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5 parchi sorprendenti nei dintorni di Milano (mappa)

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Credits: @mipaco IG

Scopriamo insieme quali sono i 5 parchi più sorprendenti a pochi chilometri da Milano.

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5 parchi sorprendenti nei dintorni di Milano (mappa)

#1 Oasi LIPU di Cesano Maderno (Parco delle Groane): il paradiso dei birdwatcher

Credits: @marco.man74 IG

Con i suoi quattro chilometri di sentieri e una pista ciclabile longitudinale, questa Oasi permette di immergersi completamente nella natura.

L’Oasi LIPU, nonché Parco Regionale delle Groane e della Brughiera Briantea più esteso, permette ai suoi visitatori di attraversare boschi e brughiere, anche con l’ausilio di percorsi interattivi e didattici che rendono la scoperta dei suoi microhabitat più divertente, soprattutto per i bambini.
Quest’area protetta e ricca di biodiversità è particolarmente adatta ai birdwatcher. Infatti, tra i tanti, possono ammirare i particolarissimi martin pescatore, airone rosso e numerosi rapaci diurni e notturni.

Ma non è tutto: l’Oasi accoglie anche animali caratteristici delle zone umide e, nel suo folto bosco e nel ricco sottobosco, ospita piccoli mammiferi, tra cui la specie protetta dello scoiattolo rosso.

#2 Il Bosco WWF di Vanzago e i suoi animali selvatici

Credits: @bosco_wwf_vanzago IG

Nella campagna a circa 20 km da Milano, si estende questa bellissima riserva naturale.

Al suo interno, ha sede un Centro di Recupero per Animali Selvatici (CRAS). Questa speciale struttura ha lo scopo di accogliere, curare, riabilitare e reinserire in natura tutti gli esemplari di fauna selvatica autoctona.

Le attività proposte sono diverse: dall’educazione ambientale alle visite guidate fino ai laboratori esperienziali nella natura per i più piccoli.

#3 Oasi di Sant’Alessio a Pavia con il bradipo didattilo e l’orsetto del miele

Credits: @mipaco IG

Questo posto destinato alla natura è il primo centro italiano ad aver creduto nella reintroduzione delle specie a rischio nell’ambiente. Infatti, tra i grandi traguardi raggiunti, c’è la reintroduzione della cicogna bianca. Ma non solo: in collaborazione con la LIPU, è stata la prima in Italia a riprodurre il falco pellegrino, liberandone anche alcuni in natura.

Anche qui, le attività non mancano: ci sono percorsi adatti a visitatori di tutte le età. E si possono incontrare moltissime specie animali, dagli uccelli europei ai mammiferi, tra cui il bradipo didattilo e l’orsetto del miele.

Il suo sfondo è anche arricchito da un suggestivo castello ricco di storia.

#4 Oasi di Baggero (Parco Regionale della Valle del Lambro) con i suoi due laghi

Credits: @oasidibaggero IG

In Alta Brianza, si può visitare questa riserva naturale ospitata nel Parco Regionale della Valle del Lambro.

L’Oasi si sviluppa intorno a due piccoli laghi, un tempo cave per produrre cemento poi bonificate. È il luogo perfetto dove organizzare un picnic con la propria famiglia famiglia e avventurarsi in una camminata a contatto con la natura, attraverso percorsi che offrono l’opportunità di esplorare tutto lo spazio circostante.

#5 Parco degli Aironi di Gerenzano

Credits: @ren__landscape IG

Un’area verde in provincia di Varese che propone diverse attività adatte per tutti. Dalle visite guidate, ai momenti dedicati all’educazione ambientale, ai moduli didattici per le scuole per l’apprendimento delle materie scientifiche.

Il Parco degli Aironi è un habitat naturale costituito sia da un lago sia da varie aree boschive. Non si occupa solo dei diversi mammiferi autoctoni presenti, ma anche di diverse specie di uccelli, rendendo questo spazio verde una tra le mete preferite per gli appassionati di birdwatching.

Continua la lettura con: Il parco urbano più grande del mondo

ALESSIA LONATI

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Milano è l’unica città al mondo a chiamare Chinatown col nome originale del quartiere

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credits: automoto.it - Paolo Sarpi

Un mix unico tra una “nuova” comunità cinese e le vecchie botteghe artigiane di quartiere. Su questi due pilastri si fonda uno dei distretti più identitari del mondo, un borgo unico che in pochi metri profuma di spezie orientali e panettone.

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Milano è l’unica città al mondo a chiamare Chinatown col nome originale del quartiere

# El borg dei scigolatt

credits: giovannaferrante.it

A differenza di tutte le Chinatown del mondo, Sarpi mantiene le sue caratteristiche di borgo milanese. Di fronte ad ogni epoca storica, il quartiere si è sempre trasformato tenendo il passo dei cambiamenti, oggi infatti si trova ai piedi dello skyline più moderno d’Italia. Forse la natura di questo borgo è proprio quella di dettare i tempi, eppure ancora oggi tra vicoli di Sarpi riecheggiano, quasi per magia, alcune espressioni perdute, come Nirone, Borgh dei scigolat, o quartiere degli ortolani.

Se è facile immaginare come sia giunto fino a noi il vecchio nome del quartiere, quanti conoscono il Nirone e come fa a sopravvivere ancora oggi? È la memoria atavica dei luoghi, quella tramandata di generazione in generazione e che ha tenuto in vita le origini di uno dei luoghi oggi più cool di tutta Italia, evoluto intorno a diverse arterie che rappresentano la sua anima.

Il primissimo borgo si sviluppa intorno ad un corso d’acqua che nasce verso Cesate, attraversa Milano da Nord a Sud e giunge a San Giuliano Milanese, fin dai tempi dei romani. Il nome di questo corso d’acqua è torrente Nirone che, grazie alla sua importanza, ha fatto nascere nei pressi del suo alveo una tradizione contadina rilevante. Con il passare dei secoli sono nate nella zona le cascine tipiche milanesi, dove gli ortolani potevano coltivare e vendere direttamente i prodotti agricoli, in preponderanza le cipolle, i “scigol”.

# Un borgo coi record

credits: Lombardia Beni Culturali

Paolo Sarpi non è il classico borgo dove il tempo sembra essersi fermato. È semmai il contrario, perché il tempo (che passa) abita da tutt’altra parte. Sarpi si trasforma da sempre e gli unici luoghi in cui al tempo è concesso di fermarsi a riposare, sono un campanile romanico, resti di un remoto monastero, e la Chiesa di S. Ambrogio ad Nemus, accreditata come il primo monastero al mondo dove si è insediata la comunità di San Martino di Tours, che ha dato origine alla vita monastica occidentale.

La chiesa di S. Ambrogio ad Nemus, oggi sconsacrata, ha un’altra caratteristica fondamentale, acclarata tramite uno scritto di Papa Gregorio XI del 1375. Ancora prima della dedicazione al santo patrono di Milano, il Pontefice scrive come certamente in quel luogo fosse solito recarsi Sant’Ambrogio per «godere più divotamente, in solitudine, i conforti della contemplazione divina», come riportato da Urban File.

Sarpi è uno dei luoghi preferiti da S. Ambrogio e questo lo rende più milanese di tanti altri angoli, seppure caratteristici, creando un legame perenne con la milanesità.

# La nuova arteria: Paolo Sarpi

credits: urbanfile

Una volta ricoperto il torrente Nirone, ormai compromesso dalla confluenza di altri torrenti e canali inquinati, anche il quartiere degli ortolani ha ceduto il passo alla modernità della metropoli. L’arteria da cui si sono generati i nuovi insediamenti diventa pertanto la lunga Via Paolo Sarpi. Da lì si diramano numerose strade e vicoli caratteristici, dinamici e travolgenti.

Il quartiere inizia a prendere le sembianze che conosciamo noi oggi, i cortili interni dei palazzi e le rimesse al piano terra sono perfetti per ospitare le botteghe artigiane, così ogni mestiere è ben presto rappresentato. Queste stesse caratteristiche sono quelle che fanno insediare i laboratori cinesi.

Una prima delegazione di cinesi si affaccia a Milano negli anni ’20 del secolo scorso, in viaggio dalla Francia dove erano impiegati come manovalanza in sostituzione dei francesi impegnati sul fronte della prima guerra mondiale. Questa delegazione si stabilisce in Via Canonica, la Chinatown prima di Chinatown e i suoi membri provenienti dalla regione dello Zhejiang, da Wenzhou in particolare. Deve essere stato amore a prima vista: i cinesi immigrati in Italia erano definiti Wenzhouren, ovvero “gente di Wenzhou”, che in Cina serve anche per identificare persone dalla spiccata volontà imprenditoriale.

Milano l’imprenditoria come destino, non potevano approdare in un posto più adatto. Questi primi immigrati cinesi sono attratti dall’eccellente industria della lavorazione della seta a Como e, come per gli artigiani meneghini, trovano ideale sistemazione negli edifici di Via Canonica e dintorni.

# Wang Sang prim cinés el derva bottega

credits: wikiwand

Una poesia di Sergio Gobbi racconta del Sig. Wang Sang, il primo che ha aperto bottega per la lavorazione della seta, destinata alla produzione di cravatte. Già in epoca fascista, la zona inizia ad essere battezzata “quartier generale dei cinesi” e, durante la seconda guerra mondiale, la manifattura cinese si converte alla lavorazione della pelle per rifornire di cinture e accessori militari i soldati italiani e tedeschi.

La comunità cinese assorbe la caratteristica del quartiere in cui abita e lavora: si adatta ai cambiamenti e affronta il futuro quando si presenta. Questa impronta culturale della città ha fatto evolvere la comunità cinese di Milano, molto di più di quanto ha fatto la crescita demografica dei Wenzouren. Oggi la comunità cinese di Milano conta quasi 30.000 membri, sparpagliati in tutta la città.

Per le peculiarità inclusive di Milano e i suoi abitanti, ogni zona è accogliente per la comunità cinese, ogni blocco di strade potrebbe diventare Chinatown. I cinesi a Milano hanno la loro Chinatown ma non lo sanno, perché invece di imprimere il carattere cinese al luogo, assorbono quello meneghino per sé stessi.

# L’identità di Milano è ancora più forte

credits: Morabito Immobiliare

Perché proprio nella città di Milano, a forte vocazione internazionale, la prima in Italia per la diffusone della lingua inglese ad alto livello, si fa fatica a identificare il quartiere cinese con il più simbolico nome di Chinatown? Siti e varie guide turistiche possono provarci, come in effetti fanno, ma la verità è che a Milano Sarpi è Sarpi, che si traduce praticamente un modo di essere.

La presenza cinese è numerosa, ma l’identità del borgo è ancora intatta. Molto ha fatto l’inclusione di Milano verso i flussi migratori, che dopo 100 anni di integrazione, danno un senso nuovo alla parola comunità: né cinese né italiana, ma milanese.

Grazie alla collaborazione tra le due radici, Sarpi diventa zona pedonale e facilita il flusso di turisti e curiosi in giro per negozi. Oggi trovano spazio i tipici mestieri cinesi, mischiati alle nuove tecnologie e alle tradizioni secolari di storici esercizi milanesi. Finisce così che un’antica macelleria meneghina diventa fornitrice di carne per alcuni celebri ristoranti e raviolerie. Oppure che i professionisti cinesi impazziscono per una delle pasticcerie più rinomate di Milano, famosa anche per il panettone artigianale.

Tutti insieme indossano o regalano cappelli prodotti da una delle manifatture più illustri di Milano, o magari pranzano insieme a base di ravioli al vapore e anatra all’arancia, costituendo la linfa vitale di questa nuova arteria che diventa, allo stesso tempo, un osservatorio speciale per immaginare il prossimo futuro che si proietta verso l’integrazione estrema.

Aspettiamoci da un momento all’altro un pasticcere sino-milanese alle prese con la lievitazione dei panettoni e che – magari – tenterà di trasformarlo in street food, con tanto di bacchette!

Continua a leggere con: Via PAOLO SARPI e le chicche di Chinatown: breve guida al quartiere più di tendenza nel cuore di Milano

LAURA LIONTI

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I paesi della Sicilia dove si parla il lombardo

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Credits nebrodi24.it - Lingua gallo-italica in Sicilia

Il gallo-italico di Sicilia o i “lombardi di Sicilia” è una minoranza etno-linguistica originaria del nord Italia ancora presente in alcune località dell’isola. Scopriamo dove affonda le radici questa lingua e in quali paesi è diffusa.

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I paesi della Sicilia dove si parla il lombardo

# I “Lombardi di Sicilia” sono una minoranza etno-linguistica originaria del nord Italia ancora presente in alcune località dell’isola

Credits gabriele_logiudice_ IG – Novara di Sicilia

In alcuni comuni della Sicilia centro-orientale è ancora presente una parlata, una minoranza etno-linguistica, originaria dell’Italia nord-occidentale: i lombardi di Sicilia, altrimenti detti gallo-italici di Sicilia. Questa parlata affonda le sue radici nella conquista normanna dell’isola nel 1961 con la presa di Messina. I primi lombardi arrivati in Sicilia furono dei militari al seguito del condottiero bizantino Giorgio Maniace nel 1038 e nell’arco di due secoli si stima che siano stati circa 200.000 i lombardi immigrati in Sicilia. Non è un caso infatti che queste comunità gallo-italiche vengano tradizionalmente chiamate Lombardia siciliana o Sicilia lombarda e che si parli di “colonie lombarde di Sicilia”, “comuni lombardi di Sicilia”, “paesi lombardi della Sicilia” e “dialetti lombardi di Sicilia”.

# Sono sei i principali centri siciliani dove si parla il “lombardo”

Credits nebrodi24.it – Lingua gallo-italica in Sicilia

In Sicilia sono sei i principali e più conservati centri della minoranza linguistica Gallo Italico e che pertanto rientrano per la loro parlata alloglotta gallo italico nel Libro delle Espressioni del “Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia” istituito dalla Regione Siciliana: Piazza Armerina, Nicosia, Aidone, Sperlinga, San Fratello e Novara di Sicilia. Questa parlata di origine lombarda, o meglio longobarda, viene utilizzata ancora nei rapporti interpersonali a Sperlinga, Nicosia, San Fratello e Novara di Sicilia, usata invece solo in funzione ludica e poetica a Piazza Armerina e Aidone. Dai residenti rimane facilmente compreso, in una specie di naturale bilinguismo sentito come valore d’identità cittadina. 

Altre località in cui si riscontra una forte eredità lombarda sono  Acquedolci, San Piero Patti, Montalbano Elicona e Fondachelli-Fantina.

Continua la lettura con: Il PAESE a forma di UOMO

FABIO MARCOMIN

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“Una vita in vacanza”? Milano nella top 10 mondiale!

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Si chiama “workcation”: significa la pratica di unire lavoro e tempo libero, un modo per “una vita in vacanza”, insomma. Milano sembra il posto migliore da dove fuggire per le vacanze invece no: arriva una classifica con un risultato a sorpresa. 

“Una vita in vacanza”? Milano nella top 10 mondiale!

# Milano la nona migliore città al mondo per le “workcation”

Credits: unadonna.it – Lavoro al mare

Spesso le classifiche internazionali premiano Milano. Ma forse la più inaspettata è questa: Milano è tra le migliori città al mondo per le “workcation”, ovvero la pratica di combinare lavoro e tempo libero per prolungare le vacanze. I risultati sono pubblicati dal ‘Work from Anywhere’ (Wfa), il barometro annuale di International Workplace Group, il più grande operatore al mondo di spazi di lavoro flessibili e ibridi. 

A ogni città oggetto dello studio è stato assegnato un punteggio in base a clima, cultura, alloggio, trasporti, cibo e bevande, felicità, banda larga, sostenibilità e disponibilità di spazi di lavoro flessibili. Il punteggio complessivo proietta Milano nella top ten mondiale, dove ai primi tre posti ci sono: Budapest, Barcellona e Rio de Janeiro.

# Il primo posto di Budapest e le tre sorprese in classifica

Credits JStolp-pixabay – Budapest

Milano è premiata grazie a clima, cultura, cibo, trasporti, banda larga e disponibilità di spazi di lavoro flessibili. Sorprende anche il primo posto di Budapest, che eccelle per i prezzi dei trasporti e degli alloggi, la velocità della banda larga e la disponibilità di spazi di lavoro flessibili. Esiste una stretta connessione tra lavoro da remoto e vacanze: secondo lo studio  l’84% dei lavoratori ibridi ha esteso, o pensa di farlo, una vacanza per lavorare da remoto. Tra le mete emergenti: Austin in Texas, Podgorica in Montenegro, La Valletta e Marrakech in Marocco. 

Fonte: AdnKronos

Continua la lettura con: Le estensioni della metro di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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L’unico Nobel italiano per la Chimica è di Milano: la sua invenzione la usiamo tutti ogni giorno

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La targa sulla casa di Imperia dove è nato Natta

L’ingegnere chimico e accademico italiano, Giulio Natta, si aggiudicò il premio Nobel per la chimica insieme a Karl Ziegler nel 1963. Questo premio gli venne attribuito per la scoperta nel campo della chimica e della tecnologia dei polimeri che danno vita ai materiali plastici.

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L’unico Nobel italiano per la Chimica è di Milano: la sua invenzione la usiamo tutti ogni giorno

# Giulio Natta, il chimico che dedicò la sua vita alle proprietà delle molecole

Credits: old.tekneco.it

Giulio Natta, ingegnere chimico e accademico italiano, nacque a Imperia ma trascorse quasi tutta la vita a Milano: si laureò al Politecnico in Ingegneria industriale dove successivamente divenne anche allievo interno all’Istituto di Chimica generale e inorganica del Politecnico. Incaricato di chimica analitica al Politecnico e successivamente di chimica fisica alla Facoltà di Scienze dell’Università di Milano, Natta si distinse per alcune sue ricerche in cristallografia e in chimica industriale inorganica. Grazie alla sua intuizione e alle competenze acquisite in ambito scientifico durante gli studi, dedicò tutta la sua vita alle proprietà spaziali delle molecole.

# L’azienda Montecatini il centro operativo di Natta e Ziegler

Credits: lombardiabeniculturali.it

Nel 1952, venuto a conoscenza delle capacità dello scienziato tedesco Ziegler, lo invitò a Milano per lavorare assieme a un progetto che avrebbe portato successivamente alla scoperta di nuove molecole. Città Studi divenne il loro centro operativo, nello specifico l’azienda Montecatini offrì loro un posto per condurre il loro lavoro di ricerca.

# Il primo e unico premio Nobel per la chimica Italiano

Credits: ansa.it

Nel 1954 ci fu la svolta. Dopo un intenso lavoro, inventarono il “polipropilene isotattico“, dal quale deriverà successivamente la plastica. Grazie a questa scoperta i due riuscirono ad aggiudicarsi il premio Nobel per la chimica nel 1963, riconoscimento a livello mondiale che attesta la loro intuizione e le capacità in ambito scientifico. Da ricordare inoltre che sarà il primo e l’ultimo premio Nobel per la chimica vinto da uno scienziato italiano. 

# Il tavolo da lavoro è conservato in un Museo

Credits: hpeinternational.com

Ancora oggi il tavolo da lavoro di Giulio Natta è conservato al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, dove si possono osservare tutti gli strumenti che lo scienziato, venuto a mancare il 2 maggio del 1979, ha utilizzato per dare vita a uno dei materiali più utilizzati degli ultimi anni, la plastica.

Continua la lettura con La rivoluzione di Milano: modello di CITTA’ IBRIDA dove arti e scienze si fondono

MARCO ABATE

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Non solo Livigno: 10 cose imperdibili per una vacanza in Valdidentro

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Credits: milanosguardinediti.com - Bagni e vecchi e nuovi

Per gli amanti della montagna, o per chi semplicemente quest’anno ha scelto di non andare al mare approfittandone per scoprire e valorizzare la Lombardia, abbiamo selezionato un itinerario alla scoperta delle bellezze della Valdidentro, comune alpino a metà strada tra Bormio e Livigno, meta ideale per il turismo montano estivo.

Valdidentro, composta dall’unione dei borghi alpini di Isolaccia, Pedenosso, Semogo e Premadio, è un territorio ricco di natura, testimone di un affascinante passato che vale la pena di essere ammirato sotto ogni punto di vista, così come i suoi dintorni.

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Non solo Livigno: 10 cose imperdibili per una vacanza in Valdidentro

#1 Cascata Crap de Scegn

Credits: apenninista.altervista.org – Cascata Crap de Scegn

Questa caratteristica cascata, le cui acque si tuffano verso il borgo di Isolaccia da un altezza di circa 70 metri, è avvolta da una serie di leggende popolari risalenti al XV-XVI secolo in cui si addita tale luogo come ritrovo notturno di streghe o, addirittura, la nascita della fenditura della roccia dovuta ad una calamità che travolse nel 1505 un gruppo di zingari rei di omicidio. Leggende a parte, è possibile salire fino in cima alla cascata, in località Sant’Antonio, e da lì ammirare un panorama mozzafiato della valle sottostante, vero balcone naturale sul borgo di Isolaccia.

#2 Valle di Fraele: le due torri medievali e i suoi laghi alpini

Credits: puntidifuga.net – Torri

Proprio sopra l’abitato di Livigno immersa nel Parco Nazionale dello Stelvio, la Valle di Fraele coi suoi laghi e corsi d’acqua è una tappa obbligata per gli amanti della montagna. Porta d’ingresso alla valle sono le due torri medioevali a difesa dell’antica strada alpina che collegava la Valtellina all’Engadina, tanto che per attraversarle bisognava pagare un dazio di dodici denari per ogni carico trasportato.

Credits: puntidifuga.net – Valle di Fraele

All’interno della valle l’occhio può perdersi ad ammirare le sue bellezze naturalistiche, tra il lago naturale Scale, alimentato da sorgenti sotterranee, e i due laghi artificiali di Cancano. Numerosi sono i percorsi che qui si possono prendere e che conducono anche alla bellissima Val Müstair, nei Grigioni.

#3 La Chiesa di San Martino e la sua cinta fortificata

Credits: valtellina.it – Chiesa di San Martino

Arroccata su uno sperone roccioso sopra il borgo di Pedenosso e dedicata ai SS Martino e Urbano, questa chiesa è quasi unica nel suo genere, caratterizzata da una cinta fortificata attorno al vero e proprio luogo di culto. Fondata probabilmente già in epoca carolingia, utilizzata come chiesa/fortezza durante le fatidiche guerre di religione che imperversarono in queste terre dal 1620 al 1639, questa chiesa è la silenziosa testimone di un passato quasi mai ricordato, la secolare dominazione Grigionese a cui è legata l’intera Valtellina.

Dai suoi porticati è possibile ammirare le verdi montagne circostanti, mentre l’interno rievoca lo stile barocco alpino tipico della controriforma cattolica.

#4 Cima Piazzi, la vetta più alta dell’Alta Valtellina: per alpinismo o per trekking

Credits: cimapiazzi.it – Cima Piazzi

Coi suoi 3440 metri, la Cima Piazzi è la vetta più alta dell’Alta Valtellina, imperdibile ascesa per gli amanti dell’alpinismo. Partendo da Isolaccia lungo un percorso che attraversa verdi pascoli, cappelle votive e malghe si sale sempre più fino a che il percorso diventa più tecnico, la cima di questa montagna, resa celebre dall’acqua Levissima, vi farà sentire dei veri alpinisti alla Reinhold Messner. Per chi preferisce del semplice trekking, il consiglio è quello di salire in poche ore fino alla seicentesca chiesa di San Colombano, un luogo dalla vista altrettanto mozzafiato circondato da pascoli a 2475 metri.

#5 La Chiesa di San Gallo, la più bella di tutta la Valtellina

Credits_ bormio-eu – Chiesa di San Gallo

È senza dubbio la chiesa più bella di tutta la Valtellina, con la sua bianca mole e l’alto campanile svettante nel verde dei prati circostanti lungo l’antica via che un tempo univa i commerci tra il nord e il sud dell’Europa. La chiesa, risalente probabilmente all’epoca carolingia, è dedicata a San Gallo, discepolo irlandese di quel Colombano che portò il cristianesimo celtico nell’europa continentale fino a Bobbio, che evangelizzò gran parte dei territori svizzeri.

Un’aura di pace e silenzio avvolge questa chiesa, circondata dal suo tipico cimitero, e la sua misteriosa storia che la vuole parte di un monastero attivo per l’ospitalità dei viandanti lungo la via. Una meta ideale per gli amanti delle camminate a contatto con la natura e per gli appassionati di arte che troveranno pane per i loro denti nell’osservare gli interessanti affreschi quattrocenteschi al suo interno.

#6 La “Vasca di Leonardo”

Credits: milanosguardinediti.com – Bagni e vecchi e nuovi

Erroneamente associate a Bormio, il celebre complesso termale dei Bagni Vecchi e Nuovi è parte del comune di Valdidentro, meta ideale per una giornata di totale relax tra le acque termali delle numerose vasche, in particolare di quella panoramica all’aperto con una vista sulle verdi montagne circostanti. Un luogo capace di affascinare nei secoli personaggi storici quali Ludovico il Moro, Leonardo da Vinci e l’arciduca di Ferdinand von Tirol e ancora oggi meta ideale per un romantico soggiorno lontano dai pensieri cittadini.

Se di salire ai Bagni, vecchi o nuovi non importa, non ne avete voglia o tempo, potete optare per la cosiddetta “vasca di Leonardo”, una piscina termale naturale proprio sotto gli stabilimenti dei Bagni, lungo il torrente Braulio, utilizzata in passato per dai pastori locali. La scelta a livello termale devo dire che non manca.

#7 L’Husky Village di Arnoga, un angolo di Alaska in Italia

Credtis: huskyvillage.it – Husky Village

Per gli amanti degli animali e degli sport all’aria aperta, in Valdidentro, precisamente ad Arnoga, si trova l’Husky Village – Sleddog Ranch, un luogo dove i veri protagonisti sono questi fantastici cani da slitta. In estate è possibile provare l’ebrezza di guidare delle slitte su ruote trainate da una muta di husky oppure fare delle semplici escursioni di trekking in compagnia di questi amici a quattro zampe attraverso la Val Viola.

#8 Il Forte Venini, avamposto militare a 1730 metri d’altezza

Credits: bormio.eu – Forte Venini

Ricordandoci che queste montagne son state teatro della Gebirgskrieg, la guerra bianca che combattuta proprio su queste grandi cime, è per questo che, per gli appassionati di storia ma anche per coloro che dal passato volessero imparare, nel vicino comune di Valdisotto sorge il Forte Venini. Si tratta di un fortino militare costruito nei primi anni del XX secolo a 1730 metri ed utilizzato durante la prima guerra mondiale per controllare i possibili accessi austriaci in Valtellina. Ancora oggi è possibile ripercorrerne gli ambienti interni ed esterni con tanto di trincee e camminamenti di ronda.

#9 Livigno: il “piccolo Tibet” nel cuore delle Alpi

Credits: hastoria.it – Livigno

Un escursione quasi obbligata per la sua vicinanza alla Valdidentro. Un luogo unico per gli amanti di tutti gli sport estivi, dal trekking alle semplici passeggiate, dalla mountain bike all’equitazione. E per chi non fosse sportivo, no problem, Livigno offre numerose alternative come centri termali, negozi aperti, ristoranti e locali dove rilassarsi tra un boccale di birra e l’altro prendendo anche un po di sole.

#10 La cucina valtellinese: pizzoccheri, bresaola e molto altro

Credits: valtellina.it – Cucina Valtellinese

Se dopo tutte queste escursioni vi è venuta fame, o sete, nel comune di Valdidentro si trovano diversi ristoranti in cui assaporare i piatti tipici della Valtellina, primi fra tutti Pizzoccheri, Bresaola e Sciatt.

 

Continua la lettura con: Perché trasferirsi da una grande città europea a Milano: le 10 motivazioni

MATTIA GALBIATI

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Perché a Milano si dice «Tirèmm Innànz»?

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Spesso le origini di certi modi di dire dialettali si perdono nel tempo e non è possibile spiegarli, ma in alcuni casi particolari è possibile sapere perché una determinata espressione è entrata nel parlato quotidiano: è il caso del meneghino «tirèmm innànz».

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Perché a Milano si dice «Tirèmm Innànz»?

# Un’origine eroica

tiremm innanz

Il suo significato è semplice: “tiriamo avanti”.
«Me te stee?»
«Eh, tirèmm innànz».

Dietro questa semplice espressione dialettale, però, si nasconde una storia eroica che risale a poco tempo dopo le Cinque Giornate di Milano.
Tirando le somme, il 1848 è stato un anno rivoluzionario che ha solo portato a qualche vittoria temporanea, come nel caso di Milano. Nello stesso anno gli austriaci avevano già occupato nuovamente la città e, il 10 marzo 1849, venne promulgato il seguente proclama:

«… in considerazione della aumentata pericolosità di sette e di movimenti fanatici, che tentano di contrastare l’autorità dell’Imperial-Regio Governo… chiunque sarà colto nell’atto di svolgere attività sovversiva in qualunque forma sarà consegnato alla Gendarmeria e immediatamente impiccato».

Un provvedimento severo che avrebbe dovuto costringere i ribelli a queste tre alternative: la sottomissione, l’impiccagione o l’esilio. Di fatto, però, i patrioti milanesi cercarono altre vie per diffondere i valori di libertà e indipendenza all’interno della città. Le sette continuarono a sopravvivere, tra cui anche un gruppo chiamato “Comitato dell’Olona”, che invitata il popolo a diffondere manifesti antiaustriaci.

# «Mi parli no, mi soo nagott»

tiremm innanz

Tra questi volontari, nonostante la minaccia incombente della pena di morte, c’era Amatore Sciesa (noto anche come Antonio a causa di un errore di trascrizione), un umile tappezziere che cominciò a contribuire nelle attività clandestine del Comitato nel 1850. Però, nella notte tra il 30 e il 31 luglio 1851, venne fermato in Corso di Porta Ticinese e perquisito da una pattuglia. Gli trovarono ben sedici copie di un manifesto rivoluzionario, scritto dal patriota modenese Giovanni Battista Carta (anche se non compariva il suo nome), e doveva già aver affisso delle copie lungo Via Spadari.

Sciesa venne portato al circondario di polizia e qui venne interrogato. Egli negò di conoscere la vera natura di quei manifesti, da lui scambiati per un giornaletto che una persona di sua conoscenza gli aveva passato. Il commissario ovviamente non gli credette e gli ordinò di rivelare i nomi dei suoi complici, ma Sciesa rispose: «Mi parli no, mi soo nagott».

La mattina del 2 agosto, nel cortile del Castello Sforzesco, venne istituito un processo di facciata durante il quale Sciesa venne condannato alla pena di morte tramite forca. Mentre veniva condotto verso il luogo dell’esecuzione, i gendarmi continuarono a promettergli il rilascio in cambio dei nomi dei suoi complici, ma Sciesa non fiatò. Anzi, quando passò sotto le finestre di casa sua, la sua risposta fu: «Tirèmm innànz!»

# Le due targhe in via Cantù

tiremm innanz

Alla fine Amatore Sciesa venne fucilato, invece che impiccato: secondo alcune fonti perché il boia era deceduto alcuni giorni prima, secondo altre perché non fu possibile un’impiccagione regolare a causa di un guasto alla macchina. L’uomo venne sepolto nell’allora Fopponino di Porta Vercellina.

Il caso di Sciesa servì al governo austriaco per confermare la severità delle loro leggi, promulgate appositamente contro gli oppositori del regime asburgico, ma fu anche un raro episodio di lealtà nei confronti dei proprio compagni e degli ideali rivoluzionari. Oggi due targhe in via Cantù lo ricordano: una a nome Antonio, l’altra a nome Amatore.

Continua la lettura con: La beffa del Cavallo di Leonardo a Milano

VANESSA MARAN

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Milano era una spiaggia tropicale sull’Oceano

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Spiaggia Milano

E la Lombardia era un arcipelago di isole. 

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Milano era una spiaggia tropicale sull’Oceano

# Milano si trovava nel mezzo dalle acque del Tetide 

Credits wikipedia-org – Tetide

Milano si trovava nel mezzo di un mare quasi tropicale, poco profondo e caldo, ideale per la vita dei coralli. Accadeva tra 216 e 203 milioni di anni fa, durante l’età del Norico. In quel periodo tutta la Lombardia era sommersa dalle acque del Tetite, costellato di piccole isole coperte da vegetazione. Si trattava di un braccio oceanico disposto in senso Est-Ovest che separava l’Africa settentrionale dall’Europa e dall’Asia e il cui nome deriva dalla dea greca Teti, sorella e moglie di Oceano, e madre di molte divinità fluviali e sorgive. La sua apertura iniziò circa 250 milioni anni fa, separando il blocco continentale settentrionale della Pangea, Laurasia, con quello meridionale, Gondwana, per poi iniziare a contrarsi dal Giurassico. Di quel periodo lontano qualcosa è rimasto intatto. 

# I reperti nel Museo dei Fossili di Besano

Credits museodeifossilidibesano IG – Besanosauro

Una importante testimonianza di questo fatto si può ritrovare nel Museo dei Fossili di Besano, al confine con la Svizzera, una piccola comunità affacciata sul Lago Ceresio. Al suo interno sono conservati fossili datati 240 milioni di anni fa, ritrovati nell’area di Besano e sul Monte San Giorgio che per questo motivo sono state riconosciute come bene Unesco Patrimonio dell’umanità, tra cui il più antico scorpione Protobuthus ziliolii, primo esemplare di artropode terrestre del triassico italiano, e il grande rettile marino Besanosaurus leptorhynchus. 

Proprio da Milano arrivò uno tra i primi a studiare e comprendere l’importanza del giacimento fossilifero di Besano: l’abate Antonio Stoppani, direttore del Museo di Storia Naturale di Milano e presidente della Società italiana di scienze naturali.

Fonte: Qui Como

Continua la lettura con: La MAPPA dell’EUROPA del FUTURO: il mare a Milano, Londra sott’acqua, Roma arcipelago

FABIO MARCOMIN

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Brusca fermata per la M1 a Baggio: deserta l’asta per realizzare il progetto

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Credits: Urbanfile

No money, no Baggio. Questa in sintesi la risposta al bando delle aziende che potrebbero realizzare l’estensione della M1. L’asta di aggiudicazione dell’opera è andata deserta. Troppo pochi 433 milioni per le tre nuove fermate. Ma il Comune ha già pronta la contromossa. 

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Brusca fermata per la M1 a Baggio: deserta l’asta per realizzare il progetto

# Bocciata l’unica proposta presentata

Comune di Milano – Prolungamento M1 Baggio

E’ andata deserta la gara per estendere la M1 dalla fermata di Bisceglie fino al quartiere Baggio: troppo pochi i 433 milioni per realizzare l’opera. I grandi gruppi delle costruzioni non hanno presentato offerte per la gara bandita alla fine di maggio.

In realtà una proposta è stata inviata. Da parte di un’azienda edile di piccole dimensioni, ma è stata considerata inammissibile per la carenza di requisiti tecnici necessari per un’opera di questo livello. Cosa fare ora?

# Già pronta la contromossa del Comune

Sembra che il Comune abbia già pronta una contromossa. Lo farà recuperando circa 50 milioni dallo stralcio dall’appalto del nuovo deposito dei treni. A quel punto la base d’asta resterà immutata a 433 milioni ma riguarderà un lavoro minore: solamente la costruzione della tratta di 3,3 chilometri con le tre fermate ma senza i successivi 1,7 chilometri con il relativo deposito. Ma in che cosa consiste il progetto?

# Le nuove frontiere della M1: Baggio e Monza

L’estensione della rossa a Ovest punta a Baggio, quartiere poco servito dai mezzi, che diventerà il nuovo capolinea dopo altre due fermate: Parri-Valsesia e Olmi. Secondo il piano, nel 2025 dovrebbero partire i lavori e per il 2030 la M1 dovrebbe inaugurare il nuovo capolinea. L’estensione si inserisce in un progetto più ampio riguardante M1: dall’altro lato, infatti, si punta a Monza, opera però in stallo da circa 13 anni. 

«Il prolungamento della metropolitana è estremamente importante», ha spiegato l’assessora alla Mobilità, Arianna Censi. «Non solo per migliorare e rendere più capillare il trasporto pubblico, ma anche per consentire a chi arriva da fuori Milano di lasciare l’auto ai confini della città e muoversi con i mezzi».

Continua la lettura con: Le estensioni della metro di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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La Darsena diventerà la «laguna verde di Milano»?

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Piante rampicanti e alberi in Darsena: l’idea per combattere l’isola di calore. Non solo, c’è chi dopo le Olimpiadi di Parigi rilancia: deve diventare la nostra piscina naturale. 

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La Darsena diventerà la «laguna verde di Milano»?

# La piscina naturale di Milano?

La riqualificazione della Darsena a 9 anni dalla sua realizzazione per molti risulta un’opera incompleta. In particolare l’aspetto ecologico-ambientale lascia un po’ a desiderare. C’è chi chiede che la si renda balneabile, come fatto da Parigi, e c’è che chi propone di rendere più verde tutta l’area.

# Rampicanti e alberi per trasformarla nella laguna verde di Milano

E’ il caso del progetto del laboratorio Linee d’Ombra che prevede rampicanti sulle pareti di mattoni e alberi lungo la sponda, sul lato di via D’Annunzio. L’obiettivo? L’estetica e l’ombra, per dare a Milano un luogo dove combattere il caldo estivo. 

# L’occasione perduta del “mare di Milano”: il progetto per lo Scalo Farini

mare milano milano panoramica
mare milano milano panoramica

Un’idea che non è del tutto unica: Correva l’anno 2009 quando l’internauta Zucca Architettura pubblicava su mareascalofarini.blogspot.it: «A Milano Scalo Farini è da tempo in gran parte dismesso, tutta l’area verrà presto trasformata, i pochi binari che rimarranno per giungere a Stazione Garibaldi e proseguire nel passante ferroviario potrebbero essere interrati.

Il grande spazio libero che ne deriva (circa 600.000 metri quadrati) sembra fatto apposta per accogliere il “mare a Milano”, un bacino d’acqua che diventerebbe un “rifugio balneare” prossimo al centro della città. Con la sua acqua balneabile il mare a Scalo Farini potrebbe occupare circa 350.000 m2, comprese spiagge, prati, boschi e un approdo, lungo il perimetro. Altri 100.000 m2 nel disegno sono dedicati a unaltro spazio pubblico, dove far sorgere una collina verdeggiante, abbastanza alta da fornire un punto di vista panoramico sulla città.»

Una suggestione che era stata rilanciata qualche anno dopo da Milano Panoramica che aveva realizzato un rendering molto accattivante, ripreso da tutti i media. 

Continua la lettura con: SPIAGGIA e TUFFI allo Scalo Farini? Rilanciamo il progetto per il 2030

ANDREA ZOPPOLATO

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Il parco che ha bannato i cellulari per un giorno: da provare anche a Milano?

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300 persone. Tutte assieme senza cellulare. In un parco di Amsterdam.

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Il parco che ha bannato i cellulari per un giorno: da provare anche a Milano?

Tolhuistuin è uno tra i parchi meno noti e più discreti di Amsterdam. Ma un’iniziativa di The Offline Club lo ha portato al centro delle cronache olandesi. E non solo. 

Per un giorno, i membri della comunità del Club si sono ritrovati seguendo una regola. Niente cellulari. Che cosa è successo?

Chi ha partecipato racconta che «si è creato un mondo parallelo, dove i presenti parlavano e ridevano con persone sconosciute». Non solo. Alcuni hanno trascorso il tempo leggendo un libro, altri giocavano assieme, «una bambina di 7 anni dipingeva insieme ad un uomo di 70 anni».

Alcuni artisti dipingevano o suonavano e c’era una grande attenzione per loro. Potrebbe essere un’idea da replicare anche a Milano, magari dedicando un’area verde solo a chi noon utilizza il cellulare?

Qui il video:

Continua la lettura con: Il parco urbano più piccolo di Milano

MILANO CITTA’ STATO

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Le 7 costruzioni più assurde di Milano

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Sauna d’artista di Duilio Forte

I quartieri di Milano possiedono svariati tipi di abitazioni: popolari, residenziali, di design. Ce ne sono però alcune che escono dagli schemi per la loro peculiarità.

Le 7 costruzioni più assurde di Milano

#1 Le case a igloo e a fungo

Case Maggiolina
Case a igloo

In via Lepanto, nel quartiere della Maggiolina, si nasconde uno degli esperimenti residenziali italiani più curiosi: le case a igloo e a fungo ideate dall’architetto Mario Cavallè.

Quelle a fungo purtroppo non sono più visibili, infatti sono state demolite nel 1968. Chi avesse però curiosità di sapere come potessero essere può visitarne le copie presenti a Novate Milanese.

Le case ad igloo, di cui ne sono ancora esistenti due sulle otto originarie , furono costruite nel 1946 come esperimento di architettura popolare. L’architetto Cavallè si rifece ad un modello di case circolari largamente usato all’epoca negli Stati Uniti. Il progetto era avveniristico, perché la struttura circolare permetteva libera disposizione degli interni, ma rispondeva anche alle esigenze delle famiglie sfollate del secondo dopo guerra.

#2 Casa a palafitta

Rimanendo sempre nel quartiere della Maggiolina, in via Perrone di San Martino, si trova la villa dell’architetto Luigi Figini, costruita tra il 1934 e il 1935. La particolarità è data dal fatto che la villa è appoggiata su 12 pilastri di cemento armato alti 4,34 metri. Senz’altro Figini era stato molto influenzato dai modelli del famoso Le Corbusier e ha progettato la villa dividendola con ottica moderna in una zona giorno e una zona notte. Attorno alla villa si sviluppa un rigoglioso giardino che in parte la copre. Luigi Figini visse in questa villa fino al giorno della sua morte nel 1984.

#3 Villaggio operaio di via Lincoln

Nel decennio 1880-1890 la Società Edificatrice Abitazioni Operaie (SEAO) decise di costruire un quartiere per i ferrovieri della zona di Porta Vittoria. Scelse l’area dismessa in seguito all’abbattimento della stazione di porta Tosa che non serviva più dopo la costruzione della stazione Centrale. Il progetto aveva gli stessi obiettivi del villaggio operaio realizzato a Crespi D’Adda da Cristoforo Crespi per i lavoratori del suo cotonificio.
Il progetto del quartiere però non fu mai completato a causa dell’arrivo delle due guerre mondiali e della conseguente difficoltà a trovare i fondi.
Ogni casa possiede un giardino privato che originariamente era stato pensato come orto e quindi fonte di sostentamento.
I proprietari delle case, nel tempo, le hanno abbellite colorando le facciate dal rosa all’azzurro e con verde, giallo e viola ottenendo così un effetto cromatico spettacolare.

#4 Via Porlezza

Via Porlezza è una piccola via situata vicino a via Dante. È tanto piccola quanto incredibile: ha infatti tre caratteristiche che la rendono unica nel suo genere. Innanzitutto possiede la chiesa più corta di Milano. Essa non è che la parte rimanente di una antica chiesa benedettina. Il locale di 72 mq è ora posseduto dalla chiesa ortodossa russa che utilizza anche un piccolo anfiteatro in abbandono, posizionato in fronte alla chiesa e che costituisce la seconda peculiarità della via. Ultima chicca di via Porlezza è una casa tagliata a metà in orizzontale. Originariamente era un edificio distrutto da una bomba durante il secondo conflitto bellico. Di essa rimane il numero civico, l’ingresso principale e un cancello. Ora è un parcheggio privato.

Leggi anche: Le tre STRANEZZE di via Porlezza, la strada più bizzarra di Milano

#5 Atelier Forte

Stoccolma, Milano

 

Qualche anno fa il designer svedese-milanese Duilio Forte ha acquistato una ex fabbrica tessile di cinquemila metri quadrati situata in via Corelli 38 per trasformarla nella sua abitazione-studio. L’artista ha voluto sperimentare delle idee innovative dal punto di vista architettonico creando un paesaggio ecogotico in città. Se osservassimo dall’esterno tale costruzione, potremmo vedere una palafitta con le sembianze di un gigantesco cavallo che si innalza in mezzo alla natura e a costruzioni goticheggianti. Forte stesso spiega la sua decisione: “[…] amo le botole, le scorciatoie, il senso di smarrimento. Chi viene nella mia abitazione assiste a un disorientamento che sfocia nel turbamento alla vista del cavallo […] dalle lunghe gambe esposto nel giardino, molto simile a una palafitta alta dieci metri.”

#6 La casa 770

Camminando per via Poerio, arrivati al numero 35, ci si imbatte in una curiosa abitazione. Per un attimo ci si dimentica di essere a Milano. Tale edificio non è che uno dei tredici esemplari di riproduzione della casa 770 dell’ Eastern Parkway di Brooklyn. Negli anni 40 del XX secolo, alcuni ebrei ortodossi comprarono tale edificio per fornire alloggio al rabbino Yoseph Yitzchok Schneerson in fuga dalle persecuzioni naziste. Alla sua morte divenne dimora del rabbino Menachem Mendel Schneerson che ne fece luogo di pellegrinaggio e di culto, tanto che tale casa fu replicata in diversi luoghi al mondo.

#7 il Villaggio finlandese

quartiere scandinavo
Credits: milanotoday.it

Nel secondo dopoguerra la ditta svedese Saffa donò del legno al Comune di Milano e quest’ultimo decise di usarlo per costruire delle abitazioni nella zona dell’attuale via Primaticcio/ via Cascina Corba. Il comune si ispirò ai villaggi scandinavi nella costruzione infatti la nuova area fu battezzata Villaggio Finlandese e fu realizzata tra il 1947 e il 1953. Tali casette erano state studiate come un rimedio di emergenza per gli sfollati dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. A dispetto di ciò tali edifici furono però occupati quasi interamente da immigrati veneti e meridionali. Ancora oggi la zona è composta da lotti piccoli e contigui, con case unifamiliari di un piano unico e con un giardino privato.

Continua la lettura con: Assurdità dei mezzi pubblici di Milano

GIULIA PICCININI

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Brianza Mon Amour: 5 attrazioni che rendono unica la terra a nord di Milano

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Quando si parla di Brianza, a Milano la maggior parte delle persone pensa ad una “terra” fatta solo di aziende e mobilifici, i cui paesi sono raggruppati in quella provincia costituita pochi anni fa con capoluogo Monza, una città che è sì geograficamente brianzola, ma che non ne è il cuore.

Si pensa sempre ad un popolo di lavoratori, artigiani, falegnami ma la Brianza è molto di più. Innanzitutto non è grigia ma verde, per la sua vasta natura, e soprattutto non ha un “confine” provinciale in quanto comprende ben tre province: Monza e Brianza, Lecco e Como.

Brianza Mon Amour: 5 attrazioni che rendono unica la terra a nord di Milano

La Brianza è una terra ricca di storia, natura e arte, grazie a un territorio morfologicamente vario che comprende pianure, colline, laghi e montagne. Una terra amata dai suoi abitanti ma anche dalla nobiltà milanese, che qui scelse di vivere e costruire le proprie ville di delizia, e tuttora scelta dai milanesi DOC che, stufi di vivere nel caos della metropoli, hanno abbandonato la città per stare in un contesto più calmo e appagante.

La Brianza è quindi una terra che merita di essere scoperta e valorizzata, con il rischio, per milanesi e non, di innamorarsene.

#1 Una terra di monti, fiumi e colline 

La cascata della Vallategna
La cascata della Vallategna

La vasta varietà del territorio Brianzolo lo rende unico nel suo genere e con confini ben precisi.
Si va dalle pianure a nord di Monza a sud della cittadina, fuori dalla quale si sviluppa la Bassa Brianza, fino alle montagne di Canzo, dove la cascata della Vallategna segna il confine tra Brianza e Valsassina. Dalle colline di Cantù ad ovest fino alle sponde dei laghi di Garlate, Olginate e delle acque del fiume Adda ad est, antico confine tra la Brianza e i territori bergamaschi.

#2 Il Romanico

La Basilica dei SS. Pietro e Paolo di Agliate
La Basilica dei SS. Pietro e Paolo di Agliate

Imponenti e silenziose testimonianze di un ricco passato sono i monumenti romanici presenti nel territorio, in particolare la Basilica dei SS. Pietro e Paolo di Agliate, la Basilica di Galliano a Cantù e l’Abbazia di S. Pietro al monte di Civate.
Ad Agliate si trova la più antica chiesa della Brianza, nonché, secondo alcune fonti, dell’intera diocesi di Milano, in quanto edificata intorno al IV-V sec sui resti di un precedente tempio pagano probabilmente dedicato a Nettuno. Un edificio in perfetto stile romanico con pregevoli affreschi risalenti all’epoca ottoniana e un ciclo rinascimentale del 1491 eseguito dal leonardesco Marco d’Oggiono.
Unico nel suo genere è il battistero, un nonagono con tanto di altare in cui venivano battezzati i catecumeni.
Del X secolo è invece il complesso di Galliano, consacrato dal brianzolo e futuro arcivescovo di Milano Ariberto d’Intimiano. All’interno, l’edificio ha mantenuto alcuni affreschi di epoca ottoniana probabilmente eseguiti dallo stesso maestro di Agliate, mentre il vicino battistero con tanto di matronei è rimasto intatto.
Tra i monumenti più scenografici compare l’Abbazia di S. Pietro al Monte, costruita sulle montagne brianzole già in epoca longobarda come ringraziamento di re Desiderio per aver guarito la cecità del figlio Adelchi durante una battuta di caccia avvenuta tra questi boschi.
Tra i personaggi che qui vi giunsero vi fu anche Leonardo da Vinci, il quale amava queste terre e alle cui valli si ispirò per alcuni suoi celebri dipinti.
Oggi è possibile raggiungere questo gioiello nascosto percorrendo a piedi il sentiero che conduce fino al complesso abbaziale e qui rilassarsi nella pace di questo luogo senza tempo.

#3 Ville di delizia

Villa La Rotonda
Villa La Rotonda

Fin dal Rinascimento, numerose famiglie nobili milanesi scelsero la Brianza come luogo di villeggiatura. Non stupisce quindi che in ogni paese di questa verde terra vi sia almeno una dimora di delizia dove qualche personaggio storico abbia soggiornato, da Ludovico il Moro ad Eugenio de Beauharnais, da Cesare Beccaria ad Alessandro Manzoni, da Gabrio Piola a Federico Confalonieri.
Tra le ville più belle della Brianza meritano di essere citate Villa Cusani Confalonieri a Carate Brianza, dimora barocca della nobile famiglia Confalonieri e centro del Risorgimento milanese, Villa Tittoni a Desio, realizzata in stile neoclassico dal Piermarini per la famiglia Cusani, e le splendide ville di Inverigo.

Nel XVII secolo, Inverigo venne soprannominata la “capitale della Brianza” grazie alla famiglia Crivelli, che fece del proprio castello il centro del proprio potere dotando la residenza di spettacolari giardini barocchi, monumentali viali di collegamento con il vicino santuario di S. Maria della Noce e la realizzazione di un teatro di corte.
Lo sfarzo del palazzo principesco dei Crivelli, il cui aspetto attuale è a firma dell’architetto Pollack, che realizzò a Milano la Villa Reale, durò fino al 1798 con l’abolizione dei privilegi feudali.
Poco distante dal Castello Crivelli, nel 1813-14, Luigi Cagnola, famoso per aver realizzato a Milano l’Arco della Pace, costruì la sua dimora, definita la “meraviglia della Brianza”: villa La Rotonda. Un edificio neoclassico ispirato allo stile palladiano, con una cupola e delle colonne che ricordano un tempio greco, due stupende gradinate ed enormi talamoni a guardia dell’ingresso.
Un monumento che lasciò a bocca aperta Stendhal e Foscolo e che ancora oggi stupisce per la sua bellezza ed eleganza.

#4 I quattro laghi

Il lago di Garlate
Il lago di Garlate

Un inglese oggi definirebbe la Brianza la “lake district” milanese, in quanto nell’arco di pochi chilometri si trovano, senza contare il Lario, ben nove laghi, alcuni dei quali valgon la pena di esser visitati:

1 Lago di Annone
È il 22° lago italiano per estensione, e su di esso si affacciano i borghi di Oggiono e Galbiate. La particolarità di questo lago, che fu ammirato da Stendhal nel suo viaggio in Brianza e da Leonardo da Vinci, sta nelle due penisole dell’Isella, che si incontrano come una sorta di piccolo varco nel lago stesso.

2 Lago di Pusiano
Sulle sponde di questo lago, nel borgo di Bosisio, nel 1729 nacque il poeta Giuseppe Parini.
Il viceré Eugenio de Beauharnais scelse Pusiano come meta di villeggiatura e svago, abitando anche la vicina Isola dei Cipressi, che oggi ospita un’oasi per animali.
Artisticamente questo lago venne scelto da Giovanni Segantini come sfondo per i propri dipinti.

3 Lago di Garlate
Posto tra l’Adda e il lago di Olginate, questo specchio d’acqua è lo scenario in cui Manzoni ambienta il celebre “Addio ai monti” in cui Lucia si congeda dalla sua terra.

4 Lago del Segrino
Incastonato come una gemma tra i monti della Brianza, il lago del Segrino e un’oasi naturale in cui è possibile passeggiare, correre o rilassarsi nel bel mezzo della natura.
Un luogo talmente magico da abbagliare ed ispirare personaggi come Stendhal, Parini, Ippolito Nievo, Fogazzaro, Segantini, oltre ad essere uno dei laghi più puliti d’Europa tanto da esser paragonato per purezza ai laghi scandinavi.

#5 Le colline di Montevecchia

Con le sue colline di cipressi e i suoi vigneti, Montevecchia potrebbe esser ribattezzata la “Toscana brianzola” in quanto qui si produce vino fin da tempi antichissimi.
Il celebre Pincianèl, il vino della zona, è ideale per accompagnare i prodotti tipici della zona di Montevecchia, come i suoi formaggi e i suoi salumi.
Oltre alla buona cucina, questa parte di Brianza offre una vista mozzafiato a 360 gradi sui territori brianzoli, le montagne lecchesi e bergamasche, Vimercate e Milano: basta salire per le vie del borgo di Montevecchia fino al Santuario del Carmelo per godersi lo spettacolo.

Leggi anche: I misteri di Montevecchia

Continua la lettura con: I CARAIBI ITALIANI a tre ore da Milano

MATTIA GALBIATI

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Welcome to Serravalle, l’«Outlet di Milano»

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Sui depliant internazionali l’Outlet non è a Serravalle. Ma di Milano. Dove non riesce la politica arriva il business. 

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Welcome to Serravalle, l’«Outlet di Milano»

# «Immagina un mondo senza confini»: a Milano è già così

Credits: nuveen.com – Serravalle Outlet

In epoca di globalizzazione e del superamento dei campanilismi territoriali, tanto in voga fino al secolo scorso, capita che anche i confini provinciali (e regionali) vengano snobbati in nome della necessità di semplificare la vita ai turisti del commercio. Eh sì, perché ad un’ora da Milano, troviamo (ormai da venticinque anni) il Serravalle Design Outlet, praticamente il primo “tempio” italiano del commercio, la città artificiale del turboconsumismo.

«Come Serravalle?!! Milano!». Già, perché società che gestisce la “capitale” di cartongesso della moda, nei pannelli che presentano tutti i 24 centri McArthurglen sparsi nel mondo, posiziona quello di Serravalle a Milano, cancellando ogni confine regionale e all’insegna dell’estrema semplificazione territoriale. Questo per agevolare la vita ai clienti, non certo per ignoranza in geografia o per proiezioni immaginifiche per una Grande Milano. 

# Serravalle da annettere alla città metropolitana di Milano?

Credits: ilsole24ore.it – Milano Serravalle

Sia ben chiaro, la nostra non è una critica all’azienda leader dello shopping: gli alessandrini farebbero la figura dei vecchi arnesi ammuffiti, se rivendicassero che Serravalle Scrivia deve rimanere territorio della Provincia di Alessandria anche per gli addetti alla comunicazione dell’azienda esempio del libero mercato più estremo. In più bisogna riconoscere che da Milano partono fior di pullman, come servizio navetta, dalla stazione centrale e da Brera, proprio per raggiungere l’Outlet. E’ vero inoltre che al turista che arriva in questo centro commerciale dal Giappone, dall’Australia o dall’America, frega poco che Serravalle Scrivia sia in provincia di Alessandria, più vicino a Genova che a Milano. Frega ancor meno che Serravalle possieda un’area archeologica preromana (Libarna) di straordinaria importanza. Anche perchè Libarna, ormai, neppure più gli alessadrini la vanno a vistare, figuriamoci chi arriva dall’Ubzekistan per intraprendere la sfrenata caccia alla borsa di Gucci scontata o alla maglia del Real Madrid a 65 euro.

Quindi è oggettivamente superfluo chiedersi se Serravalle sia davvero territorio milanese oppure località piemontese, come le carte topografiche citano. Ormai per l’immaginario collettivo Serravalle è l’Outlet, sono i negozi, i bar e i ristoranti, quindi, se per il turista è più comodo vederla come località milanese, va bene che venga considerata territorio meneghino, attraverso una sorta di conquista territoriale di carattere capitalistico-commerciale, magari con la scusa dei tempi in cui Milano, anzi Mediolanum, era la capitale dell’impero d’occidente.

# Ma gli abitanti si sentono più genovesi che milanesi

Serravalle Outlet. Credits: @merycsv
IG

In tutto ciò, però, ci sarebbe da fare un’ultima constatazione: gli abitanti di Serravalle dalla McArthur vengono considerati milanesi, ma in realtà in queste zone, dove le colline dividono la provincia di Alessandria con la Liguria, questa gente si è sempre sentita genovese. Tant’è che qui ci ho sempre trovato pochi juventini, e quasi nessun milanista o interista. In compenso pullulano i genoani e i sampdoriani. Ma per convertirli al rossonero o al neroazzurro c’è sempre tempo.

Continua la lettura con: Perché trasferirsi da una grande città europea a Milano: le 10 motivazioni

FABIO BUFFA

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L’angolo segreto di Thailandia, a tre ore da Milano

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Ph. @m8na IG

Liguria, riviera di Levante. Sai che tra Lerici e Tellaro, sull’ultimo lembo di costa ligure oltre le Cinque Terre, c’è un angolo di paradiso che assomiglia alla Thailandia? In pochi lo conoscono, persino alcuni locali non ne hanno mai sentito parlare. Si tratta della “Caletta di Lerici”, un’insenatura stretta come un fiordo che tra grotte e faraglioni si allunga verso il mare.⁠ Foto cover: Ph. @m8na IG

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L’angolo segreto di Thailandia, a tre ore da Milano

# La piccola Thailandia di Lerici dall’accesso segreto

@sapi80
Lerici, La Caletta Nascosta

Tra Lerici e Tellaro c’è un angolo di paradiso che assomiglia alla Thailandia. In pochi lo conoscono, persino alcuni locali non ne hanno mai sentito parlare, e chi sa della sua esistenza custodisce il segreto senza rivelarlo. Individuare l’accesso per quest’angolo esotico non è facile.

# La “Caletta di Lerici”: nascosta dietro un cancellone e un vicolo di 400 gradini

Si chiama la “Caletta di Lerici”: un’insenatura stretta come un fiordo che tra grotte e faraglioni si allunga verso il mare. Per raggiungerla bisogna prendere la direzione per Tellaro, si può parcheggiare gratuitamente sulla strada verso il camping Maralunga e poi camminare circa 150 metri. L’ingresso è pressoché irriconoscibile: dopo un cancellone verde c’è una scritta sul muro e un piccolo vicolo fatto di gradini, tra i 300 e 400 per la precisione. Basta iniziare a scendere i gradini e si arriverà a La Caletta.

# Una liana che oscilla con il vento

@ruggiero_russo76016
Lerici, La Caletta Nascosta

La Caletta di Lerici è nascosta tra il Golfo dei Poeti. Qui si può trovare la pace dei sensi, nessun rumore, solo le cicale e i grilli che cantano, accompagnati dal rumore del mare. La spiaggia è intima e molto piccola, in mezzo al mare emerge un alto faraglione e, guardando attentamente verso l’acqua, si può vedere una liana che oscilla al vento e raggiungibile solo a nuoto. La Caletta è un’area selvaggia, pressoché incontaminata. Le sue acque infine creano un gioco di colori tra l’azzurro del mare e il verde degli alberi riflessi, o il rosso del tramonto ligure.

Continua la lettura con: I CARAIBI ITALIANI a tre ore da Milano

BEATRICE BARAZZETTI

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La beffa del Cavallo di Leonardo a Milano

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Cavallo di Leonardo a Milano
Cavallo di Leonardo a Milano

La più grande statua equestre del mondo, nascosta agli occhi dei milanesi e dei turisti, in un anonimo cortile dell’Ippodromo. Una beffa che ha una storia lunga e incredibile. 

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La beffa del Cavallo di Leonardo a Milano

# Il più grande progetto incompiuto di Leonardo Da Vinci

Ph. davidlouisii
IG

C’era una volta un ex-pilota americano della Pennsylvania, idealista, amante dell’arte e ammiratore del Rinascimento. Il suo nome era Charles Dent. Nel 1977 lesse un articolo del National Geographic Magazine sul più grande progetto incompiuto di Leonardo da Vinci, un colossale cavallo in bronzo alto più di 7 metri, una sfida impossibile per le tecniche di fusione dell’epoca.
Le cronache narrano che Leonardo aveva costruito il gigantesco prototipo in argilla all’interno del cortile del Castello Sforzesco. Purtroppo, sul più bello i Francesi invasero il Ducato di Milano, Leonardo dovette abbandonare la città insieme a Ludovico il Moro e i balestrieri nemici, che occuparono il Castello Sforzesco, utilizzarono la spettacolare statua come bersaglio per le loro frecce, distruggendola.

# Il Cavallo di Leonardo nasce in America

Il nostro Charles Dent, affascinato dall’impresa impossibile, decise di realizzare in progetto e avviò una raccolta fondi, che dopo 15 anni raggiunse la somma di 2,5 milioni di dollari. Inoltre, cercò in diversi musei gli schizzi di Leonardo sul cavallo e creò un comitato scientifico di esperti leonardeschi, per completare le parti mancanti. Il suo obiettivo era quello di realizzare la statua e regalarla alla città di Milano, come segno di gratitudine per aver ospitato e fatto lavorare il genio del Rinascimento. Purtroppo, il generoso filantropo non fece in tempo a vedere l’opera compiuta, perché morì nel dicembre del 1994.

Ma per fortuna il progetto continuò con il contributo del proprietario di una grande catena di supermercati del Michigan, Frederik Meijer. Il nuovo benefattore donò i fondi necessari per terminare l’opera (tutta l’operazione costò alla fine più di 6 milioni di dollari), ma chiese alla scultrice newyorkese Nina Akamu (di origine Giapponese), di fare due statue, di cui una per il suo grande parco delle sculture a Grand Rapids.

# La consegna a Milano che lo relega in periferia

Cavallo di Leonardo a Milano
Cavallo di Leonardo a Milano

Nel 1999, a 480 anni dalla morte di Leonardo, il colosso equestre in bronzo attraversò l’Oceano Atlantico e fu consegnato dalla “Leonardo da Vinci’s Horse Foundation” al Sindaco Albertini e al suo Assessore alla Cultura Salvatore Carrubba, che, con amara sorpresa degli Americani, lo collocarono in un anonimo cortile dell’Ippodromo, fuori dai percorsi turistici tipici della città e non menzionato nel marketing culturale.
Perché?

Difficile comprendere le ragioni di un gesto così ingrato e irrispettoso verso la generosità degli americani, da parte dell’amministrazione di Milano. Nel 1883, quando i Francesi fecero dono di una statua a New York, per simboleggiare l’affinità valoriale tra Francia e Stati Uniti, gli Americani la collocarono al centro della Baia per salutare le navi dal vecchio mondo: è la Statua della Libertà.

# Perché non metterlo al Castello o davanti alla Centrale?

Molte voci coraggiose hanno perorato negli anni la causa di spostare il Cavallo di Leonardo in un luogo più appropriato, anche per rispondere agli articoli indignati di alcuni giornalisti americani, che stigmatizzarono la scelta delle autorità milanesi. E hanno chiesto di spostare questo simbolo del genio leonardesco nel cortile del Castello, oppure in un parco o una grande piazza milanese, come di fronte alla Stazione Centrale, dove possa essere ammirato da tutti. Nonostante ciò, dopo ben 3 sindaci e 7 diversi assessori alla cultura, questo bellissimo simbolo leonardesco, una statua da guinness dei primati (7,20 metri di altezza, 3 piani di una casa) non si trova ancora in un posto che lo valorizzi.

# Il gemello superstar

Una curiosità: il gemello americano del cavallo di Leonardo, che nel Michigan chiamano “the Grand Horse”, ha attratto nel Parco delle sculture di Grand Rapids nel 2010 più di mezzo milione di visitatori. E allora una domanda sorge spontanea: quanto ha perduto la città di Milano, in termini di richiamo turistico ed evocazione della tradizione leonardesca, in questi 25 anni di ingiustificata sottrazione di bellezza?

Continua la lettura con: Il centro esatto di Milano secondo Leonardo

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Le 5 attrazioni turistiche di Milano che i milanesi non amano

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foto di andrea cherchi (c)
Fenicotteri a Villa Invernizzi - foto di andrea cherchi (c)

Ci sono alcuni aspetti di Milano che non piacciono neanche a noi milanesi o che semplicemente pensiamo che anche se qualche turista li apprezza, non siano esattamente il meglio che la nostra città ha da offrire. Proviamo dunque a elencare una serie di attrazioni di cui faremmo volentieri a meno.

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Le 5 attrazioni turistiche di Milano che i milanesi non amano

#1 Tour del Quadrilatero della Moda

Il quadrilatero della moda di Milano è famoso dagli anni ’80 per essere il centro europeo e forse mondiale delle boutique d’alta moda. A parte gli addetti ai lavori della zona e i ricchissimi clienti che vi passeggiano, attira curiosi da ogni dove, che vogliono sentire il profumo del lusso e mischiarsi con vip a passeggio, magari ignorando bellezze architettoniche lì a due passi come gli Archi di Porta Nuova o Palazzo Dugnani.

#2 Ago, Filo e Nodo di Cadorna

sculture

L’installazione artistica di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen, di fronte alla stazione dei treni di Milano Cadorna, è stata realizzata nel 2000 come omaggio alla forte produttività lombarda e milanese, nei colori che rappresentano le prime tre linee della metropolitana M1, M2 E M3. Ogni tanto capita di vedere qualche turista che usa il sito come sfondo per i suoi selfie, ma non abbiamo cronache di milanesi che abbiano fatto altrettanto.

#3 I fenicotteri rosa di Villa Invernizzi

foto di andrea cherchi (c)
Fenicotteri a Villa Invernizzi – foto di andrea cherchi (c)

Molti ancora non ci credono, ma nel cuore di Milano, da anni, nei giardini di una storica villa milanese passeggiano indisturbati dei fenicotteri rosa, per la gioia di bimbi a passeggio con genitori, di turisti estasiati e soprattutto di fidanzati che li usano come eterna scusa per non farsi lasciare dopo una bugia alla fidanzata: “se ti faccio vedere dei fenicotteri rosa, mi perdoni?” (PS l’ho fatto anch’io). Lo spettacolo è assicurato, anche se qui a Milano preferiamo pensare che il posto giusto per vedere un fenicottero sia un lago dell’Africa centrale. In ogni caso, se proprio non potete resistere, l’indirizzo è Villa Invernizzi, via Cappuccini 9, alle spalle di Corso Venezia.

#4 La merda d’artista

Credits: airtribune.it – Merda d’artista

Già il nome non ispira grande simpatia, figurarsi il contenuto. Eppure la Merda d’artista di Pietro Manzoni, nient’altro che una serie di barattoli sigillati dallo stesso nel 1961, rappresenta una forma d’arte provocatoria che negli anni ne ha fatto schizzare il valore artistico e commerciale a svariate centinaia di migliaia di euro. E questo, nonostante nel 2007 il pittore Agostino Bonalumi, amico intimo di Manzoni, abbia confessato che in realtà le scatolette contengono solo gesso. Nel dubbio, comunque, meglio non provare ad aprirle. In fondo anche le zuppe Campbell’s di Andy Warhol si sono trasformate in un oggetto d’arte… Ma almeno contenevano zuppa!

#5 “Il Dito” di Maurizio Cattelan

L.O.V.E., altrimenti nota come “Il Dito”
L.O.V.E., altrimenti nota come “Il Dito”

La scultura dell’artista padovano Maurizio Cattelan, battezzata L.O.V.E. e più comunemente conosciuta con l’appellativo “il Dito”, si trova al centro di Piazza Affari, sede storica della Borsa di Milano. Rappresenta abbastanza intuitivamente una critica al complesso sistema dell’alta finanza italiano e internazionale, di cui la Borsa di Milano è protagonista indiscussa. Forse non è esattamente qualcosa che non piace ai milanesi, e probabilmente è anche una manifestazione di coraggio dell’amministrazione dell’ epoca (Moratti 2010) e della città in generale, che con una vena di ironia e autocritica contesta un sistema di cui è attore principale. Una cosa è certa: a Milano ci sono sculture e statue molto, ma molto più eleganti.

Continua la lettura con: I 7 luoghi più curiosi di Milano

CARLO CHIODO

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Lo chiameremo Ambrogio? Macché: questi i nomi più comuni per i nuovi nati di Milano

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Usciti i nuovi dati dell’Anagrafe sui neonati di Milano: quanti sono? E come si chiamano?

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Lo chiameremo Ambrogio? Macché: questi i nomi più comuni per i nuovi nati di Milano

# Non è città per neonati: il nuovo record negativo

Foto di Gigin Krishnan su Unsplash – Neonato

Prosegue il trend in calo dei nuovi nati a Milano. Erano 10.693 nel 2018, nel 2023 si è registrato il nuovo record al ribasso: 9.423. Record che dovrebbe essere battuto nel 2024: nei primi sei mesi sono appena 4.515. 
Un calo che si registra sia tra le mamme di cittadinanza italiana (-1,8%) che soprattutto tra quelle straniere (-7,9%). 

# Più nati a Porta Venezia e nel Municipio 8

Credits percorsi.casemuseo – Porta Venezia

Tra i quartieri, sono nati più bambini a Porta Venezia- Buenos Aires: 379. Poi ci sono Bande Nere e Villapizzone. Hanno festeggiato appena un nuovo nato i quartieri di Roserio, Stephenson e Cascina Merlata. Considerando invece l’indice di natalità, ossia il rapporto tra neonati e numero di cittadini, le zone più fertili risultano Rogoredo-Santa Giulia, Lambrate-Ortica e Adriano. Tra i Municipi in testa c’è il Municipio 8 con 1.393 nascite, seguito dal 9 e dal 4. 

# Ma quali sono i nomi dei bebé di Milano?

Matilde Gioli (Credit: Instagram @matildegioli)

Tra le bambine la spunta per la prima volta Matilde. Seguita da Emma, Sofia, Beatrice e Giulia. Tra i maschi si conferma al primo posto Leonardo, insidiato da Edoardo, Lorenzo, Tommaso e Alessandro. 

Continua la lettura con: Quanti sono gli abitanti di Milano?

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La prossima mossa: Area C attiva anche nei week end

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Muro di Berlino - Ph. PeterDargatz

Sembra ormai cosa fatta. Almeno da quanto trapelato dal Comune di Milano. Il centro verrà “chiuso” anche nei week end con l’introduzione dell’area C a pagamento. La preoccupazione dei commercianti. Foto cover: Muro di Berlino – Ph. PeterDargatz

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La prossima mossa: Area C attiva anche nei week end

# Dal 2025 Area C a pagamento anche nei week end: «Il trasporto pubblico è più conveniente»

Credits: www.ansa.it

La nuova mossa anti-auto della Giunta: estendere l’area C a pagamento anche nel fine settimana, scoraggiando così l’ingresso in auto nelle zone centrali da parte chi arriva dalle altre parti di Milano e, soprattutto, da fuori città. La giunta Sala mira ad approvare in Consiglio comunale la modifica sul pedaggio in centro entro fine anno. In questo modo il pagamento del ticket il sabato e la domenica potrebbe iniziare con il nuovo anno.  Così motiva la scelta ad Adnkronos l’assessora alla Mobilità del Comune: «È una decisione corretta e giusta, in linea con gli sforzi globali per migliorare la qualità dell’aria e l’ambiente urbano», e precisa: «Voglio sottolineare che la misura non riguarda i residenti. Per chi viene da fuori e ha difficoltà economiche poi è sicuramente più conveniente utilizzare il trasporto pubblico locale rispetto all’auto». Ma non tutti la pensano come lei. 

# Critiche da Regione Lombardia: «L’accanimento verso i lombardi che si recano a Milano pare davvero eccessivo»

Credits espansionetv – Area B e Area C

E’ giusto mettere un ticket di ingresso in un’area penalizzando così chi viene da fuori? E se anche le altre zone, paesi o città facessero lo stesso, non si rischierebbe la paralisi? Questo e altro si chiedono cittadini, commercianti e politici che non condividono la scelta del Comune di Milano. Tra le voci più critiche c’è quella di Regione Lombardia: «Il Comune di Milano avrà fatto le sue valutazioni sulle quali non entro nel merito. Parlano però i fatti: a farne le spese saranno ancora una volta i commercianti e cittadini che dall’hinterland e dal resto della Lombardia si spostano verso il capoluogo», dichiara l’assessore regionale ai Trasporti, Franco Lucente, che rincara il punto di vista: «L’accanimento verso i lombardi che si recano sul posto di lavoro e ora addirittura verso coloro che nei weekend si spostano per turismo, mi pare davvero eccessivo».

# Critiche da Confcommercio: «la vera strada da perseguire è una maggiore integrazione del trasporto pubblico locale nell’area metropolitana»

Come si può ENTRARE in AREA B anche con diesel euro 4 e 5?
Area B Milano

Anche Confcommercio Milano si è espressa contro la proposta: «Continuare a disincentivare i flussi in entrata in città penalizza le imprese e i commercianti di prossimità. Aumentare i costi per chi lavora ha delle inevitabili ricadute anche sui cittadini», scrive sui social il segretario generale, Marco Barbieri, che lamenta la “miopia strategica” della Giunta di Milano: «La componente straniera è certamente importante, ma non va sottovalutato l’apporto del turismo di prossimità o anche solo le visite dall’hinterland durante il weekend per shopping, ristorazione e intrattenimento».

Il vicepresidente di Confcommercio e presidente di Assomobilità, Simonpaolo Buongiardino, chiede un cambiamento strategico: «Ridurre gli ingressi in Area B e C dovrebbe avvenire attraverso soluzioni alternative, piuttosto che con una penalizzazione economica che colpisce soprattutto i meno abbienti, che questa amministrazione dovrebbe invece tutelare maggiormente. La soluzione, che noi proponiamo, è strutturale: passa per una maggiore integrazione del trasporto pubblico locale nell’area metropolitana, che non è mai stata una priorità per questa amministrazione e solo ora vede miglioramenti con il prolungamento della M4». Ma l’estensione al week end del ticket di ingresso potrebbe non essere l’unica novità in arrivo per Area C.

# La tariffa potrebbe salire fino 10 euro. Non solo: in futuro forse anche per le auto ibride ed elettriche

Area C

Il primo temuto incremento è arrivato passando da 5 a 7,50 euro, al momento sono esentate dal pagamento sono le auto elettriche e ibride con emissioni di CO2 inferiori a 100 g/km, mentre i residenti beneficiano di 50 transiti gratuiti annuali: poi il costo per loro è di 3 euro al giorno. In futuro, secondo l’obiettivo dichiarato dall’amministrazione di ridurre la congestione e l’inquinamento rafforzato dal recente Piano Aria e Clima di recente approvazione, accedere in centro potrebbe diventare ancora più costoso e colpire anche i più virtuosi.

Tra le proposte della maggioranza, con un ordine del giorno all’inizio del 2024, ci sono infatti:

  • incrementare ulteriormente il ticket di ingresso a 10 euro;
  • far pagare anche tutti i veicoli ibridi ed elettrici;
  • estendere l’arco temporale di attivazione delle telecamere oltre l’intervallo attuale 7.30-19.30.

Continua la lettura con: Area B e Area C: le nuove modifiche in arrivo

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Milano tra le prime d’Europa per arrivi di turisti internazionali

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Alpcem-pixabay - Istanbul

In base all’ultima classifica di Euromonitor, l’Italia piazza quattro città nei primi 25 posti tra quelle più visitate in Europa, Milano è tra le prime 10 guadagnando una posizione rispetto alla rilevazione precedente. Vediamo la classifica completa.

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Milano tra le prime d’Europa per arrivi di turisti internazionali

# In base ai dati di Euromonitor è Istanbul la regina del turismo in Europa, scalzata Londra

Alpcem-pixabay – Istanbul

Cambio al vertice in Europa tra le città più visitate dai turisti. In base all’ultimo report di Euromonitor International, l’azienda di ricerca di mercato fondata nel 1972, la regina del turismo è Istanbul. Sono 20,2 milioni gli arrivi internazionali registrati nell’ultimo anno nella capitale turca, segue Londra, nel 2023 al primo posto della graduatoria, con 18,8 milioni e l’altra città turca Antalya, che completa il podio scippando la posizione a Parigi, ne ha visti arrivare 16,5.

# Milano guadagna una posizione rispetto all’anno scorso: dietro a Roma ma davanti a Venezia e Berlino

Classifica Euromonitor 2024 turisti

La medaglia di legno spetta alla Ville Lumiere, che ha invertito le posizioni in classifica con Antalya, con 15,5 milioni di turisti. Si conferma Roma al quinto posto con 9,5 milioni, ne guadagna invece due Barcellona con 7,1 milioni. Al settimo e ottavo posto troviamo Praga e Vienna rispettivamente con 6,8 e 6,6 milioni, entrambe spostate di una posizione rispetto alla rilevazione precedente, la prima in discesa e la seconda in salita. Milano si conferma in top ten, mantenendo sempre 6,6 milioni di turisti ma in miglioramento dalla decima alla nona posizione, confermando ulteriormente il suo cambio di status da meta esclusivamente per il business a meta anche turistica. Chiude la top ten Berlino con 6,3 milioni, l’anno scorso era alla posizione numero dodici, mentre esce Amsterdam che scende di cinque prendendosi la piazza occupata in precedenza dalla capitale tedesca.

# Tante capitali europee dietro alla nostra città

Classifica Euromonitor 2024 turisti

Milano mette davanti tra le altre, in questo ordine di classifica, Atene, Amsterdam, Venezia con 5,6 milioni, Madrid e la quarta città italiana, Firenze con 5,1 milioni di turisti. Tra le città nella top 25 ci sono altre capitali europee: Bruxelles, Budapest, Lisbona, Stoccolma, Copenaghen e Vilnius oltre alla capitale finanziaria tedesca, Francoforte. 

Fonti: travel365.it, euromonitor

Continua la lettura con: Perché trasferirsi da una grande città europea a Milano: le 10 motivazioni

FABIO MARCOMIN

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