Credits francesco ungaro-unsplash - Diamantone Porta Nuova
Se si venisse catapultati in questi luoghi senza sapere di essere a Milano si potrebbe credere sul serio di trovarsi altrove. Ecco i posti dove si può provare questa sensazione.
10 POSTI di Milano dove NON SEMBRA di essere a Milano
#1 Piazza Sant’Alessandro, un angolo di Roma a Milano
Piazza Sant’Alessandro è un angolo di Roma in città, un gioiello incastrato tra Piazza Missori e Via Torino, a cui si arriva in un labirinto di vicoletti. Il nome della piazza è dovuto alla chiesa barocca omonima, tra le più belle di Milano. Poco lontano da qui un pezzo dell’Università Statale, culla della cultura umanistica.
#2 Il villaggio operaio di via Lincoln, la Notting Hill o la Burano milanese
Credits: @solynou IG
Il villaggio operaio di via Abramo Lincoln, un quartiere di case progettate e pensate nell’Ottocento da una cooperativa edilizia per gli operai e ferrovieri della fu stazione di Porta Tosa. La caratteristica di questo quartiere sono le variopinte villette colorate, da cui il soprannome di quartiere arcobaleno, che richiamano le atmosfere inglesi di Notting Hill o quelle di Burano, l’isola veneziana.
#3 Citylife e Porta Nuova, dove Milano sembra New York
City Life e Porta Nuova
Passeggiando tra il verde del nuovo parco dove un tempo sorgeva la vecchia fiera milanese o nei vialetti della Biblioteca degli Alberti si ha l’impressione di essere a New York. I grattacieli che arrivano a superare anche i 200 metri d’altezza a Citylife e a Porta Nuova sovrastando tutto il resto danno l’idea di trovarsi in un piccolo Central Park.
#4 Parco delle Cave, la campagna in città
Credits: instagram @moni.bigh
Nel Parco delle Cave, tra i più grandi di Milano, sembra di essere in aperta campagna. Al suo interno sono presenti 3 “grandi laghi”, alcuni dove si può praticare la pesca sportiva, e sono custodite due antiche cascine, Cascina Linterno e Cascina Caldera. Una vera oasi naturale in cittàricca di vegetazione autoctona e di fauna quali anfibi, rettili, uccelli, conigli ed addirittura volpi.
Nella periferia ovest della città si trova forse il borgo, oggi quartiere, meglio conservato di Milano: Baggio. Entrandovi sembra di venire catapultati in un’altra epoca. Di grande rilevanza è la millenaria Cascina Linterno, costruita intorno al 1154, che deve gran parte della sua fama a Petrarca. Baggio è famoso per il detto milanese ‘Va a Bagg a sunà l’orghen’ che si riferisce alla presenza dell’”organo più celebre di Milano”, dipinto nella chiesa vecchia di Sant’Apollinare, dato che la chiesa non aveva potuto permettersene uno vero per mancanza di fondi.
#6 A Brera sembra di essere a Parigi
La statua di Napoleone Bonaparte al centro del cortile d’onore del Palazzo di Brera
A Brera il traffico lungo il perimetro di questo quartiere scompare e lasciando spazio a luoghi romantici di sera e pieni di fascino durante il giorno. Qui si respira un’atmosfera parigina, con case antiche ed eleganti, locali e negozi che si possono trovare solo tra le vie acciottolate di questo splendido quartiere.
#7 Villa Invernizzi e i suoi fenicotteri rosa del Sudamerica
Fenicotteri a Villa Invernizzi – foto di andrea cherchi (c)
In Porta Venezia, attraverso i cancelli di villa Invernizzi, si può vedere una famiglia di dodici esemplari di fenicotteri rosa. Importati qui dal Sudamerica negli anni ’70 da Romeo Invernizzi proprietario dell’omonima fabbrica, vivono all’interno della villa accuditi da 70 ricercatori regalando ai passanti “un’atmosfera tropicale.”
Il fascino dei Navigli milanesi è conosciuto in tutto il mondo. A ben vedere però, camminando nelle vie che fiancheggiano i canali e osservando le case colorate che vi affacciano sembra di essere stati catapultati altrove, aCopenaghen o ad Amsterdam.
#9 La “casa olandese” di via Poerio
Casa 770
La casa “olandese”, al numero 35 di via Carlo Poerio, soprannominata così per le linee architettoniche che richiamano le abitazioni dei Paesi Bassi. Non è questa però l’unica particolarità di quest’abitazione. Si tratta infatti di una dei dodici esemplari presenti in tutto il mondo che riproducono la “casa 770” edificio dell’Eastern Parkway di Brooklyn in America. Quella milanese è l’unica in Europa, punto di riferimento per la comunità ebraica.
#10 Le ville Tudor, la Baviera a Milano
Credits: @pari.silvia IG – Ville Tudor
Nel quartiere di via Giambologna, nel sud della città, si trovano due ville con le facciate a grate di legno e i tetti spioventi con uno stile che ricorda il medioevo del nord Europa, quello delle favole di Hansel e Gretel. Sono state edificate intorno al 1920, a quanto pare da un coppia tedesca che ha deciso di ricreare le abitazioni tipiche della Baviera a Milano.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Due nazioni, o meglio: 4 regioni di due nazioni diverse, condividono un unico territorio e un’unica popolazione. Vediamo dove si trova e fino a che punto può spingersi la “ragion di stato”.
Il paesino con la DOPPIA NAZIONALITÀ
# Exclave o enclave?
Credits: @andreaskraneis IG
Un lembo di terra svizzera, di 680 metri, si insinua in territorio svizzero, generando a Büsingen am Hochrhein le condizioni uniche, che fanno di questo paesino di 1.500 abitanti, un’enclave tedesca in Svizzera… o un’exclave elvetica in Germania.
Büsingen si trova sulle rive del fiume Reno. Burocraticamente appartiene al Lander Baden-Württemberg, quindi Germania. I confini di ben tre cantoni svizzeri si allungano fino al Reno, proprio in quel punto, quindi Büsingen confina anche con i cantoni Zurico, Turgovia e Sciaffusa.
Gli “interessi di stato” che si manifestano in questi poco più di 7 Km², rendono Büsingen una cittadina di confine molto particolare. In effetti il caso andrebbe studiato, nel tentativo di cancellare i torti e gli orrori che la storia ha commesso, e dare finalmente ascolto al desiderio della popolazione.
La quotidianità a Büsingen è una faccenda complicata. I suoi cittadini sono vincolati alle leggi della Germania ma, per una serie di vicissitudini storiche, il territorio si trova sottoposto al diritto economico svizzero.
Il diritto svizzero si applica all’agricoltura, ai reati di droga, per la celebrazione dei funerali e in materia di ristorazione.
La giurispridenza tedesca, di contro, si applica ai matrimoni, alla costruzione edile, ai reati di furto e riciclaggio.
Per la burocrazia la valuta ufficiale è l’Euro, ma in realtà a Büsingen circolano i Franchi svizzeri. Il doppio standard crea problemi alla qualità della vita dei cittadini: il costo della vita è paragonabile a quello svizzero, mentre gli stipendi, le fluttuazioni valutarie e le imposizioni fiscali, sono del tutto paragonabili a quelli della zona Euro. Il dubbio inizia a farsi davvero amletico, non trovate?
# Il doppio codice postale e la targa automobilistica speciale
Credits: @edumolinanfossi IG
Eppure a prima vista nulla sembra distinguere questo villaggio dal resto degli insediamenti circostanti. Sembra di stare in uno qualunque dei paesini svizzeri del canton Zurigo, o Sciaffusa. Entrando in paese però, alcuni dettagli mettono subito in guardia che non ci troviamo in un posto come gli altri. D-78266 e CH-8238 campeggiano in cima all’ufficio postale, che porta le insegne della Deutsche Post, ci dicono che a Büsingen ci sono due codici di avviamento postale, uno per nazione. Meno male che i tre Cantoni svizzeri si sono accontentati di essere rappresentati dal solo 8238, altrimenti chissà che mal di testa per il postino.
Una linea tratteggiata su un terrazzo, delinea il confine tra le due nazioni e, soprattutto, vistose insegne gialle all’interno del territorio comunale, avvisano veicoli e pedoni che si sta per sconfinare, da o verso l’Unione Europea.
A proposito di auto: i cittadini di Büsingen hanno una targa tutta speciale, “BÜS-A”, che avvisa gli agenti di confine che un cittadino tedesco si sta recando in Germania a far la spesa.
La situazione che vige a Büsingen am Hochrhein, è figlia della complicata storia dell’Europa di epoca prussiana e austrica, complicata da un rapimento e riscatto.
Nel 1695 Eberhard Im Thurn, feudatario di Sciaffusa, fu rapito durante un conflitto con l’Austria Anteriore. Con la sua cattura e la perdita di libertà, perse anche i diritti di regnare sul “proprio” territorio. Il riscatto chiesto per liberare Eberhard, fu ingente, ma a colpi di decine di migliaia di fiorini, la Sciaffusa riacquistò in seguito i diritti sui territori. Tranne Büsingen, che l’Austria tenne per sé a imperitura memoria “per il fastidio recato“.
Le vicissitudini storiche delle guerre in Europa, che hanno decretato la scomparsa della Prussia e il ridimensionamento dell’Impero Austriaco, hanno lasciato intatto il confine tracciato “per fastidio”, che si trascina come tale fino ad oggi.
Credits: bazgadmin.ch – Murale sul Municipio di Büsingen
Nel 1918 i cittadini hanno dichiarato, con un referendum, la volontà di aderire alla Svizzera.
Numerosi colloqui diplomatici internazionali, hanno fallito questo obiettivo e si sono interrotti nel 1956. L’unico topolino che è riuscito a partorire questa montagna diplomatica, è un accordo entrato in vigore nel 1967, una specie di sgorbietto che trasforma Büsingen in un’enclave tedesca della Sciaffusa e, contemporaneamente, in un’exclave cantonale del Baden-Württemberg.
Riuscite ad immaginare cosa può essere stata la vita da queste parti, durante la pandemia, quando i confini tra gli stati erano chiusi ed ogni nazione ha adottato le proprie regole nel tentativo di contrastare un virus respiratorio?
Immaginate l’odissea di cittadini tedeschi, che non possono recarsi dalla Germania alla Germania per fare la spesa, perché dal 1695 nessuno ha mai messo a posto quel confine con un vero trattato di buon senso internazionale? Nel 2020 Büsingen am Hochrhein si è trovata in una situazione che rasenta il ridicolo. Solo l’intervento del Sindaco, insieme alle proteste dei cittadini, hanno potuto mettere fine al paradosso. Ma con regole ancora più ridicole, come quella che ha imposto ai cittadini di Büsingen di attraversare le proprie strade “a turno”.
Nel 2022 è arrivato il momento di analizzare con onestà queste situazioni estreme, quelle che stanno seriamente portando alla luce tutti i paradossi della burocrazia, per dare finalmente ascolto ai cittadini ed accontentare la loro volontà
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Piramidi, grandi costruzioni egizie testimoni dell’architettura antica. Forme e figure così simboliche da essere diventate un must anche nelle costruzioni moderne. È diventata famosa la piramide di vetro del Louvre, l’hotel a piramide a Dubai o quello della sventura in Corea del Nord. Non tutti conoscono però, forse, le piramidi di Amsterdam. Architetture monumentali che si stagliano in un quartiere della città. Impossibile dire che non si notino, ma allo stesso tempo potrebbero essere di discutibile gusto, come potrebbero essere definite? Una fonte d’ispirazione per archistar o oscenità urbana?
Le PIRAMIDI di AMSTERDAM: d’ispirazione per Milano oppure oscenità urbana?
# Un complesso residenziale monumentale
Credits: @very_well.nl De Piramides
Progettate da Sjoerd Soeters, il complesso De Piramides si trova nel West District della capitale olandese, direttamente opposto all’ex Mercato Centrale oggi Food Center Amsterdam. Completato nel 2007 e iniziato 4 anni prima, De Piramides è un complesso di due piramidi uguali, ciascuna di 55 metri, che contiene 82 appartamenti, le piramidi sono infatti edifici residenziali.
Credits: @esdevee De Piramides
Entrambe sono strutture di 11 piani, con un dodicesimo piano che consiste in una torre divisa in due, oltre ad ospitare appartamenti, al piano terra si trovano un asilo nido e una galleria. Ai lati degli edifici, poi, ogni appartamento dispone di una terrazza, più si sale verso l’ultimo piano più le terrazze regalano viste panoramiche, e dietro le piramidi c’è uno spazio comune e posti auto.
# Un omaggio alla tradizione olandese
Credits: @pohod_na_vetrenjace De Piramides
Ora la domanda rimane la stessa, questi edifici sono esempi di architettura contemporanea ben riuscita oppure oscenità? Con la premessa che l’arte e l’architettura possono essere molto soggettive, le Piramidi di Amsterdam vogliono essere un omaggio all’antichità ma anche alle particolarità architettoniche della città. De Piramides sull’isola di Marcanti ad Amsterdam non si riferiscono infatti solo alle meraviglie egiziane del mondo, ma anche ai frontoni a gradini della capitale olandese e al triangolare dell’isola di Marcanti.
Credits: @govisagod512 De Piramides
Il complesso De Piramides non si può dire non sia impattante: tra un insieme di case pressoché simili svettano queste due piramidi monumentali. Se questo era parte dell’intento dell’architettura allora missione compiuta. Ad ogni modo valutare un’architettura senza sapere il perché è stata costruita e perché in quel modo non è facile, quindi il giudizio spetta all’osservatore in base a quello che le Piramidi gli comunicano quando le vede. Quindi De Piramides possono essere d’ispirazione anche per Milano o rappresentano una oscenità urbana da escludere alle nostre latitudini? Alla soggettività e sensibilità di ognuno l’ardua sentenza.
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Brucia ancora l’eliminazione dai mondiali dell’Italia a opera della Macedonia del Nord. Quando il presente non soddisfa si rievoca il passato, torniamo dunque a quei tempi in cui per vedere l’Italia si doveva per forza andare allo stadio quando giocava a Milano.
Quando se l’ITALIA giocava a SAN SIRO non si vedeva in TV a Milano
# Gli albori del calcio in TV: Juventus – Milano 1-7
E’ doveroso ricordare la prima partita trasmessa da una televisione in Italia: era il 5 febbraio 1950 e Juventus-Milan finì con un sonoro 1-7. Trasmessa sul primo canale della RAI, allora non ancora RAI1, fu commentata da Carlo Bacarelli. Si trattò di un vero esperimento, infatti venne filmata in presa diretta grazie alle telecamere dei Vigili del Fuoco e trasmessa in differita solo nella zona di Torino per i pochi fortunati possessori di un apparecchio televisivo.
# La prima partita trasmessa della nazionale: Italia – Egitto
L’11 Ottobre 1953 vide la nascita una trasmissione storica, “La domenica sportiva”. Il calcio stava muovendo i primi passi attraverso un media nuovo e diverso dalla radio cui ci si affidava maggiormente all’epoca. Il 3 Gennaio 1954, per le qualificazioni al Mondiale di Svizzera ’54, l’Italia affrontò l’Egitto. In quell’occasione la partita venne trasmessa in differita in 3 spezzoni, addirittura con 3 cronisti diversi.
# Il primo anticipo televisivo: Monza – Verona
Dopo questi primi esperimenti, sia RAI che Lega Calcio iniziarono a rendersi conto che l’interesse attorno al calcio stava crescendo, testimoniato dagli assembramenti nei bar dei paesi, fra i pochi possessori di un televisore all’epoca. Fu così che per la stagione 1955-1956 Rai e Lega siglarono un accordo che prevedeva la trasmissione di una partita a rotazione fra Serie A, B e C al sabato. Si trattava dei primi anticipi della storia del calcio italiano, la cui prova generale fu un Simmenthal Monza-Verona di Serie B.
Dal 1960 venne trasmessa in televisione la telecronaca differita di un tempo di una partita di Serie A la domenica alle ore 19:00, senza il pagamento di diritti televisivi o senza che questo generasse transizioni finanziarie di tipo commerciale. Con l’istituzione di Novantesimo Minuto nel 1970, la RAI permise la diffusione delle immagini delle partite a tutta la popolazione italiana, aumentando sempre più l’interesse per uno sport che diventerà seguitissimo.
# Per i bilanci contava molto di più il botteghino
San Siro negli anni 60 – Fotografia di Sergio Borsotti
Per alcuni decenni, gli introiti da botteghino furono preponderanti nei bilanci delle società e la Lega faticava ad accettare di vederli a rischio per far trasmettere le partite in diretta. Anche lo storico programma radiofonico “Tutto il calcio minuti per minuto” mandava in onda inizialmente solo i secondi tempi.
La RAI stessa, prima degli anni ’80, non aveva intuito le potenzialità economiche dello sfruttamento commerciale della televisione, tanto che fino al 1977 concentrò le attività commerciali nel famosissimo Carosello.
# Nazionale e partite di coppa non trasmesse nella città ospitante
Quindi, per un accordo con la lega calcio, la RAI, nel caso di dirette televisive di partite del campionato italiano, mandava in onda le partite sul territorio nazionale con l’esclusione della provincia della squadra di casa, proprio per non ridurre l’affluenza allo stadio. Stessa sorte toccò anche alle partite interne delle squadre italiane nelle coppe europee. Questa consuetudine è durata fino ai primi anni ’90.
In questa logica rientrò anche la Nazionale Italiana le cui partite, se giocate in grandi città come Milano e Roma, non venivano trasmesse sul territorio limitrofo, mentre erano trasmesse senza limitazioni nei casi in cui si giocasse in città con stadi di capienza minore e quindi più facilmente riempibili dagli spettatori.
L’ultima volta accadde con le partite di qualificazione dell’Italia agli europei del 1984. In seguito, si concordò che l’Italia sarebbe stata trasmessa in diretta anche nella città dove si giocava.
L’indebitamento complessivo delle società professionistiche crebbe nel corso degli anni Settanta, passando da 18 a 86 miliardi di lire tra il 1972 e il 1980, costringendo la Lega a trovare nuovi fonti di introiti e iniziando l’era dei diritti TV, sulla falsa riga di quanto già succedeva nel Regno Unito e negli Stati Uniti per altri sport.
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Dopo due anni di pandemia, la ripresa della stagione turistica non potrà mai essere la stessa. Tra i tanti cambiamenti intervenuti in un biennio passato prevalentemente nell’isolamento delle mura domestiche, c’è da annotare sicuramente l’accresciuta importanza dell’intrattenimento televisivo on demand, in particolare quello delle serie TV. E per ritrovare e rivivere i luoghi di un film o uno sceneggiato che abbiamo particolarmente amato, non c’è niente di meglio che andare a visitarli direttamente sul posto.
Personalmente subisco particolarmente questo fascino, e nel libro Bandiere per Tutti si narra di quando visitai un centro commerciale a Jakarta, Indonesia, per pranzare nel ristorante della fenomenale pellicola horror The Raid 2. Considerando che siamo prossimi all’assegnazione dei premi Oscar, andiamo allora a scegliere 7 pellicole tra quelle candidate alle statuette, per analizzare e dettagliare il fenomeno del cineturismo, dal trend assolutamente crescente.
IL CINETURISMO: un trend da Oscar
#1 King Richard
King Richard, credits: movieposter_en
Se siete fan delle sorelle Williams, eterni astri del tennis statunitense, oppure se amate Will Smith, il grandissimo attore di Men in Black, potrete trovare in questa pellicola (non eccezionale, a dire il vero) la vostra ispirazione del momento. Largamente ispirato al fenomeno del biopic, il film narra il ruolo fondamentale di Richard Williams nel portare al successo planetario le figlie, attraverso gli inizi difficili di ogni storia hollywoodiana.
La maggior parte delle riprese si svolge a Compton, città della Los Angeles metropolitana, nelle classiche stradine di villette basse, mentre i vari terreni sportivi che si vedono nel film sono quelli di Irvine (un campetto di basket di periferia per bulli), Burbank (il primo torneo di tennis vinto) e Claremont (i primi allenamenti professionistici). Tutte località della contea di Los Angeles o nel caso di Irvine, appena fuori dai limiti della città metropolitana, che si potranno aggiungere a tutte le attrazioni che la città degli angeli può offrire, tra cui lo straordinario LACMA (Los Angeles County Museum of Art).
#2 Il potere del cane (The power of the dog)
il potere del cane , credits: mymovies.it
Pellicola da consigliare certamente a tutti gli appassionati di western, questo dramma a tinte fosche (pure troppo, forse) ha ben quattro attori candidati per i rispettivi ruoli di protagonisti o non protagonisti (tra cui Kirsten Dunst). Tratta fedelmente da un romanzo dello scrittore statunitense Savage, narra tra le righe la difficoltà di vivere l’omosessualità nel 1925 (e anche nel 1967, anno di uscita del libro).
Nonostante la trama sia (anche nella pellicola) formalmente ambientata in Montana, USA, i luoghi delle riprese vengono dalla terra della regista, la rediviva Jane Campion di Lezioni di Piano. È quindi la Nuova Zelanda il posto da raggiungere per ritrovare la narrativa del film, nelle valli interne dell’Otago (teatro di più riprese sull’incedibile statale che attraversa formazioni rocciose), dove il ranch della famiglia fu ricostruito direttamente come quinta in una zona senza segni di presenza umana. Altre location del film sono la cittadina dal nucleo conservato di Oamaru e la splendida stazione ferroviaria di Dunedin, che si possono facilmente abbinare nel giro turistico dell’isola del sud neozelandese alla favolosa località lacustre e montana di Queenstown.
#3 È stata la mano di Dio
è stata la mano di Dio, credits: comingsoon.it
Tra le pellicole selezionate per l’Oscar di miglior film internazionale che premia le pellicole girate in una lingua diversa dall’inglese, in questa edizione del 2022 campeggia anche il nuovo film di Sorrentino, uscito in esclusiva per Netflix. La storia è totalmente autobiografica, rendendo la pellicola poco interessante dal punto di vista narrativo, mentre molto bella è la resa scenica dei posti narrati tra Napoli e dintorni nei mitici anni dell’arrivo di Maradona e del primo storico scudetto nel campionato di calcio per la squadra della città partenopea.
Conosciamo le meraviglie dell’Italia e la fotografia eccezionale della pellicola selezionate per noi. Già in partenza si apre una sorta di Grand Tour delle attrazioni principali: dalla Piazza Plebiscito alla Galleria Umberto I della vecchia capitale del Regno delle Due Sicilie fino alla balconata delle ferie estive del regista ragazzo sulla Costiera dalla località poco nota ma meritevole di Vico Equense. Altre scene che definiremmo quasi quinte teatrali portano alla ribalta le rovine romantiche di Cuma ai Campi Flegrei e la notissima piazzetta centrale dell’isola di Capri, quasi irriconoscibile in regime di assenza di turisti. Se siete venuti fino a qua sulle tracce del regista, non dimenticate di visitare il Vomero, quartiere collinare di Napoli dove Sorrentino ha realmente vissuto prima di prendere il treno per Cinecittà.
#4 Drive My Car
Drive my car, credits: multiastra.it
In questo caso parliamo di un film che risulta candidato sia come miglior film internazionale che come miglior film di lingua inglese, dovuto al fatto che parte dei dialoghi sono in questa lingua nelle prove di un gruppo di attori teatrali giapponesi, coreani, cinesi e filippini. La storia è tratta nientemeno che da un racconto del grande Murakami, e narra (tra le altre trame accessorie del film) del rapporto profondo che si instaura tra una giovane autista e un uomo di mezza età segnato dagli eventi della vita, in una pellicola interessante che dura un po’ troppo per l’attenzione di un pubblico medio.
Già dal titolo si intuisce quanto ci sia di road movie in questa storia molto particolare, all’ombra dell’iconica vecchia Saab 900 rossa. C’è quel Giappone che non ci aspettiamo, ma a cui potremmo facilmente rendere omaggio innamorandoci di questa storia, dalla periferia di vita quotidiana di Tokyo alle strade innevate dell’isola settentrionale di Hokkaido, raggiungibile via traghetto (a sua volta presente in una scena pivotale del film). Ma il cuore delle vicende è la città di Hiroshima, raffigurata dai suoi bar di hotel, dal suo centro culturale, dai suoi parcheggi sotterranei, dal suo inceneritore con vista panoramica e soprattutto dallo splendido Akinadao Bridge che conduce a un’isoletta dei dintorni dalle strade costiere sinuose. Combinate la visita con quella di Nagasaki a perenne memoria di quello che non vogliamo vedere mai più, fermandovi anche a mangiare i famosi ramen di Fukuoka.
#5 Licorice Pizza
Licorice Piazza, credits: comingsoon.it
Torniamo su schermi prettamente di casa per gli Academy Awards, dato che l’ultimo film di Paul Thomas Anderson (il regista di Magnolia, da non confondersi con il Wes Anderson di Grand Budapest Hotel) è stato girato interamente nelle località della San Fernando Valley, un’iconica valle urbanizzata nella contea di Los Angeles definita dalle montagne delle Transverse Ranges che la circondano, dove il regista è nato. Licorice Pizza è la storia del cammino difficile di un amore giovanile ambientato nei favolosi Settanta, ostacolato da differenze anagrafiche che non contano mai veramente nulla. Il fascino della pellicola (riuscita) e delle sue locations darà sicuramente luogo a fenomeni di cineturismo specifico.
Il film ruota attorno ad ambientazioni ricorrenti, tra cui la scuola media di Tarzana con il suo porticato coperto teatro delle vicende della high school del film, il teatro di North Hollywood dove i protagonisti si abbracciano sullo sfondo oppure l’ufficio postale di Encino della campagna elettorale e il ristorante (italiano, in realtà) degli incontri con personaggi oltre le righe interpretati nientemeno che da Sean Penn, Tom Waits e Bradley Cooper. E se il cuore delle riprese è in quell’isolato di Chatsworth dove fianco a fianco convivono i flipper e i materassi ad acqua, la discesa del camion rimasto senza benzina attraverso splendide strade collinari potrebbe sembrare proprio quella di Mulholland Drive, pochi chilometri più a sud, film epocale di Lynch che tra i primi inaugurò il filone del cineturismo.
#6 Belfast
Belfast, credits comingsoon.it
La seconda giovinezza di Kenneth Branagh, autore teatrale e cinematografico formatosi agli esordi con versioni cinematografiche dei capolavori di Shakespeare, passa anche dalle nomination per miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale per il suo Belfast, storia in parte autobiografica dalla sicura presa sul pubblico. Girato quasi interamente in un bianco e nero pregnante, il film ci porta a vivere la fase storica nota come The Troubles, ossia i disordini tra protestanti e cattolici che hanno avuto luogo tra la fine dei Sessanta e la fine dei Novanta del secolo scorso in Irlanda del Nord, quelli che sarebbe opportuno studiare a scuola, magari al posto degli uomini primitivi.
La quasi totalità della pellicola, escluso un volo d’uccello iniziale (a colori) sugli impianti portuali di Belfast, da dove partì la sfortunata avventura del Titanic, è stata girata in un set ricostruito all’estrema periferia di Londra, molto verosimile. Sono stati utilizzati anche i locali della vicina scuola abbandonata di Farnborough, Grove Park nella finzione, teatro dell’amore impossibile tra un bambino di famiglia protestante e una bambina di famiglia cattolica. Se andate a Belfast, però, vedrete interi quartieri dove tuttora si respira l’atmosfera di divisione tra le due comunità religiose, da Shankill Road a Sandy Row, con le tipiche case basse, i murales dell’orgoglio dell’odio e le barricate del film nel frattempo divenute muri divisori.
#7 La persona peggiore del mondo (The worst person in the world)
la persona peggiore del mondo, credits: mymovies.it
Chiudiamo questa nostra rassegna con la pellicola che più ci ha impressionati, anche dal punto di vista del suo potenziale cineturistico. Tra i film candidati nella categoria internazionale compare anche questo capitolo finale della Trilogia di Oslo del regista danese residente in Norvegia Joachim Trier (anche qui, nessun rapporto con il più noto Lars Von Trier di Melancholia), che narra in maniera esemplare il fallimento di una generazione rimasta preda di domande a cui non ha voluto mai dare risposta.
La capitale norvegese, che fino ai Duemila era una città che non poteva reggere il confronto con le altre capitali scandinave, oggi riluce di bellezza propria. Innamorandovi di questo film, cosa assolutamente probabile, potreste decidere di prendere il primo volo di una compagnia low cost per inseguire le varie splendide locations dove si muovono Julie, Aksel ed Eivind. Il sito ufficiale del turismo della città non ha perso tempo e (anche se mancano alcune location tra cui la carrellata di finestre abbandonate e gli svincoli autotradali) ha messo a disposizione di tutti un articolo per rivivere i luoghi di questa pellicola acclamata.
Un primo segnale di quello che il cineturismo è destinato a divenire, nel corso dei prossimi anni, quando le località faranno a gara per ospitare le riprese di quel tal film o serie TV. Noi, nel frattempo, cominciamo a partire!
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A cura di STEFANO CORRADA in collaborazione con LAURA LIONTI e BEATRICE BARAZZETTI
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Lucia Martinazzo. Tecnologo ambientale, responsabile Qualità e Auditor di Sostenibilità Ambientale, impegnata a Milano a livello sociale e politico.
Lucia MARTINAZZO: “la mia Milano sarà RIFERIMENTO MONDIALE”
Lucia Martinazzo
La cosa che ami di più di Milano?
È la città delle opportunità. Se hai passione e determinazione, qui, puoi realizzare quello che vorresti.
Credits: @cross_eyed_mary Gae Aulenti
Quella che invece ti piace di meno?
Sarò impopolare e politicamente scorretta (cosa che mi piace), gli manca un po’ di orgoglio, troppo servile a volte.
Il tuo locale preferito?
Non ho un locale preferito in assoluto, ma sicuramente le terrazze sullo skyline di Milano, sono bellissime.
Credit: Mymi.it
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Passeggiare per la città con il mio cane o con gli amici, perdermi nei quartieri, nelle vie, negli sguardi delle persone.
La canzone su Milano a cui sei più legata?
Milano Milano – Articolo 31
Il luogo nei dintorni di Milano che ami di più?
Milano è al centro di una regione bellissima, amo la montagna, i nostri laghi, la Franciacorta, l’Oltrepòpavese e inoltre in 2 ore siamo anche al mare, (fuori regione, specifichiamo) meglio di così! Essere inoltre una ragazza di città, ti fa apprezzare ancor di più tutti questi luoghi meravigliosi.
credits @teamoltrepo:
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Mi ha fatto sentirerealizzata.
La fermata della metro a cui sei più affezionata (perché)?
Può sembrare banale, ma Duomo. È stata la mia prima fermata, la prima volta a Milano.
Credits Andrea Cherchi – Duomo
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
La cosa più curiosa, se così di può definire, è vedere come Milano può cambiare le persone.
Il quartiere che ami di più?
Buonarroti/Wagner. Non è il mio quartiere (purtroppo) ma amo andarci spesso. È un quartiere vivace e pieno di vita, ma al contempo elegante. Mi ci rispecchio appieno.
Caro Sala, ti scrivo (cosa chiederesti per rendere migliore la città)?
In un’ottica, molto vicina ai milanesi, da sindaco credo che dovrebbe stare un po’ di più in mezzo alla gente e vivere la città in tutte le sue sfaccettature, soprattutto i contesti più duri e difficili. Puoi comprendere le esigenze di una città, se vivi la sua quotidianità, soprattutto all’ombra dei grattacieli. La sicurezza e la tutela dei cittadini prima di tutto. E non mi interessa se qualcuno mi dice, che ci sono città più pericolose. Nella vita sono sempre stata abituare a guardare chi sta meglio di me per migliorarmi, non chi sta peggio per giustificarmi. E questo ovviamente non vale solo per le tematiche di sicurezza, ma per qualsiasi altra tematica cittadina.
Milano città stato sei favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Ovvio che si! Se hai un grande potenziale, non vedo perché bisogna continuare a limitarlo, per ottuse concezioni amministrative, anacronistiche. Se Milano cresce, inoltre, cresce anche il resto d’Italia, perché come accennavo anche prima, Milano dà agli altri, molto più di quello che riceve.
Se dovessi lasciare Milano in quale città vorresti vivere?
Manhattan senza ombra di dubbio.
Lo skyline di Manhattan a New York
Se avessi 2 miliardi per Milano cosa faresti?
Se fossimo una provincia autonoma, si stima che potremmo usufruire di di 10 -11 miliardi di residuo fiscale, e me ne volete dare solo 2 per fare qualcosa? OK, con 2 miliardi, possiamo fare qualcosina, ma con oltre 10 miliardi, potremmo fare cose grandiose! Le riqualificazioni e le infrastrutture sono sicuramente importanti, ma vorrei andare oltre. Realizzerei un vero distretto imprenditoriale, industriale e di ricerca scientifica, con agevolazioni fiscali e burocratiche. Affronterei inoltre seriamente e con meno ideologia, il problema dell’inquinamento in città. Siamo geograficamente in una posizione sfavorevole, per molteplici fattori. Una riconversione termica sarebbe uno dei primi punti. E mezzi pubblici (in sicurezza) H24!
Qual è il più grande auspicio per Milano?
Che sia IL riferimento mondiale, per cultura, cibo, industria, moda, ricerca scientifica e tecnologie. Per molti versi in alcuni contesti lo siamo già, ma possiamo e dobbiamo fare meglio. Serve più coraggio, chi si accontenta…. non gode!
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
L’Italia è profondamente divisa.
C’è una maggioranza totalitaria che è convinta che sia in atto un processo di rigenerazione politica, culturale ed economica trainata da personaggi lungimiranti che stanno risollevando l’Italia dal pantano e la stanno proiettando ai vertici della ribalta internazionale.
A questa maggioranza conformista si oppone uno sparuto gruppo di ribelli in stile Matrix che osano mettere in dubbio questa narrazione. Anzi, sembrano intravedere in questo processo una caduta disastrosa negli abissi provocata dagli stessi personaggi sopra descritti che, invece di condurre a grandi risultati, stanno alimentando una potente forza autodistruttiva come avviene nei film in cui qualcuno schiaccia il famoso tasto rosso e innesca il conto alla rovescia finale.
Secondo la maggioranza totalitaria le uniche crepe all’arrivo della nuova età dell’oro sarebbero proprio questa minoranza di reietti che, impedendo il raggiungimento del paradiso, sono da annientare a ogni costo.
Forse hanno ragione i conformisti, anche se avessero torto. Perché anche nel caso che stiamo precipitando negli abissi, si stanno godendo l’ultimo canto del cigno.
Non solo, contribuendo con il loro tifo entusiasta ad accelerare questo processo, potrebbero avvicinare il momento della distruzione totale e, di conseguenza, di un’autentica rinascita.
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Togliere la pavimentazione storica di via Palestro, con la promessa che al suo posto sarebbe arrivato un asfalto rosso? Questa l’idea suggestiva.
Poi c’è la realtà che scatena le reazioni dei milanesi.
🔴 La nuova VIA PALESTRO color catrame: che fine ha fatto l’asfalto “ROSSO MILANO”?
Com’era
# Eliminato il pavé…
Ph. Christian Busato
Un’immagine, un sentimento e, come per magia, scattano i ricordi. È successo ieri sera, quando Christian Busato ha scattato queste foto in Via Palestro, pubblicandole poi sul Cantiere Urbanfile.
Immediatamente sono riaffiorati i ricordi di promesse, mantenute solo in parte.
È sicuramente stato rimosso lo storico pavé coi suoi binari, ormai in disuso da 40 anni; insieme alla rimozione dei lastroni è stato raggiunto un grado di sicurezza maggiore per le due ruote.
Ma c’è quella vocina fastidiosa dei ricordi, quella che sussurra “asfalto rosso, quello utilizzato in centro“. Quindi si ritorna a guardare le foto con più attenzione e si nota che l’asfalto non è per niente rosso.
L’asfalto color rosso è una scelta che il Comune di Milano ha intrapreso “per coniugare la sicurezza [delle strade n.d.a.] e salvaguardare il carattere storico di un luogo importante per i milanesi“, (citando una delle ragioni dei nostri amministratori).
Ma resterà uno dei misteri che da quest’epoca consegneremo alla storia, per investigarci su e trovare il colpevole: a Milano l’asfalto rosso diventa, prima o poi, sempre nero.
In Piazzale Baracca, come in altri luoghi del centro storico, succede dopo qualche anno.
In via Palestro deve essere successa una magia particolare: è diventato nero in corso d’opera.
# Intervento economico, che rompe la poesia di un angolo storico
Ph. Christian Busato
Le reazioni “a caldo” dei milanesi sono, in pratica, un coro di critiche e, con tutta onestà, nessuno vorrebbe essere nei panni dei protagonisti di questa distesa di bitume, stamattina.
«Si sarebbe potuto asfaltare solo la sede stradale e lasciare il pave ai lati, com’era in un piccola porzione» dice Andrea L. seguito da altri che ne condividono il pensiero.
«Dove sono quelli che: “ma l’asfalto sarà di un elegantissimo rosso”? Uno scempio indecente!» dice Riccardo M. mentre gli fa eco Camilla P. «Che peccato!», aggiungendo l’emoticons con il magone.
Laura M. gioca la carta storica «tra la villa neoclassica del ‘700 del Pollak e più bella della città e i giardini pubblici del Piermarini più antichi e famosi di Milano …un tratto ricco di storia e di zero industrie o negozi….serviva l’orrido catrame a spezzarne la poesia?!», ponendo inoltre un ulteriore quesito: «come fanno a Salisburgo?».
Interessanti i commenti a favore: parlano comunque solo della sicurezza di quel tratto di strada, che vanno a sbattere però con la realtà: Via Palestro non è mai stata una highway di Los Angeles. Buona parte dei commentatori lo sa e, infatti, molti si auspicavano un uso del catrame nella sola sede stradale, «per lasciare il pave ai lati, salvaguardando la particolarità della via. Oltre a creare un arredo urbano adeguato al contesto» (Andrea L.)
Come descritto in questo articolo, il pavé di Via Palestro è stato rimosso per incentivare la mobilità leggera e per oggettivi problemi di sicurezza. Il lastricato, sollecitato dai moderni mezzi a 4 ruote, si solleva e genera pericoli costanti. La manutenzione del pavé sembra essere una sfida che nessuno è in grado di affrontare, nella Milano dei grattacieli.
Meglio una distesa di catrame?
A parere di chi scrive ha fatto bene Christian Busato a incentrare la questione sul contrasto tra l’eleganza della pavimentazione precedente e il «conglomerato bituminoso» fotografato.
Non è l’unica chiave di lettura, ma rende l’idea di aver trasformato Via Palestro in «un’anonima strada di periferia», come sottolinea il primo commento di Roberto S.
Quindi in periferia, tutto questo andrebbe bene? Siamo proprio sicuri di questo?
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Raffaele Kohler. Il trombettista delle notti Bohémien milanesi, fondatore degli Ottavo Richter, degli Slide Pistons e della Raffaele KohlerSwing Band. Nato a Milano, diplomato a pieni voti in tromba presso il conservatorio G. Verdi di Milano.
Raffaele KOHLER: “la mia MILANO è più BOHÉMIEN e meno bauscia”
Foto: Andrea Cherchi (c)
La cosa che ami di più di Milano?
La sua apertura al Mondo e la sua inclusività.
Quella che invece ti piace di meno?
Le macchine, ogni giorno anche solo attraversando a piedi si rischia la vita, non parliamone poi se ti muovi in bicicletta.
credit: chiamamilano.it
Il tuo locale preferito?
Il Pentesilea di Claudio e Germana, che era nella piazzetta di via Cesariano, non esiste più ma lo porto sempre nel mio cuore.
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Passeggiare per Chinatown.
credits: @visit_milano IG
La canzone su Milano a cui sei più legato?
Nustalgia de Milan di Giovanni D’Anzi.
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
La cascina di Mattia a Cantù.
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
È stata poter diventare un musicista.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Gerusalemme della linea 5, è la fermata più vicina a casa mia e da lì il martedì e il sabato parte l’amato mercato di via Fauchè.
Credits: @d_cassandro Gerusalemme (M5)
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
Un mio caro amico, che purtroppo non c’è più, che viveva e passeggiava con un gallo e che mi raccontava storie incredibili su Milano vissute in prima persona.
Il quartiere che ami di più?
Villapizzone.
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Più attenzione verso i servizi per l’infanzia e per gli anziani.
asilo nido (da pixabay)
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Non sono a favore, ma sono sicuro che tutti i suoi abitanti la possano far diventare un punto di riferimento per il resto d’Italia e anche d’Europa.
Tolta Milano in quale città ti piace vivere?
Rimini.
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Un’orchestra che suoni in piazza tutti i giornie alla stessa ora, un punto di riferimento e di incontro per gli abitanti e i visitatori.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Che diventi una città più bohémien e meno bauscia.
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Con l’arrivo a Milano anche della bandiera Bandiera Paralimpica, la nostra città si prepara ad essere la prossima città ospitante delle Olimpiadi Invernali del 2026 insieme a Cortina. I Giochi saranno l’occasione per rigenerare aree abbandonate, riqualificare edifici sportivi e realizzare nuove infrastrutture. Vediamo come si trasformerà la città e quale sarà il lascito di Milano-Cortina 2026.
OLIMPIADI a MILANO: le 7 opere da MEDAGLIA d’ORO
#1 La rigenerazione dello Scalo Romana con il Villaggio Olimpico e un nuovo quartiere
Masterplan Scalo Romana
Il tassello più importante, nel lascito complessivo delle Olimpiadi Invernali del 2026, sarà la rigenerazione urbana dello Scalo Romana e la nascita di un nuovo quartiere.
Credits: Skidmore, Owings & Merrill – Vista aerea villaggio olimpico
Il masterplan definitivo è stato presentato a luglio del 2021 e prevede sull’area di 190.000 mq:
un grande parco pubblico di circa 100 milamq nel mezzo, caratterizzato da un“Bosco sospeso’’ che collegherà l’area più a est con quella più a ovest e passerà sopra la ferrovia, che per circa 400 metri sarà interrata entro il 2028;
una nuova piazza su più livelli in prossimità di piazzale Lodi con alcuni palazzi per uffici, negozi e ristoranti e la stazione ferroviaria della Circle Line entro il 2031;
infine nella zona ovest dello scalo il Villaggio Olimpico su una superficie di 60 mila mq. Progettato dallo studio di architettura Skidmore, Owings & Merrill, è a impatto ambientale zero e il suo cuore sarà la “piazza olimpica”, l’unica zona accessibile durante le Olimpiadi anche dai visitatori esterni. Il villaggio si costituirà di sei stecche, posizionate parallelamente ai binari ferroviari, unite tra loro in gruppi di tre tramite delle strutture aeree e delle piccole torri, e ospiterà 1300 atleti. La costruzione è affidata a Coima Sgr, Covivio e Prada Holding, già terminati i lavori di bonifica, con consegna prevista a luglio del 2025.
Credits: Skidmore, Owings & Merrill
Al termine delle Olimpiadi il villaggio olimpico verrà riconsegnato ai proponenti del progetto per un’immediata riconversione, entro quattro mesi dalla fine delle gare, in un quartiere a impatto ambientale zero secondo i requisiti NZEB (Nearly Zero Energy Building). Il complesso diventerà una residenza per 1.000 studenti universitari, gli edifici lato parco e ferrovia nell’area dell’Olympic Village Plaza, che sarà la nuova piazza del quartiere con negozi e esercizi al piano strada, saranno destinati a residenza libera e agevolata, ci saranno serre e orti per la produzione di cibo all’interno dell’area e spazi di co-working.
#2 Pala Italia, l’arena polifunzionale da 16.000 posti che ospiterà le gare di Hockey maschile
Ph. @Onirism IG – PalaItalia
L’opera più attesa è senza dubbio l’arena che ospiterà le gare di hockey maschili ai giochi olimpici di Milano-Cortina 2026 e che in futuro verrà utilizzata per eventi sportivi come basket, oltre a spettacoli teatrali e musica dal vivo: il Pala Italia. Il progetto è dello studio di architettura Onirism Studio di David Chipperfield, su incarico ricevuto dalla società Eventim CTS vincitrice del bando, e prevede un palazzetto che con 10.000 mq di superficie e 16.000 posti diventerà il più grande d’Italia.
Un capolavoro architettonico di forma ellittica sospeso da terra e che si sviluppa in altezza e ampiezza grazie a 3 cerchi che di notte faranno parte dello spettacolo, con i LED che illuminandosi proietteranno effetti multimediali. I lavori inizieranno già nel 2022 e termineranno nel 2025.
#3 La nuova metrotranvia 13 da Repetti M4 a Rogoredo M3 passando per il futuro Pala Italia
Percorso Metrotranvia 13
L’infrastruttura più importante che verrà inaugurata entro il 2026 sarà la metrotranvia 13, che collegherà la fermata della M4 Repetti su viale Forlanini e la stazione M3 di Rogoredo e relativo hub ferroviario dei treni regionali, suburbani e alta velocità. Sarà la prima linea ad avere i nuovi tram bidirezionali acquistati di recente dal Comune di Milano. Lungo 4,7 km per 17 fermate, con 9 già presenti e in condivisione con il 27 e 8 da realizzare da zero, il tracciato attraverserà la porzione nord del quartiere di Santa Giulia in costruzione, servendoil Pala Italia, e infine quella sud già esistente.
#4 Il nuovo svincolo della Paullese con l’ingresso in città
Nuovo svincolo paullese Credits_ @Jpius.it
Tra le infrastrutture secondarie, ma funzionali anche a servire l’area del Palaitalia, ci sarà la conclusione dell’innesto della Paullese all’ingresso della città, rimasta tutt’ora monca, che vedrà però una sola corsia per senso di marcia. In questo intervento è previsto anche l’ammodernamento dello svincolo Mecenate edel sottopasso Paullese, uniti da un collegamento tramite Via Toledo già interessata da lavori di adeguamento.
#5 Il Mediolanum Forum riqualificato e ampliato
Credits orcoshrek IG – Mediolanum Forum
Entro il 2026 il Mediolanum Forum di Assago, che dispone attualmente di 12.000 posti a sedere, verrà ampliato e riqualificato per ospitare il pattinaggio di figura e lo short track. Saranno interessati dai lavori sia la pista centrale, che si trova a 4,60 metri d’altezza rispetto al suolo, sia quella secondaria al pianterreno.
#6 La rinascita del Palasharp in Arena Hockey
Credits emanuele_fitdaddy IG – Palasharp
Un altro importante intervento di riqualificazione sarà la rinascita del Palasharp, in zona Lampugnano, ormai in stato di abbandono da anni dopo aver ospitato importanti eventi sportivi e concerti. La Milano Arena Hockey, o Hockey Arena, avrà una capienza di 8.200 posti per le manifestazioni sportive e 9.700 per gli eventi di spettacolo. La tensostruttura ospiterà le competizioni di hockey su ghiaccio femminile in occasione dei giochi invernali di Milano-Cortina del 2026.
#7 La “Medals Plaza” di Piazza del Duomo
Piazza del Duomo
Anche se per sole due settimane, Milano si trasformerà in Medals Plaza insieme a Cortina, con allestimento e arredo temporaneo per cui verranno investiti 207.000 euro e dove verranno premiati gli atleti che gareggeranno in città e nelle Alpi lombarde tra Livigno e Bormio. A questo si affiancheranno le “fan zone” in Piazza Castello, Piazza Gae Aulenti, Tre Torri e Darsena.
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“Armiamoci e partite!” è una frase proverbiale per descrivere un atteggiamento molto diffuso alle nostre latitudini sia tra i cittadini che tra chi ha il potere. Sintetizza l’attitudine di creare problemi i cui effetti ricadono sugli altri.
Molti commentatori stanno sottolineando come ormai da tempo le politiche adottate dal governo abbiano sulla vita dei cittadini e sull’economia del paese conseguenze imprevedibili e spesso devastanti.
In questi due anni si è visto di tutto: restrizioni sulla libertà, blocchi alle attività economiche, esagerate politiche di chiusura, impedimenti vari a chi vuole svolgere attività economica o a chi porta o produce ricchezza, fino all’effetto boomerang delle sanzioni.
Sulla stessa linea sono gli interventi a singhiozzo che alternano annunci euforici di crescita da boom economico a schianti contro la realtà come fossero dei crash test.
Si sta assistendo a una politica che sembra più finalizzata a un continuo autoscontro che a un percorso di sviluppo e di miglioramento per i cittadini.
E il paradosso è che, come l’autoscontro alle giostre, sembra che questa politica sia un grande divertimento e che tutti siano disposti a pagare un biglietto, anche molto caro, per parteciparvi.
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Cumbria è una contea situata nel nord-ovest dell’Inghilterra che ospita il Lake District National Park, una delle zone più turistiche del Regno Unito. Ad inizio 2022 l’amministrazione di Barrow ha pubblicato un annuncio per trovare il nuovo re di una delle isole più particolari del Regno Unito.
Sull’isola di Piel Island, a 800 metri al largo dalla costa di Furness, è situato il pub “The Ship Inn” che è recentemente rimasto senza gestore.
Così il Consiglio Comunale ha pensato di pubblicare un annuncio per selezionare quello che sarebbe diventato il titolare di un contratto di locazione del pub per i prossimi 10 anni, oltre a dover gestire e mantenere altre parti dell’isola, incluso il piccolo campeggio, tenendo sempre presente i vincoli di quello che è un sito riconosciuto come di speciale interesse naturalistico e scientifico.
Il candidato selezionato riceverà inoltre il titolo di “Re” o “Regina” di Piel Island.
L’annuncio ha avuto diffusione in tutto il mondo, sul New York Times e su Radio Canada, e il Barrow Borough Council, il custode dell’isola, ha ricevuto circa 200 candidature.
Dopo un’attenta selezione tra gli ultimi 30 candidati rimasti, è stato selezionato Aaron Sanderson di 33 anni. L’uomo è stato spinto a candidarsi, nonostante una posizione lavorativa sicura, per l’amore che ha verso l’isola e i ricordi delle vacanze estive trascorse in infanzia proprio sull’isola.
Il signor Sanderson si trasferirà sull’isola con la compagna Anita Palfi che lo accompagnerà in questa avventura che avrà inizio con la cerimonia di incoronazione che prevede gli venga versata della birra in testa mentre sarà seduto su un’antica sedia, indossando un elmo e impugnando una spada.
Non ci resta che augurare al Sig. Sanderson buona fortuna per i suoi primi 10 anni da monarca!
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Credits: idealista.it (foto di Gianluca di Ioia)
bar Triennale
Sostenibilità ed efficienza energetica, sono questi i due principi cardine alla base del restyling di un caffè milanese. All’insegna dell’arte, della cultura e del green a Milano è arrivata una nuova piccola giungla, inserita in quello che potrebbe essere chiamato il polmone verde del capoluogo lombardo.
Una GIUNGLA in CITTÀ : il nuovo CAFFÈ di Milano
# Un bar dove le piante fanno da padrone
Credits: idealista.it (foto di Michele Nastasi) bar Triennale
La Triennale di Milano ha deciso di coinvolgere l’architetto Luca Cipelletti, già impegnato nei lavoro di Palazzo dell’Arte e nella valorizzazione dell’architettura di Giovanni Muzio, anche nel rifacimento della caffetteria dello spazio espositivo. Così è stato svuotato lo spazio centrale del bar e creato un bar green. Liberando lo spazio centrale, l’ingresso è diventato di più ampio respiro, questo anche grazie alle grandi vetrate su Parco Sempione, ora più visibili, e l’intera sala è stata arricchita di piante di ogni tipo. Inoltre, al centro della caffetteria verranno poste installazioni temporanee che avranno a che fare con la sostenibilità.
Credits: idealista.it (foto di Gianluca di Ioia) bar Triennale
Si potrebbe dire che il bar della Triennale sia diventato una vera e proprio giungla urbana, seppure piccola. Dopo il restyling le piante fanno da padrone all’intero spazio. Sono state poste sul perimetro dalla sala e intorno ai tavoli, come se l’architetto volesse dare un senso di continuità tra la caffetteria e il parco, come se non si fosse mai entrati in un bar ma si fosse ancora all’aria aperta tra gli alberi.
# Il tocco di design sempre nell’ottica della sostenibilità
Credits: idealista.it (foto di Gianluca di Ioia) bar Triennale
Poteva mancare un tocco di classe e di innovazione tipico milanese? La particolarità è che le piante provengono dai vivai di Vanucci Piante di Pistoia, progettati per ridurre l’impatto ambientale e l’utilizzo delle risorse naturali, vivai che perseguono quindi la stessa idea del nuovo Caffè della Triennale. In più, sempre per rimanere green, anche Lavazza, fornitrice del caffè del bar, ha deciso di offrire ai suoi clienti miscele della linea La Reserva de Tierra, provenienti da territori e comunità coinvolte in progetti di responsabilità sociale.
Credits: idealista.it (foto di Michele Nastasi) bar Triennale
Infine il tocco di design che uno spazio come la Triennale merita. Il bancone del bar è stato riprogettato da Lavazza coinvolgendo l’illustratrice e graphic designer Raikhan Musrepova e le lampade del bar sono tutte di design.
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A volte dormire in una stanza particolare vale il viaggio. In questo caso in una delle capitali artistiche e culturali italiane, se non LA capitale artistica del mondo intero, si trova un hotel un po’ strano dalle atmosfere dantesche…
In Italia l’HOTEL dove passi la notte in PARADISO o all’INFERNO (quale scegli?)
# L’hotel dantesco a Firenze
Credits:@lapietracompattata ristorante i golosi
Si tratta dell’Hotel Piazza San Paolino a Firenze della 25hous Hotel Company, nel quartiere di Santa Marina Novella. La particolarità di questo albergo è il fatto di essere ispirato alla Divina Commedia.
Mantenendo il concept di smart hotel di grande carattere, design d’impatto e un servizio originale e rilassato, tipico della compagnia di hotellerie, all’interno dell’hotel fiorentino si può fare un tuffo nel passato e soprattutto nella letteratura italiana. Su progetto dell’interior designer Paola Navone, l’hotel è stato realizzato in quello che un tempo era un antico monastero, a cui è stato poi aggiunta una nuova dependance. L’hotel Piazza San Paolino conta 177 stanze, tutte a tema dantesco. Ma se foste gli ospiti di questo albergo dove dormireste?
# Inferno o Paradiso? Lasciate ogni speranza o voi che entrate
Credits: @ariannadigiulio Stanza inferno
“Lasciate ogni speranza o voi che entrate” e che all’Inferno dormire volete. Nelle camere Inferno del 25hours Hotel fiorentino il rosso è il colore dominante, all’interno si trovano continui riferimenti alla prima cantica della Divina Commedia e ai gironi infernali più famosi. Per raggiungere la stanza bisogna prendere un ascensore a tema mondo di lucifero e all’ingresso compare una grossa scritta luminosa neon “Hell”, rigorosamente in rosso. Dalle pareti dalle mille sfumature rossastre, le camere Inferno hanno anche scritte sui vetri e lampadari che rimandano ai vizi capitali.
Ma come si è detto gli ospiti dell’hotel 25hous non devono per forza scegliere di andare giù negli inferi, possono anche salire a rivedere le stelle. Purché sia “puro e disposto a salire a le stelle”, l’ospite che sceglie il Paradiso viene portato nella stanza da ascensori sempre con lo stesso tema. Nelle stanze si alternano colori molto chiari, solitamente il bianco e l’azzurro, e l’arredamento è ispirato al mondo degli angeli. In una stanza ad esempio ci sono uccellini al posto delle lampadine e ali d’angelo da indossare. Ogni cosa qui è pensata ad hoc: ci sono superfici trattate con broccato, mosaico, carta da parati, laminato o specchio. Anche qua, all’ingresso delle stanze si trovano scritto come “Heaven” o “Fly to Heaven”.
Credits: @vittoriagiani_ 25hours Hotel Piazza San Paolino
Non sono solo le stanze ad essere a tema Divina Commedia. Come Dante ha immaginato un viaggio nell’Aldilà così l’hotel offre un viaggio al suo ospite. Alla reception viene chiesto dove si vuole mangiare: se al girone dei Golosi o alla Corte Incantata, a tema selva non molto oscura. I corridoi sono ambientati nel Purgatorio e oltre ai classici servizi che si possono trovare in un hotel di lusso come è l’Hotel Piazza San Paolino, come vari ristoranti, centro benessere o palestra, qui si trova anche un Cinema Paradiso, sempre per rimanere in tema.
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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Due analisi sul comparto residenziale di lusso confermano Milano al primo posto in Italia per immobili disponibili sul mercato, crescita di domanda e offerta e anche aumento dei prezzi. Vediamo quanto costano le abitazioni più esclusive.
🔴 RECORD per le CASE EXTRA-LUSSO in VENDITA a Milano: immobili per 4,6 miliardi
# Il 26% delle case di lusso in vendita in Italia si trova a Milano per un valore complessivo di 4,6 miliardi di euro
Credits milano.corriere – Andamento semestrale domanda ultimi 6 mesi
Uno studio del portale Immobiliare.it che con Realytics, società specializzata nell’analisi dei big data immobiliari, e con il portale LuxuryEstate.com ha dato vita all’Osservatorio del mercato residenziale del lusso in Italia, conferma Milano come città con i prezzi più alti in Italia e con la crescita maggiore dei prezzi negli ultimi anni.
L’offerta di immobili di fascia alta è aumentata del +17% per un valore complessivo di 4,66 miliardi di euro, sul totale di quelli in vendita in Italia il 26% si trova a Milano, mentre l’aumento della domanda è salita addirittura del +30% su base annua nel 2021. Anche i tempi di chiusura delle trattative si è sensibilmente ridotto passando dai 7 mesi del 2019 ai 3 del 2021. Le stesse indicazioni arrivano anche dai dati dell’Osservatorio sulle residenze esclusive di Tirelli & partners, concentrato sull’offerta nel Centro storico, tra Brera, Magenta-Castello, e l’area di corso Venezia.
# Nel centro storico gli immobili più esclusivi, ma anche in zone decentrate i prezzi superano il milione di euro
Credits Andrea Cherchi – Brera
Gli immobili di lusso si trovano in prevalenza all’interno del Municipio 1, con valori medi di 8.772 euro al mq, ma non mancano anche in aree più decentrate come Città Studi o la Maggiolina dove per questo genere di abitazione non si scende sotto la forbice compresa tra 1,2 e 2 milioni di euro. Il Quadrilatero ospita le abitazioni con i prezzi più elevati, con una media di 13.221 euro al mq e punte di 25.000 euro.
A Brera il prezzo medio è di 10.153 euro al mq, il massimo arriva a 15.800, mentre nella zona di Corso Venezia e Magenta si hanno rispettivamente valori medi di 10.457 e 9.813 euro e valori massimi di 16.842 euro al mq. La fascia più esclusiva però, quella di abitazioni con superficie dai 300 mq a salire, spesso è soggetta a trattativa riservata e non transita sui portali immobiliari classici e pertanto sfugge a queste analisi.
# Le transazioni record degli ultimi sei mesi
Credits milano.corrirere – Andamento semestrale mercato del lusso a Milano
Come riportato dal Corriere della Sera, sommando le tre transazioni più elevate registrate negli ultimi 6 mesi si arriva ad un totale di oltre 23 milioni di euro movimentati a Milano. Il primo posto di questa “graduatoria” se lo è aggiudicato una villa del centro storico di 950 acquistata al prezzo di 11 milioni di euro, a seguire un appartamento di 660 metri da ristrutturare in Brera a 7,2 milioni di euro e infine un immobile di 410 mq in corso Magenta venduto alla cifra di 5,2 milioni di euro.
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La rigenerazione urbana parte ad aprile, per concludersi dopo circa sei mesi. Secondo il comunicato del Comune di Milano, Largo Treves diventerà “una piazza pedonale a disposizione dei cittadini, un’area da vivere, in cui poter camminare, sostare e ritrovarsi”.
AUTO in RITIRATA dal centro: arriva una nuova ZONA PEDONALE A BRERA
# Restituire la piazza ai pedoni e al vicinato
Ph. Ufficio stampa Comune di Milano
Milano che si fa bella è sempre una buona notizia e la primavera 2022 porta subito una ventata di aria nuova.
L’ufficio stampa del comune ha reso noto il progetto che trasforma Largo Treves, includendo Via Statuto e Via Solferino, da “svincolo trafficato” a piazza pedonale.
Lo spazio torna a disposizione dei cittadini, che con questo intervento ritroveranno il piacere di passeggiare, sostare e ritrovarsi in un’area pienamente da vivere, con lentezza.
Se guardiamo i rendering e li sovrapponiamo alle immagini attuali, non sembrerà nemmeno di stare a Milano.
Largo Treves viene completamente ridisegnato, eliminando la strada carrabile che unisce Via Statuto e Via Solferino. Anche le parti di queste vie confinanti con Largo Treves, saranno interessate da questa rigenerazione.
I dislivelli attualmente verranno eliminati, grazie anche alla nuova pavimentazione prevista in cubetti di pietra di Luserna e granito.
Il colpo d’occhio dei rendering è impressionante: Largo Treves risulta più grande di come viene percepito adesso, grazie anche all’ampliamento del marciapiede lato Via Solferino, che viene praticamente raddoppiato di estensione.
Il Comune promette che il traffico privato, nonostante le massicce modifiche che lo relegheranno ai margini della piazza, non verrà penalizzato.
All’imponente bagolato presente in Largo Treves, verrà affiancato un platano, posato già maturo, in modo da aumentare i ripari dal sole.
All’ombra dei due grandi alberi verranno realizzate delle fioriere, composte da un muretto in granito, da cui scenderanno quattro panchine con schienale in legno; all’interno delle fioriere prenderà posto verde d’arredo.
Resta l’edicola, così come la banchina per le biciclette BikeMI che risulterà spostata davanti all’ex palazzo comunale.
Anche la stazione dei taxi cambierà posto, avanzando di qualche metro, fino a giungere all’inizio di Via Statuto.
Il comunicato stampa del Comune riporta le dichiarazioni di Giancarlo Tancredi, assessore alla Rigenerazione urbana e di Mattia Abdu, Presidente del Municipio 1.
Entrambi svelano le loro aspettative, per questa rigenerazione che finalmente arriva alla fase di realizzazione. Giancarlo Tancredi sottolinea come, grazie anche a questo intervento, Milano riacquista la «dimensione di una città internazionale, a misura d’uomo» restituendo ai cittadini la libertà di muoversi con maggiore tranquillità in una piazza che ora è «sacrificata al traffico veicolare».
Mattia Abdu parla di restituire dignità ad uno spazio, fino ad oggi, «caotico e disorganizzato» riconsegnando la piazzetta anche agli operatori economici e culturali che negli ultimi dieci anni hanno fatto di questa parte del centro storico una delle aree più dinamiche di Milano.
In attesa della realizzazione finale, iniziamo a raccogliere le reazioni dei lettori, sia semplici curiosi, sia amanti delle passeggiate in Brera, sia dei residenti nella zona: vi piace la proposta contenuta nei rendering? Soprattutto, pensiamo a come separarci da tutte le auto e gli scooter parcheggiati in Largo Treves?
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Flavio Verri. Avvocato, consigliere del Municipio 5 dove è nato e cresciuto e di cui conosce ogni angolo e ogni storia.
Flavio VERRI: “la mia Milano sarà una CITTÀ d’ACQUA”
Flavio Verri
La cosa che ami di più di Milano?
Il suo essere Milano, in tutto e per tutto, innovativa e freddamente accogliente, quel posto dove (come diceva Lucio Dalla) uno ti fa una domanda in tedesco e l’altro ti risponde in siciliano.
Quella che invece ti piace di meno?
L’aver rallentato negli ultimi decenni quella forza propulsiva e pioneristica su diversi aspetti rispetto agli anni ’80 e ’90.
Il tuo locale preferito?
La taverna Moriggi, un salto nel passato, non so se esista ancora.
Il tuo passatempo preferito a Milano?
Nella bella stagione biciclettare senza impegno nel Parco Agricolo Sud Milano con meta Chiaravalle, durante tutto l’anno girare e ammirare la città in scooter.
Credits: naviglilombardi.it – Parco Agricolo Sud
La canzone su Milano a cui sei più legato?
El Tambur de la Banda d’Affori, esempio di ironia meneghina
Il luogo dei dintorni di Milano che ami di più?
Macconago e Chiaravalle.
Castello di Macconago
La cosa più bella che ti è capitata a Milano?
Troppe: nascerci, crescerci, lavorarci, viverci. E poi a Milano ho anche conosciuto quella che è diventata mia moglie.
La fermata della metro a cui sei più affezionato (e perché)?
Duomo, sin da bambino punto di approdo nel cuore della città e fermata dalla quale potevo dirigermi con la metrò verso altri ambiti cittadini arrivando dalla periferia con il tram 24.
La cosa più curiosa che hai visto a Milano?
I sempiterni fenicotteri rosa di Villa Invernizzi in via dei Cappuccini.
Fenicotteri a Villa Invernizzi – foto di andrea cherchi (c)
Il quartiere che ami di più?
Il Vigentino, quartiere Fatima, vengo da lì e credo proprio che un giorno dipartirò sempre da lì.
Caro Sala ti scrivo… (cosa chiederesti al sindaco per rendere Milano ancora migliore)?
Chiederei al Sindaco una maggiore attenzione per la città e i suoi cittadini, mi piacerebbe vedere qualche ghisa in più per le strade, mi piacerebbe che le trasformazioni urbanistiche non appaiano come dei funghi sparsi ma rientrino in un disegno complessivo più lineare e coerente, mi piacerebbe che a Milano si possa sempre scegliere di circolare a piedi, in bici, con i mezzi pubblici ma anche con le auto che non meritano di essere così vituperate.
Milano città stato: sei a favore oppure no a che Milano abbia un’autonomia simile a una regione o a una provincia autonoma, come l’hanno le principali città d’Europa?
Milano potrebbe essere veramente un laboratorio ideale per sviluppare forme di maggiore autonomia ma rispetto ad altre città europee siamo dimensionalmente molto più ridotti, potremmo iniziare a chiedere maggiori poteri e più autonomia per la regione Lombardia.
Se dovessi lasciare Milano in quale città ti piacerebbe vivere?
Lascerei Milano, con dolore, solo per una città di mare, Barcellona sarebbe una delle candidate.
Credits 3856969-pixabay – Barcellona
Se avessi due miliardi per Milano che cosa faresti?
Li impiegherei per contribuire alle spese di realizzazione di una linea metro, come la M6, che possa servire lo spicchio sud di Milano lungo la via Ripamonti.
Un sogno per Milano: qual è il tuo più grande auspicio per il futuro di Milano?
Milano pensata anche come città d’acqua, se avessimo un corso d’acqua minimamente navigabile che si addentrasse per Milano e nel suo centro più di quanto lo siano i navigli attuali, la città diventerebbe ancora più bella e avrebbe ancor più fascino, pensiamo tra le tante a una Parigi, Londra, Copenaghen o Praga.
Credits Andrea Cherchi – Vicolo dei Lavandai, Navigli
Ogni giorno Milano Mia su milanocittastato.it: l’intervista a personaggi innamorati di Milano
MILANO CITTÀ STATO
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Negli ultimi due anni gli organi di informazione ci hanno invaso di esperti.
Apparentemente sembrano esperti degli argomenti che trattano, ma in verità sono chiamati a commentare in quanto esperti del dogma che promuovono.
Qualunque cosa accada vengono invitati a commentare dei personaggi che già dalla loro apparizione si sa già dove vogliono portare lo spettatore. Il loro fine evidente non è descrivere o analizzare il fatto secondo la loro competenza specialistica, bensì strumentalizzarlo secondo la convenienza del punto di vista ideologico a cui appartengono.
Per certi aspetti è come se in un dibattito scientifico, culturale o di attualità si chiamassero solo dei teologi, cosa che del resto avveniva fino all’Ottocento, quando a giudicare le scoperte delle scienze naturali erano gli esegeti della Bibbia che dovevano verificare la coerenza della scoperta con il dogma dell’origine divina della creazione del mondo.
Come in passato i sacerdoti del dogma indossavano tuniche e abbigliamenti ben definiti, forse servirebbe che gli esperti di dogmi contemporanei fossero riconoscibili inequivocabilmente per non inquinare il pensiero di chi li ascolta.
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La metropolitana milanese è utilizzata quotidianamente da circa 1 milione di persone, ognuna con la propria vita e la propria storia. Abbiamo raccolto storie e testimonianze bizzarre avvenute sulla metro di Milano. Ecco le più pazze.
COSE ASSURDE viste sulla METRO di Milano
# Il viaggiator confuso: “È questa la linea per raggiungere la stazione Tiburtina?”
“Scusi, per andare alla stazione Tiburtina?”
“Poco prima dell’arrivo della pandemia, appena fuori dalla metro di Porta Romana, mi ferma una giovane mamma francese con due bambini appresso. Mi chiede: È questa la linea per raggiungere la stazione Tiburtina?” (Marco R.)
# La ragazza col topolino
Ph. Rob Owen-Wahl (Pixabay)
“Ragazza di 15-16 anni con topolino in una scatola: andava in giro in skate nei corridoi della metropolitana” (Jessica E.)
# L’uomo con un gatto al collo
Ph. Engin Akyurt (pixabay)
“Sulla gialla ho visto un uomo con un gatto intorno al collo tipo collo di pelliccia. Vivo.” (Viviana D.)
# Il procione di De Angeli
Credits dagospia – Procione al guinzaglio a Milano
“Un procione al guinzaglio. Scesi a De Angeli M1” (Milva G.)
# Un uomo in giacca e cravatta. E boxer
www.mondoaeroporto.it
“Ho visto uno in giacca e cravatta e boxer, sulla gialla. Con invidiabile nonchalance ha fatto tutto il tragitto come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.” (Viviana D.)
# Il piccione viaggiatore
Ph. Liguriaoggi.it
“Un piccione che saliva a Inganni e scendeva a Gambara. Tutte le mattine” (Elisabeth S.)
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