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Le 10 più belle SCOPERTE durante la quarantena

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Prorogato fino al 3 maggio il termine della quarantena per l’emergenza sanitaria. L’Italia intera così dopo le festività di Pasqua trascorrerà in casa anche il ponte del primo maggio, un tipo di restrizione considerato necessario per arginare i contagi e per tutelare le fasce più deboli, anziani e malati. Rimanere nella propria casa per settimane è un’esperienza che può rivelarsi dura, ma che può presentare anche benefici inaspettati.

Le 10 più belle SCOPERTE durante la quarantena

#1 Il valore del tempo

Ho riscoperto il valore del tempo. Prima era una risorsa scarsa, determinava le priorità, si inseguivano le urgenze e le scadenze. Ora il tempo assume un’altra dimensione, è diventato avvolgente come una coperta, quello che poteva essere motivo di ansia è ora un’abbondanza che dà conforto. 

#2 La presenza nell’assenza

Nell’assenza manca la presenza. Ho scoperto di dare un nuovo valore alle persone, a chi penso di più, a chi vorrei rivedere.

#3 Il senso di comunità

Sentirsi milanesi, lombardi o italiani. Mai come in questi giorni in cui si deve restare soli ma accomunati da un identico destino ci si è sentiti parte di uno spirito più grande.

#4 Riscoprire se stessi

Dedicare tempo a se stessi, senza sensi di colpa, passare dalla dimensione dell’avere a quella dell’essere. 

#5 Reinventarsi il lavoro

Chi lo aveva, ha imparato a trasformarlo riuscendo a produrre anche a distanza. Chi non lo aveva si è ingegnato a trovare nuove forme e nuovi lavori.

#6 La creatività

Restringere gli spazi può estendere gli orizzonti della mente.

#7 Una palestra per l’anima

Se mesi fa mi avessero detto che Milano sarebbe stato l’epicentro di una pandemia mondiale e che saremmo stati obbligati a restare chiusi in casa per settimane, sarei stato assalito dal terrore. Invece, malgrado le incertezze, i rischi, il senso di pericolo incombente, il timore per le persone care e per un futuro ancora denso di nebbia, ce la stiamo facendo con serena dignità. Guardare in faccia la paura e scoprire che alla fine anche lei è parte di noi: l’isolamento è una palestra per l’anima.

#8 Imparare cose nuove

Cucinare, suonare, dipingere, mettere i semi in un vaso e vedere nascere le prime piantine.

#9 Quelle piccole cose

Imparare ad apprezzare cose di cui prima quasi non ci si accorgeva neanche. Un messaggio. Una telefonata. Un post su Facebook. Un gusto. Una emozione. Il gatto.          E si apprezzano anche quelle piccole cose che non possiamo più avere, un cappuccino, un abbraccio.

#10 Niente sarà come prima

Può essere una minaccia oppure una magnifica opportunità. Ci aspetta una vita che potrà essere diversa, anche migliore.

ANDREA ZOPPOLATO

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Milano ribelle: la tragica sorte di TRE DONNE sottomesse ai voleri dell’autorità

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Elvira Rosa Ottorina Andressi rosetta

Milano è una donna altera, vestita con un tailleur elegante, che si affretta a far ticchettare i suoi tacchi verso il luogo di lavoro senza mai perdere tempo. Milano ha saputo vestire i panni di donne incredibili: forti, risolute, innamorate e non.
Se stiamo ad ascoltare possiamo ancora udire le voci di queste donne mentre ci raccontano le loro storie.


Milano ribelle: la tragica sorte di TRE DONNE sottomesse ai voleri dell’autorità


#1 Rosetta, l’angelo di Piazza Vetra

Elvira Rosa Ottorina Andressi rosetta

Se vogliamo trattare storie di passione non possiamo che iniziare parlando della storia di Rosetta.

Hanno ammazzato un angelo:
di nome la Rosetta.
Era di piazza Vetra,
battea la Colonnetta
.

Questi sono alcuni versi di una celebre canzone dialettale milanese eseguita negli anni da diversi artisti come Nanni Svampa o Milly.

All’inizio del XX secolo la zona di piazza Vetra era famosa per essere malfamata e degradata, sede della malavita e della prostituzione. Proprio in piazza Vetra, ‘esercitava’ Rosetta, al secolo Elvira Rosa Ottorina Andressi, giovane ragazza di umili origini che aveva provato la strada artistica finendo poi per fare ‘la vita’. 

In una notte di agosto del 1914 Rosetta venne uccisa. Fu incolpato vox populi il questurino Musti, calabrese che, innamorato della Rosetta e respinto per l’ennesima volta, colpì la Rosetta alla testa con il calcio del fucile lasciandola agonizzante.

La povera ragazza venne portata all’ospedale Niguarda e confidò ad alcune prostitute sue amiche, accorse al suo capezzale, di essere stata colpita dal Musti.
Egli negò tutto e sostenne la tesi che avesse invece tentato il suicidio.
Rosetta morì e l’intera malavita milanese insorse, presentandosi ai funerali alla Vetra in nero, mentre le prostitute amiche di Rosetta sfilarono dietro al feretro vestite di bianco. Il questurino ricevette molte minacce di morte e accuse di essere un camorrista. La storia di Rosetta entrò così nella leggenda milanese con una canzone, cantata in varie versioni per decenni nelle osterie milanesi.


#2 La fanciulla
sconcia 

tosa che si rasa

In una delle sale del Castello Sforzesco si può trovare un bassorilievo che ritrae una fanciulla che si sta rasando il pube. Originariamente ornava Porta Tosa.
Questa porta, situata dove oggi c’è piazza V Giornate, secondo le cronache prendeva il nome da un’antica famiglia, ma la voce popolare iniziò a identificare nel nome un riferimento al bassorilievo (tosa in milanese significa ragazza) oppure a storpiare il termine tonsa (rasata).

In molti cercarono di capire chi fosse questa donzella scolpita. L’atto di radersi il pube nel Medioevo era obbligatorio per le prostitute e per le donne adultere, per questo è molto probabile che la donna fosse Beatrice di Bergogna, moglie di Federico Barbarossa, che rase al suolo Milano nel 1162.

Su questa odiata sovrana si diffuse una curiosa leggenda: pare che alcuni milanesi durante l’assedio del Barbarossa fossero riusciti a rapire la moglie di quest’ultimo e a obbligarla a girare per la città seduta al contrario su un asino.
Quando il Barbarossa conquistò la città si vendicò: fece fare un giro alla moglie su un asino bardato a festa, mentre i prigionieri milanesi la dovevano seguire cercando di afferrare con i denti un fico posizionato nel deretano dell’animale…con gli inevitabili effetti che possiamo immaginare.
La fanciulla sconcia rimase li fino a quando Carlo Borromeo ne ordinò la rimozione.


#3 Ara Cornaro, la tragica “madre” di Palazzo Marino 

palazzo marino

Il palazzo che ospita la sede del comune di Milano ha una storia torbida. Nella metà del 1500 il conte Tommaso Marino incontrò Ara Cornaro per strada. Per lui fu un colpo di fulmine quindi decise di seguire la bella fanciulla.

Marino scoprì che Ara era la discendente della regina di Cipro, nonché la figlia del console di Venezia. Quest’ultimo era molto ricco e potente e, quando Tommaso venne a chiedere la mano della figlia, rifiutò tale proposta con sdegno.
Ora, bisogna premettere che il conte Marino non era il tipo di uomo che potesse accettare sportivamente una sconfitta. Decise quindi, senza mezzi termini, di inviare un paio di suoi scagnozzi per rapire la bella Ara. Voleva sposarla a tutti i costi mentre il padre non ne voleva sapere.

Le trattative si prolungarono e intervenne persino il governatore di Milano grazie al quale si giunse ad un accordo: il padre di Ara avrebbe acconsentito se il conte fosse stato in grado di  costruire per la figlia un palazzo degno del suo lignaggio.
Il Marino iniziò subito a far costruire la dimora e i due si sposarono. I lavori purtroppo prosciugarono le finanze del conte che fu costretto a cederlo al governo spagnolo.
La coppia si trasferì in una casa nel Naviglio di Gaggiano.
L’accaduto sfortunatamente rese il conte irascibile e sempre più aggressivo. L’epilogo si ebbe quando il conte in un impeto di gelosia uccise la moglie impiccandola al baldacchino del letto. I due avevano avuto una figlia, Virginia, che ebbe a sua volta una figlia, Marianna di Leyva, conosciuta ai più però come la monaca di Monza.

GIULIA PICCININI

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🔴 Dati 10 aprile. Lombardia: lieve miglioramento nei contagi e nei decessi. Migliora Milano

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Foto: Andrea Cherchi (c)

10 aprile 2020. Dopo una giornata piuttosto difficile, i risultati tornano a migliorare. I nuovi contagi scendono a +1246 dai +1388 di ieri, con tamponi stabili (+9372 dai +9396 di ieri). I decessi tornano sotto quota 300: 216 (dai 300 di ieri), in percentuale si tratta dell’incremento minore dall’inizio dell’emergenza (+2,2%).

Dagli ospedali. Stabile la tendenza dei ricoveri (+81 dai +77 di ieri) e della terapia intensiva (calo di altri 34 posti dai 21 di ieri). 574 persone hanno lasciato gli ospedali.

Situazione delle province. Lieve crescita per Brescia (+247). Migliora Milano dopo i rialzi di ieri: sia nell’area metropolitana (+269 da +440) che in città +127 dai +155, che sfonda il muro dei 5.000 contagiati (tra quelli a cui è stato fatto il tampone).

News dal Comune di Milano: l’iniziativa per supportare le famiglie in difficoltà. Se vuoi aiutare a fornire un pasto alle famiglie di Milano che in questo momento sono più in difficoltà, puoi partecipare a #aggiungiunpastoatavola iniziativa di #milanopermilano. Puoi donare qui (da un euro in più, il 100% del ricavato viene usato usato acquistare cibo dalla Fondazione Comunità di Milano) e partecipare al food challenge: milanopermilano.it/dona

DATI DALL’INIZIO DEL LOCKDOWN TOTALE

Contagi Lombardia (giornalieri)*
11/3: +1489 (+25,7%)
12/3: +1445 (+19,8%)
13/3: +1095 (+12,6%)
14/3: +1865 (+18,9%)
15/3: +1587 (+13,5%)
16/3: +1377 (+10,3%)
17/3: +1571 (+9,6%)
18/3: +1493 (+9,2%)
19/3: +2171 (+12,2%)
20/3: +2380 (+11,9%)
21/3: +3251** (+14,6%)
22/3: +1691 (+6,6%)
23/3: +1555 (+5,7%)
24/3: +1942 (+6,7%)
25/3: +1643 (+5,0%)
26/3: +2543 (+7,2%)
27/3: +2409 (+6.9%)
28/3: +2117 (+5.6%)
29/3: +1592 (+4,0%)
30/3: +1154 (+2,8%)
31/3: +1047 (+2,4%)
1/4: +1.575 (+3,6%)
2/4: +1.222 (+2,6%)
3/4: +1.455 (+3,1%)
4/4: +1.598 (+3,3%)
5/4: +1.337 (+2,7%)
6/4: +1.079 (+2,0%)
7/4: +791 (+1,5%)***
8/4: +1.089 (+2,0%)
9/4: +1.388 (+2,5%)
10/4: +1.246 (+2,2%)
Totale: 56.048

Decessi Lombardia (giornalieri)*
9/3: 76 (+29,7%)
10/3: 135 (+40,5%)
11/3: 149 (+31,8%)
12/3: 127 (+20,6%)
13/3: 146 (+19,6%)
14/3: 76 (+8,5%)
15/3: 252 (+26,0%)
16/3: 202 (+16,6%)
17/3: 220 (+15,5%)
18/3: 319 (+19,5%)
19/3: 209 (+10,7%)
20/3: 381 (+17,6%)
21/3: 546** (+21,4%)
22/3: 361 (+11,7%)
23/3: 320 (+9,3%)
24/3: 402 (+10,6%)
25/3: 296 (+7,1%)
26/3: 387 (+8,6%)
27/3: 541 (+11,1%)
28/3: 542 (+10,0%)
29/3: 416 (+7,0%)
30/3: +458 (+7,2%)
31/3: +381 (+5,6%)
1/4: +394 (+5,5%)
2/4: +367 (+4,8%)
3/4: +351 (+4,4%)
4/4: +345 (+4,2%)
5/4: +249 (+2,9%)
6/4: +297 (+3,3%)
7/4: +282 (+3,1%)
8/4: +238 (+2,5%)
9/4: +300 (+3,1%)
10/4: +216 (+2,2%)***
Totale: 10.238

Contagi Milano città metropolitana (giornalieri)*
11/3: +333 (+55,4%)
12/3: +221 (+23,7%)
13/3: +152 (+13,2%)
14/3: +244 (+18,6%)
15/3: +200 (+12,8%)
16/3: +233 (+13,3%)
17/3: +343 (+17,2%)
18/3: +318 (+13,6%)
19/3: +634 (+23,9%)
20/3: +526 (+12,2%)
21/3: +868** (+22,8%)
22/3: +424 (+9,0%)
23/3: +230 (+4,5%)
24/3: +375 (+7,0%)
25/3: +373 (+6,5%)
26/3: +848 (+13,9%)
27/3: +574 (+8,2%)
28/3: +314 (+4,2%)
29/3: +546 (+7,0%)
30/3: +348 (+4,1%)
31/3: +235 (+2,7%)
1/4: +611 (+6,8%)
2/4: +482 (+5,0%)
3/4: +387 (+3,8%)
4/4: +428 (+4,1%)
5/4: +411 (+3,7%)
6/4: +308 (+2,7%)
7/4: +249 (+2,1%)
8/4: +252 (+2,1%)***
9/4: +440 (+3,6%)
10/4: +269 (+2,1%)
Totale: 12.748

Contagi Milano città (giornalieri)*
11/3: +113
12/3: +92
13/3: +83
14/3: +98
15/3: +79 (+12,5%)
16/3: +102 (+14,3%)
17/3: +151 (+18,5%)
18/3: +127 (+13,1%)
19/3: +287 (+18,5%)
20/3: +172 (+12,4%)
21/3: +279 (+12,4%)
22/3: +210 (+11,8%)
23/3: +137 (+6,7%)
24/3: +121 (+5,5%)
25/3: +141 (+6,1%)
26/3: +310** (+12,7%)
27/3: +261 (+9,5%)
28/3: +150 (+4,9%)
29/3: +247 (+7,8%)
30/3: +154 (+4,5%)
31/3: +96 (+2,6%)
1/4: +159 (+4,3%)
2/4: +203 (+5,3%)
3/4: +166 (+4,1%)
4/4: +178 (+4,2%)
5/4: +171 (+3,9%)
6/4: +112 (+2,4%)
7/4: +99 (+2,1%)
8/4: +80 (+1,6%)***
9/4: +155 (+3,2%)
10/4: +127 (+2,5%)
Totale: 5.106

*Nota: tra parentesi la variazione rispetto all’ammontare totale del giorno prima (di contagi o decessi).
**Numero più elevato dall’inizio dell’emergenza
***Percentuale più bassa di incremento

Fonte: dati Regione Lombardia

Articoli di oggi:
600 euro agli italiani? Si’, no, forse
Covid-19: tutti gli scontri Governo-Regione. Chi ha RAGIONE?

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600 euro agli italiani? Si’, no, forse

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Credits: repubblica.it - Il Ministro dell'Economia Gualtieri

Il presidente Conte ripete che “lo Stato c’è” ed è pronto ad aiutare i cittadini in difficoltà economica a seguito della chiusura imposta alle attività non essenziali, comprese quelle di autonomi e liberi professionisti. Tra le misure previste dal decreto “Cura Italia” oltre all’integrazione di fondi per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, ci sono aiuti di varia natura per lavoratori dipendenti obbligati allo smartworking come bonus baby sitter e congedi parentali oltre al bonus di 600 euro per i liberi professionisti, inizialmente solo a quelli iscritti alla Gestione Separata Inps e in seguito anche a quelli aderenti alle previdenze private. Del bonus dei 600 euro si è tanto parlato specie per il lockdown del sito dell’INPS il 1 aprile, il giorno dell’apertura delle domande. A che punto siamo?

600 euro agli italiani? Si’, no, forse

A un mese dalla chiusura delle attività nessuno ha ancora ricevuto il pagamento della cassa integrazione e dei bonus, ma c’è di peggio: i professionisti rischiano di non ottenere nulla

Stando agli ultimi aggiornamenti i pagamenti di cassa integrazione e i bonus di 600 euro per i liberi professionisti iscritti all’INPS che sono riusciti a richiederlo non arriveranno prima del 15 aprile, se non ci saranno altri intoppi come il crash del sito di previdenza nazionale il giorno delle aperture delle domande.

La situazione paradossale sta accadendo invece ai professionisti delle casse private, a cui dopo le proteste delle varie categorie (avvocati, commercialisti, ingegneri etc..), era stato riservato un fondo di 200 milioni destinato a chi è stata danneggiato dall’emergenza Coronavirus e con un redditto sotto una certa soglia. I vari istituti di previdenza avevano già ricevuto 500.000 richieste ed alcune avevano già predisposto i pagamenti, ma il Decreto Imprese pubblicato nella notte del 9 aprile in Gazzetta ufficiale ha cambiato le carte in tavola modificando i requisiti per l’accesso al beneficio.

# Un nuovo decreto cambia le condizioni. Risultato: il caos

Senza alcun preavviso il Decreto ha modificato le condizioni necessarie per accedere al bonus e nello specifico l’indennità spetta agli iscritti “in via esclusiva” alle Casse di previdenza private “non titolari di trattamento pensionistico” pertanto tutti quei professionisti che svolgono anche un’attività da dipendente dovranno essere cancellati dall’elenco dei richiedenti, ma vanno aggiunti alla lista coloro che godono di una prestazione di invalidità.

Questa modifica sostanziale ha creato confusioni e problemi non di poco conto perché alcune casse avevano addirittura già effettuato i bonifici ai destinatari come la cassa di medici e dentisti che ha dovuto bloccare 25.262 bonus in partenza oggi, la Cassa dottori commercialisti 25.000 e la Cassa forense che dai 140.000 richiedenti aspetta una documentazione integrativa per sbloccare i versamenti, che ovviamente saranno sospesi fino a che non si sarà stabilizzata la situazione.

Agli intoppi della burocrazia dei tecnici, si aggiungono quelli dei politici con decreti promulgati in piena notte, che dimostra per l’ennesima volta come lo Stato necessita di una riforma strutturale e sostanziale dal basso dell’intero impianto, dove la burocrazia deve essere al servizio del cittadino, non viceversa.

FABIO MARCOMIN

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Covid-19: tutti gli scontri Governo-Regione. Chi ha RAGIONE?

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Credits: Filippo Attili - Conte e Fontana

Colonna sonora dell’emergenza coronavirus è il braccio di ferro tra governo e regione su competenze e responsabilità. Proviamo a fare chiarezza.

Covid-19, tutti gli scontri Governo-Regione. Chi ha ragione?

Il 31 gennaio il Consiglio dei ministri, a seguito dei primi due casi di contagio in Italia di 2 cinesi ricoverati allo Spallanzani, ha deliberato lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario “connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” per una durata non superiore ai 180 giorni, salvo rinnovo.

Questo ha permesso di esercitare di fatto “poteri sostitutivi” degli enti locali, per garantire interventi immediati a favore della popolazione e del territorio, tramite il capo della Protezione civile Borrelli in deroga alle disposizioni di legge e con uno stanziamento ad hoc. Conte nell’occasione aveva dichiarato: “Siamo vigili e molto attenti: non ci siamo fatti trovare impreparati. Non c’è nessun motivo di creare panico e allarme sociale. L’Italia è un grande Paese con i migliori servizi sanitari al mondo. Abbiamo alzato il livello di guardia in via precauzionale. Ci sono tutte le condizioni per gestire in maniera positiva l’evolversi della vicenda. Gli italiani possono condurre una vita normale“.

Ad oggi sono stati accertati quasi 18.000 morti in conseguenza del coronavirus, di cui oltre 10.000 nella sola Lombardia: di chi sono le colpe?

Fonte: avvenire.it

# Lombardia autonoma nella Sanità, è davvero così?

Le responsabilità su quanto fatto o non fatto per limitare i contagi e decessi sono state oggetto di rimpallo tra Governo e Regione Lombardia, le ultime schermaglie si sono concluse con la richiesta degli esponenti di PD-M5S di togliere l’autonomia regionale in materia sanitaria e riportare il potere sotto il diretto controllo dello Stato Centrale. Ma una regione ha davvero così tanta autonomia?

Per chiarezza: le Regioni non sono “sovrane” nel gestire la sanità pubblica. Questa loro competenza non è “esclusiva”, bensì “concorrente”, ossia le Regioni devono sottostare al rispetto dei principi fondamentali dettati dallo Stato come ricordato dal CNR – Istituto di Studi sui Sistemi Regionali, Federali e sulle Autonomie (ISSiRFA) e in particolar modo sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali. In poche parole il numero minimo di posti letto in terapia intensiva previsti per ogni Regione nonchè le risorse assegnate vengono stabilite dal Governo. 
Quindi al Governo nazionale non è stato precluso nessun intervento per risolvere l’emergenza e nel caso avesse avuto subìto ostracismo dagli enti regionali, come riportato da Paolo Colasante e Andrea Filippetti ricercatori dell’istituto, “avrebbe potuto attivare lo strumento del potere sostitutivo, già previsto in Costituzione (art. 120), che tutto gli consente quando vi è “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”.

Risultato: piena responabilità di entrambi

Fonte: ilsole24ore.it

# Le mancate zone rosse di Nembro e Alzano Lombardo: chi doveva decidere?

Le zone focolaio della bergamasca di Nembro e Alzano Lombardo, che hanno causato quasi 20.000 contagi accertati tra Bergamo e Brescia e migliaia di decessi, sono state al centro dell’attenzione politica e mediatica per capire il colpevole della mancata istituzione delle zone rosse per delimitare militarmente i 2 comuni e contenere il contagio.

Il Sindaco dei comuni interessati e il primo cittadino di Bergamo hanno puntato il dito contro la Regione Lombardia, la quale ha spedito la “patata bollente” al Governo e infine quest’ultimo ha rintuzzato l’attacco replicando che la giunta leghista avrebbe avuto tutti i poteri per agire direttamente. Chi doveva decidere quindi? Una risposta ci viene fornita sempre dall’ISSIRFA che ci dice che, al netto della confusione di atti statali, regionali e locali sovrapposti l’uno con l’altro sulla compressione delle libertà personali e limitazione degli spostamenti, la Costituzione già fornisce al Governo gli strumenti per decidere in via esclusiva e definitiva tutte le limitazioni delle libertà necessarie a combattere l’epidemia“. Pertanto previo ascolto dei territori lo Stato centrale, come tentato inserendo il supercommissario Arcuri, avrebbe potuto svolgere il proprio ruolo unificante e di coordinamento di una pandemia con portata nazionale ma differenziata a livello territoriale dove il decentramento potrebbe esser efficace.

D’altro canto anche la Regione nel novero dei suoi poteri avrebbe potuto istituire una “zona rossa” come dimostra l’esempio dell’Emilia Romagna che ha ordinato la chiusura totale del Comune di Medicina in provincia di Bologna, al verificarsi di un alto numero anomalo di contagi, senza attendere un DPCM o altro intervento statale.

Risultato: piena responabilità di entrambi (sia Regione che Governo avevano il potere per istituire la “zona rossa”)

# I finanziamenti promessi e non mantenuti al sistema sanitario lombardo

Le risorse ai sistemi sanitari sono stabilite e messe a disposizione dallo Stato Centrale, senza dilungarci su quelli realmente spettanti in base al residuo fiscale, che negli ultimi 10 anni si sono ridotti di 37 miliardi. Tra le richieste fatte dalla Regione Lombardia per incrementare sensibilmente il numero di posti in terapia intensiva vi è stata quella di avvallare e finanziare il maxi-ospedale da realizzare nei padiglioni dell’ex-fiera al Portello: inizialmente è stato concesso, ma al momento di partire con il progetto il governo si è tirato indietro e il governatore Fontana ha chiamato l’ex-capo della Protezione Civile per coordinare sia la costruzione che il reperimento di attrezzature e macchinari. I finanziamenti sono arrivati invece da donazioni di imprenditori e semplici cittadini milanesi.

Altra marcia indietro è arrivata dalla Protezione Civile, che dopo aver garantito la restituzione di quanto speso dalle Regioni per l’acquisto di materiale medico, attrezzature, protezioni individuali e quanto di necessario a opporre la necessaria resistenza al Covid-19 e a far lavorare in sicurezza tutti gli operatori sanitari, ha ritrattato. La Lombardia nello specifico ha investito 450 milioni di euro, con il rischio di metterli come extra a bilancio.
Nella conferenza stampa di oggi 09 aprile però, presso Palazzo Marino a Milano, il Ministro Boccia ha chiarito che “tutte le spese regionali verranno rimborsate previa rendicontazione dettagliata” e il commissario Borrelli ha affermato che la stima di spesa attuale risulta essere di 208 milioni di euro.

Risultato: responsabilità del governo

Leggi anche: Apre l’ospedale all’ex Fiera di Milano: interamente finanziato dai privati

# Mascherine, guanti, camici e altri DPI (dispositivi di protezione individuale): chi doveva fornirli?

Su questo tema entrano in gioco anche i Comuni, che sono gli enti più direttamente coinvolti nell’emergenza. In primo luogo però ci sono sempre le Regioni che hanno lamentato ritardi nell’invio da parte del Governo di DPI in particolar modo per medici, infermieri e inservienti di ospedali e RSA (residenze sanitarie assistenziali) dove si sono registrati il maggior numero di contagi e decessi. Le situazioni più gravi si sono verificate nelle residenza sanitarie nei comuni della provincia di Bergamo, Brescia e di Milano a Mediglia e in città al Pio Albergo Trivulzio, per le quali sono partite delle indagini giudiziarie.

Al Governo la Lombardia ha contestato il ritardo nell’istituzione di misure di limitazione alla circolazione dei cittadini e nell’approvvigionamento di mascherine, guanti e camici, arrivate comunque in quantità ridotta rispetto al necessario, complice anche la burocrazia che ostacola la rapida riconversione di aziende italiane che intendano produrne. Le 3,3 milioni di mascherine di protezione consegnate per il tramite della Protezione Civile hanno lasciato l’amaro in bocca anche al Sindaco del Comune di Milano che se ne è viste recapitare solamente 120.000. Tra le altre cose Sala ha anche contestato a Fontana il mancato controllo sulle RSA e la riluttanza di ampliare il numero di tamponi come fatto in Veneto.

Risultato: responsabilità del governo e della Regione

Leggi anche: Lo STRAPPO di Sala alla Sanità lombarda: «Qualcosa andrà cambiato in futuro, partendo da Milano»

# Conclusioni: l’ “anomalia Milano” e le responsabilità di Sala

Il sistema italiano determina diverse zone d’ombra che comportano confusione di poteri e di responsabilità. Per le questioni più gravi che stanno emergendo con l’emergenza sanitaria in Lombardia sembra che in realtà, rispetto alla narrazione prevalente, il governo abbia responsabilità maggiori, a volte superiori rispetto a quelle attribuite alla Regione. Su tutte le questioni più delicate (mancanza di attrezzature, risorse per la sanità, creazione di zone rosse) il governo aveva la piena possibilità di operare. La responsabilità invece ricade totalmente sulla Regione se si dovessero trovare lacune nei controlli sulle RSA, le case di riposo dove il virus ha colpito con più durezza. 

E il sindaco Sala? Difficile assegnare delle responsabilità su quanto accaduto. Eppure se ne può individuare una a monte che forse avrebbe consentito di evitare che Milano fosse la città italiana più colpita dal virus, visto che presenta un numero “anomalo” di decessi (vedi: Grandi città a confronto. L’anomalia Milano).

I poteri di un Sindaco in tema sanitario si limitano ad emettere ordinanze restrittive riguardanti chiusure di esercizi commerciali, parchi e requisizione di strutture alberghiere come nel caso di questa emergenza con l’Hotel Michelangelo utilizzato per ricoverare malati da coronavirus in quarantena. Beppe Sala avrebbe potuto fare maggiori pressioni per ottenere controlli sulle RSA, strutture private e comunali che pur operando perché autorizzate, accreditate, convenzionate e remunerate da Regione Lombardia, e nonostante siano sotto il controllo diretto delle ATS (Agenzia di Tutela della Salute)  insistono comunque nel suo territorio di competenza: sia che si tratti di Comune come il Pio Albergo Trivulzio, sia che ci si riferisca alla residenza sanitaria di Mediglia facente parte della Città Metropolitana di cui lui è Sindaco.

Ma forse la responsabilità più grave, politica non giudiziaria, che può essere addebitata al suo sindaco è di essersi rifiutato di richiedere maggiori poteri per la città. Una Milano autonoma o città-stato con pari poteri di una regione, come consentito dall’art.132 della Costituzione, avrebbe consentito di poter gestire in maniera più rapida ed efficace l’emergenza avendo potere diretto sul territorio e, in particolare, sulla sanità locale, come dimostrano i casi internazionali.

Il tema dell’autonomia della città, per renderla simile alle grandi città del mondo, è sempre stato rigettato dal sindaco, come dichiarato qualche settimana fa in un’intervista in piena crisi coronavirus. Ora però rinunciare a questa ipotesi, per pregiudizi ideologici, rischia di aggiungere ai danni subiti nell’emergenza anche quelli derivati da una ripartenza della città intralciata dalla burocrazia nazionale.

Leggi anche:
Coronavirus: quello che potrebbe fare MILANO se fosse una città stato
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FABIO MARCOMIN

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🔴 Dati 9 aprile. Superati i 10.000 decessi in Lombardia (+300), crescono ancora i contagi. Nuovo rialzo dei casi a Milano

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Foto: Andrea Cherchi (c)

9 aprile 2020. Doccia fredda dopo i risultati in miglioramento dei giorni scorsi: crescono contagi e decessi, entrambi al livello più alto in questa settimana. Il numero di decessi giornalieri risale a quota 300 (ieri sono stati 238) sfondando quota 10.000 decessi in Regione. I nuovi contagi superano i 1300: +1388 (1089 ieri), anche se crescono anche i tamponi (+9396) effettuati (soprattutto sul personale sanitario di ospedali e RSA con febbre a 37,5 e altri sintomi, in aggiunta agli ospiti sintomatici delle residenza sanitarie).  In chiaroscuro anche i dati dagli ospedali ospedali che nei giorni scorsi sembravano in miglioramento: si liberano altri 21 posti in terapia intensiva (ieri erano diminuiti di 48) e cresce il numero dei guariti +1032 (ieri erano stati 649), però aumentano di +77 i ricoverati (ieri erano -114). I laboratori passano da 22 a 31 aumentando la capacità di processare da 10 a 12.000 tamponi.

Bollettino Regione Lombardia 09/04/2020

Situazione delle province. Le province che presentano rialzi più marcati nei nuovi contagi sono Varese con +143 (ieri erano +22) e Bergamo con +112 (ieri +63). Brescia supera Bergamo. A Milano nuova accelerazione dei casi sia nell’area metropolitana (+440 da 252) che in città dove si sale a +155 (ieri erano +80) sfiorando i 5.000 complessivi.

Si può donare sul conto dell’emergenza della Regione Lombardia: Iban IT76P0306909790100000300089 .

Bollettino per provincia

DATI DALL’INIZIO DEL LOCKDOWN TOTALE

Contagi Lombardia (giornalieri)*
11/3: +1489 (+25,7%)
12/3: +1445 (+19,8%)
13/3: +1095 (+12,6%)
14/3: +1865 (+18,9%)
15/3: +1587 (+13,5%)
16/3: +1377 (+10,3%)
17/3: +1571 (+9,6%)
18/3: +1493 (+9,2%)
19/3: +2171 (+12,2%)
20/3: +2380 (+11,9%)
21/3: +3251** (+14,6%)
22/3: +1691 (+6,6%)
23/3: +1555 (+5,7%)
24/3: +1942 (+6,7%)
25/3: +1643 (+5,0%)
26/3: +2543 (+7,2%)
27/3: +2409 (+6.9%)
28/3: +2117 (+5.6%)
29/3: +1592 (+4,0%)
30/3: +1154 (+2,8%)
31/3: +1047 (+2,4%)
1/4: +1.575 (+3,6%)
2/4: +1.222 (+2,6%)
3/4: +1.455 (+3,1%)
4/4: +1.598 (+3,3%)
5/4: +1.337 (+2,7%)
6/4: +1.079 (+2,0%)
7/4: +791 (+1,5%)***
8/4: +1.089 (+2,0%)
9/4: +1.388 (+2,5%)

Totale: 54.802

Decessi Lombardia (giornalieri)*
9/3: 76 (+29,7%)
10/3: 135 (+40,5%)
11/3: 149 (+31,8%)
12/3: 127 (+20,6%)
13/3: 146 (+19,6%)
14/3: 76 (+8,5%)
15/3: 252 (+26,0%)
16/3: 202 (+16,6%)
17/3: 220 (+15,5%)
18/3: 319 (+19,5%)
19/3: 209 (+10,7%)
20/3: 381 (+17,6%)
21/3: 546** (+21,4%)
22/3: 361 (+11,7%)
23/3: 320 (+9,3%)
24/3: 402 (+10,6%)
25/3: 296 (+7,1%)
26/3: 387 (+8,6%)
27/3: 541 (+11,1%)
28/3: 542 (+10,0%)
29/3: 416 (+7,0%)
30/3: +458 (+7,2%)
31/3: +381 (+5,6%)
1/4: +394 (+5,5%)
2/4: +367 (+4,8%)
3/4: +351 (+4,4%)
4/4: +345 (+4,2%)
5/4: +249 (+2,9%)
6/4: +297 (+3,3%)
7/4: +282 (+3,1%)
8/4: +238 (+2,5%)***
9/4: +300 (+3,1%)

Totale: 10.022

Contagi Milano città metropolitana (giornalieri)*
11/3: +333 (+55,4%)
12/3: +221 (+23,7%)
13/3: +152 (+13,2%)
14/3: +244 (+18,6%)
15/3: +200 (+12,8%)
16/3: +233 (+13,3%)
17/3: +343 (+17,2%)
18/3: +318 (+13,6%)
19/3: +634 (+23,9%)
20/3: +526 (+12,2%)
21/3: +868** (+22,8%)
22/3: +424 (+9,0%)
23/3: +230 (+4,5%)
24/3: +375 (+7,0%)
25/3: +373 (+6,5%)
26/3: +848 (+13,9%)
27/3: +574 (+8,2%)
28/3: +314 (+4,2%)
29/3: +546 (+7,0%)
30/3: +348 (+4,1%)
31/3: +235 (+2,7%)
1/4: +611 (+6,8%)
2/4: +482 (+5,0%)
3/4: +387 (+3,8%)
4/4: +428 (+4,1%)
5/4: +411 (+3,7%)
6/4: +308 (+2,7%)
7/4: +249 (+2,1%)
8/4: +252 (+2,1%)***
9/4: +440 (+3,6%)

Totale: 12.479

Contagi Milano città (giornalieri)*
11/3: +113
12/3: +92
13/3: +83
14/3: +98
15/3: +79 (+12,5%)
16/3: +102 (+14,3%)
17/3: +151 (+18,5%)
18/3: +127 (+13,1%)
19/3: +287 (+18,5%)
20/3: +172 (+12,4%)
21/3: +279 (+12,4%)
22/3: +210 (+11,8%)
23/3: +137 (+6,7%)
24/3: +121 (+5,5%)
25/3: +141 (+6,1%)
26/3: +310** (+12,7%)
27/3: +261 (+9,5%)
28/3: +150 (+4,9%)
29/3: +247 (+7,8%)
30/3: +154 (+4,5%)
31/3: +96 (+2,6%)
1/4: +159 (+4,3%)
2/4: +203 (+5,3%)
3/4: +166 (+4,1%)
4/4: +178 (+4,2%)
5/4: +171 (+3,9%)
6/4: +112 (+2,4%)
7/4: +99 (+2,1%)
8/4: +80 (+1,6%)***
9/4: +155 (+3,2%)

Totale: 4.979

*Nota: tra parentesi la variazione rispetto all’ammontare totale del giorno prima (di contagi o decessi).
**Numero più elevato dall’inizio dell’emergenza
***Percentuale più bassa di incremento

Fonte: dati Regione Lombardia

Articoli di oggi:
Quando Milano fu l’unica in Europa a salvarsi dalla PESTE NERA
HONG KONG SINGAPORE BERLINO: la città stato si rivela lo status ottimale anche in un’emergenza sanitaria
La ricerca dell’IMMUNITÀ: i cittadini contro il coronavirus, i politici contro le inchieste
7 capolavori che rendono LA PINACOTECA DI BRERA unica al mondo

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Quando Milano fu l’unica in Europa a salvarsi dalla PESTE NERA

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Stiamo vivendo un periodo che troverà certamente posto su pagine e pagine dei futuri libri di storia: molto probabilmente, dall’interno, non riusciamo ancora a comprendere fino in fondo la portata epocale dei fatti contemporanei, che, mia personale opinione, determineranno una nuova rivoluzione sociale ed economica.

Quando Milano fu l’unica in Europa a salvarsi dalla PESTE NERA

# Peste Nera: dalla Cina in Europa

Ed è proprio leggendo i libri di storia che si scopre che, in fondo, Macchiavelli non sbagliava nel definirla ciclica.

Il mondo ha già vissuto pandemie simili a quella con protagonista il COVID-19, ma una su tutte, per provenienza e per la misura degli strumenti messi in campo, le assomiglia molto: tra il 1347 ed il 1353, sempre dalla Cina arriva la Peste Nera, una pandemia che, si calcola, abbia tolto la vita a 20 milioni di europei. Circa il 30% della popolazione dell’epoca, con picchi in alcune aree, come Venezia, del 60% della popolazione. Una strage. Con due eccezioni: la Polonia e Milano.

# Milano ne rimase immune, grazie ai Visconti

Come successe che Milano rimase praticamente immune dalla peste? Dobbiamo questo “miracolo” alla lungimiranza della casata dei Visconti, famiglia che ha espresso alcuni degli uomini politici più intelligenti che abbiamo avuto nella nostra città.

La peste arrivò in Italia, primo paese europeo ad essere toccato, tu guarda le coincidenze, attraverso le navi commerciali: pare che la prima città ad essere colpita fu Messina, seguita poi da Venezia, Genova e dagli altri porti commerciali.

I vettori erano i topi, informazione sconosciuta al tempo, ed a poco servirono le quarantene imposte ai passeggeri delle navi perché i roditori certo non si attenevano alle disposizioni. L’Italia fu presto terra di contagio, tutte le grandi città, centri di commercio, furono toccate. Celebre il racconto della peste fatto dal Boccaccio per ambientare il suo Decameron. Tutte le città. Ma non Milano.

Alle prime avvisaglie, l’arcivescovo Giovanni Visconti, fratello di Luchino, designato dallo stesso come Signore Generale alla sua morte, decise che le prime tre case infettate nelle immediate vicinanze della città venissero immediatamente murate con dentro gli ammalati che vennero lasciati morire al loro interno.

Contestualmente impose un lockdown totale della città, bloccando ogni tipo di ingresso se non quello di merci che venivano debitamente controllate. Queste misure, certamente crudeli e draconiane consentirono di arginare e minimizzare il fenomeno.

Molti altri territori cercarono invece di affrontare la diffusione della peste attraverso l’imposizione della quarantena alle persone infette, provvedimento assolutamente privo di senso e di efficacia, considerando che il periodo di incubazione della peste è di 3 giorni e che la morte interveniva entro 36 ore.

# Oggi come allora?

Le similitudini con la situazione attuale sono tante ed evidenti. Ed è storicamente riconosciuto che la tempestività con la quale vennero adottate le misure restrittive a Milano furono il meccanismo con il quale la città si salvò.

Chissà come verranno invece raccontate nei libri di storia le misure prese dai nostri politici e, soprattutto, la modalità e la tempestività con la quale sono state adottate? Ai posteri l’ardua sentenza.

Continua la lettura con: L’area di Milano che rimase immune dalla peste nera

LUCA BENSAIA

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HONG KONG SINGAPORE BERLINO: la città stato si rivela lo status ottimale anche in un’emergenza sanitaria

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I grandi stati nazionali occidentali sono impegnati in una sfida epocale contro la pandemia del coronavirus. Le strategie non sono univoche, divise sostanzialmente tra chi adotta lockdown stringenti e chi sottopone a test ad ampio spettro la popolazione lasciando libertà personali più o meno ampie. Dove il grande sta mostrando delle difficoltà, il piccolo si sta muovendo con agilità ed efficienza che si stanno rivelando utili a risolvere anche un problema senza frontiere. E’ questo il caso delle città stato, sia di quelle interne a stati sovrani, come Berlino e Hong Kong, che di Singapore, città stato indipendente.

HONG KONG SINGAPORE BERLINO: la città stato si rivela lo status ottimale anche per contrastare una pandemia

# Hong Kong: solo 974 contagi e 4 decessi. E l’economia sta già ripartendo

La città-stato cinese ha un territorio di 1.106 kmq, una popolazione di 7,4 milioni e una densità di 6.544 abitanti. Da qualche giorno sta registrando l’arrivo della seconda ondata di contagi dovuta a chi arriva all’estero e ha attivato una seconda fase di limitazioni e controlli ai viaggiatori direttamente all’aeroporto, anche se ad oggi i decessi rimangono fermi a quattro. Ma come ha approcciato il covid-19 dopo il primo caso dichiarato a Wuhan?

#1 Emergenza sanitaria affrontata con: tracciamento persone, isolamento contagiati e loro contatti 

In prima istanza sono state ampliate le stazioni di screening della temperatura esistenti nei luoghi di ingresso e ai medici locali è stato chiesto di segnalare alle autorità sanitarie della città qualsiasi paziente con febbre o sintomi respiratori acuti risalendo alla storia del recente viaggio a Wuhan e chiunque proveniente dalla Cina continentale doveva sottoporsi a un periodo obbligatorio di auto-quarantena di 14 giorni. Allo stesso modo sono stati rintracciati e messi in quarantena quanti hanno avuto stretti contatti con i positivi registrati con la tracciatura di tutte le persone che erano entrate in contatto con il paziente da due giorni prima dell’inizio della sua malattia.

#2 Soldi direttamente ai cittadini per far ripartire l’economia

A livello economico Hong Kong ha stanziato 14,13 miliardi di euro, ovvero il 4,25% del PIL prelevati dal suo bilancio, versando direttamente il corrispettivo 1.175 euro sul conto corrente di ogni cittadino oltre a un piano di investimenti infrastrutturali di opere pubbliche.

# Singapore: 1.623 contagi e 6 decessi su 5,6 milioni di abitanti

La città stato di Singapore ha un territorio di 721 kmq, una popolazione di 5,6 milioni e una densità di 7.681 abitanti.

#1 Emergenza sanitaria affrontata con tracciamento persone, quarantene e test

Anche Singapore, così come fatto a Hong Kong, Taiwan e in Corea del Sud, ha deciso di procedere a una mappatura completa di tutti i casi praticando tamponi a tutti e mappando gli spostamenti dei positivi, tramite la geolocalizzazione satellitare, incrociando i dati con le telecamere di sicurezza e con le celle telefoniche, rendendo disponibili i dati in tempo reale su una app, liberamente scaricabile da tutti, per far sì che ogni cittadino potesse sapere immediatamente se e a quale distanza si trovasse il più vicino contagiato dalla Covid-19. In aggiunta ha predisposto l’invio di continui messaggi sullo smartphone per controllare chi è in isolamento, sorveglianza totale anche attraverso telefonate a cui rispondere mandando un selfie per dimostrare dove ci si trovi in quel momento, incrociate al rilevamento istantaneo della posizione tramite Gps. Adottando pene durissime per i trasgressori.

Spencer Wells, genetista, antropologo, già collaboratore della National Geographic Society ha affermato che «non è semplicemente la capacità di rilevare i casi e spiegare perché sono successi che rendono Singapore un modello di riferimento in questa epidemia: i kit di test per acido nucleico sono stati rapidamente sviluppati e distribuiti nei luoghi di entrata al paese. Entro tre ore, mentre gli individui vengono messi in quarantena sul posto, i funzionari possono confermare se sono stati infettati o meno dal virus prima di consentire loro di entrare».

#2 Sussidi economici immediati per mitigare le limitazioni agli spostamenti

Singapore aveva scelto da subito di chiudere suoi confini, rintracciare i cittadini e i loro contatti, testarli frequentemente e mettere in quarantena in ospedale i pazienti positivi, indipendentemente dalla gravità dei sintomi, permettendo la regolare prosecuzione della vita pubblica, mentre molti altri Paesi avevano istituito blocchi. Con il ritorno del contagio dall’estero nella settimana scorsa il primo ministro Lee Hsien Loong ha chiuso le attività non essenziali e le scuole per 4 settimane, anche se ad oggi la situazione è sotto controllo e i decessi sono sempre fermi a 6. Nella florida economia insulare, nonchè una delle principali piazze finanziarie mondiali, è stata comunque immessa liquidità ai cittadini, fino a 300 dollari americani sui conti bancari e già a febbraio il governo locale ha stanziato 800 milioni di dollari per combattere l’epidemia e sostenere l’economia. Inoltre per l’aggiunta di queste restrizioni, prima inesistenti, è stato predisposto un nuovo pacchetto di incentivi di altri 33 miliardi di dollari.

Fonti: worldmeter, businessinsider.com, bloomberg.com

# Berlino: 4.212 contagi e 37 decessi. Libertà di scelta per i cittadini e forti aiuti alle imprese

La capitale tedesca ha 3,7 milioni di abitanti su un superficie di 891 kmq e una densità abitativa di 4.165 persone.

#1 Poche restrizioni ai cittadini e molti posti letto in terapia intensiva

Ad oggi Berlino registra 4.212 contagi e 37 decessi, grazie ad una strategia che prevede la protezione delle persone anziane, un alto numero di posti letto in terapia intensiva in proporzione alla popolazione e poche limitazioni agli spostamenti. Anche le ultime ordinanze consentono ad esempio riunioni, eventi ristretti, partecipazione ad esami e  attività all’aria aperta.

Fonte: Berlino.de

#2 Fino a 5000 euro sui conti correnti in aggiunta ai fondi statali

In aggiunta al denaro accreditato sui conti correnti di piccoli artigiani, attività commerciali e artisti con importi fino a 15.000 euro da parte dello Stato la città stato di Berlino prevede un’altra misura, garantendo ulteriore liquidità fino a 5000 euro a qualunque autonomo ne faccia richiesta e in pochi giorni dalla pratica. A questo si aggiunge il welfare per le persone meno abbienti dai buoni pasti a sussidi di sussistenza elargiti direttamente dal governo locale.

Fonte: Robert Kock Institut

# I vantaggi principali contro il virus delle città stato risultano:

1. La possibilità di creare restrizioni agli ingressi in un breve tempo e controllando facilmente l’intero territorio
2. La possibilità di intervenire rapidamente per monitorare i contagi e mettere in sicurezza medici, ospedali e RSA
3. La possibilità di integrare le iniziative adottate dal governo se considerate insufficienti o non in linea con le esigenze dei cittadini.

FABIO MARCOMIN

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La ricerca dell’IMMUNITÀ: i cittadini contro il coronavirus, i politici contro le inchieste

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Credits: ANSA/Alessandro di Meo - Parlamento

Le situazioni di emergenza e di eccezionale gravità, come la pandemia da cornonavirus sta a testimoniare, necessitano di interventi istituzionali senza precedenti e il decreto-legge 17 marzo 2020, n.18 denominato “Cura Italia” è chiamato ad assolvere questa funzione.

Nello specifico il titolo del provvedimento recita: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.”

Un modo per pensare al “dopo”: perchè per i cittadini e le imprese l’emergenza sanitaria rischia di diventare economica. Mentre tra i politici cresce un’altra paura: che l’emergenza sanitaria si trasformi in un’emergenza giudiziaria che, come il virus, rischia di non guardare in faccia a nessuno.

Già, perchè i rischi giudiziari collegati all’azione politica riguardano tutti i principali partiti: quelli al governo nazionale (PD e 5 Stelle) e quelli al potere in Lombardia (Lega e Forza Italia). Ci sono tutte le condizioni, dunque, perchè si trovi il modo di mettersi d’accordo per scongiurare processi e sentenze. Solo un cattivo pensiero? Come diceva Andreotti, a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Forse non sarà questo il caso eppure le prime avvisaglie di questo cattivo pensiero si sono già palesate, promosse da politici “lungimiranti” di diversi schieramenti politici.

La ricerca dell’IMMUNITÀ: i cittadini contro il coronavirus, i politici contro le inchieste

A parole il Partito Democratico e la Lega, i due principali partiti politici in parlamento stando ai sondaggi attuali e di fatto le due forze contrapposte nel Paese, sono in contrasto sul modo di affrontare l’emergenza sanitaria attuale e sono in dissonanza su tutto. Con una sola eccezione che sembra metterli d’accordo. 

Sembra infatti che entrambi i partiti abbiano pensato alla stessa strategia con lo stesso fine: inserire un emendamento nel decreto “Cura Italia” con nascosta all’interno l’immunità. Non dal coronavirus ma dalle conseguenze legali per i danni cagionati alle persone per mezzo degli atti prodotti a qualsiasi livello istituzionale.

# L’emendamento PD per salvare i medici (e i politici) dalle grane giudiziarie

L’emendamento firmato da due senatori del Pd Paola Boldrini e Stefano Collina, componenti della Commissione Sanità, con il numero 1000/58 in realtà un subemendamento all’emendamento 1.100 del governo, chiedeva di aggiungere al testo di legge un nuovo articolo di quattro commi, per tutelare sopratutto gli operatori e dirigenti sanitari dalle conseguenza degli eventuali danni causati del loro lavoro durante l’emergenza. Gli ultimi 2 commi però estendevano questa tutela a tutti gli amministratori e politici di ogni grado e livello. Nello specifico il comma 3 e 4 recitano:

«3. È limitata ai soli casi di dolo o colpa grave la responsabilità civile, penale e amministrativo-contabile dei titolari di organi di indirizzo o di gestione che, nel corso dell’emergenza sanitaria in atto, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, anche normative od amministrative, abbiano adottato ordinanze, direttive, circolari, raccomandazioni, pareri, atti o provvedimenti comunque denominati, la cui concreta attuazione, da parte delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, degli esercenti le professioni sanitarie, degli enti preposti alla gestione dell’emergenza o di altri soggetti pubblici o privati tenuti a darvi esecuzione, abbia cagionato danni a terzi».

«4. La valutazione della gravità della colpa, nelle ipotesi di cui al comma 3, è operata anche in considerazione della eccezionalità e novità dell’emergenza, dei vincoli di spesa previsti a legislazione vigente in materia di servizio sanitario nazionale e della difficoltà di reperire tempestivamente dispositivi medici e di protezione individuale sul mercato nazionale ed internazionale».

Solo dopo che il sito orwell.live lo ha scoperto e denunciato pubblicamente, l’emendamento è stato ritirato. Come giustificazione la capogruppo del Partito Democratico al Senato Paola Boldrini ha dichiarato: “per evitare equivoci e strumentalizzazioni, in una fase drammatica come quella che sta vivendo il nostro sistema sanitario nazionale, che va tutelato nel suo complesso, tenuto conto dell’eccezionalità dell’emergenza, ritiro il sub-emendamento che ho presentato all’emendamento Marcucci al dl Cura Italia sullo scudo per i medici.”

Fonte: orwell.live

# La proposta di emendamento LEGA per salvare i medici (e i politici) dalle grane giudiziarie

Anche dalla parte opposta, ci si è preoccupati del futuro, non solo dei cittadini. L’emendamento a prima firma del leader della Lega chiedeva di apportare alcune modifiche, oltre al comma 1.bis relativo al raddoppio delle risorse alle regioni e province autonome per fronteggiare l’emergenza, aggiungendo l’articolo 1.bis riguardo la “Responsabilità dei datori di lavoro operatori sanitari e sociosanitari” composto dai seguenti commi:

1. Le condotte dei datori di lavoro di operatori sanitari e sociosanitari operanti nell’ambito o a causa dell’emergenza COVID-19, nonché le condotte dei soggetti preposti alla gestione della crisi sanitaria derivante dal contagio non determinano, in caso di danni agli stessi operatori o a terzi, responsabilità personale di ordine penale, civile, contabile e da rivalsa, se giustificate dalla necessità di garantire, sia pure con mezzi e modalità non sempre conformi agli standard di sicurezza, la continuità dell’assistenza sanitaria indifferibile sia in regime ospedaliero che territoriale e domiciliare.

2. Dei danni accertati in relazione alle condotte di cui al comma 1, compresi quelli derivanti dall’insufficienza o inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale, risponde civilmente il solo ente di appartenenza del soggetto operante ferme restando, in caso di dolo, le responsabilità individuali.».

Anche in questo caso dopo il polverone di sospetti, l’emendamento è stato ritirato. La dichiarazione di Salvini in seguito al ritiro è stata: “Tutelare la vita e il lavoro di tutti coloro che sono in prima linea, medici, infermieri, operatori sanitari, dirigenti e’ e resta il nostro obiettivo. Per questo ritiriamo un emendamento su tutele e responsabilità che si presta a fraintendimenti”.

Fonti: senato.itvita.it

# La denuncia per reato di epidemia colposa

Nelle ultime ore arriva l’annuncio del noto avvocato Carlo Taormina, già parlamentare di Forza Italia. In questa intervista (dal minuto 22) spiega come sia stato grazie alla sua azione in seguito alla lettura del decreto in modifica, con il supporto appunto del sito orwell.live, che il sub-emendamento inserito dagli esponenti del PD è stato ritirato per evitare ulteriori attacchi politici. Questo aggiustamento avrebbe istituito, a detta del giurista, un vero “scudo penale” a tutti i decisori intervenuti nella gestione di questa emergenza, per preservarli da qualsiasi controversia legale anche di tipo risarcitoria.

Il fatto ancora più grave è però ascrivibile a monte, motivo per cui è stata depositata la denuncia contro il governo per “reato di epidemia colposa“, perché secondo Taormina: “la madre di tutte queste cose è sempre quella omissione di elevazione delle barricate del 31 gennaio che non è stata fatta” che ha dato il via alle migliaia di contagi e decessi in Italia.
La procura di Roma ha già ricevuto la denuncia, bisogna attendere ora, fatto salvo il rinvio delle cause urgenti all’11 maggio come previsto dall’ultimo decreto, quando verrà presa in considerazione dalla magistratura.

# La rinuncia all’immunità: è solo un rinvio?

Sia Pd che Lega hanno ritirato i rispettivi emendamenti, a loro dire, per evitare fraintendimenti o equivoci. Forse è stato solo un incidente di percorso anche se non ci sorprenderebbe che altri ci riprovassero e che alla fine, con la scusa di tutelare i medici o i cittadini italiani o sull’onda di qualche diversivo emotivo, riusciranno a fare diventare legge l’immunità giudiziaria per i decisori che hanno gestito l’emergenza coronavirus.

A pensare questo sicuramente stiamo commettendo un peccato, ma chissà, forse ci azzeccheremo.

FABIO MARCOMIN

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7 capolavori che rendono LA PINACOTECA DI BRERA unica al mondo

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Il museo più importante di Milano ha sede in un palazzo meraviglioso nel cuore dell’omonimo quartiere, nel Palazzo del Seicento sorto sulle rovine di un convento medievale. A farne la sede della pinacoteca, dell’Accademia e di altri importanti istituti d’arte è stata Maria Teresa d’Austria nel 1773.

7 capolavori che rendono LA PINACOTECA DI BRERA unica al mondo

#1 Il bacio di Hayez

Capolavoro del romanticismo italiano, dipinto nel 1859, alla vigilia dell’Unità d’Italia, è il bacio più appassionato, sensuale e famoso della storia dell’arte. Imitato, copiato e fonte di ispirazione per costumi di opere liriche, film e spettacoli teatrali, è il quadro simbolo della pinacoteca di Brera, anche per il suo valore allegorico, che unisce la storia dei secoli dal Medioevo al Risorgimento all’insegna dell’amore, immortalato nell’intimità rubata di due giovani amanti elegantissimi, in cui qualcuno ha voluto riconoscere nientemeno che Romeo e Giulietta.

#2 Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello

Il matrimonio più famoso della Bibbia, che unisce la Vergine Maria e San Giuseppe in un capolavoro della maturità di Raffaello, dipinto nel 1504, in pieno Rinascimento. Il quadro mostra i due sposi in primo piano, sereni ma con un velo di malinconia che attraversa i loro sguardi, a suggellare un amore languido ma sereno. Il quadro è dominato da un grandioso edificio geometrico che incombe sui personaggi, segnando il trionfo della ragione sul sentimento in un reticolato prospettico di grande fascino visivo.

#3 Cristo morto di Mantegna

Un vertiginoso scorcio prospettico domina questa piccola grande tela che ha reso famoso il suo autore in tutto il mondo. Mantegna è noto per la sua abilità sperimentale, che qui si supera mostrando l’umanità di Gesù, sdraiato sul letto, circondato dai suoi cari, fra cui ci siamo anche noi, che lo vediamo come se stessimo per chinarci a rendergli omaggio. Essenziale, semplice e di grande impatto, il quadro è scolpito dalla luce che filtra livida da destra a illuminare la sofferenza del Salvatore prima della sua resurrezione.

#4 Ritrovamento del corpo di San Marco di Tintoretto

Immenso nei suoi 4 metri per 4 che lo rendono una delle tele più maestose dell’intera collezione, questo dipinto è fitto di mistero, e non solo per il suo aspetto gotico e la prospettiva ribassata e inquietante. La scena è tradizionalmente interpretata come San Marco che appare dopo la morte ad alcuni Veneziani, rivelando il luogo dove si trova il suo corpo e ponendo fine allo scempio della profanazione delle tombe. Ma in realtà il soggetto rappresentato sarebbe il miracolo di san Marco nella chiesa di Boucolis ad Alessandria, perché il santo è raffigurato in vita, con i piedi a terra, a differenza delle altre scene in cui appare in volo, secondo le comuni convenzioni iconografiche relative alle storie dei santi. Ombre, luci e bagliori rendono un dinamismo impressionante, in cui lo spettatore sembra perdersi, travolto dalla meraviglia dell’immagine.

#5 Cena in Emmaus di Caravaggio

Realizzato da Caravaggio nel 1606, questo quadro sembra emergere dal buio, con i volti dei cinque personaggi che si stagliano nella loro incredibile umanità. Il Cristo è un uomo stanco, col viso profondamente segnato dal dolore e dalle fatiche, ma ciò che davvero colpisce l’occhio dell’osservatore è l’ostessa che lo serve a tavola. Le sue rughe profonde, umane, vissute sono un tocco di umanità che travolge per la sua naturalezza, che si realizza in pieno nella natura morta in primo piano, in cui si vede il pane in tutta la sua semplicità.

#6 Napoleone come Marte Pacificatore di Antonio Canova

Commissionata a Canova nel 1807 dall’Ambasciatore di Francia a Roma, questa monumentale statua che accoglie i visitatori al centro del cortile d’ingresso dell’Accademia di Brera, è la copia esatta di un marmo esposto a Londra. Maestoso e trionfante, è frutto da una difficile fusione del bronzo, riuscita solo al secondo tentativo, riconvertendo il bronzo preso da Castel Sant’Angelo a Roma. Napoleone è raffigurato secondo l’ideale di bellezza tipico del Neoclassicismo, idealizzato ed eroico come un dio dell’antichità.

#7 Rissa in Galleria di Umberto Boccioni

Gioiellino segreto della Pinacoteca, il quadro futurista di Boccioni, dipinto nel 1910, è uno dei più begli omaggi a Milano che la pittura le abbia mai dedicato. Non sempre questa piccola tela è visibile al pubblico, quindi bisogna approfittare delle occasioni in cui viene esposta, per ammirare il dinamismo vorticoso della zuffa fra due donne davanti al celebre Camparino in Galleria Vittorio Emanuele. Luci e colori di una Milano vivace ed elegante si esaltano negli abiti delle signore che accorrono a soccorrere le due litiganti, in un tripudio di energia e brio che prefigura il futuro di Milano, destinata a diventare la capitale della moda e della movida.

Leggi anche: 7 motivi che rendono l’ULTIMA CENA un’opera unica al mondo

ALBERTO OLIVA

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🔴 Dati 8 aprile. I decessi in Lombardia al numero più BASSO da tre settimane (+238). Solo 80 nuovi contagi a Milano

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Foto: Andrea Cherchi (c)

8 aprile 2020. Il numero di decessi giornalieri raggiunge il numero più basso delle ultime tre settimane: 238 (ieri sono stati 282). I nuovi contagi risalgono oltre quota 1000: +1089 (dai 791 di ieri), rialzo condizionato anche dal raddoppio di tamponi effettuati (soprattutto sul personale sanitario di ospedali e RSA).  Prosegue il miglioramento negli ospedali: si liberano altri 48 posti in terapia intensiva (ieri erano diminuiti di 38), -114 i ricoverati (ieri erano -81) e aumentano i guariti: 649 persone sono uscite dagli ospedali lombardi (ieri erano stati 635).

Situazione delle province. L’unica provincia che presenta un rialzo significativo nei nuovi contagi è Brescia con +315 (ieri erano +117) ma dovuto anche al fatto che è stato aperto un nuovo laboratorio di analisi che ha consentito l’esecuzione di più tamponi. Buoni dati anche a Milano nell’area metropolitana (+252 da 249) e in città dove si scende a +80 (ieri erano +99), il livello minore dal 15 marzo.

Si può donare sul conto dell’emergenza della Regione Lombardia: Iban IT76P0306909790100000300089 .

DATI DALL’INIZIO DEL LOCKDOWN TOTALE

Contagi Lombardia (giornalieri)*
11/3: +1489 (+25,7%)
12/3: +1445 (+19,8%)
13/3: +1095 (+12,6%)
14/3: +1865 (+18,9%)
15/3: +1587 (+13,5%)
16/3: +1377 (+10,3%)
17/3: +1571 (+9,6%)
18/3: +1493 (+9,2%)
19/3: +2171 (+12,2%)
20/3: +2380 (+11,9%)
21/3: +3251** (+14,6%)
22/3: +1691 (+6,6%)
23/3: +1555 (+5,7%)
24/3: +1942 (+6,7%)
25/3: +1643 (+5,0%)
26/3: +2543 (+7,2%)
27/3: +2409 (+6.9%)
28/3: +2117 (+5.6%)
29/3: +1592 (+4,0%)
30/3: +1154 (+2,8%)
31/3: +1047 (+2,4%)
1/4: +1.575 (+3,6%)
2/4: +1.222 (+2,6%)
3/4: +1.455 (+3,1%)
4/4: +1.598 (+3,3%)
5/4: +1.337 (+2,7%)
6/4: +1.079 (+2,0%)
7/4: +791 (+1,5%)***
8/4: +1.089 (+2,0%)
Totale: 53.414

Decessi Lombardia (giornalieri)*
9/3: 76 (+29,7%)
10/3: 135 (+40,5%)
11/3: 149 (+31,8%)
12/3: 127 (+20,6%)
13/3: 146 (+19,6%)
14/3: 76 (+8,5%)
15/3: 252 (+26,0%)
16/3: 202 (+16,6%)
17/3: 220 (+15,5%)
18/3: 319 (+19,5%)
19/3: 209 (+10,7%)
20/3: 381 (+17,6%)
21/3: 546** (+21,4%)
22/3: 361 (+11,7%)
23/3: 320 (+9,3%)
24/3: 402 (+10,6%)
25/3: 296 (+7,1%)
26/3: 387 (+8,6%)
27/3: 541 (+11,1%)
28/3: 542 (+10,0%)
29/3: 416 (+7,0%)
30/3: +458 (+7,2%)
31/3: +381 (+5,6%)
1/4: +394 (+5,5%)
2/4: +367 (+4,8%)
3/4: +351 (+4,4%)
4/4: +345 (+4,2%)
5/4: +249 (+2,9%)
6/4: +297 (+3,3%)
7/4: +282 (+3,1%)
8/4: +238 (+2,5%)***
Totale: 9.722

Contagi Milano città metropolitana (giornalieri)*
11/3: +333 (+55,4%)
12/3: +221 (+23,7%)
13/3: +152 (+13,2%)
14/3: +244 (+18,6%)
15/3: +200 (+12,8%)
16/3: +233 (+13,3%)
17/3: +343 (+17,2%)
18/3: +318 (+13,6%)
19/3: +634 (+23,9%)
20/3: +526 (+12,2%)
21/3: +868** (+22,8%)
22/3: +424 (+9,0%)
23/3: +230 (+4,5%)
24/3: +375 (+7,0%)
25/3: +373 (+6,5%)
26/3: +848 (+13,9%)
27/3: +574 (+8,2%)
28/3: +314 (+4,2%)
29/3: +546 (+7,0%)
30/3: +348 (+4,1%)
31/3: +235 (+2,7%)
1/4: +611 (+6,8%)
2/4: +482 (+5,0%)
3/4: +387 (+3,8%)
4/4: +428 (+4,1%)
5/4: +411 (+3,7%)
6/4: +308 (+2,7%)
7/4: +249 (+2,1%)
8/4: +252 (+2,1%)***
Totale: 12.039

Contagi Milano città (giornalieri)*
11/3: +113
12/3: +92
13/3: +83
14/3: +98
15/3: +79 (+12,5%)
16/3: +102 (+14,3%)
17/3: +151 (+18,5%)
18/3: +127 (+13,1%)
19/3: +287 (+18,5%)
20/3: +172 (+12,4%)
21/3: +279 (+12,4%)
22/3: +210 (+11,8%)
23/3: +137 (+6,7%)
24/3: +121 (+5,5%)
25/3: +141 (+6,1%)
26/3: +310** (+12,7%)
27/3: +261 (+9,5%)
28/3: +150 (+4,9%)
29/3: +247 (+7,8%)
30/3: +154 (+4,5%)
31/3: +96 (+2,6%)
1/4: +159 (+4,3%)
2/4: +203 (+5,3%)
3/4: +166 (+4,1%)
4/4: +178 (+4,2%)
5/4: +171 (+3,9%)
6/4: +112 (+2,4%)
7/4: +99 (+2,1%)
8/4: +80 (+1,6%)***
Totale: 4.824

*Nota: tra parentesi la variazione rispetto all’ammontare totale del giorno prima (di contagi o decessi).
**Numero più elevato dall’inizio dell’emergenza
***Percentuale più bassa di incremento

Fonte: dati Regione Lombardia

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🔴 Breaking News. Riaprono i cantieri della M4: Milano riparte dalla METROPOLITANA

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Milano-M4
Milano-M4

Salini Impregilo e Astaldi riprendono i lavori sulla M4, la nuova linea metropolitana di Milano, e insieme al Comune, a Società M4 e a altri operatori coinvolti nel progetto hanno riattivato “tutti i necessari protocolli per far operare i lavoratori nella massima sicurezza e attenzione alla salute, proseguendo un cantiere strategico per la mobilità sostenibile della città”. Lo rende noto un comunicato di Salini Impregilo.

In questa fase sono presenti circa 200 tra operai, dipendenti e dirigenti per i quali “sono state adottate misure di sicurezza straordinarie che mirano a tutelare la salute dei lavoratori e a prevenire ogni forma di contagio”. I lavori nei cantieri della M4 a Milano sono ripresi su tutte e tre le tratte (Est, Ovest e Centro), per una linea che tra, l’altro, collegherà il centro della città all’aeroporto di Linate in 12 minuti (Ansa).

🔴 Breaking News. MILANO RIPARTE dalla M4: riaperti i cantieri della nuova metropolitana

Milano riparte dalla Metropolitana. Non poteva esserci messaggio più forte sulla volontà della città di ripartire. Facciamo il punto su dive eravamo rimasti e su quali sono le principali questioni da risolvere.

#1 Le date previste di apertura: saranno confermate?

Linea M4
Linea M4

Alla fine gennaio del 2021 le prime tre fermate da Linate a Forlanini, nel 2022 fino a San Babila, per concludere a San Cristoforo entro il 2023. Sarà da capire se dopo questo stop le scadenze verranno rispettate.

#2 Gli sviluppi ipotizzati dopo il 2023: si estenderà a Buccinasco e Segrate?

 

In attesa dell’apertura delle prime tratte sono già stati redatti studi di fattibilità per estendere la linea a sud ovest da San Cristoforo a Buccinasco e lo studio preliminare per prolungarla ad est fino a Segrate, dove sorgerà Westfield Milano, lo shopping center più grande d’Europa, con possibile fermata all’Idroscalo.

#3 Fermate e interscambi mancanti: verranno risolte le “note dolenti”?

M4-M3 l'interscambio mancante (fonte: urban file)
M4-M3 l’interscambio mancante (fonte: Urbanfile)

Le critiche rivolte al progetto hanno riguardato principalmente il mancato inserimento di alcune fermate strategiche e la realizzazione di interscambi integrati con le altre linee metropolitane.

Le esigenze espresse da diverse categorie di utilizzatori hanno evidenziato la necessità di prevedere delle fermate presso il centro sportivo Saini, attualmente servito solo da un bus, l’Idroscalo che al momento rimane un’ipotesi nel prolungamento verso Segrate e Largo Augusto per raggiungere facilmente il Tribunale e interscambiare i numerosi tram in zona.

Gli interscambi sono l’altra nota dolente della linea in costruzione:

  • quello con la linea 2 a Sant’Ambrogio obbligherà i passeggeri a uscire sulla strada.
  • quello che fa incrociare  la linea M1 a San Babila, comporta sempre l’uscita e la rientrata dai tornelli anche se in sotterranea
  • ancora più critico è l’interscambio con la linea M3, che in realtà interscambio non è, in quanto il collegamento tra la Fermata di Piazza Missori e Sforza-Policlinico M4 nonostante extra-costi di 100 milioni al momento è un collegamento sotterraneo che si interrompe a metà strada prima di arrivare in Via Pantano.

Un ultimo appunto va fatto sulla qualità dei materiali e il design delle stazioni perché a fronte di illusori immagini di interni e uscite degni della città di moda, le recenti indiscrezioni hanno mostrato un passo indietro in qualità e bellezza.

Leggi anche:
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FABIO MARCOMIN

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Credits: dagospia.com - Controlli in piazza Duomo

L’Ospedale San Matteo di Pavia ha annunciato che sarà a breve disponibile un test rapido per verificare l’immunità da Covid-19. Sono stati anche mappati tutti i laboratori su scala nazionale che possono consentire di eseguire fino a 500.000 controlli al giorno. Ma resta da risolvere un collo di bottiglia che impedisce di controllare tutta la popolazione. Ma procediamo con ordine: cosa significa test per verificare l’immunità?

# Entro fine Aprile in commercio il test seriologico rapido per verifica immunità dal Covid-19

DiaSorin, azienda italiana leader nella diagnostica medica, ha messo a segno un altro assist per consentire di concludere in fretta la battaglia contro il coronavirus e procedere con la riapertura del Paese. Dopo il kit per il controllo della positività in 60 minuti è in arrivo quello per il controllo dell’immunità. Si tratta di test sierologici che si aggiungono ai tamponi che hanno invece un fine diagnostico.

E’ stato completato presso il Policlinico San Matteo di Pavia il percorso di studi necessari per dare il via libera a un nuovo test sierologico ad alto volume di processamento per rilevare la presenza di anticorpi in persone che sono state infettati dal Sars-CoV-2.  I laboratori potranno processare fino a 170 campioni di sieri di pazienti ogni ora, con un livello minimo di intervento richiesto agli operatori del laboratorio. Il Ceo di Diasorin afferma che: “Un laboratorio con questa tecnologia può eseguire fino a mille individuazioni al giorno, in Italia abbiamo 500 strumenti installati. I test saranno disponibili a partire dal 20 di aprile” quando “sara’ disponibile il test con il marchio CE“.

Entro due settimane dovrebbero partire i test sulla popolazione ad un costo di circa 5 euro ciascuno, con risultati attesi in un’ora. Questo esame consentirà di verificare l’immunità, con il prelievo di una goccia di sangue, a chi è risultato positivo al Covid-19 e successivamente guarito dopo due test negativi sviluppando quegli anticorpi che gli consentiranno di non ammalarsi di nuovo. I test sierologici mostrano chi ha gli anticorpi che sono in grado di impedire la proliferazione del virus: ciò consentirà di avere una patente di immunità, potendo distinguere quindi tra persone che potranno riprendere la vita di tutti i giorni senza particolare rischi e chi invece, privo degli anticorpi, dovrà adottare le necessarie precauzioni.

Questo sistema teoricamente consente di processare oltre mezzo milione di test al giorno, ciò significa che, in teoria, si potrebbe testare tutta la popolazione di Milano in meno di una settimana. Se c’è il processo e i laboratori, rimane però un collo di bottiglia: come poter eseguire i test di massa?

# La proposta: usare le forze dell’ordine per fare test a tappeto

Per capire come organizzare i nuovi test di immunità si può partire da quello che sta accadendo. Al momento si stanno eseguendo i tamponi per verificare la positività al COVID-19. Nello stesso periodo sono state mobilitate le forze dell’ordine per controllare il rispetto delle restrizioni disposte dalle ordinanze antiCovid. Vediamo qualche numero. 

Dall’inizio dell’emergenza sono stati effettuati poco più di 720.000 tamponi a fronte di quasi 7 milioni di controlli della polizia. Se si confronta questi dati emerge che il totale dei tamponi effettuati è circa 1/10 dei controlli di polizia.

Credits: repubblica.it – Tamponi Italia al covid-19

Siamo di fronte ad un paradosso perchè, mentre si fatica a fare i tamponi a sintomatici e asintomatici da coronavirus, le attività di controllo sulle restrizioni imposte dal governo si fanno sempre più frequenti su tutto il territorio, a tal punto da essere di un numero 10 volte superiore a quelli per la positività al virus. Vediamo i dati nel dettaglio.

Fonte: repubblica.it

Dall’11 Marzo al 4 aprile sono stati 6.987.106 i controlli effettuati dalle forze di polizia su persone ai posti di blocco e ai titolari di attività commerciali, registrando un esito di 184.796 denunce e sanzioni corrispondenti al 2,64% sul totale.  Un dato che sta a significare che il 97,36% dei cittadini si sta comportando correttamente e quindi contrasta le dichiarazioni fatte da più parti politiche in queste settimane. Ha senso continuare con i controlli a tappeto o sarebbe meglio impiegare le forze dell’ordine in attività più utili, come effettuare i test sull’immunità?

Fonte: Ministero dell’Interno

Se si impiegassero temporaneamente le attuali forze dell’ordine mobilitate sul territorio per sottoporre i cittadini al test sull’immunità si potrebbero verificare 7 milioni di persone in meno di 3 settimane. In fondo spesso si è presa a riferimento quello che è successo in Cina per giustificare politiche di restrizione ai cittadini. Ma sempre in Cina le forze dell’ordine sono state utilizzate anche per integrare l’ordine pubblico e agevolare l’attività degli operatori sanitari. Così, in fondo, è successo anche nel bergamasco quando sono state mostrate le terribili immagini dell’esercito che portava le bare al cimitero.

In una situazione di emergenza servono soluzioni di emergenza. Serviranno scelte forti per iniziare a restituire in fretta la libertà ai cittadini e fare tornare il paese a pieno regime: il governo avrà il coraggio di compierle?

FABIO MARCOMIN

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L’ERBA DEL VICINO

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(…CONTINUA: VEDI LA PRIMA PARTE. VILE ATTENTATO)

…veglio.

Sono confuso e ho ancora un cerchio alla testa, nonché un vistoso bernoccolo che Donna Adelaide non riesce a smettere di fissare. Vado a farmi un caffè e cerco di ricostruire i fatti della mattina. Era ancora buio. Stavo andando a prendere la macchina per andare a far spesa quando sono stato tramortito dal Longo a colpi di prosciutto iberico. Sono svenuto. Ho rischiato l’arresto per aver tentato di rubare la mia macchina dal mio garage. Il Benny ha scelto le mie ciabatte per testare gli artigli. (No, questo sta succedendo ora, ahia, dannato gatto fascista). Per scusarsi, il Longo m’ha riempito la casa di prelibatezze costosissime ed altrimenti inavvicinabili. (ziobò, queste Offelle tirerebbero su un morto). Manca qualcosa.

Ma certo. L’ombra che ho visto sgusciare furtiva nel cortile, ecco cosa manca! La finestra illuminata al terzo piano della scala A! Chi era? Cosa ci faceva lì? Tornerà? Se fosse stato un ladro, qualcuno avrebbe chiamato la polizia: ed effettivamente la polizia è arrivata, ma per me! Ad ogni modo si saprebbe, c’è solo da verificare. D’altra parte, se non era un ladro, allora era una faccenda di sesso, sicuro come l’oro. E in questo caso c’è da indagare. In altre circostanze me ne sarei allegramente fottuto, ma il lavoro è poco, ho finito tutti gli arretrati della Settimana Enigmistica e devo tenere acceso il cervello.

È mercoledì. Decido di iniziare l’indagine stanotte alla bisca clandestina.

Tre colpi, due colpi, un colpo. Pausa, un altro colpo. La porta sembra aprirsi da sola, come per incanto. Trenta centimetri più in basso, scorgo la pelata del minuscolo professor Zambelli. “Avvocato buonasera, come va la testa”? Meglio grazie, dico entrando, abbiamo un problema.

Un imbarazzatissimo Longo s’avvicina per scusarsi nuovamente. “Sereno Longo, non ce l’ho con lei”. “Deve davvero scusarmi, fa, l’è che propri… pensavi che l’era l’alter”. L’altro?

Insomma salta fuori che anche il mattiniero, paffuto Longo ha visto la stessa ombra che ho visto io nel cortile. “L’era vestì de negher, l’è saltà föra dalla siepe è l’è andà giò nei boss”, quindi ovviamente s’era convinto che mi stesse rubando la macchina: ma ero io. Da qui la mazzata e la chiamata alla polizia, che è venuta e se n’è andata senza nemmeno sapere dell’esistenza dell’altra ombra misteriosa. L’iberico aggressore è sulla credenza e il Longo me ne fa giù un piattino che mi offre, penitente, con delle acciughe del Cantabrico un viñho verde portoghese gelato. (Picchiami quando vuoi, Oreste).

L’Aurora Britton Ravelli D’Agogna siede impaziente al tavolo del baccarat.

Stasera tocca a lei fare da croupier. Per l’occasione, sopra la lunga vestaglia di seta nera bordata di visone, sfoggia delle mezze maniche da travet e una visiera verde da tipografo. Non manca un turbante in broccato nero. Al dito indice della mano sinistra, un singolare anello d’oro portasigaretta. Non c’è niente da fare, madame Bordello è una spanna sopra a chiunque. Al tavolo siedono il sedicente architetto Bulfoni e il servile Guarnaccia, dicata aeternum all’ammirazione della senescente, ma sempre seducente, ex tenutaria.

Entra in scena l’ex prefetto Lauria. Il suo “buonasera” sprofonda in una espettorazione tonitruante. Se mai dovesse contrarre il coronavirus, sono sicuro che lui sopravvivrebbe ed il malcapitato virus marcirebbe nel catarro. Lo aggiorniamo della situa e immediatamente la bisca si trasforma in una war room. “Signori, non va bene. C’è uno sconosciuto che s’aggira nottetempo nel cortile. E’ un problema di ordine pubblico e va risolto. Ora.”

Lauria-The-Knife is back in town.

“Dice l’avvocato, qua, che l’ombra ha qualcosa a che fare con l’appartamento al terzo piano della scala A. Ora la domanda è, chi ci vive al terzo piano della scala A”?

“… le vedove Speranza, Achille”, mormora annoiata la Britton, che vede sfumare la sua performance da biscazziera, ricordi lontani di quando s’esibiva seminuda nei casinò della Costa Azzurra per il padre, o il nonno, dell’Aga Khan. “E, di fronte, la Petting”.

L’intero caseggiato le chiamava vedove Speranza, ma era noto a tutti che nessuna delle due s’era mai sposata. Nemmeno si chiamavano Speranza, in realtà. È che la speranza le aveva proprio lasciate, e da un pezzo. Ma guai a chiamarle zitelle, le attempate signorine Viviani erano molto orgogliose.

La Mariuccia era timida e schiva,

aveva sempre la gonna rigorosamente sotto il ginocchio ed uno chignon assemblato con la fiamma ossidrica. Tutti ne colsero la perfezione quando, anni fa, fu svegliata nottetempo da un ladruncolo che tentava di entrare in casa sua, che lei costrinse ad una vergognosa ritirata sulle scale inseguendolo col suo battipanni da concerto fino all’androne. Non un singolo capello andò fuori posto.

Circondata da tonnellate di pizzi e merletti di sua produzione, la contegnosa Mariuccia, regina incontrastata della casa, in altri tempi usciva solo per la spesa e per andare alla messa domenicale, e per l’occasione sfoggiava un cappottino striminzito con collo di volpe morta arrotata, che attirava le acide ironie della Petunia detta Petting, smaliziata (e coeva) ex hippy loro vicina. Gli annali recenti non riportano di Mariuccia nessuna frequentazione maschile. Le cronache della sua giovinezza sono andate distrutte nell’incendio della biblioteca di Alessandria.

La Mariuccia abitava da sempre nel palazzo con la sorella Marta,

che in vita sua aveva sempre lavorato e tiene tuttora moltissimo al suo aspetto, trucco e parrucco, anche se l’età inclemente tende ormai a farla somigliare ad una drag queen. Si sussurra -ma nessuno è mai stato in grado di provarlo- che abbia intrattenuto una lunga relazione con il suo capo, un tizio austero con un macchinone che per trent’anni l’ha prelevata al mattino e riaccompagnata la sera, prudentemente lasciandola ad un isolato di distanza.

Pur di non restare a casa un minuto più dello stretto necessario la Marta, una volta in pensione, s’è comprata un welsh corgi. “Guardi, l’è più intelligente di certa gente che conosco”, diceva fissando acida la porta della Petting. Grazie al corgi Fernando (come l’ingegnere encantador, ay madre) è entrata nella brigata Esploratori organizzata dal BatLauria, dove s’è guadagnata il nomignolo di Lady di Ferro, tradotto dagli studenti colombiani dell’ammezzato in Doncella de Hierro e, da lì a breve, Vergine di Norimberga.

La Petunia era una ex (ex?) figlia dei fiori,

tutta mantra e tantra e incensi e campanelle e tessuti indiani, cucina biologica e musica alternativa. Superati ampiamente i 70. Olandese di nascita. Per quanto rinomata libertina e, giudicando dai suoi resti mortali, forse anche un tempo piacente, non s’è mai sposata. Segno che più in là di tanto non sapeva o non voleva andare, e da qui il nomignolo, coniato dalla velenosa Britton, di “Petting”.

“Fanno duecentocinquant’anni in tre. Escluderei una faccenda di sesso”.

“Com’è banale, avvocato”, si risente la Britton Ravelli D’Agogna.

“Beh, l’ombra mi sembrava piuttosto agile, giovane, non mi sembra il target delle vedove Speranza”.

“Magari non il loro, ma…”

“Qualcuno sa se hanno lamentato un furto”? chiede il Bulfoni.

“Non che io sappia, ma non è che mi dicano proprio tutto quello che succede qua dentro…”, catarra il Lauria. “Scendiamo in cortile a dare un occhio”.

È ormai notte fonda ma, avendo dormito tutto il giorno,

sono sveglio come un grillo. Una debole luce illumina le finestra delle vedove Speranza. Ci acquattiamo dietro i bidoni della spazzatura. Il prode Longo ha esagerato con il porto e si addormenta, russando come un cinghiale, appoggiato al bidone dell’umido. “Uomini…”, mormora la Britton allontanandosi algida. Vigiliamo il cortile deserto e silenzioso e dopo molti, lunghi, noiosi minuti, riecco l’ombra sfrecciare, agile, fuori dal portone della scala A ed imboscarsi dietro i pitosfori.

È questione di un attimo. Un colpo secco, un’imprecazione soffocata, rumore di rami spezzati. Accorriamo presso la siepe. La dark lady Autora Britton Ravelli D’Agogna ha tramortito il tizio, sprangandogli la faccia con un tubo di gomma trovato nel cortile. Tranquilla come l’olio, si accende una sigaretta. “Niente in contrario agli uomini che vanno e vengono, ma prima di sparire devi regolare il conto”, non so se è chiaro. La vedo ora per quel che dev’essere stata mille anni fa. Una torbida, affascinante, pericolosissima virago.

Tiriamo su il tizio. Mai visto prima. Il Lauria lo sveglia con due energici ceffoni. “Un soffio e sei carne di porco”, gli espettora addosso. Altro ceffone. È un ragazzino, avrà vent’anni anni se li ha. Ansima rabbioso. “Cazzo ci fai qui, pischello”? lo apostrofo tentando di essere all’altezza del Lauria, mentre penso alla fila di reati che stiamo commettendo. Violenza privata, sequestro di persona, estorsione e minacce, cristo, sono quasi dieci anni di galera, e alla fine sarò l’unico a sopravvivere di questa banda di vecchi gaglioffi.

“Ho portato la roba alla vecchia, qualcuno gliel’ha fottuta”.

“Che roba? La spesa? A quest’ora di notte?” chiede attonito il Zambelli.

“Ma che siete scemi? L’erba!”

“Ah, è il giardiniere…” fa quell’idiota di Bulfoni, “l’ultima ordinanza del Fontana permette di portare i fiori a domicilio, in effetti…”

“Ma quale giardiniere, geometrarchitettomiscusi, questo qua è un pusher”.

“Se l’è”? fa il Longo che nel frattempo s’è riavuto.

“Droga, Longo”.

“Un fundeghée? A quest’ora”?

Ditemi che è una candid camera, per favore.

“È uno spacciatore, Longo, cristo santo”!

Quale vecchia. Quella vestita coi fiori.

La Petting, fa il professor Zambelli. E chi gliel’ha fottuta? Ma che ne so, fa il pischello, ieri stavo per fare la mia solita consegna e una vicina m’ha interrotto, sono scappato. Quella stronza mi fissava dalla finestra. Dov’era ‘sta consegna? Terzo piano, scala A. Le vedove Speranza!

“Lei dice…”

“Neanche se lo vedo con i miei occhi”.

Il pusher viene gentilmente accompagnato a calci nel culo all’uscita, dove la Britton Ravelli D’Agogna lo aspetta col tubo in mano, casomai tentasse un colpo di testa. Ma non c’è bisogno di colpirlo. Nella fretta di scappare, centra in pieno lo stipite del portoncino (ma perché li fanno così bassi?) e cade tramortito all’indietro. Che pirla.

“Non possiamo lasciarlo qui, giù nei garage, di corsa”.

Solleviamo il pischello, meno male che questi ultimi modelli sono secchi come acciughe, mica come a noi che ci dicevano “mangia che la fame è brutta”, e lo trasciniamo giù nei box. Tra poco arrivano i ragazzi, svelto avvocato, lo metta nella sua macchina. Ma porc… Zambelli, resti qua a vedere che ‘sto cretinetti non faccia cazzate. Aurora, il tubo.

Ormai albeggia. Le vedove Speranza

dormono poco e, come tutti gli anziani, sono mattiniere. Decidiamo di aprire l’inchiesta e saliamo al famigerato terzo piano della scala A. Due appartamenti frontistanti. A sinistra quello della Petuna detta Petting, riconoscibilissimo grazie a un enorme Shiva sulla porta e un pungente odore di incenso misto a maria. Di fronte, l’appartamento delle vedove Speranza. Suoniamo. Nessuno risponde. Suoniamo e bussiamo, un frastuono d’inferno. Finché la porta si apre ed è il delirio.

La donna che ci apre non è l’inappuntabile, sussiegosa Marta Viviani. È il mostro della palude. Ci fissa struccata, con gli occhi iniettati di sangue e con i capelli candidi che si protendono versoil soffitto. Sembra la Crudelia deMon e continua a ridere come una pazza. “Mariuccia vieni, è arrivata la banda! Quando la banda arrivò / non seppi dire di noooo”! “U signùr la banda, che ridere”, intravvediamo sullo sfondo il divano, da cui spuntano i polpacci della Mariuccia capottata, che ci saluta sventolando un merletto. Sbalorditivo. “Possiamo”? “E come no, và che bell’uomo che ti ho portato Mariuccia, ghe sunt anca el Lauria e l’Aurora”, e ride, ride, ride senza riuscire a fermarsi. “Ciula che fam che gh’u”, fa la Mariuccia rovesciata.

Entriamo. Sul tavolino da caffè sono sparse quattro o cinque teiere

in porcellana tedesca e svariate tazze da tè Zwiebelmunster, una delle quali è rotta a terra. Biscottini danesi ovunque. Da un cuscino rotto escono delle piume che fluttuano leggere nell’aria. Un paralume penzola da una abat-jour. “Volete del teeeeeeeeé?” si sganascia la Mariuccia. La Britton, materna, tenta di chiudere la vestaglia della Marta, che mi avvedo solo allora essere aperta, svelando un intimo contenitivo color carne. Anni di psicoterapia finiti in merda in un fiat. Lauria, disapprovando, scuote desolato la testa.

Giro lo sguardo nella stanza. Merletti, statuine di porcellana, vetrinette e un catalogo di vendite per corrispondenza (ma ci sono ancora?), aperto sulla pagina di una casa di tè.

È tutto chiaro.

Il pusher aveva fatto la sua consegna alla Petting di fronte, lasciandole come d’uso un pacchettino sullo zerbino. Bisogna pur passare l’isolamento.

Ma le vedove Speranza, che hanno il sonno leggero, hanno avvertito un rumore sul pianerottolo. L’intrepida Mariuccia, brandendo il suo inseparabile battipanni, è uscita pronta a colpire, ma il pusher, preso alla sprovvista, se ne è uscito con “Postino!”. Le vedove Speranza avevano finalmente ricevuto il tè ordinato per corrispondenza. E se lo sono preparato. Sono in catalessi da 24 ore.

Entra la Petting col il welsh corgi della Mariuccia. “Il Fernando ce l’ho io, ‘ste due qua ormai sono fuori di testa…”.

Lascio la Britton e il fido Guarnaccia a sorvegliare la situazione

e vado col Lauria a liberare il pusher dalla mia auto (o viceversa) prima che arrivi la Pescantini e lo obblighi a fare ginnastica con gli altri.

Mentre il Lauria lo trascina per un orecchio al portone, penso a quelle due zitellone strafatte.

“Certo Lauria, che in questo palazzo se ne vedono di ogni… poverette, a quell’età lì la maria mica gli farà bene… dalla depressione alle risate irrefrenabili, dalla sensazione di aver capito come gira la giostra alla paura di morire da un momento all’altro…”

Avverto alle mie spalle lo sguardo gelido dell’ex prefetto.

“…suppongo, Lauria. Suppongo”.

ANDREA BULLO

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VILE ATTENTATO

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La via DANESE tra libertà e sicurezza: riaprono asili e scuole elementari

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Copenaghen, 7 aprile 2020 (fonte Instagram @helma_forex)
Copenaghen, 7 aprile 2020 (fonte Instagram @helma_forex)

Con poco più di 5000 casi e 200 morti, la Danimarca è uno dei paesi europei meno colpiti dalla pandemia di coronavirus e si prepara ora ad affrontare la sfida della riapertura con una strategia ben delineata e in linea con le tradizioni socio-culturali del Paese.

La via DANESE tra libertà e sicurezza: riaprono asili e scuole elementari

# 12 Marzo – lockdown parziale

La Danimarca è stata una delle prime nazioni europee a prendere misure di protezione, anche se meno restrittive rispetto al lockdown totale avviato in Italia a partire dal 9 marzo. È il 12 marzo quando la vita di tutti i giorni di milioni di danesi cambia radicalmente in seguito alla decisione del governo di chiudere parte delle attività per almeno 14 giorni. “Il contagio procede troppo velocemente, dobbiamo fare tutto il possibile per rallentare la diffusione della malattia”, annuncia la Premier danese Mette Frederiksen.

In quel momento, la Danimarca è uno dei paesi europei più colpiti dal coronavirus e il contagio si sta diffondendo velocemente, con 674 casi cresciuti esponenzialmente negli ultimi giorni anche se ancora nessun decesso per Covid.

Lo scopo del governo e delle autorità danesi è però molto diverso da quello di nazioni come Italia e Spagna, l’obiettivo è infatti fermare lo sviluppo e la diffusione del contagio sul nascere, prima di perdere il controllo e avere migliaia di morti.

  • Vengono chiuse scuole, università, musei. I dipendenti pubblici con incarichi non essenziali vengono sospesi dal servizio e alle aziende private viene chiesto di favorire e incentivare lo smart-working.
  • Vengono vietati assembramenti di persone (oltre 10)
  • Tutti gli eventi pubblici con più di 100 partecipanti vengono cancellati.
  • Gli spostamenti devono essere limitati e lo stesso vale l’uso di trasporti pubblici.
  • Vengono chiusi i confini

È la prima volta nella storia che un governo danese decide misure restrittive di questo genere.

Dobbiamo restare insieme restando vicini gli uni agli altri“, ha detto il primo ministro Mette Frederiksen durante una storica conferenza stampa, affiancata dal ministro della sanità Magnus Heunicke, dal direttore del Consiglio nazionale della sanità, dal capo della polizia e da un rappresentante del ministero degli Affari esteri.

# 6 aprile – Riapertura graduale a partire dal 15 aprile

Le misure vengono prolungate ma dopo 3 settimane di lock-down, il 6 aprile la Premier danese annuncia la possibilità di un primo, parziale ritorno alla normalità. I dati sono incoraggianti e sembrano indicare che le misure adottate sono state efficaci nel contenere il contagio pertanto è possibile tentare una riapertura “graduale, cauta e controllata”. Il primo passo sarà riaprire i servizi scolastici, per consentire ai bambini più piccoli di tornare a scuola e ai loro genitori di tornare al lavoro. Ecco quindi il piano per la riapertura danese.

#1 Scuole: asili ed elementari riaprono, le superiori ripartono il 10 maggio

Le scuole, chiuse dal 16 marzo, riapriranno dopo Pasqua. Da mercoledì 15 aprile, gli alunni delle elementari torneranno sui banchi di scuola ma studenti ed insegnanti dovranno svolgere più attività all’aperto e mantenere distanze maggiori nelle classi e negli spazi chiusi. Anche gli asili e i nido riapriranno il 15 aprile per dare ai genitori l’opportunità di tornare al lavoro. Gli studenti delle scuole superiori, invece, continueranno con la didattica a distanza e potranno tornare a scuola solo a partire dal 10 maggio.

#2 Il telelavoro prosegue

I dipendenti pubblici dovranno continuare a lavorare da casa e il governo raccomanda che anche i dipendenti delle aziende private continuino con le attività di smart-working, laddove possibile.

#3 Divieto di assembramenti per piccoli gruppi (oltre 10 persone) fino al 10 maggio

Il divieto di raduni di oltre 10 persone è prorogato fino al 10 maggio e potrebbe essere esteso qualora le autorità e il governo lo ritenessero necessario.

#4 Divieto di assemblee di grandi dimensioni (oltre 100 persone): esteso fino ad agosto

La maggior parte dei festival e dei mercati locali sono stati cancellati e rimane il divieto di assemblee con più di 100 persone, ora esteso fino ad agosto.

#5 Ristoranti, bar, caffetterie e negozi restano chiusi fino al 10 maggio

Il divieto temporaneo, che mantiene chiuso un gran numero di negozi, è prorogato fino al 10 maggio. Ciò significa che locali notturni, ristoranti, caffè, bar possono effettuare solo servizio di take-away ma non ci si può sedere ai tavoli. Centri commerciali e aziende con stretto contatto con i clienti come parrucchieri e massaggiatori sono chiusi fino al 10 maggio.

#6 Confini: frontiere chiuse fino al 10 maggio

Il controllo dei confini introdotto il 14 marzo è stato esteso fino al 10 maggio: solo i danesi e gli stranieri con “uno scopo degno” possano entrare nel paese. Il controllo di frontiera è stato ora esteso fino al 10 maggio.

LAURA COSTANTIN

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SCUOLA e coronavirus: 10 difficoltà incontrate dalle famiglie

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Good-Will-Hunting-ripetizioni scuola milano
Good-Will-Hunting-ripetizioni scuola milano

Il 21 febbraio i ragazzi della Lombardia sono usciti da scuola.
Era un venerdì, erano contenti per le vacanze di carnevale e per le festicciole dei giorni successivi. Nessuno di loro avrebbe mai immaginato che, probabilmente, non avrebbero più messo piede nei loro istituti, almeno per questo anno scolastico.
Nessuno poteva prevedere che l’anno si sarebbe concluso via internet, attraverso la didattica a distanza. Non senza molte difficoltà per le famiglie.

Scuola e coronavirus: 10 difficoltà incontrate dalle famiglie


difficoltà didattica online

Gli sforzi compiuti dal Ministero dell’istruzione, dai presidi e da tutto il corpo docente sono stati immani: da un giorno all’altro è stato necessario stilare procedure, formare il personale, implementare i sistemi, organizzare una modalità di studio nuova e le difficoltà sono tuttora tante. La scuola non era pronta, esattamente come non erano pronte le famiglie. E’ già trascorso 1 mese e mezzo e, superato il primo attimo di sgomento e smarrimento, la situazione oggi sembra essersi quasi del tutto assestata.

Delle difficoltà dei docenti, ai quali va il più profondo ringraziamento, si è ampiamente parlato. Un po’ meno si è parlato delle difficoltà operative e di gestione quotidiana, che, ancora oggi, stanno affrontando le famiglie, soprattutto quelle in cui sono presenti più figli che frequentano le scuole elementari e medie.

#1 Famiglie come copisterie

Un problema che si è presentato sin da subito è stato l’eccessivo carico di stampe. Decine di pagine da stampare ogni giorno, moltiplicate per il numero dei docenti e per il numero dei figli componenti il nucleo familiare. Una cosa, nei fatti, difficile da sostenere perché le famiglie non sono copisterie. Molte di loro non hanno neanche una stampante in casa. Per ovviare il problema, i docenti invitano a ricopiare a mano intere pagine, costringendo i ragazzi a una enorme fatica e impiego di tempo. Si impone una domanda:  a settembre scorso, già dalla prima elementare, le famiglie hanno dovuto procurarsi decine di libri (dai 15 ai 20). Che fine hanno fatto questi libri? Sono rimasti a scuola, ma se ci fosse la possibilità di recuperarli si potrebbe facilmente ovviare al problema legato all’eccessivo carico di materiale da stampare.

didattica online

#2 Utilizzo di piattaforme diverse tra i docenti

Esistono diverse modalità e piattaforme on line attraverso le quali docenti e alunni entrano ogni giorno in contatto. Anche nell’ambito di una stessa classe, i docenti hanno però spesso scelto di utilizzare piattaforme differenti costringendo le famiglie ad effettuare iscrizioni a svariati siti e mettere a regime numerose login e password. Tantissima la confusione.

#3 Trovare i compiti, una caccia la tesoro

Ogni docente utilizza un metodo proprio, anche più di uno, per assegnare i compiti.
Chi li scrive nell’Agenda della piattaforma, chi nella sezione Aula Virtuale, chi li invia tramite wathapp, mail, link. All’interno delle chat delle mamme, quotidianamente, si fa il punto della situazione per “ricostruire” i compiti assegnati. Una vera caccia al tesoro.

#4 Genitori onniscienti

Certamente non tutti, ma sono tantissimi i docenti che hanno attribuito alle famiglie il compito di portare avanti i programmi didattici. Molti insegnanti si limitano a interrogare e correggere i compiti svolti. I genitori, nel frattempo, sono dovuti diventare insegnanti/sostituti di italiano, storia, geografia, matematica, scienze, tecnologia, geometria, inglese, musica… I genitori ai tempi del coronavirus sono diventati onniscienti.

didattica difficile

#5 Scarsità di computer e mezzi tecnici

Non tutte le famiglie posseggono un computer, ancor più difficile è che cene sia uno a testa per ogni componente familiare. I figli, in moltissimi casi, devono studiare e fare le video lezioni sui telefonini. Le difficoltà segnalate in tal senso sono legate al fatto che si è costretti ad andare con il dito da sinistra a destra per leggere ogni riga. Dopo mezza pagina la concentrazione è persa e gli occhi si sono incrociati. Studiare sui telefonini è assolutamente disagevole, per non dire dannoso per la vista. 

#6 Scarsità di toner e cancelleria

Prima che scoppiasse la pandemia, quasi nessuna famiglia aveva in casa scorte sufficienti di cancelleria e soprattutto di toner e risme di carta per affrontare correttamente la didattica a distanza. Ciò ha messo in profonda crisi le famiglie, all’interno delle quali spesso un genitore, e talvolta tutti e due, hanno nel frattempo perso il lavoro e affrontano problemi economici importanti. Occorrerebbe che si comprendesse che la didattica a distanza si svolge in una situazione di assoluta emergenzialità  sanitaria, economica e sociale.

#7 I genitori non sono IT

Connessioni che saltano, computer che si rompono, sistemi di protezione dei PC inesistenti o scaduti. Le difficoltà di natura tecnica sono ancora tante e spesso difficilmente risolvibili perché non in tutti i nuclei sono presenti esperti informatici.

#8 Problemi tecnici

Oltre alle dotazioni informatiche spesso insufficienti o inadeguate all’interno delle famiglie, ci sono quotidianamente problemi legati all’ingresso nelle aule virtuali. Spesso non si riesce ad accedere in piattaforma perché le credenziali sono errate o il PC non le recepisce, non si sente l’audio, non si vede il video. Ogni giorno una sfida.

#9 I bimbi più piccoli non sono autonomi

E’ una delle principali difficoltà lamentate dalle famiglie. Soprattutto i bimbi frequentanti le scuole elementari e in parte anche le medie, non sono autonomi nella gestione di piattaforme, stampanti, password, ecc. All’atto pratico, ciò comporta che debbano essere sempre i genitori a seguire le loro attività in tutte le loro fasi: collegamenti, esecuzione dei compiti, carico dei materiali sulle piattaforme. Per chi ha più figli in questa fascia di età la gestione scolastica è pressoché totalizzante.

 

#10 Difficoltà a gestire la propria professione

E’ direttamente collegata ai punti precedenti. Per i genitori che lavorano in smart working è difficile se non impossibile, gestire il loro carico e responsabilità di lavoro con l’impegno quotidiano di portare avanti la didattica a distanza.

 

VALENTINA PETRACCA

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🔴 Dati 7 aprile. in Lombardia i contagi tornano sotto quota 1000 (792), calano i decessi, gli ospedali si svuotano. In arrivo i test di immunità

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Foto: Andrea Cherchi (c)

7 aprile 2020. Per la prima volta dall’inizio del lockdown i nuovi contagi in Lombardia scendono sotto quota 1000 a +791 (ieri erano a 1.079). Anche i decessi calano: +282 (da + 297). Buone notizie dai ricoveri: si liberano 38 posti in terapia intensiva (ieri erano cresciuti di 26), -81 i ricoverati (ieri erano -95) e aumentano i guariti: 635 persone sono uscite dagli ospedali lombardi (ieri erano stati 437).

Arrivano i test di immunità: “Abbiamo individuato con il San Matteo di Pavia un test che attraverso un prelievo di sangue si scoprirà chi ha gli anticorpi al COVID-19” è l’annuncio di Fontana. Ciò consentirà di avere una patente di immunità. I tempi previsti per l’attuazione sono di circa due settimane. Si tratta di test sierologici che si aggiungono ai tamponi che hanno invece un fine diagnostico. I test sierologici mostrano chi ha gli anticorpi che sono in grado di impedire la proliferazione del virus.

Situazione nelle RSA: “Relativamente alle polemiche su quanto avvenuto al Pio Albergo Trivulzio abbiamo deciso di istituire una commissione”, aggiunge il Presidente Fontana, “per controllare quello che può essere successo”. Anche sulle altre RSA, su cui “abbiamo soltanto un potere di controllo” come Regione, “abbiamo istituito un’altra commissione” per accertare la reale situazione delle notizie che vengono riportate.

Situazione delle province. Continuano a migliorare le province più colpite, Bergamo (contagi dimezzati a +53) e Brescia. Continua a migliorare Milano: nell’area metropolitana (+249 da 308) e in città dove si scende finalmente sotto quota 100 (+99 da +112).

Si può donare sul conto dell’emergenza della Regione Lombardia: Iban IT76P0306909790100000300089 .

DATI DALL’INIZIO DEL LOCKDOWN TOTALE

Contagi Lombardia (giornalieri)*
11/3: +1489 (+25,7%)
12/3: +1445 (+19,8%)
13/3: +1095 (+12,6%)
14/3: +1865 (+18,9%)
15/3: +1587 (+13,5%)
16/3: +1377 (+10,3%)
17/3: +1571 (+9,6%)
18/3: +1493 (+9,2%)
19/3: +2171 (+12,2%)
20/3: +2380 (+11,9%)
21/3: +3251** (+14,6%)
22/3: +1691 (+6,6%)
23/3: +1555 (+5,7%)
24/3: +1942 (+6,7%)
25/3: +1643 (+5,0%)
26/3: +2543 (+7,2%)
27/3: +2409 (+6.9%)
28/3: +2117 (+5.6%)
29/3: +1592 (+4,0%)
30/3: +1154 (+2,8%)
31/3: +1047 (+2,4%)
1/4: +1.575 (+3,6%)
2/4: +1.222 (+2,6%)
3/4: +1.455 (+3,1%)
4/4: +1.598 (+3,3%)
5/4: +1.337 (+2,7%)
6/4: +1.079 (+2,0%)
7/4: +791 (+1,5%)***
Totale: 52.325

Decessi Lombardia (giornalieri)*
9/3: 76 (+29,7%)
10/3: 135 (+40,5%)
11/3: 149 (+31,8%)
12/3: 127 (+20,6%)
13/3: 146 (+19,6%)
14/3: 76 (+8,5%)
15/3: 252 (+26,0%)
16/3: 202 (+16,6%)
17/3: 220 (+15,5%)
18/3: 319 (+19,5%)
19/3: 209 (+10,7%)
20/3: 381 (+17,6%)
21/3: 546** (+21,4%)
22/3: 361 (+11,7%)
23/3: 320 (+9,3%)
24/3: 402 (+10,6%)
25/3: 296 (+7,1%)
26/3: 387 (+8,6%)
27/3: 541 (+11,1%)
28/3: 542 (+10,0%)
29/3: 416 (+7,0%)
30/3: +458 (+7,2%)
31/3: +381 (+5,6%)
1/4: +394 (+5,5%)
2/4: +367 (+4,8%)
3/4: +351 (+4,4%)
4/4: +345 (+4,2%)
5/4: +249 (+2,9%)***
6/4: +297 (+3,3%)
7/4: +282 (+3,1%)
Totale: 9.484

Contagi Milano città metropolitana (giornalieri)*
11/3: +333 (+55,4%)
12/3: +221 (+23,7%)
13/3: +152 (+13,2%)
14/3: +244 (+18,6%)
15/3: +200 (+12,8%)
16/3: +233 (+13,3%)
17/3: +343 (+17,2%)
18/3: +318 (+13,6%)
19/3: +634 (+23,9%)
20/3: +526 (+12,2%)
21/3: +868** (+22,8%)
22/3: +424 (+9,0%)
23/3: +230 (+4,5%)
24/3: +375 (+7,0%)
25/3: +373 (+6,5%)
26/3: +848 (+13,9%)
27/3: +574 (+8,2%)
28/3: +314 (+4,2%)
29/3: +546 (+7,0%)
30/3: +348 (+4,1%)
31/3: +235 (+2,7%)
1/4: +611 (+6,8%)
2/4: +482 (+5,0%)
3/4: +387 (+3,8%)
4/4: +428 (+4,1%)
5/4: +411 (+3,7%)
6/4: +308 (+2,7%)
7/4: +249 (+2,1%)***
Totale: 11.787

Contagi Milano città (giornalieri)*
11/3: +113
12/3: +92
13/3: +83
14/3: +98
15/3: +79 (+12,5%)
16/3: +102 (+14,3%)
17/3: +151 (+18,5%)
18/3: +127 (+13,1%)
19/3: +287 (+18,5%)
20/3: +172 (+12,4%)
21/3: +279 (+12,4%)
22/3: +210 (+11,8%)
23/3: +137 (+6,7%)
24/3: +121 (+5,5%)
25/3: +141 (+6,1%)
26/3: +310** (+12,7%)
27/3: +261 (+9,5%)
28/3: +150 (+4,9%)
29/3: +247 (+7,8%)
30/3: +154 (+4,5%)
31/3: +96 (+2,6%)
1/4: +159 (+4,3%)
2/4: +203 (+5,3%)
3/4: +166 (+4,1%)
4/4: +178 (+4,2%)
5/4: +171 (+3,9%)
6/4: +112 (+2,4%)
7/4: +99 (+2,1%)***
Totale: 4.744

*Nota: tra parentesi la variazione rispetto all’ammontare totale del giorno prima (di contagi o decessi).
**Numero più elevato dall’inizio dell’emergenza
***Percentuale più bassa di incremento

Fonte: dati Regione Lombardia

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5 FAKE NEWS di STATO nell’emergenza coronavirus

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Credit: artribune.it

Ultima novità nella lotta al coronavirus: viene istituita la “Commissione anti fake news” da decreto ministeriale del 5 aprile. Forse dovrebbe iniziare guardando in casa sua.

5 FAKE NEWS di STATO nell’emergenza coronavirus

Fake #1: «Nel mondo tutti fanno come l’Italia»

Esiste un’ansia diffusa nei politici e negli organi di informazione italiani di dire che tutto il mondo sta facendo a gara a seguire il “modello italiano” adottando politiche sempre più restrittive contro i loro cittadini. Ogni notizia di maggiori restrizioni all’estero viene accolta in Italia come un gol della nostra nazionale. L’Italia è un punto di riferimento nella lotta contro il coronavirus e ciò che facciamo sta venendo imitato, prima o poi, da tutto il mondo.

In realtà non è proprio così. L’unico paese che, al momento, ha seguito l’Italia nelle restrizioni su cittadini e imprese su tutto il territorio nazionale è la Spagna. Anche la Francia, spesso presa ad esempio di altra nazione che avrebbe seguito l’Italia, in realtà ha applicato restrizioni solo per i cittadini, un po’ più morbide dell’Italia, mentre ha lasciato più libere le aziende. La maggioranza delle democrazie, invece, hanno adottato restrizioni limitate in certi luoghi o a certe categorie di persone (es. over 65 e contagiati) e  inviti ai cittadini ad avere comportamenti responsabili che riducano i rischi per loro e per gli altri.

Leggi anche: Ma è vero che nel mondo tutti «fanno come l’Italia»? Il «divieto di jogging o passeggiata» c’è anche altrove? E l’autocertificazione? Abbiamo dato un’occhiata

Fake #2: «Chiudere tutto è la strategia migliore per arginare l’epidemia»

Secondo il governo, i leader politici e i principali organi di informazione italiani sembra scontato che il lockdown sia l’unica cosa che si può fare per frenare il contagio.
Purtroppo non esistono ancora dati che possano dimostrare in modo univoco che sia per i contagi che per il tasso di letalità gli effetti di un lockdown totale siano migliori rispetto a paesi che non lo hanno attuato. Paesi che non hanno inserito divieti al movimento per i cittadini, come Corea del Sud, Germania, Olanda, Svizzera o Svezia, presentano livelli di contagio e di mortalità in linea o inferiori a Italia o Spagna, i due paesi con il lockdown più restrittivo.

Sempre in base ai dati invece il metodo che al momento risulta più efficace è quello di individuare e isolare i contagiati (e i loro contatti diretti) attraverso un sistema di tamponamento a tappeto e di tracciamento dei contagi, adottato finora con successo in Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Germania, Islanda e, in parte, nella regione Veneto.

Qui l’invito che avevamo pubblicato a inizio del lockdown, il 9 marzo scorso, a seguire l’esempio della Corea (ai tempi l’Italia contava 366 morti con contagi a quota 7.000, simili a quelli della Corea): Quello che la Corea sta facendo per sconfiggere il virus

In attesa di avere dati certi sull’efficacia del lockdown quello che forse sarebbe corretto dire è che, probabilmente, si è trattata dell’unica strategia attuabile in Italia perchè non c’era la capacità di ricorrere ad alternative più efficaci. Invece di dire: “Dovete stare a casa per evitare di diffondere il contagio” sarebbe corretto dire invece: “Dovete stare a casa perché lo Stato non ha la capacità di individuare e isolare i contagiati, come invece stanno facendo i paesi che si stanno rivelando migliori nella lotta contro il virus”.

Leggi anche: www.worldometers.info/coronavirus/
La via SVEDESE nella lotta al virus: nessun divieto, la vita continua
Taiwan: a un passo dalla Cina, lontana dal virus
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Fake #3: «I cittadini italiani non stanno rispettando le regole anti COVID-19» e stanno venendo puniti con «raffiche di multe»

Mentre i governanti di altri paesi, come Angela Merkel in Germania o la Regina Elisabetta in Gran Bretagna, si complimentano con i loro cittadini che stanno affrontando sacrifici per limitare la diffusione del virus, in Italia i governanti, nazionali o regionali, e i principali organi di informazione non perdono occasione per accusare i cittadini, addossando la colpa della diffusione dei virus al fatto che “non restano a casa”. “Siete dei cretini”, “Arriveranno multe a tempesta”,  “Basta fare gli irresponsabili”, “Ho visto troppa gente in giro: state a casa”, sono citazioni di sindaci o governatori contro i cittadini indisciplinati. Ma è vero che i cittadini italiani sono i più irresponsabili del mondo in questa emergenza coronavirus?

Sul tema l’unico dato attendibile è fornito dall’Economist. La prestigiosa rivista ha stilato una classifica tra le diverse città del mondo con suddivisione settimanale, nel periodo compreso tra il 9 e il 21 di marzo, che riporta la percentuale di spostamenti in base al dato storico di flussi di persone in condizioni di normale vita quotidiana prima dell’emergenza.

Quale risulta la città al mondo in cui i cittadini hanno ridotto più i loro spostamenti? Milano. Milano si posiziona in testa a questa classifica con un calo degli spostamenti dal già basso 9% ad inizio lockdown al 3% nell’ultima rilevazione nel primo giorno di primavera. In pratica considerando 100 la quantità di spostamenti in un periodo normale, Milano in questi giorni risulta pari a 3: significa che a Milano gli spostamenti si sono ridotti del 97%. I milanesi risultano primi al mondo, mentre i romani sono all’ottavo posto. Sostenere il contrario significa Fake News.

Credits: ecomomist.com – Statistiche degli spostamenti dei cittadini a piedi e con i mezzi di trasporto pubblico nelle principali città del mondo

Ah, dimenticavo le multe. Raffica di multe contro i cittadini indisciplinati? Dall’11 marzo al 4 aprile le forze di polizia hanno controllato quasi 5 milioni di persone. Solo il 2,38% è stato multato per comportamenti scorretti: una percentuale ridicola. Sarebbe corretto dire: oltre il 97% degli italiani controllati dalle forse dell’ordine è risultato rispettare le regole anti COVID-19. 

Leggi anche:
Milano è la città al mondo dove i cittadini si stanno MUOVENDO DI MENO (Economist)
Non è colpa degli italiani se il virus non va via (Linkiesta)

Fake #4: Il numero dei contagiati comunicato nelle conferenze stampa nazionali e regionali

La Fake News ripetuta più spesso è quella sul numero di contagi. Ogni giorno vengono comunicati in conferenza stampa i dati sui contagi nuovi e totali, in Italia e nelle singole regioni. Sulla base di questi dati i giornali possono documentare il miglioramento della situazione o il suo peggioramento. Ma il numero di contagiati che viene comunicato non è assoluto: dipende dal numero di tamponi che vengono eseguiti. I contagiati in realtà sono molti di più di quelli indicati dalle cifre ufficiali: in Italia sarebbero dai quattro agli undici milioni. Un’informazione corretta pertanto dovrebbe riportare il numero di contagi insieme a quello dei tamponi eseguiti, indicando con chiarezza che i contagi si riferiscono unicamente alle persone a cui è stato fatto il tampone che rappresenta solo una piccola parte della popolazione italiana.

Leggi anche: Coronavirus, Foresti (Santagostino): «I contagiati in Italia? Sono almeno 11 milioni»
La ricerca dell’Università Statale: “I contagi reali in Italia? Potrebbero essere 5 milioni”
Il Professor Galli: “in Lombardia, ad essere ottimisti, noi abbiamo dalle 7 alle 10 volte più infettati rispetto ai dati ufficiali

Fake #5: “I soldi ci sono”

In realtà ci stanno riempiendo di debiti.

ANDREA ZOPPOLATO

Leggi anche: 5 VERITÀ che stanno emergendo sul coronavirus in Italia

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10 CASE di Milano in cui la quarantena ha un sapore particolare – IMMAGINI

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naviglio martesana
naviglio martesana

Trascorrerla qui è quasi una fortuna.

10 CASE di Milano in cui la quarantena ha un sapore particolare – IMMAGINI

#1 La casa clonata

Casa 770: via Poerio 35

casa 770 milano
Casa 770 Milano

Questo edificio gotico al 35 di via Poerio è una delle 12 case costruite nel mondo negli anni ’40 dalla dinastia di ebrei ortodossi, i Lubavitcher.
Tutto ebbe origine nell’Eastern Parkway di Brooklyn, quando il rabbino Yoseph Yitzchok Schneerson acquistò questo edificio gotico una volta fuggito dalle persecuzioni naziste.
Dopo di lui la casa fu abitata da suo genero, il rabbino Menachem Mendel Schneerson, guida del movimento Chabad-Lubavitch e fondatore dei centri di incontro delle comunità Chabad nel mondo. Da allora, la Casa al 770 di Eastern Parkway divenne la casa 770 cenacolo e cuore della comunità ebraica, così tanto che alcuni suoi componenti decisero di replicarla tale e quale in altre città.
Dunque, oggi, di Casa 770 ce ne sono nel New Jersey, a Cleveland, Los Angeles, in Canada, in Israele, in Brasile, Argentina, Australia, Cile e Ucraina.
L’unica nell’Unione Europea è a Milano, in via Poerio 35, in zona Porta Venezia dove la comunità Chabad è molto diffusa. Per una quarantena ad alto significato. 

#2 I gemelli di Piazza Piemonte

Piazza Piemonte

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I gemelli di Piazza Piemonte

New York aveva le Twin Towers, Roma ha le chiese gemelle, in Piazza del Popolo. E Milano? Ha i due grattacieli di Piazza Piemonte, o meglio, quelli che all’epoca della costruzione nel 1923, erano considerati tali.
Forse non tutti sanno che sono stati tra i primi grandi condoni di Milano: all’inizio del ‘900 il regolamento edilizio comunale non permetteva di costruire palazzi più alti di 28 metri, e i due edifici furono innalzati fino a 38 metri con una deroga concessa ‘in virtù della vastità della piazza’. Per una quarantena ribelle. 

#3 Il Liberty sopra i panini

Casa Galimberti: via Malpighi 7

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Casa Galimberti

Una delle case più fotografate di Milano in un quartiere, Porta Venezia, tra i più Liberty della nostra città, con straordinari balconi in ferro battuto e cemento, ed un androne e vano scala riportato alla luce solo alla fine degli anni Novanta del secolo scorso.
Impossibile non riconoscere questa casa decorata con immagini di donne, ramages, foglie, frutti, dipinte “a fuoco su ceramica”, tecnica che consiste nel pitturare sul prodotto già cotto e verniciato e richiede un’ulteriore cottura del pezzo.
Realizzata nel 1903-1905 dal noto architetto Malpighi con motivi decorativi dell’architetto Bossi, a volerla così furono i fratelli Galimberti, costruttori, che comprarono il terreno dove erigere la loro casa e ai quali si deve l’altrettanto famosa Casa Campanini.
I più l’hanno scoperta mossi dalla fame di un Panino Giusto nell’omonimo bistrot al pianterreno. Per una quarantena liberty.

#4 In riva alla Martesana

Villa sul Naviglio, via Tofane

casa martesana via tofane
Casa sulla Martesana, in via Tofane

Una quarantena sui Navigli? Giammai: tra zanzare e ratti passa subito la voglia. È pur vero, però, che il desiderio torna subito se si pensa a dimore storiche pieds dans l’eau, al fatto che ognuna di esse fosse un buen retiro per i ricchi patrizi prima, borghesi poi.
Questa di via Tofane, per esempio, fa parte della collezione dei gioielli immobiliari milanesi, che per l’affaccio sull’acqua e la posizione strategica che permette di vivere in un’oasi di pace pur godendo di tutti i servizi (in questo caso viale Monza è a due passi) – restituiscono ai corsi d’acqua meneghini la loro magica atmosfera. Per una quarantena sull’acqua. 

#5 Nel Quadrilatero del Silenzio

Villa Mozart: via Mozart

via mozart
Villa Mozart

Villa Mozart sorge dietro ai Giardini di via Palestro, davanti a Villa Necchi Campiglio, sopra a un giardino di quiete, a due passi dal centro. In primavera diventa verdissima, con quel nome che da solo evoca il rumore delle foglie che la avvolgono e il frinire delle cicale d’estate. Eleganza d’altri tempi, quella degli anni Trenta, epoca in cui la villa venne eretta dall’archistar dell’epoca Piero Portaluppi, e di tempi sospesi.
Se dall’altra parte della via, Corso Venezia, parte il Quadrilatero della Moda, da qui inizia il Quadrilatero del Silenzio. Per una quarantena ancora più silenziosa. 

#6 La casa a fungo

via Lepanto, Villaggio dei Giornalisti

 

casa fungo

Non siamo nel villaggio dei Puffi ma in quello dei giornalisti, in via Lepanto.
Nel quartiere della Maggiolina, dove igloo, palafitte ed esperimenti architettonici un tempo erano di competenza del comune autonomo di Greco, annesso a Milano nel 1923. Qui scelsero di abitare i giornalisti di allora. Ieri era fuori dai confini milanesi, oggi vicino al nuovo centro del business, ma sempre capace di sorprendere. Questa di via Lepanto è una delle case più pittoresche, risalente agli anni ’40 ed opera dell’ingegnere Mario Cavallè. Per una quarantena puffosa. 

#7 Il grattacielo più bello del mondo

Bosco Verticale: 20124 Milano (non c’è civico!)

7. Bosco Verticale
Premiato come il “grattacielo più bello e innovativo del mondo” dall’International Highrise Award, nel 2015, è una delle eccellenze dell’opera di riqualificazione di Porta Nuova. Simbolo di opulenza oltre che di design e sostenibilità, è il giardino più alto e iconico di Milano, che trae una delle sue fonti di ispirazione niente meno che dai Giardini Pensili di Babilonia. Per una quarantena radical chic.

#8 Il Medioevo qui e adesso

Casa dei Panigarola: Piazza dei Mercanti, 17

casa dei panigarola
Casa dei Panigarola

Il nome è quello della famiglia di notai di Gallarate, Panigarola, che conservò il suo palazzo nei secoli sino al 1741, quando si estinse definitivamente. Qui si sono vissute le vicende della storia medievale del Comune di Milano: dietro le sue grandi arcate a sesto acuto, infatti, si trovava l’Ufficio degli Statuti, “che provvedeva alla registrazione e trascrizione dei decreti ducali, degli atti pubblici e a determinare le categorie degli atti privati”. Per una quarantena come nelle grandi pestilenze. 

#9 Sopra la porta delle Colonne San Lorenzo

Colonne di San Lorenzo: corso di Porta Ticinese

Sopra la porta delle Colonne San Lorenzo
Sopra la porta delle Colonne San Lorenzo

Probabilmente una delle viste più belle e suggestive di Milano, soprattutto in questo periodo senza i rumori della movida. Alcune finestrelle si aprono su questa che è la porta meridionale di ingresso alla città, Porta Ticinese, detta anche Porta Cicca, dal momento che era l’unica delle porte cittadine ad avere una sola apertura. Pesantemente rifatta nel 1861 da Camillo Boito, che ne aprì i due fornici laterali, è uno degli ultimi vessilli della Milano romana e tardomedioevale, insieme agli archi di Porta Nuova in via Manzoni. Per una quarantena medievale. 

#10 Il Palazzo con vista Duomo

Palazzo Carminati: Piazza del Duomo 17

Palazzo Carminati, in faccia al Duomo, nel 1975
Palazzo Carminati, in faccia al Duomo, nel 1975

Diciamo che vista più vista di così non c’è. Aprire le imposte e trovarsi di fronte solo lui, il Duomo, non è davvero niente male. Il palazzo più invidiato di Milano è Palazzo Carminati, sito in Piazza del Duomo 17 – fa scena dirlo, eh?! L’edificio, eretto nel 1867 dall’industriale dell’argento Giacomo Cesati, deve il nome al ristorante al piano strada, il Carminati, “che a sua volta era subentrato alla birreria Casanova”, riportano le fonti. E’ diviso in due parti da una galleria, il Passaggio Duomo che collega la piazza con via Orefici, ma a renderlo famoso nel mondo e a farlo immortalare nelle cartoline di un secolo di storia e lustrini è stata la sua vita come “testimonial naturale“: in passato la sua facciata era decorata da luminarie pubblicitarie, insegne di caroselli, citazioni in noti film, e pure un Ernesto Calindri che, seduto a un tavolino in mezzo al traffico proprio di fronte a questo palazzo e le sue insegne caratteristiche, sorseggiava un Cynar “per difendersi dal Logorio della vita moderna“. Per una quarantena con vista Duomo. 

Foto dal web

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VILE ATTENTATO

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Foto: Andrea Cherchi (c)

Apro il frigo.

Sarò anche suggestionato dalla (ennesima) serie vista in tv, The Terror, ma ricorda proprio il circolo polare Artico. Una desolata landa di brina a perdita d’occhio. In lontananza mi pare di scorgere un orso bianco, ma potrebbe essere un vasetto di yoghurt del 1996 che ha preso vita. Yoghurt è una parola di origine turca. Te guarda. I turchi fumano molto. Sto finendo le sigarette. Dopo tre settimane di economia di sussistenza, durante le quali sono sprofondato in bassezze alimentari inenarrabili, è giunto il momento di fare una scelta: o mangio i gatti e mi fumo i loro peli, o esco là fuori ad approvvigionarmi.

Problema uno. Scegliere l’orario.

Si propone l’alternativa tra una levataccia antelucana e il tiro a caso. Consulto le app che forniscono info sulle code. I supermercati attorno a casa sono cinti d’assedio. Sommando le code, si copre la distanza tra la terra e la Luna e ritorno. Orario sbagliato, opto per la levata.

Problema due. Dispositivi di protezione.

La maschera antigas della battaglia della Somme, strappata ad un collezionista alla Fiera di Novegro dopo una trattativa sefardita, è un po’ vistosa. Ma non ho alternative. Ho una preziosissima mascherina ffp3 di contrabbando ma vorrei tenerla per un’occasione speciale, per fare colpo. I guanti di lattice ordinati su Amazon arriveranno a metà luglio, vada per i minuscoli Vileda della colf, che mi fanno due manine da mostro, e chi s’è visto s’è visto.

Problema tre. La macchina.

Da bravo milanese, non la uso mai. Sempre usato (nell’ordine) la moto, il car sharing, i piedi, i gomiti e in fondo (ma proprio in catene), il tram. Sicché ad un certo bel momento l’ho venduta. Poi, da bravo quasi cinquantenne, mi sono regalato un’auto d’epoca. Molto vistosa. Forse troppo. Diciamocelo, una pacchianata imbarazzante e piena di rogne. Per intenderci, chiama “papà” il meccanico, a me dà del lei. La domanda è: partirà, la stronza, o mi toccherà trascinare sei tonnellate di derrate alimentari sulle spalle? 

Un’ora all’alba. Suona la sveglia.

È buio pesto.

Mi alzo. Donna Adelaide e il Benny interrompono per un istante il flusso del reciproco odio e mi fissano straniti. Sto per affrontare, per la prima volta da settimane, il mondo là fuori. Devo essere sincero, sono un po’ emozionato. Avverto la netta sensazione di non avere niente da mettermi, manco stessi andando a qualche appuntamento galante. Opto per un full black (che snellisce ma, constato mio malgrado, non fa miracoli) e infilo la maschera antigas. Chernobyl. 

Prevedendo una spesa reggimentale, acchiappo ogni sorta di sacco, carico tutto in spalla e scendo le scale. L’ascensore è stato riparato ma, come tutti i trabiccoli di questi palazzi borghesi, è una specie di credenza vetrata che fa un rumore d’inferno. Lo evito. Il cortile è buio pesto. Qualche uccellino in smart working attacca a twittare in lontananza (sto impazzendo). 

Attraverso circospetto il cortile,

diretto al corsello dei box intravvedo, all’angolo opposto, un’ombra sgusciare furtiva dal portone della scala A. L’ombra costeggia il muro circospetta. Si ferma un istante. Non so chi sia. Si volta, dà un’ultima occhiata all’unica finestra illuminata al terzo piano della scala A. Poi svanisce, con un balzo, dietro la siepe di pitosforo.

Terzo piano scala A. Mistero. Milano è una metropoli composta da quartieri composti da isolati composti da condomini composti da scale: una matrioska di mondi, tutti impermeabili tra loro. Al terzo piano della scala A, per quanto ne so, potrebbe esserci un latitante, un ristorante indiano o un museo di bambole sudafricane. Hic sunt leones. L’isolamento rende curiosi, al limite del pettegolo. Cosa che odio. 

Ma non riesco a sottrarmi. Mentre scendo ai box, continuo a chiedermi chi abiti al terzo piano della scala A e chi fosse l’ombra che prima dell’alba ha attraversato il cortile. E soprattutto perché. Tresca? Furto? Apro la saracinesca del box cercando, coscienziosamente, di far meno rumore possibile. La nicchia vuota, in cui tenevo il distillatore requisito dal Lauria, è una stilettata al cuore. Salgo nel trabiccolo che, ovviamente, non ha la minima intenzione di mettersi in moto al primo colpo. Svariati tentativi dopo, ai limiti del soffocamento da monossido di carbonio, finalmente uno o due cilindri sembrano mostrarsi collaborativi, vengono raggiunti dagli altri dieci e la carretta è finalmente in moto. 

Scendendo dall’auto per chiudere la cler,

mi chiedo se non sia un po’ da stronzi uscire all’alba a far la spesa con una Jaguar E-Type del 1966 che da sola inquina come Shangai all’ora di punta, con una maschera antigas del 1916 e i guanti gialli della Vileda, ma non ho tempo di approfondire il ragionamento perché m’arriva una legnata sulla nuca e stramazzo al suolo incosciente.

Non ho idea di quanto tempo sono rimasto in quello stato. Al risveglio sono circondato dai ragazzini del palazzo che aspettano la Pescantini per la ginnastica mattutina. Tre di loro sono nella Jaguar a farsi selfie. Ho un mal di testa infernale. Una bambina di tre o quattr’anni, forse la figlia dei Bajo, sta fissando la mia maschera antigas. Sei un marziano”? 

Finalmente arriva la Pescantini. “Avvocato ma che succede? ragazzi in riga! si sarà mica fatto male…  voi! Fuori dalla macchina! Vuole che chiami l’ambulanza? Tu! Sputa la cicca! Mi raccomando non si muova! E tu cosa credi di fare, ragazzina? Avvocato non si addormenti! Forza voi, corsa sul posto! Aiuuuuuto!!!”

Attratto dalle urla disumane della Pescantini,

accorrono l’Ettore e l’Enrico Bajo – il primo è l’enorme alano del secondo. L’Ettore trasuda bava come la Fontana di Trevi e m’inonda le lenti della maschera antigas. Eccitato dalla corsa sul posto dei ragazzini, fa avanti e indietro abbaiando lungo il corsello dei box. Mi esplode la testa. Mi metto cautamente a sedere e mi tolgo la maschera antigas sbavazzata dall’alano. È mattina fatta, sarò stato svenuto almeno due ore. Minchia che dolore.

“Ma che è successo”?

“Ma che ne so, stavo tirando fuori la macchina per andare a far la spesa, sono sceso per chiudere la cler e qualcuno mi ha tramortito”.

“Ha idea di chi possa essere stato? Le hanno rubato qualcosa”?

Cazzo non ci avevo pensato. Frugo e tasto, tasto e frugo, ma è tutto al suo posto. “No, dico, non m’hanno rubato nulla”.

“Strano”.

“A pensarci bene però…”

Sopraggiungono alla spicciolata altri condomini.

“Stamattina prima dell’alba ho visto qualcuno nel cortile. Qualcuno che chiaramente non voleva essere visto”

“Forse un ladro!”

“Può darsi… strano però che non mi abbia rubato niente”.

“Dove l’ha visto”?

Troppe facce. Troppa gente. Troppe campane nella testa. Meglio tacere. “Scusate, devo andare a fare la spesa”.

Arriva il Lauria, tutto ciabatte e catarro. “Circolare, circolare… che succede”?

“Terzo piano scala A”, gli sussurro.

“Cioè?”

“Ho visto qualcuno uscire dalla scala A prima dell’alba e nascondersi dietro la siepe. L’unica finestra illuminata era al terzo piano, prima di sparire s’è fermato a guardarla. Penso abbia capito che l’ho visto ed è venuto qua a sistemare i conti”.

“Sa chi sia”?

“No”.

Faccio per alzarmi quando accorre trafelato il Longo,

il gastronomo / gioielliere del Quadrilatero. È paonazzo, il ciccione. “Tel là!”, mi indica ai due poliziotti che l’accompagnano con le loro brave mascherine e a debita distanza, “’l’era adrè a rubà la giaguar de l’aucàt”! 

Breve spiega, veramente l’avvocato sono io e questa è la mia macchina, stavo uscendo all’alba per andare a far la spesa quando qualcuno m’ha tramortito, ha idea di chi possa essere stato, no guardi, ne stavamo giusto parlando, e nel frattempo il Longo sbianca.

Ostia, sunt sta mì, pensavi che l’era un lader, el gh’aveva anca el sac… me spias…”, mormora desolato. 

Scopro in quel momento di essere stato tramortito con un Patanegra Cinco Jotas da cinquecentoventinove Euro che il Longo, sempre mattutino, aveva appena prelevato dalla sua cantina blindata per, confesserà poi, portarlo alla serata della bisca clandestina nell’appartamento vuoto degli Schaeffer. A rigore, l’arma del delitto andrebbe confiscata, ammiccano i poliziotti, ma lo sguardo accasciato del Longo, manco gli stessero togliendo un rene senza anestesia, li induce a desistere.

“Vuole fare denuncia”?

“Ci mancherebbe, devo anche andare a fare la spesa, va bene così”.

“Ma non ci pensi neanche, ghe pensi mi”! e il Longo, mosso a pietà, si offre di fornirmi tutti i vettovagliamenti necessari, sigarette comprese.

Soltanto in quel momento mi avvedo che tutti i ragazzi e la Pescantini si sono dileguati.

Saranno asserragliati nel garage dei Comolli. Bisogna assolutamente allontanare i poliziotti. Li accompagno all’uscita rassicurandoli mentre il Longo si offre di rimettere a posto l’auto, che ovviamente s’accende al primo colpo, la gran zoccola. 

Rientro a casa a farmi un caffè. Tempo un’ora suonano al citofono. E’ il fattorino della premiata “Tana del Ghiottone degli Eredi Longo in Milano dal 1923”, che porta con sé tre casse piene di ogni ben di dio, due cartoni di Bolgheri e due stecche di sigarette. Il quarto Re magio. Il Longo s’è fatto perdonare in modo superbo.

L’ombra che ho visto non poteva certo essere lui, che a dispetto del suo cognome è una boa. 

C’è qualcuno che gira nottetempo nel condominio, forse con oscuri propositi.

C’è da indagare, ma ho la ghiaia nella testa. 

Ci penserò al risv…

(CONTINUA DOMANI)

ANDREA BULLO

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