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Lo “SCIPPO” di risorse fatto dal NORD al SUD: un FALSO STORICO (dati osservatorio CPI)

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Credits: repubblica.it - Entrate e spesa Pa

Ne avevamo già parlato qui. Ora arriva l’ennesima conferma, dallo studio dell’osservatorio Cpi (Conti Pubblici Italiani), di quanto in realtà al Sud la spesa pubblica “reale” sia maggiore che al Nord, pari a quasi 40 miliardi di euro in più. Il Mezzogiorno d’Italia è anche una della poche aree al mondo in cui il livello dei consumi è superiore al PIL. Ecco tutti i dati nel dettaglio.

Leggi anche: La grande FAVOLA: i 60 miliardi che il Nord toglierebbe al Sud

Lo “SCIPPO” di risorse fatto dal NORD al SUD: un FALSO STORICO (dati osservatorio CPI)

Pubblichiamo estratti articolo a cura di Giampaolo Galli e Giulio Gottardo   dell’osservatorio CPI per “La Repubblica” – Il falso mito dello “scippo” di risorse del Nord a danno del Sud: al Mezzogiorno la spesa pubblica pesa di più

# La dichiarazione del Presidente dello Svimez: “il Nord ha sottratto al Sud 60 miliardi all’anno“. Perché è un’affermazione sbagliata

Di recente, il presidente dell’Associazione per lo Sviluppo Industriale del Mezzogiorno (Svimez) ha dichiarato che “il Nord ha sottratto al Sud 60 miliardi all’anno”. Come è stata ottenuta questa stima? Nell’analisi della Svimez vi sono una serie di peculiarità che a nostro avviso distorcono notevolmente il risultato.

#1 Analisi basata su dati di spese entrate la cui somma per regioni è diversa dai totali nazionali Istat

Innanzitutto, l’analisi è basata sui dati di spese ed entrate di fonte CPT, Conti Pubblici Territoriali a cura dell’Agenzia della Coesione, la cui somma per regioni è molto diversa dai totali nazionali ISTAT, un punto (di notevole gravità) che è già stato messo in evidenza dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio.

#2 Viene considerata la spesa della cosiddetta P.A. allargata

In secondo luogo, viene considerata la spesa della cosiddetta P.A. allargata, ovvero l’insieme di società partecipate, enti locali e amministrazioni centrali. In questi 60 miliardi sono quindi incluse le spese di società come Eni, Enel, Poste Italiane e Leonardo che sono quotate in borsa e non operano in base a obiettivi di perequazione geografica, bensì di profittabilità e che devono soddisfare la domanda effettiva per i beni e servizi prodotti. È quindi pressoché inevitabile che la spesa di queste società sia maggiore nelle regioni più ricche, in cui la domanda è più elevata e le opportunità d’affari sono tipicamente maggiori. Consegue che considerare tutta la P.A. allargata è discutibile, in quanto include delle spese il cui meccanismo di allocazione è fondamentalmente il mercato e non una decisione politica.

#3 Nel calcolo sono inserite anche le pensioni

In terzo luogo, nel calcolo dei 60 miliardi “sottratti” al Mezzogiorno, secondo Svimez, ci sono anche le pensioni, che rappresentano più di 250 miliardi all’anno di spesa pubblica. Tuttavia, lo Stato non ha alcun controllo sulla loro allocazione regionale: dato che al Nord i lavoratori (provenienti sia dal Nord che dal Sud) hanno versato più contributi, i pensionati settentrionali hanno mediamente diritto a pensioni più alte, il che fa inevitabilmente lievitare la spesa pubblica pro capite nelle loro Regioni.

#4 La stima non tiene conto delle differenze nel costo della vita

Infine, la Svimez non tiene conto delle differenze molto rilevanti nel costo della vita tra regioni.

# La distribuzione regionale della spesa: + € 1.950 pro capite a favore del Sud

Credits: repubblica.it – Tavola 1 Cpi

Per fare un’analisi solida della distribuzione regionale della spesa, occorre fare riferimento all’aggregato della Pubblica Amministrazione calcolato dall’ISTAT, in base ai criteri Eurostat, la cui disaggregazione per regioni e macroaree è calcolata dalla Banca d’Italia.

# Prendendo il dato grezzo dell’intera PA sarebbero 19,5 miliardi e non 60 miliardi

Se si considera il dato grezzo dell’intera PA al netto degli interessi sul debito, con riferimento alla media del periodo 2014-2016, il Mezzogiorno appare leggermente svantaggiato nel senso che la spesa pro capite è pari 10.900 euro a fronte di 11.850 euro nel resto del paese, con un gap di 950 euro (Tavola 1, prima colonna). Va detto subito che questo dato non è statisticamente significativo perché vi sono differenze significative fra regioni a Statuto ordinario e a Statuto speciale, nonché fra regioni di diverse dimensioni all’interno delle stesse macroaree. In ogni caso, moltiplicando questo gap per la popolazione del Mezzogiorno (20,5 milioni) si ottiene la cifra di 19,5 miliardi all’anno, che è rilevante, ma molto lontana dal dato citato dalla Svimez.

# Sottratte solo le pensioni, il gap si rovescia a favore del Mezzogiorno: + 350 euro pro capite

Tuttavia, se si sottraggono le pensioni, sulla cui allocazione geografica il decisore politico non ha alcun controllo, la spesa pro capite di tutta la P.A. nelle varie regioni rimane abbastanza eterogenea, ma la “classifica” non sembra discriminare il Meridione rispetto al Centro-Nord; anzi il gap si rovescia a favore del Mezzogiorno e diventa positivo (+350 euro pro capite, Tavola 1, seconda colonna).

# Aggiustando il dato a parità di potere d’acquisto aumento il divario: + 1.950 euro pro capite rispetto al Nord, con maggiore spesa “reale” di 40 miliardi

L’altra correzione ai dati grezzi sulle uscite della P.A. muove dalla considerazione che nel Mezzogiorno i prezzi sono più bassi che al Centro-Nord; ogni euro di spesa in una regione del Sud ha quindi un potere d’acquisto – e quindi un valore reale – maggiore rispetto al resto del Paese. Per eseguire l’aggiustamento a Parità di Potere d’Acquisto (PPA) della spesa, è stata utilizzata l’unica fonte ufficiale disponibile che è rappresentata dalle soglie di povertà definite dall’ISTAT. La soglia di povertà nel Mezzogiorno è inferiore del 20 percento circa rispetto al Centro e del 24 rispetto al Nord, rispecchiando una considerevole differenza nel costo della vita. Quando si opera anche questa correzione, il gap diventa molto rilevante (+1950 euro pro capite) e decisamente favorevole al Mezzogiorno (Tavola 1, terza colonna). In valori assoluti, si tratta di una maggiore spesa “reale” nel Mezzogiorno pari a quasi 40 miliardi.

Credits: repubblica.it – Spesa pro capite

Anche per quanto riguarda le singole Regioni, la spesa non pensionistica pro capite a Parità di Potere d’Acquisto non sembra penalizzare il Mezzogiorno, ma piuttosto appare favorire le Regioni a Statuto Speciale e quelle più piccole (Figura 1).

# Il Mezzogiorno è discriminato? No, riceve un trattamento più generoso del resto dell’Italia

Occorre inoltre tenere conto delle differenza di spesa determinata da fattori diversi da quelli che sono oggetto di questa indagine, ossia la dimensione delle regioni per le notevoli economie di scala e il loro status costituzionale, regioni a Statuto Ordinario e a Statuto Speciale. Si individua quindi la differenza nella spesa pro capite tra una regione del Mezzogiorno e una del Centro-Nord a parità di popolazione e status.

Credits: repubblica.it – Spesa PA tavola 2

# Spesa pro capite minore nelle regioni grandi, maggiore in quelle a Statuto Speciale. Il Sud non risulta discrimato

La spesa pro capite è minore nelle regioni grandi (350-400 euro pro capite in meno per ogni milione di abitanti) e maggiore in quelle a Statuto Speciale (oltre 2.000 euro pro capite in più). Al netto di questi fattori, se non si escludono le pensioni dalla spesa della P.A., la differenza tra spesa pro capite nel Mezzogiorno e al Centro-Nord è significativa e negativa: i cittadini meridionali riceverebbero ciascuno circa 1.560 euro in meno (colonna (1)). Tuttavia, se si escludono le pensioni da questo calcolo, la differenza tra Sud e Centro-Nord non è più statisticamente significativa. In altre parole, il Sud non è discriminato nella distribuzione geografica della spesa pubblica nominale non pensionistica (colonna (2)).

# Togliendo le pensioni dal calcolo, a parità di potere d’acquisto, al Sud una maggiore spesa di circa 29 miliardi di euro

Infine, se si considera la spesa della P.A. a Parità di Potere d’Acquisto (PPA), ovvero se si tiene conto delle differenze nei prezzi, il Sud appare significativamente favorito, nell’ordine di quasi 1.400 euro pro capite (colonna (3)). Questo perché quasi tutti gli stipendi pagati dalla P.A. sono uguali tra regioni e rispecchia quindi il loro maggior valore reale nel Mezzogiorno. In altre parole, tenendo conto anche delle differenze nel costo della vita, il Mezzogiorno riceverebbe un trattamento più generoso del resto dell’Italia. A livello aggregato, questa maggiore spesa pro capite equivarrebbe a circa 28,6 miliardi all’anno.

# Quante risorse redistribuisce lo Stato? Al sud fino a quasi 80 miliardi tra 2002 e 2016

La combinazione tra un ampio divario in termini di PIL pro capite tra Centro-Nord e Meridione e una spesa pubblica nominale pro capite più equilibrata tra le due macroaree, fa sì che, anche includendo la spesa pensionistica e senza tenere conto delle differenze di potere d’acquisto, il peso della P.A. sul PIL regionale sia estremamente alto nel Mezzogiorno e più contenuto nel resto del Paese. Agli estremi ci sono la Lombardia, in cui la spesa pubblica è poco più del 33 percento del prodotto regionale, e la Calabria, dove questo dato raggiunge l’80 percento, una cifra davvero elevata. Poiché il peso delle entrate della P.A. sui PIL regionali è molto più omogeneo, l’esistenza di massicci trasferimenti (i cosiddetti residui fiscali) tra regioni è inevitabile (Figura 2).

Leggi anche: La ricerca del Sole 24 ore: MILANO è la città più generosa con il resto d’Italia

Credits: repubblica.it – Entrate e spesa Pa

La Banca d’Italia calcola che nel periodo 2002-2016, i trasferimenti pubblici a favore del Mezzogiorno sono oscillati fra il 15 e il 20% del Pil dell’area; rapportato alla media del PIL 2014-2016, queste percentuali corrispondono a cifre annuali tra 57 e 76 miliardi di euro. Le regioni che hanno sostenuto la quasi totalità di quest’onere sono la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Lazio, il Veneto, il Piemonte e la Toscana.

# Per lo Svimez il residuo fiscale sarebbe un falso problema. In tutte le strutture federali è però prevista una qualche corrispondenza fra la capacità contributiva di una regione e la sua spesa

Da parte della Svimez (e di molti meridionalisti) si argomenta che quello dei residui fiscali è un falso problema perché il prelievo riguarda gli individui, non i territori e perché i diritti di cittadinanza non possono variare in base alla residenza. Occorre però tenere conto che in tutte le strutture federali è prevista una qualche corrispondenza fra la capacità contributiva di una regione e la sua spesa, altrimenti non si capisce che senso abbia dire che l’autonomia delle Regioni prevista dalla Costituzione vada contemperata con i livelli essenziali delle prestazioni. Bisognerebbe dire chiaramente che non si ritiene auspicabile alcuna forma di federalismo o tantomeno di autonomia differenziata.

In ogni caso, non sembra in alcun modo accettabile distribuire in ragione della popolazione anche la spesa delle imprese partecipate che operano sul mercato, nonché le pensioni che dipendono dai redditi percepiti nel passato. Quanto alla questione delle Parità di Potere d’Acquisto, si può essere dell’opinione che gli stipendi pubblici e forse anche quelli privati debbano essere gli stessi in tutto il paese, ma non si può negare che un euro al Sud ha un potere d’acquisto – e quindi un valore – maggiore che nel resto del Paese.

# Il Mezzogiorno d’Italia è una della poche aree al mondo in cui il livello dei consumi è superiore al PIL

Questo insieme di fattori fanno sì che il Mezzogiorno d’Italia sia una della poche aree al mondo in cui il livello dei consumi (privati più collettivi) è superiore al PIL: sempre con riferimento al periodo 2014-2016, tale rapporto è pari a 1,025 nel Mezzogiorno e a solo 0,746 nel resto d’Italia. Questo è vero dagli anni cinquanta del secolo scorso ed è la ragione principale per la quale la bilancia commerciale del Mezzogiorno è costantemente in deficit, per cifre anch’esse tipicamente comprese fra il 15 e il 20% del PIL.

Da notare, come mostrano gli indicatori della stessa Svimez, che la qualità dei servizi pubblici al Sud è generalmente peggiore. L’assenza di discriminazione nell’ammontare di risorse non esclude quindi una carenza di servizi, anche essenziali, che pesa negativamente sulle persone e sulle imprese di molte aree del Mezzogiorno.

Fonte articolo: La Repubblica

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Le persone non pensano, quindi non sono

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Albert Einstein - linguaccia alla lavagna

Pensiero del giorno

Cogito ergo sum diceva Cartesio: l’uomo in quanto uomo è essere pensante.

Nella nostra epoca questo assunto si è ribaltato. Non siamo più pensanti ma siamo pensati. 

Il modo di reagire a qualunque notizia consiste ormai nell’adesione a un modello di riferimento condiviso. Siccome tutti hanno lo stesso modello di riferimento tutti pensano e dicono la stessa cosa.

Una cultura che è dominante perché c’è una forma di razzismo nei confronti del pensiero non ortodosso che viene considerato inaccettabile.

Il dibattito sul Covid ha portato alla luce tutto questo. Qualunque idea diversa sei tacciato di etichette da Santa Inquisizione. Addirittura in quanto esprimi un pensiero diverso vieni accusato di essere colpevole della diffusione dei contagi.

Esattamente lo stesso percorso intellettuale che si faceva con le streghe che venivano accusate di qualunque cosa, se pioveva troppo era colpa delle streghe, se pioveva poco era colpa delle streghe, qualunque cosa succedeva era sempre colpa loro.

Questo porta a un inaridimento della cultura umana.
In un mondo in cui tu hai acqua fredda e acqua calda puoi creare tutte le varianti. Ma in un mondo in cui c’è solo acqua tiepida puoi fare solo acqua tiepida. 

E questo sta disintegrando con più forza proprio la cultura italiana.

L’Italia era la patria delle differenze, percorrevi pochi chilometri e mangiavi cose diverse, non capivi cosa dicevano, era come andare su un altro pianeta. Oggi vai a New York o a Berlino e trovi le stesse cose. Questa è la punta dell’iceberg del pensiero perché se tutti vivono le stesse esperienze e fanno lo stesso percorso, giungono allo stesso pensiero.

Non riesci più ad avere un’idea diversa perché sei spalmato sul pensiero dominante.

L’atto di vera ribellione evolutiva è di contribuire al dibattito con idee e punti di vista autonomi. Anche e soprattutto se questi si scontrano con il pensiero comune.

Questo è il meccanismo che ha portato alla crescita della cultura e del pensiero scientifico. Perché solo portando prove che falsificano la teoria esistente si arriva alla sua evoluzione.

Qui trovi tutti i pensieri del giorno (clicca)

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5 RIMEDI della NONNA semplici ed efficaci che funzionano anche di questi tempi

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Credits: cooklist.it - Brodo di Pollo

Mirare al potenziamento del sistema immunitario è la prima strategia che tutti noi dovremmo attuare per metterci al sicuro da virus e altri patogeni con cui entriamo in contatto quotidianamente. Ma se il mal di gola o la febbre o una sindrome da raffreddamento, non necessariamente da Covid 19 dovesse farci visita, è possibile intervenire velocizzando i tempi di recupero grazie ad alcuni preziosi rimedi popolari, semplici ed efficaci.

Intervento della Dottoressa Debora Cantarutti, nutrizionista, esperta di Ciboterapia (effetti del cibo sull’organismo) e di Nutrigenomica. Leggi anche: Corriere della SeraCibobuonochefabeneGSA

5 RIMEDI della NONNA semplici ed efficaci che funzionano anche di questi tempi

#1 Minestrina d’aglio contro i sintomi da raffreddamento

Credits: sarafarnetti.it – Minestrina d’aglio

Questo rimedio è indicato in tutte quelle situazioni in cui compaiono i classici sintomi da raffreddamento caratterizzati da brividi, senso di malessere generalizzato, nelle faringiti. E’ perfetta per sostituire il pasto serale. Si prepara in questo modo.

In un pentolino abbastanza ampio si versa dell’olio extravergine d’oliva e si aggiunge uno spicchio d’aglio intero sbucciato. Si fa rosolare a fiamma media l’aglio finché diventa dorato. A questo punto si alza la fiamma al massimo e si aggiunge subito una tazza e mezza d’acqua fredda. Raggiunta l’ebollizione, si aggiungono 50 gr di pastina circa. Quando la pastina è cotta, si aggiunge sale, ne serve poco e va aggiunto solo alla fine, e prezzemolo fresco tritato. Si completa il pasto con puro succo di melagrana oppure con una coppetta di chicchi di melagrana.

Perchè funziona? Questa modalità di preparazione sfrutta tutto il potenziale antivirale e antifebbrile dell’aglio. L’aggiunta del prezzemolo fresco arricchisce la preparazione di vitamina C.

#2 Decotto di fichi per calmare la tosse e fluidificare il catarro

Credits: infoperte.it -Fichi

Questa preparazione è perfetta per sedare la tosse e favorire la fluidificazione del catarro e la sua eliminazione. E’ utile anche nella tosse secca tipica delle persone sensibili alle polveri presenti negli ambienti con riscaldamento ad aria. Indicata prima di andare a dormire perché favorisce il riposo notturno. Si fanno bollire 2 tazze di acqua fredda insieme a 5/7 fichi secchi al naturale per circa 8-10 minuti. Si spegne e si beve una volta che è diventato tiepido a piccoli sorsi ogni 10/15 minuti.

Una versione ancora più lenitiva delle mucose prevede l’aggiunta di una bustina di malva oppure di altea durante la fase di raffreddamento. E’ controindicato ai diabeti, mentre risulta gradito anche dai bambini.

#3 Decotto di radice di loto per avere un potente effetto mucolitico

Credits: velvetbody.it – Decotto con radice di loto

Questo rimedio deriva dalla medicina macrobiotica e ha uno spiccato effetto mucolitico. Utile in caso di eccesso di muco, non necessariamente localizzato nella zona dei polmoni ma anche quello che può interessare i seni paranasali e che può sfociare in raffreddore e nella dolorosa sinusite. Altra cosa davvero interessante di questo rimedio è la sua capacità di potenziamento delle difese a livello dei polmoni e del colon. Analizzando la struttura della pianta del loto, che secondo la tradizione buddista simboleggia la rinascita e la purezza, si notano le grandi foglie e i fiori che galleggiano perché idrofobi, capaci di respingere l’acqua e l’eventuale sporcizia, mentre la radice da cui si ricava il rimedio, ricorda all’esterno la forma dell’intestino umano mentre l’interno ricorda vagamente i bronchi polmonari.L’abbinamento con lo zenzero ne amplifica i benefici effetti.

Per preparare il decotto di radice di loto avete bisogno di questi ingredienti: 4/5 rondelle di radice di loto secca, 1 tazza d’acqua, qualche goccia di salsa di soia o di tamari, un pezzetto di radice di zenzero fresca.

Si mettono le rondelle di radice in ammollo per 15 minuti circa in una tazza e mezza d’acqua fredda. Si tritano le rondelle ammorbidite conservando l’acqua dell’ammollo. Si trasferiscono le rondelle tritate e l’acqua dell’ammollo in un pentolino e si porta ad ebollizione. Si fa cuocere per 15 minuti coperto. Nell’ultimo minuto di cottura di aggiungono le gocce di salsa di soia. A parte si grattugia un pezzetto di zenzero e si raccoglie il succo strizzando con le dita o un cucchiaio. Ne bastano poche gocce. Si può filtrare oppure bere a piccoli sorsi lasciando la radice nel pentolino, che può essere riutilizzata in una zuppa di miso.

#4 Latte caldo (con cannella e limone) per combattere virus e batteri

Credits: hilloved.com – Latte caldo con cannella e limone

E’ una preparazione secolare che coccola e allo stesso tempo aiuta a combattere i virus e batteri esplicando anche un’azione mucolitica. L’azione è favorita proprio dalla combinazione dei tre ingredienti. Il latte apporta calcio che ha un effetto rilassante sulla muscolatura contratta e aiuta il rilassamento. Unica controindicazione per i soggetti intolleranti al lattosio.

Si prepara con una tazza di latte in cui aggiungere 1 stecca di cannella e la buccia di mezzo limone biologico o non trattato, facendo attenzione ad usare solo la parte gialla. Si fa sobbollire per 3-4 minuti senza farlo mai schiumare, questo comporterebbe la denaturazione dei grassi presenti nel latte rendendolo inadatto a svolgere la funzione di carrier dei principi attivi dispersi. Piace ai bambini e agli anziani perché la cannella conferisce un delicato gusto dolce. Il latte è indicato solo per la preparazione di questo rimedio, in linea generale vanno evitati i latticini e i formaggi quando si è interessati da catarri perché favoriscono la formazione e l’accumulo di muco.

#5 Brodo di pollo: il re dei rimedi della nonna per un effetto antibatterico

Credits: cooklist.it – Brodo di Pollo

Il re dei rimedi della nonna di cui numerose ricerche e studi ne hanno comprovato l’efficacia. Si prepara con un quarto di pollo, va bene anche il petto, oppure con la gallina (in questo caso sarà più ricco). Il brodo si prepara mettendo a cuocere il pollo o la gallina in acqua fredda, in questo modo gli elementi nutritivi che lo rendono terapeutico vengono via via rilasciati durante la cottura della carne, si aggiunge una cipolla (la rossa ricordate che è più ricca di quercitina, vedi articolo), un gambo di sedano, una carota media, 2/3 chiodi di garofano e uno spicchio d’aglio. A fine cottura di filtra e si aggiunge circa 50 grammi di pastina o di riso a persona. Si regola con il sale solo alla fine.

Perchè funziona? La sinergia degli ingredienti e la modalità di cottura conferiscono un marcato effetto antibatterico e in grado di ridurre la febbre. I chiodi di garofano sono poi antivirali. In alcune ricette, si aggiunge anche un cucchiaio di vino rosso perché ne potenzia ulteriormente gli effetti.

Per continuare con lo stesso tema: Dobbiamo farcela DA SOLI: cosa MANGIARE per rinforzare le difese immunitarie

DEBORA CANTARUTTI

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🔴 STATO DI EMERGENZA: verso l’estensione fino (almeno) al 31 GENNAIO

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Credits: fanpage.it - Premier Conte

Il governo Conte, data l’imminente scadenza dello Stato di Emergenza “Covid” fissato al 15 ottobre, sta per procedere a un suo nuovo rinnovo al 31 gennaio del 2021, portandolo così alla durata di un anno dall’inizio, salvo ulteriori proroghe.

Una decisione che sta sollevando critiche anche perchè si tratta di una modalità non utilizzata negli altri Paesi europei e soprattutto rischia di penalizzare le zone che, come la Lombardia, risultano tra i luoghi in Europa con il più basso tasso di crescita dei contagi e dove, secondo il professor Remuzzi, potrebbe essere stata raggiunta una sorta di immunità. Luoghi che, come Milano, risultano pagare dazio maggiore rispetto ad altri luoghi per le poitiche restrittive del governo. L’esecutivo procederà quindi a mettersi nelle condizioni di poter tenere il Paese sotto la minaccia di iniziative improvvise, tra cui nuovi lockdown.

Leggi anche: Prof. Remuzzi: “In LOMBARDIA si è superata la soglia del 60% per l’IMMUNITÀ“

🔴 STATO DI EMERGENZA: verso l’estensione fino (almeno) al 31 GENNAIO

# La proposta di proroga fino al 31 gennaio è stata valutata positivamente. Attesa l’ufficialità

L’ufficialità non c’è ancora. Ma, a quanto apprende l’Adnkronos da autorevoli fonti, durante l’incontro tra il premier Giuseppe Conte e i capi delegazione subito dopo il Cdm, si è parlato anche della proroga dello stato di emergenza, per ora ferma al 15 ottobre. E se finora si era parlato di una proroga al 31 dicembre, nel corso della riunione si sarebbe ragionato sull’opportunità di andare ben oltre la fine dell’anno, visto che la fase di convivenza col virus è destinata a durare ancora a lungo. Una sensibilità, raccontano le stesse fonti, condivisa dalle forze di maggioranza: sempre secondo quanto apprende l’Adnkronos, infatti, il governo sta valutando di prorogare fino al 31 gennaio 2021. Un mese in più, dunque, rispetto alle ipotesi circolate negli ultimi tempi. La proposta sarebbe stata valutata positivamente. Lo stato di emergenza taglierebbe così l’infelice traguardo di un anno, visto che venne decretato esattamente il 31 gennaio del 2020.

Nel corso della stessa riunione, il dem Dario Franceschini avrebbe inoltre sottolineato la necessità di spingere su Immuni, la app per la gestione del contact tracing nell’emergenza Covid, con il Ministro della Giustizia Bonafede che avrebbe lanciato l’idea di una maratona tv per invitare gli italiani a scaricare l’applicazione.

Fonte: “Adnkronos” – Stato emergenza, governo verso proroga a fine gennaio

Continua la lettura: Perchè le politiche anti Covid stanno colpendo particolarmente Milano

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PERCHÈ le POLITICHE anti-Covid stanno COLPENDO particolarmente MILANO

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Non solo il lockdown. Molte iniziative messe in atto dal governo per arginare il coronavirus stanno mettendo a dura prova l’economia italiana. Ma la crisi in corso sta colpendo in modo molto diverso lavoratori e settori di attività. Mentre lavoratori garantiti e imprese di alcuni settori non stanno venendo intaccati, la crisi si sta abbattendo come un macigno sui lavoratori non garantiti e su alcuni settori che stanno vicini allo zero. Lo stesso accade a livello geografico: ecco perchè tra tutte è Milano che rischia di pagare il conto più salato. 

PERCHÈ le POLITICHE anti-Covid stanno COLPENDO particolarmente MILANO

#1 Università, la carica dei 200.000 studenti

Grazie ai 200.000 studenti universitari da tutto il mondo e ai suoi sette poli accademici, Milano pullulava quotidianamente di ragazzi che mescolavano le proprie culture e rendevano pulsante la vita della nostra metropoli. Senza contare i pasti consumati nei bar e locali nelle vicinanze che rischiano di vedere azzerare le entrate. A rischio il ruolo di primato nazionale e di riferimento internazionale di Milano come capitale degli universitari. 

Leggi anche: Che fine faranno le università?

#2 I grandi eventi: dal Salone del Mobile alla Fashion Week

Credits: ildenaro.it- Fuori Salone

Milano è una città di eventi. Una capitale mondiale di iniziative collegate con la fiera. Il Salone del Mobile con il Fuori Salone, le Fashion Week, l’Eicma sono solo alcuni degli innumerevoli eventi che riempivano la città con migliaia di addetti ai lavori e visitatori da ogni parte del mondo. In molti di questi eventi Milano non ha rivali a livello globale. Senza contare la moltitudine di eventi più piccoli che caratterizzavano giorni e notti di Milano. Le conseguenze e le incertezze delle restrizioni stanno causando perdite di miliardi di indotto

#3 L’aperitivo: il simbolo della movida in città

Credits: spaziomovida.it- – Aperitivi sui Navigli

L’aperitivo è una religione a Milano, come si fa qui non si fa da nessuna parte al mondo e per questo che ogni sera migliaia di locali erano pieni di gente dentro e fuori, dai Navigli al Duomo, dall’Isola all’Arco Sempione. Sono davvero poche le zone dove il rito dell’aperitivo e la movida non erano presenti, purtroppo con il lockdown e le attuali restrizioni molti locali hanno chiuso o rischiano il fallimento. E i tavolini all’aperto con l’arrivo del freddo rischiano di rivelarsi un palliativo inutile. 

#4 Lo shopping nel Quadrilatero e nelle altre vie commerciali

La città della moda per eccellenza, tra la via al quinto posto al mondo per fatturato come Via Montenapoleone alle altre arterie commerciali come Corso Vittorio Emanuele, Via Torino, Corso Buenos Aires, Corso Vercelli oltre ai mall commerciali stanno precipitando. I primi clienti erano internazionali ma ora di loro non c’è più traccia, anche perchè i paesi da dove arrivava la clientela più ricca sono off limits dai nostri aeroporti. Una perdita economica enorme che rischia di infliggere un colpo fatale a una delle tre capitali mondiale della “fashion economy”.

#5 La Fiera e lo stop al turismo d’affari 

 
Rho Fiera deserta

Inserire quarantene obbligatorie, restrizioni al turismo internazionale, la fuga di Alitalia dagli aeroporti milanesi. Sono tutti esempi di azioni che colpiscono molto più Milano delle altre città. Perchè Milano è la porta di ingresso all’Italia del turismo d’affari mondiale. Chiudere questa porta rischia di disintegrare la stessa ragione di essere di Milano. E questo ha come prime conseguenze il crollo degli affari della Fiera che genera un indotto fondamentale per l’economia milanese.

La sensazione è che il governo stia adottando politiche uniformi senza considerare le conseguenze diverse che si generano in luoghi diversi. Un esempio è anche la soglia dei 1.000 spettatori allo stadio che colpisce più duramente un impianto da 80.000 spettatori rispetto ad altri ben più piccoli. 

Forse è proprio questo il pericolo più grande per Milano: che le restrizioni stiano introducendo un livellamento al punto più basso che rischia di disintegrare tutte le eccellenze della città dell’eccellenza. La città che essendo la porta di ingresso dell’Italia al mondo rischia di tagliare fuori tutta Italia dal resto del mondo. 

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L’APPARTAMENTO in AFFITTO più CARO di Milano

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Via Fiori Chiari

Chi sarà il fortunato inquilino di questa reggia?

L’APPARTAMENTO in AFFITTO più CARO di Milano

# Un attico in via Fiori Chiari: 427 mq, 18.500 euro al mese

L’appartamento con l’affitto più elevato, che si può trovare tra i motori di ricerca immobiliari, è al momento un attico di 10 locali in Brera.

Ha oltre 400 mq + 130 mq di terrazzo, con salone triplo, 6 camere da letto, 4 bagni, bagno ospiti, lavanderia, camera e bagno di servizio, doppi ingressi, mansarda, cantina, box nelle immediate vicinanze. Insomma una vera reggia.

L’unica foto disponibile è sgranata, perché quelle ufficiali sono disponibili esclusivamente su richiesta dei possibili clienti interessati alla locazione, così come il civico esatto su cui rimane il massimo riserbo.

# La casa è da arredare, solo in cucina sono presenti i mobili

Per ufficializzare il contratto di locazione serviranno tre mensilità previste come cauzione, quindi per entrare servono all’incirca 55.000 euro, e oltre al canone andranno aggiunte le spese condominiali che non sono indicate, ma che facendo le dovute proporzioni, si aggireranno attorno a qualche migliaia di euro mensili da metter in conto. L’ultima “piccola spesuccia” da affrontare per poter finalmente vivere, da affittuario, in questo splendido attico, saranno i mobili: infatti solo la cucina è attrezzata, le altre numerose stanze saranno tutte da arredare.

Continua con: L’APPARTAMENTO più COSTOSO in vendita a Milano

FABIO MARCOMIN

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Boeri: “PARITÀ di TRATTAMENTO fra dipendenti PUBBLICI e PRIVATI”

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Credits: moreimpresafestival.it - Tito Boeri

L’ex presidente dell’Inps intervenuto al Festival dell’Economia di Trento ha sottolineato la gravità del fatto di aver permesso a “tante persone della PA di non lavorare, senza monitorare e senza adottare nella Pubblica amministrazione gli stessi mezzi di monitoraggio che ha adottato nell’emergenza il settore privato”. Una riforma del lavoro e di correttezza costituzionale dovrebbe passare attraverso l’uguaglianza di diritti e di doveri dei lavoratori pubblici e privati. Ecco alcuni estratti del suo intervento. 

Boeri: “PARITÀ di TRATTAMENTO fra dipendenti PUBBLICI e PRIVATI”

Pubblichiamo estratti articolo di “Adnkronos” – “Cassa integrazione per dipendenti pubblici”, la proposta di Boeri

# Serve “una Cig anche nella pubblica amministrazione”

Tito Boeri, economista ed ex presidente dell’Inps, nel dialogo con il premier Giuseppe Conte nel corso del Festival dell’Economia di Trento:

Si potevano “evitare scompensi gravi nella Pa” nel corso dell’emergenza coronavirus e del lock down e si dovrebbe “far sì che l’immagine del dipendente pubblico migliori agli occhi dei cittadini“. 

Trovo grave che si sia permesso a tante persone della PA di non lavorare, senza monitorare e senza adottare nella Pubblica amministrazione gli stessi mezzi di monitoraggio che ha adottato nell’emergenza il settore privato” e, ha aggiunto l’ex numero uno dell’Inps, “perché non pensare ad una Cig anche nella pubblica amministrazione, così da fare in modo che ci sia parità di trattamento fra dipendente pubblico e privato“.

Fonte articolo: Adnkronos

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Quasi RADDOPPIATE le CASE IN AFFITTO a Milano. Ma i PREZZI non cambiano

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Credits: internazionale.it - Casa a ringhiera

Qual è l’effetto del Covid sugli affitti a Milano? C’è una grande crescita nell’offerta di case ma i prezzi reggono: per un bilocale sono richiesti in media quasi € 1.300. Ecco la situazione.

Quasi RADDOPPIATE le CASE IN AFFITTO a Milano. Ma i PREZZI non cambiano

# In sei mesi a Milano cresciuta del 68,7% l’offerta di appartamenti in affitto

Almeno per il momento il coronavirus non ha fatto crollare il prezzo delle case a Milano. Ma qualcosa sul fronte affitti è successo, come riportano i dati relativi all’ultimo semestre — da marzo a settembre 2020 — registrati dall’Osservatorio di Immobiliare.it e Mioaffitto.it.

In sei mesi è cresciuta l’offerta di appartamenti in locazione, soprattutto a Milano, del 68,7%

Nonostante ciò, e nonostante un’offerta in costante aumento, non si è ancora assistito a un calo dei prezzi.

# L’aumento dell’1% dei prezzi nonostante la crisi: per un bilocale servono in media € 1.267. Negli altri grandi centri si ferma a € 839 con un drastico calo della domanda

La variazione semestrale si è infatti fermata a +1%, sintomo di un atteggiamento di prudenza e attesa da parte dei proprietari, ancora non convinti a procedere col ribasso dei canoni e speranzosi in una veloce ripresa dell’economia. Ciò comporta che a Milano gli affitti restino esosi: per un bilocale da 65 metri quadri si spendono in media 1.267 euro al mese.

La situazione è la stessa nelle altre grandi città, seppur con variazioni diverse. Anche qui l’offerta risulta in aumento (+14,2% in sei mesi) e i prezzi sono praticamente fermi rispetto a marzo 2020. Nei grandi centri affittare un bilocale costa mediamente 839 euro al mese. Rispetto a Milano nelle principali città italiane è più evidente la crisi della domanda, scesa in sei mesi del 13,2%.

Estratti da: “Milano Today” – Milano, aumenta l’offerta di case in affitto ma i prezzi non scendono: cosa sta succedendo

Leggi anche: 
LONDRA SVUOTATA come le vecchie miniere. MILANO RISCHIA lo stesso?
A Milano 11 ANNI di STIPENDIO per comprare CASA. Il doppio della media nazionale
🔴 A Milano metà dello STIPENDIO nell’AFFITTO. L’appello: “Pensate anche a noi GIOVANI LAVORATORI?

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Perchè l’Italia rischia di diventare il luogo più interessante dove vivere

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nuvola di Fantozzi

Pensiero del giorno

Da decenni la linea di chi governa in Italia è quella di procrastinare i problemi invece di risolverli.

I problemi economici si sono procrastinati nel fare più debito.

Le riforme sono state trasformate in sussidi per evitare le riforme.

Anche con l’emergenza sanitaria il problema è non avere abbastanza terapie intensive, ma in questi mesi si è fatto di tutto tranne che potenziare le terapie intensive.

Questo procrastinare come il lievito madre ha fatto ingigantire i problemi rendendoli talmente diffusi da far diventare l’Italia la terra dei problemi.

Considerando i problemi uno stimolo per l’intelligenza e il sale della vita, paradossalmente il fatto di fuggire dai problemi ha reso l’Italia il luogo più interessante dove vivere.

Se la felicità è data da risolvere i problemi, per essere felici speriamo solo che i nostri siano ancora dei problemi risolvibili.

Qui trovi tutti i pensieri del giorno (clicca)

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Prof. Remuzzi: “In LOMBARDIA si è superata la soglia del 60% per l’IMMUNITÀ“

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Credits: euronews.it - Tamponi

Al convegno “Covid-19, il virus ignorante”, organizzato dalla Fondazione The Bridge, in cui hanno partecipato il Professor Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e l’Assessore al welfare Gallera, sono emersi due informazioni rilevanti: la prima è che verosimilmente la Lombardia potrebbe avere raggiunto il 60% di immunità da anticorpi e da cellulle T, la seconda, anche se già acclarata, è che ad oggi siamo la terzultima regione italiana per indice di diffusione del virus Sars-CoV-2.

🔴 Prof. Remuzzi: “In LOMBARDIA si è superata la soglia del 60% per l’IMMUNITÀ“

# Professor Remuzzi: “Se il 20% in Lombardia ha gli anticorpi e il doppio verosimilmente ha le cellule T, possiamo dire che in Lombardia arriviamo al 60% di immunità”

La Lombardia “adesso è più protetta”, perchè è la regione dove il virus è circolato di più. A dirlo è il professore Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, durante il convegno “Covid-19, il virus ignorante”, organizzato dalla Fondazione The Bridge.

Secondo Remuzzi, che si è soffermato sull’attuale differenza tra i contagi al Nord e al Sud, in Lombardia “si è creata una certa immunità che non è l’immunità di gregge, ma è fatta di tanti componenti. C’è l’immunità da anticorpi che a Milano e in Lombardia è intorno al 15-20% e a Bergamo fra il 30-50%. E poi c’è l’immunità delle cellule T, che sono dei linfociti capaci di riconoscere il virus. Questa immunità è più difficili da misurare, ma rappresenta il doppio dell’immunità da anticorpi. Quindi se il 20% in Lombardia ha gli anticorpi e il doppio verosimilmente ha le cellule T, possiamo dire che in Lombardia arriviamo al 60% di immunità“.

A quel punto il virus fa fatica a trovare persone da infettare“, ha sottolineato Remuzzi. Che però ci ha tenuto a invitare alla prudenza: “Questo non vuol dire, sia molto chiaro, togliamoci la mascherina o facciamo assembramenti”.

# L’assessore al Welfare lombardo Gallera “Siamo la terzultima regione italiana per indice di diffusione del virus Sars-CoV-2″

Al convegno è intervenuto anche l’assessore al welfare Gallera che ha fatto una sintesi della situazione attuale in regione: (…) “Ad oggi in Lombardia il numero degli infettati in proporzione alla popolazione è fortunatamente molto basso, tant’è che siamo la terzultima regione italiana per indice di diffusione del virus Sars-CoV-2. Così come molto basso, rispetto agli altri territori del nostro paese, è il rapporto tra nuovi positivi e tamponi“.

Fonte: “Milano Today” – Covid, Lombardia terzultima in Italia per contagi: “Si è creata una sorta di immunità”

# Da Svezia e Danimarca rilanciano la teoria dei superdiffusori: “Anche solo il 20% di persone immuni può di fatto arrestare la circolazione al virus”. Svezia e Lombardia potrebbero aver raggiunto l’immunità.

Queste informazioni sembrano suffragare uno studio, pubblicato da Tom Britton presso l’Università di Stoccolma ad agosto, che ha stimato che presumendo che i membri più socievoli e attivi della società siano i primi a essere infettati, la soglia per la piena immunità di gregge potrebbe scendere fino al 43% della popolazione, sotto al 60-70% che è la soglia classica in epidemiologia. 

Solo il 20 per cento dell’immunità fa una grande differenza, perché coloro che sono stati infettati all’inizio dell’epidemia erano i più suscettibili al coronavirus e i più socialmente attivi“, ha detto Britton a Politiken. Queste persone avrebbero quindi agito come “superdiffusori” del Sars-CoV-2.

Continua: 🔴 Una ricerca DANESE: “La pandemia in Svezia potrebbe essere terminata”. Effetti simili anche per la Lombardia?

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MILANO

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Settima e ultima puntata: Milano”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica
Cerco l’uomo
L’intenzionalità
Il Consenso
La Buona Politica

Buongiorno a tutti e benvenuti a questo nuovo video dell’estate di filosofia politica. Oggi è l’ultimo video di questa serie di video e oggi si parla di Milano, e secondo me è un modo anche per mettere a terra quello che si è detto nei giorni scorsi. Questi sono video che sono di introduzione alla scuola di formazione politica che si farà a fine settembre e riprenderà questi concetti. Ci saranno tanti protagonisti della politica, della cultura e del mondo intellettuale che li tratteranno in modo anche più concreto. Comunque invito tutti quelli che vogliono svolgere un ruolo di impatto sulla società a fare questa scuola. Il centro di tutto è appunto la filosofia politica perché a nostro avviso quello che si è perso nella politica è proprio il concetto filosofico, cioè quello dell’interrogarsi sulle cause e soprattutto sul fine del fare politica. Abbiamo visto, prima di parlare Milano, anzi ricollegando Milano con quello che si è visto negli scorsi video, tanti mi hanno detto ma perché ce l’ha così con i politici. In realtà come ho detto nei video, io dico che a differenza degli altri mestieri, il politico tendenzialmente soprattutto nella nostra epoca non svolge bene il suo mestiere. Sostanzialmente per questo motivo. Allora innanzitutto il suo mestiere dovrebbe essere, secondo i termini classici, occuparsi di gestire la società cioè organizzare la società e la comunità in modo da creare l’ambiente ottimale per rendere le persone più felici. Questo è il concetto classico o aristotelico, ma la stessa cosa che poi dice anche Macchiavelli quando dice che il principe deve strumentalizzare tutto pur di rendere felici i suoi sudditi.

Perché questo non avviene, cioè perché il politico non riesce a far politica? Sostanzialmente per due ragioni. La prima che è quella spesso analizzata dai politologi, che il vero problema non è che i politici sono peggiori delle persone, anzi di solito c’è chi dice sono lo specchio della società, c’è chi dice che, e io credo in quelli, che tendenzialmente siano meglio, meglio se non altro perché si occupano di fare quel mestiere e quindi per fare quel mestiere sono persone che tendenzialmente sono quelle che teoricamente dovrebbe essere più adatte. Però è un dato di fatto che difficilmente riescono a creare un ambiente ottimale nella società per rendere le persone felici, quindi tendenzialmente non riescono a fare bene il loro mestiere. La prima ragione è conscia, cioè nel senso che il vero problema è che pochi politici consciamente quando fanno le cose hanno come priorità quella del benessere dei cittadini. Questo sia per un problema di confusione, cioè di confusione su quelli che sono i fini, cioè se voi chiedete a chi fa politica perché fa politica, riceverete cento risposte. Però il vero problema è che chi fa politica è un dato di fatto che spesso abbia altre priorità, ha una confusione di fini e debba rispondere a delle priorità differenti rispetto a quelle del pensare al benessere cittadino, che può essere quello di ottenere un consenso piuttosto che ottenere il proprio potere, essere funzione della sua parte politica. Però quindi c’è un motivo non cosciente, cioè i politici magari son bravi però rispondono a dei poteri differenti o meglio a delle priorità differenti rispetto a quella del pensare al benessere cittadino e questa è un’opinione che tra l’altro condivido.

Il secondo aspetto invece è inconscio. Abbiamo visto come in una visione classica dell’essere umano, non si può ridurre l’essere umano alla sua razionalità, all’io cosciente ma bisogna considerare tutto l’essere umano, che è quello che fa dire a tutti i saggi che l’obiettivo della vita è quello del far luce su se stessi, “conosci te stesso”. Perché il conosci te stesso? Perché noi abbiamo una parte, ormai tutti dicono, dominante di inconscio, e in questo inconscio abbiamo visto come ci sono sia i cosiddetti mostri di Freud, cioè qualcosa che ci porta fuori dalla nostra strada che ho definito in modo abbastanza banale “complessi”, e dall’altro lato c’è anche però la nostra grande ricchezza, c’è chi la chiama intenzionalità di natura, chi in sè, chi anima, ognuno la chiama a suo modo, che è quello che c’è nel nostro scrigno da aprire per conoscere noi stessi. E quindi, tornando al politico, oltre al conscio del fatto che non fa bene il suo mestiere, perché risponde spesso delle priorità differenti rispetto a quelle del pensare al bene dei cittadini, il secondo aspetto è quell’inconscio, cioè abbiamo visto come spesso oggi il potere viene dato dal consenso, nelle democrazie come diceva tra l’altro Le Bon è il motore, la benzina per poter fare politica. Abbiamo visto come proprio dal punto di vista proprio psicologico, il consenso spesso è un rinforzo alla dinamica complessuale dell’individuo, cioè spesso lo stesso tipo di relazione che si ha nei confronti il consenso è molto simile a quella che si ha con l’adulto di riferimento, nei momenti in cui nella prima infanzia si generano i complessi per una eterodirezione. E quindi, fuor di metafora, il problema è che molti politici, purtroppo inconsciamente, hanno una relazione con il consenso che è di tipo complessuale.

Abbiamo visto alcuni esempi negli scorsi video, di tipo complessuale cosa significa? In ultima analisi il complesso ha una caratteristica: prima o poi sfocia nell’autosabotaggio. Perché? Perché non è parte della nostra natura, è la caratteristica del complesso. Quindi lo si vede che tutti i principali governanti che magari erano anche mossi a fin di bene, alla fine vi verrà in mente chiunque negli ultimi dieci anni, soprattutto quelli che sembravano avere la palla per cambiare le cose, alla fine hanno fallito. Hanno fallito perché non sono riusciti a cambiare le cose come volevano e sono caduti loro, cioè sono precipitati, che è la caratteristica principale del complesso. Quindi questo non per dire che dobbiamo essere ossessionati da dinamiche psicologiche, ma perché dobbiamo considerare, soprattutto a chi vuole avere una responsabilità di impatto nella vita delle persone, perché politica significa incidere nella vita delle persone e quindi occorre interrogarsi sull’aspetto filosofico, cioè sulla volontà, quali sono i fini della politica che vogliamo fare e soprattutto anche avere una confidenza del fatto che c’è una parte di noi che è inconscia. Quindi occhio che noi possiamo perseguire con la nostra più buona volontà questi fini ma se i complessi ci portano fuori strada, alla fine come ho detto ieri uno esce per prendere latte, però la vita è fatta di gente che poi torna a casa e il latte non l’ha preso. Quindi questo si può dire è un breve riassunto degli altri video, che ci azzecca Milano?

MILANO

# I due elementi che occorrono per una buona politica

Perché ci azzecca Milano? Partiamo dall’aspetto positivo come abbiamo visto ad esempio nel video di ieri sulla buona politica. Sostanzialmente per fare buona politica occorrono, secondo quella che è la tradizione classica, due elementi che abbiamo messo in luce, se non altro come la intendo io una buona politica. Significa fare in modo che la politica ritorni a essere quella che è il suo fine, quello che è il suo fine ontologico cioè politeia, cioè come la intendeva Aristotele, cioè la costituzione, l’organizzazione ottimale perché le persone possano essere felici. Che poi è lo stesso principio classico dei sovrani mesopotamici che dicevano che il vero governante deve creare il giardino, cioè il giardino che produca le piante con i frutti ideali.

Le due condizioni perché si possa fare politica sono sostanzialmente: la prima è quella appunto, anche in questo caso mi riallaccio a tutti i classici, quella del principe filosofo, cioè dei governanti filosofi come diceva ne “La Repubblica” Platone. È importante questo concetto, cosa vuol dire filosofo? Filosofo è esattamente come lo intende e lo intendeva Tomaso D’Aquino che diceva che sostanzialmente che il governante deve essere soprattutto un uomo di scienza e di virtù. Oppure Lao Tze quando diceva che il principe deve essere il saggio, che è quello che ha imparato a governare se stesso. È questo il concetto di filosofo, cioè il filosofo esattamente come nell’uomo di business, il bravo imprenditore è quello che inizia con la sua attività, mano a mano grazie alla sua capacità di creare ricchezza e produrre valore, strumentalizzando i vari mezzi, amplia il suo spazio vitale, la sua azienda diventa sempre più grande.

Dal punto di vista politico la stessa cosa deve accadere per il cosiddetto principe filosofo, se lo si intende in questo modo, cioè il governante ideale è uno che ha preso confidenza con se stesso, è diventato “padrone di se stesso” nelle sue dinamiche complessuali e in quelle invece positive e questo lo dimostra in una vita riuscita, da “illuminato” come dicevano tutti questi grandi. Cioè, diceva Lao Tze, la differenza fra saggi e illuminati che poi l’illuminato è quello che fa luce sulla sua interiorità, che ha come fine quello del non strumentalizzare la realtà in nome di determinati fini, ma di usarla come specchio. Quindi in questo senso riallacciano la prima cosa, riportiamo il filosofo non come intellettuale ma come persona che ha una confidenza sulla sua interiorità e soprattutto una corrispondenza su quelli che sono i suoi fini esistenziali, con quelli che sono i suoi interiori. Soprattutto sulla confidenza in che cosa? Sul fatto che ci deve essere una passione sincera su quello che è l’obiettivo, anche in questo caso riprendo Aristotele, quello dell’obiettivo esistenziale del contribuire al benessere degli altri. Aristotele aveva detto che l’uomo o qualunque essere umano è riuscito se sviluppa la sua parte privata, i suoi interessi personali, ma sviluppa anche ciò che contribuisce al benessere degli altri: non ci può essere realizzazione individuale se non c’è un contributo positivo alla tua comunità. Quindi deve essere proprio per questo il filosofo, cioè uno che ha consapevolezza che fare il bene degli altri è coerente con la propria natura. È importante cosa vuol dire bene e qua mi rivolgo soprattutto a tutti i genitori, cioè esattamente come qualunque processo formativo e di sviluppo, a che cosa è finalizzato?

Questo è il secondo punto: è finalizzato a che cosa? Non ad assecondare la volontà del bambino, perché se il loro processo di sviluppo di qualunque tipo di educazione del maestro col lo studente o del genitore col figlio, vedete quello che volete, se fosse assecondare la volontà come avviene ad esempio oggi con la politica del consenso, nessuno di noi avrebbe la bicicletta perché alla prima caduta piangiamo e basta non andiamo più, nessuno di noi saprebbe nuotare, nessuno di noi avrebbe studiato perché studiare è un sacrificio. E lo sa bene quindi ogni maestro, ogni genitore che non deve assecondare la volontà, ma deve assecondare che cosa? L’autonomia. Cioè ogni percorso di sviluppo è un percorso, se ci pensiamo, che è finalizzato a dare autonomia all’oggetto dello sviluppo, che in questo caso abbiamo detto il bambino o lo studente, ma è valida anche in tutta la natura. Mamma tigre con i suoi cuccioli fa in modo che i cuccioli possano diventare autonomi, se ci pensate tutti percorsi formativi e di sviluppo sia nel rapporto maestro-studente che nel rapporto dei genitori sono finalizzati all’autonomia, cioè vado in bicicletta perché sono più autonomo, nuoto perché è un’autonomia, posso fare di più, studio perché acquisisca la mia autonomia e così via. Questo è il fine che è lo stesso fine, ad esempio, non solo della cultura, non solo dell’economia, che abbiamo visto la sana economia è quella in cui le parti rimangono autonome, che è lo scambio. Io pago per ottenere in cambio qualcosa che per me è un valore superiore, chi riceve i soldi rimane autonomo, io rimango autonomo, tutti e due siamo contenti perché abbiamo ricevuto qualcosa in più, che è quello che diceva Aristotele. Invece nel caso dell’economia monetaria, proprio perché invece crea un rapporto di reciproca dipendenza, meglio di dipendenza unilaterale, cioè se io do dei soldi per avere più soldi, cioè li do in prestito, il debitore alla fine rischia di entrare in dipendenza nei confronti del creditore. Quindi l’obiettivo anche dell’economia sana, di portare a produrre, alla creazione del valore, lo si ottiene con persone autonome. Autonomia lo ribadisco anche qua, non significa ognuno si fa i fatti suoi, ma è proprio l’opposto, cioè l’autonomia è l’individuo che entra in società, però non entra da oggetto passivo della società, ma entra da soggetto attivo, che significa che cosa? Che è movente, l’autonomia significa avere un proprio movente interiore, che però per definizione ha questa caratteristica: agire nel metabolismo per rinforzare la propria identità, però anche come diceva Aristotele, l’autonomia caratterizzata da rinforzo l’identità dove l’identità è sia la propria individuazione, sia l’essere parte di un insieme più grande. Abbiamo parlato come ciò che unisce tutti i viventi è il fatto di avere delle cellule, le cellule sono un simbolo di autonomi, perché sono mosse da una loro legge interiore che le fa metabolizzare l’esterno.

Il concetto di autonomia si basa su un principio naturale che è quello della cellula, che è sia autonoma, cioè interagisce con il metabolismo e metabolizza, cioè ottiene l’energia per poter crescere dall’ambiente, però al tempo stesso la cellula ha senso perché è parte di un organismo. Così come l’albero è sia albero, ma è anche parte di un bosco e quindi il concetto dell’autonomia così come l’essere umano, come diceva Aristotele, ha senso sia come individuo ma come anche parte di una comunità. Quindi la buona politica deve avere i cosiddetti governanti filosofi, che non significa intellettuali ma significa persone che hanno confidenza nell’obiettivo del fare politica e un minimo di padronanza con se stessi, con le proprie dinamiche soprattutto complessuali. Dall’altro lato ci deve essere quello di avere in mente che l’obiettivo per rendere felici le persone è che bisogna renderle autonome e rinforzare la loro identità, cioè creare le condizioni non significa creare lo stato etico, qualcosa che ti indirizza, ma semplicemente come diceva Tao l’opposto, cioè non avere paura di lasciare liberi, perché ognuno è parte anche di un insieme più grande. E poi come abbiamo visto ieri Lao Tze diceva che più togli obblighi e imposizioni, più ti fidi dei cittadini, più ti ripagano con la responsabilità e loro stessi diventano felici. Quindi è un altro modo di fare politica.

# Perchè Milano?

Qui finalmente arriviamo a Milano. Ho fatto una premessa molto lunga, perché Milano?Perché bisogna mettere a terra queste cose, perché giustamente molti di voi potete dire questi son bellissimi concetti molto astratti. Veniamo a Milano. Adesso faccio l’outing da parte anche di tutto il nostro gruppo. Tanti ci chiedono perchè fate politica, scendete in campo, volete fare un partito eccetera? Sono cose che se mi seguite avete capito che non ci interessano tanto. Però al tempo stesso ci interesserebbe molto potere contribuire a una buona politica. Allora a le condizioni sono, adesso faccio l’outing la risposta è: SE. Non è sì o no ma è SE, cioè quali potrebbe essere le condizioni che ci possano portare a noi, il gruppo di Vivaio e Milano città stato in particolare, a impegnarci in prima persona. Ci devono essere due condizioni per farne un’altra terza.

# Le condizioni per impegnarci direttamente

La prima condizione per fare politica è quella del fatto che occorre. Parto dal fine cioè il fine che deve essere quello che è il concetto di milano città stato, che non è semplicemente una riforma amministrativa per dare più autonomia a Milano, ma è partendo da Milano, perché devi partire da qualche parte, partendo da Milano creare una sorta di laboratorio. Perché l’unico modo per rifondare la nostra politica in Italia, ma direi anche in Europa, rispetto a questo modello verticistico e si può dire razionalistico della politica, ed eterodiretto perché i veri poteri in realtà sono altri rispetto a fare bene il proprio mestiere per il benessere dei cittadini. L’unico altro modo è quello del ripartire dal concetto dell’autonomia, autonomia ad ogni livello, cioè il fatto del dire, innanzitutto riprendendo la nostra tradizione, cioè la grandezza dell’italia non solo di Milano è data proprio dal fatto che si sono sviluppate delle città che sono diventate spesso città stato che si sono diffuse e rese grandi nel mondo grazie alla loro autonomia, cioè grazie alla loro capacità del rinforzare la propria identità, sviluppare le proprie eccellenze e la grandezza storica dell’Italia data da questa sommatoria di autonomie. La grandiosità dell’Italia è stata quella dell’aver dato luogo e spazio a delle città che si sono rese grandi nel mondo, che poi è la stessa cosa dell’Europa. Se pensiamo l’Europa prima di questo dominio dei grandi Stati nazionali, la forza dell’Europa è stata l’evoluzione dell’Impero Romano: il Sacro Romano Impero. Cosa era il Sacro Romano Impero? Che cos’era il Sacro Romano Impero, era anche in questo caso il trionfo dell’autonomia e lo si vede perché l’Europa è la terra della diversità. E allora che senso ha creare uno sistema super gerarchico sovranaturale, omologante nel luogo che invece è l’opposto perché è sempre stato il grande trionfo dell’autonomia?

Però come detto per evitare di stare qui tanto chiacchierare, occorre farlo, ma con grande serietà, dire partiamo da Milano facciamo che è laboratorio di autonomia, dimostriamo che perfino ogni singolo municipio se lo si responsabilizza, gli si da delle risorse, lo si misura sui risultati, può essere fautore d’identità di luogo e di rinforzo per tutta la città. La singola persona, la singola impresa: renderla autonoma significa dare consapevolezza che così come una persona non può che essere riuscita se non contribuisce al benessere degli altri, anche le aziende del territorio devono essere, devono capire che non possono inaridire il territorio, ma la riuscita esistenziale ed economica di un’azienda passa attraverso la creazione di valore che produce anche per il territorio, e così via.

La cultura  deve essere torna ad essere una coltivazione per favorire l’autonomia individuale, che in questo caso è un’autonomia di pensiero, solo persone che hanno un’autonomia di pensiero possono dare un contributo attivo alla cultura. La stessa economia deve essere finalizzata alla creazione di valore per rendere le parti tutte le parti che continuano a essere autonome, non può essere basata su una dipendenza di una parte rispetto all’altra. Quindi tornando però alla politica, quali sono le due condizioni? La premessa è che siamo tutti uniti per dire, facciamo una stagione costituente, cioè costituente mostriamo che da Milano si può partire un modello di autonomia che possa può essere replicato con successo e con forza nel resto d’italia e la mia ambizione anche al resto d’Europa, ma per farlo occorrono due condizioni che direte sono impossibili. È vero, magari sono impossibili e della risposta del “SE”, cioè in quel caso continuerò a fare quello che amo di più, occuparmi dell’aspetto filosofico della politica. Però se accadono, che cosa sono le due condizioni.

Le due condizioni sono quelle della prima stagione costituente mirata all’autonomia della città, non solo in termini amministrativi, ma proprio come l’uomo modello fondante, far vedere che funziona quello che sto dicendo, che l’autonomia è motore di sviluppo oltre che di eccellenza. La dimostrazione di tutta la storia oltre che l’esempio che abbiamo davanti agli occhi, della natura, le due condizioni però devono essere che non ci può essere, come detto, un’eterodirezione di questo progetto, cioè dobbiamo dire, perché una stagione costituente, forse la stagione più affascinante della storia repubblica è stata proprio la costituente dopo la fine della guerra mondiale, quando tutte le forze si sono unite e hanno partorito un prodotto comune, che è stata la Costituzione. Probabilmente il progetto intellettualmente più edificante della nostra politica quindi non c’erano parti, o meglio c’erano delle parti che hanno contribuito a un fine superiore.

Qua il fine superiore deve essere questo laboratorio di autonomia per il Paese, cinque anni in cui tutte le forze politiche del territorio più rappresentative decidono di dire basta, per cinque anni lavoriamo insieme, cioè niente lezioni uno contro l’altro, facciamo la costituente. Se volete io e i nostri saremo quelli che potrebbero far da garanti, noi siamo assolutamente trasversali anzi non amiamo proprio la logica il partito, quindi finalizzati al progetto l’autonomia, però si può fare solo se poi ci sono i politici veri del luogo. Tutti uniti per dire facciano qualcosa di storica facciamo come la “Comune” cioè un qualcosa che vada oltre i partiti nel solo interesse, non solo della comunità di Milano, ma di Milano che torni a essere quello che è sempre stata. La sua forza è sempre stata essere una luce, un’innovazione utile per il resto del Paese, cioè la garanzia che questo non può essere una roba secessionista è l’identità di Milano. Milano è una sommatoria di tutto il meglio delle identità locali, quindi non la puoi togliere dal resto d’Italia e al tempo stesso la forza di Milano è sempre stata quando Milano si è posta funzione del resto del Paese. Non ha mai fatto per i fatti suoi e quindi prima condizione che le forze politiche decidano per questa illuminazione. Facciamo quest’esperimento, a Milano non si parla di partiti, cioè siamo tutti uniti per questo fine, per questo progetto. Non si fa campagna elettorale, non solo per le elezioni ma per cinque anni si lavora tutti umilmente, e io lo so che i milanesi di nascita o di scelta hanno questa caratteristica che si sentono parte di una comunità, al di là delle proprie idee. Quindi uniti per fare questo gioco come costituente, ma tutti uniti non rosso, giallo, verde, uniti per questo progetto.

La seconda caratteristica deve essere che non solo le forze politiche ma anche le forze più vitali e direi, in termini classici, filosofiche di ogni settore si mettano in azione per fare questo rinnovamento, cioè tutti quelli che hanno dimostrato nel loro mestiere e che mi capiscono che sto parlando di questo, che è naturale nel proprio mestiere che il proprio successo, la propria felicità passa attraverso il benessere che tu porti all’altro. E quindi persone nell’ambito la cultura, del business, con gli imprenditori perché ci sarà una stagione devastante che o ricomincia a creare valore o non possiamo continuare a fare debiti all’infinito e per fare valore bisogna coinvolgere quegli imprenditori che questo valore lo sanno fare, ma non solo un valore monetario, un valore proprio di benessere. Quindi occorrono delle condizioni clamorosamente speciali, che mi fanno dire probabilmente questa probabilmente sarà un’utopia, ma questa è una risposta, lo faccio su questo video in diretta almeno non è che devo poi contraddirmi, questa è la risposta a quelli che mi dicono ma perché fate politica, vi volete candidare eccetera.

La risposta è “SE”, se le condizioni sono queste, un progetto serio da Milano per il Paese di rifondare tutto e concentrando tutto su un reale concetto di autonomia, perfino oltre rispetto a quello che comunque funziona nel mondo svizzero, cioè deve essere radicale delle autonomie, bisogna dimostrare che funziona qua. Per farlo occorre che ci siano tutte le forze politiche più importanti, che unite dicono, deponiamo l’ascia di guerra per cinque anni, si lavora su questo perché è come veramente una guerra. Adesso bisogna essere uniti ma non è una guerra sanitaria, quella finirà lo sappiamo, ma è economica e soprattutto di valori in crisi e quindi una grande opportunità di rinascita, e poi anche le più forti persone ed espressioni della società milanese. Anche in quel caso, basta, ragionare in termini corporativi, dell’io sono commerciante e sono a difesa dei commercianti, io sono un teatro e sono a difesa del teatro. Anche in questo caso benissimo lo fai nel tuo mestiere, ma la dimensione politica è un’altra. La dimensione politica è quella dell’ampliare gli spazi a tutta la comunità, quindi io posso essere una persona che si occupa della mobilità, però se mi occupo per la comunità mi posso occupare del bene della comunità e a quel punto anche contraddire alcune delle cose che nel privato invece mi invitano a combattere.

Quindi queste sono le condizioni, come detto sono condizioni quasi impossibili però questo è un momento talmente impossibile che potrebbero anche verificarsi. Questo è quanto. Spero che sia stato chiaro quali sono le nostre intenzioni, quello che dico unisce tutti quelli che fanno parte del progetto di Milano Città Stato, ormai siamo oltre un centinaio. Vi invito tutti quanti, tutti quelli che vogliono alimentare la propria dimensione politica della riuscita esistenziale, vi dico è un progetto che funziona perché ci sono persone di tutti i partiti. Tanti ci attaccano di essere uno o l’altro, ognuno ha le sue proprie idee, siamo rappresentati direi da qualunque pensiero politico, eppure ci troviamo d’accordo in modo magnifico perché mettiamo sempre come obbiettivo il benessere di una città e tutti quanti intendiamo una città più autonoma, più responsabile, più funzionale al bene dell’Italia e soprattutto più protagonista a livello internazionale. Quindi tutti quelli che vogliono collaborare possono partecipare. 

ANDREA ZOPPOLATO

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Le RACCOGLITRICI di NOCCIOLE

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Questa categoria di donne la potete incontrare solo nelle vie del centro storico di Milano, hanno biciclette con la scritta “NO OIL” sul fanalino e un bel cestone di vimini sul manubrio. 

Le RACCOGLITRICI di NOCCIOLE

# Hanno biciclette con la scritta “NO OIL” sul fanalino 

Questa categoria di donne la potete incontrare solo nelle vie del centro storico di Milano. Ci vivono e faticano ad ipotizzare che esista un mondo oltre la cerchia dei bastioni. Per questo non le vedrete mai in macchina. Perchè a Milaland la macchina è superflua. Tutto è a portata di mano e nel caso non lo fosse…una bella bicliclettata le fa arrivare ovunque. Le raccoglitrici di nocciole hanno biciclette con la scritta NO OIL sul fanalino e ok…all’inizio la cosa faceva pure ridere. Un bel cestone di vimini sul manubrio o uno folto di fiori in plastica…allegro, divertente anche se un po’…patetico.

# Indossano scarpe da elfo 

Indossano scarpe da elfo dalla bella pianta larga. Non importa se castrano le fantasie sessuali dei mariti e affini. Le raccoglitrici di nocciole sono persone colte che hanno ben altro da fare che ammaliare uomini nei bar.
Pantaloni di vellutone a coste larghe a metà polpaccio, nel caso dovessero guadare uno stagno, girato l’angolo. Un poncho, non di quelli peruviani dalla lana di lama, ma il poncho dell’Engadina. Lana morbida di caprette tirate su a miglio e ammorbidente.
Se fa molto freddo osano un cappello a campanula o una coppola dalle fattezze British.

# Hanno un incedere strano…

Alcune insegnano alle scuole statali, le raccoglitrici di nocciole hanno un incedere strano…direi quasi maldestro. Le loro babbucce comode in realtà gli scivolano via dal tallone e quindi devono trascinare i piedi ciondolando. Ma ciondolare fa tanto…sognatrice di nocciole. 

# Vivono a Milano sei mesi l’anno

Sto cercando di ricordare quale sia la versione estiva del loro abbigliamento ma non mi sovviene. Pensa che ti ripensa…non mi viene proprio in mente.
Ah ecco perché! Le raccoglitrici di nocciole vivono a Milano sei mesi l’anno.
Quando la scuola chiude i battenti (cioè sempre), loro se ne vanno in campagna e ci rivediamo in ottobre…giusto giusto quando le prime nocciole dal cappellino ancora verde..fanno capolino sugli alberi nei parchi.

Che bello fare tira e molla con gli scoiattoli dei Giardini della Guastalla o alle Basiliche, foglie ramate che cadono sul prato, il sole che colora le facciate dei palazzi. Che bella Milano in autunno.

PAOLA MERZAGHI

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A Torino CANNONI D’ACQUA contro l’INQUINAMENTO. Lo farà anche Milano?

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La sperimentazione, che partirà a dicembre nel capoluogo piemontese, prevede l’utilizzo dei “fog cannon” usati nei cantieri edili e nelle demolizioni per bagnare le polveri. L’obiettivo è ridurre i PM10 vicino a scuole o ospedali, in attesa delle piogge. 

A Torino CANNONI D’ACQUA contro l’INQUINAMENTO. Lo farà anche Milano?

Pubblichiamo estratti intervista di Mariachiara Giacosa all’assessore regionale piemontese all’ambiente Matteo Marnati per “La Repubblica” – “A dicembre sperimenteremo i cannoni d’acqua per abbattere le Pm10 e ridurre lo smog”

# L’assessore regionale del Piemonte: “pende sulla nostra testa una procedura d’infrazione dall’Europa sull’inquinamento”

Non sono io a decidere. C’è un accordo con le altre Regioni del Nord e con il governo. Pende sulla nostra testa una procedura di infrazione da parte dell’Europa. Alla Romania è già arrivata, per noi potrebbe essere questione di settimane e a quel punto a pagare sarebbero le casse pubbliche con i soldi di tutti i piemontesi“. (…) Nessuna ulteriore moratoria al blocco della circolazione delle auto inquinanti: “L’ho già fatta. Ed è quella che fa slittare lo stop totale di sei mesi dei veicoli diesel Euro 4. Era previsto il 1° ottobre, scatterà il 1° gennaio del 2021. Alcune Regioni, compreso il Piemonte, avevano richiesto lo spostamento a ottobre 2021, ma Emilia Romagna e governo si sono opposti“.

# La necessità di trovare un punto di equilibro tra tutela dell’ambiente e della salute

La difficoltà sta nel trovare il punto di equilibrio tra la tutela dell’ambiente e della salute pubblica, e le esigenze delle attività. Da quest’anno, e per i prossimi cinque, abbiamo messo in campo incentivi sia per i cittadini, 1,6 milioni, sia per le imprese, 5 milioni, in modo che ci sia la certezza del contributo per chi vuole rottamare. (…) Dobbiamo essere prudenti: non ci sono prove scientifiche, ma il Covid ha colpito di più dove ci sono problemi di inquinamento, senza contare che lo smog favorisce una serie di patologie respiratorie che, in base ai sintomi, possono essere confuse con il coronavirus“. (…)

# Il Pm10 scende quando piove o c’è vento

La procedura di infrazione dell’Europa riguarda anche il biossido di azoto che dipende dalle emissioni dei motori, e infatti era a zero durante il lockdown, contrariamente al Pm10 rimasto abbastanza stabile. Arpa sta lavorando a una modifica dei parametri, per far scattare il semaforo anche in base al biossido di azoto. Altrimenti hanno ragione le persone ad arrabbiarsi quando subiscono per giorni lo stop della propria auto senza che questo abbia alcun effetto visibile. La verità è che il Pm10 scende quando piove o c’è vento“.

# La sperimentazione dei fog cannon per abbattere il Pm10 in attesa della pioggia

A dicembre partirà la sperimentazione dei fog cannon. Sono cannoni che si usano nei cantieri edili e nelle demolizioni per bagnare le polveri. Vorremmo provare a usarli in luoghi particolari della città, penso vicino a scuole o ospedali, per abbattere il Pm10, in attesa della pioggia“.

Fonte articolo: La Repubblica

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Il nemico immaginario

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credit: https://www.davidealgeri.com/

Pensiero del giorno

Ogni bambino vive un periodo in cui crea l’amico immaginario. E’ una figura che il bambino reputa vera, un compagno di avventure con cui condividere il rischio dell’esplorazione, della scoperta, della crescita.

Spesso accade che molte persone nella fase calante della loro vita regrediscano a una nuova infanzia in cui invece dell’amico immaginario c’è il nemico immaginario.

Tipo quello mi perseguita, quelli vogliono rubarmi tutto, hanno un pensiero fisso che li blocca e li fa vivere in una sensazione di pericolo costante che diventa ragione d’essere per la sopravvivenza. Come succede per tutti i pericoli esterni che infondono energia e coraggio.

Questa parabola dell’esistenza caratterizza anche la società italiana.

Negli anni cinquanta-sessanta l’Italia era piena di amici immaginari e si lanciava all’avventura e alla scoperta di nuove imprese e e nuovi mondi diventando una delle nazioni più importanti del pianeta.

Adesso, all’opposto, tende a chiudersi su se stessa, rinunciando a ogni sfida, l’Italia è preda di nemici immaginari come l’olandese tirchio, il tedesco ostile, lo svedese irresponsabile, l’Europa cattiva, l’economia che viene distrutta dal virus, a cui dare la colpa della propria incapacità.

Il nemico immaginario compatta la società che all’unisono risponde in coro, ma questo coro è un canto del cigno, più cantato dai giovani che dagli anziani.

La società è vecchia ma paradossalmente la responsabilità maggiore del vecchiume è dei giovani che rinunciano alle loro prerogative: il rischio, la scoperta, lo spirito di contestazione che sono il ruolo che i giovani hanno nella società.

I giovani, allevati in gabbie dorate, rinnegano lo spirito giovanile e preferiscono il nemico all’amico, reale o immaginario, che li sprona a diventare adulti.

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ALBERI da FRUTTO in città per dare gratis ai cittadini mele, more e mirtilli. Lo facciamo anche a Milano?

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L’obiettivo è riconnettere i cittadini con la natura e i suoi sapori naturali affinché questi trovino sempre più spazio nell’alimentazione quotidiana. Ci sarà anche un’app che istruisce la comunità sulla raccolta di erbe e frutta. Ecco il piano di Copenaghen, un’idea da importare anche a Milano.

ALBERI da FRUTTO in città per dare gratis ai cittadini mele, more e mirtilli. Lo facciamo anche a Milano?

Pubblichiamo articolo di Francesca Biagioli per “Green Me” – Copenhagen sta piantando alberi e cespugli da frutto in tutta la città dove raccogliere gratis mele, more e mirtilli

# Alberi da frutto per la comunità che potrà raccogliere mele, more e mirtilli

Immaginate la bellezza di poter raccogliere della frutta da un albero o da un cespuglio mentre stiamo andando a lavoro o aspettiamo l’autobus. Questo diventerà presto realtà a Copenaghen dove verranno piantati alberi da frutto in tutta la città per offrire alla comunità spuntini sani e genuini. Si tratta di alberi da frutto e cespugli dedicati alla comunità e di cui ognuno potrà beneficiare raccogliendo ad esempio mele ma anche more o mirtilli. Questi saranno piantati in aree pubbliche come parchi e campi da gioco e saranno utili a riconnettere le persone con la vegetazione locale.

Come sta avvenendo un po’ ovunque, infatti, anche le giovani generazioni danesi stanno perdendo la connessione con la natura e i sapori genuini che offre. La speranza dell’amministrazione di Copenaghen che ha votato per la realizzazione di questo progetto è che, piantando alberi da frutto e altra vegetazione, le persone abbiano l’opportunità di riconnettersi con i sapori naturali e scelgano di inserirli più spesso nella loro alimentazione quotidiana.

# Già dal Medioevo la raccolta di frutta ed erbe è una tradizione in Danimarca

Fin dal Medioevo, la raccolta di frutta ed erbe è una tradizione in Danimarca e, non a caso, i danesi sono autorizzati a raccogliere cibo dalle terre pubbliche come desiderano. Sono anche autorizzati a prelevare colture dalle proprietà private, purché si trovino sui sentieri. Visti i precedenti, non sorprende quindi più di tanto la decisione del consiglio comunale di Copenaghen che praticamente si è limitato ad estendere la pratica secolare della raccolta di erbe spontanee e frutta anche alle aree urbane.

# “Vild Mad”, l’app che insegna ai cittadini come raccogliere frutti, bacche e erbe

Per presentare la natura danese ai visitatori ma anche ai cittadini che non la conoscono ancora bene è stata sviluppata un’app chiamata Vild Mad ( “cibo selvaggio”). L’app istruisce le persone sulla raccolta di frutti, bacche ed erbe e può essere utilizzata come una vera e propria guida che fornisce anche gustose ricette da realizzare usando proprio gli ingredienti selvatici raccolti, cibo fantastico e gratuito a disposizione di tutti!

Piantare alberi da frutto per l’intera comunità si rivelerà una situazione vantaggiosa da ogni punto di vista. Le persone potranno avere gratuitamente deliziosi frutti da sgranocchiare e, contemporaneamente, la città diventerà più verde.

Fonte articolo: Green Me

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5 LUOGHI DA SOGNO dove trascorrere un altro LOCKDOWN

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Credits: viaggi.fidelityhouse.eu - Isola di Dino

Tutti si chiedono se mai ci sarà un altro lockdown. Cosa che, probabilmente, non vorrebbe affrontare nessuno, neanche le persone con carattere più solitario o inclini all’isolamento. Senza contare che la salute economica e mentale di questo paese, che ha reagito con grande forza alla pandemia, ne sarebbero sicuramente minate.

Ma se proprio dovesse accadere, quanti di voi non vorrebbero trovarsi colti di sorpresa, restando intrappolati per mesi in una regione o in una sistemazione a dir poco antipatica?Abbiamo pensato di sfoderare cinque posti in Italia dove trascorrere un’altra quarantena sarebbe più piacevole che a casa dei suoceri o accanto a dei vicini rumorosi. Per gli amanti della natura, delle arti, delle vertigini o semplicemente del silenzio.

5 LUOGHI DA SOGNO dove trascorrere un altro LOCKDOWN

#1 L’Abbazia di San Colombano, un eremo a strapiombo sul torrente Leno

Credits: visiitrentino.info – Eremo di san colombano

Meraviglioso eremo a strapiombo su una gola formata dal torrente di Leno, l’abbazia si trova in provincia di Trento, ed era utilizzata da monaci eremiti per scopi meditativi. Oggi si può raggiungere dopo un breve ma intenso percorso di trekking, composto da 102 scalini.

Il posto ideale dove rintanarsi al fuoco di un camino, con coperte di lana, una poltrona e tanti di quei romanzi che non siamo mai riusciti a leggere. Romanzi da sfogliare di fronte a un panorama mozzafiato, respirando aria pulitissima e ritrovando sé stessi.

#2 Il Pan di Zucchero, tra miniere e un villaggio fantasma

Pan di Zucchero

Nella Sardegna sud occidentale, in provincia di Iglesias, c’è lo Scoglio Pan di Zucchero, imponente roccia marina che svetta dalle acque della stupenda insenatura di Masua. Il nome, ovviamente, richiama la più famosa baia brasiliana, e di certo il Pan di Zucchero e i faraglioni di Masua sono meno celebri di quelli di Capri, ma a livello panoramico questo scorcio di mare non ha nulla da invidiare a nessuno. Sul finire del XIX secolo, la miniera di Masua era una grande realtà estrattiva, mentre oggi il complesso comprende abitazioni dislocate su vari dislivelli, scuola, ospedale, chiesa e un villaggio fantasma, tappa del cammino minerario di santa Barbara e parte del parco geominerario della Sardegna, riconosciuto patrimonio dell’UNESCO.

Sulla spiaggia della piccola baia di fronte ai faraglioni, ci sono alcune casupole in roccia, che un tempo appartenevano a pescatori. La zona viene popolata d’estate, anche se per fortuna non ai livelli molesti di Villasimius o altre zone più celebri della Sardegna. D’inverno, resta fortunatamente deserta. Per passarsela bene qui, basterebbero una buona canna da pesca, una chitarra e della legna da ardere.

#3 Il Rifugio i Diacci, per vivere il lockdown come una favola medievale

Credits: mugellotoscana.it – Rifugio i Diacci

Il Rifugio Alpino I Diacci (m.941 s.l.m.), immerso nelle verdi faggete dell’alto Mugello sul crinale dell’Appennino tosco-romagnolo, poco distante dal Passo della Sambuca, è una perfetta sosta per gli appassionati del trekking, del nordic walking, della mountain bike e delle passeggiate a cavallo. Il fiume Rovigo, che scorre non distante dal rifugio, con il suo antico molino e le sue cascate rimane una meta incantevole sia d’estate che d’inverno.

Se il lockdown dovesse coglierci di sorpresa, ritrovarsi qui sarebbe come vivere una favola medievale, con una fetta di Appennino tutta a propria disposizione, e molteplici attività da svolgere per tutte le esigenze. A patto naturalmente di avere la dispensa abbastanza piena di risorse alimentari.

#4 L’Isola di Dino: per un Lockdown in stile Robinson Crusoe

Credits: viaggi.fidelityhouse.eu – Isola di Dino

L’Isola si trova a Praia a Mare, imponente baia sul Tirreno in Calabria, proprio al confine con la lucana Maratea e con il Cristo Redentore, cuginetto meno famoso del suo alter-ego sul Corcovado.

L’isola appartenne negli anni’70 alla famiglia Agnelli e oggi è completamente disabitata. Esploratori solitari raccontano di una vera e propria foresta sulla sua sommità e di tante case e casette ormai vuote, ricordi di un villaggio turistico risalente a una ventina di anni fa. Sulla punta che da in mare aperto c’è l’ormai diroccato castello normanno di Fiuzzi, che offre una vista sul Tirreno da pelle d’oca. Il posto ideale dove isolarsi, in mezzo al verde e in completa libertà in stile Robinson Crusoe. Sempre che siate in grado di accendere un fuoco e di pescare qualcosa da mettere sotto i denti.

#5 Una casa nei Sassi, una permanenza ideale per un artista in quarantena

Credits: isassidimatera.com – Una casa tra i sassi di Matera

I colori predominanti, qui, sono il bianco della pietra dei Sassi e il dorato dei raggi del sole che, sulla pietra, disegna veri e proprio capolavori cromatici. Qui ci si può perdere tra l’intrico di vicoli, chiese rupestri e case scavate nella roccia. Definiti dall’UNESCO “il più eccezionale esempio d’insediamento trogloditico nella regione mediterranea, perfettamente adattato al proprio terreno ed ecosistema, i Sassi, nonché centro storico della città di Matera, in Basilicata, vi catapulteranno in una dimensione incantata, a testimonianza di un passato lontano che ci riporta indietro fino al Paleolitico.

Una permanenza forzata qui sarebbe l’ideale per un artista in quarantena: un pittore che cerca ispirazione nella luce dei tramonti, uno scrittore in cerca di un nuovo personaggio per il suo romanzo, o un suonatore principiante, alle prese con lo strumento che finalmente avrà tempo di imparare a suonare.

CARLO CHIODO

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🔴 Prof. Bassetti: “TAMPONI inaffidabili. Rimettiamo al centro I SINTOMI, come abbiamo sempre fatto”

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Credits: ilmessaggero.it - Bassetti

L’infettivologo e direttore della Clinica delle Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova, sui suoi profili social, mette in guardia dalla strategia basata solo sui tamponi a prescindere dai sintomi reali. Il rischio è di lasciare girare il virus in maniera incontrollata a causa delle false positività e negatività dei controlli naso-faringei. La soluzione? Quella che abbiamo adottato da sempre contro le malattie. 

🔴 Prof. Bassetti: “TAMPONI inaffidabili. Rimettiamo al centro I SINTOMI, come abbiamo sempre fatto”

# La positività dei 14 componenti del Genoa Calcio una “Waterloo dei tamponi”

Scrive il Prof. Bassetti sul suo profilo Facebook:

“Mentre lo studio di Vo’ Euganeo sembrava una facile vittoria di Pirro, quello che sta accadendo al Genoa Calcio potrebbe rappresentare la “Waterloo dei tamponi”.
Dopo poche ore dall’esito di tamponi negativi per tutta la squadra si è assistito a numerose positività con probabili conseguenze importanti sul futuro del campionato di serie A.
I tamponi possono dare, da una parte una falsa patente di negatività e di liberi tutti e dall’altra produrre un esercito di positivi asintomatici. Rischiamo di far circolare soggetti negativi al tampone ma in fase di incubazione che trasmettono il virus e chiudere in casa altri con tampone positivo (o debolmente positivo) che non trasmettono a nessuno.

Occorre rimettere al centro la clinica fatta di segni e sintomi, che unita alla virologia, rimane lo strumento migliore per la gestione di questa pandemia. D’altronde abbiamo sempre fatto così nella gestione delle malattie infettive.”

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LA BUONA POLITICA

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La buona politica

Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Sesta puntata: La buona Politica”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica
Cerco l’uomo
L’intenzionalità
Il Consenso

Oggi finalmente parleremo di buona politica. Breve riassunto: ci occupiamo di filosofia perché ci siamo interrogati sulle cause e sui fini del fare politica e questi sono dei video introduttivi alla scuola di formazione politica, che avrà luogo a fine settembre, organizzata da Vivaio per il progetto Milano città stato con altri personaggi che approfondiranno questi temi.

Leggi anche: Scuola politica di Vivaio

Nei giorni passati abbiamo visto qual è il fine della politica, che è quello di creare l’ordinamento migliore per rendere felici le persone, e abbiamo visto come questo è fallito. Perché tutti i modelli, in particolare quelli sperimentati nel Novecento sono falliti, e a quel punto ci si è interrogati su qual è l’origine del fallimento e per fare quello, abbiamo visto sostanzialmente che la politica, anche se ha un impatto collettivo bisogna sempre ricordarci che è un viaggio individuale, cioè bisogna sempre partire dalla persona. La persona è importante sia in quanto governante che attiva le decisioni politiche ma anche, visto che si parla di felicità delle persone, come oggetto di destinazione della politica, per le persone, per capire cosa vuol dire la felicità delle persone.

Si è visto nell’ultimo incontro come, secondo una visione classica dell’essere umano, si vede che alla fine l’ipotesi è che tutti i governanti che hanno fallito, in particolare in Italia negli ultimi vent’anni, hanno fallito perché non sono riusciti a migliorare il benessere delle persone, cioè la situazione in italia, e poi sono anche dei falliti perché non sono riusciti ad attivare i loro progetti e loro stessi sono caduti. Questo fallimento è da rintracciare su motivazioni personali. In particolare l’unica radice comune è quella complessuale, cioè alla fine hanno avuto rapporti non solo col potere ma proprio con il consenso di tipo complessuale. Oggi finalmente portiamo al positivo questo discorso, cioè ci interroghiamo su come può essere una buona politica.

LA BUONA POLITICA

La buona politica, riprendendo i classici, dovrebbe essere una politica naturale, cioè che risponde a una delle caratteristiche naturali dell’essere umano, sia come governante che come governato. Come deve essere quindi, partendo proprio dal discorso di viaggio individuale, come dovrebbe essere una persona? Abbiamo visto come all’interno di un essere umano seconda la visione classica, non c’è solo la volontà ma ci sono due componenti inconsce: una componente complessuale che porta fuori strada e una componente invece che, si è definita di intenzionalità di natura, che ci porta invece verso l’attuazione della nostra identità in metabolismo storico. Quindi come dovrebbe essere il governante?

# L’idea di governante secondo i liberali

I liberali dicono spesso che il governante dovrebbe essere una persona che ha avuto successo in particolare in ambito economico, anche perché l’ordine della vita è quello per cui più amministri bene un territorio più piccolo e più puoi aumentare il tuo spazio d’azione. Quindi per una impronta fortemente mercantilistica è da privilegiare il governante che ha dimostrato di fare bene i suoi affari. Non è un caso che nella nostra epoca, che è quella più mercantilista della storia, ci sono stati episodi, come in Italia con Berlusconi e in America con Trump, di persone che hanno assunto la massima carica politica dopo grandi successi economici. Qual è il limite di questo?

È quello di quando abbiamo parlato dell’io coincidente con la volontà, cioè chi ha successo nell’economia del business, sostanzialmente ha la caratteristica di strumentalizzare tutta la realtà il nome della della sua attività e questo è un tipo di visione che in politica può portare due problemi: o che continua, perché uno estende quelle che sono le sue capacità e quindi continua sostanzialmente a strumentalizzare a quel punto la vita pubblica per i propri interessi, oppure adotta comunque un criterio nella politica di strumentalizzare una realtà in funzione degli interessi volontari, che in quel caso che possono coincidere col suo popolo, però si tratta sempre di una strumentalizzazione realtà.

# L’idea di governante secondo la visione classica

Invece abbiamo visto come una visione naturale dell’essere umano ha come obiettivo quello dell’usare la realtà come uno specchio per fare luce su se stesso.  Visto che dentro sé stessi c’è la base per i propri miglioramenti. A quel punto allora la questione è: chi dovrebbe essere, secondo un’accezione classica, il governante ideale? Non chi ha avuto successo nell’ambito economico, né chi vede il potere come potere personale, che quindi ha un’ambizione personale di potere per il potere in sé. E anche in questo caso chi dovrebbe essere? Basta vedere che tutti i saggi sono tendenzialmente d’accordo. Ne cito sostanzialmente tre.

Il primo è il punto di riferimento massimo per chi parla di politica classica, insieme ad Aristotele, è chi veniva prima di Aristotele: Platone. Platone ne “La Repubblica”, il famoso trattato di riferimento per la politica, parlava del fatto che il governo ideale era il governo dei filosofi. Quindi il filosofo inteso da Platone era semplicemente quello che sto dicendo adesso, cioè il filosofo veniva visto come la persona che era riuscita a fare luce su se stesso, cioè chi aveva preso coscienza della propria identità, che poi è un concetto simile ad Aristotele.

Andando qualche secolo più avanti anche Tommaso D’Aquino dice la stessa cosa, dice: chi è il governante ideale? Il governante ideale è chi ha la scienza e la virtù. Non chi ha avuto successo ma chi ha la scienza cioè il sapere. La vera scienza per Tommaso è la scienza dell’uomo che lo collega a Dio e la virtù è la capacità sostanzialmente dell’essere umano, lo vedremo alla fine di questo video, la capacità di essere portato verso non soltanto il suo benessere, ma al benessere degli altri.

Il terzo riferimento dice più o meno la stessa cosa, ma è quello che in questo video vorrei approfondire con voi un po’ di più, è Laozi. Laozi innanzitutto anche lui diceva che il  governante ideale è il saggio. Faccio però una breve premessa sulla vita di Laozi.

Laozi o Lao Tze a seconda di come viene chiamato, letteralmente significa “vecchio maestro”. Per molti è una figura leggendaria, così come la sua opera maggiore è una opera che in realtà è il risultato di più mani. Comunque, secondo la leggenda o la storia Lao Tze è un personaggio che dovrebbe essere vissuto tra il quinto e il sesto secolo a.c., tra l’altro un’epoca storica che nel mondo, in ogni cultura ha espresso alcuni dei suoi più grandi saggi, per ogni cultura. Tornando a Lao Tze ci sono due episodi ammantati di leggenda legati alla sua figura: la prima è che era il vecchio maestro, si dice che fosse una persona che praticamente nella sua vita è stata “un po’ invisibile” finché all’età di ottanta anni decise di lasciare il villaggio per andare su un eremo a vivere gli ultimi anni della sua vita in solitudine. Ma nel momento in cui stava uscendo da questo villaggio è stato fermato da una guardia che gli ha detto, visto che era ritenuto un grande saggio, che prima di andare via avrebbe dovuto mettere per iscritto il testo di saggezza da donare alla sua gente come trattato di organizzazione politica e soprattutto filosofica. A quel punto lui scrisse la sua celebre opera del Tao Te Ching e si disse che dopo averla scritta se ne andò da questo villaggio, addirittura se ne andò non in un eremo ma in india, dove divenne il maestro del Buddha.

Per chiudere la storia torniamo invece al Tao Te Ching. Il Tao Te Ching è un trattato, letteralmente riguarda la ricerca della via. Sostanzialmente, il Tao è la via che poi coincide  al concetto di “intenzionalità di natura” di cui ho parlato negli scorsi video. Il Tao Te Ching è un’opera rivolta al saggio però per Lao Tze il saggio era il governante, cioè il saggio secondo Lao Tze è la persona che riesce a illuminare se stesso. L’unico padrone “della Terra” è il padrone di sé stesso secondo Lao Tze, il saggio per Lao Tze è il Principe, cioè il governante dei popoli e quindi c’è questa coincidenza, e il Tao Te Ching viene indirizzato al saggio che è il principe.

# Alcuni passaggi fondamentali di Lao Tze

Ci sono alcuni passaggi che secondo me son perfetti come cesura di quello che ho detto negli scorsi video, che poi prendo Lao Tze come all’inizio ho preso Aristotele, come potrei prendere qualunque di questi grandi saggi.

Allora questi passaggi sono: il primo è preoccupati di quello che gli altri pensano e finirai prigioniero degli altri” che è il concetto di cui ho parlato l’ultima volta del consenso nel rapporto malato del consenso. Se tu fai in funzione del consenso, per un discorso complessuale finisci che sei prigioniero del consenso, rispetto a essere funzione del progetto che devi fare.

Poi “lo scopo non è lo scopo, lo scopo è il tao, la strada. Come detto lo scopo non è l’obiettivo che hai ma lo scopo è fare luce sulla tua intenzionalità, sul conoscere te stesso. E il santo chi è? Il santo è chi si abbandona al Tao, in particolare il Tao in questo caso è proprio questa intenzionalità di natura e abbandonarsi al Tao significa, come dicevano gli scolastici quello del rispondere al “Res clamat ad dominum” capire che questa intenzionalità di natura che abbiamo è a due vie. Una via è il cosiddetto Te come lo chiama Lao Tze, cioè questa forza vitale che abbiamo, questa istintualità positiva però che è sempre collegata all’oggetto. Qual è l’oggetto? È quel molteplice a cui noi apparteniamo, questo è il Tao. Ma come questo Santo deve guidare le persone? Ci sono alcuni aspetti che però sono tutti uniti: che lo guida come? Innanzitutto dice che per guidare deve camminare dietro le loro spalle quindi invece di star lì come oggi che c’è quest’atteggiamento molto paternalista del leader politico, invece lui dice che il vero leader sta dietro, cioè li lascia andare e semmai li indirizza da dietro, un po’ come il pastore con le pecore.

E poi il governante più alto secondo Lao Tze è quello che i sudditi a malapena s’accorgono che ci sia, cioè questo che poi è molto naturale, se ci pensiamo se esiste questa natura, o meglio la natura esiste, noi non è che la vediamo cioè siamo immersi, quindi risponde a una logica di politica naturale. E in particolare poi dice che sostanzialmente tanto più se il governante è lontano, tanto più la gente è felice. Tanto più invece il governante diventa onnipresente e tanto più la gente diventa scontenta. E anche oggi vediamo, ditemi voi, se oggi il modo di intendere la politica dei nostri governanti è di stare lontani e lasciare fare oppure essere onnipresenti. E poi in particolare dice che più dai imposizioni e obblighi meno la gente sarà virtuosa, cioè una politica fatta di obblighi e imposizioni determina che la gente diventa irresponsabile e poco virtuosa. Invece per renderli virtuosi e felici basta allentare, togliere queste imposizioni. In particolare secondo il rapporto sano dovrebbe essere più il governante dà fiducia al popolo, cioè si fida che il popolo faccia bene, e più il popolo si comporterà bene. In particolare togli gli aiuti e il popolo diventerà quello che secondo lui è l’obiettivo, che poi è l’obiettivo alla fine vedendo di tutti i saggi è quello, togli gli aiuti al popolo e il popolo diventerà autonomo.

# Il concetto di buona politica

È proprio questa se dobbiamo sintetizzare il concetto di buona politica. Buona politica si riassume con il concetto di autonomia. Perché? Non solo perché lo ha detto Lao Tze o lo han detto anche tutti gli altri grandi, ma perché ritornando ai tre ambiti in cui è divisa la società, proviamo a vedere come dovrebbero essere finalizzati in modo realmente funzionale all’essere umano.

Si è detto che uno degli ambiti è la cultura. La cultura è la coltivazione dell’interiorità, è l’arricchimento interiore, nella cultura è tutto ciò che dà crescita alla persona. Qual è la finalità della crescita? A pensare all’educazione alla famiglia, ma in generale a ogni essere vivente che viene “educato” dai genitori, l’obiettivo di ogni educazione è quello di portarlo all’autonomia. Così come l’obiettivo della cultura è portarlo all’autonomia di pensiero, cioè la vera cultura è quella che ti coltiva la tua interiorità e la tua diversità in modo che tu possa avere una tua autonomia di pensiero, che non significa avere idee totalmente diverse dagli altri o sconnesse col mondo. Ma significa avere sempre un’autonomia che parte da un tuo movente interiore, che è la tua identità storica in questo momento, in risposta a un’esigenza dell’ambiente.

È la stessa cosa per l’economia, si è visto come Aristotele diceva che l’economia sana è quella dello scambio. Io dò moneta per ottenere un valore superiore, quella malata è moneta per moneta: io dò moneta in cambio della promessa che riceverò della moneta superiore. Qual è la grande differenza? Anche in questo caso l’autonomia, cioè se in uno scambio si mantiene la propria autonomia, io dò dei soldi e ottengo un valore superiore, entrambi rimaniamo liberi e autonomi, ma se io ho dei soldi in cambio di un credito diventa un rapporto di dipendenza, cioè l’altro diventa un debitore nei miei confronti e quindi perde la sua autonomia e che diventa un rapporto malato, secondo Aristotele, che è il grave problema di oggi. Di una economia basata sull’aspetto monetario.

Infine la politica. Quali sono i due aspetti che deve avere la sana politica, sulla base proprio come detto dell’autonomia? Il primo, come detto, è partire da un viaggio individuale, ma un viaggio individuale significa che chi viaggia come governante capisce che l’obiettivo è far luce su se stesso e seguire questa identità in azione storica. Il secondo aspetto è quello del capire come viaggio individuale che contribuire al benessere degli altri è esso stesso non è un fattore morale o un fattore di generosità esterna, ma è assolutamente una parte interna all’identità della persona. Perché? Perché l’identità dell’essere umano fa parte di un molteplice e quindi tanto più tu contribuisci al benessere del molteplice, cioè anche la comunità di cui fa parte, tanto più tu ti senti realizzato come individuo. E questo è un principio base, un principio guida per chiunque faccia politica, in generale per rendere le persone felici. Perché le persone per essere felici devono essere consapevoli che: uno, del fatto che la vita è fatta per mettere in luce la propria persona affinché si possa muovere in modo autonomo nell’esistenza, ma una cosa che pochi sottolineano, bisogna far capire a tutte le persone, questo riguarda la cultura come la formazione, che il bene da fare come contributo alla comunità è un bene che fa parte della nostra individualità e nessuna persona può sentirsi veramente realizzata e felice se non contribuisce al benessere degli altri.

Per questa appunto non solo Laozi ma anche lo stesso Aristotele diceva che l’essere umano è un essere politico, perchè diventa felice se contribuisce al bene degli altri. Questa è la buona politica, spero che è vi sia piaciuta e di essere stato abbastanza chiaro. Domani parleremo di un aspetto molto pratico di questa politica, parleremo di Milano.

ANDREA ZOPPOLATO

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I cinque pilastri del nullismo, il non pensiero unico della nostra epoca

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Juliette Greco - musa dell'esistenzialismo

Pensiero del giorno

Juliette Greco era considerata la musa dell’esistenzialismo. Se qualcuno oggi dovesse essere musa di qualcosa non troverebbe nulla.

Perchè la nostra è l’epoca del nullismo. Questi sono i suoi cinque pilastri:

  1. Il presupposto del nullismo è che l’universo è stato creato dal nulla. Quindi bisogna cercare di non fare nulla.
  2. Vivere alla giornata. Pianificazione zero, affrontare solo le situazioni di emergenza senza calcolare le conseguenze delle proprie azioni.
  3. Combattere ogni idea. Non avendo un’idea ogni idea è potenzialmente pericolosa perché destabilizzante della palude del non pensiero.
  4. Comunicare cose vuote. Esprimere frasi di impatto ma prive di un significato compiuto.
  5. Il nulla è tutto. Qualunque cosa che sia qualcosa non deve essere. L’essere è in quanto non è.

Chi potrebbe essere oggi la musa del nullismo?

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I 7 EDIFICI ABBANDONATI più impressionanti di Milano (mappa)

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Credits: daniele rossi foto - "Palazzo di Cristallo" ex fabbrica Innocenti-Maserati al Rubattino

Sono circa 180 gli immobili abbandonati nel Comune di Milano, alcuni in via di riqualificazione, la maggior parte attendono la demolizione, la prosecuzione dei lavori o una nuova vita e sono rintracciabili sul geoportale realizzato dagli uffici comunali. Altri ancora sono di proprietà comunali o altri enti pubblici. Tra questi ne abbiamo selezionati 7 tra i più rappresentativi del degrado in città.

I 7 EDIFICI ABBANDONATI più impressionanti di Milano (mappa)

#1 I palazzi tra Via Lamormara 23 e 27 – Crocetta

in pieno centro a Milano in Via Lamarmora tra il civico 23 e 27 si trovano due edifici sono completamente disabitati e quasi in rovina da decenni. Non poco lontano dall’ex convento in via Orti in via di riqualificazione in complesso residenziali di lusso ad opera dell’architetto De Lucchi.

#2 L’ex Macello Pubblico di Milano – Calvairate

Credits: urbanfile.org- Ex Macello abbandonato

Istituito nel 1863 è stato uno dei macelli più all’avanguardia d’Europa. Dopo il trasferimento nella ultima sede di Viale Molise, dal 2005 il Mercato del Macello è stato completamente dismesso. Per l’area di 150.000 mq si attende la sua riqualificazione, grazie al bando internazionale “C40 Reinventing Cities” i cui vincitori saranno nominati nel primo trimestre 2021.

Leggi anche: La storia del mercato del macello

#3 Gli edifici di via Medici del Vascello – Rogoredo

Credots: milanotoday.com – Uno degli edifici abbandonati di Via Medici del Vascello

L’area di oltre 160.000 metri quadri, edificata all’inizio degli anni Ottanta per ospitare edifici direzionali, è da tempo disabitata. Situata a 800 metri dal bosco di Rogoredo, è difficilmente raggiungibile dalla stazione dei treni e della metropolitana a causa della viabilità interrotta, rappresentando una cesura nell’odierno tessuto urbano milanese.

#4 Il Palazzo di Cristallo – Rubattino

Credits: daniele rossi foto – “Palazzo di Cristallo” ex fabbrica Innocenti-Maserati al Rubattino

Ventimila di metri quadrati di capannoni svuotati e decadenti, una fragile volta di tubi di ferro annerito dal tempo, muri pericolanti, detriti, lastre d’amianto, è questo quanto rimane di una delle aree industriali più attive di Milano, nel quartiere Rubattino. Dove una volta uscivano le auto Innocenti e Maserati o la Lambretta, e non lontano si trova anche l’ex fabbrica delle Tre Marie, rimane solo una discarica a cielo aperto.

#5 L’Istituto Marchiondi, uno dei primi esempi di architettura brutalista, il suo plastico esposto al Moma di New York – Baggio

Istituto Marchiondi

L’Istituto Marchiondi, a Baggio, progettato nel 1953 dall’architetto Viganò, fu uno dei primi esempi di architettura Brutalista. Tanto che il suo plastico è esposto al Moma di New York e nessuno ha mai potuto abbatterlo. Fu un riformatorio che ospitava 300 ragazzi. Chiuso nel 1970, sotto il vincolo delle Belle Arti, oggi è protetto dal filo spinato per evitare nuovi insediamenti di zingari. Al suo interno solo erbacce, topi e vetri rotti.

#6 Il “Cementone” di Greco

Una scatola grigia costruita nel 1985 vicino allo scalo di Greco, in via Emilio de Marchi, ribattezzato “il Cementone” per l’enorme presenza scenica e la sua totale inutilità. Doveva diventare il centro di calcolo delle Ferrovie dello Stato, oggi è un’immensa area abbandonata. Ormai è diventato “storico” il murales di “Cane Morto”.

#7 Lo scalo merci di Porta Romana

Lungo i binari della ferrovia, lo scalo merci di Porta Romana, sotto il cavalcavia di Corso Lodi, resta una struttura fatiscente abbandonata al suo passato. Da tempo area dismessa è diventata una tela per writer e graffitari, una prima casa per tossici e senzatetto di varie nazionalità. Sgomberato in diversi momenti, dovrebbe essere demolito nella prevista riqualificazione della stazione ferroviaria di Porta Romana collegata con la stazione della M3 Lodi Tibb ceh dovrebbe avvenire entro il 2026.

Continua la lettura con: La torre Eterea

FABIO MARCOMIN

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