serve. I piccoli comuni italiani si trovano di fronte al loro declino e se non si vuole arrivare al loro abbandono totale bisogna intervenire. In poche parole l’obiettivo è quello di ripopolare i borghi storici, senza tornare però indietro ai tempi di un’attività esclusivamente rurale e agricola, ma piuttosto rendendo accessibile il borgo stesso.

Una prima soluzione sarà sicuramente quella di portare una connessione veloce nei piccoli comuni, nonché essere improntati verso il digitale e il nuovo. Questo non significa però desertificare le città, la cosa risulterebbe impensabile, ma sicuramente rivedere l’organizzazione di essa, puntando ad esempio sui quartieri e sulla “città in 15 minuti”, come sta già pensando Milano, è un buon inizio.

# Il paese di Brugnello in Val Trebbia

Credits: @vivopiacenza
Brugnello

Tra Marsaglia e Bobbio, Brugnello, in provincia di Piacenza, è un piccolissimo paese che conta circa 10 abitanti. Si trova esattamente sopra uno sperone di roccia a 464 m. ed è un paesello di origine medievale, al di sotto del quale ci sono gole scenografiche e una vallata. Nel borgo non c’è molto: poche case, una chiesa e un hotel ristorante per i turisti. La forza del borgo sono però gli artisti che lo abitano che hanno ristrutturato le case di pietra ricavate dalla roccia circostante, ma soprattutto creato motivi floreali, sedie e panchine per gli abitanti, tutto in pietra. È proprio con Brugnello e altri 2 borghi pilota che parte il progetto di ripopolare i borghi.

# Perché si parla di Isola che non c’è?

Credits: altavaltrebbia.net
il Trebbia abbraccia Brugnello

Nei giorni nuvolosi, Brugnello, con un po’ di immaginazione, potrebbe sembrare un paese che fluttua nelle nuvole, ma non è per questo che il progetto guidato da Boeri è ormai chiamato così. Seppure a distanza, l’architetto e i suoi studenti da tutto il mondo hanno iniziato ad ideare progetti per far riscoprire il borgo. Sono proprio queste idee che rendono Brugnello “l’isola che non c’è”, sembrano più un sogno che realtà, eppure sono tutti realizzabili.

C’è chi vuole trasformarlo in un insieme di botteghe per artisti, chi vorrebbe il paese come un luogo dove studiare flora e fauna e poi ci sono coloro che vorrebbero creare un cinema all’aperto con tanto di telo bianco. Non mancano le idee per una nuova didattica: una scuola all’aperto e una cittadella per i bambini che si collega a Marsaglia con un cavo. Peter Pan d’altronde dice che se ci credi puoi volare. Per poter far rinascere Brugnello ci deve essere sicuramente un coinvolgimento degli abitanti del borgo, ma in generale ci dovrebbe essere un cambio di prospettiva. Con i progetti di Boeri, Brugnello sembrerebbe pronto ad innovarsi e magari diventare anche digitale; è qui che ci si sorprende, quasi non si riesce a pensare ad un borgo storico innovativo.

Continua la lettura con: La METROPOLI DEL FUTURO, dove le PERIFERIE sono paesi di MONTAGNA

BEATRICE BARAZZETTI

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In Italia ogni cosa è religione

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Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo (Giordano Bruno)

La nostra epoca, soprattutto in Italia, è dominata da uno sciamanesimo scientifico. Con la rivoluzione scientifica si è combattuta la religione. Ma la religione uscita dalla porta è rientrata dalla finestra, sotto mentite spoglie.

Si vive ormai ogni dimensione sociale con un atteggiamento religioso.
La scienza non è più terreno di dibattito, di osservazioni e critiche ma è il campo della fede. O sei per i vaccini o sei contro. O sei per le mascherine o sei contro. O sei per la scienza o sei contro. Ogni sfumatura di dibattito o di punto di vista è polarizzata e si tramuta in un’etichetta per chi la esprime. Ogni divergenza è giudicata un’eresia e contrastata con carattere inquisitorio da argomentazioni assolute e dogmatiche, per definizione non scientifiche. L’unico modo per redimersi è l’abiura.

Questo accade anche nella politica. Non c’è più un metro di giudizio soggettivo per verificare gli effetti della politica sulla comunità o sulla propria vita ma ci si uniforma a una posizione collettiva, per fede. Anche l’orientamento economico, culturale o lo stesso sapere specialistico sono diventati una forma di culto.

Questo processo inizia con la scuola in cui l’educazione scientifica non esiste: non c’è spazio per la creatività o per lo sviluppo della soggettività ma il sapere lo si trasmette come erudizione da assorbire in modo passivo, senza alcuna possibilità di critica o di variazione.

Un’istruzione che invece di essere punto di partenza per la creatività e la crescita personale struttura un modo di pensare cristallizzato che conforma i comportamenti nell’obbedienza alle regole e all’autorità.
Un’autorità che non è al servizio dei cittadini ma è di tipo sacerdotale. Che richiede solo una cosa: la fede cieca.

Continua la lettura con: la società senz’anima

Per rileggere i pensieri del giorno: I pensieri del giorno

MILANO CITTA’ STATO 

ECLETTICO e NEOGOTICO: il palazzo che sfida Castello e Duomo (Foto Gallery)

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Credits: davide1983it IG - Casa Venegoni

Edificato sopra una porzione del secolare Monastero delle Dame Vergini alla Vettabbia, ne riporta alcuni elementi storici ricostruiti all’interno del cortile. Ecco la sua storia e una selezione di immagini esclusive degli interni.

ECLETTICO e NEOGOTICO: il palazzo che sfida Castello e Duomo (Foto Gallery)

# Casa Venegoni, realizzata in pieno stile eclettico agli inizi del ‘900

Credits: talamascaxx
IG – Casa Venegoni

L’edificio al civico 16 di via Cosimo del Fante è denominata Casa Venegoni, per via dall’omonimo proprietario che commissionò la sua costruzione. Le sue forme ricordano un castello con una svettante torretta a loggia, progettato in pieno stile eclettico dall’architetto Arata e costruito tra il 1923 e il 1927.

 

# L’edificio è stato realizzato sopra una porzione dell’antico Monastero delle Dame Vergini alla Vettabbia

Nel meraviglioso cortile c’è una ricostruzione di un antico chiostro a doppio ordine di portici, la cui parte inferiore con colonne in pietra ed archi a tutto sesto in mattoni fanno da sfondo al magnifico pozzo del trecento. Un tempo infatti in questo quartiere a ridosso di Via Molino delle Armi sorgeva il Monastero delle Dame Vergini alla Vettabbia, l’antica istituzione religiosa risalente al 1236 circa, ampliato e arricchito nel ’400, poi soppresso alla fine del ’700 e quasi completamente demolito agli inizi del ‘900. Gli elementi storici provengono proprio da questo storico edificio religioso e Casa Venegoni è stata costruita sopra una porzione dello stesso

Continua la lettura con: COVA, il “castello Disney” di Milano: è il palazzo più bello della città?

FABIO MARCOMIN

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L’OASI nel DESERTO creata da una SIRENA

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credit: itinari.com

Le oasi sono fenomeni rarissimi e tra le più affascinanti c’è sicuramente Huacachina, l’oasi nel deserto creata da una sirena. Dove si trova?

L’OASI nel DESERTO creata da una SIRENA

Dopo una lunga e stancante giornata di lavoro, vedere una focaccia calda o un piatto di pasta al sugo può essere davvero come vedere il miraggio di un’oasi nel deserto. Le oasi sono un fenomeno veramente raro: lì dove l’aridità è sovrana riesce a crescere della vegetazione, ma non esistono solo nell’immaginazione dei beduini.

Nel mondo ci sono poche, pochissime oasi che possono essere visitate e tra queste spiccano le oasi di erg, ovvero le oasi che si formano tra le dune di sabbia. Oggi andremo alla scoperta di una delle più belle oasi del mondo, Huacachina, dietro alla quale aleggia un’affascinante leggenda.

# Un’ambita meta turistica nel cuore del deserto: ci vivono 100 abitanti

credit: itinari.com

L’oasi di Huacachina si trova immersa nel deserto peruviano di Atacama, nella provincia di Ica. Non solo non è un miraggio, è anche una ambita meta turistica per gli amanti del sandboarding, il fratello dello snowboarding ma sulla sabbia. Turisti a parte, ai bordi del lago naturale si è creata l’omonima cittadina che conta all’incirca 100 abitanti.

Durante tutto l’anno la cittadina attrae turisti per sport ed è una delle tappe preferite dei viaggiatori che attraversano il Perù con lo zaino in spalla. Effettivamente un’oasi creatasi naturalmente tra dune sabbiose è un fenomeno imperdibile e anche le ricche famiglie peruviane, durante gli anni ’40-’50, utilizzavano Huacachina come luogo di villeggiatura per beneficiare delle proprietà terapeutiche dell’acqua.

# Ma attenzione: l’Oasi d’America si sta prosciugando

credit: viator.com

Dagli anni ’90 l’oasi, che per la sua unicità viene chiamata l’Oasi d’America, è stata soggetta a una forte promozione turistica che l’ha portata ad essere la meta ambita che è oggi. Gli abitanti del villaggio ormai vivono di turismo grazie agli alberghi e ai ristoranti che sono stati costruiti sulle sponde della laguna.

Essendo però un lago naturale nel deserto (quindi piuttosto contro natura), la laguna si sta lentamente prosciugando: se non fosse per il ricorso a fonti esterne, le acque dell’oasi si sarebbero asciugate completamente e questo a causa del consumo dell’acqua della falda freatica.

# Una festa celebra la principessa sirena che creò la laguna

credit: viaggiandonelmondo.it

L’Oasi d’America è indubbiamente un luogo da preservare, sia perché è stata dichiarata patrimonio culturale del Paese ma anche perché rimane oggi tra le poche oasi in tutto il continente americano. Se si vuole andare a Huacachina, bisogna andarci preparati visto che non c’è acqua e la situazione è piuttosto critica, ma ne vale indubbiamente la pena… soprattutto durante la Festa della sirena.

La leggenda narra che la creazione della laguna non sia stata casuale, ma che ci sia stato lo zampino di una principessa. Quest’ultima stava sostando davanti ad una piccola pozza d’acqua quando arrivò un cacciatore. La principessa capì che l’uomo non aveva buone intenzioni e così decise di fuggire, trasformando la pozza in un grande lago, i suoi vestiti divennero sabbia e ella stessa assunse le sembianze di una sirena e si tuffò tra le acque dell’oasi. Ancora oggi gli abitanti del luogo sostengono che la principessa sirena continui a vivere nel lago di Huacachina, proteggendo la cittadina.

 

Fonte: Huffington Post

Leggi anche: MONTAGNATERAPIA: la medicina naturale per il corpo e per la mente

ROSITA GIULIANO

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🔴 Dalla Germania: “Negligenza criminale sui morti Covid: il governo Conte rischia il PROCESSO DEL SECOLO”

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Credits: www.lanazione.it

Il settimanale tedesco Der Spiegel denuncia quello che in Italia molti hanno cercato di portare all’attenzione di media e magistrati. In un lungo report ripercorre la dolorosa storia di alcune famiglie che hanno perso i propri cari durante la prima ondata di Covid-19.

Ma non si ferma qui: punta il dito sull’errata gestione della pandemia da parte del “modello italiano” istituito dal Governo Conte. “Negligenza criminale”, fallimenti, omissioni, errori nascosti… per Der Spiegel “il Paese ha reagito troppo tardi e in modo sbagliato”, insabbiando informazioni riguardanti i morti che avrebbero potuto salvare molte vite, non solo in Italia.

Dalla Germania: “Negligenza criminale sui morti Covid: il governo Conte rischia il PROCESSO DEL SECOLO”

# Le famiglie chiedono risposte: “le morti potevano essere evitate?”

Credits: www.avvenire.it

A un anno dall’inizio della pandemia in Italia, i cimiteri sono pieni di nuove lapidi. Infatti, solo durante la prima ondata sono venute a mancare più di 30.000 persone e, ad ora, si contano 105.000 morti totali.

Le famiglie soffrono, non hanno potuto dire addio ai propri cari, si chiedono se sia stato fatto troppo poco per le persone che non ci sono più, se sarebbe andata diversamente con un’altra gestione… Una cosa è certa: “dove un anno fa si è aperto un buco, oggi ci sono domande e rabbia”.

È questo che afferma il settimanale tedesco nel suo articolo online e cita la denuncia sporta da oltre 500 famiglie italiane in seguito alla morte dei propri cari per Coronavirus. Cosa chiedono? Semplicemente dei chiarimenti, alla luce dei documenti che dimostrano che, “all’inizio della pandemia, sono stati commessi e nascosti degli errori”.

# Il piano pandemico italiano era obsoleto e ha portato ad una prima reazione degli ospedali “improvvisata, caotica e creativa”

Credits: www.ilmessaggero.it

“Le accuse sono gravi: l’Italia ha reagito troppo tardi e in modo errato alla pandemia. Il Paese è stato sopraffatto, anche perché i piani di crisi erano obsoleti e inadeguati. Gli errori sono stati nascosti. Era per questo che le persone dovevano morire? Genitori, nonni, coniugi?”.

Infatti, si legge che il piano pandemico italiano non era stato aggiornato dal 2006. Eppure, solo poche settimane prima dello scoppio della pandemia, il Governo italiano aveva comunicato all’OMS di essere pronto e ben preparato per affrontare un’emergenza.

Ma i dati dimostrano altro: “Già nel maggio 2020, l’OMS ha affermato che senza essere preparati ad una tale marea di pazienti malati, la prima reazione degli ospedali è stata improvvisata, caotica e creativa”. Quindi, dalle omissioni iniziali, si è passati a risposte tardive causate da piani arretrati.

# Un Paese sopraffatto dagli errori del Governo?

Credits: www.vistanet.it

In Italia alcune procure, come quella di Bergamo, città epicentro della prima ondata della pandemia, continuano ad indagare sull’operato del Governo Conte e sugli errori iniziali. Ciò che si legge è che “l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Ministro della Salute sono già stati interrogati ed è da mesi che stanno venendo alla luce nuove omissioni”. È chiaro che non si tratta più di singoli casi tragici isolati, ma di fallimenti e di insabbiamenti.

In più, racconta il settimanale tedesco, gli avvocati dei familiari delle numerose vittime hanno consegnato agli acquirenti numerosi dossier nei quali “viene elencato un gran numero di errori ed omissioni: da una parte dei documenti emerge che gli esperti avevano avvertito che era in corso un’epidemia con un tasso di contagio superiore a 2,0, ossia in cui ogni paziente stava contagiando almeno altre due persone. Era un allarme-slavina, che evidentemente non è stato ascoltato”.

L’ufficio del Pubblico Ministero deciderà se, e contro chi, sporgere denuncia. Potrebbe diventare il “processo del secolo” a cui, sicuramente, qualcuno dovrà rispondere.

Fonte: www.iltempo.it, www.spiegel.de

Continua la lettura con: CONTE IN PROCURA per Alzano e Nembro: quando l’Italia diventò tutta “zona protetta” (senza più zone rosse o arancioni)

ALESSIA LONATI

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Unica regola: DIVERTIRSI. L’esperimento olandese anti-Covid che tutti i ragazzi del mondo vorrebbero fare

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credits: europatoday.it

Marzo 2021: una serata in discoteca, 1300 persone, musica e una folla che balla e si diverte. Non è una festa clandestina, ma un vero e proprio esperimento. Il governo olandese sta conducendo una serie di ricerche per scoprire se gli eventi su larga scala possono essere ritenuti sicuri durante la pandemia. Un test che fa sperare di poter tornare presto ad una pseudo-normalità, ma come è stato condotto l’esperimento?

Unica regola: DIVERTIRSI. L’esperimento olandese anti-Covid che tutti i ragazzi del mondo vorrebbero fare

# Biglietti sold out in 20 minuti e più di 100mila richieste

credits: ziggodome IG

Lo Zigo Dome di Amsterdam, la più grande arena musicale della capitale olandese, è stato aperto dopo quasi un anno di chiusura. La discoteca, normalmente capace di contenere 17mila persone, è stata il set dell’esperimento per capire quali comportamenti sociali pre-pandemia siano effettivamente pericolosi per il propagarsi del virus.

I biglietti sono stati venduti a 15 euro l’uno e sono stati esauriti nel giro di 20 minuti. Le richieste per partecipare sono state più di 100mila, un segno della forte mancanza per quei momenti di svago e divertimento che prima del Virus erano parte della quotidianità.

# Partecipanti divisi in gruppi con regole diverse: le variabili dell’esperimento

credits: ziggodome IG

Tutti i partecipanti hanno dovuto presentare il risultato negativo di un tampone, eseguito al massimo 48 ore prima dell’evento, e hanno dovuto ripetere il test a cinque giorni di distanza. All’ingresso, le persone sono state divise in sei “bolle”, aree totalmente indipendenti tra loro, cinque delle quali composte da 250 persone, mentre la sesta da 50.

Ogni gruppo ha dovuto rispettare regole diverse, in questo modo si potrà capire quali siano quelle più efficaci. Un gruppo, per esempio, doveva tenere la mascherina per tutto il tempo, mentre un altro doveva metterla solo per spostarsi dal proprio posto assegnato. Nell’ultima bolla, invece, le restrizioni erano nulle: niente mascherina e piena libertà di scegliere con chi ballare e chiacchierare.

# Drink fluorescenti e app di monitoraggio

credits: old.cipria.org

Il tutto è stato gestito grazie all’aiuto di una nuova app, in grado di tracciare non solo movimenti e spostamenti, ma anche la durata dei contatti dei partecipanti. Ma non è tutto. Ad un gruppo sono stati dati dei drink fluorescenti e i membri sono stati incoraggiati a cantare ed urlare, così da esaminare quanta saliva venga rilasciata nei momenti di massimo divertimento e schiamazzo.

# Verso una riapertura dei locali?

credits: gqitalia.com

Il governo olandese ha affermato che lo scopo è stato quello di osservare il comportamento generale delle persone, per poter così individuare i punti più critici e capire se e quando si potranno riaprire i luoghi di aggregazione.

I dirigenti di Fieldlab, la compagnia che ha condotto la ricerca, hanno dichiarato: “speriamo che questo esperimento possa servire per elaborare strategie su misura per la riapertura delle diverse tipologie di locali pubblici”.

Insomma, che ci si stia avvicinando ad una normalità pre-Covid? È probabilmente troppo presto per dirlo, ma speriamo che i dati raccolti durante l’interessante esperimento in discoteca diano buoni risultati.

Fonte: gqitalia.it

Continua a leggere: Nuovi studi: LOCKDOWN e MASCHERINE sono INUTILI?

CHIARA BARONE

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La BAMBINA con le ali di FARFALLA: l’opera simbolo della nuova Berlino parla VENEZIANO

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Dopo la caduta del muro di Berlino, la parte Est della città è diventata il fulcro della vita notturna berlinese. Pochi sanno che uno dei protagonisti della scena artistica proviene dal Veneto. E sta lavorando a un progetto che potrebbe rivoluzionare la street art mondiale. 

La BAMBINA con le ali di FARFALLA: l’opera simbolo della nuova Berlino parla VENEZIANO

Fino all’arrivo del Covid, nei quartieri di Kreuzberg e di Friedrichshain, una elevata concentrazione di locali notturni, bar e punti di ristorazione a basso costo rendevano la città molto viva. 

Per gli amanti della street art Berlino è un paradiso e questi due quartieri ne rappresentano il punto più alto con opere dei più grandi artisti del settore.

Infatti, questi quartieri si sono affermati nel tempo anche, e soprattutto, grazie a un cospicuo numero di artisti provenienti da tutto il mondo, che hanno trovato nell’area dell’ex Berlino Est la loro dimora preferita.

# L’artista: Michele Tombolini

Oggi vi parlo di uno di loro, Michele Tombolini. Veneziano, classe ’63.

Michele_Tombolini
Credits: @michele_tombolini (IG)

Le sue opere spaziano dalla realizzazione di installazioni allo street art, passando per la performance. La cronaca sociale è ciò di cui si nutre per trarre spunto per le sue opere. Le tematiche che affronta sono forti ed attuali: la povertà, i migranti e la prostituzione minorile. Michele infatti, da tempo, collabora anche con la ECPAT (End Child Prostitution, Child Pornography and Trafficking of Children for Sexual Purposes), una Onlus internazionale che lotta contro il turismo sessuale, la prostituzione e la pornografia a danno dei minori.

Michele vive ancora a Venezia, ma ha trascorso il biennio 2015-2017 proprio a Berlino.

In questo periodo ha scelto la facciata di un bel palazzo al civico 36 di Krossener Strasse, nel bel mezzo di Friedrichshain, per la sua opera Butterfly.

# Butterfly: Il progetto

 

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Credits: @patrick_albertini_photography (IG) – Butterfly, Michele Tombolini

«Una bambina con le ali azzurre ed una croce sulle labbra, emblema delle violenze, domestiche e non, subite da giovanissimi che vorrebbero solo volare con la fantasia e vivere l’infanzia». Proprio accanto all’opera sorge una scuola. «È stata una scelta voluta, in questo luogo l’opera acquista un senso ancora maggiore», racconta Michele. 

L’immagine fa parte del progetto internazionale “Indelible Marks – Contro l’abuso dei minori”. L’opera è stata montata in maniera definitiva in pvt il 28 settembre 2015.

# L’incontro con la realtà aumentata

«Anche se di definitivo, quando si parla di Urban Art, c’è ben poco. Tutto è temporaneo ed è per questo che più che murales io definisco Butterfly un Temporary Work, per quanto aggirato da una soluzione che d’ora in poi espanderemo in tutto il mondo, quello della realtà aumentata», sentenzia Michele.

L’idea di base è che la facciata del palazzo di Butterfly, se viene inquadrata con uno smartphone o tablet, lascia spazio a una serie di animazioni collegate al tema della violenza sui minori. E’ stata anche un’app ad hoc (Experenti), scaricabile gratuitamente sui principali app store. L’app, sviluppata nel padovano, permette di vedere la bambina con le ali azzurre scomparire nel muro e lasciare spazio a storie e video. E si tratta solo di una delle possibilità della realtà virtuale elaborata per questo murales.

L’intenzione di Michele è chiara: «In futuro pensiamo anche di realizzare murales virtuali solo attraverso la realtà aumentata. Ci saranno dei pannelli sui palazzi che sono stati selezionati per le opere e chiunque potrà puntarci sopra il proprio smartphone o tablet».

Continua la lettura con: A BRESCIA una STREET ART da brividi: Aut Aut nella top 50 dei murales più BELLI al mondo

LUCIO BARDELLE

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L’Emilia Romagna, la patria delle DOP

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Credits: @inemiliaromagna DOP Emilia Romagna

È tradizione dell’Emilia-Romagna che, a prescindere dalle forze politiche al governo, il territorio ed il tessuto (produttivo e sociale) debbano essere privilegiati.
Molto spesso, infatti, la creazione di benessere sul territorio è la prima caratteristica dell’attività imprenditoriale.

L’Emilia Romagna, la patria delle DOP

# L’Emilia-Romagna e la nascita dei distretti in Italia

Credits: culturacibo.it
DOP Emilia Romagna

Non è quindi un caso che questa Regione abbia un grandissimo numero di distretti produttivi, ossia di agglomerati di imprese (generalmente PMI) integrate o meno fra loro, che presentano eccellenze tecniche e produttive in specifici ambiti.
Si passa infatti dal distretto agro-meccanico del ferrarese a quello calzaturiero romagnolo, alla cosiddetta “Motor Valley” del modenese, nonché al distretto biomedicale, stretto intorno a Mirandola, sino alla “Food Valley” che ha il suo centro a Parma.
Molto spesso, queste eccellenze sono nate in epoca preunitaria; per esempio, la “data di nascita” del distretto sassolese della ceramica è, per convenzione, il 1741, anno nel quale sorge la prima fabbrica di maiolica nel paese, mentre già ai tempi di Maria Luigia, la “Buona Duchessa” di Parma (lo fu dal 1814 al 1847), nascevano le prime aziende alimentari.

# Le certificazioni DOP, IGP e la loro diffusione

Credits: @inemiliaromagna
DOP Emilia Romagna

Il mantenimento e la crescita delle caratteristiche specifiche dei distretti e delle loro unicità ha generato moltissime eccellenze. L’Emilia-Romagna, con le sue 36 certificazioni tra DOP ed IGP, è la Regione maggiormente provvista d’Italia.
Tra il Parmigiano-Reggiano, l’aglio di Voghiera, i salumi, il pane ferrarese, l’olio di Romagna, il riso del delta del Po, il fungo di Borgotaro, la patata di Bologna e le varietà di frutta, si potrebbe quasi preparare un pranzo completo con le specialità DOP ed IGP regionali.

# Cibo e cultura: gli sviluppi più recenti

Credits: nonsprecare.it
FICO Bologna

Fermo restando l’eccellenza alimentare italiana, famosa in tutto il mondo (tanto che i prodotti alimentari italian-sounding hanno un giro d’affari superiore a quello dei prodotti originali), l’Emilia-Romagna ha inteso dedicare una serie di musei (detti “Musei del Gusto”) alle sue eccellenze alimentari.

Non solo. Nel 2015 Parma è stata nominata Città Creativa per la Gastronomia e, nel 2017, a Bologna, ha aperto “FICO”, il primo parco alimentare italiano. Nato da un progetto di Eataly, FICO (la sigla sta per Fabbrica Italiana Contadina) consta di 40 fabbriche alimentari, ove i visitatori possono vedere la lavorazione di molti prodotti, nonché di oltre 40 tra ristoranti e chioschi.

Continua la lettura con: Casola Valsenio, il BORGO dei FRUTTI DIMENTICATI

ANTONIO ENRICO BUONOCORE

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🔴 2020: l’anno con il più BASSO NUMERO di NASCITE dall’unità d’Italia. Una sola città in controtendenza

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Credits: it.businessinsider.com

Secondo i dati preliminari del bilancio demografico dell’Istat, incrociati con quelli provenienti dall’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, non si raggiunge la soglia di 400.000 nuovi nati. Il risultato peggiore da quando l’Italia è unita. Ecco i numeri nel dettaglio per città: una sola registra un incremento.

2020: l’anno con il più BASSO NUMERO di NASCITE dall’unità d’Italia. Una sola città in controtendenza

# Due record negativi: maggior numero di decessi dalla seconda guerra mondiale e minor numero di nati dall’Unità d’Italia

Credits: Istat – Numero medio giornaliero morti

In base ai dati preliminari sul bilancio demografico dell’Istat, il 2020 rischia di passare alla storia per due record negativi. Il primo è il maggior numero di morti, oltre quota 700.000, superato nell’ultimo secolo in due sole occasioni nel 1920 a causa dell’epidemia di Spagnola con 1,3 milioni di decessi e durante la Seconda guerra mondiale.

Il secondo, forse ancora più preoccupante in prospettiva futura, è quello del minor numero di nati dall’Unità d’Italia se, fatto molto probabile, non si raggiungerà la quota di 400.000. Nell’attesa del bilancio demografico definitivo per il 2020 alcune di queste valutazioni a supporto si possono elaborare incrociando i dati dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente con il contributo di altre fonti amministrative. “I dati segnalano un calo delle nascite già nei primi dieci mesi dell’anno, destinato a peggiorare negli ultimi due: secondo le informazioni relative a 15 grandi città, a dicembre il crollo si dovrebbe attestare intorno al 22%.”

# La situazioni nelle 15 grandi città prese in esame

Credits: it.businessinsider.com

Un valido indizio in tal senso viene appunto fornito da un resoconto provvisorio su un insieme di quindici grandi città per le quali si ha la disponibilità di un dato anagrafico completo e attendibile per l’intero anno 2020. Nell’ambito di tale insieme, che aggrega circa 6 milioni di residenti e ha dato luogo nel 2019 al 10,6% dei nati in Italia, la frequenza di eventi nel corso del 2020 è diminuita mediamente del 5,21%. Nel dettaglio si passa dal -0,1% di Bologna al -16% di Bari, subito prima di Taranto che registra un -12% e Modena un -11%. Le città di Palermo, Napoli e Perugia sono circa allo stesso livello, attorno al -6%, mentre Milano, Brescia e Firenze si posizionano al -4% circa. L’unica città in questo grafico a registrare un segno positivo nelle variazione delle percentuali di nati nel 2020 rispetto al 2019 è Foggia con il +2%.

Se non venisse raggiunta la soglia di 400.000 nuovi nati per il 2020 cadrebbe anche una delle poche conseguenze positive derivanti dal lockdown, il fatto che rimanendo più tempo a casa si sarebbe registrato un incremento delle nascite. “I lockdown e le restrizioni, oltre a pesare sulla salute mentale e sulle prospettive economiche, hanno anche fisicamente impedito a tante persone di incontrarsi e formare legami che possano poi portare a una gravidanza.” 

Fonti: Business Insider, Istat 

Continua la lettura con: I 10 NOMI di battesimo più DIFFUSI a Milano (con il loro significato)

FABIO MARCOMIN

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🔴 Lanciato in orbita SIMBA il SATELLITE ITALIANO amico degli animali

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E’ partito alle 6:07 di lunedì 22 Marzo, ora di Baikonur, in Kazakistan, il WildTrackCube-SIMBA, il satellite targato Università la Sapienza di Roma,  che monitorerà gli animali del Kenya dall’alto.

Lanciato in orbita SIMBA il SATELLITE ITALIANO amico degli animali

Il lancio di questo piccolo gioiello della nano tecnologia sviluppato da studenti e ricercatori del laboratorio S5Lab – Sapienza Space Systems and Space Surveillance Laboratory coordinato da Fabrizio Piergentili e Fabio Santoni della Sapienza Università di Roma, è partito questa mattina nell’ambito di un lancio organizzato dall’agenzia spaziale federale russa Roscosmos. Si tratta del primo lancio commerciale dedicato dell’agenzia Roscosmos realizzato attraverso la sua sussidiaria GK Launch Services, utilizzando un veicolo Soyuz 2.1a / Fregat per portare in orbita un gruppo di satelliti, incluso il CAS500-1 della Corea del Sud e l’italiano SIMBA.

Soyuz, che sfoggiava una nuova livrea blu e bianca, è decollata dal sito 31/6 del cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan, quando da noi erano le 02:07. Presto, grazie al lavoro degli studenti della Sapienza e all’innovativo sistema di tracciamento che hanno realizzato, attraverso la raccolta dei dati sanitari e di localizzazione, SIMBA, permetterà di monitorare la fauna selvatica nei parchi nazionali del Kenya e di studiare il comportamento degli animali. Obiettivo ultimo è quello di identificare soluzioni per limitare i pericoli legati al loro sconfinamento, come i gravi danni alle colture.

In particolare il dispositivo sarà in grado di ricevere la posizione e i dati sanitari degli animali, dotati di un collare, e di ritrasmetterli alle stazioni di terra, dove verranno elaborati con la collaborazione delle università kenyane partecipanti.

Il progetto è stato supportato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) e dall’Agenzia Spaziale del Kenya nell’ambito del programma IKUNS – Italian-Kenyan University Nano-Satellites. La missione è risultata vincitrice nel 2019 del concorso internazionale “Win a free launch of 1U Cubesat on the first commercial mission of GK Launch Services”, promosso dalla International Astronautical Federation e dalla compagnia di lancio GK Launch Services.

FRANCESCA SPINOLA

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🔴 La PASTIGLIA per curare il COVID a casa: Genova la sperimenta per prima

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Credit: @audioramanoticias

Ci sono gli anticorpi monoclonali e i vaccini, ma per combattere il Covid potremmo avere un asso nella manica.

Si chiama Molnupiravir ed è un farmaco sperimentale che potrebbe permettere ai pazienti affetti da Covid-19 di curarsi in casa.

La PASTIGLIA per curare il COVID a casa: Genova la sperimenta per prima

# Genova scelta per iniziare la sperimentazione

Genova è stata scelta insieme ad altri sei centri italiani per testare un nuovo farmaco in compressa per curare il Coronavirus.

Qui in questi giorni inizieranno i test per questo nuovo farmaco sperimentale, sempre continuando parallelamente la sperimentazione degli anticorpi monoclonali.

A fare la differenza contro questo virus potrebbe essere una pastiglia di nome Molnupiravir, un nuovo antivirale che sembra essere molto efficace.

“Se i risultati saranno positivi, potrebbe essere una delle cure da dare a casa ai pazienti con il virus”. Queste le parole di Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, sulla sua pagina Facebook.

# Il Molnupiravir

Credit: @audioramanoticias

Il Molnupiravir, in quanto compressa, potrebbe permettere ai malati di curarsi in casa.

Durante gli studi il farmaco si è dimostrato efficace: sembra riuscire ad evitare che i pazienti vadano verso una forma grave di Covid, oltre ad abbreviare la fase infettiva e ridurre rapidamente i focolai locali.

Questo permette di abbassare la carica virale e dunque la trasmissibilità.

La speranza l’infettivologo genovese è di poter iniziare la sperimentazione già nella prima settimana di aprile, così facendo si potrebbero avere le informazioni sufficienti per stabilirne la sicurezza e l’efficacia già in estate.

Secondo studi oltreoceano ci sarebbero effetti nell’immediato.

I dati presentati di uno studio americano di fase 2 (su 200 pazienti non ospedalizzati), dimostrano gli effetti positivi del farmaco dopo solo cinque giorni dalla somministrazione: la carica virale si riduce in tutti i pazienti. 

# Lo studio sugli anticorpi monoclonali

Credit: Facebook Matteo Bassetti

Ora che i monoclonali sono arrivati in tutta Italia cerchiamo di usarli. Abbiamo un’arma in più”, è così che Bassetti scrive su Facebook il 18 marzo, dimostrando l’orgoglio e la speranza per i nuovi studi.

Il primo paziente di questi studi in Liguria è stato trattato nei giorni scorsi all’Ospedale San Martino di Genova; la sperimentazione con gli anticorpi è iniziata su un un uomo di 71 anni con cardiopatia.

Bassetti spiega: “Deve essere somministrato molto precocemente entro 72 ore dalla positività del tampone o entro dieci giorni dall’esordio sintomi. Per far questo bisogna occorre a prendere il paziente a casa ovvero intercettarli precocemente. I malati candidabili a questa cura sono pazienti con più di 65 anni o con comorbidità ovvero soggetti in cui il Covid può dare una malattia più grave”.

Dopo essere stato ricoverato per un’ora, il paziente è tornato a casa.

# Una nuova speranza

L’efficacia della sperimentazione sugli anticorpi monoclonali e adesso la nuova compressa si aggiungono a tutte le armi che stiamo trovando contro il Covid-19.

“Ora abbiamo un’arma in più per le fasi iniziali dell’infezione. Una bellissima notizia”, scrive Bassetti.

Fonti: mentelocale.it

Continua la lettura con: L’allarme di SCIENCE: se non apriamo tutto il Covid finirà tra 10-20 ANNI

ARIANNA BOTTINI

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La MILANO ANTIFRAGILE: due storie di MILANESI che ce l’hanno fatta

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credit: antoninoscuderi.it

Nei momenti di crisi come passare dalla resilienza all’antifragilità. Due storie di milanesi che ce l’hanno fatta.

La MILANO ANTIFRAGILE: due storie di MILANESI che ce l’hanno fatta

Durante i momenti di crisi è normale abbattersi e non vedere vie d’uscita. Se ai problemi ordinari se ne sommano di straordinari dovuti, come adesso, a una pandemia mondiale e dissesti finanziari correlati, è facile comprendere quanto sia importante e possa fare la differenza il modo in cui si reagisce ad essi.

# Oltre la resilienza c’è il concetto di “antifragilità”

credit: antoninoscuderi.it

Gli italiani, e in particolare i lombardi, primi e più colpiti in Europa dal coronavirus, hanno dimostrato complessivamente una resilienza ammirevole essendo stati capaci di assorbire l’urto e rialzarsi dopo la caduta. Il concetto di resilienza può però essere superato da quello di antifragilità che permette non solo di resistere e ritornare allo stesso punto di partenza ma di uscire anche migliorati da una situazione difficile attingendo in modo nuovo dalle proprie risorse. Il concetto di antifragilità è stato espresso per la prima volta nel saggio Antifragile” di Taleb che spiega proprio come sia possibile trarre vantaggio e migliorare nelle situazioni critiche. 

Di seguito vi illustriamo due storie di due milanesi antifragili, che sono riusciti a ribaltare a proprio favore le crisi che hanno attraversato, e vi spieghiamo come hanno fatto. 

# Sergio Costa: 53 anni e scrittore

credit: sergio-costa.com

A cinquant’anni Sergio, capoturno da vent’anni in una multinazionale che produce olio industriale, si trova a dover affrontare inaspettatamente il mostro della depressione e degli attacchi di panico. Ogni ambito della sua vita viene stravolto e Sergio, una notte, mentre si sta recando al lavoro, arriva a pensare di compiere un gesto estremo. Purtroppo viene ritenuto inabile a svolgere la sua mansione lavorativa e viene anche licenziato.  La sofferenza è lancinante ma la voglia di non arrendersi è ancora più forte e Sergio chiede aiuto a una psicoterapeuta esperta in ipnosi ericksoniana di Abbiategrasso, in provincia di Milano. Inizia un doloroso ma affascinante viaggio nei meandri della propria psiche e, seduta dopo seduta, Sergio inizia a sentirsi meglio. La sua psicoterapeuta, oltre alle canoniche sedute in studio, gli consiglia di fare lunghe passeggiate nel parco vicino a casa e di iniziare a scrivere di sé per attingere ancora meglio alle proprie risorse. Per Sergio è la svolta. Le emozioni che aveva soffocato per tutta la vita iniziano a fluire e a imprimersi sui blocchi di fogli che scrive. Ne viene fuori una vera e propria biografia che, partendo dal resoconto della propria psicoterapia, arriva a ripercorrere episodi di tutta una vita. Sergio mostra i suoi appunti alla sua psicologa che lo esorta a continuare in quanto scrivere gli sta nuovamente facendo assaporare il piacere di coltivare una passione e di avere un motivo per alzarsi la mattina. Scrivere diventa ben presto la sua ragione di vita. La terapia dopo due anni è terminata con successo e Sergio oggi sta bene. Apri gli occhi e porta le mani alla fronte” oggi è diventato un libro venduto nelle principali librerie ed è stato anche acquisito dalla biblioteca della facoltà di psicologia dell’Università di Padova e dalla biblioteca centrale di Roma. A giugno uscirà il suo secondo libro e il terzo è in fase di editing. Silvia, figlia diciannovenne di Sergio, dalla dolorosa esperienza del padre ha appreso a sua volta l’antifragilità e da quest’anno frequenta il primo anno della facoltà di psicologia a Milano.

# Andiol Malka: 28 anni e studente in medicina

credit: catania.liveuniversity.it

Andiol nasce e cresce in Albania ma, a 18 anni, decide di emigrare per trovare migliori opportunità lavorative che gli permettano di guadagnare abbastanza per realizzare il suo sogno di studiare in qualche università europea e diventare medico. Decide di trasferirsi a Milano: purtroppo parla poco italiano e la vita da solo in una grande metropoli risulta troppo costosa. Tutto sembra volgere al peggio e il suo entusiasmo giovanile si scontra con una realtà più dura del previsto. Non riesce più a mantenersi, tuttavia, invece di tornare a casa in Albania decide di tentare negli Stati Uniti. Lavora come cameriere e cassiere risparmiando ogni singolo dollaro possibile per cinque anni. Quando arriva a lavorare come interprete in un ospedale di Boston ritrova la voglia e il coraggio di riprendere l’università. Torna in Italia e finalmente può dedicarsi a tempo pieno allo studio. Oggi Andiol, milanese d’adozione, è al quarto anno della facoltà di medicina e chirurgia a Milano e svolge il suo tirocinio formativo presso l’ospedale San Paolo. 

Leggi anche: Tre RAGAZZE di Milano stanno dando nuova vita alle CABINE TELEFONICHE

SILVIA FUSARI IMPERATORI

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