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Le 4 SALE da TÈ più ORIGINALI di Milano

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Credits: martii_1806, IG

L’arte di bere e servire il tè è una delle più eleganti e raffinate che si possono sperimentare nel capoluogo lombardo. Per gli amanti degli infusi e per chiunque voglia passare qualche ora di relax con una bevanda calda tra le mani, ecco 4 delle sale da tè più originali di Milano.

Le 4 SALE da TÈ più ORIGINALI di Milano

# Nel mondo delle meraviglie di Rabbit Hole in via Mazzini

Credits: martii_1806, IG

Ogni weekend, passando per via Mazzini, nei pressi del Duomo, si può notare una fila interminabile che cerca di approdare al numero 20. Cosa ci sarà dietro al cancello in ferro battuto che attira così tanti avventori? La risposta è Rabbit Hole, la nuova sala da tè milanese ispirata al mondo di Alice nel paese delle Meraviglie, creato da Lewis Carroll e poi da Disney.

Prendere il tè in qui significa entrare nel luogo dove Alice si è persa con la fantasia, è un’esperienza unica, fatta di fiori giganti, stanze sottosopra e specchi magici. Ogni sala è intitolata ad un personaggio o un luogo della favola mentre bevande e dolci sono accompagnate dalle famose targhette “drink me” ed “eat me”, ma non c’è da preoccuparsi, anche dopo aver mangiato e bevuto si rimane delle stesse dimensioni di quando si è entrati. Come il luogo anche il menù è magico e trascendentale, si servono infatti pietanze ispirate alla storia, colorate e aromatizzate nei modi più particolari. Rabbit Hole è un’ottima alternativa per passare del tempo in un mondo altro in compagnia di una dolce consumazione.

Leggi anche: Prendere il tè a Milano con ALICE nel paese delle MERAVIGLIE 

# Immersi nei té di tutta l’Asia nel Chà Tea Atelier vicino alla Darsena

Credits: chateaatelier, IG

Chà Tea Atelier è la sala di Milano dove la preparazione e la consumazione della bevanda calda diventano un culto. Il locale offre la più vasta varietà di tè di tutta la città, lo spazio è piccolo e la maggior parte è occupato da contenitori di latta che contengono tutte le varietà di tè che si possono immaginare e oltre, provenienti da tutta l’Asia.

Per poter ottenere questa varietà la proprietaria della piccola sala verde ha viaggiato e fatto ricerche, riportando tutta la sua conoscenza nella carta da tè, che descrive con precisione le componenti e le sensazioni che caratterizzano ogni infuso. Il piccolo locale sui navigli è un punto vendita ma offre la possibilità di accomodarsi e gustare la bevanda al suo interno, inoltre, dedica alcune giornate alla conoscenza del tè, con vere e proprie lezioni, dove si insegna la storia e la preparazione di ogni infuso. Chà Tea Atelier è l’ideale per gli appassionati, ma anche per i curiosi e chi semplicemente non ha fretta di scegliere cosa bere ma apprezza provare cose nuove e perdersi nell’antica tradizione del tè.

Via Marco D’Oggiono, 7

Leggi anche: 30 cose DA FARE a Milano almeno una volta nella vita 

# In compagnia dei gatti del Crazy Cat Cafè vicino alla Centrale

Credits: crazycatcafe, IG

Per quanto riguarda l’aspetto particolarità, per chi ama gli animali e in particolare i felini domestici, il luogo ideale dove prendere un tè è il Crazy Cat Cafè in via Napo Torriani. Questo è il primo Cat Cafè della città, dove gli amici a quattro zampe gironzolano tranquillamente saltando da un posto all’altro, dormono acciambellati ai piedi dei clienti e alcuni di loro si lasciano anche coccolare.

Il locale propone tè neri, verdi e bianchi in tazze rigorosamente a forma di gatto. Nonostante l’attrazione principale del locale siano proprio i gatti, i giovani proprietari servono prodotti di qualità, aromatizzati e puri, anche qui con una vasta scelta, accompagnati da pietanze golose. Passare qualche ora qui significa rilassarsi sorseggiando tè di qualità in mezzo a creature simpatiche e affettuose che lasciano tranquillo il cliente se lo desidera ma che si fanno avvicinare da chi invece adora la loro compagnia.

Leggi anche: “Happy Together – Vivere felici con il proprio gatto”, gli incontri del Crazy Cat Cafè 

# Un té a Palazzo Reale nel Caffè Giacomo

Credits: giacomo_milano, IG

Se si desidera un luogo più classico, in stile vintage dove sorseggiare un tè in centro, Caffè Giacomo dentro a Palazzo Reale è il luogo ideale. Circondati da un’atmosfera antica, a due passi dal Duomo, si può godere delle varietà del tè Mariage Fréres, accompagnato da piatti dolci e salati.

La scala in ferro battuto, le sedie di legno e i tavoli rotondi in simil ferro, riportano ai primi anni del Novecento, periodo che si può raggiungere anche con un viaggio attraverso l’arte. Infatti, il locale ospita una vasta raccolta di cataloghi della storia artistica italiana e non solo, che si possono sfogliare comodamente seduti mentre si beve il tè o si chiacchera con un compagno di ozio. Caffè Giacomo è la sala da tè in cui regna il classicismo e l’umanesimo di Milano, percorribili attraverso il suo stile vintage e il legame con la storia dell’arte.

leggi anche: “Al Pont de Ferr”: CHIUDE un SIMBOLO della RISTORAZIONE MILANESE – Milano Città Stato

Continua la lettura con Le FERMATE della METRO che non ci sono ma che ci PIACEREBBERO MOLTO 

SARAH IORI

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🔴 Il SAINI, il “TEMPIO dello SPORT” di Milano, cambia VOLTO: approvato il PIANO di RIQUALIFICAZIONE

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Sarà un ricco piano di riqualificazione quello che coinvolgerà uno dei centri sportivi più grandi e attrezzati di Milano: il Centro Saini, in via Corelli 136 nel quartiere Ortica-Forlanini. La riqualificazione sarà possibile grazie all’accordo stretto tra l’Università degli Studi di Milano e il Comune della Città, ma cosa prevede il progetto?

Il SAINI, il “TEMPIO dello SPORT” di Milano, cambia VOLTO: approvato il PIANO di RIQUALIFICAZIONE

# Il Centro Saini

Credits: @raf_tennis
Centro Saini

Il Centro Saini è stato costruito a partire dal 1971 su volontà del CONI e dal 1994 è gestito da Milanosport. Qui sono state organizzate tra le più importanti competizioni dell’area milanese e ogni anno si registrano oltre 200mila presenze tra atleti e sportivi. All’interno si possono praticare numerosi sport, grazie agli impianti che dispone: ci sono vasche interne ed esterne, palestra, sala cardiofitness, campo da tennis e pista d’atletica, ma anche campi per gli sport di squadra come basket, pallavolo, rugby, sabbia per il beach volley e area per praticare baseball. Il Centro Saini è un vero tempio dello sport milanese ed è anche sede di alcune importanti società sportive nazionali, quali la FIDAL (Federazione italiana atletica leggera), FIN (Federazione italiana nuoto) e FIA (Federazione italiana arbitri).

# Più offerta e più eventi in arrivo

 
Credits: faretennis.com

Tra l’importante Centro e l’Università Statale di Milano, nello specifico la Scuola di Scienze motorie, è stato stipulato un accordo finalizzato alla valorizzazione e riqualificazione del Centro sportivo e probabilmente dell’intera area. Sì perché della riqualificazione del Centro Saini e dell’azione sinergica dei due enti pubblici, potrebbe beneficiarne l’intero territorio. Aumenterebbero le offerte sportive e si organizzerebbero più eventi, sia di carattere nazionale che internazionale.

# Il progetto

Credits: blog.urbanfile.org
progetto centro saini

Il progetto prevede lavori pluriennali dal valore di circa 36 milioni di euro, finanziati dall’Università. L’investimento dell’Ateneo permetterà allo stesso di avere per 50 anni la gestione gratuita del centro, gestione che inizierà dal 2025. Ma cosa prevede il piano di riqualificazione?

I lavori saranno suddivisi in 3 lotti e consisteranno (come riporta urbanfile) nella ristrutturazione completa e adeguamento del Centro, nel rafforzamento della presenza della Scuola di Scienze Motorie e nella realizzazione di nuove strutture e potenziamento di altre. Il Centro sportivo rimarrà comunque aperto a tutta la cittadinanza e darà la possibilità di fare sport a tutti gli utenti, con tariffe accessibili applicabili per ogni fascia.2

 

Continua la lettura con: Un DOPPIO RESTYLING per il QUARTIERE FORLANINI

BEATRICE BARAZZETTI

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Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore

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🔴 “Al Pont de Ferr”: CHIUDE un SIMBOLO della RISTORAZIONE MILANESE

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Credits Al Pont de Ferr FB - Interno locale

Dopo trentacinque anni la celebre clair che si affaccia sul Naviglio non si alzerà più. Nel 2011 era arrivata la Stella Michelin. L’annuncio di Maida Mercuri, detta “Nostra Signora dei Navigli”: “Quel tempo è finito, i Navigli sono diventati un’altra cosa“.

“Al Pont de Ferr”: CHIUDE un SIMBOLO della RISTORAZIONE MILANESE

# Dopo trentacinque chiude i battenti un simbolo della cultura enogastronomica meneghina

Credits Al Pont de Ferr FB – Interno locale

L’atmosfera languida e malinconica di fine inverno si tinge di tristezza. Un simbolo della cultura enogastronomica meneghina chiude i battenti: “al Pont de ferr”, dopo trentacinque anni di attività decide che è il momento di passare la mano. La clair che si affaccia sul Naviglio Grande non si alzerà più. Lo ha annunciato Maida Mercuri, detta “Nostra Signora dei  Navigli” che lascia orfani migliaia e migliaia di avventori che dal 14 dicembre 1986 hanno  goduto delle prelibatezze della cucina e delle magie enologiche di quella che era all’epoca la più giovane sommelier d’Italia.

Fanno sempre male ai cuori sensibili le chiusure di locali storici. Ricordiamo il Rattazzo, ad esempio, il bar più sincero di tutta Porta Ticinese che ha chiuso dopo la scomparsa dello storico patron, Piero Rattazzo. Sempre sui navigli, ma giù giù ai confini meridionali mediolanensi c’era l’Osteria del Tubetto, verace locale pane e salame e musica dal vivo. Ha chiuso da tempo anche l’Altra Isola, ristorante frequentato ai tempi da Gioann Brera e Gino Veronelli, celebre per sontuosi risotti e ossibuchi alla milanese.  

Leggi anche: ADDIO anche alla leggendaria MARIPOSA di Porta Romana

# Pochi piatti iper-tradizionali abbinati ai migliori vini italiani e francesi

Credits Al Pont de Ferr FB – Piatto

La chiusura di “al Pont de Ferr” è un fulmine a ciel sereno. Maida aveva creato un rapporto bellissimo con la sua clientela, ha saputo valorizzare vari chef, tra cui uno come Matias Perdomo, con cui ha anche portato la stella su questo locale semplice, perché l’aspetto è sempre stato quello della vera trattoria. Un racconto quello della titolare che attraversa  gli anni e la città, da quando giovanissima sceglie di dire no a Sirio Maccioni, che la vuole  responsabile sommelier al ristorante-culto “Le  Cirque” di New York.  

L’idea è quella di creare a Milano un locale con pochi piatti iper-tradizionali da abbinare ai migliori vini italiani e francesi al bicchiere. Il passaparola promuove rapidamente “il Ponte” a punto di ritrovo degli appassionati di vino e distillati. Asino e pappardelle, pancette piacentine e  tome  stagionate  si maritavano a sorsi memorabili di Sassicaia, Barolo e  Amarone. 

# La stella Michelin nel 2011

Credits Al Pont de Ferr FB – Maida Mercuri

Negli anni, si sono aggiunti gli Champagne e mirabolanti distillati, che hanno fatto del Ponte il luogo d’elezione dei collezionisti di whisky. Nel 2011, con Perdomo, è arrivata la Stella. Che ha suggellato il successo di un locale simbolo, un vero faro enogastronomico dei Navigli. «Quel tempo è finitoscrive Maida nella sua nota d’addio – i Navigli sono  diventati un’altra cosa». E così l’ultimo baluardo della ristorazione storica e d’autore del quartiere se ne va. 

 

Continua la lettura con: Altro passo verso la “fusione horror”: perché Milano vuole accollarsi il TRASPORTO PUBBLICO di Roma e Napoli?

LEONARDO MENEGHINO

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Molti GANGSTER in circolazione: come si chiamano a Milano?

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

Ogni giorno su milanocittastato.it la parola tradotta del giorno. Per tenersi sempre aggiornati, anche in milanese. 

Continua con: Tutte le parole tradotte in milanese pubblicate finora

A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI 

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Lorenzo ZUCCHI: “la mia Milano sarà una città APERTA e in PACE”

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Lorenzo Zucchi

Lorenzo Zucchi. Nato a Parma, a Milano da 20 anni, appassionato di viaggi, di cinema e di scrittura. L’ultimo libro pubblicato è Bandiere per tutti.

La realtà è rotonda

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Per quasi tutti gli organi di informazione l’obiettivo non è descrivere il fatto ma strumentalizzarlo per avvalorare la propria posizione.

Il fatto in sé non ha significato. Quello che conta è la chiave di lettura. Ciò che è più importante per un lettore che voglia comprendere la realtà è capire la posizione in campo scelta da chi la descrive.

La realtà è sempre una proiezione della soggettività. E l’informazione è sempre una strumentalizzazione dello schieramento a cui si appartiene per interessi economici, motivi ideologici o anche semplicemente per posizione geografica. Così come la stessa realtà cambia a seconda del punto da cui la si guardi, lo stesso avviene nella rappresentazione di un fatto da parte di una fonte di informazione.

E questo vale anche per il lettore. Nel momento in cui scegliamo il tipo di emittente da cui voler ricevere la notizia già facciamo una scelta di campo e decidiamo di preferire la strumentalizzazione all’informazione.

Chi voglia cogliere un senso più compiuto di ciò che sta accadendo dovrebbe cercare di accedere alle notizie della parte più lontana dal proprio punto di vista. Come per vedere una scultura o un’opera architettonica non basta osservarla da un punto statico ma serve girarci intorno per cogliere ogni aspetto.
Sempre che l’obiettivo sia la verità e non il pregiudizio.

Continua la lettura con: Tutti i pensieri del giorno 

MILANO CITTA’ STATO 

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La PORTINERIA più FOTOGRAFATA del mondo è a Milano

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Credits: @postibelliamilano portineria più fotografata

Milano è ricca di angoli che non ti aspetti, di particolari che solo se osservi attentamente ciò che ti circonda riesci a scovare. Tra questi, si trova quella che potrebbe essere la portineria più fotografata al mondo, spopolata negli ultimi anni su Instagram. Ecco dov’è.

La PORTINERIA più FOTOGRAFATA del mondo è a Milano

# L’entrata della “Lama Bianca” che non ti aspetti

Credits: @fr_cre
portineria più fotografata

Blu e rosa sono questi i colori che dominano l’ingresso di questo palazzo. Un rosa cipria e un blu cobalto che entrano in contrasto con i colori dell’edifico milanese conosciuto come la “Lama bianca”, simbolo del razionalismo italiano. Il grattacielo è stato progettato da Bottoni, architetto che ha realizzato anche Qt8 e Monte Stella, e si trova in corso Sempione 33.

Credits: @giorgia.cerati
entryways of Milan

Ma perché la sua portineria è diventata così famosa? È stato l’editore tedesco Taschen a rendere l’entrata della “Lama bianca” così conosciuta. Nel marzo del 2017 è stato infatti pubblicato il libro “Entryways of Milan”, un volume che raccoglie 140 ingressi di Milano disegnati dai più famosi architetti del Novecento. Tra questi è comparso anche quello rosa e blu.

# Una contrapposizione di colori vincente

Credits: @graziacanale
Entrata palazzo

Il passo da volume di raccolta fotografica a guida per scoprire alcune particolarità meneghine è stato molto breve. Subito dopo la pubblicazione sono comparse migliaia di foto con l’hashtag #entrywaysofmilan e sembra che quella del palazzo in Corso Sempione 33 sia stata la preferita.

Nello specifico, l’ingresso del palazzo è una promenade parallela a quella che sarebbe dovuta essere una traversa di Corso Sempione mai realizzata. Le pareti della portineria sono ricoperte da tessere rosa e blu, il soffitto è di stucco veneziano rosa, mentre il pavimento è in marmo di Carrara. Una contrapposizione di colori vincente e Instagram ne è la prova! All’hashtag #entrywaysofmilan corrispondo infatti oltre 3000 foto e la portineria di corso Sempione 33 è quella che si vede di più, rendendola quindi l’ingresso più instagrammato al mondo.

Continua la lettura con: Il Palazzo in stile DDR in corso Sempione

BEATRICE BARAZZETTI

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🔴 MILAN e INTER scappano da Milano? Le “3 S” alternative a SAN SIRO

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Ph. Gigarullone (pixabay)

Trai molti che scappano da Milano potrebbe arrivare il turno anche di Inter e Milan. Le squadre, di proprietà straniera, lanciano l’ultimatum: o il nuovo stadio o ecco dove ce ne andremo. Mentre Sala lancia l’allarme: il Comune rischia di rimanere col cerino acceso in mano.

MILAN e INTER scappano da Milano? Le “3 S” alternative a SAN SIRO

# Il “vecchio” San Siro divide ancora

Credits: @gentleman_ultra IG

Il balletto intorno a San Siro, sia esso “vecchio” o nuovo, continua a dividere le parti coinvolte. Le squadre, il Comune, i cittadini e la politica sono ormai arroccate ognuna sulle proprie posizioni e la situazione è in stallo.
Tutto ciò si trasforma in una situazione molto precaria, che aggiunge instabilità alla salute già cagionevole di una città dalla quale scappano tutti.

Stanchi di vedere amputati i propri sogni, Elliot e Paul Singer per il Milan e Suning e Zhang per l’Inter, hanno giocato il jolly, mettendo sul tavolo il Piano B, che prevede di costruire un nuovo stadio non più a Milano, ma in una delle 3 aree individuate come alternativa.

Leggi anche: SAN SIRO PARK: sarà il nuovo quartiere dello sport?

# “S” di stadio, “S” di San Siro e le altre “3 S”

Credits: milanlive.it

È il febbraio più critico della storia recente di Milano, abbandonata da tutti. Le squadre di calcio hanno individuato 3 opzioni, diverse da Piazzale Axum, sulle quali costruire il loro nuovo stadio sportivo.
Le proprietà, totalmente o in parte straniere, prevedono logiche e tempi diversi, guidati da esigenze commerciali. La Scala del Calcio potrebbe trasferirsi a Sesto San Giovanni (area ex Falk), a Segrate oppure a San Donato Milanese, insieme a San Siro le 4 S che identificano questa storia senza fine.

Gli stranieri dimostrano così di aver assorbito bene la cultura italiana, che sta permeando purtroppo anche Milano: o si pone fine al balletto dei ricorsi e dei referendum cittadini, oppure ce ne andiamo. Bluff o ricatto?

Leggi anche: La GRANDE FUGA: Milano sta perdendo i NON MILANESI

# La palla passa alla politica

Credits: @acmilan.acm IG

Una delle controparti di questa lunga trattativa è il Comune di Milano, che non ha mai appoggiato in pieno il progetto del nuovo stadio. Stretto tra i due fuochi delle ragioni commerciali di Inter e Milan e, altrettanto importante, i cittadini di San Siro, il Comune si è mosso a novembre 2021, deliberando un interesse pubblico sul progetto che prevede l’abbattimento di San Siro e la costruzione di un nuovo stadio a pochi passi dalla sede attuale.

Il sindaco Sala ha manifestato, pochi giorni fa, la piena disponibilità ad aprire un dibatto pubblico, un confronto ormai indifferibile per uscire dalle sabbie mobili, ma ha anche dichiarato che teme «di restare con il cerino acceso in mano» e che «Se le società dovessero andare da un’altra parte sarebbe un grande problema».

Leggi anche: PNRR FUORIONDA SALA e FONTANA: “sud sud sud…” Ma è proprio così?

# Da secondo luogo più visitato di Milano a «problema»

Credits: @lastdanny IG

San Siro diventa così un problema. L’attuale stadio ha più ordini di problemi che di gradinate per gli spalti.
Evidentemente alle squadre non piace, ma il Comune non ha modo di impegnarsi a costruire uno stadio nuovo senza abbattere la Scala del Calcio, che è a tutti gli effetti il monumento più visitato di Milano (dopo il Duomo).
Ci sono, poi, le critiche dei milanesi, divisi tra i residenti della zona stadio e gli appassionati tifosi delle squadre meneghine.
Dopo i ricorsi al TAR, i residenti di San Siro stanno raccogliendo le firme per fare un referendum cittadino, il cui scopo è quello di obbligare Milan, Inter e Comune ad interpellare i cittadini si questo delicato tema, dando ai comitati di San Siro l’opportunità di spiegare le proprie ragioni e ai milanesi la possibilità di esprimere un giudizio, pienamente informati di ogni dettaglio.

Leggi anche: Il QUADRILATERO dell’ILLEGALITA’: 7 idee per riqualificare il buco nero di Milano

# Il cerino acceso

Credits: @lupa1927 IG

Il sindaco Sala, ha ragione a temere di rimanere col cerino in mano.
Il progetto del nuovo stadio, infatti, non implica solo l’aspetto sportivo delle due leggende rossonerazzurre. Le proprietà di Inter e Milan hanno mire lungimiranti, desiderano riqualificare tutta l’area costruendo e gestendo centinaia di migliaia di m² di aree commerciali, alberghi e residenze di lusso. Il progetto prevede di trasformare gli immensi parcheggi asfaltati, oggi inutilizzati 6 giorni su 7, in aree sempre disponibili per lo sport e le famiglie, con rilancio di cui beneficerebbe tutta la città.
Le alternative individuate presentano alcune criticità, ma sono plausibili e sostenibili, soprattutto Sesto San Giovanni, che ha metropolitana e stazione ferroviaria nei pressi.

I comitati cittadini, invece, chiedono pesanti modifiche a questo progetto, ovvero di mantenere e riqualificare l’attuale impianto sportivo e allargare le aree verdi già esistenti.

Leggi anche: La M5 va oltre SAN SIRO: pronto lo STUDIO di FATTIBILITÀ per l’estensione di 11 chilometri

# È giusto che a decidere siano protagonisti transitori?

Credits: @sansiro.it IG

Elliot e Suning, apparsi da poco sulla scena milanese, hanno dimostrato interesse per una città che merita certamente attenzione. Ma resteranno a Milano abbastanza a lungo per meritare di aver voce in capitolo sul futuro della nostra popolazione?
La loro autorevolezza, per ora, si basa esclusivamente sul possesso di capitali che vogliono investire per incrementare i propri affari. Non c’è niente di male, anzi: Milano si è sempre costruita il proprio futuro attirando persone capaci e fondi monetari, arrivati grazie alla sua ineccepibile reputazione.

L’idea però che a decidere sulle sorti dei simboli di Milano, siano protagonisti transitori, è una contro cultura che in questa città non ha mai portato a nulla di buono.
A Milano si dovrebbe sempre rispettare l’antica tradizione di dare ascolto agli attori immutabili della città: i milanesi.
Se Milano ha una reputazione tale per cui inglesi e cinesi vogliono investire su questo territorio, è grazie a loro. E bisogna che Suning, Elliot e Sala ci parlino, sentendo cosa hanno da dire per il bene di San Siro e di tutta Milano.

Continua la lettura con: FAQ vs. FAKE sul futuro di SAN SIRO

LAURA LIONTI

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FLIXTRAIN: il treno LOWCOST avanza in EUROPA

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Credits flixtrain.com - Linee Flixtrain Germania

La rete di treni low cost ha inaugurato nel 2018 come alternativa economica ai viaggi sui convogli della Deutsche Bahn, la principale compagnia ferroviaria tedesca. Vediamo i servizi offerti e la rete attuale.

FLIXTRAIN: il treno LOWCOST avanza in EUROPA

# Prezzi low cost e comfort a bordo di treni “green”

Credits hpgruesen-pixabay – Flixtrain

La filosofia di Flixtrain è la stessa del gemello su ruote Flixbus: collegare le città d’Europa a prezzi low-cost senza rinunciare a tutti i comfort di un viaggio da prima classe. A bordo dei treni ad alta velocità, riconoscibili sempre dal colore verde a rappresentare la sostenibilità visto che i convogli sono alimentati al 100% da energia rinnovabile, è disponibile la connessione Wi-Fi gratuita, spazio extra per le gambe, prese USB per collegare i dispositivi elettronici e ampio spazio per i tuoi bagagli. I biglietti partono da soli 4,99 euro e il posto è garantito. Vediamo quali sono le tratte coperte al momento.

Leggi anche: AvLo: il primo TRENO LOWCOST ad ALTA VELOCITÀ

# La rete attuale di Flixtrain

Credits flixtrain.com – Linee Flixtrain Germania

In funzione dal 2018, il servizio di Flixtrain ha continuato ad espandersi e ora copre ora gran parte della rete tedesca e collega le due principali città della Svezia. Nel dettaglio sono presenti 4 linee in Germania: Acquisgrana-Lipsia con fermate intermedie, tra le altre, a Colonia e Berlino, Amburgo-Monaco con fermate a Colonia e Francoforte, Berlino-Stoccarda e Amburgo-Lipsia-Berlino. Nello stato scandinavo è presente ad oggi una sola linea, la FLX61, che unisce Stoccolma a Göteborg passando Södertälje, Hallsberg, Skövde, Falköping.

Entro la primavera del 2022 saranno riattivati i collegamenti tra Colonia e Monaco di Baviera, con stop intermedi a Bonn, Coblenza e Francoforte e altre città lungo il percorso.

Leggi anche: Dopo Flixbus è nato FLIXTRAIN: i TRENI LOW COST arriveranno anche in Italia?

Continua la lettura con: 7 DESTINAZIONI MAGICHE da vivere su TRENI a CINQUE STELLE

FABIO MARCOMIN

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Le 5 migliori COLAZIONI di MILANO

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Credits: @marlapasticceria Marlà

Dove si mangerà il più buon cappuccio e brioches meneghino? Il servizio concierge di Buddybank ha stilato una classifica dei posti migliori di Milano dove andare la mattina prima di recarsi in ufficio, scuola, università o semplicemente per fare una colazione tranquilla al bar. Ecco quali sono.

Le 5 migliori COLAZIONI di MILANO

#1 L’Ile Douce Milano

Credits: @piccolau
L’Ile Douce Milano

Con prezzi più che giusti e prodotti molto buoni, tra i posti migliori dove fare colazione c’è L’Ile Douce Milano in via Luigi Porro Lambertenghi, 15. Qui tradizione e modernità si mescolano e vengono preparati prodotti di eccellenza. Per colazione, da bere, si può scegliere tra il classico caffè, che costa 1 euro, un cappuccino (1,80 euro), tè o altro. Accompagnando poi il tutto con i croissant del bar, ma anche ciambelle, pain au chocolat, biscotti e una pasticceria ricca che cambia in base alla stagione e alle materie prime che offre.

L’Ile Douce Milano è aperto dalle 7:30 alle 19, tutti i giorni a parte il lunedì, quindi, oltre alla colazione, qui si può fare una belle merenda o prendere un tè durante il loro tea time.

#2 Pavè Milano

Credits: @giuliagrollo
Pavè Milano

Una colazione un po’ più intercontinentale, quella di Pavè Milano in via Felice Casati, 27. Il bar è specializzato nei lievitati e nelle sfoglie, quindi per colazione offre brioches e dolci della tradizione affiancati da torte moderne, ma anche snack salati. Dando quindi non solo la scelta dolce. Secondo Buddybank, il prezzo di Pavè Milano è molto simile a quella de L’Ile Douce Milano, qualcosa in più qualcosa in meno.

A Pavè Milano poi, tutto l’anno si può comprare il loro panettone artigianale! Pavè è quindi il luogo perfetto per chi ama il panettone e non vuole aspettare Natale per mangiarlo.

#3 Panificio Davide Longoni

Credits: @julskitchen
Panificio Davide Longoni

All’interno dell’ormai non più tanto nuovo Mercato Centrale, si possono trovare tantissimi posti dove fare colazione, bersi un caffè al volo o mangiare qualcosina prima di partire o tornare alle proprie faccende. Tra i luoghi per fare colazione, Buddybank ha scelto il Panificio Davide Longoni. La location è molto carina ma in stile self-service, dolci e paste molto buone e la crema ottima.

#4 Alain Locatelli Colazioni & Gelato

Credits: @topfoodmilan
Alain Locatelli Colazioni e Gelato

Se già nel nome del bar compare la colazione, era quasi inevitabile che qui si potesse bere uno dei migliori caffè e mangiare alcune delle brioches più buone di Milano. Alain Locatelli Colazioni & Gelato, Viale Coni Zugna, 9, abbraccia una filosofia un po’ particolare: è chiuso due giorni a settimana e apre solo al mattino, dalle 8:30 alle 12. La sua specialità sono le colazioni: croissant e pain au chocolate molto buoni, secondo Buddybank.

Unico problema, le dimensioni del locale. Troppo piccolo per contenere tutti i clienti e quindi si crea la fila, fila che infastidisce un po’ chi è seduto al tavolo a gustarsi la sua colazione perché sente di dover fare tutto di fretta.

#5 Marlà (zona Porta Romana)

Credits: @marlapasticceria
Marlà

In corso Lodi, 15, Marlà viene definito uno dei locali più carini dell’area. Più che bar è una pasticceria, o meglio, come si definiscono loro, “un laboratorio di dolci creati con passione”. Ma fare colazione in una pasticceria è forse una delle cose migliori per chi ama il dolce di prima mattina. Qui si trovano torte, monoporzioni, mignon e grandi lievitati, dolci regionali, biscotteria, prodotti confezionati e una selezione di salato. Anche qui a volte c’è un po’ di fila, ma il rapporto qualità/prezzo è ottimo!

Fonti: andreagaleazzi.com

Continua la lettura con: 10 LOCALI a Milano dove si MANGIA BENE, SPENDENDO POCO

BEATRICE BARAZZETTI

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Come si dice COPYRIGHT a Milano

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Come si traducono parole contemporanee in milanese?

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Alessandro ALEOTTI: “la mia Milano abolirà ogni forma di CONTROLLO FISICO”

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Alessandro Aleotti

Alessandro Aleotti. Fin dagli anni novanta un innovatore fuori dagli schemi sulla scena milanese. Tra le sue “creature” più appariscenti la terza squadra di calcio di Milano: il Brera FC. Ma Aleotti è soprattutto un fine pensatore che rifugge da ciò che appare in superficie e dalla banalità del pensiero comune. Questa la sua Milano. 

Alessandro ALEOTTI: “la mia Milano abolirà ogni forma di CONTROLLO FISICO”

Alessandro Aleotti

La cosa che ami di più di Milano?

La sensazione di libertà.

Quella che invece ti piace di meno?

Essere in coda con l’auto.

Il tuo locale preferito?

Le Trottoir.

Credits: @alessandra__77
le trottoir

Il tuo passatempo preferito a Milano?

Pensare mentre la città corre.

La canzone su Milano a cui sei più legato?

Domenica bestiale di Concato.

Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?

Le strade dense di nebbia nel lodigiano.

Credits: initalia.virgilio.it

La cosa più bella che ti è capitata a Milano?

Avere vent’anni con la sensazione di vivere.

La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?

Gambara perché è quella dove abitavo quando sono venuto a vivere a Milano diciottenne.

Cartina fermata M1 Gambara
Cartina fermata M1 Gambara

La cosa più curiosa che hai visto a Milano?

Gli umarell.

Credits: italiafruit.net

Il quartiere che ami di più?

Milano non ha quartieri. È un territorio unico dello spirito.

Credits Andrea Cherchi – Skyline di Milano

Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?

Abolire ogni forma di controllo fisico, a cominciare dalle anacronistiche pattuglie di vigili urbani.

Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?

Certo che sì.

Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?

In Asia vicino al mare.

Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?

Sceglierei 2000 giovani geniali a cui dare un vitalizio in cambio del loro operare per la felicità della città.

Credits: @unimib
giovani bicocca

Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?

Che si stacchi dall’Italia e divenga una città dove sperimentare fino in fondo sia il locale che il globale.

Alessandro Aleotti

Continua la lettura con: Tutti i personaggi di #milanomia già pubblicati

Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano

MILANO CITTÀ STATO

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Dove si mangiano i 10 PANINI più BUONI di Milano

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Credits spinasaporidipuglia IG - Panino Galiano

Una delle eccellenze milanesi che tanti riconoscono è l’arte di fare panini. Scopriamo dove si trovano i panini più buoni di Milano in questa classifica formata dalla redazione insieme al contributo dei lettori. 

Dove si mangiano i 10 PANINI più BUONI di Milano

#10 Il Chiosco Maradona (zona Bocconi)

Credits chiosco.maradona IG – Chiosco Maradona

Il Chiosco Maradona è tra i più recenti in città. Nasce nel 2006 dalla voglia di trasportare lo spirito della tradizione culinaria campana a Milano. Tra i panini più apprezzati c’è quello con salsiccia e friarielli, dal tipico gusto napoletano.

 

Indirizzo: via Tabacchi, 33

#9 Paninoteca al 19 (zona Bocconi)

Credits bez_me IG – Paninoteca al 19

Chi frequenta i Navigli di notte non può non conoscerlo. A pochi passi dal Chiosco Maradona troviamo lo storico baracchino “Paninoteca al 19”, in via Tabacchi affacciato sul Parco della Resistenza. Aperto fino a tardi propone un lungo elenco di panini buoni ed abbondanti.

 

Indirizzo: via Tabacchi, 24-30

#8 Panini Galiano (zona De Angeli)

Credits spinasaporidipuglia IG – Panino Galiano

Panini Galiano nasce nel 1974, a Milano, quando la famiglia Galiano acquisisce e rilancia una storica paninoteca di Corso Magenta. I proprietari hanno fatto di questo luogo un riferimento in la città per il “panino gourmet”, oggi in via Ravizza 5.

 

Indirizzo: via Ravizza, 5

#7 Chiosco Bar Isola Verde (zona San Siro)

Credits Chiosco Isola Verde di Mimmo e Anna Fb – Chiosco Isola Verde di Mimmo e Anna

Chiosco Bar Isola Verde è un chioschetto tra piccole aiuole, un minimal fast food grande come un edicola di giornali. Poter scegliere tra una vasta tipologia di panini, tutti buonissimi e ben farciti, fa di questo piccolo locale all’aperto una tappa imprescindibile per chi abbia poco tempo a disposizione per mangiare.

 

Indirizzo: Via Novara 1 Piazza Melozzo da Forli

#6 Il Panino Ignorante Gourmet (zona Naviglio Grande)

Credits massimo_tramontin IG – Il Panino Ignorante Gourmet

Una novità a Milano, il Panino Ignorante Gourmet ha aperto solo qualche anno fa, ma è già diventata una location imperdibile per gli amanti del panino top di gamma. Una meta scelta anche da molti vip nostrani. Il menu è caratterizzato da panini dai nomi originali, come Alici Nel Panino Delle Meraviglie. Da provare almeno una volta.

 

Indirizzo: Via Lodovico Il Moro, 1

#5 Paninoteca 1978 (zona Buenos Aires)

Credits noxonoxelli IG – Paninoteca 1978

Paninoteca 1978 è una delle istituzioni milanesi in fatto di panini. L’indirizzo di questa paninoteca è in Galleria Buenos Aires 16, ma l’entrata della stessa si trova sulla via Giovanni Masera. Paninoteca classica, lunga lista di panini, un’ottantina circa, tra i salumi più ricercati spiccano il prosciutto di cinghiale o lo speck cotto. Una curiosità riguarda i prezzi: ogni panino ne ha due, uno per il giorno e uno maggiorato per la notte.  

 

Indirizzo: Galleria Buenos Aires, 16, ingresso da via Masera

#4 Chiosco al Politico (Zona Castello)

Credits chioscoalpolitico IG – Chiosco al Politico

Appena giù dal podio troviamo il Chiosco al Politico, aperto a Milano dal 1991 in piazza Castello. Curato e circondato da tavoli e ombrelloni, con una ventina di coperti, il chiosco ha una gamma quasi infinita di panini, quasi 90, dal classico alla porchetta al crudo, fontina, pomodoro e salsa rosa.

 

Indirizzo: Piazza Castello

#3 Panini De Santis (zona Magenta)

Credits glo_keller IG – De Santis

Panini De Santis è una delle storiche paninoteche di Milano. Si dice che sia l’inventore del panino gourmet. Il locale storico, aperto negli anni ’60, si trova in Corso Magenta: piccolo e accogliente, con lampade Tiffany ai tavoli, foto di celebrità alle pareti e ben 200 panini nel menu. Nel corso degli anni sono stati aperti altri punti vendita a Pavia, Brescia e persino a Roma.

 

Indirizzo: Corso Magenta, 9

#2 Panino Giusto

Credits _lamartinella_ IG – Panino Giusto

Panino Giusto è sinonimo di panini di ottimi qualità, a tal punto da avere conquistato l’Italia e oltre. Nato nel 1979 in Corso Garibaldi, negli anni questa insegna ha registrato una crescita incredibile, altri 15 locali aperti in città, due nell’hinterland, oltre che nel Veneto, in Piemonte, a Roma e persino in Svizzera. Senza dubbio una tra la paninoteche milanesi da provare assolutamente.

 

Indirizzo storico: Corso Garibaldi 125

#1 Bar Quadronno (zona Porta Romana)

Credits mikymatei IG – Bar Quadronno

Bar Quadronno è stata la prima paninoteca a tenere aperto fino a tarda notte in città. Fu inventato qui il panino imbottito agli inizi degli anni ’60, con squisitezze gastronomiche e salsine varie e novità incredibili per quegli anni: il panino o la tartina al salmone affumicato, oppure ancora miti e leggende come il panino al prosciutto di scimmia, che in realtà non era altro che un prosciuttino di camoscio. Per molti milanesi e non solo questo è il locale migliore dove mangiare un panino.

 

Indirizzo: Via Quadronno, 34

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FABIO MARCOMIN

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I SENTIERI SPONTANEI di Milano

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Indeterminabili nella datazione, i sentieri urbani spontanei sono quei percorsi che le persone, in maniera naturale, trovano senza la guida di nessuno solcando i prati erbosi. Indecisi se sono lì da sempre, oppure se il fenomeno è della notte precedente, i sentieri spontanei sono dappertutto. Grazie al reportage di UrbanFile scopriamo quelli milanesi.

I SENTIERI SPONTANEI di Milano

# Prendere un sentiero con filosofia

Credits: UrbanFile

Innanzitutto precisiamo che parliamo di percorsi cittadini che si trovano su spazi verdi, ovvero tutti quei sentieri che sono nati spontaneamente, laddove le persone hanno iniziato a solcare i prati erbosi. Il costante camminamento ha reso la terra così battuta da impedire la ricrescita dei fili d’erba.
Sono ovunque: nei nostri prati, nei parchi, accanto alle aree commerciali. Alcuni sono lì da sempre, altri sono stati “creati” successivamente alle riqualificazioni urbane.

In linea di massima ci sono tre modi per andare la punto A al punto B. Quello preferito da ognuno, rivela molto anche rispetto la filosofia di vita individuale.

Leggi anche: Passeggiare tra TORRENTI e CASCATE: i 5 percorsi più BELLI e più FRESCHI della Lombardia

# Percorso migliore vs. percorso più veloce

Credits: UrbanFile

Il tracciato in linea retta è il quello migliore?
Non è detto, è senza dubbio il più veloce, quello che permette di risparmiare tempo e fatica, a scapito però di qualcos’altro.
Una traiettoria tortuosa, invece, potrebbe essere a dir poco necessaria a causa di ostacoli sul terreno o altri motivi. Una via sinuosa e tortuosa permette però di ammirare più particolari, la cui vista è preclusa se si va di fretta.

C’è poi la terza filosofia di vita: quella degli urbanisti, paesaggisti cui piace progettare col goniometro le stradine che attraversano i parchi e le aree verdi pubbliche. Questa progettazione, in parte, viene bene. In determinate circostanze può succedere di tutto.

Leggi anche: Il NUOVO SENTIERO tra i VIGNETI a due ore da Milano: l’alternativa “alcolica” al cammino di Santiago

# Traiettorie imprevedibili di Milano

Credits: UrbanFile

Il blog UrbanFile ha raccolto una serie di traiettorie imprevedibili che il cammino dei milanesi ha tracciato in numerose aree verdi. Alcuni nati a dispetto di progetti ambiziosi, come BAM, la Biblioteca degli Alberi.
Perfino nella nuovissima BAM, il frettoloso passo milanese, ha tracciato una scorciatoia da A a B per tagliare fuori un “gomito” creato dagli architetti. Nei pressi del “nuovo centro cittadino” c’è un sentiero di questo tipo in Piazza Einaudi.

La paradossale madre di tutti questi sentieri spontanei sembra essere, a ragion veduta, quella salita dall’aiuola di Piazza Castello e che va al Parco Sempione, passando per il Rivellino del Santo.
Spontaneamente le persone lasciano quell’aiuola per salire verso il Castello Sforzesco, tracciando un sentiero che, sia a piedi che in bici, ha decisamente più senso rispetto a quello che vorrebbe farci fare l’architetto.

All’interno del Parco Sempione, biciclette e camminate hanno tracciato altri sentieri, alternativi ai percorsi principali.

# Sia dentro che fuori dalla circonvalla

Credits: UrbanFile

Questo fenomeno si può trovare sia in centro che in periferia, non è legato ai luoghi più frequentati, è proprio una probabilità universale: le persone si scelgono il percorso migliore, tagliando dal prato.
A volte così sfacciatamente che il Comune ha dovuto sistemare, come nel caso di Ludovico il Moro – nei pressi di San Cristoforo – su un tratto in cui è comparsa una pavimentazione in pietra che permette un riparo dal “picio pacio”.

Credits: UrbanFile

Altri esempi sono in Piazzale Accursio, al Parco di Trenno o a San Siro, al Taliedo, Adriano o Porta Venezia. UrbanFile segnala come pericoloso l’attraversamento che da Viale Brianza spunta in Loreto. La conformazione che assume oggi la viabilità, porta i pedoni a trovare uno sbocco che li espone a rischio di un attraversamento mai considerato, quindi senza tutele. L’auspicio è che – come nel caso del Castello e la sua imminente sistemazione generale – anche in Loreto angolo Viale Brianza, la riqualificazione annunciata sia focalizzata anche a mettere in sicurezza questo punto.

Credits: UrbanFile– Attraversamento Loreto > Viale Brianza

# Vietato calpestare le aiuole

Farbsyinthese by Pixabay

I cittadini che “tagliano” attraverso il prato, non lo fanno per prendersi gioco degli urbanisti, assecondano un istinto atavico di cui i progettisti dovranno tener conto in futuro.

Inutile imporre il percorso da fare a piedi, così come ridicoli divieti a calpestare le aiuole: gli esseri umani hanno creato così tutti i sentieri che poi hanno fatto sviluppare commerci e scambi: percorrendo la via migliore. Questo è capitato camminando a volte in linea retta, il più delle volte quella semplicemente più naturale, che asseconda le imperfezioni del terreno battuto. E a meno che non intervengano ragioni di superstizione, continueranno a fare ciò che è nella loro natura.

Se sembra degrado, è solo da riprogettare meglio, ma chissà cosa succederebbe se si decidesse di unire idealmente tutti questi sentieri spontanei: si vedrebbe il sistema circolatorio di Milano?

Fonte: Blog.UrbanFile.org

Continua la lettura con: I 7 MIGLIORI PERCORSI per CORRERE a Milano

LAURA LIONTI

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Domenica di RELAX: come si dice a Milano?

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L’altra “San Marino”: In Italia c’era la più PICCOLA e LIBERTARIA REPUBBLICA al mondo, senza leggi né tasse

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Ph. repubblicadicospaia IG

L’Italia per più di quattro secoli ha avuto quella che era ed è stata la Repubblica più piccola al mondo. Lo Stato italiano oggi, infatti, oltre ad avere già annessi San Marino e lo Stato della Chiesa, avrebbe potuto contenere un’altra mini-repubblica.

L’altra “San Marino”: In Italia c’era la più PICCOLA e LIBERTARIA REPUBBLICA al mondo, senza leggi né tasse

# L’indipendenza per errore

Credits: @bella_umbria
Cospaia

Si sta parlando di un paese che oggi, non solo non ha più la sua indipendenza, ma addirittura è ridotta a una frazione. È la frazione Cospaia del Comune di San Giustino, in provincia di Perugia, Umbria.

Quello che non tutti conoscono, oltre a volte a non sapere della sua esistenza, è che Cospaia ha ottenuto l’indipendenza per errore. Nel 1441, Papa Eugenio IV, impegnato nella lotta con il Concilio di Basilea, avrebbe dovuto cedere il territorio di Sansepolcro alla Repubblica di Firenze, ma nel trasferimento di proprietà si è dimenticato una strisciolina di terra: Cospaia. I suoi abitanti non hanno esitato neanche un attimo e hanno subito dichiarato la loro indipendenza facendo nascere il più piccolo Stato Indipendente. La Repubblica di Cospaia era abitata solo da 350 anime che, fino al 26 giugno 1826, si governarono da sole.

# Uno Stato senza leggi e senza tasse

 
Ph. fedoro95 IG

3km di lunghezza per 500m di larghezza, una Repubblica così piccola che l’indipendenza dichiarata dai suoi abitanti non destò alcun problema ai due stati, lo Stato Pontificio e la Repubblica di Firenze, che erano in guerra. Gli abitanti erano solo 350 e per questo motivo non sentivano la necessità di emanare leggi o introdurre un tribunale. C’era solo un gruppo di saggi e anziani che decideva le questioni interne. In più, il non avere particolari leggi, favoriva il commercio anche di merci vietate in altri stati, ad esempio il tabacco, tanto che alcune vie del paese si chiamano ancora sentieri dei Trafficanti. Qui non c’erano neanche tasse, dazi e gabelle da pagare.

# Il Papa pone fine all’indipendenza 

Credits: @zorbaegreco
Cospaia

Nel 1826 la Repubblica di Cospaia fu annessa allo Stato Pontificio perdendo la sua indipendenza e il record di essere la Repubblica più piccola al mondo. Ma ancora oggi i suoi abitanti ricordano questo particolare momento della storia del loro paese. Alcuni reperti che testimoniano la storia della Repubblica Cospaia sono infatti conservati nel Museo del Tabacco a San Giustino.

La Repubblica di Cospaia: dove si trova
La Repubblica di Cospaia: dove si trova

Continua la lettura con: E se chiedessero l’INDIPENDENZA? Le 7 possibili NUOVE “San Marino” d’Italia

BEATRICE BARAZZETTI

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Le 7 PIAZZE più BRUTTE di Milano

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Credits atir_teatroringhiera IG - Piazzale Fabio Chiesa Milano

Negli ultimi anni a Milano si sta assistendo a importanti riqualificazioni e miglioramenti a livello estetico di vie e piazze. Molti interventi però non sono affatto riusciti, mentre diversi luoghi avrebbero bisogno urgente di una trasformazione radicale. Ecco le piazze più brutte in città.

Le 7 PIAZZE più BRUTTE di Milano

#1 Piazzale Porta Genova

Credits paolavignelli IG – Piazzale Stazione Porta Genova

L’urbanistica tattica avrebbe dovuto ridare più dignità a una delle piazze peggio tenute della città, quella di fronte alla stazione di Porta Genova. La creazione di una piccola area pedonale, con disegni colorati di vernice sull’asfalto e vasi con piante a delimitarne il perimetro, non solo non ha migliorato l’estetica del piazzale ma ha reso il traffico della zona un inferno.

 

Leggi anche: Delirio in PORTA GENOVA: il disastro viabilistico

#2 Piazzale Cantore

Credits maritzaromero1234 IG – Piazzale Cantore

Piazzale Cantore più che una piazza è uno snodo viabilistico intricato, senza una logica nemmeno dal punto di vista dei materiali utilizzati. In parte asfalto, in parte pietra, con auto parcheggiate spesso in doppia o tripla fila e tag diffuse sulle pareti dei palazzi circostanti. Uno spettacolo per nulla edificante per un luogo a pochi passi dalla Darsena.

 

Leggi anche: La proposta di UrbanFile per RISOLLEVARE la DARSENA dal degrado

#3 Piazzale Selinunte

Credits ellefilios IG – Piazzale Selinunte

Oltre a essere una delle piazze più brutte di Milano, Piazza Selinunte è una tra le più pericolose di Milano. Si trova infatti al centro del “quadrilatero dell’illegalità“, il quartiere popolare di San Siro con marcata presenza di immigrati, dove furti, spaccio e rapine sono frequenti. Non è tanto la piazza in sé ad essere inguardabile, quanto gli edifici attorno: scrostati, sporchi e pieni di graffiti.

 

#4 Piazzale Ferrara

Credits Andrea Cherchi – Piazzale Ferrara

Una sorta di luogo irrisolto e senza identità. Piazzale Ferrara con il mercato comunale al centro circondato solo da asfalto, oltre alle case popolari occupate o in attesa di riqualificazione che vi affacciano, è tra i più brutti della città. A questo si aggiunge il fatto che la zona è spesso al centro della cronaca nera, con risse, accoltellamenti e talvolta omicidi, di certo una piazza poco piacevole da frequentare.

 

Leggi anche: Le 7 ZONE di Milano dove ci sentiamo più in PERICOLO

#5 Piazzale Fabio Chiesa

Credits atir_teatroringhiera IG – Piazzale Fabio Chiesa Milano

Piazzale Fabio Chiesa è una distesa di asfalto, sul retro dello stabile del Teatro Ringhiera e dell’ufficio Anagrafe della zona 5, che è stata ravvivata recentemente con la vernice gialla e alcuni cerchi di colori blu. L’intervento, che ha visto l’inserimento di piante e alberelli in vaso nello spiazzo limitrofo, non ha portato a un miglioramento sensibile di questa piazza sopraelevata anche per il brutto contesto in cui è inserita.

 

#6 Piazzale Cuoco

Piazzale Cuoco

Piazzale Cuoco è tristemente famoso per il mercatino di oggetti rubati, più volte sgomberato e poi riapparso, in una vicina area privata che si estende a ridosso di viale Puglia. Una brutta immagine per chi arriva a Milano da sud.

 

#7 Piazza Gino Valle

Credits zubackis IG – Piazza Gino Valle

Piazza Gino Valle è la più grande di Milano anche se resta emarginata tra le novità urbanistiche degli ultimi venti anni per due ragioni. La prima è quella di essere un “non luogo” o comunque una zona di passaggio, servendo solo le aziende circostanti e le persone dirette al parco del Portello, la seconda è quella di essere un’enorme distesa di mattonelle in pietra senza nemmeno una piccola aiuola o qualche arbusto a fare ombra e rinfrescare durante l’estate e a renderla meno asettica. 

 

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FABIO MARCOMIN

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Il “BAR più BELLO d’ITALIA”

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Credits denendasanna IG - Atelier Canova Tadolini

In questo bar si può sorseggiare un drink o prendere un caffè circondati da un’atmosfera unica al mondo. Ecco dove si trova e la sua curiosa storia.

Il “BAR più BELLO d’ITALIA”

# Il Bar-Museo nel centro di Roma

Credits italy_on_my_mind IG – Atelier Canova Tadolinj

Nel cuore di Roma c’è un bar/ristorante che è anche museo. Aperto tutti i giorni dalle 8:00-20:00, tranne la domenica, nel ristorante Atelier Canova Tadolini si può prendere un caffè, un aperitivo o pranzare circondati da calchi pregiati, bassorilievi fantastici e statue frutto dell’arte scultorea di Canova e del suo allievo prediletto. In uso fino alla fine degli anni ’60, questo locale all’angolo di Via del Babuino e Via dei Greci, ha riaperto nel 2003 dopo 25 anni di chiusura.

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# Un tempo fu l’atelier di Canova

Antonio Canova, ormai all’apice della sua fama europea, firmava nel 1818 il contratto di locazione del suo “studio di uso di scultura” a favore del promettente allievo Adamo Tadolini. In questa zona di Roma tradizionalmente animata dalle botteghe degli artisti, Canova scelse Tadolini come unico erede spirituale, affidandogli numerosi incarichi e concedendogli di riprodurre le sue opere più celebri.

Fino al 1967 l’Atelier è rimasto in possesso di quattro generazioni di scultori appartenenti alla famiglia Tadolini prima di diventare un luogo unico, capace di coniugare due arti, del cibo e della scultura.

 

Continua la lettura con: Il SUPERMERCATO più BELLO d’Italia

FABIO MARCOMIN

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Le 7 ZONE più SOTTOVALUTATE d’Italia

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Credits: @baia.domizia Baia Domizia

7 zone tra le meno conosciute e apprezzate d’Italia. Ma sono davvero così male? Vediamole insieme, selezionando per ognuna un centro abitato “simbolo” di questo anonimato.

Le 7 ZONE più SOTTOVALUTATE d’Italia

L’Italia, lo sappiamo a memoria, è un paese straordinario. La sua ricchezza però, risiede principalmente nell’unicità delle tante, varie parti che la compongono. Le Italie sono circa mille, e il localismo dovrebbe essere la spinta maggiore per promuovere il paese, senza pretendere l’impossibile, ossia che Crotone sia la stessa cosa di Belluno. Anche le zone che abbiamo evidenziato in questo articolo sono senz’altro degne di un’esplorazione e di una promozione turistica con tutti i crismi. Se avete voglia di fare un weekend diverso dal solito, potete dar loro una chance: siamo certi che, come quasi sempre accade in questo paese, ne resterete affascinati. Partiamo dunque per questo viaggio in Italia al contrario!

#1 La bassa Valle d’Aosta e la corsa di bighe

Credits: @_matterchef
pont saint martin

Al di là del Forte di Bard, eccellenza di prim’ordine anche per via delle esposizioni temporanee che vi si svolgono, oltre all’atmosfera molto da “Dove osano le aquile” (spettacolare film britannico del 1968), la bassa Valle d’Aosta rimane essenzialmente una porta d’ingresso nella regione. L’atmosfera generale è un po’ slavata, caratteristica questa comune a tutti gli avamposti, con le case che a volte ancora echeggiano quelle del Piemonte. Simbolo di questa condizione potrebbe essere la località di Pont-Saint-Martin, quella per la quale la nostra meraviglia si attiva, arrivando in auto, realizzando per la prima volta un toponimo in francese.

Qui c’è tanto da vedere, in realtà, a cominciare dal vecchio ponte romano che le ha dato il nome, per continuare con le rovine romantiche di un Castello sulla rupe. Per Carnevale, gli otto quartieri organizzano una corsa di bighe, indice di grande fervore locale. E nei negozietti di passaggio per raggiungere la località sciistica di Gressoney troverete in abbondanza uno dei vanti gastronomici della zona, il lardo d’Arnad. Fatevi fare un panino e partite per un viaggio nella storia, tra vigneti secolari, castagneti, vallate incontaminate e ricche di fascino, vestigia medievali, tradizioni e sapori senza tempo.

#2 L’Alessandrino e la Cittadella Militare di valore mondiale

Credits: @voltoandre68
Alessandria

Non stiamo parlando qui del Monferrato con tutte le sue eccellenze enogastronomiche riconosciute persino dall’UNESCO, un territorio di una bellezza impressionante, suddiviso tra le coltivazioni di viti e quelle di riso, dove cittadine e piccoli borghi creano panorami splendidi. L’area che risulta priva di un vero mordente è quella di pianura, attorno a insediamenti di passaggio e zone artigianali che poco hanno da aggiungere al nulla che può esprimere nelle sue pieghe peggiori la Pianura Padana. Scegliamo di assegnare la palma della località simbolo di questo anonimato immeritato proprio alla città capoluogo di provincia, Alessandria.

Riemersa dagli anni d’oro del calcio perlomeno con una presenza in serie B, potrebbe utilizzare anche il pallone come volano per un’economia turistica assolutamente da rilanciare. La città in realtà ha davvero tanto da offrire, in un’immagine generale elegantemente sobria di piazze larghe, a cominciare dalla Cittadella Militare, che è addirittura una delle principali al mondo per importanza. E poi, come da tradizione italica, c’è una pletora di architetture civili e religiose dei secoli passati, che potrete gustare inframmezzati magari da un piatto di rabatòn, rotolini di spinaci, ricotta ed erbette, bolliti in acqua calda e successivamente gratinati al forno con formaggio, burro e salvia.

#3 L’Entroterra Ligure di Levante: Santo Stefano

Credits: @chiaracmp14
Santo Stefano d’Aveto

L’immaginario classico di questa regione così particolare non può prescindere dalla sua costa, con le sue case colorate, i borghi conservati, le spiagge affollate, i carrugi dove degustare una favolosa focaccia al formaggio appena uscita dal forno. Come convive con questo stereotipo che non può soddisfare del tutto la zona interna della regione? In particolare, a levante (est), visto che a ponente (ovest) ci sono attrazioni di prim’ordine, come Cervo e Dolceacqua, senza considerare la “San Marino che non ce l’ha fatta” di Seborga. Ecco, in questa zona solo di attraversamento con i suoi caselli autostradali di località che nessuno ha mai sentito nominare, c’è anche Santo Stefano d’Aveto.

Mille abitanti appena al centro di una valle secondaria. Eppure, lo scenario è grandioso, dominato dal profilo del Monte Groppo Rosso, una delle più iconiche emergenze di tutta la catena degli Appennini. C’è un Castello, come ci si aspetterebbe, c’è anche una splendida chiesa in stile neogotico toscano che racconta la storia di un quadro che era presente sulle navi della battaglia di Lepanto. Andiamoci a sciare un weekend d’inverno (se aprono le piste), capiremo perché il comune sia stato insignito della Bandiera arancione dal Touring Club Italiano, dato che anche la Liguria, oltre i luoghi comuni, sa essere particolarmente ricettiva.

#4 Il Valdarno Superiore

Credits: @comunesangiovannivaldarno FB
San Giovanni Valdarno

Abbiamo voluto inserire in questa raccolta di destinazioni da rilanciare anche un territorio appartenente alla lanciatissima regione turistica della Toscana, proprio per dimostrare che un certo malessere comune da località fuori dai circuiti turistici colpisce persino qui, a pochi chilometri dal Casentino con i suoi famosi castelli e santuari e dalla Chiantigiana con tutta la sua poesia di paesaggi e vigneti. Eppure, anche in questa valle il sabato si porta appresso una settimana intera, nei bar di paese dove l’architettura mantiene le sue origini DOP nonostante in molte guide turistiche non sia nemmeno segnalata, se non per il suo ruolo di crocevia fondamentale d’Italia con i suoi caselli autostradali.

Battezziamo San Giovanni Valdarno per cominciare ad apprezzare questo lembo dimenticato, sorprendendoci subito alla vista della Basilica di Santa Maria delle Grazie, che ha questo appeal da basilica minore davvero originale, con una facciata che sembra quella di un palazzo, a fare da quinta a una splendida piazza toscana. Nel museo interno potremo ammirare un’Annunciazione del Beato Angelico del 1432, seconda di una serie di tre grandi tavole sullo stesso soggetto del maestro (le altre sono a Cortona e al Prado di Madrid, per dire).

#5 La Montagna Laziale: la Ponza di Montagna e la Villa di Traiano

Credits: @arcinazzo_turismo
Arcinazzo Romano

Il Lazio non ha mai potuto imporsi come destinazione turistica, soverchiato a dir poco dall’abbagliante bellezza del suo capoluogo, la capitale d’Italia. Ma se le necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia, l’architettura del regime di Latina o i borghi di mare come Sperlonga e Gaeta conquistano sempre il loro meritato flusso di turisti, la stessa cosa non si può dire per le zone di montagna, che non sono propriamente le Dolomiti, e che possono ambire al massimo a qualche escursione “mordi e fuggi” in giornata. Qui, tra tutti i comuni della Valle dell’Aniene, ci fermiamo a visitare per primo Arcinazzo (Romano), la Ponza di Montagna, poiché la località fino al Regno d’Italia poteva vantare un’omonimia con l’isola (a sua volta poco valorizzata) del Tirreno sempre laziale.

Data la vicinanza con Roma, non sorprende trovare qua una Villa di Traiano, residenza estiva dell’Imperatore Traiano, dove ci possiamo perdere con l’immaginazione, immersi nello scenario naturale degli Altipiani di Arcinazzo, alle falde del Monte Altuino, tra le acque pregiate del fiume che erano considerate le più buone e salubri dell’antichità. Veniamo qui in autunno, magari, per partecipare alla famosa festa del marrone, oppure semplicemente per un lonzino o un altro dei salumi tipici della tradizione ciociara da annaffiare con il vino Cesanese DOC, che è stato premiato alle fiere del settore sia a Bruxelles che a Parigi.

#6 Il Basso Tavoliere delle Puglie

Credits: @professionecasasansevero
San Severo

Anche in questa zona che si studia a scuola e poi più, situata nella vecchia Capitanata, non mancano in realtà mete turistiche importanti come le saline di Margherita di Savoia, che già profumano di Gargano, oppure tutti quei borghi arroccati ai confini con la Daunia: da Lucera a Troia, da Ascoli Satriano a Bovino. Restando invece nel territorio pianeggiante della provincia foggiana, incontriamo, tra insediamenti un po’ destabilizzati dai troppi muretti a secco dell’ecosistema agroalimentare, il popoloso centro abitato di San Severo, che, paradossalmente, è insignito della nomea di città d’arte nel silenzio generale.

Non scherziamo, qui c’è addirittura un teatro all’italiana, il bellissimo Giuseppe Verdi, costruito nel 1937 in stile neoclassico. Ma la traccia più evidente l’ha lasciata l’epoca barocca, con un numero impressionante di chiese (niente di strano che il folclore locale sia pieno di feste religiose), in aggiunta al monumento nazionale medievale della Matrice di San Severino, risalente addirittura all’undicesimo secolo. Ricordiamoci anche che in questi paesi pugliesi vale sempre la pena attardarsi un po’, magari proprio in un negozio tipico, a comprare olio e pasta fresca di qualità.

#7 Il Litorale Domizio e la bufala campana

Credits: @baia.domizia
Baia Domizia

La più grande eccellenza di questa terra è un prodotto di esportazione, la Mozzarella di Bufala Campana DOP, che ancora non riesce, da sola, a fare da traino per rilanciare il turismo nel tratto di costa tirrena che omaggia la via Domiziana, grande opera realizzata dall’omonimo imperatore nel 95 d.C. dal fiume Garigliano fino a Pozzuoli. Questa è anche la zona (anonima) dove fu girato Dogman (a Villaggio Coppola, frazione di Castel Volturno), il film di Garrone che con una splendida fotografia riusciva a rendere un posto spettrale incredibilmente affascinante. Anche se non siamo cineasti, possiamo in ogni caso dare una chance di ripresa al simile insediamento di Baia Domizia, una località turistica balneare (frazione di Sessa Aurunca), immersa nel verde della macchia mediterranea, costruita come luogo utopico negli anni ’60, a partire da un primo villaggio vacanze impiantato direttamente sul bosco dove gli antichi romani pensavano abitassero le ninfe.

Le acque e l’arenile finissimo sono l’ideale per una vacanza con i più piccoli, che non sarà troppo dissimile qui da come la si potrebbe trovare in destinazioni prese d’assalto fino all’ultimo ombrellone. Le stagioni della storia, si sa, sono cicliche, e con tanto lavoro e tanta promozione, un giorno potrebbe persino tornare il jet set che agli esordi mise per breve tempo questa località sull’atlante dei posti cool.

Continua la lettura con:I 7 QUARTIERI più MALFAMATI d’Italia

LORENZO ZUCCHI

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Quando a Milano si andava allo ZOO

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Se è vero che Milano può essere sempre stata considerata all’avanguardia e antesignana di mode e tendenze nel nostro paese e, per certi versi, anche in Europa, questo trova conferma in un passato non più recentissimo, di cui molti milanesi under 40 non hanno alcuna memoria. Ebbene sì, amici lettori. Anche Milano, come importanti metropoli mondiali, aveva il proprio zoo urbano.

Quando a Milano si andava allo ZOO

# Le animali star

Il giardino zoologico di Milano, sistemato in un’area dei Giardini di Porta Venezia che ben si addiceva a passeggiate di famiglie con bambini, era stato progettato poco prima dell’avvento del fascismo e realizzato nel 1923 e, come per buona parte delle attrazioni italiane, crebbe come numero di visitatori solo negli anni del boom economico del secondo dopoguerra.

Fra gli animali più celebri di cui si può avere memoria c’erano ad esempio l’elefante a cui spietati inservienti facevano indossare un paio di grossi occhialoni, costringendolo a fare esercizi che attiravano gli sguardi e gli applausi dei presenti. Oppure la giraffa che si abbassava per prendere le noccioline che erano poste sul palmo della mano (e che lei volentieri prendeva, nonostante i cartelli con il divieto di nutrire gli animali) per non parlare dello schiamazzo e dei salti che facevano le scimmie.

Assistere alla velocità con cui si prendevano tutto quello che gli porgevi, portandoselo rapidamente sul tronco di un albero per consumarselo, era uno spettacolo unico. Fra molti animali, quello che ha sempre fatto più tristezza era il leone, chiuso solitario in una modesta gabbia di ferro.

Credits: Altra Milano pinterest.com

Leggi anche Angelo MAZZONE: “Nella mia Milano costruirei il più GRANDE PARCO FAUNISTICO d’Europa, una giungla piena di animali” 

# Ricordi d’infanzia

I ricordi che ho dello zoo di Milano (nei Giardini poi ribattezzati e intitolati Indro Montanelli) risalgono alla fine degli anni ’80: come ogni bimbo dell’epoca sono aneddoti che non posso dimenticare, dato che da bambino non potevo certo riconoscere l’ingiustizia e la crudeltà del vedere animali in gabbia, lontani migliaia di chilometri dalle loro terre d’origine. Molti, poi, hanno fatto una fine ancor meno nobile. Ad esempio oggi Bombay, l’elefante con gli occhiali, è esposta imbalsamata al Museo di Storia Naturale in un diorama che la ritrae in un suo fittizio habitat. Bombay è morta nel febbraio del 1987, poco prima del definitivo smantellamento dello Zoo di Milano che, appunto, venne disinstallato  per reparti.  Sino alla completa chiusura risalente al 1992.

Credits: pexels.com

Leggi anche Una città da ROMANZO: MILANO nei LIBRI 

# “Stai guardando l’animale più pericoloso al mondo”

Pian pianino, nel mondo, gli zoo urbani sono stati chiusi e, esattamente come i circhi di animali, stanno subendo la giusta stretta delle autorità e delle associazioni in difesa degli animali (almeno nei paesi più sviluppati) per evitare che questi siano drogati, maltrattati e cresciuti in cattività. Curioso è il caso di New York, dove lo zoo fu costruito nel cuore di Central Park nel lontano 1851 ed, eccezion fatta per un quinquennio a inizio anni ’80, è rimasto sempre aperto e lo è tuttora.

Ma ancor più significativo, in uno sporco (è proprio il caso di dirlo) tentativo di lavarsi la coscienza, alla fine di uno dei numerosi percorsi per conoscere specie animali in un altro zoo di New York (quello del Bronx, installato nel 1899 e anch’esso ancora aperto) c’era negli anni ’60 ancora una celebre iscrizione su marmo, poi rimossa, che aveva tutta l’aria di essere un avvertimento finale ai visitatori e che recitava minacciosamente: “Stai guardando l’animale più pericoloso al mondo. Solo lui tra tutti gli animali mai vissuti può sterminare (e lo ha fatto) intere specie. Adesso ha acquisito il potere di spazzare via tutta la vita sulla terra”. Nulla di strano, penserete voi. Se non fosse che, sopra tale iscrizione, non c’era alcuna gabbia o animale esposto. Bensì uno specchio gigante.

Credits: booking.com

Continua la lettura con Un GIARDINO su ogni FERMATA dell’autobus. Un’idea anche per Milano? 

CARLO CHIODO

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