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Il paradosso: in treno da Milano ci si mette di meno ad andare a Brescia che a Bergamo (anche se è lontana il doppio)

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Qual è più vicina a Milano tra Brescia e Bergamo? Dipende. La distanza in chilometri tra Milano e Brescia è quasi doppia rispetto a quella che c’è tra Milano e Bergamo. In auto da Milano prima si arriva a Bergamo e poi, dopo una cinquantina di chilometri, si arriva a Brescia. Ma se si prende il treno la situazione si ribalta. 

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Il paradosso: in treno da Milano ci si mette di meno ad andare a Brescia che a Bergamo (anche se è lontana il doppio)

# Da Milano a Brescia in 36 minuti con l’alta velocità

Milano-Brescia Alta Velocità

La distanza in chilometri in auto tra Milano a Brescia è quasi doppia rispetto a quella che c’è tra Milano e Bergamo: 57 contro 91 se si percorre la più breve e costosa BreBeMi. La durata del viaggio in auto è di 1 ora 20 minuti per andare a Brescia e di poco meno di un’ora per Bergamo. La situazione si ribalta però se si sceglie di percorrere lo stesso tragitto utilizzando il treno. Partendo dalla Stazione Centrale e prendendo l’Eurocity si arriva a Brescia in 46 minuti, con i convogli dell’alta velocità di Trenitalia o Italo ne bastano 36. In entrambi in casi si tratta di un servizio no-stop.

In treno da Milano a Bergamo servono invece almeno 48 minuti con il servizio regionale di Trenord, con tre fermate intermedie.

Tragitto Milano-Bergamo in treno

# Dal dicembre 2016 è attiva la nuova linea AV fino a Brescia

Credits zetduivel IG – Frecciarossa alla stazione di Brescia

Il collegamento ferroviario tra Milano e Brescia fa parte della linea che arriva fino a Venezia. Dal dicembre 2016 è attiva la linea Alta Velocità/Alta Capacità Treviglio – Brescia, per una lunghezza di 39,6 km, che affianca quella standard. La realizzazione di quest’opera, che rientra nel più vasto progetto di realizzazione del collegamento ferroviario AV/AC Milano – Venezia e del corridoio TEN-T Mediterraneo-, ha consentito di ridurre i tempi di percorrenza tra le due città.

# La linea per Bergamo è a scartamento ordinario

La linea dal nodo di Treviglio a Bergamo è invece a scartamento ordinario e non consente quindi il transito di convogli veloci. Questo spiega il maggior tempo necessario per arrivarci in treno da Milano rispetto a quello che serve per collegare il capoluogo lombardo con Brescia.

Continua la lettura con: 10 motivi per andare in GITA a BRESCIA, a mezz’ora di treno da Milano

FABIO MARCOMIN

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A piedi dentro una cascata di ghiaccio a tre ore da Milano

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Credits la_bigiola IG - Cascate ghiacciate

Un vero spettacolo della natura, una cattedrale di ghiaccio da attraversare a piedi. Scopriamo dove si trova e come vivere questa magica esperienza.

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Milano-Vallesinella

A piedi dentro una cascata di ghiaccio a tre ore da Milano

# Uno spettacolo ghiacciato

Credits mauro_bignetti IG – Cascate Vallesinella

In inverno, a Madonna di Campiglio si può assistere ad un vero spettacolo della natura: le cascate ghiacciate di Vallesinella. Una cattedrale di ghiaccio che si può attraversare a piedi d’inverno quando l’impetuoso flusso d’acqua delle tre cascate, suddivise in Alte, di Mezzo e Basse, si congelano creando muri e gallerie. Un percorso suggestivo e mozzafiato tra pareti e sculture ghiacciate.

# Occorre prestare la massima attenzione

Credits ba_ma_pa IG – Cascate ghiacciate Vallesinella

Il percorso per arrivare alle cascate è di livello medio/facile, ma è sempre meglio utilizzare oltre agli scarponcini anche le racchette da neve in caso di neve fresca e i ramponcini se la neve è ghiacciate. L’attraversamento delle cascate è invece più rischioso e il pericolo di cadere è concreto. Se non si è quindi molto esperti è consigliabile farsi accompagnare da una guida locale.

# Come arrivare alle cascate ghiacciate di Vallesinella

Credits la_bigiola IG – Cascate ghiacciate

Partendo da Milano si prende l’autostrada A4 per Venezia, si esce a Brescia Est e poi la SS45bis in direzione del Lago d’Idro e infine la SS239 e SS237 fino a Madonna di Campiglio.

Credits armani.jole IG – Indicazioni cascate

Dal piazzale Palù si percorre via Vallesinella e si seguono le indicazioni per le Cascate Vallesinella, poco dopo il rifugio Cascate di Mezzo, e si procede lungo una strada larga in discesa che conduce ad uno slargo tra gli abeti. Da qui continua il percorso imboccando il sentiero fino a raggiungere la cascate per un totale di 3,2 km di tragitto a piedi.

 

Continua la lettura con: Le località del giorno (per una gita da Milano)

FABIO MARCOMIN

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In questo luogo di Milano si può ammirare quel che resta dell’antica Stazione Centrale, un capolavoro in stile rinascimentale francese 

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Maps - Deposito resti vecchia stazione, immagine scultura Urbanfile

Demolita dopo l’entrata in servizio della nuova stazione in piazza Duca d’Aosta, una buona parte della sua meravigliosa architettura è sparita per sempre. Alcuni elementi sono stati acquistati dai Caproni per decorare la loro villa vicino all’Aeroporto di Malpensa, altri sono nascosti in periferia. Vediamo dove e cosa è conservato a memoria della storica stazione.

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In questo luogo di Milano si può ammirare quel che resta dell’antica Stazione Centrale, un capolavoro in stile rinascimentale francese 

# Un capolavoro in stile rinascimentale francese 

Credits specialepasquale IG – Vecchia stazione Centrale Milano

Prima dell’attuale Stazione Centrale in piazza Duca D’Aosta, entrata in funzione nel 1931, era un’altra quella principale in città. La vecchia stazione centrale fu inaugurata l’11 febbraio 1864 e realizzata su progetto dall’architetto Louis-Jules Bouchot in stile rinascimentale francese, arricchita da teste umane, di leone e fregi in stile classico. Si trovava in piazza della Repubblica e dopo la sua demolizione rimase poco della sua meravigliosa architettura.   

# Frammenti di sculture, decorazioni e chiavi di volta nel giardino di un anonimo edificio

Maps – Ricevitrice Centrale Elettrica Milano Ovest

Non tutto però è andato perduto, anche se forse in pochi sanno dove si possono trovare alcune tracce della sua memoria. A farcelo scoprire è Urbanfile che con questo reportage fotografico ci porta nel giardino di un anonimo edificio: il sito industriale della Ricevitrice Centrale Elettrica Milano Ovest in zona San Siro, tra via Via Pianella 10 e Via Matteo Civitali 6. Fino a 15 anni fa erano depositati nella sottostazione AEM di Via Cena, a Porta Vittoria.

Urbanfile – Elementi vecchia stazione

Nelle immagini si possono vedere le chiavi di volta dei cinque ingressi ad arco della vecchia stazione ferroviaria, nello specifico tre figure femminili, due teste di leone e una testa maschile barbuta.

Urbanfile – Evidenziazione elementi decorativi posizionati sulla vecchia stazione

Delle prime, due erano collocate ai lati e una al centro, separate dalle teste leonine, tutte a coronare gli archi di ingresso. Il volto maschile era posizionato sopra l’orologio centrale. 

Sono presenti inoltre un fregio con motivi di alloro, facente sempre parte della decorazione di uno degli archi, e delle formelle del cornicione e una testa di leone, parte di uno dei due leoni alati posizionati ai lati dell’orologio centrale sulla sommità alla facciata.

# I frammenti acquistati dai Caproni per la loro villa a Malpensa

Hotel Villa Malpensa

Altri frammenti furono acquistati dalla famiglia Caproni e riutilizzati per decorare la sontuosa villa di famiglia a Vizzola Ticino, nei pressi dell’Aeroporto di Malpensa. La parte più visibile e riconoscibile è quella della pensilina in ferro con colonne in ghisa della facciata della villa, avente un tempo funzione di tettoia per i viaggiatori diretti ai treni dell’ala ovest nella stazione. Dal padiglione Reale provengono anche i riporti in ferro battuto nel bar e sulle vetrate della parete principale.

Leggi anche: Così la VECCHIA STAZIONE CENTRALE di Milano è finita alla MALPENSA

# Perchè non realizzare un museo dedicato alla storia architettonica e urbanistica della città?

Urbanfile – Frammenti della vecchia stazione nella precedente collocazione in via Cena

Troppo spesso Milano tiene nascosti i suoi tesori o peggio ancora li lascia in uno stato di abbandono. Come suggerisce Urbanfile, perchè non pensare a realizzare un museo dedicato alla storia architettonica e urbanistica della città? Questi frammenti, inaccessibili al pubblico e visibili solamente attraverso una cancellata, potrebbero essere raccolti insieme ad altri elementi architettonici che richiamano la storia della città e riuniti in collezioni. 

Fonte: Urbanfile

Continua la lettura con: Questo è il «giardino segreto» di Milano

FABIO MARCOMIN 

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Come ti senti quando percorri l’interscambio M4 in un giorno di pioggia

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Va bene buttarci fuori dalla metro. Ma almeno una tettoia, no?

Qui il video: Come ti senti quando percorri l’interscambio M4 in un giorno di pioggia

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Continua con: Tipica modalità di problem solving della pubblica amministrazione

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

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M3 per Paullo: cambia tutto! Una cattiva notizia e una buona

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Tracciato M3 fino a Paullo accantonato

Finalmente ha avuto luogo il tanto atteso incontro tra Regione Lombardia e gli interessati al prolungamento della linea M3 oltre San Donato. Viene confermata la scelta ipotizzata già nel mese di dicembre: cambia il progetto, stop alla metrotranvia per arrivare a Paullo. Abbiamo chiesto all’Assessore alle Opere pubbliche e Mobilità del Comune di San Donato, Massimiliano Mistretta, cosa è previsto ora, i motivi e i vantaggi della scelta. Ecco cosa ci ha risposto.

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M3 per Paullo: cambia tutto! Una cattiva notizia e una buona

# L’incontro tra Regione Lombardia e gli enti interessati al prolungamento

Credits: Andrea Cherchi – Regione Lombardia

A metà dicembre 2024 l’assessore regionale ai Trasporti Franco Lucente aveva annunciato un incontro per il mese di gennaio di quest’anno tra la Città Metropolitana di Milano e tutti i comuni interessati al prolungamento della M3 verso sud est. L’obiettivo era accelerare sul progetto. Incontro che è avvenuto online il 15 gennaio e ha visto presenti: Metropolitane Milanesi, Marco Griguolo, consigliere metropolitano delegato alla Mobilità, Daniela Caputo, consigliera delegata alle Infrastrutture, Abdullah Badinjki, assessore di Paullo, Massimiliano Mistretta, assessore alla Viabilità di San Donato Milanese, Andrea Coden, sindaco di Peschiera Borromeo, e Gianni Fabiano, sindaco di Mediglia. Qual è stato l’esito?

# Stop alla metrotranvia: sarà la metropolitana a portare a Peschiera (e in futuro a Vigliano di Mediglia), ma per arrivare a Paullo bisogna attaccarsi al bus

Tracciato M3 fino a Paullo accantonato

Nella riunione si è discusso su come estendere la linea M3 verso sud est e questa è stata la decisione chiave: viene accantonata la proposta elaborata da MM che prevedeva una doppia modalità metropolitana-metrotranvia per arrivare fino a Paullo. Nello specifico si trattava di un tracciato di 4,4 km e 2 fermate di metropolitana, San Donato e Peschiera, e 10,9 km e 8 fermate di metrotranvia veloce. La cattiva notizia è che sparisce quindi la metrotranvia per arrivare a Paullo.

La buona è che viene confermata l’estensione della M3 fino a Peschiera Borromeo e, in futuro, forse l’estensione fino a Vigliano di Mediglia.

E per Paullo? Ci sarà un cambiamento che riguarda i bus: si punta in generale a un piano integrato per migliorare la mobilità lungo la Paullese. La chiave sarà la realizzazione di corsie riservate ai bus che rimarranno anche qualora la metropolitana venisse estesa ulteriormente negli anni a seguire.

# I motivi che hanno spinto a cambiare il progetto

M3 Peschiera

Ma perchè si è deciso di cambiare rotta sul progetto? Lo abbiamo chiesto all’Assessore alle Opere pubbliche e Mobilità del Comune di San Donato, Massimiliano Mistretta. Questi i motivi principali:

  • la realizzazione della metrotranvia da Peschiera a Paullo non consentirebbe in futuro di estendere ulteriormente la metropolitana dato che occorrerebbe smantellare un’infrastruttura pesante;
  • i tempi di percorrenza tra Paullo e Duomo non registrerebbero alcun miglioramento rispetto alla situazione attuale in cui il servizio di trasporto pubblico è garantito solo da bus fino al capolinea attuale di San Donato;
  • l’utilizzo di corsie riservate, nei punti più critici della Paullese, consentirebbe di far risparmiare ai bus quasi 20 minuti nella direttrice Paullo-Duomo, passando dagli attuali 50 a 32 minuti. Il Comune di San Donato ha inoltre allo studio l’eliminazione dei due incroci semaforici in direzione di Milano, uno all’altezza di via Gela e l’altro di via Moro, con la realizzazione di una doppia rotatoria e un cavalcavia di attraversamento pedonale. In questo modo si renderebbe ancora più fluido il traffico verso la città.
  • un minor investimento richiesto, di circa 200 milioni di euro, rispetto agli 850 milioni di euro stimati per il vecchio progetto;
  • il rischio di una bocciatura da parte della Corte dei Conti o in fase di richiesta di finanziamento del progetto per i pochi benefici della metrotranvia in proporzione alla spesa.

# I prossimi passi

Credits hopefulbeers IG – Linea M3

Si attende ora uno studio di fattibilità rivisto da parte di MM, rispetto alla precedente ipotesi, per il quale erano già state ricevute le risorse con la legge finanziaria del 2022. L’obiettivo del Comune di Milano era di averlo pronto entro la fine del 2025 per poi far partire i cantieri al più tardi nel 2028, ma ora bisogna capire come potrebbero cambiare le tempistiche a seguito dello stop al vecchio progetto. Per quanto riguarda i costi di realizzazione dell’opera dovrebbero essere ricompresi in una forbice tra i 500 e i 600 milioni di euro, un dato puntuale si avrà però solo dopo la conclusione dello studio. 

Continua la lettura con: Metro D: non è ancora partita ma già cresce. Queste le nuove fermate

FABIO MARCOMIN 

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7 paesi da incorporare nella città metropolitana di Milano

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Ph. @justpat__ IG

Milano è stata spesso rimpicciolita da autorità invidiose della sua grandezza. In qualunque parte del mondo luoghi come Cinisello Balsamo o Sesto San Giovanni sarebbero all’interno dei confini comunali. Invece qui no. Così come ci sono paesi che risultano al di fuori della città metropolitana contro ogni logica. Come questi sette.

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7 paesi da incorporare nella città metropolitana di Milano

#1 Crespi d’Adda

Ha perfino il prefisso 02 eppure è in provincia di Bergamo. Ha lo stesso prefisso telefonico di Milano perché i Crespi avevano creato un filo diretto con la loro madrepatria. E’ anche un sito Unesco.

#2 Vigevano

vigevano
vigevano

Non si capisce perchè Abbiategrasso sì e Vigevano no. Due comuni confinanti, uno in provincia di Milano, l’altro di Pavia. Vigevano è una città da record, un tempo tra i primi centri di produzione di scarpe al mondo, con una piazza clamorosa, è un delitto lasciarla a Pavia.

#3 Saronno

Uno dei simboli della Brianza. Come per Vigevano e Abbiategrasso, a nord ci sono Saronno e Legnano di cui molti confondono a che provincia appartengano. La città dell’amaretto deve essere di Milano, con Varese non c’entra nulla.

#4 Lodi

Provincia farlocca creata solo per ridurre il potere di Milano. Lodi è l’anima rurale di Milano, c’è anche la fermata della metro.

#5 Monza

monza
monza

Che senso ha separare Monza da Milano? Non esiste alcun punto di discontinuità dove tracciare un confine naturale. Monza gravita da sempre attorno a Milano, sta per diventare il capolinea della M5, ha il gran premio, ha il parco, la vera villa Reale, Galliani come Presidente.

#6 Malpensa

AAreo in decollo da Malpensa
Credits: malpensa24.it – Aereo in decollo da Malpensa

L’aeroporto internazionale di Milano in provincia di Varese? Non scherziamo.

#7 Roma

romani a milano

L’art.132 della Costituzione lo consente: potrebbe diventare provincia di Milano. Sarebbe la rinascita dell’Urbe.

Continua la lettura con: 7 città che potrebbero fare da exclave di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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I 10 borghi più belli che vendono case a 1 euro (uno è vicino a Milano)

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Dalla Sicilia alla Sardegna, passando per il Piemonte e il Molise:10 borghi italiani pieni di storia e bellezze naturali, dove è possibile acquistare casa a solo 1 euro. Uno di questi è anche a un tiro di schioppo da Milano. Ma quali sono le condizioni per poter usufruire di questa offerta vantaggiosa?

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I 10 borghi più belli che vendono case a 1 euro (uno è vicino a Milano)

#1 Sambuca di Sicilia: una perla tra colline e vigneti

Sambuca di Sicilia è già nota per la sua iniziativa di case a 1 euro. Il borgo, circondato da colline e vigneti, è un paradiso per chi cerca bellezze naturali e relax. Ma quali sono le condizioni? Gli acquirenti devono ristrutturare le proprietà entro tre anni, con costi variabili a seconda delle condizioni degli edifici. La vicinanza a spiagge mozzafiato e l’atmosfera siciliana stanno attirando acquirenti da tutto il mondo, in particolare da USA, Irlanda e Germania. 

#2 Ollolai: tradizione e natura nel cuore della Sardegna

Ollolai è un borgo dal fascino autentico dove tradizione e natura convivono armoniosamente. Qui l’offerta di case a 1 euro è aperta a chi è disposto a investire almeno 20.000 euro per le ristrutturazioni. Ollolai è circondato da montagne maestose e prati verdi, ed è ideale per chi cerca uno stile di vita slow. Eventi culturali, tradizioni locali e una comunità calorosa rendono questo paese un rifugio unico per chi vuole scoprire il vero cuore della Sardegna.

#3 Mussomeli: il fascino di un castello medievale

Mussomeli è un paese della Sicilia centrale, noto per il suo maestoso castello medievale, che domina il paesaggio circostante. Il progetto delle case a 1 euro è stato creato per ridare vita al centro storico, attrarre nuovi abitanti e conservare l’architettura locale. Gli acquirenti devono impegnarsi in lavori di ristrutturazione, con costi stimati intorno ai 15.000-25.000 euro. 

#4 Bivona: un rifugio tra le colline siciliane

Adagiata tra le colline dell’entroterra siciliano, Bivona è una località che punta a rivitalizzare il proprio centro storico proprio con l’iniziativa delle case a 1 euro. Gli edifici, spesso abbandonati, richiedono ristrutturazioni significative, ma l’ambiente circostante è un richiamo irresistibile per gli amanti della natura. Qui si possono scoprire tradizioni, prodotti locali e un ritmo di vita rilassato, perfetto per chi vuole allontanarsi dal caos cittadino e immergersi in una comunità accogliente.

#5 Cinquefrondi: un borgo calabrese tutto da scoprire

Situato in Calabria, anche Cinquefrondi offre case a 1 euro per incentivare la ripopolazione. Gli acquirenti devono completare le ristrutturazioni entro tre anni, con costi medi stimati intorno ai 10.000-20.000 euro. Con il suo clima mediterraneo, paesaggi mozzafiato e vicinanza sia al mare che alle montagne, Cinquefrondi è una destinazione ideale per chi cerca un luogo pittoresco. Gli eventi culturali e la calorosa comunità locale aggiungono ulteriore fascino a questo borgo calabrese.

#6 Troina: il balcone panoramico della Sicilia

Troina, conosciuta come il “Balcone di Sicilia”, regala panorami spettacolari sull’Etna e sui paesaggi circostanti. Questo antico borgo offre case a 1 euro per attirare nuovi abitanti. Gli acquirenti possono usufruire di incentivi fiscali e contributi per le ristrutturazioni, rendendo l’investimento ancora più conveniente. Con una storia che risale all’epoca normanna, Troina è un luogo ricco di cultura e tradizioni, è ideale per chi cerca una casa immersa nella storia e nella bellezza naturale.

#7 Laurenzana: un angolo di pace in Basilicata

“Incastrato” tra le colline della Basilicata, Laurenzana è un borgo storico con un fascino unico. L’iniziativa delle case a 1 euro punta a ridare vita al paese, attrarre nuovi residenti e preservare il patrimonio architettonico locale. Le strade acciottolate, gli edifici storici e la tranquillità rendono Laurenzana un rifugio ideale per chi cerca un luogo lontano dal trambusto delle grandi città. Gli acquirenti sono invitati a restaurare le case con costi variabili, contribuendo al rilancio della comunità locale.

#8 Zungoli: fascino medievale tra le colline campane

Zungoli, in Campania, è un borgo medievale che si distingue per il suo fascino storico. Arroccato su una collina, offre panorami mozzafiato, stradine tortuose e antiche case in pietra. Le case a 1 euro rappresentano un’occasione unica per chi desidera vivere in un luogo ricco di storia e vicino a destinazioni come Napoli e la Costiera Amalfitana.

#9 Castropignano: l’accoglienza su misura del Molise

In Molise, Castropignano è un borgo che offre un approccio unico all’iniziativa delle case a 1 euro. Il sindaco, anziché mettere le proprietà all’asta, lavora direttamente con gli acquirenti per trovare la casa ideale per le loro esigenze. Questo metodo garantisce un’esperienza personalizzata e un’integrazione armoniosa nella comunità locale. Con il suo paesaggio incantevole e un’atmosfera tranquilla, Castropignano è una meta perfetta per chi cerca una nuova casa immersa nella storia.

#10 Carrega Ligure: natura e tranquillità a due ore di auto da Milano

A pochi passi da Milano (2 ore di macchina), Carrega Ligure è, malgrado il nome, un piccolo borgo montano del Piemonte, perfetto per gli amanti della natura. Circondato da boschi e sentieri escursionistici, questo paese offre case a 1 euro con l’obiettivo di ripopolare la zona e promuovere il turismo sostenibile. Gli acquirenti devono impegnarsi in ristrutturazioni, con costi stimati tra i 10.000 e i 30.000 euro. La vicinanza a Milano lo rende una scelta interessante per chi vuole vivere immerso nella natura senza rinunciare alle comodità urbane.

Fonte: Welcome to Italy

Continua la lettura con: Il 2025 sarà ancora l’anno delle periferie? Le 7 zone di Milano su cui scommettere per acquistare casa

MATTEO RESPINTI

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I «Palazzi Invisibili» di Milano: la storia curiosa delle case nascoste

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Facciate che sono lì quasi da sempre. Ma che hanno una caratteristica che le rende uniche: sono invisibili.  

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# Tutto nasce dallo spostamento della Stazione da piazza della Repubblica

Credits: vecchiamilano.wordpress.com
Mappa susa

A Milano succede spesso che alcune parti della città si vedano ribaltare completamente la propria destinazione ed uso. Questo comporta il rinnovamento delle zone, abbattimento o costruzione di nuovi edifici e strade che, soprattutto nel caso milanese, tendono a stratificarsi su quelle precedenti. È ciò che è accaduto all’Acquabella quando, negli anni ’30, si decise di spostare la Stazione Centrale da Piazza della Repubblica alla sua sede attuale. L’operazione ha naturalmente riguardato la rimozione di tutte le vie ferrate precedenti, restituendo spazi utili alla realizzazione di strade e piazze per l’uso urbanistico.

# Le case nascoste in Piazzale Susa

Credits: blog.urbanfile.org
case intrappolate Susa

Uno dei più evidenti segni di queste stratificazioni riguarda la parte Nord-Ovest di Piazzale Susa e l’inizio di Viale Argonne. Accedendo alle corti di alcuni palazzi costruiti tra il 1930 e il 1940, è possibile addentrarsi in una specie di selva urbana, composta da edifici di fine Ottocento, tutti disposti in fila alle spalle delle più recenti costruzioni, quasi a formare una vera e propria via nascosta agli occhi e alle mappe. I “palazzi nascosti” sono ciò che resta di uno strato storico di Milano, in cui Piazzale Susa non esisteva e gli edifici in questione erano di affaccio sulla ferrovia, poco prima che questa terminasse alla vecchia Centrale.

Entrando nel cortile di Piazzale Susa dai civici 13 o 15, si accede al palazzo che ha sede in Via Giovanni da Milano (ex strada Rivoltana). Appaiono le tracce di un mondo ormai scomparso: ai piedi di una palazzina è possibile vedere le aperture destinate ai negozi dismessi di un tempo, così come la realizzazione di nuovi edifici sui resti di un vecchio garage o delle palazzine della ferrovia.

# Il bivio ferroviario dell’Acquabella

Credits: flickr.com
Susa-Romagna

In pratica, piazzale Susa era la sede di uno dei più importanti snodi ferroviari dell’epoca, bivio di smistamento tra le vetture destinate alla Centrale e la deviazione verso Porta Tosa. Questo bivio è stato anche sede di un gravissimo incidente ferroviario nel gennaio del 1908, che causò la morte di 7 passeggeri e un coinvolgimento emotivo enorme da parte dei milanesi e dell’opinione pubblica in generale. Con lo spostamento della stazione Centrale, i lavori di smantellamento della ferrovia all’Acquabella, hanno restituito alla città intere porzioni, praticamente inesplorate.

Piazzale Susa viene progettata per avere una forma romboidale. Questo “artificio” è possibile soltanto costruendo i palazzi visibili oggi, che però finiscono per celare quelli di una volta.

# Acquabella ieri e oggi

Credits: milanofree.it
cascina acquabella

Il tempo ha poi inciso enormemente sulla porzione di quartiere, oggi parte del Municipio 4. Acquabella è il nome storico di un’antica cascina, sorta nel ‘400 nei pressi di una roggia e che, oggi, non esiste più. Si trovava laddove oggi c’è Corso Plebisciti tra le vie Cicognara e Gozzi. Dove c’era il bivio ferroviario dell’Acquabella oggi sorge una piazza che cede il passo a Città Studi. Le realizzazioni di Piazzale Susa, che nascondono il vecchio quartiere ottocentesco ferroviario, sono esemplari di architettura modernista. Molto particolare il palazzo al civico 13, realizzazione di architetto sconosciuto, che presenta nella facciata un interessante gioco di bovindo incastrati su balconate in muratura, così come le 4 splendide sculture che appaiono sul palazzo realizzato nel 1934 da Giuseppe Martinenghi, sede di P.le Susa numero 15.

Dietro alla forma romboidale di Piazzale Susa, quindi, si cela una delle vite precedenti di una Milano ferroviaria, che vale sempre la pena scoprire, perché aiuta a capire le stratificazioni della città moderna che conserva una parte del suo passato.

 

Fonti: blog.urbanfile.org

Continua la lettura con: Le deliziose VILLETTE del vicolo nascosto in zona LORETO

LAURA LIONTI

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Le 10 fermate della metro più strane del mondo (foto)

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Bund Sightseeing Tunnel

Una cosa che ci piacerebbe a Milano: delle fermate della metro più belle e suggestive. Sempre più, nel mondo, infatti si cerca di renderle dei capolavori anche perchè sono un punto fermo nella visita dei turisti di tutto il mondo. Qui la classifica delle più curiose e particolari che si possono trovare.

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Le 10 fermate della metro più strane del mondo (foto)

#10 Komsomolskaya a Mosca, eleganza regale

Credits: pinterest – Komsomolskaya

La storica stazione della metro di Komsomolskaya a Mosca è un tripudio di stucchi, colonne e candelabri degni di un palazzo reale. Costruita in pompa magna nel 1952 per celebrare patriotticamente la storia della Russia e il grande futuro della nazione, elegante e magnifica è il fiore all’occhiello della Koltsevaya Line.

#9 Burj Khalifa / Dubai Mall Station a Dubai, l’emblema del potere

Credits: abudhabi2.com

La stazione collega, mediante un infinito corridoio di 800 metri, l’edificio più alto del mondo – il Burj Khalifa – con il Dubai Mall, da cui la stazione prende il nome. Gigantesca, spettacolare e modernissima, Burj Khalifa Dubai sfoggia un’architettura magniloquente e over the top, in pieno stile Dubai. 

#8 Drassanes a Barcellona, direttamente dal futuro

Credits: architetti.com

Il restyling della stazione Drassanes in Spagna sembra uscita da un film di Stanley Kubrick grazie al lavoro dello studio ON-A Arquitectura che l’ha completamente reinventata. La fermata oggi è un capolavoro di linee futuristiche, forme plastiche e punti di fuga plastici.

#7 Candidplatz U-Banhof a Monaco di Baviera, la stazione arcobaleno

Credits naturegartenfreude.de – candidplatz-münchen

Candidplatz U-Banhof della Metropolitana di Monaco di Baviera, inaugurata nel 1997, porta il nome di “Candid” Peter de Witte, pittore fiammingo rinascimentale. Per restare fedeli alla sua vocazione artistica i suoi soffitti, le sue pareti e le sue colonne sono completamente ricoperti da colori che sfumano gli uni con gli altri in un bell’effetto arcobaleno. Psichedelica.

#6 Olaias a Lisbona, geometrica e variopinta

Olaias Station, Lisbona

La stazione di Olaias è stata interamente concepita dall’architetto Tomas Taveira, che l’ha voluta geometrica e coloratissima. Variopinta e un po’ folle, è composta da una foresta di vetrate e colonne di metallo, che la sera si illumina di mille colori vivaci. Vero e proprio esempio di arte contemporanea che mette il buonumore.

#5 Tunnelbana, T-Centralen a Stoccoloma, la caverna istoriata

T-Centralen Station, Stoccolma .jpg

Il sistema metropolitano di Stoccolma, la Tunnelbana è un’immensa galleria d’arte tra sculture, mosaici, quadri e istallazioni granitiche. Ogni fermata ospita opere realizzate da artisti che hanno interpretato e raccontato la storia della città, ognuno con il proprio stile. La T-Centralen è una delle fermate più belle di tutta la rete metropolitana: una caverna istoriata che fa rimanere a bocca aperta.

#4 Stazione di Toledo a Napoli, la stazione dell’arte

Stazione Toledo Napoli

La fermata Toledo della linea 1 di Napoli fa parte del progetto delle stazioni dell’arte napoletane, circa 200 opere d’arte realizzate da artisti internazionali e architetti locali emergenti. Un tunnel mosaicato accoglie i visitatori con sfumature luminose e un tuffo nel blu. La fermata è a bassa emissione di anidride carbonica ed è stata disegnata dall’architetto spagnolo Oscar Tusquets Blanca, che si è ispirato alle trasparenze e ai colori del mare, con installazioni luminose di Robert Wilson. 

Leggi anche: Le fermate della METRO più PROFONDE a Milano e nel mondo

#3 Iidabashi a Tokyo, un capolavoro di cristallo e metallo anodizzato

Credits: japanallover.com

La stazione metro di Iidabashi a Tokyo è uno scintillante capolavoro di cristallo e metallo anodizzato. Tutta realizzata sui toni del verde acido e dell’argento, i lavori si sono conclusi nel 2000 ad opera dell’architetto Makoto Watanabe che l’ha voluta vibrante, fluorescente e in continuo movimento. 

#2 Bund Sightseeing Tunnel a Shanghai, la galleria fluorescente

Bund Sightseeing Tunnel

Il Bund Sightseeing, con i suoi 700 metri di lunghezza, è il primo del suo genere in Cina. Il tunnel non è solo coloratissimo: le sue carrozze sono trasparenti, il che consente ai passeggeri di godersi uno spettacolo variopinto a tutta velocità. Lo spettacolo è completato da sistema acustico sincronizzato, per un’esperienza underground davvero a tutto tondo. 

#1 Formosa Boulevard a Kaohsiung, Taiwan: la stazione dei 4 elementi naturali 

Credits: pinterest.it – Formosa Boulevard

La stazione della metropolitana di Formosa Boulevard a Kaohsiung è caratterizzata dal “Dome of Light”, una struttura imponente di 30 metri per 660 metri quadrati. Lo spettacolo è davvero suggestivo soprattutto di notte, quando i suoi pilastri al neon si illuminano. L’anello sul soffitto è completamente illustrato con storie tratte dai 4 elementi, acqua, terra, luce e fuoco.

Continua la lettura con: Le 10 METROPOLITANE più LUNGHE del MONDO paragonate a Milano

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«Non è più il centro di una volta»: Le 7 proposte per riportare il centro di Milano alla bellezza di un tempo

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Ph. @Marco1260fm IG

Molti milanesi dicono che non è più il centro di una volta. Area C e affitti brevi l’hanno trasformato in una specie di fortino. Da dove pare che i suoi stessi residenti vogliano scappare. Ma come si può farlo per rimetterlo al centro della vita milanese? 

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«Non è più il centro di una volta»: Le 7 proposte per riportare il centro di Milano alla bellezza di un tempo

#1 Tolleranza zero contro il degrado

 
Degrado Vetra 11 UrbanFile

Come denunciato anche dal sito UrbanFile, degrado e sciatteria si stanno espandendo anche nel cuore di Milano. Un problema che a molti sembra sottovalutato da parte dell’amministrazione e delle forze dell’ordine. Invece dovrebbe rappresentare una priorità assoluta: tenere in ordine e pulita la parte più prestigiosa della città. Certo, non solo questa. 

#2 Metropolitana 24h/24

Quali BIGLIETTI si possono prendere per la METROPOLITANA di Milano?
Credits romag73 IG – Missori M3

Con la M4 sono diventate cinque le metropolitane operative a Milano. Nonostante l’espansione continua della rete, gli orari di esercizio non sembrano adeguarsi alle reali esigenze dei milanesi. Una metropolitana attiva 24 ore su 24, almeno nelle aree centrali, rappresenterebbe non solo un valido incentivo per lasciare l’auto a casa, ma anche un’opportunità per vivere soprattutto il centro città fino a tarda sera senza preoccupazioni. Sarebbe una soluzione ideale per ridurre stress e corse affannose per tornare a casa, regalando a Milano un servizio all’altezza delle grandi metropoli internazionali.  

#3 Allargare i marciapiedi e più attenzione ai pedoni

Credits: Urbanfile.org
Credits: Urbanfile.org

A Milano la guerra tra bici e auto sta lasciando fuori forse i soggetti più importanti: i pedoni. Si costruiscono piste ciclabili ma non percorsi ciclopedonali, come succede al di là delle Alpi. Non solo: In molte vie del centro storico i marciapiedi sono talmente stretti da obbligare le persone a camminare in fila indiana e a volte a scendere in strada. Tra queste c’è ad esempio via Ponte Vetero dove in entrambi i sensi di marcia i marciapiedi sono larghi poco più di 40 centimetri. La soluzione sarebbe quelle di allargarli dove la strada lo consente e metterli in protezione con paletti e ringhiere.

#4 Parchi aperti 24h/24

Area C

I parchi principali di Milano nel centro storico, Parco Sempione, i Giardini pubblici Indro Montanelli e i Giardini della Guastalla chiudono troppo presto per essere una metropoli internazionale. Tra l’altro assurda e da era geologica la modalità di chiusura, con un guardiano che chiude a mano i cancelli verificando con una torcia che non ci sia nessuno rimasto chiuso dentro. La proposta è di estendere l’apertura 24h/24 per renderlo una vera e propria via di comunicazione tra i vari quartieri del centro come succede già per la Biblioteca degli Alberi.

#5 Dissuasori sui marciapiedi

Area C

Non solo le macchine ad essere un pericolo per i pedoni. Sui marciapiedi si vedono sfrecciare biciclette, monopattini e anche motorini, incuranti dei passanti e facendo il filo ai portoni delle abitazioni. Una sanzione più efficace delle sanzioni previste dal Codice della Strada potrebbe essere quella di installare dei dissuasori che obblighino a rallentare la marcia.

#6 Realizzare impianti sportivi sulle aree abbandonate 

Rendering piscina Fatebenesorelle

Anche nel Municipio 1 non mancano le aree abbandonate o gli edifici dismessi. E d’altro canto mancano invece gli spazi per praticare sport. Al posto di nuovi complessi residenziali o direzionali si potrebbe prevedere di destinare alcune rigenerazioni per la costruzione di impianti sportivi, come piscine, campi da calcetto, campi da basket a servizio dei quartieri. 

#7 Preservare meglio le Colonne di San Lorenzo

Credits Lgraniczny-pixabay – Colonne di San Lorenzo

Le Colonne di San Lorenzo, uno dei più preziosi patrimoni artistici della città e tra i rari resti della Milano Imperiale, versano in condizioni di degrado che ne oscurano la bellezza e il valore storico. Tag, graffiti, bottiglie abbandonate ai piedi delle colonne e bivacchi notturni deturpano uno dei luoghi simbolo di Milano, trasformandolo in un’area trascurata e poco curata.

Anni fa, la curia propose di recintare il sagrato e le colonne con un’inferriata per proteggerle, ma il progetto non vide mai la luce. Eppure, non servirebbero soluzioni così drastiche: basterebbero controlli più frequenti e una pulizia costante per restituire dignità a questo gioiello storico e renderlo nuovamente un simbolo di orgoglio per la città.

Continua la lettura con: LUOGHI CELEBRI di Milano che in realtà hanno un ALTRO NOME

FABIO MARCOMIN

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La fermata della metro di Milano che ha tre nomi

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Ph. @marcofratini69 IG

Come succede nelle stazioni della metro ormai di tutte le città del mondo, anche a Milano ci sono fermate che recano una dicitura “turistica” accanto al nome originale. Ma sulla rete c’è anche chi fa di più: la fermata con il triplo nome. 

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La fermata della metro di Milano che ha tre nomi

# Le fermate con il doppio nome

Ph. Archivio ATM

Alcuni doppi nomi ormai sono diventati quasi di uso comune tra chi usa la metropolitana, come:

  • sulla linea M1: Cairoli – Castello o la storica Amendola che ha però trasferito la dicitura Fiera a Rho.
  • sulla M2: piazza Abbiategrasso – Chiesa Rossa;
  • sulla M5: Bignami-Parco Nord e San Siro- Stadio 

In generale, c’è l’imbarazzo della scelta di fermate che evidenziano luoghi di rilevanza nei pressi della stazione, da Conciliazione – Cenacolo Vinciano a Lima-Teatro Elfo Puccini.

Ma esiste anche la fermata della metro che fa ancora di più: di nomi ne ha addirittura tre.

# La fermata con tre nomi: Lanza, Brera, Piccolo teatro

Ph. @luanaz_17 IG

Ci vediamo a Lanza? Al Piccolo Teatro? O a Brera? In tutti e tre casi si tratta della stessa fermata. Sì, perchè al nome originario di Lanza, con riferimento alla via dove si trova, è stato aggiunto il riferimento al quartiere (Brera) e al Piccolo Teatro, che è poi lo Strehler, come viene chiamato dai milanesi: qui c’è un’altra confusione, visto che la sede storica del Piccolo è quella in via Rovello (fermata Cordusio). Ma questa è un’altra storia. 

# Altre fermate che potrebbero avere tre nomi

Ph. @fran_k_at IG

Anche in questo caso ci si può sbizzarrire. Forse le due più immediate potrebbero essere Cadorna Triennale a cui si potrebbe aggiungere Parco Sempione e Cordusio Pinacoteca Ambrosiana che potrebbe avere anche Borsa. Oppure il Piccolo Teatro (la sede originaria) che a quel punto potrebbe essere l’unico caso di dicitura ripetuta in due fermate. Ma sarebbe un grande caos. 

Continua la lettura con: Metro fermate: i cambiamenti da fare nei nomi

ANDREA ZOPPOLATO (Spunto di Manuele Mariani)

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Il «ponte dell’amor eterno» di Milano e la leggenda sui suoi baci

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Ph. @bubina68

Il ponte più romantico di Milano non è sempre stato dove si trova ora. 

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Il «ponte dell’amor eterno» di Milano e la leggenda sui suoi baci

# Il primo ponte in ferro d’Italia

il ponte delle sirenette nella posizione originaria (cerchia dei navigli)
il ponte delle sirenette nella posizione originaria (cerchia dei navigli)

Realizzato nel 1842 dall’architetto Francesco Tettamanzi, il Ponte delle Sirene rappresenta una pietra miliare dell’ingegneria italiana: è infatti il primo ponte in ferro mai costruito nel Paese. Originariamente era situato in via Visconti di Modrone e attraversava il Naviglio, che allora scorreva in pieno centro.

# Le quattro statue scandalose

Credits: @_g_i_n_k_o_
Ponte Sirenette

A rendere il ponte celebre non furono solo le sue innovazioni tecniche, ma anche le quattro statue in ghisa raffiguranti sirenette, posizionate sopra i piloni alle estremità. Le figure, scolpite con una grazia che per l’epoca sfiorava lo scandalo, sollevarono un vero e proprio clamore: le dame milanesi, perbeniste e rigorose, erano solite coprirsi gli occhi con la mano mentre attraversavano il ponte, turbate dalla sensualità delle statue. Questo portò al soprannome popolare di “ponte delle sorelle Ghisini,” un gioco di parole che richiamava sia il materiale con cui erano realizzate le statue sia l’atmosfera di scandalo che le circondava.

# Il precursore di Tinder (o dell’Esselunga di Papiniano)

Credits: wikipedia.org

Proprio lo scandalo sollevato dalle quattro procaci fanciulle, rese questo ponte un antesignano di Tinder o, per dirla alla milanese, dell’Esselunga di Papiniano. Era infatti il luogo di Milano dove si usava fare nuove conoscenze amorose. 

# Il trasferimento al Sempione: solo due sirenette si sono salvate

Ph. @leyzee_v IG

Nel 1930, con l’interramento del Naviglio per favorire la modernizzazione della città, il ponte fu trasferito nella sua attuale posizione, all’interno del Parco Sempione. Tuttavia, le sirenette non uscirono indenni dagli eventi storici del Novecento: due delle quattro statue originali andarono perdute, una a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e l’altra per un furto. Le due attualmente visibili sono copie fedeli degli originali, mentre le altre due sono autentiche.

# La leggenda dei baci sul ponte

Oltre al suo valore architettonico, il ponte ha alimentato un immaginario romantico e leggendario. Durante l’epoca in cui dominava i Navigli, secondo una leggenda popolare, un bacio scambiato sul Ponte delle Sirene garantirebbe amore eterno alla coppia. Una leggenda che sembra valga ancora al giorno d’oggi.

Continua la lettura con: Dove baciarsi a Milano

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Stretto di Messina: il ponte dei sogni è pronto a diventare realtà

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strettodimessina.it - Ponte di notte

Poco alla volta ci si avvicina alla posa della prima pietra di una delle infrastrutture più dibattute dell’ultimo mezzo secolo. Vediamo il progetto nel dettaglio, quando potrebbero partire i cantieri e che cosa cambierà con la sua costruzione. 

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Stretto di Messina: il ponte dei sogni è pronto a diventare realtà

# Il ponte con la campata unica più lunga del mondo: con 3 corsie stradali per senso di marcia e doppio binario ferroviario

Di Directorate-General for Mobility and Transport, European Commission – Extracted from File:Trans-European Transport Network (2024, not final).jpg., CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=149073069 – Corridoi TEN

Un’opera faraonica, sulla cui realizzazione si è dibattuto molto negli ultimi decenni ma che ora sembra sempre più vicina alla posa della prima pietra. Il Ponte sullo Stretto di Messina si inserisce nel tracciato del Corridoio multimodale Scandinavo-Mediterraneo che attraverserà l’Europa da Helsinki e Stoccolma fino a Palermo e Catania per raggiungere Malta.

Webuild – Ponte Stretto da sotto

Prevede una campata unica da record, la più lunga del mondo, di 3.330 metri e una lunghezza totale di 3.660 metri, con torri alte 399 metri e un impalcato largo 61 metri. Il franco navigabile è previsto di 72 metri per una larghezza di 600 metri in condizioni ordinarie di esercizio, con il pieno carico delle corsie stradali e con due treni passeggeri in contemporanea.

A collegare le torri, 4 cavi da 1,26 metri di diametro e 5.230 metri di estensione, ognuno composto da oltre 44.000 fili d’acciaio. Il ponte ospiterà due carreggiate stradali con tre corsie per direzione (due di marcia e una di emergenza) e una linea ferroviaria a doppio binario. L’apertura al traffico è prevista tutto l’anno per 24 al giorno, mentre la vita utile stimata è di 200 anni. 

# La sicurezza contro terremoti e venti

Secondo le analisi, il ponte, come tutti i ponti sospesi, è intrinsecamente insensibile ai terremoti grazie alla sua estraneità alle frequenze delle azioni sismiche.

Il design aerodinamico garantisce resistenza a venti fino a 216 km/h, ben oltre i 150 km/h massimi mai registrati dai monitoraggi locali. Sul fronte statico, la struttura potrebbe sostenere senza problemi quattro treni da 750 metri ciascuno in transito contemporaneamente.

# Tempi di percorrenza: ridotti da 120 a 15 minuti per i servizi ferroviari, a 10/13 per i trasporti su gomma

Webuild – Ponte sullo stretto di Messina

Sul ponte si stima un transito a regime di 60.000 treni e 6 milioni di veicoli ogni anno. I tempi medi di attraversamento dovrebbero ridursi a:

  • circa 15 minuti per i servizi ferroviari diretti tra Villa San Giovanni e Messina Centrale, rispetto agli attuali 120 minuti per i treni passeggeri ed ai 180 minuti minimi   per i treni merci;
  • circa 10/13 minuti su gomma in confronto agli odierni 70 minuti per le auto e 100 minuti per i mezzi merci.

# La nascita della “Città dello Stretto” con la metroferrovia

strettodimessina.it – Progetto

Nel progetto del ponte sono comprese anche altre opere accessorie importanti per collegare la Calabria e la Sicilia al ponte e per migliorare gli spostamenti all’interno delle due regioni. Nel dettaglio:

  • 40 km di raccordi viari e ferroviari che collegheranno l’autostrada del Mediterraneo (A2) e la stazione Fs di Villa San Giovanni da lato Calabria e le autostrade Messina-Catania (A18) e Messina-Palermo (A20) oltre che la nuova stazione Fs di Messina dal lato Sicilia. La suddivisione è di 9,9 km di strade e 2,7 km di ferrovie in Calabria, 10,4 km di strade e 17,5 km di ferrovie.
strettodimessina.it – Metroferrovia
  • si aggiunge la metroferrovia, impropriamente chiamata metropolitana dello stretto e attualmente operativa con 10 fermate in Sicilia, che andrebbe a collegare i territori delle due città separate dal mare, compresa l’attuale stazione di Reggio Calabria Aeroporto, al servizio degli oltre 400.000 abitanti dell’area dello Stretto.
strettodimessina.it – Centro direzionale
  • il centro direzionale in Calabria;
  • le opere di mitigazione ambientale.

Leggi anche: La Città dello Stretto: la nuova metropoli che potrebbe nascere al Sud

# Quando si parte con i cantieri?

strettodimessina.it – Opere di attraversamento

L’investimento complessivo del progetto è pari a 13,5 miliardi di euro, il 40% a carico del ponte e il resto alle opere connesse, la cui ripartizione è stata modificata in questo modo nell’ambito della manovra di bilancio di fine 2024:

  • 6,9 miliardi di fondi statali;
  • 4,6 miliardi dai Fondi di Sviluppo e Coesione (FSC), gestiti dai Ministeri;
  • 1,6 miliardi di euro da parte di Sicilia e Calabria sempre attraverso i fondi FSC.

Dopo il via libera della Commissione di Valutazione di impatto ambientale e la conclusione della Conferenza dei Servizi, alla fine del 2024, è attesa la definizione del progetto definitivo con il piano economico-finanziario. A seguire toccherà al Cipess dare l’approvazione finale che dovrebbe arrivare entro il mese di febbraio. A quel punto dovrebbero partire la prime attività preparatorie e complementari, mentre come data delle prime demolizioni era stata fissata il 14 maggio e per l’inaugurazione del cantiere operativo di Ganzirri il 17 agosto, come riportato da riportato dalla Gazzetta del Sud. La durata dei cantieri è stimata in circa 8 anni.

Continua la lettura con: Il ponte sospeso tra gli alberi più lungo del mondo

FABIO MARCOMIN 

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Milano è…? Le 7 caratteristiche che definiscono la città secondo Google

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Se si digita “Milano è…” su Google che cosa appare? Queste sono le 7 caratteristiche più associate a Milano nelle ricerche su Google. E con una curiosità: quali sono stati i cambiamenti negli ultimi due anni? Vediamo la top 7 insieme alle caratteristiche di altre città lombarde.

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Milano è…? Le 7 caratteristiche che definiscono la città secondo Google

Ph. Andrea Cherchi

#7 Milano è… nella PIANURA PADANA

Rispetto a due anni fa aumentano le ricerche per capire dove sia esattamente Milano. A furia di parlare di Olimpiadi invernali sempre più persone si chiedono se Milano sia in pianura o su una montagna delle Dolomiti. 

#6 Milano è… ROSSONERA (NERAZZURRA)

Entra in classifica l’abbinamento di Milano con una delle sue squadre. La sfida in questo caso è quasi alla pari. Sono più o meno simili le ricerche che chiedono se Milano sia nerazzurra o rossonera. 

#5 Milano è… in LOMBARDIA

Una new entry rispetto a due anni fa. Forse con il casino sull’autonomia differenziata sempre più persone si interrogano se Milano sia o non sia in Lombardia. Anche perché per i milanesi la regione è spesso vista come l’istituzione che si occupa di tutto ciò che sta attorno a Milano. 

#4 Milano è… stata CAPITALE D’ITALIA

Scende di due posti questa caratteristica. Forse è il tempo che passa e sempre meno si ricordano che Milano è stata anche capitale. Dal 286 al 402 dopo Cristo, Milano è stata capitale dell’impero romano d’occidente, quando Roma non lo era più. Napoleone la rese capitale del Regno d’Italia nel 1805 per una decina d’anni. 

#3 Milano è… una METROPOLI

Sale di una posizione dal 2023. Secondo comune d’Italia, Milano è al centro di una delle più popolose aree metropolitane d’Europa (la prima d’Italia, secondo l’OCSE). Una metropoli (dal greco antico μήτηρ = madre e πόλις = città/popolazione) è una città di grandi dimensioni con più di 1 milione di abitanti, centro economico e culturale di una regione o di un Paese, e spesso nodo di comunicazioni internazionali. Secondo il City Reptrack Milano è tra le 10 metropoli con la migliore reputazione al mondo (nona posizione). 

#2 Milano è… nome MASCHILE o FEMMINILE

Questa era la numero uno due anni fa. Molti se lo chiedono: Milano è maschio o è femmina? In generale, sono femminili i nomi delle principali città. Anche Milano. Pochi sanno però che nei Promessi Sposi Manzoni usa Milano come maschileil Milano, seppur di rado, capita di sentirlo ancor oggi. Il definitivo passaggio dall’antico o popolare maschile al femminile è dovuto al sostantivo città che tutti avvertono più o meno sottinteso.

#1 Milano è… PERICOLOSA

Due anni fa non appariva tra le prime sette. Segno che il problema si sta aggravando. Addirittura è al primo posto degli abbinamenti sui motori di ricerca: Milano è pericolosa? Forse solo Google può dare la soluzione. 

Guarda qui: Milano è… (versione 2023) 

Le altre “sorelle” lombarde

Ma come sono le altre sorelle lombarde? Qui tra le prime opzioni scelgo quelle più affascinanti: 

Brescia è… una malattia che non va più via (coro degli ultras della squadra di calcio)

Bergamo è… la Napoli del Nord (Bergamo è la terza città lombarda per numero di napoletani)

Mantova è… un mondo addormentato in una calda luce (citazione di Baudelaire)

Monza è… la nuova Milano 

Continua la lettura con: I confini inesistenti di Milano 

ANDREA ZOPPOLATO

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Metro D: non è ancora partita ma già cresce. Queste le nuove fermate

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ilmessaggero.it - Nuovo tracciato Metro D

Il progetto cambia rispetto a quello a originario: il tracciato subisce alcune modifiche e cresce per lunghezza e numero di fermate. Questa la linea in valutazione, l’investimento richiesto e i tempi di realizzazione della prima tratta. 

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Metro D: non è ancora partita ma già cresce. Queste le nuove fermate

# Cambia il progetto della linea: cresce per lunghezza e numero di fermate

Roma metropolitane – Vecchio progetto Metro D

La direttrice è sempre la stessa: da nord est a sud attraversando il centro città parzialmente parallela alla linea B, ma con alcune modifiche rispetto al progetto preliminare originario. La nuova idea di Metro D presentata da Roma Metropolitane al Campidoglio, come riportato da Il Messaggero, non prevede più 20 km di tracciato e 22 stazioni da Agricoltura a sud fino a Ojetti a nord con interscambi a Eur Magliana, Venezia, Spagna e Jonio. A seguito di una lunga revisione cresce sia per lunghezza che per fermate: 30,5 km e 30 stazioni. 

# Previsti quattro interscambi con le altre linee e tre con le ferrovie

ilmessaggero.it – Nuovo tracciato Metro D

Il nuovo tracciato si attesterebbe a nord allungandosi su via Nomentana all’altezza del GRA, poi procedendo verso sud interscambierebbe sempre con Jonio della metro B1 e poi la novità con l‘interconnessione con la fermata ferroviaria di Val d’Alta della FL2. Proseguendo a sud spiccano le fermate di Galleria Borghese, quella di Barberini dove poter scambiare con la metro A, prima era previsto a Spagna, quella con interscambio con la metro C a Venezia e con la stazione ferroviaria di Trastevere.

Dalla fermata Fermi in poi il progetto è ancora allo studio e si ipotizza un solo passaggio sotto il Tevere invece che due, con stop tra le altre a Vigna Pia, ospedale Forlanini e Colli Portuensi per poi intercettare la FL1 a Villa Bonelli. Il tracciato dovrebbe seguire quello previsto in origine con estensione fino a via di Vigna Murata (altezza ex Dazio) dove si prevede un secondo deposito, un altro è posizionato a nord nelle aree inutilizzate di Roma Smistamento, e parcheggio scambiatore quasi al confine del parco regionale dell’Appia Antica.

# I passi da compiere e le tempistiche di realizzazione del progetto

Nuovi treni Metro A

La quarta linea metropolitana di Roma prevede l’impiego di treni a guida automatica da 70 metri, più corti di quelli della Metro C che misurano 108 metri, e un investimento complessivo stimato in circa 9 miliardi di euro. Una parte dei finanziamenti potrebbe arrivare tramite un mutuo contratto presso la Banca Europea degli Investimenti, come riportato dalla testata romana.

L’Assessore ai Trasporti capitolino ha specificato come ora sia in fase di elaborazione il documento delle alternative progettuali, a cui seguirà il Documento di indirizzo alla progettazione e un confronto con i proponenti sulla compatibilità del progetto con le attuali esigenze. Le analisi sui carichi urbanistici nell’ultima tratta del percorso, in particolare da piazzale dell’Agricoltura a via di Vigna Murata, è prevista entro marzo. La conclusione della prima fase dovrebbe avvenire entro l’autunno. La progettazione complessiva e la realizzazione della prima tratta, da Nomentana a Nemorense per una durata dei cantieri stimata in 8-10 anni, prevede un investimento di 1,5 miliardi che saranno richiesti al termine delle fasi progettuali. 

Continua la lettura con: Milano e Monza hanno perso la voglia della metropolitana inter-urbana?

FABIO MARCOMIN 

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Tipica modalità di problem solving della pubblica amministrazione

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Tipo quando provi a risolvere un problema chiamando lo 02.02.02

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Continua con: Sei al lavoro, il Milan ha perso con la Juve e il collega ti ha inserito nella chat degli interisti

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Anche in Spagna un solo abbonamento per tutti i trasporti pubblici, dai treni alle bici in sharing: prossima fermata, l’Italia?

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La Spagna intende rivoluzionare il suo sistema di trasporti con un unico biglietto nazionale. Valido per tutti i mezzi di trasporto pubblico, dai treni alle bici in sharing. Non è una novità. Anche Germania e Austria hanno adottato questa soluzione. E l’Italia? Scopriamo il progetto spagnolo e le possibilità per l’Italia.

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Anche in Spagna un solo abbonamento per tutti i trasporti pubblici, dai treni alle bici in sharing: prossima fermata, l’Italia?

# L’abbonamento unico spagnolo: come funzionerà

La Spagna prevede di introdurre, entro il 2026, un abbonamento unico mensile che consentirà ai cittadini di accedere a tutti i mezzi pubblici disponibili: treni, autobus, metropolitane, tram e perfino biciclette in sharing. Questo sistema mira a unificare i trasporti nelle 17 regioni del Paese, pur mantenendo l’autonomia gestionale della Catalogna. La novità consiste nella possibilità di utilizzare un solo titolo di viaggio, eliminando la necessità di acquistare biglietti separati per ciascun mezzo o regione.

Per esempio, un cittadino potrà spostarsi liberamente utilizzando un autobus a Siviglia, un tram a Saragozza, la metropolitana a Bilbao e un treno regionale a Madrid, senza preoccuparsi di calcoli tariffari o di compatibilità tra diversi sistemi di pagamento.

# Modelli internazionali di riferimento

 

L’idea spagnola si ispira a modelli già adottati in altri Paesi europei. In Germania, il Deutschlandticket, introdotto nel 2023, permette ai cittadini di viaggiare su tutti i mezzi pubblici a un costo mensile di 58 euro.

Allo stesso modo, l’Austria ha lanciato il “Biglietto climatico” a 79 euro al mese, mirato a incentivare l’uso dei mezzi pubblici e a ridurre l’utilizzo delle auto private. Entrambi questi modelli hanno riscosso grande successo, con un aumento significativo dell’utenza e una riduzione delle emissioni di CO2.

In Spagna, le stime preliminari suggeriscono un prezzo mensile compreso tra 30 e 50 euro per il nuovo abbonamento unico, rendendolo particolarmente competitivo. Un prezzo accessibile potrebbe infatti incoraggiare molte persone a scegliere i trasporti pubblici rispetto ai veicoli privati, contribuendo alla lotta contro il cambiamento climatico e migliorando la qualità della vita nelle città.

# Le sfide da affrontare

La realizzazione dell’abbonamento unico non sarà priva di ostacoli. Una delle principali difficoltà, in Spagna come, eventualmente, anche in Italia è rappresentata dal coordinamento tra le diverse amministrazioni locali e regionali.

Mentre i servizi ferroviari spagnoli sono gestiti dal Ministero dei Trasporti, autobus, metropolitane, tram e biciclette rientrano sotto la giurisdizione di comuni e consorzi regionali. Questo implica la necessità di un’integrazione tecnologica e logistica significativa, oltre che di un accordo sulla distribuzione delle entrate.

Un’altra sfida riguarda l’investimento necessario per migliorare le infrastrutture esistenti e garantire che i mezzi pubblici siano sufficienti e affidabili per far fronte a un aumento della domanda.

# L’Italia può seguire l’esempio spagnolo?

 

In Italia, il sistema di trasporti pubblici è frammentato e gestito da un gran numero di enti locali e regionali, ciascuno con tariffe e abbonamenti propri. Ad esempio, un cittadino che vive a Roma e desidera viaggiare in treno verso Milano deve acquistare separatamente un biglietto per il trasporto pubblico locale e uno per il treno ad alta velocità. Questa mancanza di integrazione non solo rende più complessa la pianificazione degli spostamenti, ma rischia di scoraggiare l’uso dei mezzi pubblici.

Un abbonamento unico nazionale potrebbe rappresentare una soluzione efficace per superare queste difficoltà. Tuttavia, la realizzazione di un progetto simile richiederebbe un cambiamento strutturale significativo. Sarebbe necessario creare una piattaforma centralizzata per la gestione delle tariffe e dei pagamenti, oltre a un accordo tra le diverse amministrazioni locali, regionali e statali.

L’esperienza spagnola potrebbe fornire un modello utile, ma l’Italia dovrebbe anche affrontare sfide specifiche legate alla sua conformazione geografica e alla disparità di sviluppo infrastrutturale tra Nord e Sud.

# L’Abbonamento Unico Differenziato

Una possibile soluzione per il costo dell’abbonamento nazionale potrebbe essere prevedere tariffe differenziate in base alla zona di residenza, riflettendo il divario tra quantità e qualità dei servizi di trasporto.

Un cittadino di Milano, che dispone di un sistema di trasporto capillare ed efficiente, con metropolitane, tram e autobus ben collegati, ha un accesso molto più ampio rispetto a un residente in un piccolo paese della provincia di Bari, dove le opzioni di trasporto pubblico sono spesso limitate. Allo stesso modo, i mezzi di superficie di Roma, pur essendo più numerosi rispetto ad aree rurali, non possono essere paragonati all’efficienza del sistema milanese.

Il modello tariffario potrebbe includere una quota base per l’uso del sistema nazionale e una maggiorazione proporzionale alla qualità e alla quantità dei mezzi disponibili localmente. Tale maggiorazione verrebbe destinata interamente all’azienda locale, così da risolvere anche le controversie di distribuzione, ad esempio ATM a Milano, contribuendo a finanziare e migliorare i servizi. Tuttavia, il costo totale dell’abbonamento non dovrebbe superare quello delle tariffe tedesche, garantendo un sistema equo e accessibile.

Continua la lettura con: L’abbonamento ATM diventa digitale: la tessera “sparisce” nella nuova app

MATTEO RESPINTI

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Il dialetto più odiato d’Italia? Il sondaggio che fa infuriare i napoletani

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Più del sondaggio che sta circolando ormai fanno scalpore le reazioni sui social. Il dialetto più odiato dagli italiani? Il napoletano. Vediamo i risultati del sondaggio e le reazioni. 

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Il dialetto più odiato d’Italia? Il sondaggio che fa infuriare i napoletani

# Il sondaggio di Preply

Scandalo sui social. Tutto nasce da Preply, piattaforma di studio delle lingue, che ha condotto uno studio su quali dialetti risultano essere i più odiati dagli italiani. Il sondaggio commissionato, realizzato da un istituto di ricerca di mercato indipendente, ha coinvolto 1000 partecipanti, con una suddivisione quasi equa tra uomini (48%) e donne (52%), di età superiore ai 18 anni.

Gli intervistati avevano la possibilità di scegliere fino a tre dialetti tra quelli proposti: napoletano, sardo, siciliano, veneziano e lombardo. Risultano invece più apprezzati ligure e dialetti emiliano romagnoli che non piacciono solo a meno del 3% degli italiani. 

# Lingue e dialetti: differenze e sfumature

Lingua o dialetto? Il sondaggio ha riacceso il dibattito che da tempo divide linguisti e gli appassionati di cultura. In ambito linguistico, la differenza tra una lingua e un dialetto è netta: una lingua è un sistema autonomo di comunicazione, dotato di una grammatica, un lessico e una sintassi propri, mentre un dialetto rappresenta una variante di una lingua, legata a specifiche aree geografiche o a gruppi culturali, ma senza una codifica ufficiale standardizzata.

Tuttavia, la percezione dei dialetti italiani non è sempre così semplice. Alcuni dialetti, come il sardo e il friulano, sono riconosciuti ufficialmente come lingue autonome in Italia, con uno statuto giuridico che conferisce loro dignità e protezione.

Il sardo, ad esempio, ha una grammatica propria e una storia che lo lega indissolubilmente alla cultura della Sardegna, mentre il friulano, pur non essendo una lingua ufficiale a livello nazionale, gode di un riconoscimento come lingua minoritaria.

Questi casi sollevano interrogativi su cosa debba essere considerato “dialetto” e cosa debba invece essere valorizzato come una lingua a pieno titolo. Molti dialetti, pur non godendo dello status legale, sono parlati quotidianamente da milioni di persone e continuano a rivestire un ruolo fondamentale nella cultura nazionale.

# Le critiche sui social: un’onda di reazioni

L’uscita dei risultati del sondaggio ha scatenato numerose reazioni sui social media. Molti utenti hanno sollevato dubbi sulla metodologia del sondaggio, chiedendosi se 1000 risposte possano davvero essere sufficienti per rappresentare l’opinione di un’intera nazione, con la sua vasta diversità linguistica e culturale. Altri hanno accusato il sondaggio di favorire una visione centralista, penalizzando i dialetti meridionali.

In particolare, molti hanno criticato l’utilizzo del termine “odiato” per descrivere i dialetti in questione. Secondo alcuni, nessun dialetto dovrebbe essere considerato negativo o fastidioso, in quanto ciascuno rappresenta un patrimonio linguistico e culturale che merita di essere valorizzato. Ogni dialetto racconta storie, tradizioni e legami profondi con il territorio e le persone che lo parlano.

# Il napoletano può davvero essere il dialetto più odiato?

Al di là della classifica, è oggettivo che il napoletano gode di una grande popolarità in tutto il Paese, soprattutto in ambito musicale e televisivo.

La musica napoletana è patrimonio nazionale. In più, serie televisive di successo come Gomorra e Mare Fuori, nelle quali gli attori recitano principalmente in dialetto, o comunque fanno riferimento al vissuto della cultura campana, hanno contribuito a portare il napoletano nelle case di milioni di italiani, facendo sì che non solo il dialetto, ma anche la cultura partenopea, conquistassero un posto di rilievo nella cultura popolare.

Alcune domande sono quindi legittime: come può un dialetto che è così radicato, apprezzato e amato essere davvero il più odiato? E, soprattutto, ci sono davvero dialetti odiati dagli italiani? Aspettando il sondaggio su un campione più rappresentativo, non sarebbe meglio che ogni Comune, Milano in testa, valorizzasse la propria cultura?

Continua la lettura con: La classifica delle parole più belle del dialetto secondo i milanesi (bell e nüva)

MATTEO RESPINTI

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Il «Tour dell’Orrore»: i 7 luoghi più macabri di Milano (mappa)

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Tra vie, piazze e edifici Milano nasconde un lato macabro che non tutti conoscono. Scopriamo quali sono i luoghi più inquietanti.

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Il «Tour dell’Orrore»: i 7 luoghi più macabri di Milano (mappa)

#1 Villa Triste, teatro di torture a partigiani e antifascisti 

Villa Triste

Villa Fossati in via Paolo Uccello (MM Lotto), attualmente gestita dalle Suore Immacolate dell’Addolorata, nasconde una storia alquanto macabra. Sede di un reparto speciale della polizia repubblichina guidata da Pietro Koch, nel 1944 venne chiamata “Villa Triste”. Nei suoi sotterranei venivano torturati partigiani e antifascisti e si narra che le loro urla di dolore risuonavano fin sulla strada. Alla fine della guerra la famiglia Fossati rinunciò ad abitarla e la donò alle suore.

Leggi anche: la storia triste della villa di Lotto

 

#2 Stretta Bagnera, la strada del primo serial killer italiano

Stretta Bagnera

Via Bagnera è la via più stretta di Milano tristemente famosa per essere stata teatro del primo seriale killer italiano, un tale Antonio Boggia, il quale uccise 4 persone e le nascose in una cantina. Il modus operandi era sempre lo stesso: le vittime venivano avvicinate, uccise a colpi d’ascia e alla fine smembrate o murate. La via si trova in pieno centro storico, nei pressi di Via Torino, e ancora oggi passandoci si respira un’aria inquietante.

 

Leggi anche: La Stretta Bagnera: la via più stretta di Milano nasconde un tragico passato

#3 L’appartamento di via san Gregorio 40, il massacro di una madre e tre figli a colpi di spranga

Credits streetview google – Via San Gregorio 40

In un appartamento nella zona di porta Venezia al civico 40 di via San Gregorio, il 30 novembre del 1946, fu scoperto un orrendo massacro: una donna e i suoi tre figli, di 7 e 5 anni e un altro di 10 mesi, erano stati trovati ammazzati a colpi di spranga. L’accusa cadde su Caterina Fort, detta Rina, amante di Pippo Ricciardi, proprietario del negozio dove l’assassina lavorava come commessa, marito della moglie ammazzata e padre dei tre figli trucidati. Un evento macabro che sconvolse la città da poco uscita dalla distruzione della Seconda Guerra Mondiale.

 

#4 San Bernardino alle Ossa, con le pareti rivestite da ossa umane

Chiesa di San Bernardino alle Ossa. Credits: @lavy.92 IG

L’Ossario di San Bernardino è senza dubbio uno dei luoghi più macabri di Milano. Risalente al 1210, la cripta che possiede è rivestita interamente da ossa umane. Fu scelto questo luogo per deporre le ossa del vicino cimitero in esubero. Dopo la distruzione dell’ossario e della chiesa di San Bernardino nel 1695, a causa del crollo del campanile di Santo Stefano su di essi, fu ricostruito nel 1776. Da allora tutto è rimasto immutato.

 

Leggi anche: Nightmare ambrosiano: i 5 SIMBOLI ESOTERICI di Milano

#5 Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana, luogo della strage che diede il via agli “anni di piombo”

strage piazza fontana
Strage piazza fontana

Il 12 dicembre 1969 alle ore 16.37 una bomba con 7 chili di tritolo esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana. La sala era piena di clienti, in maggioranza provenienti dalla provincia, 16 persone rimasero uccise e altre 87 ferite. Un’altra bomba inesplosa fu ritrovata nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala, e altre esplosero a Roma senza provocare morti. Tre giorni dopo, con la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelle precipitato da una finestra della questura di Milano, tra i primi fermati per la strage, iniziarono ufficialmente gli “anni di piombo”.

 

Leggi anche: 10 giornate storiche di Milano: dall’editto di Costantino all’inchiesta Mani Pulite

#6 Il Piccolo Teatro: ex caserma di comando della Legione Autonoma Muti dove furono torturati i partigiani

Credits Piccolo Teatro – Piccolo Teatro

Durante la Repubblica di Salò, l’attuale “Piccolo Teatro” di via Rovello era la caserma del comando della famigerata “Legione Autonoma Muti” che aveva altre quattro caserme in città. Lo spazio occupato dal comando era quello dei locali del dopolavoro del comune di Milano, dove gli oppositori venivano torturati. Fu sempre la Muti, insieme alla Guardia Nazionale Repubblicana, a comporre il plotone di esecuzione che fucilò i 15 partigiani in piazzale Loreto.

Lo stato dell’edificio al termine della guerra era così agghiacciante, che i tre futuri fondatori del Piccolo Teatro, Giorgio Strehler che fu partigiano, Paolo Grassi e la moglie Nina Vinchi, esitarono parecchio e furono dubbiosi sino all’ultimo se aprire la loro “avventura teatrale” in luogo così orribile. Oltre al disfacimento generale dell’edificio infatti, i camerini erano stati trasformati in celle, i muri imbrattati di sangue e con i nomi dei partigiani giustiziati. 

#7 Piazzale Loreto: il massacro e la gogna dei partigiani e del Duce Benito Mussolini, con l’amante e i gerarchi fascisti

Credits lefotografiechehannosegnatolastoria.it – Mussolini e gerarchi nazisti appesi, Piazzale Loreto 1945

Piazzale Loreto è tristemente noto per due macabri episodi. Il primo fu la fucilazione di 15 partigiani prelevati dal carcere di San Vittore all’alba del 10 agosto 1944, da un plotone di esecuzione composto da militi fascisti del gruppo Oberdan della legione Ettore Muti guidati dal capitano Pasquale Cardella agli ordini del comando tedesco. In seguito i cadaveri, a scopo intimidatorio, vennero lasciati esposti sotto il sole della calda giornata estiva, coperti di mosche, fino alle ore 20 circa.

Stessa sorte, ancora più brutale, venne riservata il 29 aprile 1945 a Benito Mussolini, alla sua amante Claretta Petacci e a 16 gerarchi fascisti. Dopo essere stati uccisi a colpi di mitra e pistola, i corpi vennero lasciati distesi sul piazzale e riempiti di calci, pugni e sputi dalla folla accorsa. Infine i cadaveri furono appesi a testa in giù alla pompa di benzina che qui si trovava, e sottoposti al pubblico scempio.

 

Continua la lettura con: LUOGHI CELEBRI di Milano che in realtà hanno un ALTRO NOME

FABIO MARCOMIN

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Perché il ligure fa così ridere i milanesi? Le 7 ragioni

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Ph. @ilmugugnogenovese IG

Basta un belìn per farci sorridere. Se poi si aggiunge la tipica cantilena alla Beppe Grillo diventa impossibile restare seri. Ma perché il ligure suona così buffo ai milanesi (e non solo a noi)? Prova a spiegarlo Alessandro Parodi su Cosmopolitan, rilanciato dal gruppo facebook Genova la SUPERBA. Immagini da @ilmugugnogenovese IG

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Perché il ligure fa così ridere i milanesi? Le 7 ragioni

#1 La cantilena risuona «come una dolorante lamentela» anche quando si vuole esprimere giubilo e felicità

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«Il problema fondamentale che devi affrontare se hai l’accento ligure è che la sua riconoscibilità va al di là della lingua. Noi liguri non ci mangiamo le consonanti come fanno i veneti, né le moltiplichiamo come i sardi, non allunghiamo le vocali come i napoletani… Noi abbiamo la cocina, ossia la cantilena: un’alternanza di quelle che a teatro si chiamano “intenzioni” e sembrano riprodurre una risacca marina, come un pentagramma dalle minime variazioni. Che alla fine suona come una dolorante lamentela.»

#2 Si sente anche «quando parliamo francese, spagnolo, tedesco o inglese»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

Anche «all’estero ci facciamo riconoscere. La cantilena ligure si sente anche quando parliamo francese, spagnolo, tedesco o inglese. Lo straniero che ci ascolta capisce che c’è qualcosa di strano. La cocina suona come una lamentela, anche se vogliamo esprimere giubilo e felicità. Nun è un triste destino? Gli unici che non se ne accorgono sono i portoghesi, che hanno una cocina simile, che non si sa bene se abbiamo preso noi da loro oppure loro da noi.»

#3 Sembra di «trovarsi di fronte al Gabibbo»

hater- Crozza

«L’effetto nel non ligure che ascolta il ligure è quello di trovarsi di fronte al Gabibbo. Ma anche Beppe Grillo, Maurizio Crozza o Luca di Luca e Paolo. Eh vabbè, pasiensa, che c’è di male? Provate voi a sostenere una conversazione telefonica professionale con qualcuno dall’altra parte dell’apparecchio che a ogni vostra frase si aspetta una frecciata caustica alla ligure!»

#4 E poi ci sono i «liguri della domenica»…

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«Sei circondato da “liguri della domenica”. Avere l’accento ligure vuol dire anche che, ovunque tu ti trovi, a Roma o a Treviso, a Siena o persino a Boston (a me è successo!) ci sarà qualcuno che ti racconterà che aveva un amico d’infanzia (sospiri malinconici) o una zia (sospiri di sollievo) proprietari di una casa in Liguria dove ha passato le più belle/le più noiose estati della sua vita. E qui la cocina-lamentela la fanno gli altri!»

#5 «Il ligure si lamenta sempre, anche in situazioni super positive»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«“Torta di riso finita!” Noi liguri a volte ci allontaniamo dalla terra natìa e andiamo in vacanza in altre regioni italiane. E così scopriamo che in un ristorante in Toscana si può pranzare ancora alle 14, o se chiediamo un’indicazione a un passante napoletano lui ci accompagna personalmente alla meta, improvvisando anche una miniguida storico-gastronomica. Il ligure, diffidente e inospitale per carattere, istintivamente si stupisce di tanta accoglienza e gentilezza. Ma quando ritorna a casa non farà altro che raccontare agli amici ogni mancanza riscontrata durante la vacanza con il tipico mugugno (quel borbottio indefinito, espressione di profonda insoddisfazione) Esempio tipico di conversazione post vacanza all’estero: “Allora, come è andata in Polinesiaaaaa?” (ndr le vocali finali si allungano sempre, così vuole la cocina) “Nun stamme a di’ninte che avevo il bungalow overwater a 5 stelle lusso con pavimento trasparente, tv satellitare, ma non sono riuscito a vedere la Sandoriaaaa (o u Zena)” Il ligure su lamenta sempre, anche in situazioni super positive! Come dice un proverbio famoso: Chi nu cianze nu tetta! Chi non piange non viene allattato, ovvero se non ti lamenti non ottieni nulla! Visto?»

#6 «Diciamo “andare a spiaggia” anche se sappiamo che è sbagliato»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«Diciamo “andare a spiaggia” anche se sappiamo che è sbagliato (questo punto riguarda i savonesi). Il turista usa naturalmente la versione italiana corretta: andare in spiaggia. Questa espressione è talmente radicata in noi liguri che non possiamo liberarcene, come un orgoglio d’appartenenza a cui non si vuole rinunciare. Tanto che, persino il sottoscritto, consapevole si tratti di un’errore, quando gli è capitato di invitare gli amici turisti a fare un bagno, come segno di compromesso linguistico, prontamente esclama: “Andiamo al mare!?”»

#7 «Il belin non conosce frontiere»

Ph. @ilmugugnogenovese IG

«Il belin non conosce frontiere. Siamo giunti alla parola che credo tutti stavate aspettando. Una parola che è sì una “parolaccia”, giacché definisce l’oggetto della virilità, ma è soprattutto un innocuo intercalare, usato anche da chi proviene dalle classi sociali più privilegiate e colte. Il belin è democratico: lo usano proprio tutti.

Ma come reagisce il non ligure quando sente il ligure inanellare 8 belin in una frase di 20 parole?
Fase A: stupore e derisione. A un primo ascolto, o nel caso del turista che ritorna ogni anno, nei primi giorni della vacanza, ad ogni belin scatta una risatina a volte celata, a volte che il milanese/torinese non riesce proprio a nascondere.
Fase B: dopo una settimana non ci fa più caso, anzi ha l’impressione che nella parlata dell’ospite ci sia qualcosa di nascosto, ma fondamentale, come il basso in una canzone. Ma cos’è?
Fase C: dopo un mese ormai anche lui usa il belin per chiudere o aprire le sue frasi, senza pudore, senza in realtà rendersene conto. La metamorfosi è avvenuta. Se da anni viene in vacanza in Liguria lo potrai ascoltare esprimersi con meravigliose crasi interregionali, come “Belin, va a ciapà i ratt”, o come mia moglie, che si è trasferita qui dal Veneto, esclamare nella concitazione istintiva di sgridare il marito:* “Ocio che ti casca i schei, belin!”.*»

Fonte: 9 problemi che devi affrontare se hai l’accento ligure di Alessandro Parodi (Cosmopolitan)

Continua la lettura con: Camminare a picco sul mar Ligure

MILANO CITTA’ STATO

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