Sesto San Giovanni si prepara ad entrare nel futuro con la rigenerazione delle aree ex Falck grazie al progetto firmato Renzo Piano insieme all’architetto milanese Ottavio Di Blasi & Partners.
Via ai LAVORI per la STAZIONE FERROVIARIA del futuro. Firmata RENZO PIANO
# Il progetto cucirà insieme due zone da sempre DIVISE
credits: @milanosesto_official IG
I lavori di rigenerazione prevedono il rifacimento delle immense aree di ex Falck attraverso la costruzione di una cittadella con ospedali, i centri di ricerca “La città della Salute”, sedi universitarie, un bellissimo viale alberato con abitazioni per studenti e famiglie e un grande parco urbano. Anche la stazione ferroviaria subirà grosse modifiche.
“Il progetto cucirà insieme due zone da sempre rimaste divise dai fasci di binari”, commenta il sindaco della città Roberto di Stefano, “e con la posa della prima pietra inizia una nuova era.”
# Iniziati i lavori
credits: @roby.di.stefano IG
I primi lavori sono iniziati ieri, lunedì 11 ottobre, dove è stata posata simbolicamente la prima pietra in quella che a breve diventerà la nuova stazione ferroviaria. Sesto San Giovanni si prepara a una vera e propria “mutazione genetica” poiché “la nuova stazione si inserisce nel più grande progetto di rigenerazione urbana in Italia e in Europa”, afferma il presidente regionale Attilio Fontana.
Renzo Piano ha progettato uno scalo ferroviario estremamente moderno con una grande copertura fotovoltaica in ferro e vetro, tante aree verdi come il viale alberato pensato proprio a ridosso della stazione e una passerella vetrata lunga 89 metri sospesa sui binari già esistente. È proprio questa passerella che rappresenterà il ricongiungimento delle due zone da sempre rimaste separate, il nucleo storico e l’ex area delle fabbriche, diventando anche un punto panoramico su tutto il progetto di MilanoSesto.
Nella realizzazione della stazione, la quale prevederà due anni di lavori, verrà dedicata particolare attenzione alla minimizzazione dell’impatto ambientale e al contenimento delle polveri tramite teli appositi e sistemi di nebulizzazione cannon fog.
# Altri cantieri sono previsti per il 2022
credits: milanosesto.it
Il progetto da 3,5 miliardi di euro, già avviato nel mese di luglio, prevede un ulteriore passo avanti nel 2022 quando si vedranno avviare i primi cantieri per la costruzione del primo lotto privato “Unione Zero”. L’ad di MilanoSesto Giuseppe Bonomi spiega che “tra pochi mesi vedremo sorgere da un lato la Città della Salute e della Ricerca e dall’altro dall’altro, la prima porzione di quella che sarà una vera e propria nuova città”.
L’ingegnere Luigi Cimolai ha dichiarato al Corriere della Sera che “la nuova stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni rappresenta per noi una nuova sfida nell’ambito dei grandi progetti di riqualificazione urbana che, specie negli ultimi anni, ci hanno visti protagonisti in contesti esteri quali New York e Londra”.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Se dovessimo fare una lista delle certezze della vita di ogni individuo, possiamo elencare la nascita, la crescita – di conseguenza la vita produttiva e il tempo libero – un giorno (speriamo lontano) anche la morte. E le tasse. A Milano potemmo giocare un ruolo da protagonisti in positivo, se solo lo chiedessimo tutti: lottare contro le tasse assurde e quelle ingiuste. Come un tempo si faceva con le cinque giornate.
Le TASSE più ASSURDE che si pagano in Italia
# Balzelli d’Italia
Credits: consumatori.it
Questo il nome di un rapporto redatto da Confersercenti nel 2021, che spiega nel dettaglio le trappole fiscali in cui è imbrigliato ogni cittadino, indipendentemente dal lavoro che fa o dal reddito che percepisce. Il campione francese di ciclismo Hinault, che nella sua carriera ha vinto tutto ciò che si può vincere nella sua disciplina, una volta ha dichiarato: «Ogni 4 colpi di pedale che tiro, 3 sono per lo Stato, uno è per me». È così anche in Italia? Ovviamente sì, anzi peggio. Nel bel paese le tasse, come le definiamo normalmente, sono in numero infinito ma la più inesauribile delle variabili, è la fantasia che lo Stato applica per inventarsi nomi e modi per tassare qualsiasi cosa. Non ci credete?
# Tassa sull’ombra, sul tricolore, sulle fasi della vita
Bandiera italiana
Riusciamo a tassare perfino l’ombra. Se un locale mette una tenda per dare ombra ai tavolini dei propri clienti, e questa tenda proietta la sua funzione sul suolo pubblico, ecco che scatta l’occupazione dello stesso e il gestore del locale dovrà pagare l’apposita tassa.
Parliamo dei tricolori, che chiunque di noi, si è abituato a vedere appesi ai balconi. Attenzione, perché esporre il tricolore è costato caro ad un cittadino di Desio, che qualche tempo fa si è visto appioppare una sanzione pari a 280 Euro, per riconoscere allo stato italiano i diritti di pubblicità sul vessillo nazionale. Questa abitudine di esporre il tricolore potrebbe cambiare radicalmente, dopo aver approfondito questo paragrafo.
Tra le certezze della vita, come la nascita, la vita stessa e la morte, ognuna è accompagnata da un’imposta: ogni documento, ogni certificato, necessario per accedere a qualche altro servizio, è abbinato alla fila in un ufficio pubblico e alla sua tassa. Il matrimonio, ad esempio: i futuri sposi sanno che il matrimonio è una spesa ingente a prescindere. Cosa vuoi che sia, da parte degli enti locali, pretendere l’imposta per consentire il matrimonio nei locali comunali? Con i migliori auguri per i novelli sposi, più poveri ma più uniti. Non c’è pace neanche in caso di morte, che è un’odissea fiscale infinita. In caso di decesso si inizia col tassare il certificato di constatazione della morte, poi si continua con le tasse sulla tumulazione, quasi sempre in territorio comunale, o perfino sui lumini e la decorazione delle tombe.
# La tassa per uscire di casa
Credits: @monicafumagalli2561 IG
Sulla casa, diritto primario garantito dalla Costituzione e, senza nasconderlo, desiderio di ognuno di noi, le tasse sono creative. Credete ci sia soltanto quelle che tutti conosciamo come IMU e Tassa Rifiuti? Ovviamente no!
C’è la tassa per uscire di casa. Si chiama TOSAP ed è la tassa di occupazione di suolo pubblico, da versare se si vuole occupare in qualsiasi modo una sede stradale di proprietà del demanio statale. Se il passo carraio, che permette ingresso e uscita da una proprietà privata, sbocca su una strada che ha queste caratteristiche, ecco il balzello senza il quale non si può uscire di casa con il proprio veicolo. Che dire poi dei gradini? Tutti coloro che hanno una casa, la quale preveda dei gradini di ingresso da una strada o un marciapiede pubblico, devono versare un’imposta ogni anno per potervi accedere. Qualche anno fa il Comune di Agrigento ha vessato i propri cittadini con una tassa sui ballatoi, da versare per tutti coloro la cui casa ha una balconata che affaccia sulla pubblica via. C’è anche la tassa sui membri canini delle famiglie: ripetutamente torna a galla la voglia di richiederla. Si tratta di un tributo locale, che alcuni comuni possono imporre per tenere cani in famiglia e consisterebbe nel pagamento annuale di una quota che può variare, da Comune a Comune, dalla taglia del cane e che vale per ognuno dei cani tenuti, per importi compresi tra i 20 e i 50 Euro.
# Le tasse sugli hobby
Pesca alla mosca
Se avete degli hobby, nessun problema, anche quelli sono tassati. Se vi piace andare a pesca o andar per funghi, lo Stato si prende un tributo anche per farvi svolgere questo tipo di attività. A Milano, superando un po’ le fantasie perverse di tutti, abbiamo Area B e Area C che – seppur pensate per mettere un limite agli ingressi in città dei veicoli privati – assomigliano al fiorino medievale richiesto a Massimo Troisi e Roberto Benigni nel film “Non ci resta che piangere”. Entrare a Milano con un’auto datata, anche al sabato e alla domenica per fare un po’ di shopping, richiede il versamento di “uno scudo”, che è un po’ il segno della svalutazione dal fiorino del Medio Evo ad oggi. Tassare gli hobby significa imprimere per sempre il concetto che il tempo (libero) è denaro.
Credits natalecangemi IG – Canone Rai
# La “tassa sulla memoria”
Lo dimostrano tutti i balzelli legati all’intrattenimento: la “tassa sulla memoria”, dovuta alla S.I.A.E. per imprimere dati come musica e film, su CD e memorie fisiche esterne. SIAE si appropria anche di versamenti dovuti per la riproduzione della musica dal vivo, al bar, dal parrucchiere ed eseguita dagli artisti di strada. Nessuno può scampare al mantenimento degli storici cantautori italiani.La classe giornalistica, di cui anche milanocittastato.it è esponente, in ottima compagnia di tutte le testate giornalistiche italiane, ha il suo contributo da versare: ogni giornalista, per poter operare nell’ambito dell’ordine professionale, deve pagare 100 Euro all’anno. Il canone RAI, infine, è un dazio annuale da versare obbligatoriamente per usufruire della TV di stato. L’introito è regolato da un rigido protocollo anti evasione, perché viene versato insieme alla già onerosa bolletta energetica, la quale merita un trattamento a parte.
# Paghiamo ancora l’accisa per la guerra in Abissinia (del 1935)
Credits: money.it – Accise
La bolletta energetica è un’istituzione a parte. Lasciando stare i fantasiosi meme che girano sul web, alcuni fatti apposta per cavalcare il giusto malcontento dell’utente medio, il costo di energia e carburanti è qualcosa di leggendario. Sopravvive tutt’oggi, sul carburante per auto, la vecchia tassa istituita nel 1935 per finanziare la guerra in Abissinia. Nessun italiano di oggi sa cosa sia, non sentitevi in difetto: quella guerra è finita, anche se la tassa non è mai stata cancellata. Una misteriosa Efficienza Energetica, che compare in bolletta sotto forma di EF-EN, denota l’uso efficiente dell’energia. Cosa vuol dire e a cosa serve? Nessuno lo sa, ma l’erario intanto incassa. Nella bolletta elettrica, infine, si paga una tassa sulle centrali fantasma, un fondo percepito come premio da quei comuni che hanno sul proprio territorio una centrale nucleare. La tassa equivale a circa 1 Euro ogni 5.000 kWh di produzione, anche se dai referendum sul nucleare che si sono succeduti nel nostro paese dal 1988 in poi, le centrali italiane hanno smesso di produrre energia e sono in avanzato stato di spegnimento.
# Le fantasie perverse dello Stato
Lo stato e i cittadini italiani, vivono grazie ai proventi del proprio lavoro. Una delle industrie più fiorenti, almeno in tempi cosiddetti normali, è quella del turismo la quale è, ovviamente, coinvolta nel gioco delle tasse. Come non ricordare la reintroduzione dell’imposta sui forestieri, influenzata dalla classe alberghiera del soggiorno e scritta per farsi trovare pronta anche in caso di riforma fiscale federale: a seconda del territorio, la tassa di soggiorno potrà essere più o meno alta, regolata dalla giunta regionale della zona in cui si va in vacanza. Infine due episodi solo per spiegare fin dove arriva la perversione della burocrazia italiana. Vige tutt’ora l’obbligo di versare un contributo per la bonifica delle paludi, una tassa istituita nel 1904 e che ha fortemente spinto alla conquista di terre coltivabili. Sicuramente un’opportunità che nel 1904 ha iniziato a sfamare sempre più cittadini, ma che oggi è del tutto superata. Poi diamo un’occhiata alla tassa sulla tassa, con un focus attento alla tassa rifiuti, la quale non viene versata al netto di altri tributi ma è aggravata dall’IVA, introdotta dopo innumerevoli rimbalzi e che la Corte Costituzionale ha sancito come legittima nel 2020.
# Il terzo Paese per pressione fiscale e Milano prima al mondo per residuo fiscale
L’Italia è il terzo paese dell’area OCSE con la maggiore pressione fiscale su cittadini, lavoratori e imprese. Il prelievo fiscale, solo quello statale, si aggira oltre il 43% e – tra altre imposte locali e IVA su tutti i beni acquistati – il prelievo fiscale ”percepito” supera il 60%. L’unico fatto positivo di tutto questo gioco delle tasse, è realizzare che Milano genera il più alto residuo fiscale del mondo, quindi siamo autorizzati a sognare e volare se solo pensiamo a quanto una Milano libera di gestirsi e autonoma, potrebbe realizzare trattenendo una parte di questi tributi. Quanto potrebbe, ad esempio, calare il prelievo fiscale per i milanesi in una Milano amministrata come una moderna Città Stato, al pari di Parigi, Londra, Zurigo, Berlino, Francoforte e tante altre in Europa?
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Nelle tradizioni vediche esistono momenti ciclici in cui il Devaloka, l’Olimpo vedico, viene occupato dagli Asura, che sono gli antagonisti dei Deva, i signori delle tenebre subentrano a quelli della luce. Quando le forze degli inferi occupano la città degli dei anche i cieli e la terra degli uomini si trasformano in province dell’inferno.
Molte tradizioni fanno risalire attraverso metafore questo momento della cacciata dal paradiso terrestre. Il senso è che gli esseri umani smettono di avere coscienza della connessione che li unisce al creato e agli altri esseri viventi, perdono il principio unitario dell’esistenza e iniziano a percepire se stessi come distinti attraverso un Io fittizio, e si nutrono di possesso e di distanziamento dall’altro che viene percepito come un avversario e ricorrendo a forme e aggregati sociali come il gruppo la famiglia che compensa in modo simbolico l’unità perduta senza mai generare la gratificazione ontologica.
In generale, in ogni cultura c’è sempre il momento delle tenebre in cui le forze del male, che possono essere raffigurate come vampiri, demoni, zombie, in ogni tradizione hanno una loro rappresentazione, prosperano utilizzando le emozioni negative degli esseri umani che loro stessi inducono.
Ci sono diversi segnali che stiamo vivendo un momento di tenebre. L’evidenza è che nei tre regni, animale, vegetale e minerale la violenza dell’uomo domina. C’è un sistematico sfruttamento, si basa tutto sulla cultura del possesso, del consuma e dell’esclusione dell’altro.
Metà del mondo paga con fame, disperazione e morte il benessere che l’altra parte del mondo definisce come sviluppo, tecnologia, crescita ma in realtà si tratta sempre di sopraffazione contraffatta dalla parte dominante di falsi valori come la democrazia. La componente distruttiva dell’azione umana è oggi preponderante in ogni campo, sia rivolta contro l’uomo, gli uni contro gli altri, che rivolta contro l’ecosistema che ci ospita in cui dovremmo essere dei rispettosi custodi invece che dei vandali.
Non avendo queste forze oscure una esistenza autonoma sono condannate a distruggere se stessi nel momento in cui hanno distrutto l’organismo che hanno parassitato. Questa distruzione porta in sé i germi della rinascita. Ciò che stiamo vivendo oggi con dolore è il substrato di cui la nostra civiltà si è nutrita al di là delle illusioni.
Visto che la dimensione del tempo è ciclica e non lineare, il momento più buio della notte è quello che precede l’aurora. Il fatto che il male sia costretto a mostrare finalmente il suo volto più della sua forza è segno della sua debolezza.
Michelangelo Buonarroti, Creazione di Adamo, Cappella Sistina
In un cartone animato di Bruno Bozzetto una fabbrica stampava le persone a cui, attraverso un razzetto rosso, veniva impiantato un cervello programmato sull’obbedienza e sul lavoro indefesso.
Secondo molti scienziati l’evoluzione in natura e nelle societàavviene a salti, non seguendo un percorso uniforme.
Esistono dei momenti in cui l’umanità ha fatto un salto epocale, come è avvenuto con il Rinascimento, la Rivoluzione francese o anche con la fine della seconda guerra mondiale. Di solito questi salti si sono verificati dopo un periodo particolarmente buio dell’umanità.
Così sta accadendo adesso. Mentre i teorici dell’allevamento degli animali stanno puntando verso forme più naturali e integrate nella natura, al contrario gli esseri umani stanno perdendo sempre più lo stato di natura per essere confinati all’interno di logiche da allevamento intensivo, in cui la salute fisica e mentale vengono determinati da paradigmi imposti dall’alto. Riducendo qualunque possibilità di libera scelta o di azioni in contraddizione con le regole del sistema.
Se questa tendenza avrà seguito ci troveremo in futuro nel paradosso di avere allevamenti naturali per gli animali e l’essere umano inquadrato in batteria per una produzione rapida, sicura ed efficiente.
Questo processo che sta accelerando nelle nostre società però sta generando anche una reazione contraria: la formazione di una coscienza condivisa che mira innanzitutto a ripristinare delle componenti di vita fondamentale dell’epoca preindustriale. L’esigenza di avere contatti fisici invece che virtuali, un atteggiamento di armonia nei confronti della natura, la condivisione di valori comuni fondati sul rispetto della libertà individuale.
Forse stiamo vivendo una trasformazione ancora più radicale: potremmo essere di fronte a uno dei salti evolutivi della storia, dove il ripristino di valori perduti diverrà concime per nuove forme di cooperazione e di sviluppo tra gli esseri umani. In cui si avrà una maggiore coscienza individuale e collettiva e un maggior senso di unione e comunicazione anche con altre forme viventi.
Come il Rinascimento ha fatto nascere l’era moderna attraverso il recupero della grande cultura classica del passato, così potremmo avere davanti a noi una nuova era fondata su valori e tradizioni preindustriali.
Un processo questo non solo già in atto, ma forse inevitabile.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
In occasione della Giornata mondiale della Salute Mentale, celebrata ieri 10 ottobre, a Londra è partita un’iniziativa che ha visto la realizzazione di vagoni e spazi delle stazioni dedicate al relax e al “mindfulness”. Potrebbe essere un’idea per i mezzi pubblici milanesi?
I “TRENI del RELAX”: un’idea anche per i pendolari di Milano?
# Un’iniziativa nata per alleviare lo stress del pendolarismo
Credits: @antonphatianov IG Inner Journey
L’iniziativa Inner Journey (Viaggio Interiore) è partita da una charity con sede a Londra e presieduta da un italiano, Angelo Iudice. Stiamo parlando di “Youmanity”, un’associazione che ha deciso di sviluppare dei programmi di meditazione sui treni e nelle stazioniper tranquillizzare i pendolari dall’ansia del ritorno al lavoro. Sì perché dallo scorso mese sembra proprio che si tratti di un ritorno alla normalità, a scuola, università e lavoro, ma non tutti sono ancora abituati ai ritmi frenetici del pre-pandemia. Così a Londra si è deciso di alleviare lo stress da pendolarismo realizzando dei vagoni del relax, il primo treno “mindfulness” al mondo.
# Il treno del relax
Credits: @antonphatianov Inner Journey
Più precisamente, sono state allestite 12 carrozze con ambientazioni e suoni ispirati alla montagna, alla foresta, all’oceano e alla compagna, insomma a tutte quelle zone che evocano tranquillità. Non solo poi si è voluto ricreare ambienti rilassanti, ma se si è in una di queste carrozze si può scaricare un’app e accedere a tutti i programmi di meditazione a tema naturale. In questo modo il viaggio in treno non sarà più pesante e stressante, né quando si andrà a lavorare né quando si tornerà da una giornata pesante.
DLR (Docklands Light Railway), inoltre, ha voluto realizzare alcuni spazi dedicati al relax e al benessere mentale all’interno di 3 stazioni, tra queste quella di Canary Wharf.
# Un’idea per Milano?
Credits: @antonphatianov Inner Journey
Anche Milano è ripartita quasi nella sua totalità e così i mezzi pubblici meneghini sono di nuovo pieni. Allora ci si chiede, sarebbe una buona idea replicare l’iniziativa londinese per le metro, i treni, tram e bus milanesi? Certamente anche i pendolari del capoluogo lombardo conoscono lo stress tipico del viaggio per andare o tornare dal lavoro. Spesso poi ci si dimentica di fare una pausa e prendere un attimo di respiro, come dice Angelo Iudice, per questo i treni “mindufluness” non sembrano una cattiva idea.
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Immaginate un immenso giardino all’inglese, con fontane che disegnano giochi d’acqua circondate da tremila rose di cent’ottanta varietà diverse, orchidee, fiori profumati, case sull’albero, un labirinto di bambù e sullo sfondo un magnifico castello, magari proprio quello dei primi film della saga di Harry Potter. Un sogno, vero? No, realtà ma con un particolare non proprio trascurabile: le piante, in una specifica area, sono tutte velenose e potenzialmente mortali!
Il GIARDINO dei VELENI: potrebbe essere l’ultimo luogo che vedrete nel mondo
# “Queste piante possono uccidere”
credits: @kooky.moon IG
Si tratta del maestoso Poison Garden di Alnwick a Northumberland, una contea nel nord-est dell’Inghilterra al confine con la Scozia. Che non si tratti di un normale giardino lo si intuisce già all’ingresso dove i visitatori, oltre mezzo milione all’anno provenienti da tutto il mondo, sono accolti, si fa per dire, dal cartello sul cancello che avverte “Queste piante possono uccidere”. E non si tratta comunque di un’esagerazione perché alcune piante apparentemente innocue e delicate sprigionano la propria tossicità letale anche solo annusandole.
La ristrutturazione, che ha trasformato un nobile e tranquillo giardino risalente al 1750 in un affascinante e pericoloso poison garden, è iniziata nel 1995 da un’idea un po’ eccentrica dell’allora signora Jane Percy, diventata successivamente duchessa di Northumberland.
# Piante per uccidere i nemici
credits: @filo_bart IG
Nell’orto botanico di Alnwick si possono osservare cento piante velenose diverse, ognuna accuratamente scelta dalla fondatrice che ha tratto ispirazione per questo singolare angolo verde durante un viaggio in Italia, a Padova per l’esattezza, quando ha potuto ammirare un giardino costruito appositamente dai Medici per coltivare piante da cui si potessero ricavare veleni adatti ad uccidere i nemici. E così passare dalla coltivazione delle rose a rigogliose piante di cicuta, pianta velenosa per eccellenza che ha causato la morte di Socrate, per la Duchessa il passo è stato breve.
# Insospettabili ma micidiali
credits: @boardgamebud IG
Nei quattordici ettari di estensione del giardino, sono coltivate piante esotiche e rare e altre più comuni che sono presenti anche nei nostri giardini con funzione ornamentale ma dall’insospettabile pericolosità. L’oleandro, Nerium Oleander, ad esempio, se ingerito provoca vomito, alterazioni del ritmo cardiaco e solo poche foglie sono sufficienti per uccidere. E che dire del profumatissimo mughetto? Se ingerito è cardiotossico. O della narcisina contenuta nei narcisi che ha effetto narcotico? I semi di ricino, Ricinus communis, nella cuticola contengono ricina, uno dei veleni più potenti che si conoscano.
# Alcune sono usate come droghe fai-da-te
credits: @ilike2brugit IG
Tra le piante rare che invece si possono trovare al Poison Garden inglese ci sono la Brugmansia arborea, pianta del Sudamerica che può causare stati di delirio fino al coma, usata in alcuni paesi ancora oggi come droga fai-da-te, il panace gigante, originario del Caucaso, una specie di erba invasiva che rende ciechi e ustiona che ultimamente è stata introdotta illegalmente anche in Italia. Ovviamente è severamente vietato non solo assaggiare ma anche solo toccare o annusare qualsiasi pianta durante il percorso guidato.
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La differenza tra Nord e Sud, economicamente parlando, è sempre stata ben nota, basta pensare alle migliaia di migrazioni interne che avvengono ogni anno. Andare a cercare fortuna al Nord, era questo ed è tutt’ora l’obiettivo di molte persone meridionali. Ma addirittura rendersi conto che solo 20 province del nord e centro Italia possiedono più della metà della ricchezza italiana è un dato scioccante.
Dato shock: metà della RICCHEZZA ITALIANA è concentrata in sole 20 province
# Milano e Roma da sole producono un quinto della ricchezza totale dell’Italia
Credits @francescopesce71 IG – Piazza Gae Aulenti
Nonostante la pandemia abbia colpito maggiormente l’Italia settentrionale, lo studio, pubblicato da Centro Studi Tagliacarne e da Unioncamere sugli effetti del Covid sul valore aggiunto prodotto nelle aree metropolitane italiane, ha mostrato che il Nord Italia viaggia ad una velocità fuori portata per il Sud. Grande conferma di Milano e provincia che staccano tutte le altre città di molti punti percentuali. Le province di Milano e Roma, insieme, infatti producono il 19,7% della ricchezza dell’intero Paese, ma mentre la città meneghina e provincia hanno un valore aggiunto pro capite di 47.495 euro, confermandosi leader indiscussi in Italia, la Capitale è sotto di 7 posizioni.
# Nella classifica delle province più ricche la prima a sud di Roma è al 40esimo posto
Se quindi Milano può essere contenta della sua continua ripresa, la distribuzione per nulla equa della ricchezza italiana preoccupa. La provincia che più si avvicina alla ricchezza milanese è Bolzano, nonostante sia lontana di ben 21 punti percentuali. Dato shock è invece che la prima provincia del Sud che si incontra nella classifica delle province italiane più ricche è Cagliari al 40esimo posto. Da qui, le altre aree del sud che si notano sono Palermo, Salerno e Napoli, all’83esimo posto.
# Gli effetti del Covid sulla ricchezza: più colpito il Nord
Credits: ilriformista.it Aziende italiane
Certamente la notizia preoccupa ma è veramente così shoccante? Si è sempre saputo di questo divario tra Nord e Sud. Quello che però stupisce è che i dati confermano che il Covid abbia avuto un maggiore impatto nel Nord Italia, ma nonostante ciò il gap tra le due aree è ancora enorme. Nelle province del Nord c’è la maggiore concentrazione di imprese con meno di 50 dipendenti (basti pensare a quelle della moda e della cultura), ovvero le aziende che hanno più sofferto la crisi causata dalla pandemia, infatti qui il valore aggiunto è calato del 7,4%. Al Sud il valore aggiunto è diminuito del 6,4%, una flessione minore rispetto al Nord grazie alla più consistente presenza pubblica nell’economia. Come si spiega allora che 20 province del Nord e Centro Italia possiedono più della metà della ricchezza italiana? Il vero problema è che nel Meridione la crisi ha agito in un’area già provata economicamente. Da: ilriformista.it
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Credits robertocaracchini IG - Castello di Samezzano
Costruito nel XVI secolo il castello è il più importante esempio di architettura orientalista in Italia. Ecco dove si trova e la sua incredibile storia.
Il CASTELLO delle “mille e una notte” ABBANDONATO nella campagna Toscana
# Il Castello di Sammezzano è il più importante esempio di architettura orientalista in Italia
Credits robertocaracchini IG – Castello di Samezzano
Nel comune di Reggello nel Valdarno, in provincia di Firenze, c’è un castello abbandonato in stile moresco: il Castello di Sammezzano. Inserito tra i Luoghi del Cuore Fai è il più importante esempio di architettura orientalista in Italia. Costruito nel XVI secolo, il castello è circondato da un meraviglioso giardino popolato tra l’altro da sequoie alte fino a 50 metri e composto da 365 stanze, ognuna decorata in modo unico, una per ogni giorno dell’anno. Fu grazie a Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, esponente politico fiorentino di origini spagnole, che venne stato trasformato in una incredibile dimora in stile moresco.
# La Sala dei Pavoni è tra i luoghi più belli del castello
Credits amedeo_grisi IG – Castello di Samezzano
La sala dei Pavoni è uno dei luoghi più belli del castello di Sammezzano. Qui il proprietario del castello usava accogliere i suoi ospiti e dove si può ammirare la migliore espressione dello stile moresco, di stucchi e di maioliche. Una meta ambita anche dai cineasti, qui furono girati tra gli altri: nel 1972 “Finalmente… le mille e una notte” di Antonio Margheriti, nel 1974 “Il fiore delle mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini e nel 2015 “Il racconto dei racconti – Tale of Tales”, diretto da Matteo Garrone e interpretato da Vincent Cassel e Salma Hayek.
# L’abbandono, l’incuria e una possibile rinascita
Castello di Samezzano
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Dopo la morte del proprietario Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona il castello di Sammezzano è stato soggetto a incuria ed intemperie, saccheggiato durante la Seconda Guerra Mondiale e venne trasformato in hotel di lusso subito dopo la fine della guerra fino al 1990. Acquistato da una società inglese, poi nuovamente abbandonato per la crisi dei nuovi proprietari, nel 2015 il castello è stato messo all’asta per ripagare i debiti accumulati dalla nuova società proprietaria Sammezzano Castle Srl. Una nuova asta è attesa alla fine di Ottobre 2021. Negli ultimi dieci anni prima il Comitato Sammezzano e poi il movimento “Save Sammezzano” hanno promosso numerose attività di sensibilizzazione sul castello e sulla necessità di un intervento riqualificativo, ottenendone l’inserimento nell’elenco dei “Luoghi del Fai” da salvare. Al momento non è aperto alle visite, salvo particolari giornate dell’anno.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Le elezioni comunali appena terminate, facilmente vinte come previsto dal sindaco in carica, sono state caratterizzate da una campagna elettorale davvero poco appassionante. Tra interminabili polemiche su questioni personali e politiche, il dibattito si è molto focalizzato sul mantenimento o no di un tratto di pista ciclabile in Corso Buenos Aires, cosa estremamente marginale, non toccando invece questioni fondamentali, eternamente rimandante da tutte le giunte.
Un po’ desolante, soprattutto pensando a quanti temi si sarebbero potuti e dovuti affrontare!
A Milano l’ARREDO URBANO non è di casa
# Tutto ciò di cui si dovrebbe parlare
Credits: www.tragicomico.it
Dalla pessima illuminazione della città a possibili nuove linee metropolitane sopraelevate per collegare l’area metropolitana. Dal nuovo stadio alla possibilità di far diventare finalmente Milano una metropoli h 24, dalla richiesta di maggiore autonomia amministrativa alla creazione di un terminal dei bus… Tra i tanti temi assenti nel confronto tra i due schieramenti ne è sicuramente mancato uno, al quale molte altre città europee danno davvero molta importanza: L’ARREDO URBANO.
A Palazzo Marino si sono alternate diverse giunte. Nonostante tanti proclami, qualche timido tentativo di riorganizzazione e di valutazione del problema, il disordine regna ancora sovrano!
Tratti di pave’ un po’ sconnessi, alternati senza logica ad asfalto sbriciolato disseminato di buche. Cartelli stradali arrugginiti e semi divelti, innumerevoli pali della luce e pali di sostegno della rete elettrica dei mezzi pubblici a ridosso uno all’altro. Barriere in cemento armato tipo check point di Kabul sparsi in maniera disordinata, cancellate di diversa forma e colore mangiate dal tempo, strisce pedonali ormai cancellate (rifarle fosforescenti e magari con un cartello luminoso di segnalazione no?), fioriere senza fiori…
Non sarebbe ora di fare qualcosa? Un progetto di ampio respiro coinvolgendo anche i paesi dell’hinterland? Che sappiamo costruire grattacieli belli, anche se non particolarmente alti, e che siamo in grado di organizzare una raccolta differenziata molto efficiente lo abbiamo appurato, ora però si faccia un passo avanti e si affronti una volta per tutte anche questo aspetto non certo secondario.
Siamo la capitale mondiale del design e della moda davvero di sta sciatteria dilagante non se ne può più!
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Al cuor non si comanda e allo stomaco nemmeno. In Italia il cibo non è semplicemente cultura o tradizione, ma è una vera è propria religione a tutte le latitudini. A volte però anche le migliaia di prelibatezze che esistono nel nostro Paese vengono messe in secondo piano per questioni di tempo e praticità, un po’ come nella famosa scena de “Il Ragazzo di Campagna”, dove Pozzetto resiste alle tentazioni della mamma che vuole mandargli un cesto di cibo fatto in casa, ribadendo che in città si mangia in maniera più pratica e veloce. Sketch esilaranti a parte, vediamo come si struttura un menu del milanese medio DOC.
Quello che non può mancare nel MENÙ del MILANESE DOC
# Cappuccio e brioches
Credits: @gelateriacreamgarden IG Cappuccio e brioches
E guai a chi lo chiama cornetto, su questo siamo tassativi. Perché il milanese vero chiama la brioche con il suo vero nome, e soprattutto predilige quella healty con cereali integrali e confetture bio, al posto dei bomboloni spassosi (e pieni di grassi) che vanno molto di moda da altre parti. Per quanto riguarda il cappuccio, non manca mai, ma spesso, molto spesso, viene sostituito da un ginseng, un marocchino o un rapidissimo cafferino.
# L’insalatona fit
Credits: @martinabaiardi.fitnessfood IG insalata fit
Tralasciando gli snack di metà mattina (è probabile che non si abbia tempo), a pranzo è ora di pulire il corpo e nutrirsi in maniera sana. La classica insalatona gigante con dentro di tutto e di più forse non è neanche poi così più leggera da digerire di un panino, ma di certo fa scena ed è meno grassa di un menù completo.
# Una nota sulla schiscetta
Credits: @cr_eative IG schiscetta
Sfatiamo un fastidiosissimo luogo comune: la schiscetta NON è un cibo in particolare o (peggio) l’equivalente di una focaccia o merenda salata come pensa qualcuno. È un termine dialettale riferito originariamente al contenitore per il trasporto e il consumo di vivande, tuttora utilizzato nel linguaggio comune principalmente in Lombardia, in parte del nord Italia e anche in Liguria. Portare la schiscetta, quindi, non significa portarsi la pagnotta da casa ma può significare portare un frutto, un panino, del cibo da riscaldare e così via.
# Il caffè
Credits: @ilmondodichri IG caffè
Abbandonate pure le speranze dei dietologi e nutrizionisti che ci urlano nelle orecchie: “Uno al giorno!”. Per il milanese medio, la media dei caffè è in linea con la velocità meneghina e con le conseguenti esigenze del corpo umano. C’è gente che riesce a berne quattro in una sola mattinata, e prima di sera ha assunto tanta di quella caffeina che poi per addormentarsi ha bisogno di melatonina. Abitudine errata, ma che è talmente consolidata da essere difficile se non impossibile da estirpare, come telline da uno scoglio a mani nude.
# Serve sempre un bilanciamento proteico
Credits: @widad930 IG barretta proteica
Ovvero lo snack di cui sopra. Se non si ha tempo al mattino, al pomeriggio parte la barretta proteica, i cereali e, per chi può permetterselo nel suo ambiente di lavoro, uno yogurt con frutta secca. Che si passi il resto del tardo pomeriggio a fare un aperitivo o in palestra, il bilanciamento proteico è d’obbligo per chi lavora in ufficio, come per chi lavora in proprio e passa la giornata presso cantieri, in auto o in abitazioni private.
Ritorniamo sempre alle proteine. Se il pasto a base di insalatona prevedeva quantomeno un po’ di carboidrati (crostini, pane tostato, noci o gallette di riso) la prima cosa a cui si pensa nell’aperitivo basic con un calice di vino, uno Spritz o un Negroni sbagliato è il piattino di arachidi con cucchiaino. Che poi, altro non è che la pietra miliare dell’happy hour alla milanese, trasformatosi in seguito nelle centinaia di forme in cui esiste ora, con cibo davvero di tutti i tipi che spesso sostituisce la cena.
# Cotoletta e patatine
credits: divinamilano.it IG
La cena, appunto, dove per evitare di riempirsi con la pasta spesso si predilige una fetta di pesce, una bistecca o magari la compagna di tavola di tutti i milanesi. L’amatissima cotoletta, che per essere doc deve essere rigorosamente a base di vitello e non di maiale.
Questo potrebbe essere un esempio di menù milanese di una giornata classica, ma naturalmente le opzioni e variabili possono essere infinite. E voi che ne pensate, amici lettori di Milano Città Stato?
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Il tempo sta cambiando, tra un po’ arriveranno giornate fredde e… E io vi propongo un elenco di 6 (più un bonus) posti poco conosciuti da vedere in Veneto. Così, se non sapete cosa fare nei vostri weekend autunnali… Io vi ho avvisati! Pronti? Seguitemi
5+1 luoghi che forse non conosci da VEDERE in VENETO
Sono passati 7 anni da quando mi sono trasferita in Veneto, e ancora mi sorprendo quando scopro un posto che non conoscevo (e sono tanti, quindi mi sorprendo tante volte, devo ammettere). Se anche voi siete curiosi e amate scoprire posti nuovi, o rivedere dei posti che magari avete visto da bambini e che ormai fanno parte di polverosi ricordi, vi propongo un piccolo elenco di posti diversi dai soliti nomi mainstreamper godervi un Veneto diverso dal solito!
#1 La Strada del Prosecco
pixabay-Francesco_Foti – Valdobbiadene
Le colline appartenenti ai comuni di Conegliano e Valdobbiadene (TV) sono ricoperte di viti, tutte coltivate e vinificate per dar vita a uno dei migliori prodotti italiani da esportazione (nonché quasi una religione, in Veneto): il Prosecco DOC.
Ma ad aspettarvi tra queste colline non ci sarà soltanto un (dei tanti) calice di prosecco: la strada del Prosecco è ricchissima di paesaggi incantevoli, e si presta ad escursioni alla scoperta di vigneti e cantine locali, ma anche di castelli medievali, fiumi e piccoli laghi nascosti tra i sentieri che si snodano nel verde: c’è anche un vecchio mulino vicino a una cascata, a voi il compito di trovarlo!
#2 Il Tour delle Città Termali venete
silviaranocchia IG – Abano Terme
Il Veneto è disseminato di sorgenti naturali di acque termali, intorno alle quali negli anni sono sorte piccole cittadine famose per i loro centri benessere e meta turistica spesso più straniera che italiana. Se però avete voglia di godervi un soggiorno di assoluto relax, considerate l’idea di fare un salto ad Abano e Montegrotto Terme, a poca distanza da Padova, o a Bibione, se oltre alle terme non disdegnate anche un bagno nel mar Adriatico.
Se poi siete degli amanti della montagna, Recoaro Terme non potete farvela scappare: le sue acque sono conosciute soprattutto per le proprietà curative e benefiche per corpo e mente, e tra un bagno e l’altro, potrete anche pianificare una cena a base di leccornie montane.
#3 I Sentieri dei Colli Euganei
mtb.mabalasik806 IG – Colli Euganei
Si dice che, nelle belle giornate di sole, terse e luminose, Venezia abbia una magnifica corona rocciosa alle spalle: si tratta dei Colli Euganei, situati in realtà nei pressi di Padova, e che formano un Parco Naturale di grande biodiversità, con colline ricoperte di vigneti, uliveti, musei, città fortificate, e molto altro.
Se vi piace camminare, i Colli offrono anche una ventina di percorsi di trekking e passeggiate immerse nel verde, adatti a tutti e percorribili a piedi o in bici. Se vi piacevi sentite degli esploratori moderni e vi piace coprire nuovi luoghi, vi segnalo il piccolo borsetto medievale di Arquà Petrarca. Segnatevelo, non ve ne pentirete.
# 4 – La Grotta Azzurra di Mel
renata_trs IG – Grotta Azzzurra Mel
Da Padova, andiamo su in provincia di Belluno, zona piena di luoghi incredibili che lasciano decisamente il segno nella memoria. Uno di questi è il borgo di Mel, col suo Castello di Zumelle e la straordinaria Grotta Azzurra. È qui che voglio portarvi. Come un premio per i più pazienti, la grotta si presenta alla fine di un percorso di trekking che parte dal Castello. Quello che vi troverete davanti sarà un piccolo gioiello di acque cristalline incastonato nel verde dei boschi della Valbelluna.
Da una delle anse di uno dei torrenti circostanti, sembra quasi che la Grotta appaia per magia. Se arriverete fin qui, di certo porterete con voi al ritorno un po’ del riflesso delle acque turchesi della Grotta e di quel magico silenzio montano che avvolge tutta la zona.
#5 I Cadini del Brenton
martamiuw IG – Cadini del Brenton
Tutti conosciamo le Dolomiti. No? Quindi non vi parlerò delle Dolomiti. Piuttosto, vi racconterò della forza erosiva del torrente di Brenton, che nel bellunese ha creato, nel corso di migliaia di anni, bellissime cavità naturali. In più, grazie all’azione chimica delle acque ricche di anidride carbonica, si sono formate delle vere e proprie conche e piscine naturali che val la pena di vedere. Davvero, andate a vederle.
Il nome “Cadini” viene dal dialettale ciàdin, “catino”, come quelli formatisi dall’erosione del torrente e che hanno dato vita alle dieci splendide piscine naturali del Brenton.
#5+1 Il Molinetto della Croda
pixabay-albertosandrin – Molinetto della Croda
Per l’ultima tappa vi faccio tornare nel trevigiano, terra che offre molti spunti di interesse. Oltre al Prosecco, però, ve ne segnalo un altro: si tratta del Molinetto della Croda, nei pressi del comune di Refrontolo, nella valle del fiume Lierza. Si tratta di un antico mulino acqua, incantevole e risalente al XVI secolo. Fino al 1953 era attivo, poi abbandonato, è oggi possibile visitarlo dopo un’attenta opera di restauro. Potrete esplorare il suo interno, la macina ancora funzionante e ammirare la grande ruota di legno immersa nell’acqua del torrente.
Già che ci siete, poi, potreste anche pensare di esplorare i piccoli borghi vicini, come Refrontolo, Possagno, Cison di Valmarino e il suo maniero di Castelbrando, e concludere a Conegliano sulla strada del Prosecco, dove il nostro viaggio ha avuto inizio.
# BONUS – Orto Botanico dell’Università di Padova
stefanobartelloni IG – Orto Botanico Padova
Se non siete mai stati in Veneto (se ci siete stati, lo saprete benissimo) dovete sapere che questa regione abbonda di aree naturali e spazi verdi. Alcune piccole oasi sono incastonate nei luoghi più impensabili, come i deliziosi giardini segreti di alcune ville e palazzi veneziani, mentre altri giardini sono un regalo per gli occhi di tutti, come l’Orto Botanico dell’Università di Padova, il giardino universitario più antico della storia dove, grazie all’amore e alla scienza dei curatori, potrete trovare esemplari di piante di ogni tipo, in un insieme coì magico e spettacolare che anche se non avete il pollice verde, vi assicuro che ne rimarrete affascinati.
Fatemi sapere nei commenti quali conoscevate e quali posti insoliti avete scoperto nei vostri viaggi e gite fuori porta!
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Quali sono le foto più belle scattate in Italia? Una domanda un po’ strana, dove quasi sicuramente la risposta dovrebbe essere soggettiva. Anche perché è difficile stabilire quando una foto è più bella di un’altra. Una foto è un ricordo, è la realizzazione materiale di un istante, di quella voglia di immortalare qualcosa, che sia un persona, un paesaggio, un momento felice.
Le 10 FOTO più BELLE scattate in ITALIA (secondo Wikipedia)
Eppure in Italia, o meglio nel mondo, c’è il più grande concorso fotografico che coinvolge 50 stati diversi. Si chiama Wiki Loves Monuments e tra questi paesi compare anche quello italiano. È proprio la giuria del Wiki Loves Monuments 2020 ad avere deciso, tra oltre 15000 scatti di più di 700 fotografi, le 10 foto più belle scattate in Italia.
#10 La Rotonda di Senigalia
La Rotonda a Mare di Senigallia nasce con l’idea di creare un centro di aggregazione per i villeggianti delle stazioni balneari, oggi è sede di mostre e convegni. Questa foto la ritrae nella sua luce, opposta al blu del mare e del cielo.
Credits: commons.wikimedia.org La Rotonda in blu
#9 Tenuta de l’Annunziata a Uggiate Trevano
In provincia di Como c’è una tenuta storica oggi trasformata in un resort. Un agriturismo genuino e di charme, come amano definirlo i proprietari, una dimora storica immersa nel verde.
Un regalo fatto da Como per il genio Alessandro Volta per commemorare i 100 anni dalla sua morte. Un faro collinare con vista sul lago e sulle Alpi.
Credits: @eccellenzaitaliana Faro voltiano
#7 Le frecce tricolori a Varenna
In un anno così importante per l’Italia, in un anno dove si ha bisogno di rinascita, le frecce tricolori sfoggiano tutto l’orgoglio italiano. Qui la foto è stata scattata a Varenna, borgo sul lago di Como.
Credits: @eccellenzaitaliana frecce tricolori a Varenna
#6 Torre Minervino a Santa Cesarea Terme
In provincia di Lecce c’è una torre risalente alla dominazione spagnola (1500 d.C.) che fungeva da controllo e difesa della costa orientale salentina. Si chiama di Minervino perché l’Universitas di Minervino contribuì alle spese per la sua realizzazione, ma il titolo della foto è “Un comignolo differente”.
Credits: @eccellenzaitaliana Torre Minervino
#5 Pietrapertosa
Pietrapertosa è un borgo in provincia di Potenza. È il paese più in alto di tutta la Basilicata con i suoi 1088 metri di altitudine. Complice della sua bellezza e della vittoria a quinta foto più bella scattata in Italia è il fatto che si trovi nelle cosiddette Dolomiti Lucane. Innevata, Pietrapertosa è ancora più affascinante.
Credits: @eccellenzaitaliana Pietrapetrosa
#4 Val Dogna
Per rimanere in tema montagne, avvicinandoci al podio, la quarta foto più bella scattata in Italia è stata fatta in una valle del Friuli Venezia Giulia. Si sta parlando della Val Dogna. Una valle selvaggia, dove si incontrano borghi rurali dal tipico nome “Chiout” (cioè “luogo chiuso”), che conservano le abitazioni più antiche.
Credits: @eccellenzaitaliana Val Dogna
#3 Oasi dei fenicotteri di Lesina
“Tutto rosa”, questo il titolo della foto, semplice ma perfettamente descrittivo. Qui ci si trova all’Oasi dei fenicotteri di Lesina, in provincia di Foggia, popolata da questi animali affascinanti soprattutto di inverno.
Credits: @eccellenzaitaliana Oasi dei fenicotteri di Lesina
#2 Teatro Verdi a Brindisi
Nel 2006 a Brindisi, dopo lunghe pratiche burocratiche, è stato finalmente inaugurato il Teatro Verdi. Un edificio che, con i suoi 4500 metri quadri di superficie, si impone dall’esterno con la sua maestosa architettura.
Credits: @eccellenzaitaliana Teatro Verdi Brindisi
#1 Polignano a Mare
La foto più bella è stata scattata proprio a Polignano a Mare e si intitola “Mareggiata a Polignano”. La foto ritrae un mare mosso che probabilmente si prepara alla tempesta, mentre il cielo è ancora chiaro, il nucleo più antico della cittadina, che sorge su uno sperone roccioso a strapiombo sul mare, fa da sfondo e si incastra tra le onde.
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Negli USA sono così amanti delle spese pazze di aver deciso di realizzare una boutique in pieno deserto. Ecco dove si trova e il motivo per cui è stata realizzata.
Ecco dove si trova e il motivo per cui è stata realizzata
# La boutique Prada nel deserto americano inaugurata nel 2005
Credits d.o.t.s.girltrips IG - Prada Marfa
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La boutique di Prada “Marfa” è stata realizzata dagli artisti danesi Elmgreen & Dragset, con la collaborazione degli architetti statunitensi Ronald Rael e Virginia San Fratello per un costo di 80.000 dollari. Si trova nella contea di Jeff Davis, in Texas, nei pressi della U.S. Route 90, a circa 60 km a nord-ovest della città di Marfa ed è stata inaugurata il 1º ottobre 2005. Sul fronte anteriore ci sono due grandi vetrine che permettono la visuale su reali accessori Prada, 6borse e 14 scarpe del celebre brand italiano, selezionati personalmente da Miuccia Prada dalla collezione autunno/inverno 2005. Ma non tutto è come sembra.
# Nel negozio non si può acquistare nulla, è solo un’installazione artistica
Credits yandhi.mp3 IG – Prada Marfa
Prada Marfa in realtà è un negozio-installazione artistica, e quindi non si può acquistare nulla, ma rappresenta una sorta di messaggio ideale sulla vacuità del mondo contemporaneo che ricerca il bello e l’esaltazione dell’immagine anche in mezzo al nulla.
Infattila struttura non avrebbe dovuto mai essere manutenuta, prevedendo, quindi, un lento degrado che la integrasse nel paesaggio naturale desertico circostante. A seguito però di un atto vandalico a soli 3 giorni dall’inaugurazione, con graffiti sui muri e il furto di tutta la merce, si decise di prevederne la cura e manutenzione. La “boutique” è stata quindi ripulita e sistemata ed è stato installato un sistema di sicurezza pronto ad allertare la polizia qualora gli accessori venissero spostati.
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Milano vista da Bergamo - Scatto di Moris Lorenzi (c)
L’estate è finita. Ci siamo lasciati alle spalle mari, montagne, laghi, campagne e siamo tornati alla vita di tutti i giorni fatta di lavoro, figli e attesa per le nuove vacanze. Non è una frase fatta, ma da un’indagine recente è venuto fuori che l’italiano (la maggior parte), una volta tornato dalle ferie, studia ossessivamente il calendario in cerca di ponti per programmare nuove avventure vacanziere. Nel frattempo, durante questa ricerca, si punta ai weekend e bisogna dire che in qualunque parte tu viva, non è così difficile trovare posti vicini altrettanto affascinanti dove trascorrere almeno un giorno di ferie e di riposo.
È raro che un MILANESE vada in GITA a BERGAMO
Noi milanesi, tutto sommato, in questo siamo molto fortunati. Milano si trova in una posizione geografica ideale dalla quale si possono raggiungere laghi, montagne e luoghi culturali. La città più curiosa e affascinante più vicina a Milano è Bergamo e dopo quest’articolo credo non penserete più che sia raro che un milanese vada in gita a Bergamo.
# Mezz’ora da Milano
Credits: @igbergamo IG Bergamo
La città di Bergamo (o Berghem come viene chiamata dai suoi abitanti) dista da Milano circa una mezz’ora di viaggio. Le origini del suo nome sono ancora misteriose e numerose e ancora oggi sono al vaglio studi a riguardo. Di certo la sua area è abitata dai tempi dell’età del ferro da popolazioni degli Orobi, Celti-Liguri e Germaniche. Come la maggior parte dell’Italia, anche Bergamo (al tempo chiamata Bergomum) fu possedimento dell’impero Romano che vide nel territorio un luogo ideale di benessere e prosperità. Caduto l’impero, Bergamo fu ripetutamente invasa e saccheggiata dai barbari che si succedettero alla conquista del territorio italico (Visigoti, Unni, Ostrogoti, Bizantini…).
# I fasti sotto la Serenissima
Da allora Bergamo non riesce più a tornare ai fasti imperiale e bisogna aspettare il 1428, quando diventa parte della Serenissima Repubblica di Venezia che gli concede ampie autonomie e lascia sopravvivere le antiche magistrature locali e le istituzioni politiche. Sempre durante la dominazione veneziana vengono apportate delle modifiche al Palazzo Comunale, viene realizzata Piazza Mascheroni, sistemata l’attuale Piazza Pontida, aperto il porticato del Palazzo della Ragione, insomma in questo periodo, la città diventa un luogo importantissimo per artisti e architetti dell’epoca.
# Da Città dei Mille a Patrimonio mondiale Unesco
Credits: @comunedibergamo IG Città alta Bergamo
Facciamo un salto enorme e giungiamo alle soglie dell’unità d’Italia, quando nel 1857 viene inaugurata la ferrovia che collega la parte bassa con quella che viene definita Città Alta. L’unità d’Italia rappresenta un vanto per la città che viene anche chiamata Città dei Mille, dato l’alto numero di bergamaschi che parteciparono alla spedizione unitaria di Garibaldi. Così come durante la prima guerra mondiale, saranno numerosi i bergamaschi che si uniranno alle truppe alpine impegnate al fronte. Terminato il grande conflitto, Bergamo vive un periodo di grandi trasformazioni urbane. Viene completamente stravolto e modificato il centro cittadino, viene costruito il palazzo della banca d’Italia, della Camera di Commercio e del palazzo di Giustizia. Viene inaugurato lo stadio dell’Atalanta e viene costruita la torre dell’autostrada, che ancora oggi è visibile. Sicuramente il grande vanto di Bergamo è la celebre Città Alta che viene insignita nel 2017 come patrimonio mondiale dell’Unesco.
# Non solo Città Alta
Credits: @comunedibergamo Bergamo
Sebbene la parte alta della città risulta uno dei posti più incantevoli e visitati in Italia, anche la parte bassa offre la possibilità di ammirare monumenti significativi e nuclei storici che, ancora oggi, conservano un fascino storico immutato nel tempo. Anche perché Bergamo, durante la seconda guerra mondiale, non ha subito grossi bombardamenti, è stata in qualche modo “graziata” e questo ha fatto sì che la sua storia sia stata conservata in tutto il suo splendore.
# Perchè andare in gita a Bergamo
Credits: @bergamounica Bergamo
È vero, Bergamo per anni è stata una meta poco gettonata, forse anche per il luogo comune che sia una città di magüt (non me ne vogliano gli amici bergamaschi) dediti al lavoro manuale e abili a costruire case e abitazioni a tempo di record. Io stesso, per anni non sono mai andato a Bergamo perché non sentivo quell’attrattiva che mi spingeva verso altri lidi. L’unico mio collegamento con la zona era la val Seriana, dove da anni trascorro momenti di svago e ferie e detto ciò, è innegabile notare che nelle valli circostanti (Brembana, Seriana, Imagna) la maggior parte dei villeggianti sono milanesi.
Attratti dalle bellezze naturali, ma anche da una distanza da Milano veramente minima (solo un’ora scarsa per arrivarci). Ed è quindi, soprattutto, grazie a queste valli e ai suoi luoghi di villeggiatura che i milanesi hanno scoperto Bergamo, per scoprire che di cose da vedere ce ne sono tante sia dal punto di vista artistico sia dal punto di vista culinario e movida (da provare l’happy hour di Tassino Café), oltre alla classica Città Alta.
Anche dal punto di vista lavorativo, artistico, la città offre una miriade d’iniziative e sono numerosi gli studi d’arte, quelli fotografici, piccoli studi televisivi che rendono la città, un luogo frenetico ricco di opportunità. Per chi non ci fosse mai andato…è da scoprire!
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# Da Istanbul alla conquista del mondo
Credits getir_ita iG – Getir Navigli
Si chiama Getir ed è una start-up nata ad Istanbul nel 2015, caratterizzata dalla consegna ultra veloce di generi alimentari. Dopo che nel luglio scorso si è aggiudicata l’acquisizione di Block, start up simile orientata all’Europa meridionale, Getir si è creata le infrastrutture per sbarcare in Italia. Le esperienze, le persone e le ambizioni di Block fanno adesso parte di Getir, che diventa operativa e sceglie come primo approdo Milano, dove i suoi servizi sono pronti a sorprendere i milanesi, puntando sulla velocità.
# Ultimo miglio mondiale
Il concetto di ultimo miglio nel mondo del delivery, è stato stravolto. Funziona tutto tramite apposita app, che da la possibilità di ricevere,nel giro di 10 minuti, un’ampia selezione di prodotti di supermercato. Prima di sbarcare a Milano, Getir ha accumulato esperienza in altre 43 città estere. Partita da Istanbul come start up 6 anni fa, ha conquistato – forse grazie alle esigenze nate con la pandemia – prima il Regno Unito, poi Olanda, Germania e Francia, per arrivare in Spagna ed ora l’Italia.
# Come funziona a Milano e nel mondo
Credits dday – App Getir
Per usufruire del servizio, è necessario scaricare la apposita app, compatibile con i sistemi operativi dei dispositivi mobili. Per sviluppare la app, Getir ha indetto dal 2015 al 2018 un hackaton annuale, il cui tema è stato: “Crea la nostra app in 48 ore”. Si fa la spesa sulla app e la rivoluzione consiste nel riceverla in pochi minuti, consegnata a domicilio a bordo di biciclette o scooter elettrici.
Si parte da Milano per consolidare insieme ai milanesi la cultura aziendale di questo gruppo turco, basata sul rispetto tra le persone, l’osservanza della sicurezza per i lavoratori e i clienti e la migliore qualità del lavoro. «Sono valori centrali, che si riflettono nel servizio che ogni giorno offriamo ai clienti, sia con le consegne che attraverso il nostro servizio clienti» commenta Vishal Verma, General Manager di Getir in Italia ed ex manager di punta di Block, che sta aiutando i milanesi a fidarsi di Getir, portando questo servizio nelle case di Milano.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Un anno prima che morisse incontrai Marta Marzotto e per caso si discusse di longevità. Eravamo in uno show room in via Manzoni a Milano, dove si ritrovavano ricche signore anziane. Una sua amica, obiettando a un’affermazione che non ricordo, disse: “adesso rispetto a cent’anni fa la vita media delle persone si è allungata”. Marta Marzotto l’ha guardata e, dopo un attimo di perplessità, causticamente le ha risposto: “ a me sembra che invece di allungare la vita abbiamo allungato la malattia, perché questi anni che viviamo in più sono anni non di vita ma di malattia cronica”.
Questa battuta pone un tema che oggi è di attualità estrema. Come dice il filosofo Agamben ci siamo ridotti a difendere la “nuda vita”: le abbiamo tolto aspetti qualitativi, mentre teniamo conto solo di rilevazioni statistiche quantitative, senza considerare come vivono queste persone nei loro ultimi 7-8 anni che vivono in più. Non si vedono quali sono altri aspetti della vita, come le relazioni con gli altri, esperienze esistenziali o di evoluzione spirituale.
Il punto è: cosa è la vita? È semplice semovenza biologica?
Gioire dell’estensione della quantità della vita senza interrogarsi sulla qualità di questa vita che si allunga rischia di lasciare l’esistenza senza più un’ombra di essere.
Non solo. Il pericolo di considerare la vita in termini puramente biologici e quantitativi è di alimentare una pressione sociale a trasformare ogni persona in un malato cronico che non deve guarire né morire. E di certo non vivere.
In questo video su Youtube si racconta la storia di una coppia che ha lasciato il mondo civile per trasferirsi in mezzo a una foresta della Nuova Zelanda, andando in città solo una o due volte all’anno. Per sette anni hanno trascorso ogni loro giornata come fosse un grado zero dell’esistenza, impegnati nel trovare il cibo e nel cercare di sopravvivere. È curioso che la loro scelta è stata precedente il Covid e nel video raccontano in un’intervista che il fatto di vivere nella natura potrebbe essere positivo in caso di una pandemia.
In fondo lo scopo dell’esistenza è uguale per chi vive nella foresta o per chi lavora in borsa a Londra. Noi pensiamo che vivere nella società sia un esorcizzazione di questa esigenza primaria. Si pensa che la complessità sociale ci consenta di metterci al riparo dal problema della sopravvivenza.
Anche la gestione di questa emergenza mostra il tentativo dell’uomo in società di risolvere il problema della sopravvivenza attraverso la complessità, con l’adozione di procedure, tipo lasciapassare, misure di distanza o zone a colori, che trasmettano la percezione che sono le regole sociali a garantire la sopravvivenza.
La differenza tra la natura e la società è che in natura è sempre presente la necessità quotidiana della sopravvivenza, è il focus principale e si raggiunge in maniera semplice, esplicita. La sopravvivenza è la premessa per tutto il resto. E si è sempre consapevoli di questa premessa che va conquistata ogni giorno, non si può darla per scontata. La società invece cerca di trasformare un’esigenza naturale e quotidiana in qualcosa di scontato, come se la sopravvivenza di una persona fosse garantita dal suo essere parte della società e condizionata all’adesione alle regole e alle procedure sociali. Che invece hanno il risultato di creare una sovrastruttura che fa perdere di vista il focus esistenziale.
Per esempio per mangiare, una persona in società deve attivare una serie di azioni che sembrano non essere neanche correlate al cibo: bisogna trovare un lavoro, sbrigare tutte le relative pratiche e mansioni, aprire un conto, farsi dare i soldi, ottenere una carta di credito e, a questo punto, entrare in un negozio, acquistare il cibo e avere una casa con una cucina e tutto l’occorrente per poterlo cucinare.
Si crea una distanza tra la necessità di cibo e la realizzazione di questo bisogno che passa attraverso una infinità di azioni più o meno impegnative per arrivare alla sua soddisfazione. È come l’inserimento della persona in un labirinto di procedure per ottenere quello che in natura si ottiene in modo elementare.
Forse la crisi che stiamo vivendo è che abbiamo perso il senso della sopravvivenza come conquista quotidiana e individuale. Una conquista che è il sale che dà gusto alla vita. Invece di cercare di riprodurre ancora di più i meccanismi artificiali di prima, ricorrendo a procedure e sovrastrutture per risolvere apparentemente i problemi basici della vita, forse questa è una grande occasione per riportare la vita nella nostra società.
O lo si fa riuscendo a ridare all’individuo la responsabilità (e il piacere) di affrontare e risolvere i problemi elementari e fondamentali dell’esistenza, oppure la realtà dei fatti ci potrebbe spingere a fare come la coppia del video e a ritrovare il senso della vita nella natura.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Ecco una selezione di borghi dove la vita e le abitazioni costano poco e il caos della città è solo un lontano ricordo.
Ne avete abbastanza di Milano? I 7 BORGHI MIGLIORI dove andare a vivere in Italia
#1 Santa Fiora, uno dei borghi sull’acqua più belli d’Italia ha lanciato il primo “smart village” – Toscana
Credits: @finrod68 Santa Fiora
Santa Fiora è uno dei borghi sull’acqua più belli d’Italia, sul monte Amiata in provincia di Grosseto. Immerso in un ambiente naturale affascinante e lontano dal caos e dallo stress è pronto ad accogliere tutti gli smart worker d’Italia nel “Santa Fiora smart village”. Il primo progetto lanciato in Italia, grazie al recente arrivo della banda ultralarga, che attraverso un bando, con una dotazione finanziaria complessiva di 30mila euro, coprirà il 50% dell’affitto a chi desidera vivere per un periodo a Santa Fiora lavorando da remoto.
#2 San Casciano dei Bagni, un bellissimo borgo immerso nel Val di Chiana – Toscana
Credits enrico_chiorrini IG – San Casciano dei Bagni
San Casciano dei Bagni è un bellissimoborgo della val di Chiana che ha messo in campo incentivi per chi ha decide di trasferircisi o per aprire un’attività. Sono stati stanziati 45 mila euro su tre bandi: un incentivo di 2.500 euro a fondo perduto è previsto per chi aprirà una nuova attività, un contributo economico pari al 50% del canone di locazione versato per i nuovi nuclei familiari, con attestazione Isee non superiore a 23.000 euro, che trasferiscano la residenza nel territorio, oltre un sostegno economico per il pagamento delle rate del mutuo prima casa per l’acquisto di un’abitazione.
#3 Santo Stefano di Sessanio, lo storico borgo aquilano cerca residenti – Abruzzo
Credits emanuelecolancecco IG – Santo Stefano di Sessanio
Il comune abruzzese di Santo Stefano di Sessanio, tra i più belli d’Italia, ha avviato una iniziativa per evitare lo spopolamento con delle agevolazione per gli under 40 che lo scelgano per viverci. In questo borgo di 115 persone i giovani riceveranno un contributo mensile a fondo perduto per tre anni fino ad un massimo di 8.000 euro all’anno, un’abitazione ad un affitto simbolico e un contributo a fondo perduto una tantum, per l’avvio dell’attività imprenditoriale, fino ad un massimo di 20.000 euro.
#4 Bisaccia, il borgo campano che propone le case a 1 euro – Campania
Credits manuelita_conf IG – Bisaccia
Il caratteristico borgo campano di Bisaccia, in provincia di Avellino, per salvare la comunità morente e ripopolarlo ha messo in vendita 40 abitazioni abbandonate ad un euro. L’unico obbligo del nuovo proprietario, a fronte di questo forte incentivo per acquisire un’abitazione, è di farsi carico della ristrutturazione e conseguente messa in sicurezza.
#5 Cinquefrondi, il borgo che offre abitazioni nella sua parte antica – Calabria
Credits p.happy92 IG – Cinquefrondi
In Calabria nel borgo di Cinquefrondi è presente la stessa iniziativa che permette di avere una abitazione da ristrutturare a 1 euro, sottoscrivendo una polizza assicurativa annuale di € 250 fino al completamento dei lavori. Le case ad un euro, hanno una dimensione di circa 40-50 mq e sono ubicate nella parte antica del borgo. La ristrutturazione deve avvenire entro 3 anni pena una sanzione di 20.000 euro.
#6 Sambuca, vivere nel quartiere arabo a solo 1 euro – Sicilia
Credits chiarichiari IG – Sambuca
Per recuperare le case, il patrimonio architettonico e per contrastare lo spopolamento del centro storico anche il comune di Sambuca, in provincia di Agrigento, ha presentato il progetto Case a 1 euro. La giunta di uno dei borghi più belli della Sicilia ha inserito 17 abitazioni da acquistare al prezzo simbolico di 1 euro, nel quartiere arabo dei sette vicoli, che l’acquirente si impegna a ristrutturarla entro 3 anni dall’acquisto. In preparazione un nuovo bando per la compravendita di altre case alla cifra simbolica di 2 euro.
#7 Gangi, il borgo palermitano che aderisce all’iniziativa delle case a 1 euro – Sicilia
Credits tommasodiprima IG – Gangi
Sempre in Sicilia, anche il comune di Gangi nel palermitano mette in vendita case al prezzo simbolico di un euro. Il bando comunale è aperto anche alle aziende o a chi ha interesse ad aprire un hotel, un ristorante o un b&b nel borgo. L’obbligo per l’acquirente dell’abitazione è di sostenere le spese del passaggio di proprietà e a sottoporre un progetto di ristrutturazione entro il primo anno, per portarlo poi a conclusione entro i successivi tre.
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Conosciamo tutti la famosa “Milano da bere”, la città dell’aperitivo e della movida. Uno spritz è quasi d’obbligo dopo il lavoro il venerdì sera, oppure prima dell’inizio della settimana la domenica nel tardo pomeriggio. Una Milano che però non è solo spritz e stuzzichini, è una città sofisticata dal cibo gourmet. E se il cibo gourmet è ormai ovunque, ad esso bisogna accompagnare il giusto bere.
La MILANO DA BERE “BIO”: 3 luoghi imperdibili dove gustare vini artigianali
Milano si sta popolando di vini sempre più puristi, come si suol dire. Etichette naturali o artigianali diventano all’ordine del giorno e vini impermeabili a qualsiasi additivo chimico più facili da trovare.
# La passione di produrre naturale
Credits: @ultrawines Vinoir
Secondo l’Unione Italiana Vini, tra il 2009 e il 2019, i vigneti biologici lombardi sono quasi quadruplicati. C’è una maggiore attenzione che si è trasformata ormai in passione. Così, in giro per la città si possono trovare alcuni locali con vini naturali, anche se manca una normativa europea che ne regolamenti la produzione. Ecco 3 posti dove andare se si vuole “bere bio”.
#1 E/n enoteca naturale, il giusto mix tra cucina e buon vino in Sant’Eustorgio
Credits: @batfrangetta enoteca naturale
Una selezione di vini naturali provenienti da tutto il mondo. I proprietari di e/n enoteca naturale amano scovare i vini più particolari, come riportano loro stessi, tanto che alcuni arrivano addirittura dall’Australia. La Lombardia, in quanto a vini bio, qui è rappresentata dall’Oltrepò Pavese e dalla Vatellina. E/n enoteca naturale offre anche da mangiare ed è perfetta per chiunque voglia provare qualcosa di diverso al classico attacco al buffet. Il locale si trova nel giardino dello spazio di Casa Emergency, proprio a fianco della basilica di Sant’Eustorgio, e conta più di 300 bottiglie diverse di vino naturale.
#2 Vinoir, la prima enoteca moderna, in Ripa di Porta Ticinese
Credits: @memoriedivino Vinoir
In Ripa di Porta Ticinese 93b, c’è forse l’enoteca moderna più “vecchia” di Milano. Si tratta di Vinoir, lo storico locale di vini artigianali aperto nel 2012 da Gianluca Ladu. Il proprietario, ormai quasi 10 anni fa, aveva capito che la passione per il buon vino non poteva rimanere solo un hobby e decise quindi di aprire un locale dopo il ponte di via Valenza. Qui la Lombardia è rappresentata da San Colombiano, ma a Vinoir ci sono vini bio provenienti da tutto il mondo.
#3 Surlì, il buon vino per il primo appuntamento, in Thaon de Revel
Credits: @enotecasurli Surlì
Si sale all’Isola, in via Thaon di Revel, 12, dove c’è una piccola enoteca che offre vino artigianale. Nella botte piccola c’è il vino buono, si sa. Surlì è un posto romantico, amato dalle donne o dalle coppie, come dice il proprietario, un giovane ragazzo di 26 anni che ha fatto dell’amore per il vino il proprio lavoro.
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La Rai ha deciso: sarà Torino a ospitare la prossima edizione dell’Eurovision Contest, la competizione europea della musica che nel 2022 avrà luogo in Italia grazia alla vittoria dei Manneskin.
Torino batte Milano: ospiterà l’EUROVISION 2022
La candidatura presentata in estate dal sindaco Chiara Appendino è stata preferita a quelle di Milano, Bologna, Rimini e Pesaro che erano rimaste in lizza per avere tutti i requisiti base per poter ospitare la manifestazione.
Arriva dunque a Torino l’evento non sportivo più seguito al mondo, vinto quest’anno dai Maneskin, con centinaia di milioni di spettatori. Nel presentare la candidatura della città nei mesi scorsi, la sindaca Appendino aveva ricordato che Torino è dotata di “spazi con capienze adatte, in pieno territorio cittadino e facilmente raggiungibili”, con una “offerta ricettiva in grado di accogliere le migliaia di persone che l’evento saprà attrarre”.
Rammarico per la bocciatura di Milano che per la presenza dei maggiori operatori musicali nazionali, l’offerta alberghiera, la logistica e le infrastrutture di collegamento internazionale sembrava la favorita.
Si fa sempre più strada l’ipotesi che a condurre il festival sia Mika accompagnato da Alessandro Cattelan.
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