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5 LUOGHI COMUNI su Milano sfatati dal coronavirus

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Sono tanti i luoghi comuni quando si parla di Milano. Eppure, nelle ultime due settimane, l’emergenza del contagio e l’adesione alle norme di prevenzione, ha fatto sì che ci ritrovassimo davanti a una città diversa, insolita.
E’ Milano a essere cambiata o siamo noi che abbiamo contribuito a spogliarla di alcuni di quei tanto famosi luoghi comuni?

5 LUOGHI COMUNI su Milano sfatati dal coronavirus

#1 A Milano sono tutti freddi!

Niente di più lontano da quello che sta accadendo in questi giorni. Non so se sia la paura a rendere le persone più vicine e più comprensive verso il prossimo, eppure negli ultimi giorni si respira aria di solidarietà e abbondano i ‘come stai’ e i ‘ti capisco’. Così quando entri in un bar a prendere il solito caffè, non al banco…, non vedi più facce incollate sullo schermo dello smartphone, ma persone pronte a condividere con te i momenti buoni e meno buoni di questi giorni.

#2 A Milano vanno tutti di corsa!

Nelle ultime settimane qualcosa è cambiato: le vie del centro, persino nelle ore di punta, sono straordinariamente silenziose. Se per molti lo shopping del weekend rappresentava un ulteriore motivo di stress dopo una settimana passata a correre come criceti in gabbia, ora potrebbe persino rivelarsi un momento di inaspettato relax.

#3 A Milano l’aria è inquinata!

La richiesta di molte aziende rivolta ai propri dipendenti di adottare la soluzione del lavoro agile, ha provocato un netto calo di auto in circolazione e questo ha indubbiamente avuto un risvolto positivo sul problema dell’inquinamento dell’aria che da sempre coinvolge la città.
Il cielo appare limpido e sembra una consuetudine vedere da lontano la cima innevata delle Alpi.

#4 Milano è la città dell’aperitivo!

happy hour

Avete presente quando si dice che si inizia ad apprezzare qualcosa solo quando viene meno? Certo, l’abolizione, seppur temporanea, dell’istituzione aperitivo ha fatto crollare la vita sociale di molti milanesi, ma la vera perdita è stata la chiusura di cinema, teatri, musei, che ha improvvisamente riportato alla mente quanto fosse bello concedersi una piccola pausa di qualità per godersi lo spettacolo di un film o di una rappresentazione teatrale.

#5 A Milano la calca è infernale!

Capitavano giorni in cui sembra di assistere a vere e proprie scene da film d’azione. Anche nella metro: corse infinite verso l’unico posto rimasto vuoto o trasformazioni in mirabolanti equilibristi da circo…
Le cose, oggi, sono ben diverse: strade libere, sui mezzi pubblici tutti ben attenti a mantenere le distanze di sicurezza, non troppo vicini, non troppo contatto fisico e addirittura disposti a cedere il posto a sedere.

Quali altri luoghi comuni dobbiamo ancora sfatare noi milanesi?

ROSSANA QUARATO

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L’unico italiano vincitore del PREMIO NOBEL per la PACE è MILANESE!

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Passeggiando per i viali del parco Indro Montanelli può capitare a tutti di imbattersi nella statua a mezzo busto di un uomo dalla sottile barba e i folti baffi, una mano appoggiata al panciotto e un altra rivolta in basso come a volerci indicare l’epigrafe che lo riguarda.

Quest’ uomo si chiama Ernesto Teodoro Moneta, un nome probabilmente sconosciuto alla maggior parte degli italiani, e fu, come si può ben leggere:”Garibaldino, pensatore publicista e, soprattutto, apostolo della pace fra libere genti”.

Se il personaggio inizia a farsi interessante, va inoltre ricordato che Moneta è stato l’unico italiano ad aver vinto il Premio Nobel per la Pace.

Un uomo che vale la pena di ricordare, cercando anche di capire cos’abbia fatto per aggiudicarsi un simile premio.

L’unico italiano vincitore del PREMIO NOBEL per la PACE è MILANESE!

# Un Milanese nazionalista e pacifista

Nato a Milano nel 1833 da antica famiglia milanese, visse la sua infanzia tra il suo palazzo cittadino e le ville di famiglia nella verde campagna brianzola di Missaglia.

Fervente patriota, partecipó appena quindicenne alle cinque giornate di Milano e, nel 1860, seguì Garibaldi nella spedizione dei Mille. Interrotta la carriera militare, Moneta decise di darsi al giornalismo collaborando con il quotidiano “Il Secolo”, di cui divenne direttore nel 1869, con articoli inneggianti al pacifismo e alla lotta non armata come l’abolizione della leva obbligatoria e dell’esercito a favore di un addestramento dei singoli cittadini capaci di difendere la propria patria in caso di pericolo, la “nazione militante”.

Nel 1887, assieme a Francesco Viganò e Angelo Mazzoleni, fondó a Milano “l’unione lombarda per la pace e l’arbitrio” atta a diffondere sentimenti umanitari per la cessazione delle guerre, favorire la fratellanza fra popoli e risolvere arbitramente le vertenze internazionali.

Grazie a questa piccola società pacifista e al giornalismo Moneta riuscì a toccare gli animi e la sensibilità degli italiani, pubblicando un almanacco annuale chiamato “L’amico della pace” e fondando la rivista “Vita internazionale” che gli valse il titolo di rappresentante italiano per la Commissione dell’International Peace Bureau nel 1895.

# Nobel per la pace

Il suo attivismo lo portò, in occasione dell’Expo di Milano del 1906, ad edificare un padiglione totalmente dedicato alla Pace, ponendo ulteriormente le basi per la candidatura al Premio Nobel.

Nel 1907  partecipó al XVI Congresso Universale di Monaco di Baviera come presidente della Federazione delle Società Italiane della Pace lavorando contro la guerra nel mondo e promuovendo un movimento pacifista, che gli valsero il Nobel per la Pace 1907 assieme al francese Louis Renault.

Durante la cerimonia di premiazione svoltasi ad Oslo, Moneta ricordò l’evento che scaturì in lui la voglia di diventare Operatore di Pace: il veder morire di fronte a lui tre soldati austriaci durante i moti milanesi, il vederli non più come nemici ma come semplice uomini tali e quali a lui.

Un uomo che quindi decise di spendere se stesso per la creazione di una società pacifica e non violenta, un italiano, un milanese che, sebbene criticato e in parte dimenticato dai più, contribuì con il proprio nome ad inserire la nostra Italia nella lista dei Peacemakers.

MATTIA GALBIATI

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L’IRONIA dei commercianti milanesi per vincere sul coronavirus

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Il momento è duro per tutti. Innanzitutto per i malati, le loro famiglie e i numerosi medici e infermieri impegnati in questa emergenza. Ma è particolarmente dura anche per i commercianti che nella Milano delle restrizioni vedono crollare se non azzerare i loro incassi. Alcuni di loro hanno cercato di reagire con il sorriso, affrontando con ironia la crisi economica creata dall’emergenza coronavirus. Perché anche di fronte a gravi problemi Milano non è una città che si lascia andare e si fa sconfiggere dalla depressione.

L’IRONIA dei COMMERCIANTI milanesi per vincere sul coronavirus.

#1 L’aperivirus

Che l’aperitivo, anche detto happy hour, per i milanesi sia un culto tutti lo sanno e nessuno lo nega. Ma cosa succede quando una delle restrizioni dettate dall’ordinanza regionale ha imposto ai bar di chiudere alle 18? La trovata di alcuni bar è questa: l’aperivirus, un aperitivo anticipato che non rinuncia al sorriso.

#2 Lo sconto anti psicosi

coronavirus

I commercianti milanesi hanno un gran senso dell’umorismo, questo è poco ma sicuro. Lo dimostra lo sconto anti psicosi che alcuni commercianti stanno offrendo ai loro potenziali e terrorizzati clienti. Un incentivo che rimette in modo il commercio, drammaticamente bloccato da un’emergenza ancora bene da definire.

#3 Il dolce… virus

Chi ha detto che non c’è un lato buono di tutta questa faccenda? C’è eccome, lo sanno bene pasticceri e gelatai che si sono inventati torte e pasticcini a forma di virus. Inquietanti, ma divertenti.

#4 Ti ospito e fai da testimonial

“Venite a raccontare Milano senza pregiudizi: offro 10 giorni di affitto gratuito”. E’ l’appello che un proprietario di un b&b di Milano, sfitto per la paura del coronavirus, ha fatto ai giornalisti stranieri, con la speranza in una informazione più corretta e oggettiva.

#5 Corona vs Corona

Una psicosi che si è riversata, immotivatamente, anche contro prodotti che, solo per il loro nome ma per nessun’altra ragione, hanno avuto un crollo verticale delle vendite. Chi nei frigo la birra Corona l’aveva e doveva smaltirla, ha provato a farci dell’ironia.

Se avete altre segnalazioni di business che cercano di dispensare buonumore fatecelo sapere!

BARBARA VOLPINI

 

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10 motivi per riscoprire CODOGNO (e i paesi dell’AREA ROSSA) quando sarà finita l’emergenza

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Posta tra le uscite autostradali della A1 Casalpusterlengo e Basso Lodigiano, chiamato fino a pochi anni fa Piacenza nord per la vicinanza non solo geografica ma anche in parte culturale con la città emiliana, questa terra ora messa alla “berlina” e in “isolamento” come terra di untori è in realtà una zona verde posta tra due fiumi, l’Adda e il grande Po, caratterizzata da borghi in apparenza rurali ma con alle spalle secoli di tradizione e valori morali.

Sarebbe bello, una volta finita questa cortina d’isolamento, ridare valore a queste terre scoprendole e promuovendole, magari con l’arrivo della primavera e il periodo pasquale.

10 motivi per riscoprire CODOGNO (e i paesi dell’ AREA ROSSA) quando sarà finita l’emergenza

#1 Maleo e il suo Castello

Il piccolo borgo rurale di Maleo deve la sua storia a quella della famiglia Trecchi, originari di Cremona, che fece edificare numerosi monumenti.

Tra questi il Castello medioevale, rimaneggiato a dimora signorile per mano dell’architetto di Carlo Borromeo, Pellegrino Tibaldi, ed affrescato dal cremonese Bernardino Campi.

In onore della famiglia Trecchi venne anche edificato il cosiddetto “purtón”, un monumentale ingresso al borgo che conduce al cuore del paese, piazza XXV aprile.

#2 Raccolta d’arte Lamberti, Codogno

Per gli amanti dell’arte moderna, Codogno vanta una raccolta di ben oltre trecento opere otto/novecentesche della collezione Lamberti ospitate all’interno dell’omonimo palazzo barocco ed oggi affidata ad una fondazione.

Le stanze seicentesche interamente affrescate e i mobili d’epoca di Palazzo Lamberti meritano già da sole la visita.

#3 Castello Cavazzi, Somaglia

Circondato dalle campagne lodigiane, a pochi chilometri dalle acque del Po, sorge l’antico castello Cavazzi.

Fatto costruire secondo i canoni attuali nel XIV sec dal signore di Milano Bernabó Visconti come dimora di caccia, sua grande passione, e da lui fatto decorare con celebri affreschi purtroppo oggi andati perduti.

 

#4 Parco Adda sud, Maleo

Per i più sportivi o semplici amanti della bicicletta, da Maleo è possibile seguire numerosi percorsi all’interno del Parco Adda Sud costeggiando campi, canali e lo stesso fiume Adda, che di li a breve si butterà nel Po.

 

#5 Pizzighettone

Sebbene non sia in provincia di Lodi ma bensì in quella di Cremona, a pochi chilometri di distanza da Maleo sorge questo gioiello di città fortificata.

Interamente circondata dalle sue mura, Pizzighettone è un borgo dal fascino medioevale immutato.

Nella sua Torre detta del Guado, un tempo castello visconteo, venne imprigionato il re di Francia Francois I dopo esser stato catturato nella Battaglia di Pavia nel 1525.

#6 Borgo di San Fiorano

La prima impressione che si può avere arrivando a San Fiorano è quello di un borgo dall’illustre passato feudale e dal fascino decadente.

Il suo castello è un po la falsacopia in piccolo della rocca Pallavicino di Busseto, con il busto non di Giuseppe Verdi ma proprio di un esponente, manco a farlo apposta, della nobile famiglia emiliana, Giorgio Guido Pallavicino.

Già, perché la storia di questo piccolo borgo di nemmeno 2000 abitanti è legata non solo a quella del suo castello ma anche alle avventurose vicende della famiglia Trivulzio-Pallavicino, il che la rende tanto lombarda quanto emiliana.

 

#7 Corno Giovine

Poco distante da San Fiorano, troviamo il piccolo borgo di Corno Giovine, così vicino al grande fiume da sentire l’influenza piacentina tra le sue vie e le sue genti.

Un paese che sembra uscito dalla penna di Guareschi, con le sue case colorate per essere riconosciute durante i giorni di nebbia, la cinquecentesca chiesa con la sua piccolissima piazza, le sue cascine, i suoi abitanti.

Un paese che ricorda molto, non solo stilisticamente ma anche caratterialmente il luogo dove si svolsero i fatti di “Don Camillo e Peppone”, se solo Guareschi avesse passato passato la sponda del grande fiume penso che di questo piccolo paese della bassa si sarebbe innamorato.

 

#8 Caselle Landi

Pensare che questo paese a ridosso del Po fino al 1798 era parte del territorio piacentino e che, grazie ad un’azione di canalizzazione del grande fiume, avvenuta per volontà dei Landi nel 1593, passò dalla riva destra a quella sinistra fa sorridere.

L’assolata piazza dominata dal seicentesco Palazzo Nuovo e dalla bianca facciata della chiesa cittadina ci fa capire che questo è il cuore di questo piccolo paese.

Poco distante sorge il Castello Landi, fantasma di quel glorioso passato legato alla grande famiglia piacentina.

 

#9 Po, il Grande Fiume

Visitare queste zone e non fare una sosta o una passeggiata lungo le sponde del Grande Fiume che tutto muove in questo angolo d’Italia sarebbe un vero peccato.

Sono molti i punti d’osservazione del Po, per i più sportivi è possibile pedalare da Caselle Landi lungo gli argini fino ad un piccolo chalet sul fiume fiume Po. Qui è possibile riprendere fiato ammirando lo scorrere lento di queste acque oppure noleggiare una barca e navigarle.

 

#10 Dalla Cotognata ai biscotti

Oltre ad essere una terra di tradizioni, castelli e borghi medioevali, il basso Lodigiano è anche una terra in cui non manca la buona cucina tradizionale influenzata dal vicino territorio piacentino.

E quindi salumi nostrani, tortelli, Pisarei e Fàsö, stracotto d’asino e buon vino sono di casa in queste zone.

Forse non tutti sanno che la celebre mela cotogna si chiama così perchè proviene proprio da Codogno. 

MATTIA GALBIATI

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The 10 things we understood about the CORONAVIRUS in Milan (🔴 March, 5, 2020, update)

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Navigli (sera 24/2/2020) Foto Valentina Burlando

Even since the Coronavirus jumped on the scene, Milan is the city that felt its fallout more than any other outside Asia, suffering incalculable damages, both to its economy and its image. Even amongst many questions, the first certainties may very well be taken into consideration.

The 10 things we understood about the Coronavirus in Milan

#1 Those certified dead because of the Coronavirus in the city of Milan is ONE at the moment (5h of March)

Even if, at the moment, over one hundred deaths have been counted in the whole Italy, the person in charge of the Infective illness Ward of the Sacco Hospital in Milan stated, that in most case “the cause of death can be ascribed to other pathogens”. Besides this, the declaration by Mr. Fontana, the President of the Lombardy Region, focused on the fact that the Coronavirus is, in his opinion “something more than simple flu”. Such a stance would therefore be unable to explain the curfew set up by the Italian Government and the Lombardy Region, to which the Municipality of Milan had to adapt, closing up every cultural, sport, and association activities and introducing limitations in their opening hours for pubs, bars and other stores, except for those providing basing necessities. The only certainty at the moment is that, within the city of Milan, one person is dead in reason, directly or indirectly, to the Coronavirus. While two deaths due to the Coronavirus have been recorded within in the Greater Milan area.

#2 87 people in Milan have caught the Coronavirus at the moment

At the moment (March 5, 2020), 87 people have caught the Coronavirus out of a population of 1,4 million. There are some good news as well: the first patient in Milan, a dermatologist of the Policlinico di Milano hospital, has been declared healthy.

#3 Stopping flights to and from China has not been useful in stopping the spreading of the virus

The WHO declared that stopping the commercial flights coming from the Country of the Dragon, like the Italian State did, has not only been useless, as the bigger spread of the virus to Italy more than to the other European countries not having blocked these flights, but even counterproductive, as it actually prevented the possibility of verifying the health status of those travellers from the places the Coronavirus first appeared in when they reached Italian soil.

#4 The ban for crowded places concerns stadiums, schools, Universities, cinemas and theatres, but not the public transport system

Despite the fact that soccer matches happen in the open and involve some tens of thousands of people, while an 2 million people overall travel daily in a closed environment, such as that of the Milanese public transport system, only the former have been forbidden, whereas the public transport system in Milan is currently going full steam.

🔴March 5, 2020 update: the Duomo and the museums in the city have been reopened, even if the entry there is strictly regulated at the moment. Schools and universities have beeb closed until March 15. The Serie A football matches will resume, but without attendance.

The Duomo in Milan opened again, at 8:00 AM on March 2, 2020, “for a short prayer”, and to tourists afterwards, even if the entry there has been limited; the same policies will be enacted for both public and private museums. No changes for other cultural institutions and for sports facilities, from football fields to swimming pools, as well as for spectator sports and similar activities. Only the Serie A football fixtures will restart, but without an attendance until the end of March.

#5 Milan is going to look at significant economic damages

The representative of the Hospitality Industry for Milan estimated losses for about 8 million euros for this sector, because of the significant shrinking of inbound tourism flows, while the fairs, a sector Milan has a dominant position in, are going to look at 1,5 billion euros in losses. A great many bookings have been cancelled by tourists, for the Salone del Mobile, an important furniture exhibition, the Milan Stock Exchange plunged. On Monday, February 24, The Milan stock Exchange lost 30 billion euros.

#6 Should a citizen of Milan decide to go abroad, even for work, he or she might run into problems

First, France stopped a bus going from Milan to Lyon because of the suspect coughing of its driver, then the French government decided to force its citizens to stay home for 14 days if they came from the Lombardy or Veneto Regions. Similar restrictions have been set up by other countries as well. The list of the nations forbidding entry or forcing quarantine upon everyone coming from Lombardy, Veneto or Italy as a whole is growing constantly.

🔴 March 2, 2020 update: Many countries all over the world deny entry to those people coming from Milan or Italy at large

The list of the countries imposing restrictions on, or denying, entry to people from Italy is still growing at the moment. In the press conference he held on March 1, 2020, advised Americans against travelling to Northern Italy. American Airlines and all other such companies afterwards, decided to stop all flights bound for the three airports in Milan, Malpensa, Linate and Orio al Serio, for the moment.

#7 More than 80% of the people having caught the virus recover spontaneously

In such a case, there is a risk to increase the panic effect, providing no practical solutions for those people having no symptoms or having light symptoms. Most of the experts in the field agree that 80% of the people with the virus recover spontaneously.

According to the official statistics, only 5% of the people having fallen ill requires to be hospitalized. The mortality of the Coronavirus seems to be in line with the rest of the world, around 2% of the overall sick population, but it concerns, at the moment, in the largest amount elderly people already suffering from grievous illnesses.

#8 The children under the age of 10 are less in danger with the virus

Concerning the statistics by the WHO all over the world, no child under 10 is dead for the Coronavirus yet. Another mystery on the cause of the sickness.

#9 The atmospheric pollution is even deadlier

Unlike the uncertain data concerning the spreading and the potential mortality of the Coronavirus in Milan, the city still has some scientifically attested causes for a significant number of deaths. Statistically speaking, the seasonal flu, the car accidents and the atmospheric pollution in the city are all deadlier than the Coronavirus for the deaths they cause.

🔴 March 2, 2020 update: Less traffic jams and less pollution through intensive smart working

The Coronavirus has also had a positive effect on both traffic jams and pollution, as the majorities of the companies in Milan chose to implement smart working as a preferential tool. Therefore, the flow of vehicles in the city has thinned considerably and the air got cleaner, even in the absence of winds. The cleaning activities on public transport, being something both intense and extraordinary produced cleanliness and good smells as never before.

#10 Milan is the first city in Europe to ever close up several of its activities and businesses because of a virus. But it won’t stop

Milan is the very first metropolis in the history of the Western world to forbid entry to its cinemas, schools, Universities, theatres and events, as well as set up a curfew for business because of a virus. However, its citizens don’t stop: videoconferences, smart work, coworking, no matter the choice, their work and their lives go on undaunted, even when others limit them. The sense of responsibility for those living and working, by birth or by choice, in the city driving the whole of Italy forward remains unchanged even in a situation such as this, where, more than the Coronavirus, the management of the impact this health emergency has had on its citizens still weighs on them.

The italian version: Le 10 cose che abbiamo capito del CORONAVIRUS a Milano (🔴 Aggiornato al 5 marzo)

FABIO MARCOMIN (Translated by ANTONIO BUONOCORE)

 

🔴 BREAKING NEWS. Sala al Corriere: «Penso al rilancio, no alla città-Stato»

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Milano 4 marzo 2020. Il primo cittadino intervistato dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, ha risposto alle domande dei milanesi sull’emergenza coronavirus a Milano. Qui l’intervista completa: Coronavirus, il sindaco Sala al Corriere: Ritorno alla normalità? Due mesi. Ma penso al rilancio. No alla città stato. 

«Due mesi per uscire dalla crisi»

«Bisogna non cadere nell’ottimismo di maniera e neanche nel pessimismo», ha dichiarato il sindaco. «Parlavo con amici imprenditori in Cina e mi descrivevano un ritorno alla normalità adesso, un paio di mesi dopo l’esplodere dell’epidemia. Potrebbe essere così anche per noi. Certo bisogna essere determinati nel controllare il nostro modo di vivere, in questo momento serve essere abbastanza rigidi»

«Penso al rilancio, no alla città stato»

Parlando delle ipotesi sul futuro per rilanciare la città, Sala si è espresso anche sul progetto di Milano città stato, che intende dotare Milano di poteri simili alle città stato internazionali (qui la lista delle città stato: Lista delle città stato): «Questa città senza l’apertura al mondo si affloscia, non può funzionare. Fatemi dire una cosa che non vorrei sembrasse troppo filosofica, ma io ho sempre detto che non sono tanto caldo sull’idea di città-stato – abbiamo dato anche l’ambrogino l’anno scorso ai portatori dell’idea della città-stato, ma con loro dialogo – perché la città-stato mi riporta a Sparta, Atene ad un modello antico, io credo nella città-mondo. Milano non è una città-stato, non è il centro dello stato è una città-mondo in quanto inserita in un sistema mondiale che trae beneficio dal fatto che ha una grande reputazione, che arrivano investimenti dall’estero, che arriva il turismo, che impara dall’estero. Uno dei modi per uscirne sarà riflettere sul tema della transizione ambientale.»

«Caro Beppe, ti rispondiamo…»

Caro Beppe. Segnaliamo e sottolineiamo quello che hai detto. Lo facciamo come promemoria. Riprenderemo le tue osservazioni quando saremo fuori da questa situazione. Per il momento pensiamo sia bene evitare di fare polemiche. Buon lavoro e buona fortuna a tutti noi.

MILANO CITTA’ STATO

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🔴 In Italia più di 25.000 TAMPONI, in Francia 1.000: è ora di chiedere alla UE controlli a tappeto in tutti i paesi

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L’Italia sta venendo travolta dalla tempesta perfetta: un contagio abbinato a un boicottaggio internazionale che mette a rischio un’economia già seriamente compromessa. Il tutto in un momento di confusione politica in cui c’è bisogno di una leadership chiara che tuteli gli interessi italiani.

In Italia più di 25.000 TAMPONI, in Francia 1.000: è ora di chiedere alla UE controlli a tappeto in tutti i paesi

Se si guardano le statistiche ufficiali dell’OMS (qui il sito: Coronavirus) si notano dei dati che sollevano interrogativi. Al momento l’Italia con 2502 casi è appaiata all’Iran al terzo posto per numero di contagiati al mondo, dopo la Cina (80.282 casi, pari all’86% del totale) e la Corea (5.621 casi). In Europa gli altri Paesi risultano molto distanti e dalle statistiche ufficiali molti dei loro infetti risultano aver avuto rapporti con l’Italia o con italiani.

Se si guardano i dati sul numero di tamponi che misurano il contagio, la differenza tra l’Italia e gli altri paesi occidentali risulta però abissale.

Numero di test sul coronavirus nei diversi paesi europei

Numero di tamponi eseguiti nei paesi UE (ultimi dati del 3/3):

Italia: 25.856 tamponi
Austria: 2.120
Francia: 1.126
Finlandia: 130
Di altri Paesi non si ritrovano dati certificati OMS sul numero di tamponi eseguiti.
In Germania chi non ha sintomi evidenti se vuole fare il test deve pagare 300 euro.
Leggi anche: Coronavirus: un tedesco racconta quanto è difficile fare il test a Berlino (da Berlino Magazine)

Per capire le diverse politiche nei paesi, gli Stati Uniti hanno realizzato 472 test pari a meno di 1 per milione di persone (con nove decessi), mentre in Italia i test sono 386 per milione di persone.
Qui i dati: Test

Considerando inoltre che in Francia risulta il primo caso in Europa di infezione da parte di un turista cinese, spicca il basso numero di tamponi eseguiti oltre Alpe. (The Guardian: Chinese tourist in France becomes Europe’s first coronavirus fatality)

La richiesta al nostro governo: pretendere dalla UE controlli a tappeto in tutti i paesi per garantire la sicurezza di tutti

Questa divergenza nel numero di test tra Paesi confinanti potrebbe indurre a credere che la diffusione del coronavirus possa risultare sottovalutata in certe nazioni rispetto ad altre. Questo determina un maggiore pericolo potenziale per i cittadini di tutta Europa provocato dai Paesi che eseguono meno test. Non basta. Limitare i test in una nazione rischia di provocare un eccesso di attenzione e di rischio percepito nei confronti dei Paesi che, come l’Italia, fanno più controlli. Innescando così una spirale negativa costituita dall’induzione di falsi positivi attribuiti a contatti con gli italiani e dalle ricadute sull’economia per le restrizioni adottate dalle nazioni che risultano meno colpite.

In un momento in cui la sicurezza, l’immagine e l’intera economia italiana è messa in pericolo a causa delle reazioni internazionali, credo sarebbe opportuno invitare il governo a farsi portavoce con decisione di una richiesta chiara all’Unione Europea: pretendere controlli a tappeto in tutti i paesi per garantire la sicurezza di tutti. Ed evitare di fare diventare l’Italia il capro espiatorio del virus.

ANDREA ZOPPOLATO

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PREMIO CORONAMEME: vota quello più virale

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Il Coronavirus insieme alla paura ha alimentato anche l’ironia. Nei giorni precedenti abbiamo pubblicato i meme più divertenti. E’ ora di scegliere il vincitore.

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PREMIO CORONAMEME: vota quello più virale

#1 L’ordinanza ha colpito anche loro

#2 In nostro soccorso un italiano vero

Toto Codogno

#3 Pragmatismo milanese

Non andate al pronto soccorso

#4 Ci sono mali peggiori del coronavirus

Cinese aggredito da moglie

#5 Alla ricerca dell’amuchina perduta

Indiana Jones Amuchina

#6 Marketing territoriale

Bivio Corona Virus

#7 L’ultimo baluardo della civiltà occidentale

Io sono Lombardo

#8 La domanda che si sta facendo il mondo intero

Il mistero di Codogno

#9 Pregiudizi d’Oltralpe

#10 Il nuovo protocollo di sicurezza

 

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CHINATOWN OFF-LIMITS: la comunità cinese ha abbassato le serrande

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Alla fine a Milano si è verificato quello che si temeva quando si è affacciato per la prima volta nel mondo il virus nato in Cina: la chiusura dei negozi gestiti dalla comunità cinese più popolosa della città nel quartiere che ruota attorno a Paolo Sarpi, meglio noto come Chinatown. La causa temuta all’inizio però, ovvero discriminazione e boicottaggio dei negozi da parte degli italiani, non si è verificata. Il motivo è un altro.

CHINATOWN OFF-LIMITS: la comunità cinese ha abbassato le serrande 

I cinesi di Milano si sono messi in auto-isolamento

La tempesta conseguente al “Coronavirus” sembrava non potesse intaccare la vitalità di una città come Milano e il laborioso quartiere di Chinatown con le sue numerose attività commerciali: ristoranti, lavanderie, bar, negozi di ogni genere che servono tutti gli abitanti della zona e non solo.

Prima l’assessore al commercio Tajani, poi il Sindaco Sala, infine il presidente lombardo Fontana, avevano simbolicamente supportato la comunità cinese facendosi immortalare mentre erano intenti a mangiare ravioli, noodles e altre prelibatezze culinarie asiatiche. L’obbiettivo era veicolare un messaggio di positività e invitare i milanesi a frequentare senza paura le attività del quartiere, nonostante il Governo avesse bloccato poco prima i voli provenienti dalla terra del Dragone.

Le serrande abbassate non è quindi avvenuta per mancanza di milanesi nei negozi a causa di discriminazione verso la popolazione cinese, ma al contrario è stata la stessa comunità di Paolo Sarpi, a seguito della veloce diffusione del virus in Lombardia e dell’ordinanza di chiusura e limitazione degli orari delle attività in città, che ha deciso di mettere in atto la politica più stringente possibile per arginare il virus: mettersi in isolamento volontario.  

FABIO MARCOMIN

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5 attrazioni uniche del MUSEO DEL NOVECENTO

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È l’ultimo arrivato sulla scena dei musei milanesi, ma fin da subito si è imposto come simbolo della cultura e avanguardia della città. Ospitato all’interno del Palazzo dell’Arengario, il museo del Novecento contiene più di quattrocento opere e capolavori del XX secolo. Un tuffo nell’arte che permette ai visitatori di afferrare lo spirito di progresso e contemporaneità della città.

5 cose che forse non sapevi sul MUSEO DEL NOVECENTO

#1 La scala a spirale


La cifra architettonica del museo è sicuramente la rampa a spirale che collega i diversi piani della torre, dal livello della metropolitana fino alla suggestiva terrazza sul Duomo. Un lungo percorso ininterrotto che permette di passare da un piano all’altro senza necessariamente seguire un percorso stabilito, ma guidati solo dalla vostra curiosità e dalle vostre emozioni.

#2 Il quarto stato


A metà della rampa d’ingresso a spirale e visitabile gratuitamente, troviamo il celebre dipinto “Il Quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Opera considerata simbolo dell’inizio del secolo, va ad aprire la collezione del Museo e ne incarna simbolicamente lo spirito rivoluzionario e di avanguardia.

#3 Il Palazzo dell’Arengario

museo del novecento
Credits: museodelnovecento.org

Ad ospitare il Museo del Novecento è il Palazzo dell’Arengario, un edificio storico progettato nel 1938 dagli architetti Griffini, Magistretti, Muzio e Portaluppi e ristrutturato dal Gruppo Rota nel 2010. Costruito per dare simmetria a piazza Duomo, il complesso dell’Arengario è formato da due edifici gemelli che fronteggiano il grande arco della Galleria Vittorio Emanuele e accolgono cosi lo sguardo di chi esce dalla Galleria.

#4 Il neon di Fontana


L’ultimo piano del museo è dedicato a Fontana e progettato come un’unica opera ambientale immersiva che ospita “Soffitto Spaziale”, opera realizzata nel 1956 dall’artista per la sala dall’Hotel del Golfo dell’Isola, e “Scultura Luminosa”, un’installazione di tubi fluorescenti al neon creata nel 1951 per lo scalone della Triennale di Milano. Questa sala ci rivela anche il vero spirito del Museo, proiettato in un abbraccio simbolico verso la città. Vale la pena fermarsi qualche minuto e contemplare il Duomo dalle ampie vetrate della sala, immersi nella luce bianca delle opere di Fontana.

 

#5 Il ristorante da Giacomo


Il museo del Novecento è progettato anche come luogo di incontro ed ecco allora al secondo piano il ristorante dello chef Giacomo Bulleri, già proprietario del famoso ristorante Da Giacomo. Una grande loggia affacciata su piazza Duomo vi permetterà di godervi un drink o assaporare piatti della tradizione milanese leggermente rivisitati con un’incomparabile vista su uno dei luoghi più belli della città.

 

LAURA COSTANTIN

 

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🔴 Ingressi contingentati, sale d’attesa AFFOLLATE: il paradosso dell’ordinanza anticontagio a Milano

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Uffici poste pieni fuori e vuoti dentro (foto: Natalia Molchanova)

L’ordinanza che prevede di tenere una distanza adeguata di un metro tra le persone e limitare l’assembramento sembra sia stata presa in modo un po’ originale. Sta accadendo infatti che negli uffici bancari e postali, per limitare la concentrazione di clienti all’interno, vengano concentrati invece in attesa nell’area di filtraggio prima dell’ingresso o nell’area degli sportelli bancomat.

Un modo originale per eseguire l’ordinanza anti-contagio: clienti  concentrati nella sala d’attesa

Uffici poste pieni fuori e vuoti dentro

In questi giorni di moderata ripresa della città e di aumentato flusso negli uffici pubblici, come quelli postali, e nelle banche, i responsabili di filiale hanno deciso di dare una propria interpretazione all’ordinanza emanata dalla Regione Lombardia che ha l’obbiettivo di limitare le possibilità di contagio da virus in ambienti molto frequentati.

Come si vede dalla foto in alto si sta assistendo ad una duplice situazione: all’interno dei locali si registrano poche persone agli sportelli tenuti alla corretta distanza di sicurezza, mentre all’esterno tutti i clienti si trovano ammassati nelle sale bancomat o di attesa complice anche il freddo delle ultime ore. La sensazione è che l’ordinanza venga applicata esclusivamente per tutelare la salute degli impiegati, a danno di quella dei clienti.

La situazione che si è creata, con le persone che si comportano all’esatto contrario di quanto prescritto dagli organi di governo, è la dimostrazione che quando dei limiti non sono calati nella realtà quotidiana possano produrre effetti opposti a quanto preventivato.

La sensazione è che l’ordinanza venga applicata esclusivamente per tutelare la salute degli impiegati, a danno di quella dei clienti.

FABIO MARCOMIN

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🔴La proposta. La TRILATERALE dei paesi infetti: un’area di libero scambio di merci e persone rifiutate dal resto del mondo

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Tabellone voli Aeroporto di Malpensa (con la Triplice Alleanza Paesi Infetti)

Anche Nepal e Islanda hanno chiuso l’accesso agli italiani: ormai si fatica a trovare un Paese che non ponga limiti verso l’Italia. Si diffonde anche il rifiuto dei prodotti fatti in Italia che a detta dei più allarmisti potrebbero trasmettere il virus anche a settimane di distanza. Con il consueto tatto in Francia la Tv ha mostrato un video in cui si parla di pizza al coronavirus, suggerendo una diffidenza verso i prodotti alimentari italiani. In breve, il mondo ci ha costruito attorno un muro invisibile e invalicabile. La domanda che molti si fanno è: in un’economia già prossima allo sfascio, cosa ci possiamo inventare per superare questa emergenza?

il mondo ci ha costruito attorno un muro invisibile e invalicabile. in un’economia già prossima allo sfascio, cosa ci possiamo inventare per superare questa emergenza?

La proposta. La TRILATERALE dei paesi infetti: un’area di libero scambio di merci e persone rifiutate dal resto del mondo

La soluzione ci può arrivare dalla saggezza popolare: “mal comune mezzo gaudio“. Se tutto il mondo ci ha isolato in preda alla psicosi, perchè non allearci con i paesi che condividono con noi la diffusione dei contagi?
Italia, Cina e Corea del Sud potrebbero formare un’area esclusiva di libero scambio di merci e persone rifiutate dal resto del mondo. I vantaggi sarebbero tantissimi.

Un’area di libero scambio con dazi esterni del 100%

Nessun dazio tra di noi e il 100% sulle importazioni, applicando per reciprocità la protezione totale sui nostri prodotti e sulle nostre persone. Avremmo pertanto accesso esclusivo e protetto su un mercato immenso, di oltre un miliardo e mezzo di persone, molto più grande dell’Unione Europea o degli Stati Uniti d’America.

La leadership culturale

Cina e Italia sono i due Paesi al mondo che vantano più siti patrimonio dell’umanità secondo l’UNESCO. Rappresentano due culture millenarie alla base rispettivamente della civiltà occidentale e di quella orientale. La Corea ha anche vinto l’Oscar. 

Boom del turismo

Cina e Italia sono tra le più importanti mete turistiche al mondo. L’Italia può diventare l’unica meta di approdo per quasi un miliardo e mezzo di turisti cinesi e coreani rifiutati o guardati con sospetto dalle altre nazioni del mondo. A loro volta gli italiani possono riscoprire con voli diretti ed esclusivi l’immenso territorio cinese, con le sue città, rinvigorendo uno storico rapporto nato con Marco Polo e i gesuiti. Il resto del mondo resterebbe alla finestra dei luoghi più belli al mondo divenuti per loro inaccessibili. 

Un mercato con prodotti unici al mondo

Un’immenso mercato che avrebbe i semilavorati più economici, provenienti dalla Cina, assemblati dai maestri italiani. Darebbe un impulso pazzesco alle imprese italiane e consentirebbe ai cinesi di godere di prodotti straordinari, bramati dall’intero pianeta.

Il gemellaggio Milano – Hong Kong

Le due città d’avanguardia e di rinnovamento per i rispettivi paesi, isole felici e democratiche all’interno di stati sovrastrutturati, stringerebbero una speciale alleanza all’insegna dell’autonomia. Gli organi di controllo dell’area di libero scambio verrebbero posizionati in Paolo Sarpi, così ci potremmo rifare della perdita di EMA. 

Una moneta comune

Più performante dell’euro, utilizzabile solo tra i tre Paesi. La paura del contagio azzererà il rischio di fuga dei capitali. 

Avanti un altro

L’Iran potrebbe fare richiesta per aggiungersi all’alleanza. Pochi turisti, poco PIL, ma si può rifare con la bomba atomica. 

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Quello che l’Italia dovrebbe chiedere all’Europa (se ne avessimo il CORAGGIO)

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meno retorica, più responsabilità

ESTATE 2018. All’annuncio del governo italiano di voler aumentare il deficit i mercati internazionali reagiscono duramente. Si vendono ovunque i titoli di stato italiano, lo spread si impenna, i tassi di interesse sul debito mettono a rischio la tenuta dei conti dello Stato. Pochi giorni e si arriva al dietrofront: non ci sarà nessun aumento del deficit previsto. I mercati si calmano.

2 MARZO 2020. Il Parlamento italiano è compatto nel chiedere all’Unione Europea di aumentare il deficit per fare fronte all’emergenza coronavirus. L’Europa si dice d’accordo. Le forze politiche festeggiano e c’è già chi rilancia: bisogna aumentare il deficit ancora di più, fino ad almeno 20 miliardi.

La domanda è: aumentare il deficit è un regalo che ci fa l’Europa o è una “sòla” che viene rifilata ai cittadini italiani?

aumentare il deficit è un regalo che ci fa l’Europa o è una “sola” che viene rifilata ai cittadini italiani?

Aumentare il deficit non è la cura ma la via sicura per il disastro

Tutto il Parlamento italiano preme per aumentare il deficit.
Più deficit + caduta (prevista) del PIL = ?
Il risultato è matematico: impennata del debito.
Aumentare il deficit è una mossa semplice ma disastrosa per due motivi. Innanzitutto perchè indebitarsi di più significa che questo renderà ancora più difficile la ripresa a emergenza finita, visto che al debito pregresso dovremo anche aggiungere il nuovo debito con gli interessi. Ma questo è il meno.
La regola aurea dei mercati finanziari è che se annunci che aumenti il debito, i mercati vendono i titoli di stato e paghi in maggiori interessi più di quello che ottieni facendo più debito. Purtroppo l’economia non ha il cuore tenero, questo devono considerare i politici.
Forse è un caso, ma alla notizia della richiesta del Parlamento italiano di fare più debito, i mercati non hanno reagito a champagne: al momento in cui scrivo (ore 13 del 2/3/2020) la Borsa perde oltre tre punti, lo spread è passato da 170 a quasi 190.
Risultato? La richiesta di maggiore deficit ci sta già costando più dei due miliardi di maggior debito.

La verità è che chiedere più deficit significa chiedere all’Europa il permesso di fare pagare di più gli italiani

Quello che dovremmo chiedere all’Europa (se ne avessimo il coraggio)

Aumentare il deficit ha un solo grande vantaggio: è una richiesta semplice da fare perchè il vero vantaggio è per i creditori che devono concederlo, esattamente per lo stesso motivo perchè esistono le banche. Ogni debito è un guadagno per chi presta i soldi non per chi se li fa dare.

La domanda che però ci dobbiamo fare è: in una situazione di oggettiva emergenza, se abbiamo bisogno di soldi, che cosa possiamo fare?
La risposta di buon senso è che se si è in difficoltà si chiedono aiuti, non si fanno più debiti. Se fossimo in difficoltà per una grave emergenza cosa diremmo a chi ci dice: “vatti a indebitare”? Al limite accetteremmo prestiti ma solo a tasso zero, altrimenti non si tratta di un aiuto ma di un affare. Un affare che gli italiani pagheranno a caro prezzo.
Allora che fare?

Per fare fronte all’emergenza occorrono politiche di emergenza: il Parlamento deve avere il coraggio di chiedere compatto a Bruxelles una risposta all’emergenza. Ad esempio di destinare un budget a fondo perduto per fronteggiare l’emergenza o, almeno, la moratoria sugli interessi del debito pubblico, socializzandoli tra i diversi stati europei che non risultano colpiti dalla crisi.
L’Europa deve assumersi la responsabilità di una causa di forza maggiore che sta mettendo in ginocchio un suo territorio. Indebitarsi e fare precipitare ancora di più il Paese nella morsa di maggiori interessi e spread a picco è una politica facile ma irresponsabile. E in questo momento Milano e l’Italia hanno bisogno di tutto tranne che di politiche irresponsabili.

Per fare fronte all’emergenza occorrono politiche di emergenza: il Parlamento deve avere il coraggio di chiedere compatto a Bruxelles una risposta all’emergenza. Ad esempio di destinare un budget a fondo perduto per fronteggiare l’emergenza o, almeno, la moratoria sugli interessi del debito pubblico

ANDREA ZOPPOLATO

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🔴 BREAKING NEWS. Coronavirus: un tedesco racconta quanto è difficile fare il test a Berlino (da Berlino Magazine)

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Credits: www.glitchmagazine.eu - Porta di Brandeburgo

L’Italia, con circa 1700 persone, risulta il terzo paese per numero di contagiati al mondo dopo Cina e Corea e i numeri sono in aumento per gli effetti propagatori naturali del virus. Si diffonde nel mondo il panico verso gli italiani che sono considerati ormai uno dei principali fattori di rischio che motiva il controllo con tampone. In altri paesi, anche molto vicini alle regioni italiane più colpite, i numeri risultano molto più rassicuranti. La domanda che molti si fanno è: può essere che il minor numero derivi da un numero maggiore di controlli? A questa domanda arriva una possibile risposta da Berlino, pubblicata oggi da un sito berlinese di lingua italiana: Berlinomagazine.com.

BREAKING NEWS. Coronavirus: un tedesco racconta quanto è difficile fare il test a Berlino (da Berlino Magazine)

Il Ministero della Salute tedesco, a differenza di quello italiano che ha fatto condurre test anche su persone asintomatiche e non obbligatoriamente provenienti dall’area dei focolai, ha scelto di sottoporre gratuitamente al tampone solo chi potesse dimostrare di essere sintomatico e proveniente dalle “zone rosse”.

Questa politica viene confermata dall’esperienza riportata su Berlino Magazine da un cameraman tedesco di ritorno da un lavoro per i Campionati del Mondo di Biathlon nel Nord Italia. La sua premura appena arrivato a casa è stata quella di voler fare il test per accertare l’eventuale positività al Coronavirus, contattando immediatamente l’amministrazione sanitaria tedesca che l’ha indirizzato al suo medico di famiglia. Quest’ultimo ha affermato di rifiutare pazienti provenienti dalle zone di contagio e di aver esaurito i tamponi in magazzino.

L’uomo è stato così mandato al Charité di Berlino, ospedale di riferimento per la rilevazione del virus nella capitale tedesca, il cui personale gli ha riferito che il test rapido di Covid-19 è riservato solo a persone entrate in contatto reali con persone infette. In caso contrario fare il test costerebbe 300 euro.

Il risultato di questo approccio metodologico

L’evidenza più acclarata è stato il numero limitato di effettivi contagiati e di ricoveri e l’assenza di persone passate a miglior vita. Questo fatto contrasta con l’esplosione di malati tedeschi di influenza rispetto all’anno precedente, 80.000 contagiati pari al numero di contagiati da Coronavirus nel mondo, e di 130 persone decedute ovvero 4 volte quelli italiani per il Covid-19. I dati confermerebbero i riscontri dei ricercatori dell’Ospedale Sacco, per conto della dottoressa Gismondo la quale ha affermato che i reali decessi conseguenti al virus sono in numero inferiore rispetto a quelli riportati.

Confrontando il sistema dei tamponi a 300 euro della Germania con i circa 10.000 tamponi eseguiti in Italia solleva alcune domande: qual è la strategia migliore per contrastare il virus? E cosa sarebbe successo a parti invertite, ossia se l’Italia avesse adottato la politica tedesca? 

Qui l’articolo di berlinomagazine.com: Coronavirus, un tedesco racconta quanto sia difficile fare il test a Berlino

FABIO MARCOMIN

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Milano Città Stato sarebbe un bene soprattutto per l’Italia
Primo passo del consiglio comunale verso Milano Città Stato
Corrado Passera: Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni
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Le 10 cose che abbiamo capito del CORONAVIRUS a Milano (🔴 Aggiornato al 5 marzo)

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Navigli (sera 24/2/2020) Foto Valentina Burlando

Dall’avvento sulla scena mondiale del Coronavirus Milano è la città che più di tutte ne ha subito le conseguenze, fuori dal continente asiatico, con danni inestimabili all’economia e all’immagine. Tra i numerosi interrogativi si può fare il punto sulle prime certezze.

Le 10 cose che abbiamo capito del coronavirus a Milano  

#1 Morti accertati a Milano città

Sono stati registrati i primi decessi nella Città Metropolitana di Milano, un uomo di 84 anni di Cinisello Balsamo e uno di 87 di Bresso. In giornata è arrivata anche la triste notizia del primo morto di Milano città.

#2 Le persone contagiate in città

Il numero di contagiati ha raggiunto quota 87. Una buona notizia: il primo paziente di Milano, il dermatologo del Policlinico, è stato dichiarato guarito.

#3 Lo stop ai voli aerei da e per la Cina non è stato utile a bloccare la proliferazione del virus

L’OMS ha dichiarato che la chiusura dei voli commerciali in arrivo dallo stato del dragone stabilita al governo italiano non solo è stata inutile, come attesta la maggiore diffusione del virus in Italia rispetto agli altri Paesi europei che non hanno attivato il blocco, ma sarebbe stato perfino controproducente: ha impedito di fatto la possibilità di accertare la salute all’ingresso sul suolo italiano dei viaggiatori provenienti dai territori da cui si è manifestato per la prima volta il Coronavirus.

#4 Lo stop ai luoghi affollati riguarda stadi, scuole, università, cinema e teatri ma non il trasporto pubblico

Nonostante le partite di calcio si svolgano all’aperto e coinvolgano qualche decina di migliaia di persone, mentre sui mezzi pubblici milanesi viaggiano in ambienti chiusi complessivamente ogni giorno 2 milioni di persone, solo le prime sono state vietate mentre il trasporto cittadino è perfettamente funzionante.

🔴 Aggiornato al 5 marzo: Duomo e musei riaperti, scuole e università chiuse fino al 15 marzo, Serie A senza pubblico

Il Duomo di Milano ha aperto alle 8 del due marzo “per una breve preghiera” e successivamente per i turisti, purché con ingressi limitati, e così sarà anche per le istituzioni museali pubbliche e private. Niente da fare per altre istituzioni culturali milanesi, così come quelle sportive dal calcio alle piscine e per qualsiasi luogo di attività ginniche che prevedano la partecipazione di un pubblico spettatore.
Solo le partite di Serie A riprenderanno il corso regolare, ma senza pubblico fino a fine marzo.

#5 I danni economici saranno ingenti

Il referente dell’Associazione Albergatori Milanesi ha stimato una perdita nell’ordine di 8 milioni di euro per il settore, a causa delle sensibile contrazione dei flussi turistici in entrata, mentre nel comparto fieristico di cui Milano svolge un ruolo dominante i danni ammonterebbero a 1,5 miliardi. Fioccano le disdette nelle presenze turistiche, al Salone del Mobile, crolla la Borsa: lunedì 24 febbraio il listino di Milano ha bruciato oltre 30 miliardi di euro. 

#6 Se un milanese dovesse andare all’estero, anche per lavoro, potrebbe avere problemi

La Francia ha prima bloccato un pulmann a Lione proveniente da Milano per tosse sospetta dell’autista, poi ha deciso di obbligare tutti i cittadini francesi a rimanere chiusi in casa per 14 giorni se provenienti da Lombardia o Veneto. Analoghe restrizioni sono state adottate da altri Paesi. E’ in costante aggiornamento la lista delle nazioni che vietano l’accesso o impongono la quarantena a chiunque arrivi da Lombardia, Veneto o dall’Italia. 

🔴 Aggiornato al 5 marzo: molti Paesi bloccano l’accesso a chi proviene da Milano o dall’Italia

Si allunga la lista dei Paesi che impongono restrizioni o divieto di accesso a chi proviene dall’Italia. Nella conferenza stampa del primo marzo il Presidente Trump ha sconsigliato agli americani di viaggiare nelle regioni del Nord Italia. Prima American Airlines, poi a ruota tutte le altre compagnie aeree americane hanno deciso di interrompere tutti i voli in partenza verso i tre aeroporti milanesi di Malpensa, Linate e Orio al serio.

#7 Oltre l’80% di chi prende il virus guarisce spontaneamente

La dottoressa Maria Gismondo, Direttrice responsabile del laboratorio di Macrobiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, in cui vengono analizzati da giorni i campioni di possibili casi di coronavirus Covid-19 in Italia afferma che “fare uno screening a tappeto con tamponi significherebbe trovare migliaia di positivi“. In questo caso il rischio è di incrementare l’effetto panico ma senza fornire un rimedio pratico per chi non avesse sintomi o avesse sintomi lievi che, a detta di tutti gli esperti, guariscono spontaneamente nell’arco di due giorni.

Secondo le statistiche ufficiali solo il 5% dei malati richiede una cura ospedaliera. La mortalità in Italia sembra in linea con quella mondiale, attorno al 2% dei malati, e riguarda al momento per la grande maggioranza persone anziane affette da gravi patologie (media dei decessi: 81 anni).

#8 I bambini al di sotto i 10 anni risultano non a rischio

Secondo le statistiche dell’OMS nel mondo non esisterebbero decessi tra i bambini al di sotto dei 10 anni.  E in questa fascia d’età risulta un numero di contagiati prossimo allo zero. Un altro motivo di mistero sull’eziologia della malattia.

#9 L’inquinamento atmosferico è più letale

A differenza dei dati incerti riguardanti la diffusione e la potenziale mortalità del coronavirus a Milano, esistono in città cause scientificamente provate di un gran numero di morti. Risultano statisticamente assai più gravi del coronavirus, per numero di morti, l’influenza stagionale, gli incidenti stradali e l’inquinamento atmosferico.

🔴Aggiornato al 5 marzo: Meno traffico e meno inquinamento con lo smart working intensivo

Il Coronavirus ha avuto effetto positivo su traffico e inquinamento, complice la scelta della maggior parte delle aziende milanesi di adottare lo smart working, come metodologia di lavoro. Il risultato è stato traffico veicolare sensibilmente ridotto e aria pulita pur in assenza di vento. L’intensa e straordinaria attività di pulizia e igienizzazione sui mezzi pubblici ha prodotto una pulizia e un profumo come mai percepito fino a oggi.

#10 Milano è la prima città dell’occidente a chiudere molte sue attività a causa di un virus. Ma non si ferma.

Milano risulta la prima metropoli della storia del mondo occidentale a vietare l’accesso a musei, cinema, scuole, università, teatri, a eventi e istituire un corpifuoco per i pubblici esercizi a causa di un virus. Eppure i milanesi non si fermano: videoconference, telelavoro, coworking, qualsiasi sia la formula  scelta il lavoro e la vita vanno avanti in egual modo, pur se limitata da altri. Il senso di responsabilità di chi lavora e vive, per nascita o per scelta, nella città locomotiva d’Italia,  rimane immutato anche in una situazione del genere in cui a pesare, più che il coronavirus, è la gestione dell’impatto sui cittadini che ha avuto questa emergenza sanitaria.

FABIO MARCOMIN

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I 10 luoghi magici che proteggono i milanesi

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Madonne che piangono, altre che proteggono bambini, novelle spose e ballerine, fonti di acqua capaci di curare malanni. I luoghi magici di Milano sono tanti, misteriosi e magnetici. Eccone 10, oppure… 11?

I 10 luoghi magici che proteggono i milanesi

 #1 La fontana degli 11 zampilli

fontana degli 11 zampilli

La si trova nel santuario rinascimentale di Santa Maria alla Fontana ed è stata edificata nel 1507 su una fonte antica, ritenuta miracolosa.
La storia racconta che, ai tempi di Luigi XII di Francia, il governatore di Milano Charles d’Amboise, sofferente di una grave malattia della vista, si recò presso questa fonte e guarì. In segno di ringraziamento, fece quindi costruire il santuario mariano. Un grande dipinto cinquecentesco sopra l’altare ricorda il miracolo. Fu così che questo luogo divenne una delle principali strutture sanitarie del tempo e, a giudicare dai messaggi lasciati nei pressi della fontana, i fedeli arrivano ancora oggi da tutto il mondo pregando per la loro salute.

#2 L’oratorio di San Protaso al Lorenteggio

oratorio di San Protaso al Lorenteggio

E’ la chiesa più piccola della città e si trova nello spartitraffico di via Lorenteggio. Costruita intorno all’anno 1000 dai monaci benedettini sui resti di un antico tempio pagano, in passato fu frequentata dai Visconti, proprietari del territorio di caccia circostante, e dai Carbonari, che qui tenevano i loro incontri segreti. Nel corso dei secoli, la chiesa è sopravvissuta a diversi tentativi di distruzione. Gli anziani del quartiere raccontano che, quando si decise di utilizzare la cappella come abitazione, l’affresco della Madonna del Divin Aiuto venne coperto per ben tre volte da un’imbiancatura a calce, ma l’immagine riaffiorò sempre e più nitida che mai. Ancora oggi i milanesi si recano presso la gesetta di’ lusert per chiedere intercessioni o rendere omaggio per una grazia ricevuta.

#3 Santa Maria dei Miracoli presso San Celso

Santa Maria dei Miracoli presso San Celso

E’ un antico santuario di Milano, situato in corso Italia, al fianco dell’antica chiesa di San Celso. La storia racconta che, durante la peste, i milanesi accorrevano numerosi per chiedere la fine della calamità. Il miracolo sembra sia avvenuto il 30 gennaio del 1485: durante la messa, al momento della Comunione, la Madonna con in braccio il Bambino scostò il velo da cui era coperta e, fissando uno a uno i fedeli con tenerezza materna, tese le braccia presentando Gesù.
Da quel momento la peste cominciò a regredire. Secondo un’ormai secolare tradizione, questo è il Santuario dove le spose milanesi, subito dopo il rito del matrimonio, vengono a donare il bouquet nuziale alla Madonnina miracolosa per ottenerne la benedizione.

#4 La Cappelletta di Via conte Rosso e il miracolo di Lambrate

Sorta probabilmente come luogo di culto romano, rappresentato da un’ara sacrificale pagana, si è poi trasformata in altare cristiano a seguito dell’editto dell’Imperatore Costantino. La Cappelletta è stata anche luogo sacro per i milanesi, cacciati dall’Imperatore Barbarossa, che si erano rifugiati a Lambrate dopo la distruzione della città da parte delle truppe imperiali. Da oltre 1500 anni, questo luogo magico resiste all’inclemenza del tempo e a guerre, pestilenze, carestie e occupazioni straniere. Si narra che, la notte del 13 agosto 1943, un ordigno forò il tetto della cappella posandosi dolcemente sull’altare senza esplodere e lasciando quasi intatta la struttura. Terminato il conflitto, le anziane e devote signore lambratesi si ritrovavano qui per ringraziare del ritorno a casa di mariti e figli reduci dalla guerra.

#5 La Madonna del Grembiule

Situata all’interno dell’attuale Chiesa di Santa Maria alla Porta, fu costruita nel 1652, durante la dominazione spagnola, sui resti di una chiesa medievale. Sembra che, durante i lavori di ricostruzione della chiesa, un operaio trovò un dipinto cinquecentesco della Madonna e che, pulendolo con il proprio grembiule, guarì dalla zoppia. Dopo il miracolo, il luogo divenne oggetto di venerazione per i milanesi che nel ‘700 costruirono una cappella a pianta ottagonale dedicata alla Beata Vergine dei Miracoli in grado di curare i malati, detta appunto Madonna del Grembiule.

#6 La Madonnina pugnalata

Basilica di Santa Maria presso San Satiro

La si può trovare dietro la Basilica di Santa Maria presso San Satiro, a due passi dal Duomo. Nel 1242, qui c’era solo una minuscola cappella con il sepolcro del santo e il rione era davvero poco raccomandabile, tra bische, locande mal frequentate, gioco d’azzardo e prostituzione.
La leggenda narra che, una notte di quell’anno, un tale Massazio da Vigonzone perse molto denaro al gioco e non sapendo più contro chi inveire, giunto davanti alla chiesa, sfogò la sua ira pugnalando l’immagine sacra dipinta sul muro.
Al terzo colpo di lama, dai buchi non uscì malta ma sangue, che colò sul braccio del Bambino e sulla Madonna. Massazio, ritornato in sé, cadde in ginocchio e il popolo gridò al miracolo. Poco dopo, il giocatore incallito si fece frate e il posto divenne luogo di culto. Il dipinto originale fu spostato all’interno e posto sull’altare. Alla Madonnina pugnalata, ancora oggi rivolgono le loro preghiere le persone che hanno problemi di natura familiare.

#7 La Madonna di Corbetta

Si tratta di un affresco di Gregorio Zavattari del 1475, che si trova sulla facciata dell’antica Chiesa di San Nicolao, a Corbetta. Il 17 aprile 1555 il dipinto divenne il protagonista di un miracolo, tanto che nel giro di poco tempo si rese necessario costruire un Santuario capace di accogliere i sempre più numerosi fedeli.
Si narra che tre bambini, Cesare dello Stampino, Antonio della Torre e Giovanni Angelo, sordomuto dalla nascita, stavano giocando a bocce sotto il ritratto della Madonna con il Bambino, quando all’improvviso, il Bambino Gesù scese dal dipinto e si mise a giocare con i tre coetanei.
Giovanni, il primo ad accorgersi dell’avvenimento eccezionale, riacquistò immediatamente l’udito e la parola, mentre la Madonna, uscita anch’ella dal dipinto, si manifestò in piazza e recuperò il suo Bambino.
La Madonna di Corbetta è patrona di zona.

#8 La Madonna dei Tencitt

Madonna delle rose

Prima del 1630, Milano contava oltre 100mila abitanti, appena due anni dopo, a causa della peste, ne rimasero 47mila. Eppure, una piccola parte della città riuscì a restare immune al morbo: si tratta della zona compresa tra l’ospedale, oggi Università Statale, e piazza Santo Stefano.
Secondo la leggenda, in via Laghetto 2, nel rione Ca’ di Tencitt (dei carbonai), abitava una strega, capace di contrastare la malattia grazie alla sua magia.
Terminata la peste, per celebrare il miracolo, il comune fece dipingere sulla sua casa l’immagine di lei, con ai piedi San Rocco, San Sebastiano e San Carlo.
Ma una tesi con fondamenta più scientifiche si fece strada negli anni a venire: in via Laghetto sorgeva il porto dove veniva scaricato il carbone destinato alla Veneranda Fabbrica del Duomo. Il carbone, noto per i suoi poteri assorbenti, funse da disinfettante contro la malattia.
L’opera è ancora lì e nemmeno la spiegazione scientifica sembra averla adombrata.

#9 La Madonna dei Ricchi e la Madonna dei Poveri 

Madonna delle rose

All’interno del Duomo di Milano si trova la Madonna dell’Aiuto, chiamata anche Madonna degli Sciori, che si dice esaudisca le preghiere dei ricchi signori.
Posizionata dal lato opposto rispetto alla Madonna dell’Aiuto, la Madonna delle Rose, o dei Poveritt, cioè dei poveri.
Si racconta che nel 1409, mentre Milano era assediata dai ghibellini, una donna chiese alla Madonna di risparmiare il figlio che era in fin di vita a causa della guerra.
Il primo miracolo fu che, mentre pregava, le rose appassite, portate qualche giorno prima, tornarono a essere fresche.
Il secondo miracolo si manifestò quando la donna tornò a casa e scoprì che il figlio era guarito.

#10 La Madonna delle Ballerine

La Madonna delle Ballerine

Alle spalle di Palazzo Marino, nella Chiesa di San Fedele, si trova un affresco del Duecento che rappresenta la Madonna delle Ballerine, dispensatrice di grazie e aiuti nei confronti delle danzatrici dell’epoca. Anche in tempi più recenti le grandi stelle della Scala, prima di ogni spettacolo, si recavano dalla Madonna per accendere un lumino, nella speranza di una grande prestazione.
Oppure, al termine della rappresentazione, andavano a depositare i mazzi di fiori ricevuti dagli ammiratori.
Oggi qualcuno l’ha ribattezzata Madonna degli Artisti, con l’augurio che la benevolenza raggiunga tutti gli artisti della città.

#10+1: le palle del Toro

palle del Toro

Uno dei simboli più famosi di Milano, amato sia dai cittadini che dai turisti, e custodito nella Galleria Vittorio Emanuele.
La tradizione vuole che il rito scaramantico si compia facendo tre giri sulle palle del toro col tallone del piede destro. Ciò dovrebbe garantire maggiore fertilità alle donne e fortuna per il futuro.
Qualunque sia la ragione del rito, quello che è certo è che l’attrazione attira ogni giorno centinaia di persone disposte a mettersi in coda per compierlo.

Continua la lettura con: Lambrate

VALENTINA PETRACCA

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“Radio e TV basta versi da gorilla”: CT, il SENZA TETTO pioniere della street art milanese

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carlo torrighelli
Immagine del 1973 di C.T. con uno dei suoi cartelli

Forse non tutti si ricorderanno di lui, qualcuno ne avrà sentito parlare. Eppure per chi ha vissuto in quegli anni, il solo acronimo CT potrà riportare alla mente tante cose.
Stiamo parlando di Carlo Torrighelli, un writer ante-litteram, attivo a Milano tra gli anni ’70 e ’80.

CT: il SENZA TETTO pioniere della street art milanese

#1 I tre tratti distintivi di CT

Tre erano i caratteri distintivi di Carlo Torrighelli, un senza tetto fuori dal comune: il carretto sul quale trainava i suoi tre inseparabili cani (La Bella, L’Umanità e L’Amore), il megafono e la vernice bianca, strumenti attraverso i quali diffondeva per tutta Milano i suoi slogan.

#2 “La Chiesa ti uccide con l’onda” e altri slogan

In quegli anni Torrighelli si aggirava soprattutto nelle zone adiacenti a Castello Sforzesco e la stazione di Milano Porta Garibaldi. Era proprio in quelle strade che si potevano leggere i suoi manifesti affissi sulle pareti o i suoi slogan scritti in caratteri maiuscoli con la vernice bianca sull’asfalto:

“La Chiesa ti uccide con l’onda”

“Popolo bue, ti uccidono con l’onda!

“Esistono impianti a onde che torturano rovinano e uccidono da lontano milioni di morti in Italia”

“Radio e televisione basta versi da gorilla ma cultura”

Slogan provocatori contro quegli impianti a onda situati nei sotterranei delle chiese capaci di uccidere, o ancora un invito a tutti i mass media di prestare maggiore attenzione alla diffusione della cultura.

#3 CT sul muro di Berlino

Carlo Torrighelli diventa ben presto un personaggio noto in tutta Milano, la sua fama si diffonde a macchia d’olio persino fuori dai confini nazionali. Uno dei suoi slogan, infatti, fu tradotto in lingua tedesca e riprodotto a caratteri cubitali sul muro di Berlino.

#4 Il senza tetto ha trovato casa

Visse per anni senza dimora, era stanziato nei pressi dell’arco vicino all’Arena e trascorreva le sue giornate tra le strade di Milano con il suo inseparabile carretto a distribuire volantini ai passanti e far sentire la sua voce.

Ma la sua protesta si estese sino al portone di Palazzo Marino, dove per giorni Torrighelli si stanziò urlando “Non ho una casa!”. Protesta che ebbe un esito positivo: gli fu assegnata una casa in via Pinamonte da Vimercate 9, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.

Il 4 novembre 1983 Carlo Torrighelli muore nella sua casa a seguito di un probabile arresto cardiaco. Ma da quel giorno nessuno ha più dimenticato il suo nome, la sua storia, la sua voce.

#5 La gloria post mortem

Nonostante gli anni passati, il nome di CT è rimasto impresso nella storia di chi ha vissuto la Milano di quegli anni, di chi ha avuto la fortuna di conoscere o ascoltare direttamente i suoi slogan urlati a gran voce. Ma se così non fosse stato, numerose sono state le iniziative incentrate sulla valorizzazione di questo noto personaggio: mostre a lui dedicate e diverse pubblicazioni sulla sua vita hanno fatto sì che ancora oggi CT resti uno dei personaggi storici che hanno lasciato un segno importante nella storia di Milano.

 

ROSSANA QUARATO

 

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Tre cose che si possono capire sul CORONAVIRUS analizzando i dati dell’OMS

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Milano (Foto: Andrea Cherchi)

Come molti sanno è possibile seguire l’evoluzione in tempo reale della diffusione del coronavirus nel mondo su questo link: https://www.worldometers.info/coronavirus/.
I dati sono quelli ufficiali dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e mostrano la diffusione del virus segmentato per diversi metri di analisi, come le aree geografiche, la suddivisione dei malati, il tasso di mortalità per classi di età e tipo di concausa. In più si trova il continuo aggiornamento delle ultime notizie nazione per nazione. Rappresenta la fonte più esaustiva e oggettiva su quello che sta accadendo nel mondo. Vorrei suggerire alcune riflessioni in particolare su alcuni dati.

Tre cose che si possono capire sul CORONAVIRUS analizzando i dati dell’OMS

#1 I contagi in Italia potrebbero essere di più

Prendendo i paesi dove si è ufficialmente diffuso di più il virus, i dati sembrano discordanti. Si passerebbe da un tasso di mortalità superiore al 3% in Cina allo 0,5% della Corea. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che in Corea è stata adottata la strategia di misurazione a tappeto del virus, procedendo su vasta scala alle analisi con i tamponi anche su chi non ha sintomi. Se si tenesse fisso il valore di mortalità misurato in Corea, forse il più affidabile per presumere il numero reale di contagiati, allora negli altri Paesi i contagiati potrebbero essere molti di più. Se infatti al momento in cui scrivo i decessi a causa del virus in Italia risultano 29, tenendo l’indice di mortalità rilevato in Corea, i contagiati nel nostro Paese potrebbero essere più di 6000, ossia quasi sei volte di più degli attuali.

Decessi su cintagiati (dato del 1/3/2020). Gli aggiornamenti sono quelli provenienti dai dati inviati nelle ultime ore

Qui i dati aggiornati dopo la stesura dell’articolo: https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries

Questa ipotesi potrebbe essere confermata anche analizzando il numero di tamponi che sono stati eseguiti nei diversi paesi. Il tasso di positività al tampone è al 5% in Italia contro il 4,3% in Corea. La differenza più rilevante è nel numero di controlli effettuati: 9.462 in Italia contro i 66.652 in Corea. Quindi anche questo dato potrebbe confermare che mantenendo il tasso di positività tra il 4% e il 5% se si aumentassero i controlli come fatto in Corea aumenterebbe anche il numero dei contagi nelle statistiche italiane, così come in quello delle altre nazioni.

Qui i dati aggiornati anche dopo la stesura dell’articolo: https://www.worldometers.info/coronavirus/covid-19-testing/

#2 Essere stati in Italia o il contatto con italiani è considerato un fattore di rischio

Se si verificano le news sugli ultimi dati in aggiornamento (https://www.worldometers.info/coronavirus/#news) molti dei nuovi casi sono collegati a persone rientrate dall’Italia oppure che sono venute in contatto con persone italiane. Si ricava che nel mondo questo costituisce uno dei principali fattori di rischio che richiede un controllo sanitario.

#3 Per i contagiati senza gravi patologie e al di sotto dei 60 anni il virus presenta pochi rischi

Come si vede da qui (https://www.worldometers.info/coronavirus/coronavirus-age-sex-demographics/) il virus risulterebbe pericoloso quasi esclusivamente per la popolazione più anziana. Il tasso di mortalità risulta del 14,8% tra i contagiati che hanno oltre 80 anni e dell’8% tra i settantenni. Tra i cinquantenni è dell’1,3%, sotto i 40 anni dello 0,2%, tra i bambini sotto i 10 anni non si registra al momento alcun decesso. Ma c’è un altro elemento che riduce la pericolosità del virus anche tra persone di età elevata.

tasso di mortalità per classi di età (aggiornato al 1/3/2020)

L’età elevata da sola non rappresenta però un sufficiente motivo di rischio. Lo è se accompagnata a una grave patologia preesistente al virus. Come si vede qui sotto la presenza di gravi patologie innalza in modo consistente il tasso di mortalità. Il tasso di mortalità su tutta la popolazione non affetta da gravi patologie risulta infatti allo 0,9% che però può arrivare al 13,9% se si hanno patologie cardiovascolari. Pertanto si può dire in  base a questi dati che per chi non ha un’età elevata e non presenta gravi patologie, il virus non presenta un fattore di pericolo reale, almeno non di entità differente da quella di una malattia comune. Questo confermerebbe tra l’altro quello che sta accadendo in Italia dove al momento i decessi rientrerebbero nelle fasce di età più elevata e sarebbero legati a gravi patologie pregresse, come ha dichiarato la direttrice del Sacco, per cui non possiamo attribuire unicamente al virus ancora nessun decesso. (vedi: “Nessuno è morto per il virus”)

Concause e tasso di mortalità (aggiornamento del 1/3/2020)

Qui l’aggiornamento sulla cause dei decessi:  (https://www.worldometers.info/coronavirus/coronavirus-age-sex-demographics/)

# Conclusioni

Suggerisco tutti di monitorare i dati OMS per farsi un’idea oggettiva e, nel caso, affidarsi a medici per quanto riguarda la loro corretta interpretazione. Se le mie analisi fossero condivisibili, in particolare sulla maggiore diffusione reale del contagio, specie tra gli asintomatici, e sulla pericolosità reale del virus solo su certe categorie, anziani con gravi patologie, a quel punto forse potrebbe suggerire una considerazione finale.

Forse bisogna essere realisti e dire che ormai il virus si è diffuso molto di più di quanto dicano le statistiche: chiunque potrebbe essere contagioso.
La responsabilità ora è individuale: è chi appartiene alle classi a rischio che se ha paura deve stare al riparo in casa.  Bloccare i contagiati (gravi focolai a parte) ormai potrebbe risultare inutile.
La buona notizia è che chi non ha gravi patologie e non ha un’età elevata può vincerlo standosene tranquillamente a casa sua.
Quindi forse bisognerebbe dire con chiarezza che:
1. per chi non ha gravi patologie non si tratta di un virus particolarmente pericoloso
2. i soggetti anziani con gravi patologie se non vogliono correre rischi devono stare in casa perché ovunque ormai sono a rischio di contagio.

ANDREA ZOPPOLATO

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🔴 BREAKING NEWS. I milanesi NON hanno PAURA: il 66% vuole “riaprire” la città

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foto di Andrea Cherchi (c)

28 febbraio: sondaggio lampo rivolto ai milanesi. La domanda: Riaprire Milano o continuare così (tenendo chiuse scuole, università e luoghi di aggregazione)? In poche ore hanno votato 2.364 persone. Il risultato è netto: il 66% è a favore alla riapertura.

 I milanesi NON hanno PAURA: il 66% vuole riaprire la città

Risultati finali

Al sondaggio realizzato su Facebook hanno votato 2.364 persone che si sono registrate con il loro profilo. Il messaggio inviato ai decisori politici è chiaro: decidete per il meglio, ma tenete in considerazione che i milanesi non hanno paura. Un chiaro invito a Governo, Regione e Sindaco a prendersi la responsabilità delle proprie scelte, senza cercare alibi su psicosi o timori dei cittadini. Che a parte qualche comportamento folkloristico accentuato dai media stanno dimostrando ogni giorno una grande maturità, stanno rispettando con senso del dovere le limitazioni imposte, nonostante i danni che molti subiscono, e che sono pronti a fare ripartire la città. Rilanciando #milanononsiferma, il messaggio coniato da Milano Città Stato, per indicare che “the show must gon on”: Milano non si è fermata al tempo delle invasioni barbariche, delle pestilenze, della Seconda Guerra Mondiale e degli Anni di Piombo. Non si fermerà neanche a causa del coronavirus.

Qui il sondaggio: Riaprire Milano?

La notizia rilanciata dai media

Il sondaggio è stato anche rilanciato da Il Giorno, nell’articolo Il 66%dei milanesi dice “riapriamo la città” , con l’intervista ad Andrea Zoppolato che ha una speranza: “Questa emergenza può essere l’occasione per ridefinire il concetto di autonomia, un elemento fondamentale per rilanciare Milano attraverso deleghe, legge e autonomie speciali. Insomma, poteri straordinari almeno per un determinato periodo per rimettere Milano subito in carreggiata”. E per uscire dal tunnel l’invito alle istituzioni è questo: “Tre soggetti si devono sedere intorno al tavolo: Governo, Regione e Comune. Il Governo potrebbe dare un segnale positivo dal punto di vista fiscale. E se non non può rinunciare ai soldi, almeno vada nella direzione della “burocrazia zero’’ per un anno. La Regione, invece, potrebbe dare maggior autonomia al Comune, che, a sua volta, dovrebbe chiedere al Governo una delega a trattare direttamente con l’Unione europea sul reperimento dei fondi europei per la lotta contro l’inquinamento ambientale”.

Qui l’articolo de Il Giorno: Il 66%dei milanesi dice “riapriamo la città”

 #milanononsiferma

Prosegue intanto la campagna social #milanononsiferma, lanciata sulla Fan Page di Milano Città Stato all’inizio dell’emergenza per incoraggiare e ringraziare chi sta consentendo a Milano di andare avanti con il suo lavoro, con il suo impegno, con lo spirito di sacrificio a favore della comunità di cui far parte chi viva e lavora nella nostra città straordinaria.

MILANO CITTA’ STATO

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10 idee per RILANCIARE MILANO quando tutto questo sarà finito

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Foto Andrea Cherchi (c)

Sembra una vita fa quando Milano inanellava record, attirando turisti e investimenti da ogni parte del mondo. Pochi giorni e ci siamo ritrovati sull’orlo del baratro. Prenotazioni crollate, eventi annullati, chiese chiuse, Salone del Mobile rinviato come non era mai accaduto nella storia della città, frontiere per noi invalicabili in ogni parte del mondo.

Una Milano che ha superato pestilenze, bombardamenti e invasioni barbariche potrà mai essere messa in ginocchio da un virus che “è poco più di una banale influenza”?
Purtroppo pare di sì. Siccome Milano ha da sempre il futuro degli occhi, proviamo già a pensare a iniziative che potranno rilanciare la nostra città come già stanno facendo in Cina: Hong Kong ha stanziato 14 miliardi di euro per risollevarsi dopo il coronavirus.

10 idee per RILANCIARE MILANO quando tutto questo sarà finito

#1 Semaforo verde alla zona gialla

Estendere alla zona gialla, ossia all’intera Lombardia, gli interventi e le agevolazioni stanziate dal governo per la zona rossa (più colpita dal virus).

#2 Milano is back

Organizzare una campagna di comunicazione su vasta scala per comunicare al mondo che Milano è di nuovo alla grande.

#3 Tok tok: UE, dai segni di vita!

Chiedere all’Unione Europea di promuovere prodotti made in Italy, anche per non aver fatto nulla per supportarci nella gestione dei contagi.

#4 Ricomincio da zero (Km)

Incentivare politiche a chilometro zero per ripartire dai produttori locali.

#5 ZES come per Expo

Ricevere dal governo deroghe per creare a Milano una ZES, Zona a Economia Speciale.

#6 Un anno a burocrazia zero

Massima semplificazione a ogni pratica e libertà totale per chi fa impresa.

#7 Liberalizzare ogni tipo di orario

Rendere Milano una città aperta 24h

#8 Stop alle tasse per un anno

Verranno ripagate a rate nei dieci anni successivi o, almeno, prevedere regimi fiscali agevolati.

#9 Eliminare gli anticipi fiscali e passare alla fiscalità di cassa

Pagare solo su quello che si è effettivamente incassato, non sui ricavi presunti (che potrebbero diventare inesigibili)

#10 Milano città stato

Autonomia per l’area di Milano come laboratorio sperimentale di riforme: far diventare Milano una città stato come occasione di rilancio della città e dell’intero Paese.

ANDREA ZOPPOLATO

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