E dopo il mistero dei nidi giganti apparsi sui palazzi di Milano, ora è l’arredo cittadino color rosa a suscitare domande. Magia? No, paracarri, cartelli stradali e dissuasori sono diventati oggetto della fantasia artistica dello street artist milanese Pao.
Milano si colora di ROSA: le nuove opere di PAO
# Nintendo gioca con Pao
credits: IG @paopao_island
Quest’anno la multinazionale giapponesecelebra il 30º anniversario. Ma non solo, in questi giorni ha anche lanciato il nuovo videogioco, “Kirby e la terra perduta”, che sta già spopolando anche in Italia.
E per celebrare queste occasioni storiche, Nintendo ha deciso di coinvolgere lo street artist Pao, che sicuramente non si lascia sfuggire l’occasione per stupire tutti. Infatti, ancora una volta, l’artista milanese è riuscito a trasformare in arte banali oggetti stradali. Cartelli, dissuasori e paracarri sparsi per Milano si sono tinti di rosa e, con occhioni e guacciotte rosse, sono apparsi per tutta la città dei piccoli Kirby lasciando di stucco i passanti. Ma chi è questo mostriciattolo rosa?
# Kirby divora Milano
credits: IG @paopao_island
credits: IG @paopao_island
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Kirby il protagonista del nuovo videogioco è, insieme a al mitico Super Mario, tra le icone più longeve e amate del mondo Nintendo. Il personaggio, creato nel 1992 da Masahiro Sakurai, ha le sembianze di una pallina rosa in grado di risucchiare i nemici e assimilarne le abilità. Una schiera di decine di videogiochi lo hanno visto protagonista e ora si addentrerà in un terra sconosciuta. Da pochi giorni, sul mercato è arrivato “Kirby e la terra perduta”, il primo videogioco in 3D del tenero ed intraprendente eroe rosa.
Kirby, in questa nuova avventura, porta i giocatori a esplorare un misterioso mondo in cui la natura ha preso il sopravvento sulla civiltà per salvare suoi amici. Un viaggio indimenticabile insieme anche al curioso Elfilin e che si potrà condividere anche con altri amici. Infatti, l’esperienza di gioco può essere affrontata da soli o in compagnia di un secondo giocatore.
# La quotidianità trasformata in arte
credits: IG @paopao_island
Insomma, Kirby ha raggiunto anche Milano, ma forse non tutti conosceranno l’artista che l’ha aiutato. Conosciuto come Pao, Paolo Bordino, è un street artist milanese noto da oltre 20 anni per trasformare oggetti della quotidianità urbana in opere d’arte vivaci e colorate.
È il desiderio di reinterpretare il contesto urbano in modo creativo e giocoso ad animarlo e chiunque passeggi per Milano avrà notato almeno una volta una delle sue opere. Le più famose sono sicuramente i pinguini dipinti sui paracarri, i dissuasori della sosta trasformati in delfini, i pali della luce in margherite e i bagni pubblici in lattine Campbell, tutti nati con ispirazione diretta a partire dall’oggetto stesso. E come per altre, il suo stile inconfondibile lo rende riconoscibile anche in quest’ultima sua opera che trasforma Kirby un simpatico elemento da scovare per le strade di Milano.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Un amico recentemente commentando una mostra d’arte contemporanea in Germania raccontava di un artista che ha esposto cacca umana come forma d’arte, ponendo dei dubbi interpretativi ai visitatori.
Di fatto la storia dell’arte è caratterizzata dal tentativo continuo di riprodurre la bellezza ispirandosi alla natura e cercando come confine quello della perfezione. Anche nel parlare quotidiano, definire una cosa fatta ad arte significa perfetto. E il termine artista serve a definire in tutte le professioni chi è particolarmente bravo e capace.
Lo stesso avviene per la bellezza che è usata come criterio di valore. Il filosofo Edmund Husserl sosteneva il criterio estetico come l’unico criterio universale che ci connette a tutti i viventi. E questo lo vediamo quando utilizziamo il termine “bello”: definiamo come bello tutto ciò che ci sembra riuscito. Un gesto, un fatto, una esperienza, un’emozione. Il bello è un criterio ontologico e universale per ognuno.
La ricerca della bellezza presuppone uno sforzo continuo. Perché mentre basta anche un dettaglio brutto per rovinare l’armonia e la perfezione della bellezza, così all’opposto in qualcosa di brutto non basta tutta la bellezza del mondo per migliorarla, perché serve invece un cambiamento radicale.
Mentre la bellezza richiede sforzo e attenzione continui, il brutto è sempre a disposizione. Fare qualcosa di brutto è alla portata di chiunque. Basta rovinare ciò che è bello o creare qualcosa senza cura o attenzione. Il brutto è il grado zero dell’esperienza umana.
Non solo. Così come per produrre bellezza bisogna nutrirsi di bellezza, più ci nutre di bruttezza esistenziale più si producono e si ricercano solo cose brutte. Nell’informazione, nel contatto, nelle esperienze.
L’amico ha concluso il suo ragionamento domandandosi: perchè le persone sono così attratte dalla cacca?
La riposta potrebbe essere questa: eliminando la tensione per il bello, questa è l’unica cosa che molti sono capaci di produrre.
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Il rapporto di Milano con la Francia si fa sempre più stretto. Dopo il collegamento ad alta velocità Milano-Parigi, la città meneghina agevola il contatto tra i suoi cittadini e la Costa Azzurra. Sono in arrivo, infatti, dei treni TGV di SNCF Voyages Italia che partiranno da Milano e giungeranno nelle località di mare francesi. Ecco da quando ci saranno.
🔴 MILANO si avvicina alla COSTA AZZURRA: i nuovi TRENI e quanto ci metteranno
# Nuovi treni ad alta velocità a partire da dicembre 2023
Credits: @laloutiti IG
Per quest’estate non si potrà ancora usare il servizio e, molto probabilmente, neanche la prossima, ma la notizia che ci saranno nuovi treni ad alta velocità da Milano alla Francia è pressoché certa.
A partire da dicembre 2023, nuovi treni ad alta velocità collegheranno il capoluogo lombardo alle città della Costa Azzurra. Nonostante manchi ancora tempo a quando si potranno organizzare viaggi nella costa francese e raggiungerla in poco tempo in treno, si sa già qualcosa sul dove e quando partiranno. I treni partiranno alle 7:00 da Milano Porta Garibaldi e arriveranno a Nizza alle 11.35 e viaggeranno nel weekend (venerdì, sabato e domenica). Per il ritorno invece ci saranno treni in partenza da Nizza alle 8:00 per arrivare nella città meneghina alle 12:35. In questo caso i treni saranno dal venerdì al lunedì.
# In 4 ore e mezza per le spiagge della Cote
TGV (da pixabay)
Questo significa che in quattro ore e mezza si potrà passare dall’afa milanese al mare di Nizza. I treni non viaggeranno solo la mattina, ma ci saranno anche due tratte (una andata e un ritorno) nel pomeriggio. I TGV pomeridiani, che faranno il percorso Milano-Nizza dal giovedì alla domenica, partiranno da Porta Garibaldi alle 15.00 e arriveranno a destinazione alle 19:35. Mentre per il ritorno gli orari saranno: partenza alle 18.00 e arrivo alle 22.35.
I treni ad alta velocità faranno comunque numerose fermate. Partendo da Milano Porta Garibaldi gli stop intermedi saranno a Milano Rogoredo, Pavia, Genova, Savona, Finale Ligure, Albenga, Alassio, Diano Marina, Imperia, Sanremo, Ventimiglia e Monte Carlo.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
È capitato a tutti almeno una volta di essere seduti al ristorante e desiderare di portare via quel quadro che sarebbe perfetto in soggiorno. Ma se si potesse comprare per davvero? Ci pensa Artàporter: l’app che trasforma i ristoranti in gallerie d’arte arriva anche a Milano.
A Milano sbarca l’APP per comprare le OPERE d’ARTE al RISTORANTE
# L’arte a portata di tutti
credits: Facebook Artàporter
Con una cornice rossa sottobraccio arriva a Milano Artàporter: la piattaforma che permette il match fra artisti emergenti e la rete di locali cittadini. Ristoranti, caffetterie, studi professionali o negozi si rendono disponibili per ospitare nei propri spazi le opere degli artisti trasformandosi in gallerie d’arte alternative.
“Non siamo solo artisti, non siamo solo negozi, non siamo gli spazi d’arte canonici. Siamo una mano tesa, un caffè sospeso, un’opportunità ancora da cogliere. Portiamo conoscenza, senso di unione, bellezza. Mettiamo l’arte in movimento e la fissiamo alla portata di tutti. Nasciamo dalla voglia di rendere l’arte capillare e ci dedichiamo a farlo attraverso il potere della democrazia. Crediamo che l’arte sia delle persone, che possa scuotere gli animi, toccare cuori e migliorare gli spazi che ci circondano.” dal manifesto di Artàporter.
# Ripensare ai luoghi comuni dell’arte
credits: IG @art.aporter
Questa iniziativa rivoluzionaria nasce a Torino da un’idea di Massimo Gioscia e Dario Ujetto insieme agli altri co-founders Pierangelo Decisi, Emanuele Buscaglione, Gaetano Coppola, Savio Musicco e Alyona Kosareva. La giovane startup propone di ripensare i luoghi comuni dell’arte creando nuovi distretti alternativi alle gallerie per dare l’opportunità ad artisti emergenti di farsi conoscere ed esporre la propria arte.
Artàporter è l’impresa per tessere una rete di aiuto mutuo fra due mondi messi in crisi dalla pandemia. I locali, offrendo un’esperienza alternativa, guadagneranno maggiore attrattività e, allo stesso tempo, giovani artisti avranno visibilità e riconoscimento economico senza l’intermediazione di una galleria. Ma come funziona?
# L’app di dating dell’arte emergente
credits: IG @art.aporter
Semplice come una comune app di dating, Artàporter funziona con un semplice click. Per candidarsi basta registrarsi sulla app gratuita ed essere selezionati dal team di Artàporter. Una volta approvati si attende il match tra l’artista e l’Host, che può essere il proprietario di un’attività commerciale, uno studio professionale o un semplice luogo di passaggio che vuole mettere a disposizione una parete del proprio locale agli artisti della città. Se l’incontro va a buon fine, proprio come nel logo, l’artista dovrà consegnare la propria opera autonomamente all’Host, senza essere tenuto ad installarla. I locali decideranno autonomamente come esporre l’opera che sarà munita di un codice QR. E così, sorseggiando un caffè, i clienti interessati potranno acquistare il quadro semplicemente inquadrando il codice e, non appena terminato di bere, lo potranno portare via con sé.
Un affare win win. Infatti, l’Host non solo avrà abbellito le pareti del locale, ma grazie alla vendita otterrà il 5% del prezzo fissato su ogni opera e l’artista il 100%. In caso, invece, di mancata vendita, trascorsi da uno a tre mesi dall’esposizione, le opere verranno riassegnate ad altri Host per garantire una rotazione.
# A Porta Venezia il primo match della City
credits: IG @art.aporter
Ad inaugurare l’iniziativa a Milano è stato il conduttore televisivo e deejay, oltreché artista, Alvin (all’anagrafe Alberto Bonato). In collaborazione con Stefano Cortidelle Iene, è stato il protagonista del primo match e ora le sue coloratissime tele pop sono esposte sulle pareti del cocktail bar Cera in Porta Venezia.
Seppur nuovissima, la piattaforma sembra già essere molto apprezzata nella City e sono già molti i match di altri locali on boarding a Milano. Fra i primissimi host affiliati al progetto, anche il Cinema Teatro Trieste di Milano, il Delight di Nerviano, il Club House di Saronno. Per riconoscerli basterà cercare il logo di Artàporter sulla vetrina o guardare comodamente la mappa sul sito ufficiale.
# Un nuovo modo per far riscoprire la città nel segno della bellezza
credits: IG @art.aporter
Insomma, Artàporter è un nuovo modo per far riscoprire la città nel segno della bellezza. Non solo permette uno scambio reciproco fra artisti ed esercenti, ma anche una vera e propria prossimità di quartiere dell’arte creando circuiti alternativi alle gallerie. Infatti, oltre ad aumentare l’affluenza di vie e negozi attraverso l’arte, la rete sempre più ampia e diffusa di locali coinvolti permetterà la nascita di luoghi fisici attraverso cui veicolare l’arte. E se ad aprire le danze sono state Torino e Milano, l’app è destinata ad espandersi. Sono molte le città europee desiderose di diventare nuovi distretti d’arte e le prossime in lista sono Roma, Bologna, Parigi e Londra.
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Il nuovo complesso residenziale fa parte del più ampio progetto di riqualificazione e sviluppo immobiliare della zona di San Siro che comprenderà i terreni del ex-trotto. Ecco come sarà e quando sarà costruita.
SYRE: la NUOVA TORRE di 70 metri in arrivo a San Siro
# Una torre di 70 metri per 22 piani al confine con l’area dell’ex-trotto
Credits abitare.co – Syre
L’iniziativa immobiliare di Axa Investment Managers e Redbrick Investment Grouplad porterà un nuovo complesso residenziale di pregio a San Siro lungo via Rospigliosi, nell’isolato compreso tra piazza Axum, via Capecelatro e via Pessano.
Sul lato opposto della via, nell’area dell’ex-trotto Hines realizzerà circa 1.000 appartamenti in edilizia convenzionata e affitti a canone concordato. Il progetto sviluppato da Marco Piva, dal nome Syre, prevede la costruzione di una torre alta 70 metri per 22 piani e un edificio da otto per un totale di 120 appartamenti in vendita in edilizia libera, da bilocali fino a pentalocali. Accanto a questi due edifici dovrebbe essercene un terzo dedicato ad affitti calmierati per un totale di 22.000 mq di superficie di nuova edificazione.
# Le forme del complesso residenziale richiamano l’idea della rosa camuna
Credits marco piva-abitare – Rendering Syre
Le forme del complesso residenziale richiamano l’idea di un “fiore”, una rosa camuna, che cresce, tra i petali-balcone. Ci sarà un percorso alberato che farà da “barriera” tra gli alloggi e il viale trafficato, sotto al sistema di terrazzi e logge delle facciate. Il pianoterra sarà vetrato e destinato alle aree comuni.
A fare da cornice ci sarà un grande giardino interno privato con 90 nuovi alberi, tigli, querce, magnolie, frassini, che andranno ad affiancare i tre platani di 30 metri rimasti nell’area dopo le demolizioni. Ai piedi della torre ci sarà uno specchio d’acqua. Abitare Co. è stata incaricata della commercializzazione, i prezzi dovrebbero attestarsi attorno ai 6.500 al mq, con consegna degli immobili prevista entro luglio 2025.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Enrico Saverio Pagano. Direttore d’orchestra. A 19 anni ha fondato l’Orchestra da Camera Canova che raduna alcuni dei migliori giovani professionisti italiani, la cui età media è di 25 anni. Nel mese di marzo 2021, la rivista Forbes Italia lo ha inserito nella lista dei 100 leader del futuro under 30, unico rappresentante del mondo della musica classica. Nato a Roma, cresciuto a Varese, lavora a Milano.
Enrico Saverio Pagano: “la mia Milano è una CITTÀ da VIVERE”
La cosa che ami di più di Milano?
Milano ha quel connubio unico al mondo tra italianità ed europeismo. Penso sia l’unica città del nostro Paese che, pur mantenendo una sua identità e un suo modo di essere vissuta puramente italiani, è contemporaneamente proiettata in una dimensione europea e internazionale. È capace di attrarre e accogliere persone da tutto il mondo, e di dare mezzi e opportunità per esprimersi e portare avanti idee e progetti.
Quella che invece ti piace di meno?
Da romano di nascita sento la nostalgia (oltre che, inutile dirlo, della bellezza artistica della mia città) dei parchi e delle villedi Roma. Poter andare a correre nel verde e nella natura è qualcosa che a Milano manca, o comunque è presente in maniera non adeguata.
Credits: optimagazine.com
Il tuo locale preferito?
Ce ne sono molti. Ho tanti bei ricordi al Joy, il bar accanto alla sala dove provo con l’Orchestra Canova.
Credits: @joybarmilano joybarmilano
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Milano è una città da vivere, infatti nel periodo dei lockdown rispetto a tante altre città italiane, a mio modo di vedere, aveva perso la sua anima. Mi piace uscire con gli amici e approfittare di tutto quello che la città ha da offrire (dai locali, agli eventi e tutto ciò che ne consegue).
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Sinceramente non saprei proprio (che forse è grave per un musicista).
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Ho praticato per molti anni canottaggio agonistico sul lago diVarese e, sicuramente, i laghi della Provincia di Varese sono dei luoghi a cui sono tutt’ora molto affezionato.
Ph. credits: varesenews
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Comprare e avere, per la prima volta, casa mia.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Pagano, ovviamente.
Enrico Saverio Pagano
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Una ragazza che portava un maialino al guinzaglio.
Il quartiere che ami di più?
Amo molto la Milano moderna e i mutamenti che ha avuto negli ultimi due decenni, quindi direi senz’altro la zona di Porta Nuova e Isola.
Credits francesco ungaro-unsplash – Diamantone Porta Nuova
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Milano è una città che corre moltissimo, ma in questa corsa non deve lasciarsi i cittadini alle spalle. Penso che si debba puntare a interventi che possano permettere a tutti di vivere appieno la città e di poter godere di ciò che la città ha da offrire.
Inoltre, interventi che rendano la città più verde e sostenibile sono quanto mai attuali, per quanto bisogna ammettere che l’amministrazione si sta già muovendo in questa direzione.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Senz’altro. Milano ha dimostrato più volte di essere una città che si muove a un ritmo diverso rispetto al resto d’Italia ed è giusto che questo sia favorito e incoraggiato anche a livello amministrativo. Troppi progetti subiscono rallentamenti dovuti a intoppi burocratici o alla mancanza di autonomia nel poter prendere decisioni.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Mi piacerebbe tornare a vivere a Roma, cosa che non escludo di fare in futuro.
Credits Skitterphoto-pixabay – Roma al crepuscolo
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
I progetti di ammodernamento e riqualificazione hanno dimostrato di poter cambiare il volto della città e quindi è sicuramente qualcosa che bisogna continuare a fare. Da qui possono nascere nuovi spazi culturali, aree verdi e luoghi dedicati ai cittadini. Tutto questo per continuare il percorso che sta portando Milano a essere una delle città più attrattive d’Europa.
Credits: @milanoguida BAM
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Sembrerò ridondante, ma lo smog e la scarsità di verde pubblico rendono la vita dei cittadini più difficile e meno salubre. Sogno una Milano sempre più verde e attenta a quella che è la principale sfida dei nostri tempi: la sostenibilità ambientale.
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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L’acqua che sgorga gratis nei rubinetti dei milanesi è stata imbottigliata nei brick di cartone. Idea geniale o solo una “trovata” di marketing?
L’ACQUA del SINDACO: Milano mette l’acqua potabile nel CARTONE
# L’acqua che sgorga gratis nei rubinetti dei milanesi inscatolata in un brick di cartone
Credits elenagrandi_verdi_it IG – Assessore Elena Grandi
A Milan anca i murun fann l’uga, recita un vecchio adagio popolare. Ovvero anche le (povere) more di gelso, grazie alla proverbiale laboriosità meneghina, si trasformano in chicchi di pregiata uva. O si travestono astutamente da uva, sperando che nessuno si accorga del bluff.
Una magia simile, a metà tra l’invenzione strabiliante e il bluff, è avvenuta dalle parti di Palazzo Marino. Che ha pomposamente imbottigliato nel brick la propria acqua potabile. Sì, proprio l’acqua del sindaco, quella che sgorga gratis e liberamente dai rubinetti delle case milanesi, dalle 650 fontanelle e 53 casette idriche installate nel territorio comunale. Proprio questo liquido è stato messo – grazie a un’intuizione che definire geniale è poco – in bottiglia. Anzi nel cartone poliaccoppiato, ovvero in un materiale costituito in genere da quattro strati in polietilene, uno in carta ed uno in alluminio. Lo stesso che si usa per inscatolare il latte e il vino low cost. E che l’assessore comunale all’Ambiente Elena Grandi ritiene sia un gesto utile all’ambiente, perché «riduce il consumo di plastica monouso e quindi la produzione di rifiuti plastici». E chissenefrega se aumento quelli dei poliaccoppiati!
# Sarà destinata inizialmente alla Protezione Civile per la distribuzione alla cittadinanza e agli eventi sportivi
Credits giampaolog IG – Acqua del Sindaco
Quindi secondo la giunta meneghina l’acqua di Milano è così “sana, buona e controllata” che può “diventare anche ‘à porter’, comoda e sostenibile, da consumare ovunque”. Quindi ricapitolando: l’acqua potabile di Milano, che esce dai rubinetti ed è disponibile e gratis per circa 2 milioni di utenti, viene lavorata e inscatolata nella centrale di Baggio, sorvolando sui relativi costi energetici e ambientali. Ma la narrazione dice che è green!
L’acqua confezionata da MM, si legge in una nota comunale, per il momento sarà destinata alla Protezione Civile per la distribuzione alla cittadinanza piuttosto che per le ‘week’, i concerti, le manifestazioni culturali e sportive. «Con questo progetto facciamo un altro piccolo passo per la transizione ambientale – ha dichiarato Simone Dragone, presidente di MM, società che gestisce la rete idrica di Milano –. A Milano siamo bravi, abbiamo perdite inferiori al 15% contro una media nazionale pari a circa il 45%». Sempre secondo Dragone a Milano abbiamo «un’acqua super controllata, buona, a chilometro zero, una delle migliori d’Europa e, probabilmente, la meno costosa». Addirittura. Tanto che secondo ATS (Agenzia di Tutela della Salute) avendo un valore di residuo fisso dai 200 ai 450 mg/L «può essere classificata come “oligominerale”».
Peccato che il termine “minerale” (e per estensione “oligominerale”) per legge sia riservato ad acque batteriologicamente pure, non sottoposte a processi di disinfezione e potabilizzazione. Mentre quella pomposamente inscatolata dalla giunta comunale è più semplicemente acqua potabile che, per legge, deve essere trattata prima di poter essere bevuta. Ma queste, come diceva sempre Totò, sono tutte quisquilie…
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Il premier firma il Patto per sanare un debito “monstre” da 5 miliardi.
Draghi: AZZERARE il DEBITO di NAPOLI
# Il “Patto per Napoli” per sanare il debito municipale da 5 miliardi di euro
Credits comunedinapoli IG – Draghi a Napoli
«Con questi fondi rilanciamo la città» annuncia il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi. E vorremmo ben vedere. Un gigante buco municipale da 5 miliardi di euro sta per essere sanato (leggi, cancellato) con un colpo di bacchetta magica. È stato il premier Mario Draghi a suggellare la magia, battezzandola come il “Patto per Napoli”.
La firma è arrivata oggi, i napoletani la attendevano con ansia. Per questo motivo quando il Migliore è arrivato all’ingresso dello storico castello partenopeo e dopo essersi soffermato ad ammirare il cortile e le torri, è stato osannato da un lungo applauso. Un applauso decisamente interessato, che pare quello dei sudditi nella fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore”: nella favola di Hans Christian Andersen infatti il popolo applaudiva il passaggio del sovrano per i suoi abiti sfarzosi. Anche se questi, in un’occasione, risultassero trasparenti. L’imperatore incurante, continuava a bearsi del successo popolare, finché un bambino gridando «ma il re è nudo!» ha finalmente aperto gli occhi ai sudditi.
# La città partenopea ha il più alto debito pro capite d’Italia
I sudditi partenopei applaudono pure loro, come da copione. Sapendo bene che le promesse fatte dal sindaco Manfredi in cambio dei danèè («punteremo su riorganizzazione amministrativa, assunzione di personale giovane e competente, investimenti in opere e servizi. Dai napoletani ci aspettiamo una maggiore fedeltà fiscale, ordine e grande responsabilità») sono trasparenti e inconsistenti come i vestiti invisibili del protagonista della fiaba danese.
Il primo cittadino della città partenopea d’altra parte sa benissimo le condizioni non certo meritevoli nonostante le quali si procederà alla cancellazione del debito municipale. «A Napoli abbiamo il più alto debito pro capite d’Italia – ha dichiarato Manfredi – e grandi carenze in molti settori. Conseguenza di tutto ciò si riverbera nella scarsa capacità di gestire servizi essenziali».
Napoli esulta del dono arrivato dalla capitale. Mentre Milano non ride affatto. Nella città più sviluppata d’Italia i soldi escono verso le casse statali e faticano a rientrare. E non certo per coprire buchi e disavanzi storici. Ma per finanziare opere, infrastrutture e progetti che la città non ha mai smesso di portare avanti. Fa male da milanese sentire il sindaco meneghino sostenere che, con la diminuzione delle entrate e l’aumento dei costi generati dal covid e conflitto russo-ucraino, «siamo appesi a una decisione del governo» perché mancano 250 milioni per chiudere il bilancio del 2021. Imploriamo per avere briciole. Altrove recitano meglio. E il colpo di spugna è ben più consistente.
Nella patria di Pulcinella e della pizza i numeri sono infatti ben più preoccupanti. Secondo quanto indica Il Sole 24 Ore è di 4.981.062.563 euro l’«esposizione finanziaria» del Comune a fine 2021. Che significano ben 5.430 euro ad abitante, ovvero cinque volte le entrate tributarie di un anno.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Per vivere una notte diversa dal solito non serve percorrere migliaia di km, anche in Lombardia ci sono hotel fuori dal comune da provare almeno una volta nella vita. Glamping, castelli e sfere trasparenti: questi sono solo alcuni dei posti più insoliti in cui trascorrere una notte romantica senza scegliere il solito B&B. E se la ricerca risulta laboriosa: ecco la lista dei 7 alloggi più strani per un weekend fuoriporta, ma non troppo.
Gli hotel più particolari della Lombardia: 7 notti strane vicino a Milano
#1 Dormire in una casa sull’albero: Agriturismo Tenuta Il Cigno a Villanterio (PV)
credits: IG @tenutailcigno
Il sogno d’infanzia di chiunque: la casa sull’albero. Poter vivere in una casetta di legno sospesa è sempre stato un desiderio condiviso, ma per chi non avuto la fortuna di poterci giocare da piccoli, oggi poterci passare una notte romantica è possibile. L’agriturismo Tenuta Il Cigno, situato a circa 30 chilometri da Milano, ha costruito una casa sull’albero interamente in legno e dotata di ogni confort per chiunque desideri passare una notte alternativa.
La Tree House è costruita ad un’altezza di oltre 5 metri avvolta tra le chiome di una quercia secolare e regala una vista dall’alto sulla campagna pavese. La camera è pensata appositamente per la coppia, con accesso indipendente e arredata in modo caldo e accogliente. E per completare il quadro idillico, sulla terrazza esterna è presente anche una vasca idromassaggio riscaldata da cui ammirare il tramonto sorseggiando spumante.
#2 Dormire immersi in 4000 ettari di bosco: Il Roccolino di Valsecca (BG)
credits: IG @il_roccolino_casa_vacanze
Tra i posti più particolari in cui dormire in Lombardia c’è sicuramente il Roccolino di Valsecca (Bergamo). Un B&B unico nel suo genere: un ex roccolo da caccia restaurato e messo a disposizione per trascorrere un weekend romantico nel cuore della Valle Imagna.
Immerso in 4000 ettari di bosco, tradizionalmente era utilizzato per la caccia agli uccelli. Oggi sassi, pietre e legni sono stati completamente recuperati, riciclati e riutilizzati per far tornare in vita il roccolo. Così che, oltre che dare un sapore di altri tempi alla location, promuove un nuovo modo di ristrutturare eco-compatibile con il territorio e la natura circostante. Il luogo ideale per concedersi un’esperienza esclusiva con la possibilità di degustare un romantico apericena a lume di candela con i prodotti esclusivi locali.
#3 Glamping in Lombardia: Campeggio della Colombaia a Padenghe sul Garda (BS)
credits: facebook campeggio della colombaia
Molti pensano che andare in campeggio significhi rinunciare ad ogni confort con spazi ridotti e bagni in comune, ma non è così al campeggio della Colombaia a Padenghe sul Garda. Infatti, qui al camping si aggiunge il glamour trasformandolo il semplice campeggiare in glamping. La struttura comprende queste tende Safari Lodge, adatte per ospitare fino a cinque persone, con un’ampia veranda vista lago e arredate con lo charme degli hotel di lusso.
E così alla Colombaia non si deve rinunciare a nulla. Le casette immerse negli ulivi secolari comprendono sia un bagno privato in camera, che una a cucina attrezzata con piano cottura ad induzione. Insomma, fare glamping in Lombardia è un nuovo modo fashion per trascorrere le vacanze immersi nella natura, ma senza rinunciare ai comfort di un hotel.
#4 Dormire sotto le stelle con Exphera a Palazzago (BG)
credits: IG @expherarelax
Nulla è paragonabile alla magia di una notte stellata, soprattutto se puoi godertela comodamente da un letto accanto alla persona amata. Sogno? No, grazie a Exphera questo è possibile. A Palazzago, in provincia di Bergamo, una sfera con il tetto trasparente ospita chiunque desideri concedersi un’esperienza di benessere unica. La struttura richiama lo stile di una tenda, ma il suo fascino moderno la rende un rifugio intimo perfetto per godersi il panorama magari con una cena a lume di candela.
L’eperienza a Exphera include anche una mini centro benessere: dall’abitazione si accede al giardino privato dove si trova una vasca idromassaggio con acqua riscaldata a legna una sauna finlandese e del piccolo centro benessere. Il luogo ideale per regalarsi un weekend alternativo di relax.
#5 Casa, ma anche Museo: Palazzo Valenti Gonzaga a Mantova
credits: IG @paolasaltari
Tra le mura della Casa Museo di Palazzo Valenti Gonzaga si viene direttamente teletrasportati nel diciassettesimo secolo nel cuore della storica città di Mantova. E perché non tornare indietro nel tempo e vivere in un’epoca stravagante per una notte. La struttura dispone di due appartamenti e di due camere, tutti arredati con mobili d’epoca, con affreschi e caminetti. La stanza più sensazionale è la Cappella del Cardinale interamente ricoperta di stucchi e affreschi rinascimentali.
Un’esperienza a dir poco fuori dal comune in una location che, oltre a regalare una notte tra affreschi, drappeggi e ricche decorazioni, è anche un museo a cui si potrà accedere gratuitamente. Infatti, riservando l’abitazione sarà possibile visitare gratuitamente anche il Museo Valenti Gonzaga, dove esposte mostre d’arte permanenti e temporanee, che includono opere del pittore fiammingo Frans Geffels, dello scultore italiano Giovan Battista Barberini e una collezione di libri antichi e rari.
#6 Diventare dei reali per una notte al Castello di Cernusco Lombardone (LC)
credits: IG @castello_di_cernusco
Per rimanere in tema viaggio nel tempo, in Lombardia è possibile diventare dei reali per una notte. A soli 27 km da Milano si può essere coccolati come un vero nobile trascorrendo una notte all’antico castello di Cernusco Lombardone. La sua storia affonda le radici sino ai tempi dell’Impero Romano, nasce come “Castellum” avamposto di controllo del territorio, passando poi ai Longobardi e ai milanesi Visconti e diventando presto una vera e propria residenza nobiliare.
Un edificio dalla storia secolare, che dopo la sua completa ristrutturazione diviene la location ideale per fantasticare su epoche passate. La struttura comprende tre camere da letto perfettamente arredate con mobili d’epoca dallo stile raffinato. L’abitazione padronale, La Suite del Camino, è composta da due camere matrimoniali, un ampio soggiorno e bagno con idromassaggio. Inoltre, un grazioso balconcino si affaccia sul cortile interno, mentre tutto attorno alla struttura si trova un grande parco che ospita anche una piscina e location di molti matrimoni.
#7 Tuffarsi in una botte di vino al Silter di Capriate San Gervasio (BG)
credits: IG @alsilter
Ma non è ancora finita, come ultimo luogo e forse il più insolito in cui dormire vicino a Milano, troviamo la camera perfetta per chi desidera godersi una vacanza gastronomica a 360 gradi. Si, per gli amanti del buon vino è finalmente possibile dormire letteralmente in una botte per un’immersione totale nella realtà della cantina. È il Silter a Capriate San Gervasio in provincia di Bergamo ad aver realizzato questa camera unica per i suoi ospiti.
Infatti, all’interno della cantina risalente al XVIII secolo, attorniata da antichi mattoni a vista si trova una grande botte di vino, ma non una qualunque: al suo interno si trova con sorpresa un comodissimo letto. Sicuramente uno dei posti più particolari in cui soggiornare e chi non vorrebbe brindare circondato da bottiglie d’annata e concedersi un bagno caldo nella vasca per poi tuffarsi dentro una botte a dormire.
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Un progetto atteso da oltre 50 anni che ad oggi è realizzato solo in piccola parte. A che punto siamo e come dovrebbe essere al termine dei lavori.
La STRADA dei DUE MARI: il work in progress
# Un’attesa lunga oltre 50 anni per la “Superstrada dei due mari”
Credits provincia.pu.it – Tratti superstrada E78
Il percorso della strada europea E78, detta anche “Due Mari Grosseto – Fano”, si estende per 286 km ed esiste già quasi nella sua interezza. Mette in connessione il capoluogo di provincia toscano Grosseto, posto lungo il percorso della strada europea E80, alla città marchigiana di Fano che si trova sulla E55, l’Autostrada A14. Inoltre vengono collegate anche Siena e Arezzo in Toscana, Urbino nelle Marche e viene intersecata la E45 tra Toscana e Umbria. Il problema principale è che molti tratti sono costituiti da strade con caratteristiche di viabilità ordinaria e pertanto il sogno di avere un superstrada lungo l’intera estensione e un collegamento veloce è ancora lontano dal concretizzarsi. Per realizzare e rendere fruibile la futura SGC, la Superstrada dei due mari che collegherà appunto il Mar Tirreno con il Mar Adriatico, il costo previsto è di circa 1,2 miliardi di euro, di cui 680 milioni per la tratta toscana e 520 milioni per quella umbra.
Dopo la nomina dei commissari nell’aprile del 2021, per far ripartire l’iter progettuale, i lavori per la realizzazione di quest’opera, parte della rete trans europea di trasporto “Ten-T” che vuole collegare la penisola iberica dell’Europa con il versante balcanico, sono stati inseriti nell’elenco nazionale delle 14 opere strategiche del Pnrr. Il 14 dicembre il sindaco di Grosseto e il primo cittadino di Fano hanno sottoscritto un protocollo di intesa per la conclusione delle opere mentre il 30 dicembre 2021 è stato approvato un ordine del giorno che impegna il Governo valutare interventi per accelerare la fine dei cantieri.
# I tratti in esercizio, in progettazione e in cantiere
Tratte in esercizio, progettate e in cantiere superstrada due mari
Ad oggi solo il 50% dell’itinerario è in esercizio, il resto è suddiviso in più lotti e sottoposto ad una revisione progettuale in fase di ultimazione, come circa il 65% della lunghezza totale del collegamento che si trova in Toscana. I lotti mancanti sono:
quelli per cui è la fase di progettazione è stata terminata o è in fase di redazione, nello specifico i tratti da Grosseto a Siena (già interamente appaltato) da Rigomagnano a Monte San Savino, il tratto aretino (Olmo – Nodo di Arezzo – Palazzo del Pero), e quello all’ingresso in Umbria;
quelli per cui sono in corso i cantieri come tra Siena e Rigomagnano, tra Arezzo e il confine con l’Umbria e il successivo tratto che porta a Mercatello sul Metauro;
quello oggetto di studio nelle Marche tra Mercatello sul Metauro da Galleria della Guinza a Santo Stefano di Gaifa.
Gli unici due tratti del percorso già con caratteristiche da superstrada sono quelli tra Monte San Savino e Arezzo e tra Santo Stefano di Gaifa e Fano.
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Il museo del novecento di Milano conquista anche il secondo palazzo dell’Arengario, fino ad oggi occupato da uffici comunali. Ed è così che Milano annuncia l’espansione del Museo, che potrà accogliere centinaia di opere d’arte in più, donate dalla Fondazione Pasquinelli e dalla mecenate milanese Giuseppina Antognini, che inoltre appoggia e finanzia parzialmente il progetto di ampliamento del Museo.
Il team di architetti, vincitore del Concorso Internazionale di Progettazione “Novecentopiùcento” nel dicembre 2020, propose una passerella sospesa in aria tra i due edifici. La proposta venne bocciata dalla Soprintendenza milanese, in quanto la costruzione interferirebbe con il cannocchiale prospettico che va da piazza della Scala a piazza Diaz. Inoltre, verrebbe realizzato in stile moderno, e ciò fa temere un accozzamento di stili poco armonioso.
# La passerella: un SIMBOLO per la CULTURA italiana
(Foto Comune di Milano)
L’architetto capo del team vincitore del concorso Sonia Calzoni e il ministro della Cultura Dario Franceschini sono tornati a proporre il progetto, sostenendo che la sua realizzazione simboleggerebbe “un segno della capacità del nostro Paese di non rinunciare ad operare sulle preesistenze”, come ha dichiarato Calzoni.
“Milano è la prova che si può riuscire ad essere luogo che mantiene intatta la tradizione ma diventa anche riferimento per il futuro“, ha aggiunto Franceschini.
Il progetto è passato dal prevedere una costruzione tubolare di dimensioni notevoli a una passerella di vetro panoramica. Per risolvere al problema dell’interferenza nel cannocchiale, gli architetti hanno proposto anche un vero e proprio atrio esterno del museo, una piazza-cortile in relazione con piazza Duomo in via Marconi, che risponderebbe anche all’esigenza di collegare i due edifici.
Per ora però è tutto ancora fermo e le proposte sono ancora sospese per aria.
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Un’idea ricorrente, che spesso fa capolino dalle dichiarazione dei vari amministratori. Corso Buenos Aires pedonale è un’arma a doppio taglio della politica: tiene banco nella cronaca e divide l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari.
Corso Buenos Aires sarà PEDONALE nei week end?
# Una sottovalutata 5th Avenue
Ph. Tima Miroshnichenko da Pexels
Corso Buenos Aires è la via per eccellenza a Milano. Una delle passeggiate commerciali più lunghe d’Europa, visitata da decine di migliaia di turisti e shoppers ogni giorno, è l’equivalente meneghino della Fifth Avenue di New York. Come la Fifth Ave. è anche una via di transito del traffico veicolare, con una posizione privilegiata che dall’ingresso Nord a Milano, porta praticamente fino in Duomo.
Chi l’ha realizzata secoli fa, ha fatto un ottimo lavoro. Un gioiellino che andrebbe oggi valorizzato: per renderlo ancor più un’attrazione si rilancia l’idea di renderlo pedonale. Potrebbe essere l’idea vincente?
Nel piano triennale delle opere pubbliche del Municipio 3, una delle priorità è quella di avviare uno studio di fattibilità per utilizzare dissuasori mobili in corrispondenza degli incroci con Corso Buenos Aires, cioè i pilomat, barriere retrattili da issare all’occorrenza.
L’idea è quella di isolare i 1.600 metri del rettilineo, per rendere la zona accessibile ai pedoni e alla mobilità dolce. Buenos Aires diventerebbe così la regina delle vie dello shopping milanese?
I dissuasori mobili potrebbero far scattare i blocchi del traffico a fasi alterne, magari durante i fine settimana, o in occasione di eventi particolari. Inizialmente quindi, la chiusura al traffico potrebbe essere intermittente.
Caterina Antola ha dichiarato che «si potrebbero fare delle prove». «La pedonalizzazione di corso Buenos Aires» secondo la Presidente del Municipio innanzitutto, «va fatta per fasi perché deve essere intanto realizzato uno studio di fattibilità e tenere in considerazione che ciò che abbiamo sempre chiesto era di chiudere in maniera alternata».
Le tempistiche? Non vi è nulla di deciso, l’impegno durerà fino alla fine dell’incarico. L’attuale amministrazione sembra volerci lavorare nell’arco di tutti i 5 anni di mandato e, magari, lasciare lo studio alla futura amministrazione.
Da Palazzo Marino la proposta di Caterina Antola, raccoglie il consenso della Assessora Elena Grandi, alla quale piacerebbe molto il corso pedonalizzato, in quanto ha «un potenziale enorme ed è una delle direttrici destinate a diventare almeno Ztl».
Tante le proposte arrivate fino ad oggi, tanto che si sono “sedimentate” e, ogni volta che l’argomento viene ripreso, questo fondo agitato finisce solo per intorpidire le acque.
Buone idee hanno bisogno di essere espresse con il dialogo, per gli oltre 150.000 milanesi che abitano nella zona e che vorrebbero ridotti al minimo i possibili disagi.
Nella Fifth Avenue meneghina “abitano” anche 350 commercianti, da sempre contrari alla chiusura al traffico, che non hanno tardato a fare arrivare la loro risposta a questa nuova azione di agitazione delle acque definendola “lunare”. Secondo Ascobaires, chiudere al traffico senza la concomitanza di eventi importanti “non serve a niente”.
Corso Buenos Aires, nei progetti di questa amministrazione, deve diventare un boulevard. Nel 2019 si è pensato a 240 alberi posati nei vasi da Porta Venezia a Via Padova. Vasi e fioriere sono state abbandonate per tracciare in fretta una ciclabile all’indomani delle riaperture del lockdown. Ora l’idea è quella di tenere la ciclabile, ma farla meglio e togliere le aree di sosta lungo il corso.
Ora è il momento dello studio di fattibilità e dello studio viabilistico, che verrà verosimilmente consegnato alla fine dell’attuale mandato amministrativo.
La Presidente Caterina Ascona, Ascobaires e i residenti di Buenos Aires dovrebbero al più presto trovare la soluzione insieme, per valorizzare lo streetlife e il business di questa importantissima arteria di Milano
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In questi giorni le passeggiate dei milanesi potrebbero essere state interrotte dalla visione di enormi nidi appesi ai palazzi. No, Milano non sta venendo colonizzata da gigantesche rondini, queste imponenti costruzioni sono frutto della mente estrosa dell’artista Kawamata e regalano un’anticipazione della rassegna ospitata dalla galleria Building che aprirà il 31 marzo.
I NIDI GIGANTI sui palazzi di MILANO: cosa sono e dove ammirarli?
# I palazzi di Milano si trasformano in nidi
credits: IG @building.gallery
Delle costruzioni dalla forma insolita stanno popolando le facciate di alcuni palazzi milanesi, ma non sono semplici installazioni. Questi curiosi artefatti sono l’anticipazione del tema principe della mostra organizzata dalla galleria Building: “Nests”, letteralmente “nidi”. A cura di Antonella Soldaini, dal 31 marzo al 23 luglio Milano sarà protagonista dell’esposizione delle opere dell’artista giapponese Tadashi Kawamata, che per regalare assaggio della sua iniziativa, ha costruito a pochi giorni dall’inaugurazione dei giganteschi nidi fatti con assi di legno.
I primi nidi sono apparsi in via Monte della Pietà, sede della galleria, ma il piano è in espansione. Si tratterà di quattro interventi che si svolgeranno sia negli spazi interni e sulla facciata di Building, che in quelli esterni di altri edifici posti nelle sue vicinanze: Grand Hotel et de Milan, Centro Congressi Fondazione Cariplo e Cortile della Magnolia, Palazzo di Brera.
# Aldilà della mera architettura
credits: IG @building.gallery
La scelta del contesto urbano non è fatta a caso. Gli interventi dell’artista nascono da una riflessione sull’interazione che le sue opere hanno con il contesto sociale e le relazioni umane. L’intento è quello di coinvolgere, non solo un singolo edificio, ma di inglobare varie porzioni del tessuto urbano della città. Come per ogni decisione, anche la scelta degli edifici ospitanti i nidi è frutto di un’accurata analisi. Infatti, sono architetture che, nell’ambito della storia di Milano, racchiudono un particolare valore civile e culturale e che attraverso le installazioni dell’artista saranno sottoposte a un delicato e nello stesso tempo spettacolare processo di trasformazione. Ma la vera questione a stuzzicare le fantasie dei milanesi riguarda la scelta del soggetto.
# Perché proprio dei nidi?
credits: IG @building.gallery
Soggetto conosciuto grazie alle poesie di Pascoli, il nido rimanda alla necessità universale di costruire un luogo e trovare riparo e analogicamente al tema della famiglia e della protezione. Ma è questo il significato attribuito da Kawamata?
L’artista giapponese iniziò ad indagare la forma del nido dal 1998 ed è così che le sue costruzioni lignee passarono da dall’essere astratte ad avvicinarsi sempre più alla costruzione animale. Il nido diventa così il filo conduttore di tutti i suoi interventi e un soggetto dal forte carattere simbolico per Kawamata.
“Un elemento architettonico primordiale e primitivo, la cui semplice forma, ottenuta con un materiale naturale come il legno, ha ancora più valore se messa a confronto con le ben più complesse costruzionisu cui è posta, risultato di stratificazioni sociali e culturali” hanno concluso dalla galleria. E il fascino e il significato delle opere risiedono proprio in questo contrasto, tra un’architettura animale all’apparenza intricata, ma semplice e spontanea, e le complesse costruzioni artificiali.
“Appropriandosi via via degli spazi interni ed esterni degli edifici – come facciate, balconi, tetti – tramite una serie di costruzioni ottenute con l’intreccio di assi di legno che vanno a formare un’inestricabile griglia, apparentemente leggera ma dalla solida struttura, Kawamata solleciterà una diversa lettura e interpretazione del loro aspetto e significato“, hanno chiarito da Building.
# Milano da un nuova prospettiva
credits: IG @tadashi.kawamata
Insomma, questa prima anticipazione ha sicuramente solleticato la curiosità di tutti. Ma ormai l’apertura è alle porte e non resta che attendere la fine del mese per far visita alla mostra Nests in Milan. L’occasione giusta per scoprire cosa si nasconde realmente dietro questi curiosi nidi e vedere la nostra città da una nuova prospettiva.
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Un’installazione di fumetti manga ha trasformato una fermata della metropolitana di Milano in un avamposto del Giappone. Ecco di cosa si tratta e in quale stazione si trova.
PORTA TOKYO: in questa FERMATA della METRO si arriva in Giappone
# I fumetti Manga invadono la metro di Porta Genova
Credits fumettologica.it – Kaju n8
Dal 23 marzo la stazione di Porta Genova è diventata un avamposto del Giappone. Per due settimane, i milanesi che scenderanno nel mezzanino e prenderanno la linea M2 saranno circondati dai fumetti Manga: all’uscita dai treni, sui tornelli e sulle colonne dei corridoi. L’installazione realizzata all’interno della fermata non è altro che la promozione del fumetto Kaiju No. 8, che debutterà in Italia distribuito dalla casa editrice Star Comics, di cui è possibile leggere le prime 14 tavole lungo il corridoio. Il lancio spettacolare di questo nuovo fumetto nasce da una tradizione giapponese consolidata, quella di tappezzare i vagoni della metro di Tokyo con i Manga, e conferma come anche nel nostro Paese questo genere sia diventato ormai un fenomeno di massa.
Sono già state vendute 5 milioni di copie di Kaiju No. 8 in Giappone, un milione per ognuno dei volumi che compongono la serie. I protagonisti di questo Manga scritto e disegnato da Naoya Matsumoto e in Giappone sono i Kaju, i mostri alieni già noti nel folklore giapponese grazie alla loro apparizione nella saga di Godzilla. Il fenomeno dei Manga giapponesi in Italia ha toccato il suo apice a settembre del 2021 quando per la prima volta nella storia dell’editoria italiana il volume One Piece, che nel mondo ha superato i 500 milioni di copie, era risultato il fumetto più venduto della settimana. Un riscontro che si nota ormai in molte librerie dove gli spazi dedicati a questo genere trovano sempre più spazio, da angoli nascosti si è passati a intere aree dedicate.
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Tutte le grandi rivoluzioni e trasformazioni della storia sono avvenute in una situazione di debolezza del potere.
La fine dell’impero romano è stata preceduta da un serie figure imperiali molto modeste, la rivoluzione francese o quella bolscevica sono avvenute in un clima politico di decadenza con governanti fragili e incapaci. Anche la classe politica nell’occidente odierno, superato il conflitto della guerra fredda, appare un susseguirsi di personaggi che sembrano più orientati a campare giorno per giorno che a trainare la crescita e lo sviluppo.
Tutta la società contemporanea sembra portare avanti giorno per giorno le proprie attività senza avere un progetto o una visione nel lungo termine. Per avere un progetto a lungo termine devi avere una visione, un’idea del mondo. Senza una visione alta, è inevitabile che il governante venga trascinato verso il basso da forze di breve termine e di scarsa gittata. Non solo.
Senza un progetto politico, finisce inevitabilmente che chi governa porta ad assecondare forze economiche che invece la classe politica dovrebbe supervisionare per orientarle all’attuazione al progetto e al benessere dei cittadini.
Nel racconto mitologico la caduta degli dèi precede la distruzione della civiltà umana in un’apocalisse che conduce alla rigenerazione di un nuovo mondo.
Tra pandemia, siccità, guerra, boom dei prezzi delle materie prime, collasso climatico ed energetico, l’apocalisse sembra già in atto. Per uscire da questa crisi epocale forse l’ultimo passaggio che manca è la definitiva caduta degli dèi.
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Al Caffè del Teatro è possibile vivere un’esperienza al limite del viaggio nel tempo, gustando bevande calde o fredde, seduti ai tavolini del foyer come gli aristocratici di un tempo. Sono però richiesti abbigliamento consono e comportamenti adeguati
Fare colazione DENTRO AL TEATRO: si può fare a un’ora da Milano
# Il caffè culturale
Credits: @annabee_oggicosi IG
I momenti più ricercati della giornata, sono quelli in cui possiamo goderci un gesto affettuoso, riservarci del tempo per noi stessi. Cosa c’è di meglio che coccolarsi in un ambiente esclusivo, tra affreschi di fine ‘700, immersi in un’atmosfera piena di arte, storia e cultura? Si può fare a Brescia, nel foyer del Teatro Grande, allestito a caffetteria e bar con lo stile degli antichi caffè culturali che tanto hanno spopolato nelle città italiane, a cavallo tra il ‘700 e l’800. Aperto il sabato e la domenica, il Caffè del Teatro è la scusa perfetta per programmare una visita a Brescia, un giro culturale che poi porta al Teatro Grande. Questo diventa così il luogo ideale per una colazione a base di relax e dolciumi, una pausa durante gli impegni del fine settimana o un aperitivo al volo, prima di tornare a Milano.
Sono tre le aree che il Teatro Grande di Brescia mette a disposizione della caffetteria, per rendere l’esperienza ancora più unica ed esclusiva. Oltre al Foyer del teatro, ci si può accomodare anche alla Saletta del Teosa e nella Saletta Butterfly.
Al foyer, che qui chiamano Ridotto, si accede da un portale del ‘600, testimonianza del primo teatro cittadino su cui è stato poi edificato il Grande. Qui si possono ammirare gli affreschi di Gaetano Cresseri e Luigi Campini, la Tragedia, la Commedia, la Danza e la Musica.
La curiosità porterà gli avventori ad addentrarsi nella Saletta Butterfly, inaugurata in occasione del debutto della Madame Butterfly di Puccini, che in questo teatro ha perfezionato la sua opera fino a portarla al successo. In questa saletta è anche esposta una lettera del Puccini, contenente alcune indicazioni per la messa in scena dell’opera, oltre che la locandina originale del 1904.
Tutto il teatro è coperto dal wi-fi, a disposizione degli ospiti per scoprire la storia di questo luogo straordinario.
Questo magnifico luogo, che oggi ammiriamo sorseggiando un caffè o una spremuta, ha cambiato modo di accoglienza nei secoli. L’edificio sorge sul luogo che la Serenissima donò nel 1664 alla Compagnia degli Erranti e dove vi hanno istituito la loro accademia. Diventa un teatro grazie a una trasformazione spettacolare. Succede tra il 1664 e il 1710, quando, all’esterno del palazzo, fa la sua comparsa il portico degli architetti Vigliani e Turbini. La vera conversione riguarda la sala della cavallerizza che diviene palcoscenico e platea. Oggi si presenta con la caratteristica forma a ferro di cavallo, progettata dal milanese Luigi Canonica, inaugurata dopo la ristrutturazione nel 1810.
Quello che ora è il Ridotto, allestito a caffetteria, è stata un tempo una sala che l’Accademia usava come “Reggenza”.
Oggi la caffetteria, detta anche Buvette del Teatro (da Buffet), accoglie dopo obbligatoria prenotazione, che si può effettuare telefonicamente al numero 030/2979311.
Si può visitare la loro pagina Facebook o Instagram, sia per una visita virtuale che farsi riservare un tavolo.
Questo teatro non ha ancora finito di riservare sorprese o regalare storia. Che sia dal palcoscenico o dalla sua caffetteria, il Teatro Grande di Brescia apre le sue porte e il suo sipario, diventando un accogliente e vivace caffè culturale, dove le idee concrete possono andare a braccetto con la finzione scenica.
Come miscelare realtà e fantasia? Oppure: quale preferite tra le due?
Qualunque sia la vostra scelta, ricordate che il Caffè del Teatro richiede l’etichetta: buone maniere, abbigliamento consono e non chiedete lo spritz, ma il Pirlo
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Andrea CUOMO: “la mia Milano è un punto di RIFERIMENTO per l’ITALIA intera”
Andrea Cuomo
La cosa che ami di più di Milano?
La scoperta della sua bellezza sempre nascosta, mai sfacciata.
Quella che invece ti piace di meno?
La sorprendente tendenza dei suoi abitanti, soprattutto di sesso femminile, a “paccarti” con disinvoltura e in continuazione.
Il tuo locale preferito?
Gong.
Credits: @gongmilano gong milano
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Guardare le persone vestite in modo bizzarro sui tram durante le settimane della moda e del salone.
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Luci a San Siro.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
L’abbazia di Chiaravalle. E Sesto San Giovanni.
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Ripartire da zero e rifarmi un’intera vita in meno di un anno.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Rovereto. La mia prima fermata.
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Milanisti e interisti che fraternizzano. Per me, che sono di Roma dove il derby è una guerra per bande, tuttora inspiegabile.
Il quartiere che ami di più?
La Bovisa.
Credits: @bovisa.daily Bovisa
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Rendere meno pericolose le strade con i lastroni e i binari del tram. Per me che sono un vespista sono un continuo attentato.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Milano in qualche modo è già una città-Stato, quindi troverei giusto formalizzare questo status.
Credits: @Semplicemente Milano di Andrea Cherchi (FB)
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Parigi.
credit: luoghidiinteresse.it
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Lavorerei sulle periferie.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Che continui a essere un punto di riferimento per l’Italia intera imparando però a dialogare con il resto del Paese senza fare campionato a sé. Se vogliamo che l’Italia si milanesizzi (cosa auspicabile) anche la città deve non cannibalizzare il resto del Paese.
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