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🔴 Sala: “Nuova TIM? Non intendo occuparmene”. Ma il Fatto rilancia: “Per Milano sarà derby tra i due Pier”

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Credits: huffingtonpost.it - Beppe Sala

La botta era uscita lunedì con Il Fatto che aveva pubblicato in prima pagina: “Sala, addio a Milano“, in cui scriveva che il sindaco nell’incontro con Beppe Grillo avrebbe manifestato la sua intenzione di lasciare Milano per diventare CEO della “nuova TIM”, la società a capitale pubblico che dovrebbe gestire la rete di telecomunicazioni in Italia. Oggi arriva la smentita del sindaco in un’intervista a Repubblica. Ma Il Fatto rilancia: il sindaco è “stanchino”, per Milano sarà derby tra i due Pier, Majorino e Maran. “Già pronti a sostituire il sindaco”. 

Sala: “Nuova TIM? Non intendo occuparmene”. Ma il Fatto rilancia: “Per Milano sarà derby tra i due Pier”

In un’intervista a La Repubblica, il sindaco torna a parlare dell’incontro con Beppe Grillo e chiarisce che “non abbiamo mai parlato di alleanze elettorali che riguardino Milano. Ci confrontiamo a tutto campo sui temi dell’ambiente, delle reti, dello sviluppo digitale, che m’interessano molto. Oggi più che mai servono infrastrutture e servizi che portino a una vera evoluzione nell’istruzione, nella telemedicina, nella sicurezza. Siccome sto riflettendo sulla mia possibile ricandidatura a Milano, m’interessa sviscerare alcuni argomenti cruciali. E vedere cosa io posso o non posso fare come primo cittadino della città più internazionale d’Italia e del motore economico e sociale del Paese”.

Sulla ricandidatura deciderà non prima delle regionali ed è scettico sull’alleanza PD-M5S a Milano

Sala smentisce poi la notizia pubblicata da Il Fatto, dicendo che non intende occuparsi delle reti TIM e che deciderà se ricandidarsi “Non prima delle elezioni regionali. Intanto vediamo se, come dice Salvini, il centrodestra ha candidati forti pronti a correre”. Si dice inoltre contrario a un’alleanza elettorale a Milano tra PD e M5S: “A parte i numeri, probabilmente un patto non avrebbe molto senso, anzi penso sia giusto che loro facciano la loro proposta per Milano” e rilancia l’importanza delle città e dei territori: “Le alleanze hanno bisogno di una legittimazione alle latitudini interessate. A mio parere, il coinvolgimento dei territori è oggi una condizione minima indispensabile nella costruzione di una coalizione che possa vincere e governare bene. Sono le città ad avere un ruolo chiave in questa fase. È anche e soprattutto nei territori che si elabora una visione comune e di sviluppo per l’intero Paese”.

Su Conte: sia meno romanocentrico

Nell’intervista Sala si esprime anche su Giuseppe Conte. “Non lo sento molto, ma il nostro rapporto è genuinamente cordiale. Ha lavorato bene, soprattutto a livello internazionale. Gli chiedo una cosa che chiedo a tutto il Governo. E cioè di non indulgere in una visione eccessivamente romanocentrica. Il Paese cambierà se il Nord ci crederà e sarà il Nord l’area test del necessario ammodernamento del nostro ‘vecchio’ Paese”. Per Sala “Bisogna rispondere con competenza e creatività a questo cambiamento d’epoca”.

Fonte: Affaritaliani

Ma Il Fatto insiste: per Milano sarà derby tra i due Pier

Mentre la Repubblica pubblica la smentita di Sala, Il Fatto insiste con un nuovo articolo lanciato con un richiamo in prima pagina: Milano, Sala è “stanchino”. Nel Pd la guerra dei 2 Pier.

Il Fatto scrive che: “Nessuno, nelle stanze della politica milanese, si è stupito per l’articolo del Fatto quotidiano che due giorni fa raccontava che Giuseppe Sala non ha voglia di ricandidarsi per il secondo mandato a sindaco di Milano. “È un segreto di Pulcinella”, dice un giovane esponente del Pd (….).

Ribadisce che a Sala: “gli piacerebbe molto tornare a fare il manager in un business strategico come le telecomunicazioni, alla guida della Tim 2 che potrebbe nascere dallo scorporo delle reti Telecom, sotto la regia di Cassa depositi e prestiti. (…)

In particolare secondo Il Fatto il sindaco sarebbe in cerca di alternative a quella del sindaco: “Sta dunque considerando anche altre alternative a Palazzo Marino, più politiche. È disponibile ad andare a Roma a fare il ministro in quota Pd, nel caso di un prossimo rimpasto di governo. È tentato comunque dal giocare un ruolo politico nazionale, diventando per il Partito democratico – oggi molto “sudista” – il punto di riferimento per un fronte del Nord: non gli dispiacerebbe insomma essere per il Pd di Nicola Zingaretti quello che Luca Zaia è per la Lega di Matteo Salvini”. (…)

In lizza i due Pier con la variabile De Cesaris: “Se corre per il secondo mandato, la coalizione che lo sostiene resterà unita, Pd, civici, renziani di Italia viva, radicali, Più Europa…; se imboccherà altre strade, l’al le an za salta e ognuno farà il proprio gioco. Ada Lucia De Cesaris, già vicesindaco di Giuliano Pisapia con ambizione (frustrata) alla sua successione, è pronta a candidarsi come sindaco. Per piantare la bandiera di Italia viva a Milano, ma soprattutto per non lasciare la strada tutta in discesa ai “due ragazzini” del suo ex partito, il Pd: Pierfrancesco Majorino e Pierfrancesco Maran. Sono “i due Pier” già pronti a sostituire “Beppe”. Le primarie potranno essere arricchite da altri partecipanti possibili, come (sull’ala sinistra) Paolo Limonta, maestro e assessore alla scuola, e (sull’ala destra) Anna Scavuzzo, vicesindaco di Sala e assessore alla sicurezza.

Fonte: Milano, Sala è “stanchino”. Nel Pd la guerra dei 2 Pier (Il Fatto Quotidiano)

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🔴 CTS: tutti a scuola con la MASCHERINA anche al banco. Si toglie solo per l’INTERROGAZIONE

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Marcia indietro del Comitato Tecnico Scientifico. I nuovi banchi fatti produrre apposta del Governo, con una spesa per i contribuenti di circa 3 miliardi di euro, non sono sufficienti. A tutti gli studenti dai sei anni in su verrà imposto l’obbligo di mascherina anche quando sono in classe. Unica eccezione: potranno toglierla durante le interrogazioni. Il Governo già all’opera: verranno distribuite in tutte le scuole 13 milioni di mascherine al giorno. A spese dei contribuenti. 

🔴 CTS: tutti a scuola con la MASCHERINA anche al banco. Si toglie solo per l’INTERROGAZIONE

«Ai ragazzi sopra i sei anni sarà chiesto di usare la mascherina. Ci saranno delle condizioni particolari, come ad esempio l’uso o non uso della mascherina per una ragazzo o una ragazza non udente, per un bambino o una bambina con delle difficoltà neurologiche o psicologiche oppure durante l’interrogazione» ha dichiarato al Corriere della Sera il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, prima della riunione del CTS che dovrà discutere di scuola. «Ovviamente non c’è la mascherina a mensa o mentre si fa ginnastica, però l’indicazione è di utilizzarla».

Un’altra marcia indietro: anche se gli ospedali si svuotano e i decessi calano, aumentano le restrizioni anti Covid

Anche se i dati clinici si fanno sempre più incoraggianti, con gli ospedali che si svuotano e la letalità diminuisce, si tratta questa di un’altra marcia indietro rispetto alle aperture di una settimana fa quando la ministra Lucia Azzolina aveva annunciato che quando gli studenti sono al banco possono toglierla. Ma per il Cts questa è una precauzione che va mantenuta, anche per i bambini delle elementari. Per ora niente deroghe come invece speravano anche insegnanti e presidi. Il Governo si dice già pronto: il commissario Domenico Arcuri farà distribuire 11 milioni di mascherine al giorno alle regioni che le faranno pervenire alle scuole. Tutte gratis, ossia a spese dei contribuenti. 

In caso di positivi, quarantena per tutta la classe o per l’intera scuola

Miozzo ha chiarito anche le disposizioni in caso di positività rilevata su uno studente: no alla chiusura di tutta la scuola, ma quarantena per i compagni e i prof del contagiato. Miozzo ha così spiegato: «Oggi pomeriggio il comitato tecnico scientifico discuterà del documento elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Inail che è il documento che dice come dobbiamo affrontare i casi, che sicuramente ci saranno. Abbiamo otto milioni di studenti e due milioni di persone che lavorano, non possiamo immaginare che non avremo un caso, due casi o dieci casi. Questo è quasi una certezza. Ma un caso non vorrà dire chiudere le scuole di un paese, della regione o della provincia. Bisognerà di volta in volta esaminare il contesto, la specifica situazione e se necessario mettere in quarantena una classe o se necessario mettere in quarantena l’intera scuola. Questo sarà discusso di volta in volta con le strutture sanitarie locali e con il dirigente didattico e di volta in volta verrà studiata la soluzione più opportuna».
Fonte: Cts: a scuola dai sei anni tutti con la mascherina. Si toglie solo per l’interrogazione (Corriere della Sera)

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MOVIDA: le 7 IDEE più ORIGINALI per non rinunciare al divertimento ai tempi del coronavirus

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Credits: milanoevents.it

Nato in Spagna alla fine degli anni Ottanta per indicare il ritorno ad un clima sociale e culturale vivace dopo la fine del regime franchista, il termine “movida”, utilizzato nel suo significato più ampio per definire la “vita serale e notturna di una città”, è tornato alla ribalta con la fase 2 e la riapertura di bar e ristoranti, diventando il capro espiatorio perfetto per le mancanze della politica.

Nel giorno in cui il TAR conferma la chiusura delle discoteche decretata dal governo e in questa fine estate di mascherina anti movida dalle 18 in poi, proviamo a proporre alcune idee innovative e, forse, stravaganti per non perdere il gusto del divertimento in compagnia. Dimentichiamoci i tristi divisori in plexiglass e i manichini o le sagome cartonate dei divi di Hollywood e scopriamo i trucchi più divertenti escogitati per mantenere le distanze di sicurezza.

Movida: le 7 idee più originali per non rinunciare al divertimento ai tempi del coronavirus.

#1 I galleggianti da piscina

Credits: dissapore.com – Cappelli distanziatori

Metodo veloce e divertente ideato da un bar tedesco e successivamente elaborato dal designer americano Ropesforrescues.com. In pratica si tratta di prendere dei classici cappelli da turista e attaccarci sopra due galleggianti da piscina, in modo da creare una raggiera di un metro per parte. I galleggianti possono essere anche indossati dalle persone, ad esempio su uno zaino, per segnalare agli altri il limite da non superare.

Fonte: Dissapore.com

#2 I cappelli-frisbee

Credits: bianchiarchitettura.it – Cappelli frisbee

In questo caso l’idea è dello studio lombardo BianchettiArchitettura, che ha ideato un estroso copricapo, chiamato appunto Movida, formato da un anello o frisbee in grado di delimitare un’area di 50 cm. Se indossato da tutti i partecipanti ad un evento, il cappello frisbee consentirebbe di incontrarsi e mantenere allo stesso tempo la distanza di sicurezza di un metro.

Fonte: Bianchi Architettura

#3 La maschera da ristorante

Credits: archiportale.it – Maschere da ristorante

Divertente, originale e anche riutilizzabile, Soffio è una maschera protettiva gonfiabile da indossare durante il pasto. Nato dalla collaborazione tra Alessio Casciano Design di Roma, i milanesi di MARGstudio e Angeletti Ruzza Design di Rieti, Soffio è formato da una visiera che permette di mangiare e di bere ma allo stesso tempo crea una barriera protettiva che evita lo spargimento delle ormai famose goccioline di droplet.

Fonte: Archiportale

#4 Le scarpe per il distanziamento sociale

Credits: tg24.sky.it – Scarpe per distanziamento sociale

Di necessità virtù. E cosi Grigore Lup, artigiano romeno specializzato in calzature per ballerini e attori in forte crisi a seguito della pandemia, si è inventato una calzatura dalla punta allungata capace di limitare la vicinanza tra le persone. Le scarpe, del costo di circa 100 euro, misurano 50 cm e permettono quindi di mantenere il metro di distanza tra le persone. L’invenzione di Grigore ha ricevuto l’attenzione dei media internazionali e ora il calzolaio sta ricevendo ordini da tutto il mondo e spera cosi di mantenere in vita la sua bottega.

Fonte: Sky Tg24

#5 La Distance Dance con bastoni, nastri e stecche

L’idea arriva da Amsterdam ma è già stata ripresa in tutto il mondo e i proprietari di locali famosi così come gli organizzatori dei maggiori eventi l’hanno già fatta loro. Basta semplicemente distanziare le persone con dei cerchi spruzzati a terra per ballare senza paura del Covid. Più rustica la scelta di alcuni raver in Slovacchia, che per mantenere le distanze hanno suddiviso il dance floor in tanti quadrati usando bastoni, stecche e nastro.

Fonte: 105.net

#6 Le isole galleggianti

Credits: sport.sky.it – Isole galleggianti

L’idea riprende il concetto delle del Parkipelago di Copenhagen, un insieme di isole galleggianti nate con lo scopo di aumentare gli spazi pubblici fruibili per i cittadini. Lo studio di architettura e design milanese Evastomper ha rielaborato quest’idea e creato Lido, un sistema di isole galleggianti di varie dimensioni e dotate di diversi optional da realizzare al largo delle coste italiane per vivere il mare senza però rinunciare al divertimento e al relax e rispettando il distanziamento sociale.

Fonte: Sky Sport  

#7 La tuta per tornare in pista da ballo in sicurezza

Credits: milanoevents.it

Dimenticate i tacchi a spillo e le minigonne, quest’inverno si tornerà a ballare con un dress-code che viene direttamente dalla Luna. Production Club, azienda di Los Angeles specializzata nell’ideazione di atmosfere e installazioni per l’industria musicale, ha realizzato Micrashell, una tuta protettiva in polifelinetere con casco ermetico e guanti integrati che costituisce un vero e proprio dispositivo di protezione individuale anti-Covid. Qualcuno forse storcerà il naso pensando di dover ballare cosi bardato, ma potrete sempre fingere di essere uno dei Daft Punk, in missione speciale per animare la vita notturna della vostra città.

Fonte: Milano Events

LAURA COSTANTIN

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Zaia: “Ogni mille positivi ci sono tre sintomatici”

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Da giorni insieme ai dati clinici ufficiali sul Covid, poniamo alcune domande aggiuntive per poter valutare meglio i contagi. In particolare su che sintomi hanno e quanti di questi sono in condizioni preoccupanti o si possono considerare a rischio della vita. Nella consueta conferenza stampa in Veneto Zaia ha dato qualche dettaglio in più sui positivi. E il dato è ancora più incoraggiante sull’uscita dall’emergenza sanitaria anche se c’è un errore di calcolo. 

Zaia: “Ogni mille positivi ci sono tre sintomatici”

Dalla conferenza stampa di Zaia del 17 agosto.

Gli ospedali si sono svuotati

«Sono quasi un milione e 400mila tamponi eseguiti finora e 1,2 milioni di test rapidi. Dal 18 maggio ad oggi abbiamo avuto una ventina di positivi al giorno: 21.256 da inizio pandemia, 18.950 il 18 maggio. Gli isolamenti sono oggi 6.394 mentre il 18 maggio erano 3.870 e questo è il risultato di un serrato contact tracing. A maggio il numero dei ricoverati era di 541 oggi sono 119, quindi gli ospedali si sono svuotati, ma il dato più significativo è quello delle terapie intensive: oggi sono 5, il 18 maggio erano 51. Significa che facciamo una grande attività di indagine del virus, spesso lo troviamo ma abbiamo dati confortanti sull’impatto sulle strutture sanitarie, questo non significa che bisogna abbassare la guardia»

Dei 1.634 positivi solo 65 hanno sintomi

«Sono 6.394 gli isolati mentre le persone attualmente positive sono 1.634. Significa che il 25 per cento degli isolati sono positivi. Delle persone attualmente positive sono solo 65 con sintomi, vale a dire lo 0,03 per cento*, vale a dire tre sintomatici ogni mille positivi. Il virus quindi c’è e non bisogna sposare teorie complottiste o fare la festa della liberazione, ma le cose sono cambiate. Vanno valutati anche i sintomatici, che sono spesso paucisintomatici e la cui carica virale è più bassa del previsto tanto che ci sono coppie, persone che vivono insieme, di cui uno positivo e l’altro no. Anche di un’età avanzata».

Nota: *in realtà è poco meno del 4%. ossia ogni 100 positivi ci sono 4 con sintomi. 

Lockdown? Con questi numeri sarebbe una scelta delinquenziale

«La situazione può cambiare da un momento all’altro e in questa incertezza devo sempre lavorare come se domani ci fosse un attacco del nemico. Se mi dite lockdown con questi numeri sono d’accordo anch’io che sarebbe una scelta delinquenziale»

Fonte: L’Arena

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La via MILANESE alla scuola: i BANCHI nuovi li hanno costruiti gli STUDENTI insieme a genitori e INSEGNANTI

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Credit: corriere.it

Da una scuola di Milano arriva un’alternativa alla linea decisa dal governo su cui ancora c’è l’incognita delle centinaia di banchi da fare produrre e inviare alle diverse scuole per ripartire in sicurezza a settembre. Invece di attendere alla scuola Steiner di Milano si sono messi all’opera per produrre da soli i banchi coinvolgendo falegnami della zona. Ecco questa storia che suggerisce una domanda: se al posto dell’accoppiata Azzolina- Arcuri avessimo chi ha deciso questa iniziativa, l’Italia non sarebbe un posto migliore (almeno per la formazione dei nostri ragazzi)?

La via MILANESE alla scuola: i BANCHI nuovi li hanno costruiti gli STUDENTI insieme a genitori e INSEGNANTI

Estratti da Milano, alla scuola Steiner i banchi nuovi li hanno costruiti gli studenti (Gaia Terzulli per il Corriere della Sera)

Genitori e maestre di una scuola di Milano dimostrano che quando si vuole una cosa si trovano i mezzi per realizzarla. Da luglio la scuola Steiner di Milano si è trasformata in un atelier di falegnami e artisti che hanno costruito 200 banchi singoli in legno d’abete. «L’idea è nata all’interno di una commissione riapertura composta da insegnanti e genitori», spiega Tiziana Zoncada, maestra di Falegnameria nelle classi sesta, settima e ottava (prima, seconda e terza media) della scuola. «Calcolando le metrature e pensando alle norme sul distanziamento, ci siamo resi conto di non poter più utilizzare i banchi doppi che avevamo in dotazione. Avremmo potuto mantenerli smembrando le classi, ma sarebbe stato deleterio per la loro stessa unità. Così, ci siamo messi a rifarli noi, da zero».

Sei ruote e ergonomico, ecco banco singolo anti-covid voluto dal governo (da Skytg24.it)

La scuola si è trasformata in una falegnameria

Come riporta l’articolo del Corriere, “la maestra Zoncada ha portato la sua idea in una segheria e ne è uscita con un prototipo di banco con tutte le istruzioni per il montaggio. «Un po’ come per un tavolo Ikea», spiega. Il legno l’ha fornito una ditta di bioedilizia, la Galimberti, che per circa 30 euro a banco ha consegnato a Tiziana il materiale da assemblare. La «fabbrica» si è messa subito in moto. Per due settimane la scuola Steiner è rimasta aperta mattina e sera per consentire alle maestre e a circa 60 genitori di lavorare. In sicurezza – distanziati e protetti da mascherine – e per la sicurezza dei ragazzi, che tra poco meno di un mese siederanno dietro banchi nuovi ed ecologici. 

“Questo è il ritorno a scuola che ci immaginavamo da genitori”

«Un conto è avere un tavolo di plastica o di fòrmica, un conto è averlo in legno, che è un materiale vivente e si può riutilizzare come scrivania per i bambini a casa», sostiene la maestra sempre sul Corriere della Sera. «Nella nostra scuola siamo tutti coinvolti in una grande azione volitiva: alunni, famiglie e maestre». (…)

 Katia, mamma di un’alunna steineriana e protagonista del laboratorio di falegnameria, lo conferma soddisfatta: «È stata un’impresa coinvolgente, soprattutto all’inizio, nella fase di assemblaggio, che è la più fisica. Levigare il legno, rifinirlo nei dettagli e oliarlo non è stato meno faticoso, ma il risultato è impagabile». (…)

Sonia, anche lei mamma di allievi della Steiner, lo dice fiera mentre dipinge: «Questo è il ritorno a scuola che ci immaginavamo da genitori».

Articolo originale: Milano, alla scuola Steiner i banchi nuovi li hanno costruiti gli studenti (Gaia Terzulli per il Corriere della Sera)

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Le incredibili TERRE BALLERINE: a un’ora da Milano la natura DANZA sotto i piedi (VIDEO)

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Nel Lago Coniglio, nei pressi del piccolo bosco di Montalto Dora, succede un fatto all’apparenza incredibile: la terra danza sinuosa al passaggio dei nostri piedi. Scopriamo cosa si nasconde dietro questo mistero.

Le incredibili TERRE BALLERINE: a un’ora da Milano la natura DANZA sotto i piedi (VIDEO)

Nei pressi del piccolo bosco di Montalto Dora sulla strada per Aosta, non lontano da Ivrea, sopra quello che una volta era il Lago Coniglio, si trova un luogo davvero curioso dove il terreno e le piante sembrano danzare al nostro passaggio, al punto da essere state soprannominate “Terre Ballerine”. Se non ci credete, il video in fondo all’articolo ne è la prova.

Questa strana caratteristica del terreno, un’elasticità oltre misura che fa in modo che saltandoci sopra sembra di essere sopra un enorme materasso elastico è dovuta alla struttura geologica della zona. Infatti il terreno su cui è cresciuto il bosco è una torbiera, in poche parole un lago esaurito sul cui fondo si sono depositati nei decenni vegetali, animali morti ed altro materiale organico. L’assenza di ossigeno ha poi fatto il resto, trasformando il lago in uno stagno, poi in palude ed infine appunto in questa torbiera. Il materiale organico insieme al residuo strato di acqua sul fondale è la causa di questo effetto danzante del terreno.

# Il prosciugamento del Lago Coniglio alla fine del ‘900

Il Lago Coniglio si è prosciugato all’inizio solo in modo naturale, poi a causa dell’industrie di siderurgia di proprietà della famiglia Mongenet che si serviva della torba per far funzionare i suoi impianti, nel 1895 venne prosciugato definitivamente dalla mano dell’uomo. Questa attività fece scoprire la presenza nell’antichità, a cavallo tra il 1400 e l’800 a.C., di un villaggio di palafitte grazie al ritrovamento di alcuni reperti archeologici tra cui un’ascia, una spada ed una piroga.

# Quando le precipitazioni erano copiose, gli alberi si “esibivano” in delle vere danze

Fino a qualche tempo fa quando le precipitazioni in questa zona erano più copiose, gli abitanti del luogo hanno testimoniato di avere assistito a degli spettacoli naturali senza precedenti con alberi anche di alto fusto che ondeggiavano come se fossero appunto su un enorme materasso gommoso. Non rimane altro che provare la sensazione di camminare su queste “Terre Ballerine”, premurandovi di tanta pazienza e di una mappa perché il luogo è tanto magico e surreale quanto nascosto alla vista tra sentieri, laghi e vegetazione.

# Un bosco “magico” a pochi passi da Ivrea

 

Fonte: Guida Torino

Leggi anche: 7 MERAVIGLIE NATURALI poco conosciute nel NORD Italia

 

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Sondaggio: a Milano preoccupa più l’emergenza ECONOMICA (66%) di quella SANITARIA (34%)

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“Che cosa vi preoccupa di più: l’emergenza sanitaria o l’emergenza economica?” Risultato? I votanti identificano a grande maggioranza, con il 66%, l’emergenza economica come il problema più grave rispetto all’emergenza sanitaria. Una preoccupazione che mostra una necessità dei milanesi divergente rispetto alla priorità del Governo. Ma vediamo i numeri e alcuni commenti abbinati al sondaggio. 

Sondaggio: a Milano preoccupa più l’emergenza ECONOMICA (66%) di quella SANITARIA (34%)

Un sondaggio che ha raggiunto in 24 ore oltre 8.000 persone su Facebook. La grande maggioranza di chi ha votato (66%) si è espressa in modo netto: la preoccupazione più grande è per l’emergenza sanitaria, molto di più di quella economica. Un risultato a sorpresa soprattutto perchè in contraddizione con la linea dominante nel governo di Roma che sta concentrando tutti i suoi sforzi per affrontare l’emergenza sanitaria. A spese, per molti, dell’economia. Ma vediamo qualche commento significativo. 

# I cinque commenti più significativi (e più apprezzati dai lettori) emersi del sondaggio 

“l’emergenza democratica non c’è come terza alternativa?” (Alberto Aprila)

“Con lo smart working applicato dalle aziende temo che Milano diventerà più che città stato una piccola cittadina di provincia…..” (Italo Paolini)

“Con circa 50 persone in terapia intensiva, gli ospedali sotto controllo e la quasi totalità dei nuovi contagiati asintomatici è davvero difficile parlare di “emergenza sanitaria”. C’è stata, ora è giusto essere prudenti perché non sappiamo cosa può accadere in inverno, smettendola però con l’informazione terroristica, perché questa si che aggrava l’emergenza economica, che invece è purtroppo tangibile e disastrosa” (Alessandro Gramegna)

“L’emergenza economica è correlata all’emergenza sanitaria, se fermiamo quella sanitaria aiutiamo quella economica de non fermiamo quella sanitaria i soldi finiscono” (Fabrizio Antigo)

“L’ignoranza in cui cresceranno i nostri figli se non li rimandiamo a scuola e danni psicologici che ai porteranno dietro x anni” (Sara Cignolini)

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🔴 Sala, ADDIO a Milano (prima pagina del Fatto)

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Nel giorno dei funerali della madre, Stefania Beretta, che è venuta a mancare improvvisamente, il sindaco di Milano appare sulla prima pagina del Fatto Quotidiano. Lo scoop: Beppe Sala non si ricandida ma dirigerà la nuova società di gestione della rete unica telefonica. 

🔴 Sala, ADDIO a Milano (prima pagina del Fatto)

Il primo segnale: i tentennamenti

Milano è stata trasformata dall’emergenza Covid. In particolare è stata rivoluzionata la percezione dei cittadini nei confronti del sindaco. Mentre fino a gennaio Beppe Sala era saldo al comando di una città che volava e i cittadini sembravano compatti a spingerlo verso una sua rielezione, tutto è cambiato. L’emergenza ha mostrato una città ben più fragile di quello che sembrava e responsabilità di questo non poteva che essere attribuita anche al suo sindaco, lui stesso che in questa vicenda ha finito con l’occupare spesso più un insolito ruolo da comprimario che da leader della città motore del Paese. In breve, è apparso travolto dagli eventi. Sembra che se ne sia reso conto, tanto che è cambiato il suo atteggiamento anche in pubblico. Non ha fatto mistero delle sue perplessità a proseguire il percorso da sindaco, sottolineando lui stesso di non essere sicuro di avere le caratteristiche adatte a guidarla in un futuro incerto e, probabilmente, di crisi. In un sondaggio eseguito nei giorni scorsi sulla fan page di Milano città stato, il risultato conferma le titubanze dei milanesi: secondo il 56% di chi ha votato, Sala farebbe meglio a non ricandidarsi. 

Il secondo segnale: l’incontro con Grillo

Nei giorni scorsi ha fatto molto scalpore l’incontro di Sala con Beppe Grillo, nella sua casa in Toscana. Il sindaco ha smentito di aver parlato di politica locale. Non è un mistero che il leader del movimento 5 stelle, prima forza di governo, stia premendo come priorità strategica per il paese per la creazione di una nuova TIM per la gestione della rete unica telefonica nazionale. Un nuovo colosso delle comunicazioni di matrice pubblica. 

La prima pagina del Fatto

Il cerchio si chiude il 18 agosto. Il Fatto Quotidiano, il giornale più legato a Grillo e al movimento 5 Stelle, dedica la prima pagina a Beppe Sala. Secondo il quotidiano, il sindaco molla Milano e sarà proprio lui a guidare la nuova creatura destinata a trasformare il panorama delle telecomunicazioni nel Paese. 

Si tratta di riprendere il percorso di manager che da sempre è appartenuto alle sue corde, da Pirelli ad Expo, passando attraverso l’esperienza di city manager di Milano nella giunta Moratti. Spesso il sindaco si è prodigato di smentire indiscrezioni che non fossero rispondenti al vero. Vedremo se accadrà anche in questo caso o se risponderà con un silenzio dal suono del “chi tace acconsente”. 

Leggi anche articolo originale sul Fatto Quotidiano: Sala, addio a Milano

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🔴 Caos TAMPONI per chi rientra: all’Ats Milano già 8mila richieste. TENDONI per i test a Linate e Malpensa?

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credit: abbruzzolive.it

Tamponi obbligatori per chi rientra da Malta, Spagna, Grecia e Croazia. A Fiumicino si possono già fare, mentre negli aeroporti lombardi è il caos. Non si possono fare i tamponi e l’unica via per chi rientra è ridurre gli spostamenti e usare sempre la mascherina, in attesa di un tampone. Che per molti è una chimera: all’ATS di Milano sono già arrivate oltre 8.000 richieste. Il Governo in collaborazione con la Regione stanno preparando un intervento d’urgenza per fare fronte alle molte richieste: dei tendoni fuori dagli aeroporti. 

🔴 Caos TAMPONI per chi rientra: all’Ats Milano già 8mila richieste. TENDONI per i test a Linate e Malpensa?

Tensostrutture accanto alle uscite degli aeroporti di Milano Linate e di Malpensa. Questa la soluzione su cui stanno lavorando ministero e Regione Lombardia per fare subito il tampone per individuare il Covid ai viaggiatori di ritorno dalle vacanze nei Paesi – Croazia, Spagna, Malta e Grecia – individuati dal ministero della Salute come quelli per cui è obbligatorio il test.

La situazione infatti è in pieno caos: con migliaia di persone che rientrano in Italia e che devono fare i conti con le attese per fare i test. La Regione ha chiarito che non c’è obbligo di quarantena ma solo di ridurre gli spostamenti e usare la mascherina fino all’esito dell’esame.

A Bergamo le cose vanno un po’ meglio: la vicinanza all’aeroporto degli ospedali di Alzano Lombardo e Orio al Serio risolve il grosso del problema, pur tra lunghe code e attese. Così non è per Linate e Malpensa.

Le strategie per Milano

Per Malpensa l’ipotesi a cui Usmaf e Regione starebbero lavorando è quella di fare le analisi a chi rientra dalle vacanze in uno spazio adiacente al Terminal 1. Non è semplice, però: bisogna infatti sia evitare gli assembramenti, sia gestire i flussi di passeggeri in modo che tutti quelli che arrivano dai quattro Paesi a rischio non si incrocino né con i viaggiatori provenienti da altre località, né con coloro in partenza. Ancora più problematica l’individuazione di uno spazio a Linate, riaperto nelle scorse settimane ma ancora oggetto di lavori.

La seconda ipotesi è di allestire delle tensostrutture fuori dagli scali, facendo transitare da lì chi deve fare i test. L’obiettivo è organizzare tutto per la metà della settimana. Non è semplice, però: l’Usmaf non ha ancora i kit per i test. Solo tra oggi e domani ricevere una prima fornitura, di quelli rapidi sierologici con pungidito, che danno il risultato in mezz’ora e sono da fare al posto del tampone. 

Altro problema: la mancanza di personale. Di qui la richiesta di aiuto alla Regione, che per ora sta gestendo da sola la situazione, sia con 1.100 tamponi già fatti nella Bergamasca, sia cercando di far fronte alle richieste con numeri da capogiro che arrivano alle Ats.

Solo su Milano, sono arrivate oltre 8mila segnalazioni ricevute nel weekend di Ferragosto (di cui tremila di persone che rientreranno nei prossimi giorni).

Per far fronte alle richieste, in città si sta pensando di potenziare i punti prelievo “drive-in” già presenti a Bollate, Cinisello, San Carlo, San Paolo, San Raffaele e viale Jenner, raddoppiando orari e personale, e destinandoli solo ai tamponi da fare ai turisti.

Cosa deve fare chi rientra da questi Paesi (Malta, Spagna, Croazia, Grecia)

#1 permane la necessità di segnalare l’ingresso in Italia per chi arriva da Croazia, Grecia, Spagna e Malta al dipartimento di prevenzione di Ats.

#2 Successivamente si deve presentare l’esito del tampone effettuato nelle 72 ore antecedenti il rientro in Italia, oppure effettuare un nuovo test entro 48 ore dall’arrivo a casa. Nell’attesa è obbligatorio limitare gli spostamenti e indossare sempre la mascherina. 

Leggi l’articolo originale su repubblica.it: Coronavirus, tendoni all’uscita di Linate e Malpensa per i test rapidi ai vacanzieri: all’Ats Milano già 8mila richieste

Leggi anche: 🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi

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Il nuovo LAGO di MILANO

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Lago Fossone

Uno specchio di acque trasparenti alimentato dal canale Villoresi, un piccolo bosco, arbusti, prati, rondini, anatre e anfibi. Si tratta del nuovo lago di Milano, un’oasi dove passare i pomeriggi all’insegna della natura.

Il nuovo LAGO di MILANO

# Il nome, Lago Fossone, in ricordo dell’antico fontanile della zona

Credits: @simonamancini24 IG

In via Novara, poco dopo lo Stadio di San Siro, all’incrocio con via Caldera. È nato proprio qui il nuovo lago di Milano, un bacino d’acqua di circa 8 mila metri voluto da Italia Nostra e Comune.

E’ stato chiamato Lago Fossone. Prende il nome da uno degli antichi fontanili che occupavano questi terreni quando ancora erano parte della zona rurale extra-urbana. In particolare, il riferimento è al fontanile Fossone, chiamato così perché nasce da una depressione del terreno che è stata sfruttata per farne un nuovo bacino d’acqua, un laghetto dove negli anni Cinquanta i milanesi si recavano per fare il bagno.

I fontanili si erano poi, però, prosciugati. Ricomparsi negli anni Novanta, scomparvero ancora a seguito delle opere di canalizzazione sotterranea. Solo oggi, con la creazione del Lago Fossone, si dà nuova vita ad una parte di territorio propria della tradizione della città. Si ricostruisce, cioè, quell’ambiente ricco di flora e fauna acquatica che un tempo era generato dal periodico allagamento dell’area.

# La natura torna in città

La sua collocazione, all’incrocio di percorsi e strade trafficate, esprime con forme nuove il tema della natura che torna in città. Il progetto, infatti, è stato realizzato secondo i criteri di forestazione urbana, piantando siepi, piccoli boschi, realizzando una zona umida, prati per conciliare natura, paesaggio e fruibilità.

# In stretta connessione con Boscoincittà e Parco delle Cave

Lago Fossone è un altro importante tassello che si unisce allo sviluppo verde della città e in particolare si pone in stretta connessione con i vicini parchi urbani di Boscoincittà e Parco delle Cave. L’idea è di dare sempre più vita ai luoghi verdi della città, prendendo le distanze dalla “moda” del verticale, degli skyline, e rimanendo orizzontali. “La nostra è una sfida diversa, rimaniamo orizzontali, al piano strada, ma crediamo che l’effetto sorpresa sia altrettanto forte“, dichiara Luisa Toeschi, presidente Italia Nostra Milano Nord.

LETIZIA DEHO’

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

Il CONSENSO

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Quinta puntata: Il consenso”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica
Cerco l’uomo
L’intenzionalità

Benvenuti in un nuovo video dell’estate di filosofia politica in cui ogni giorno parliamo della politica per interrogarci sui fini del fare politica e come introduzione alla scuola di formazione politica che avrà luogo a fine settembre con altri personaggi che approfondiranno alcuni di questi temi. Oggi parliamo del consenso che è l’energia, la benzina per esercitare il potere, sia se si ha come fine quello di migliorare il benessere dei cittadini sia che si abbia come fine, quello purtroppo assai diffuso, del potere per il potere, ossia per il potere personale. Comunque sia, ci occupiamo del consenso.

Ieri abbiamo parlato dell’intenzionalità per differenziarla dalla volontà. Qual è la differenza fra volontà e intenzionalità? La volontà è quella dell’Io cosciente che desidera un obiettivo e fa in modo di ottenere quell’obiettivo: una visione pragmatica e contemporanea per cui l’essere umano sostanzialmente coincide con la sua razionalità e col suo “Io cosciente” e a quel punto il suo movente principale è la volontà. Ieri avevo citato l’esempio della persona che esce di casa per prendere il latte, prenderà questo latte e tornerà con il latte a casa. Però se si prende una visione classica, invece, dell’essere umano, si vede che in realtà l’essere umano è qualcosa di diverso, per riprendere sotto certi aspetti Jung, è un po’ come dire che in realtà la vita è molto di più di questa storia: esce una persona per prendere il latte ma torna a casa senza il latte, perchè come dice Jung la vita alla fine è di fatto una fuga dalla propria anima, dalla propria intenzionalità di natura, da quello che in realtà noi vogliamo davvero.

E questo perché avviene? Perché l’essere umano ha dentro di sé come socio di maggioranza il suo inconscio, cioè qualcosa che sfugge alla propria coscienza. In quest’inconscio ci sono i “mostri freudiani”, cioè qualcosa che ci porta al di fuori, al di là del nostro essere, del proprio Tao, della propria finalità esistenziale, però c’è anche la nostra più grande ricchezza. Tanto che tutti i grandi dicono sostanzialmente che il fine della vita non è raggiungere i propri obiettivi, ma conoscere se stessi, proprio perché dentro sé stessi c’è la nostra più grande ricchezza. Allora che cosa c’entra questo col consenso?

C’entra eccome, perché se si vuole far politica è giusto interrogarsi sui fini, però se succede esattamente come nell’esempio del latte e uno vuole raggiungere un fine che magari è molto nobile, però in realtà segue delle dinamiche interiori che lo portano fuoristrada, a quel punto il risultato è un disastro e serve a poco interrogarsi sui fini. Quindi ancora molto più serve interrogarsi sulle dinamiche interiori, se non altro facciamo luce dal punto di vista di quelle che sono le teorie più riconosciute e, dal mio punto di vista, sensate. Quindi, dentro l’essere umano non c’è solo la volontà ma ci sono anche queste dinamiche. 

Il CONSENSO

# La psicologia delle Folle di Gustave Le Bon

Cosa c’entra il consenso? Per capire come funziona il consenso il punto di riferimento di tutti i protagonisti che hanno fatto politica, almeno nel novecento, è il libro di Gustave Le Bon: “La psicologia delle folle”. Questo  trattato è molto interessante perché analizza la folla sostanzialmente per quello che è: cioè lui parte da questo assunto, che la nostra è l’epoca dove regna la massa. In una democrazia il tuo potere, qualunque cosa tu voglia fare con quel potere, comunque tu ce l’hai se ottieni il consenso e se perdi il consenso ti viene tolto, soprattutto alla luce dei giorni nostri in cui non è soltanto un consenso elettorale, è proprio un consenso quotidiano.

# Tre caratteristiche della massa riguardo il consenso

Le Bon analizza sia le caratteristiche del consenso e le modalità per condizionarlo. Ci tengo a sottolineare alcuni elementi, soprattutto questi tre elementi: lui dice che sostanzialmente il consenso, o meglio la massa che è quella che dà il consenso, è meno intelligente del singolo. Una delle caratteristiche è che il singolo, nel momento in cui fa parte di un gruppo, di una massa, perde gran parte della sua razionalità e della sua intelligenza. Ma questo non avviene soltanto, e questo è il secondo punto, soltanto per la massa come voto elettorale, come chi dà il voto, ma anche in tutti gli altri gruppi, ad esempio lui dice perfino i parlamentari. Perfino se noi avessimo solo persone molto istruite e intelligenti, nel momento in cui diventano massa, cioè si spersonalizzano, comunque diventerebbero stupidi come delle persone già stupide che si mettono insieme.

Quindi Le Bon dice attenzione, perché anche la politica a livello parlamentare o di gruppo raggiunge gli stessi livelli di stupidità di quello che può essere la massa elettorale. Il terzo punto che lui dice che il consenso non ha valore in sé perché una delle caratteristiche fondanti di ogni gruppo o di ogni massa è la volubilità. Prendendo una metafora evangelica si può dire che il consenso è quella roba che domenica ti tratta come un dio e venerdì ti mette in croce. Quindi “Le Bon” dice esattamente questo, dice occhio che è una caratteristica inscindibile quindi non ha alcun senso dare un valore in sé alla massa, sia perché la massa apporta una distruzione, comunque un’energia che non ha un suo ordine creativo, quindi va gestita non subita, sia perché volubile, oggi ti incorona, domani ti mette in croce.

# Il limite dell’analisi del consenso di Le Bon

Quindi questi sono gli elementi del consenso visti dall’io razionale, dalla volontà però, come detto, da soli non bastano e la dimostrazione che non bastano è che l’altro giorno ho parlato del fallimento della politica del ‘900, perché tutti i modelli che sono stati introdotti sono stati modelli fallimentari. E sono stati tra l’altro tutti modelli di persone che hanno gestito, tutti i grandi personaggi, grandi dal punto di vista dell’impatto sulla società, hanno tutti preso a riferimento “Le Bon”. Però perché è la dimostrazione che non funziona, cioè che non basta analizzare l’essere umano come sua volontà, è che hanno fallito tutti. Non solo hanno fallito perché non sono riusciti in quello che è il fine della politeia aristotelica cioè del dare e creare le condizioni migliori per essere felici. Tutti i programmi per fare le persone felici, hanno tutti fallito ma anche perché hanno fallito loro, cioè se vediamo tutti quelli che si sono ispirati a “Le Bon” hanno tutti fallito, nel senso che hanno perso il potere: non solo non sono riusciti a rendere felici le persone ma non sono riusciti a attuare il loro progetto e hanno perso il potere.

Se vediamo in italia, ad esempio, una caratteristica degli ultimi vent’anni è che tutti i governanti che abbiamo avuto erano tutte persone che come quantico, come possibilità, avevano tutti la possibilità di fare qualcosa. E gli è stata data dal popolo, dalla massa, gli è stato dato il consenso, il potere per potere fare questo qualcosa. Però in tutti i casi, vi invito a dirmi un’eccezione, si trattadi persone che alla fine potevano esercitare questo potere ma non lo hanno esercitato: uno, non sono riusciti a migliorare le condizioni del paese visto che siamo in declino sotto ogni aspetto da almeno vent’anni e, secondo, non è servito neanche a loro. Quindi hanno fallito sia che avessero il fine della politeia aristotelica di creare condizioni migliori, sia se avevano come fine quello molto più comune nella nostra politica che è quello del potere per il potere, cioè preservare il potere, visto che sono tutti caduti come pere. Allora questo fallimento, invito chi non l’ha visto a vedere il video di ieri, è una delle caratteristiche dei complessi che è quell’altra componente dell’essere umano. Come abbiamo visto ieri, non possiamo giudicare l’umano, come azione psichica o azione sociale, senza considerare il fatto che l’essere umano oltre alla sua volontà cosciente ha anche un inconscio. Dentro l’inconscio ci sono quelli che ho chiamato “complessi”, tutte quelle forze che lo deviano dalla sua strada, ma c’è anche l’intelligenza di natura, quel tipo di intelligenza in cui siamo tutti immersi, chiamiamola istintualità, istinto, intuizione, quello che volete, che vedrete invece nel prossimo video che è la base per costruire una politica sana.

# I governanti italiani degli ultimi anni mostrano le due caratteristiche tipiche dei complessi

Parliamo invece oggi dei complessi. Perché parliamo dei complessi? Perché, come detto, se vediamo tutti i casi di governanti degli ultimi anni, mostrano le due caratteristiche tipiche di tutti i complessi: una è che hanno fallito. Perché il complesso fa fallire? Perché un complesso per definizione è qualcosa che ti porta fuori dalla tua strada e quindi se ti porta fuori dalla tua strada prima o poi ti schianti contro un muro. Comunque è qualcosa d’altro rispetto a quello che è il tuo Tao, quella che è la tua direzione e quindi prima o poi ci deve essere il fallimento. In tutti questi casi c’è stato fallimento, qualunque fosse il loro fine hanno fallito.

Il secondo indizio che accomuna tutti i tipi di complessi è che in tutti questi casi si è attivato il cosiddetto meccanismo di difesa. Perché la caratteristica dei complessi è che hanno un meccanismo di difesa, anche perché, se non l’avessero, avremmo risolto il problema dei complessi. Perché se capiamo che un nostro errore nella nostra vita non è determinato da una persona cattiva o dai poteri forti o da altro, ma è stato provocato da un nostro complesso che abbiamo seguito, a quel punto già capire questo ci può consentire di risolvere il complesso. Risolvere il complesso non significa eliminarlo, perché comunque lo avremo sempre, ma per così dire lo abreiamo, cioè togliamo gli effetti, evitiamo che gli effetti di questa direzionalità ci portino fuori strada.

# Dall’approvazione del genitore alla ricerca del consenso

Per riprendere l’esempio di ieri, ho fatto un esempio molto banale di come un tipo di complesso può nascere quando il bambino insegue la palla ma gli viene detto di fermarsi perché è pericoloso e a quel punto inizia ad associare alla palla che corre, quindi a una nuova opportunità di crescita, un sentimento di paura. Significa che andando avanti nella sua vita se non risolve questa cosa, ogni volta che avrà un’opportunità grande avrà una grande paura. A quel punto i casi sono due: o segue il complesso e quindi darà sempre la colpa a questa grande opportunità per cui per lui ogni grande opportunità sarà uguale pericolo e quindi non le prenderà e rimarrà sempre allo stesso stadio evolutivo rinforzando il complesso, oppure potrà capire che quella paura non sta derivando dall’opportunità ma gli sta derivando da questo complesso. A quel punto la paura può diventare un fattore di grinta, di adrenalina che lo indirizza a cogliere l’opportunità. Per cui è sempre l’Io che decide, non il complesso in sé non è buono o cattivo, perché comunque può essere un ottimo indicatore, se lo capiamo.

Tornando quindi per chiudere il discorso complessi perché c’entra col consenso? Perché visto che la caratteristica fondante dei complessi, abbiamo visto che ci sono i due casi di risultato che accomunano tutti questi fallimenti, però un’altra caratteristica di tutti i complessi è che nascono per una frustrazione di un istinto per ottenere un’approvazione dall’adulto di riferimento: nasce da piccoli per avere l’attrazione sull’adulto, che è perché abbiamo bisogno dell’affetto dell’adulto perché da piccolo nessun bambino è autosufficiente quindi ha bisogno del ricevere affetto dell’adulto, perché più affetto riceve più ottiene gli strumenti per potere sopravvivere.

Tendenzialmente si sa, a livello psicologico, che questo è un tipo di teatro cioè se io attivo delle modalità che mi consentono di ottenere un’approvazione da parte dell’adulto, in generale nella vita cercherò di riprodurre lo stesso teatro, quelle stesse attività, e a quel punto, per selezione complessuale, tenderò a ritrovare nella mia vita quel tipo di adulto o quella fonte di approvazione. Qual è il problema? Il problema è che se il motivo per cui io sto facendo politica, il motivo inconscio è che sto sostituendo l’adulto di riferimento con il consenso, significa che io faccio politica inconsciamente perché il mio obiettivo è di essere apprezzato, approvato da quel consenso – elettorale, sondaggi, la gente-, ma solo per motivi complessuali, quindi il consenso non sarà uno strumento ma il fine del mio potere. Qual è il problema? Il problema è che, come detto, il complesso porta sempre all’autosabotaggio.

# Un esempio di azione del complesso sul politico

Faccio un esempio. Mi viene in mente un personaggio. E’ un classico dei complessi che si formano, che riguarda tipicamente i primogeniti. Consiglio per approfondire “Fratelli maggiori, fratelli minori“, bellissimo libro che mostra che ci sono delle caratterialità tipiche della genitura. Poniamo l’esempio di un primogenito, che da quando è nato il suo secondogenito, ha perso l’attenzione del genitore, che prima era tutto per lui, e che vuole attivare delle modalità per ottenere questa attenzione. Magari una di queste modalità è quella di lavorare su suoi giochi o sue cose, per poi distruggerle magari dando la colpa al secondogenito che è arrivato e poi si prende la sberla e inizia a piangere, o comunque attirare l’attenzione, Oppure anche solo perché distruggi qualcosa e fai un patatrac, fai esplodere qualcosa, fai un casino, metteteci voi l’esempio che volete, più casino fai più distruggi qualcosa più il genitore arriva e ti dà quell’attenzione di cui hai bisogno.

Capiamo che se questa è una strategia che diventa caratteriale per ottenere l’attenzione, nel momento in cui farai politica o un business probabilmente è come avessi già una bomba innescata: cioè inizi a fare un progetto, sia che sia un referendum che un grande progetto innovatore, tu in realtà inconsciamente stai già creando le dinamiche per farlo esplodere, perché? Perché pensi che nei momenti in cui fallisci ci sarà, non più la mamma, ma il consenso, gli altri, la gente che ti darà attenzione perché hai fallito, anche se è ovvio che è inconscio. È inconscio perché succede, fai esplodere il tuo macro progetto, perdi il potere, il progetto va male e tu invece di dire “è perché avevo innescato questo”, se non risolvi domani farai lo stesso, creerai una nuova roba che nel momento più forte lo farai saltare.

Perché ho citato quest’esempio? Perché il rapporto col consenso può essere un rapporto complessuale. Purtroppo è molto più frequente di quello che che sembra, e ogni volta che sarà per un complesso sarà sempre una bomba innescata perché sarà sempre prodromo per l’autosabotaggio del governante. Quindi questa è la dinamica. Il prossimo video invece parliamo in senso positivo dell’altra grande forza che c’è nell’inconscio: l’intenzionalità di natura. E vedremo come si può fare politica seguendo quella.

ANDREA ZOPPOLATO

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Per tre anni Milano è stata sotto TORINO: cosa è successo e che cosa i Savoia hanno lasciato a Milano

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carlo emanuele III assedia il castello

Pochi sanno che Milano è stata sotto i Savoia, anche se per soli 3 anni. Ecco come si svolsero i fatti.

Per tre anni Milano è stata sotto TORINO: cosa è successo e che cosa i Savoia hanno lasciato a Milano

# Il 4 novembre 1733 l’occupazione franco-piemontese della città

Nel settembre 1733 con il Trattato di Torino, un accordo segreto tra il Regno di Francia e Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, la Francia prometteva a Carlo Emanuele il ducato di Milano in cambio di aiuto militare nella guerra di successione polacca. Nel rispetto di questo trattato il 28 ottobre 1733 Carlo Emanuele III di Savoia, schierato con il nipote Luigi XV, marciò verso Milano per occupare la città e la Lombardia. Tra le conquiste ci furono: Vigevano, Pizzighettone, Sabbioneta e Cremona.

Il 4 novembre 1733 le truppe franco-piemontesi occuparono Milano senza incontrare resistenza da parte degli austriaci. Carlo Emanuele III di Savoia entrò a Milano l’11 dicembre e dal 15 al 25 dicembre i piemontesi assediarono il Castello, comandato da Annibale Visconti, che capitolò alla fine di dicembre. Il 25 gennaio 1934 nominò una giunta provvisoria presieduta dal piemontese de Petit per governare Milano.

# La fine dell’occupazione dopo soli 3 anni

L’occupazione dura poco: il 3 ottobre 1735 la Francia firma l’armistizio con l’Austria e iniziano i preliminari della pace di Vienna, che verrà conclusa nel 1738. Sono così deluse le aspettative del Piemonte di ottenere la Lombardia: il 16 agosto 1736 vennero firmati i preliminari di pace che assegnavano le Langhe, Novara e Tortona al Piemonte. Ha inizio lo sgombero delle truppe piemontesi. Nel seguente trattato di Vienna del 1738 si imponeva in via definitiva sia a Carlo Emanuele III sia a Filippo V di rinunciare a Milano, in cambio appunto di alcuni territori lasciati al Piemonte. Durante l’occupazione piemontese di Milano Carlo Emanuele III si era autoproclamato “re di Lombardia“. Di quei tre anni rimane solamente una campana con simboli tipici conservata all’interno del Castello Sforzesco.

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

I NUOVI POVERI di Milano, giovani famiglie con il terrore di finire in strada: +30% le richieste di AIUTO ad agosto

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credit: corriere.it

“Durante il lockdown si sono presentate anche persone che non mangiavano da 4 giorni”. “Ora vengono persone dai 35 ai 50 anni”. “Un aumento di richieste di aiuto di circa il 30 per cento ad agosto”. Cronache dal mondo delle associazioni dell’altra emergenza, quella economica, che in silenzio rischia di sbriciolare Milano. Articolo pubblicato su agi.it

I NUOVI POVERI di Milano, giovani famiglie con il terrore di finire in strada: +30% le richieste di AIUTO ad agosto

Pubblichiamo: Il Ferragosto dei nuovi poveri a Milano, giovani famiglie col terrore di finire in strada (www.agi.it)

 Durante il lockdown si sono presentate anche persone che non mangiavano da 4 giorni, una situazione molto anomala in una città come Milano che ha una solida rete di assistenza per i più fragili. Ora, a chiedere aiuto, sono  tante famiglie italiane e uomini e donne più giovani. Sono i ‘nuovi’ poveri, dolente eredità del coronavirus che chiedono aiuto alle associazioni di volontariato. E lo faranno anche a ferragosto con le modalità imposte dalla prevenzione del contagio coi ‘pacchi’ per sfamarsi che ora si ricevono dentro ai sacchetti.

“Ora vengono persone dai 35 ai 50 anni”

“Agosto vede arrivare da noi lo stesso numero di persone dei mesi precedenti – spiega all’AGI Luigi Rossi, vicepresidente  di ‘Pane quotidiano’  che da oltre un secolo distribuisce generi alimentari e aiuti economici e ha due sedi in città –  il che significa che si registra un aumento di richieste di circa il 30 per cento perché in questo mese di solito viene meno gente che nel resto dell’anno. Noi non censiamo gli ospiti, ma vediamo che arrivano soprattutto anziani italiani, oggi ci troviamo di fronte a diversi italiani di ‘mezza età’, dai 35 ai 50 anni, una situazione che certo è figlia del Covid. 

Sono cittadini, ragiona, che “magari prima mettevano in tasca 1350 euro al mese e ora sono in cassa integrazione e ne prendono 800, manca una fetta di reddito importante. Li aiutiamo evitando che tirino fuori i soldi per la spesa”.

“Famiglie col terrore di finire in strada”

Operatori e volontari del ‘Progetto Arca’, altra coriacea realtà di aiuto milanese, distribuiranno in stazione Centrale il 15 agosto anguria fresca e 10mila bottigliette d’acqua ai più fragili ai senza dimora, utile refrigerio a chi sta molte ore sotto al sole.

“Stiamo notando due cose – spiega Costantina Regazzo, direttrice dei servizi -. La prima è che le persone in strada hanno bisogni sanitari più alti per la difficoltà dei servizi a rimettersi in moto e, per questo, abbiamo potenziato i servizi infermieristici delle unità sul campo. La seconda è il terrore delle famiglie che ci chiamano: c’è chi ha paura di perdere il lavoro, di non riaprire a settembre, di perdere la casa perché non sta più pagando l’affitto. 

Regazzo racconta che, durante il lockdown, i senza dimora hanno perso i loro riferimenti con la chiusura di servizi e negozi e la scomparsa di chi, passando dove avevano scelto di mettere la loro ‘casetta’, li aiutava. Inoltre non sapevano cosa stesse accadendo ed è stato importante, e ancora lo è, informarli, anche su come tutelare la loro salute. Ricorda “quella sera davanti alla stazione Centrale che sono arrivate più di 200 persone a prendere il cibo e abbiamo capito che mancava in modo significativo. Lì c’era un signore che non mangiava da 4 giorni, molto anomalo che capiti a Milano.  Abbiamo anche deciso di non dare più solo il pacco quotidiano, ma anche il pranzo del giorno dopo”.

Articolo originale: Il Ferragosto dei nuovi poveri a Milano, giovani famiglie col terrore di finire in strada (www.agi.it)

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MILANO tra le 20 città in cui si VIVE MEGLIO al MONDO

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Helsinki prima in classifica. Credit: @helsinki (Instagram)

Uno studio internazionale rivela le migliori 40 città al mondo dove vivere. Il risultato è stato ottenuto confrontando i dati relativi ai seguenti parametri:
– intensità del lavoro e disoccupazione,
– il supporto delle istituzioni,
– la legislazione,
– la vivibilità
– e altri ancora per un totale di venti fattori tenuti in considerazione.

Fonti dello studio sono Eurostat, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), la Banca Mondiale, il World Happiness Report e l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’unica città italiana che appare nella classifica è Milano, al sedicesimo posto.

La classifica: le top 10

Le 10 città migliori per vivere sono:
#1 Helsinki (Finlandia)
#2 Monaco (Germania)
#3 Oslo (Norvegia)
#4 Amburgo (Germania)
#5 Stoccolma (Svezia)
#6 Berlino (Germania)
#7 Zurigo (Svizzera)
#8 Barcellona (Spagna)
#9 Parigi (Francia)
#10 Vancouver (Canada).

Nove delle prime dieci sono tutte città europee. La parte del leone la fa la Germania: tre delle prime sei sono tedesche.

Le zone calde: dalla 11 alla 20

#11 Ottawa (Canada)
#12 Londra (UK)
#13 Toronto (Canada)
#14 Budapest (Ungheria)
#15 Sidney (Australia)
#16 MILANO (Italia)
#17 San Diego (USA)
#18 Melbourne (Australia)
#19 Portland (USA)
#20 San Francisco (USA)

Altre città in classifica

#21 New York (USA)
#26 Los Angeles (USA)
#30 San Paolo (Brasile)
#39 Tokyo (Giappone)

Qui la classifica completa

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L’INTENZIONALITA’

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Quarta puntata: L’intenzionalità”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica
Cerco l’uomo

Benvenuti all’estate di filosofia politica. Oggi tratteremo di un tema non solo scottante, ma anche complesso: l’intenzionalità. Questi incontri di filosofia politica sono fatti perché sono un’introduzione alla scuola di formazione politica che come Vivaio faremo a fine settembre, in cui approfondiremo con più profondità alcuni di questi concetti.

Ci occupiamo in questi video di filosofia perché ci concentriamo sul fine della politica e sui componenti o sulle cause per cui questo fine non sempre viene raggiunto. Anzi, recentemente viene raggiunto molto di rado. Brevemente, negli scorsi video abbiamo visto: nel primo il fine della politica, che in senso classico è quello di organizzare la società per rendere felici le persone, nel secondo abbiamo visto la crisi della politica che è dato dal fatto che in particolare nel ‘900 sono stati proposti dei modelli che hanno fallito nel rendere felici le persone, nel terzo abbiamo visto come si possono prendere due modi completamente diversi di vedere l’essere umano, uno pragmatico contemporaneo basato sul l‘io razionale e l’altro classico basato sul concetto di essere umano a 360 gradi, in cui è presente un’intenzionalità di natura o “anima”, e che come fine esistenziale non ha quello di raggiungere gli obiettivi ma di conoscere se stesso, cioè far luce su se stesso.

Noi prendiamo quest’altra visione che è quella come detto più filosofica e probabilmente anche un po’ più trascurata negli ultimi tempi, ma che è la  base, è così importante sia perché se si parla di felicità dell’essere umano perseguita dalla politica, bisogna interrogarsi che cosa rende felice questo essere umano, sia perché il governante è esso stesso un essere umano e infine tutta l’organizzazione della politeia, per prendere il termine aristotelico, si basa e si deve fondare su una visione dell’essere umano per realizzarla in modo ottimale. Quindi rispetto al concetto di volontà dell’essere umano contemporaneo, analizzando l’essere umano in senso classico bisogna sostituire la volontà con l’intenzionalità.

L’INTENZIONALITA’

# L’intenzionalità di natura secondo Brentano

L’intenzionalità è stata trattata in termini moderni da Brentano, filosofo austriaco che ha vissuto anche in Italia. È stata poi rielaborata da Husserl, in particolare mettendo la connessione dell’intenzionalità con l’intenzionalità in natura o “mondo della vita”, ed entrambi hanno ripreso il concetto di intenzionalità che ha origine nella scolastica, in particolare in San Tommaso e Duns Scoto, e che sostanzialmente con il concetto di “Res clamat ad dominum” partiva dal presupposto che ogni essere vivente non può che basare ogni tipo di azione psichica sul rapporto tra la “res”, la cosa, e il soggetto. Non può esistere attività psichica, disse Brentano, che non abbia un oggetto e questa relazione soggetto-oggetto dà vita all’intenzionalità.

Perché è diversa l’intenzionalità della volontà? Facciamo un esempio molto banale: se noi vediamo una persona che cammina, l’intenzionalità è capire che se il movente principale di questa persona è prendere il latte, porterà questa persona in un luogo che è quello dove prende il latte, luogo che sarà differente se l’intenzionalità è invece quella di incontrare un amico. Ma qua, direte, l’intenzionalità è uguale a volontà. Il problema vero è che nella vita tante persone in ogni momento pensano di voler prendere il latte ma poi quando arrivano a casa il latte non l’han preso.  Il perché lo vediamo ora.

# Intenzionalità di natura e complessi: le due macro componenti dell’inconscio

Cogliere l’intenzionalità significa intercettare in ogni momento, in ogni elemento vivente, quindi dalla singola cellula a un essere umano, un’intenzionalità, ossia un movente principale, dominante che lo porta, lo spinge verso un oggetto. Questo oggetto può essere concreto o psichico.

Per capire quale può essere intenzionalità, il movente principale, bisogna capire quali sono le dinamiche che avvengono nella mente umana. Nella sfera cosciente come abbiamo visto c’è la volontà, l’“io voglio il latte” dell’esempio, però poi ci sono, in questo sono tutti d’accordo, lo riconoscono anche quelli della cosiddetta della visione dell’essere umano contemporaneo, ci sono due componenti cosiddette inconsce che, essendo inconsce, non sono sotto controllo dell’Io razionale. In questo inconscio però come dicevano i classici, non ci sono solo “i mostri alla Freud”, cioè quello che ci porta fuori strada, ma c’è anche la nostra più grande ricchezza. Il motivo per cui appunto privilegiamo la visione classica è che tutti i pensatori classici hanno detto che la più grande ricchezza è dentro l’inconscio: chi la chiama anima, chi intenzionalità di natura, chi essenza ect…, però tutti riconoscono che c’è questa intelligenza, che è una e fa parte dell’individuazione, ma è anche parte del molteplice, ci fa anche essere in armonia col resto dell’essere e ci fa essere viventi. Essendo la nostra più grande ricchezza ma essendo nella sfera incosciente, il vero obiettivo esistenziale è quello di fare luce nel nostro inconscio in ogni momento della nostra vita per realizzare questa intenzionalità, che poi è la nostra identità come diceva Jung. La nostra identità profonda che in azione storica consente di ottenere per noi in ogni momento una nostra realizzazione esistenziale. Quindi ci sono questa componente, che è l’intenzionalità, e quella dei “cavalli neri” riprendendo la biga platonica e cioè ciò che ci porta fuori strada che possiamo chiamare “complessi”. Da un lato l’intenzionalità di natura e dall’altro i complessi, queste sono le due macro componenti del nostro inconscio. 

# Perchè l’intenzionalità è superiore alla volontà

Perché riteniamo che l’intenzionalità di natura sia superiore e più efficace per la nostra felicità rispetto all’io cosciente? Non solo perché l’han detto tutti i grandi saggi e non solo per l’evidenza del fatto che noi siamo siamo immersi in questa intelligenza di natura, cioè ogni cellula, ciò che accomuna tutti viventi,  tutti sono accomunati dal fatto che hanno le cellule. Le cellule hanno questa caratteristica di essere non solo auto sufficienti, nel senso che hanno una loro identità che le porta ad agire in modo metabolico con l’ambiente, ma anche a ricavare dall’ambiente le risorse e l’energia per crescere e per riprodursi, altra caratteristica del vivente. Non solo noi siamo viventi, tra l’altro noi abbiamo miliardi cellule e siamo tutti d’accordo che lavorano in modo autonomo dal nostro “Io cosciente”, ma non solo: se il nostro “Io cosciente” dovesse governarle moriremmo in pochi secondi. Ma non solo questo, lo vediamo anche dai frutti: perché dico che è “superiore” e che quindi dobbiamo avere un atteggiamento di umiltà che ci fa dire l’obiettivo è conoscere e applicare questa intelligenza di natura? Semplicemente dal fatto che lo vediamo dei frutti, l’albero si vede dai frutti. La razionalità umana come frutto ha sempre opere riproducibili, se ci pensiamo tutto ciò che è creato dalla mente umana può essere riprodotta e soprattutto non è vivente. Mentre tutto ciò che è vivente crea qualcosa che non viene riprodotto dall’essere umano. Cioè, l’essere umano nonostante che abbia la possibilità di imitare qualunque cosa e abbia ogni tecnologia, non è stato mai capace, e probabilmente non lo sarà mai, di creare niente di vivente. Vivente significa con una sua identità che agisce in modo autonomo e metabolico con l’ambiente circostante, capace di crescita e di riproduzione. La nostra razionalità non ne è capace.

Quindi è come se ci fosse una logica che non appartiene alla nostra razionalità, è come una lingua che non conosciamo. Quindi capire questo fatto ci fa dire: non mettiamo al primo posto la volontà ma mettiamo, come dicevano i classici, al primo posto quello di utilizzare la realtà come uno specchio per aiutarci a far luce sulla nostra interiorità. Che tra altro è un obiettivo molto più sano e armonico, lo definirei in termini classici, rispetto a raggiungere un obiettivo della volontà. Perché l’obiettivo della volontà presumibilmente sarà simile a quello di tanti altri: che cosa succede se io ho lo stesso obiettivo di un altro, cioè io voglio occupare l’unico posto a cui tendono anche gli altri? Significa che strumentalizzo tutto per ottenere quello, che se poi non lo ottengo sono frustrato oppure aggredisco quello che non mi consente di ottenerlo. Ma se l’obiettivo è quello di usare tutta la realtà per far luce su me stesso, in questo caso ogni me stesso è diverso dall’altro e ogni realtà può essere utile a questo. Quindi non c’è nessun atteggiamento aggressivo e tutti quanti in ogni momento possiamo ottenere questa realizzazione senza aggredire nessun altro, ma semplicemente usando la realtà come specchio. Questo lo dico perché, per la visione classica, questa è una intenzionalità che noi abbiamo, noi siamo immersi in questa intelligenza che ci porta sempre dal punto di vista ontologico verso la nostra realizzazione.

# Cosa sono i complessi e perché ci portano fuori strada

Dall’altro lato c’è invece la sfera complessuale: cosa sono questi complessi e perché ci portano fuori strada? Faccio un esempio che mi facevano all’Università di San Pietroburgo per capire come nascono i complessi e perché agiscono contro il nostro interesse. I complessi si formano tendenzialmente nella primissima infanzia o meglio sono i complessi che poi finiscono nell’inconscio. Si formano in questo modo: ogni essere vivente è mosso da due istinti contemporanei, l’istinto alla sopravvivenza e l’istinto alla crescita. Prendiamo un bambino: in un bambino questi due istinti sono sempre presenti ed evidenti, l’istinto alla sopravvivenza è quello che lo fa piangere per chiedere il latte alla mamma, in generale per ottenere l’attenzione dal genitore che in quel momento è quello che gli fornisce i mezzi per sopravvivere, però al tempo stesso ha l’istinto alla crescita che è quello dello scoprire, ampliare il suo territorio di azione, conoscere il resto del mondo, acquisire una forma di autonomia prima sul suo corpo e poi sull’ambiente circostante. Questi sono due istinti che teoricamente potrebbero andare insieme.

Come si forma il complesso? Si forma quando viene ripetutamente frustrato uno di questi istinti portanti. Di norma l’istinto ad essere frustrato è quello della crescita. Esempio banale: il bambino che seguendo l’istinto della crescita in quel momento vuole aumentare il suo spazio vitale, gli sfugge la palla e la vuole inseguire, sente però il genitore in quel momento che giustamente dice, siccome la palla sta finendo magari in strada, gli dice “Fermo perché è pericoloso”. A quel punto il il bambino, quindi l’istinto di raggiungere la palla va in contrasto con quello del soddisfare l’istinto di sopravvivenza che è incarnato in realtà dall’affetto del genitore, cioè dal seguire quello che gli dice il genitore, che gli dice di frustrare questo istinto in nome di un pericolo. A questo punto presumibilmente il bambino non inseguirà più la palla, una cosa che tra l’altro può avere in quel momento una motivazione anche giusta. Però estremizzando, se succede più volte che, ripeto non è un discorso morale, ma che il genitore in nome di un pericolo o anche del fatto che secondo il genitore in quel momento non è ancora pronto il figlio a maturare il suo istinto alla crescita, ogni volta che il bambino frustra il suo istinto alla crescita, in quel caso in nome di un pericolo arresterà l’istinto alla crescita, aumenterà questa carica energetica irrisolta. A quel punto cosa succederà? Diventando adulto ogni volta che avrà questo istinto alla crescita che lo spingerà a un aumento, ogni volta che avrà una grande opportunità, spunterà il complesso che gli assocerà all’opportunità una paura.

# Le due caratteristiche del complesso

Le due caratteristiche tipiche del complesso sono: la prima è che agisce per autosabotaggio cioè ti frustra un risultato che potresti ottenere, la seconda è che ha un meccanismo di difesa, per cui la grande paura dell’esempio che in realtà nasce dal complesso l’io la associa alla opportunità. Questo perchè io non capisco che questa paura mi nasce da un complesso e dal fatto che ancora seguo un indirizzo eterodiretto che tra l’altro aveva un senso quando aveva tre anni, ma non ha più senso quando ne ho venti. Ma per la mia razionalità non è colpa di quel complesso, ma dò la colpa all’opportunità e quindi l’opportunità per me diventa pericolosa, razionalizzo e dico “non la colgo perché c’è questo rischio“. Questo è un esempio che poi significa ottenere l’attenzione in nome della paura e quindi mi faccio venire una paura, ci sono tante altre modalità per ottenere sempre l’affetto di un ente esterno: si forma questa eterodirezione che viene sempre determinata da una forza esterna, che invece di portarci sul nostro interesse di rinforzo della nostra identità seguendo quindi l’intenzionalità in natura, i complessi ci portano fuori strada e alla lunga determinano un autosabotaggio.

Perché lo fanno? Perché mentre tutte le informazioni, gli ingredienti che invece sono stati di rinforzo all’identità quelli li abbiamo metabolizzate e quindi sono diventati parte della nostra natura, i complessi invece rimangono a sé stanti, quindi sono “irrisolti”, e continuano ad indirizzarci fuori dalla nostra identità. Perché è così importante per la nostra analisi politica? Perché vedremo domani come l’adulto di riferimento potrebbe essere sublimato in dinamiche complessuali dal cosiddetto “consenso” per il politico. Quindi domani vedremo come secondo una visione naturale, quali potrebbero essere, se ce ne sono, le cause di fallimento dei politici. Per capire proprio come base non solo per costruire una politeia che possa essere più strumentale rispetto alla felicità delle persone contemporanee, ma anche per fare luce su quelli che sono gli errori tipici che portano fuori strada i governanti che magari in origine sono stati mossi anche da fini positivi. Ci vediamo domani.

ANDREA ZOPPOLATO

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🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi

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credit: ravennanotizie.it

Non ci sono test negli aeroporti. Chiamate record al numero anti Covid ma nessuno sa cosa si deve fare. Governo e Regione in tilt. Finalmente viene chiarito quello che bisogna fare per chi rientra in Italia dall’estero

🔴 Sapessi come è strano tornare da una VACANZA a MILANO: è CAOS per quarantena e tamponi

L’ultimo DPCM aveva prescritto l’isolamento fiduciario con tampone all’arrivo negli aeroporti per chi rientra in Italia da quattro paesi giudicati a rischio: Malta, spagna, Grecia e Croazia. Per la sua applicazione il Governo ha poi passato la palla alle Regioni. Da qui il caos. In particolare in Lombardia. 

A Malpensa non si possono fare controlli

Primo problema: i controlli annunciati dal Governo per chi torna da Spagna, Croazia, Grecia, Malta non sono stati effettuati. «Non si possono fare perché a Malpensa c’è un posto di pronto soccorso e non un ospedale per la diagnostica. Una situazione estendibile a tutta Italia. Non ci sono aeroporti dove si possano fare accertamenti con tamponi, a meno di piccolissimi scali con 100 passeggeri al giorno, non certo i 6.000 previsti nel periodo di Ferragosto tra Malpensa e Linate» spiegano dall’Usmaf.

Caos nelle informazioni: per le ATS di Milano obbligo di isolamento in attesa di tampone

I passeggeri che rientrano sono frastornati. Anche perchè le ATS forniscono indicazioni contrastanti. La città metropolitana di Milano sarebbe per la necessità di isolamento in attesa del tampone, mentre Pavia o altre province non danno alcun orientamento. Al numero unico 116.117 anti Covid sono pervenute in poche ore più di 13mila chiamate. Nella serata di venerdì è arrivato il chiarimento della Regione dopo un confronto con il ministero della Salute. 

Gallera: «Non si applica nessun isolamento fiduciario per chi rientra da Spagna, Croazia, Grecia e Malta» 

 «Mi scuso personalmente per le difficoltà di comunicazione riscontrate ieri da molti cittadini». Ha aperto l’assessore al Welfare Giulio Gallera che così chiarisce: 

«Non si applica nessun isolamento fiduciario per chi rientra da Spagna, Croazia, Grecia e Malta ma l’adozione rigorosa delle misure igienico sanitarie previste già dal Dpcm del 7 agosto 2020 con particolare riguardo all’uso continuativo delle mascherine e della limitazione allo stretto necessario degli spostamenti». Il presidente Attilio Fontana e Gallera hanno specificato le modalità applicative, concordate con il ministero, dell’ordinanza del 12 agosto. «L’introduzione di tali modalità deriva dal fatto che la situazione dei contagi in Lombardia è tuttora sotto controllo e in considerazione dell’imminente inizio delle attività lavorative per chi rientra dalle vacanze. Resta inteso che in presenza di sintomi è opportuno contattare con urgenza il proprio medico di base».

Cosa deve fare chi rientra da questi Paesi

#1 permane la necessità di segnalare l’ingresso in Italia per chi arriva da Croazia, Grecia, Spagna e Malta al dipartimento di prevenzione di Ats.

#2 Successivamente si deve presentare l’esito del tampone effettuato nelle 72 ore antecedenti il rientro in Italia, oppure effettuare un nuovo test entro 48 ore dall’arrivo a casa. 

L’invito è «ad agire nella massima serenità, essendo quella in corso un’azione importante di screening preventiva, e non uno stato di emergenza». Dall’altra parte, però, «va rilevato che in base all’ultimo report settimanale del ministero della Salute, nella settimana tra il 3 e il 9 agosto (dati aggiornati all’11) i nuovi casi positivi diagnosticati in Lombardia sono 539. Di questi, 273, ossia il 50,6 per cento, sono importati da Stato estero».

Resta però un ultimo dettaglio: come si fa ad effettuare un tampone entro 48 ore prescritti dalle autorità? Domanda purtroppo che per molti sta restando inevasa. 

Fonte: Il Giorno

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“Milano ha più bisogno di PARCHEGGI che di CICLABILI”. I risultati del SONDAGGIO

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“Milano: ha più bisogno di piste ciclabili o di parcheggi?” Risultato? Circa 1.000 votanti si sono espressi a maggioranza, con il 56%, per avere più parcheggi invece che più ciclabili. Vediamo i risultati. 

“Milano ha più bisogno di PARCHEGGI che di CICLABILI”. I risultati del SONDAGGIO

 

Quasi 1.000 voti per un sondaggio che ha raggiunto in 24 ore 6.465 persone e più di 1.200 interazioni totali. La maggioranza ha scelto di volere più parcheggi con il 56% dei votanti, mentre il 44% preferisce la realizzazione di nuove piste ciclabili. Un risultato a sorpresa soprattutto perchè in contraddizione con la linea della giunta Sala che sta accelerando nella costruzione di ciclabili riducendo gli spazi per i parcheggi, come è accaduto per la ciclabile di Porta Venezia-Buenos Aires e come avverrà in corso Sempione. 

# I commenti più significativi emersi del sondaggio 

Agostino C. – Secondo me servirebbero entrambi: parcheggi, magari a pagamento (ma non per i residenti) e piste ciclabili fatte con criterio. ecco… criterio. sono state disegnate righe per terra -chiamate poi ciclabili- in zone davvero inutili e a tratti pericolose. servirebbe più raziocinio, meno -molta meno- ideologia.

Daniele N. – prima più parcheggi – sotterranei o in elevazione – per lasciare, poi, spazio a 1) marciapiedi più larghi, 2) a corsie riservate ATM e 3) a piste per bici, monopattini, monowheel, tricicli, schettini, ecc.

Tiziana G. – Il problema è l’area c, dovete fare più parcheggi e chiudere il centro come una volta ma la cassa fa gola

Laura F. – Ciclabili. E senso civico. Meno uso dell’auto come nelle grandi città estere

Riccardo B. – Essendoci più auto che biciclette, servono più parcheggi, vie a scorrimento veloce (no pedoni, no cicli), meno aree pedonali.

Marco I. – Prima parcheggi: immaginate una strada con parcheggi in strada destra e a sinistra piene di auto. Ora immaginate la stessa strada con un solo lato totalmente libera e avrete la ciclabile

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Sul Duomo c’è la statua di SAN NAPOLEONE, il santo patrono degli abusivi

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Sul Duomo, lato Palazzo Reale, c’è la statua di San Napoleone. In realtà si tratta di un santo creato ad arte. Si sa che Napoleone Bonaparte, futuro imperatore dei Francesi, nacque ad Aiaccio il 15 agosto 1769 e solamente dopo il 1801 ci si preoccupò di utilizzare questa data per consolidare il prestigio popolare dell’uomo la cui ambizione cresceva in proporzione ai suoi successi. Vediamo come si sono svolti i fatti che portarono all’istituzione del culto di questo santo posticcio.

San Napoleone, il santo patrono degli abusivi

# La festa del Santo venne stabilita per decreto nel 1806

Con un decreto del 19 febb. 1806 si stabilì che « la festa di s. Napoleone e quella del ristabilimento della religione cattolica in Francia saranno celebrate in tutto il territorio dell’impero al 15 ag. di ogni anno, giorno dell’Assunzione e data della conclusione del Concordato »  L’idea venne al Cardinal Caprara che per ingraziarsi l’imperatore francese reinterpretò un ignoto San Napoleonis del Medio Evo.

Occorreva però spiegare il passaggio da questo Neopolis a Napoleone e vi provvidero le risorse della filologia che prescrissero di inserire nella leggenda un dotto paragrafo che descrivesse la “leggenda” di un martire, dapprima torturato poi agonizzante in prigione fino alla morte, proprio come Napoleone. Per dare un onomastico all’imperatore il nuovo santo fu inserito appunto il 15 agosto, giorno di nascita di Napoleone. Finalmente il 15 agosto 1806 si celebrò ufficialmente e liturgicamente S. Napoleone, nel giorno della posa della prima pietra dell’Arco di Trionfo a Parigi, chiaramente più a gloria dell’imperatore che ad onore del santo martire ignorato fino a quella data.

# Dopo il crollo del regime napoleonico, Re Luigi XVIII abolì la festa di San Napoleone

Con la caduta dell’Impero di Napoleone, cadde nell’oblio anche la sua festa, nata più dall’immaginazione degli adulatori che da reali e documentate connessioni storiche. Infatti il 16 luglio 1814 il re Luigi XVIII annullò i decreti relativi alla celebrazione del 15 agosto. In seguito, nel 1852 l’imperatore Napoleone III emise un decreto che riconosceva ancora il 15 agosto come festa nazionale, ma come data della nascita di suo zio e non come festa di San Napoleone. 

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Cerco l’UOMO

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Trascrizione integrale del video del Direttore Andrea Zoppolato “L’estate di FILOSOFIA POLITICA – Terza puntata: Cerco l’UOMO”

Leggi anche: 
Lezione di autonomia
La Responsabilità: perché così fondamentale
L’identità
Il fine della politica
La crisi della politica

Benvenuti all’estate di Filosofia Politica. Abbiamo visto nei giorni scorsi perché ci occupiamo di Filosofia Politica: significa interrogarsi sul perché, sul fine. Perché solo se si capisce il fine della politica si può capire se quello che si sta facendo è bene o male. Questi video sono introduttivi per la scuola politica di Vivaio che avrà luogo a fine settembre e si occupa di quattro ambiti: l’economia, la tecnica politica, la cultura e la psicologia. Nel primo video abbiamo visto il perché si fa politica in termini aristotelici: si è parlato di politeia, l’obiettivo della politica è quello del creare le condizioni ottimali perché le persone possano essere felici. Nel secondo si è visto perché c’è questa crisi della politica,  riprendendo Hobsbawm col “Il secolo breve” che sostanzialmente ha certificato la fine della politica, in quanto i programmi per rendere felici le persone provati nel novecento sono tutti miseramente fallitiPer capire perché sono falliti bisogna partire dall’uomo così come visto che si parla della felicità delle persone, bisogna ritornare all’uomo che il concetto più radicale della filosofia e di capire qual è la visione dell’essere umano. 

Cerco l’UOMO

# La visione dell’uomo partendo da Diogene

Parlando di visione dell’essere umano vorrei partire da Diogene “il cinico”, un personaggio pittoresco dell’antica Grecia del quarto secolo A.C.  Viveva in una botte perché sosteneva che l’obiettivo dell’essere umano è quello del vivere in modo totalmente autentico e per vivere in modo totalmente autentico, essenziale, doveva essere in grado di rinunciare a qualunque bene materiale. Quindi viveva in una botte. C’erano diversi aneddoti su di lui, ad esempio questo: l’unico patrimonio che aveva era una ciotola con cui prendeva da bere. Ma quando vide un bambino che beveva usando solo le mani, buttò via la ciotola perché disse “questo bambino allora è superiore rispetto a me”. E’ celebre e utile dal punto di vista del contatto con la politica soprattutto per due motivi: il primo sono i suoi incontri con Alessandro Magno. Lui viveva col nulla e Alessandro Magno che invece aveva questa brama di “conquistare tutto il mondo” volle conoscere questo uomo, che era anche detto il “Socrate pazzo”. Alessandro andò da lui e lo trovò che stava sdraiato a terra a prendere il sole. Alessandro Magno gli chiese di cosa avesse bisogno e il filosofo rispose: “ho solo bisogno che ti sposti, perché mi stai facendo ombra“.

Oltre a questo ci furono altri episodi, perchè Alessandro Magno era incuriosito da questo personaggio. Siccome Diogene veniva chiamato “cane”, allora gli mandò del cibo per cani, delle ossa, dei resti, quindi Alessandro andò da lui e gli chiese com’è andata. Diogene rispose: “il cibo era da cane ma il regalo non era degno di un re. Un fatto curioso fu che tutti e due morirono lo stesso giorno nel 323 a. C. e prima della morte si disse che a Alessandro Magno che ormai aveva conquistato tutto il mondo conosciuto, gli chiesero se era felice della sua vita. Lui rispose che se non fosse stato Alessandro sarebbe voluto essere Diogene: cioè se non avesse avuto tutto avrebbe voluto avere il nulla, però in grado di apprezzarlo. Diogene è così importante oltre che per quest’incontro con Alessandro, per l’aneddoto più celebre: c’era un periodo che Diogene andava in giro in pieno giorno con una lanterna. Chi lo incontrava gli chiedeva come mai tu pazzo, perché vai in giro con la lanterna in pieno giorno e lui rispondeva: “cerco l’uomo“. Cerco l’uomo perché non trovava nessun essere umano autentico. Quindi questo è il concetto, la radicalità, quando perdi tutte le convenzioni e i beni materiali alla fine il centro di tutto è: cos’è l’essere umano. Fare luce sull’essere umano è importante, anche perché dall’essere umano poi si parla della politica, perché il nostro obiettivo è quello di identificare nella filosofia politica non solo i fini, ma quale dovrebbe essere in senso aristotelico la politeia cioè l’organizzazione ottimale.

# Le due visioni di essere umano dominanti

Ci sono due visioni dell’essere umano dominanti. La prima è quella contemporanea, l’altra è quella classica. Ora faccio un discorso propriamente strumentale al tema della politica, per approfondire vi rimando a studi, a libri o ad altri incontri magari in forma più riservata. Però in questo caso parlo solo di che cosa serve per affrontare il nostro discorso. Una è quella contemporanea, una quella classica. Il punto di comunanza fra queste due visioni dell’essere umano, è che entrambe partono da un dato di fatto, cioè che l’uomo è inconscio a se stesso. La visione contemporanea che è di matrice anglosassone definisce questo inconscio come una “black box”, cioè esiste dentro l’essere umano una scatola nera. Come detto è un dato di fatto che noi non conosciamo una parte di noi. Tutta la storia del mondo, dal “conosci te stesso” dell’oracolo di Delfi, a Socrate con “so di non sapere”, a Gesù Cristo quando dice “Dio perdonali perché non sanno quello che fanno”, per poi arrivare alla spiegazione scientifica con Freud con la formalizzazione dell’inconscio, da sempre si sa che c’è una parte di noi che non conosciamo.

# La visione contemporanea

Qual è però la differenza fra la visione classica dell’essere umano e quella moderna: che quella moderna dice sostanzialmente, visto che è inconscia questa scatola è inutile perderci troppo tempo, cioè non la scopriremo mai. Però al tempo stesso sappiamo che questa scatola incide sulla nostra vita perché comunque ci sono dentro delle forze che comunque sia ci condizionano. Però visto che non le conosciamo, l’unico modo è quello di indirizzare e programmare questa scatola nera con l’io cosciente. Cioè il governo di tutto l’essere umano viene da qui, nel cervello attraverso la volontà, cioè la volontà cosciente deve sostanzialmente programmare e indirizzare le forze che ci sono nell’inconscio. Tra quelle ad esempio è nota la PNL che è la programmazione neuro linguistica, una modalità per cui attraverso la lingua, il pensiero e le abitudini si programma questa scatola nera dell’inconscio. Quindi chi vede l’essere umano in questo modo, sostanzialmente lo considera coincidente con la razionalità cosciente, e l’obiettivo dell’essere umano a quel punto è di esaudire i suoi desideri attraverso la volontà, perché il centro di tutto è avere degli obiettivi. Tanto più quegli obiettivi sono comuni tanto più si può usare dei programmi verificati. Perché il principio della PNL è quello che se vuoi raggiungere un obiettivo, tipo diventare ricco, devi trovare chi l’ha raggiunto e poi fare esattamente quello che ha fatto lui. La vita è fatta di obiettivi coscienti e la felicità è data dal raggiungimento di questi obiettivi. Questa è una visione che apre tutto un mondo che è tutto nella sfera cosciente, per cui se non raggiungi gli obiettivi significa che hai sbagliato qualcosa e, in generale, tutte le cause che ti hanno fatto fallire sono delle cause tangibili esterne, restando sempre nel mondo dei fenomeni, come direbbe Husserl.

# La visione classica

L’altra strada in questo periodo storico è sicuramente quella meno diffusa, perché è dominante questa che ho appena descritto, basta vedere i media, la cultura, tutto quanto, oggi si basa sull’Io cosciente. Però c’è anche la visione classica. Anche questa dice che c’è una black box, non la chiama black box, c’è un inconscio, però dice sostanzialmente questo: dentro questo inconscio è vero che, come direbbe Freud, ci sono dei mostri però ci sono anche le nostre più grandi ricchezze. Cioè, dentro questo inconscio, come direbbe Platone, c’è la biga, noi siamo come a capo di questa biga dove ci sono i cavalli bianchi e i cavalli neri, bisogna governarli. Dentro queste inconscio c’è sia quindi la componente vitale della nostra identità naturale, la cui dimostrazione viene dal fatto che noi sappiamo che non siamo solo razionalità, perchè tutto il nostro organismo non è governato dalla razionalità. Siamo fatti di miliardi di cellule e tutte queste cellule hanno una loro intelligenza, cioè stanno facendo qualcosa indipendentemente dalla razionalità e soprattutto non credo che nessuno di noi possa dire che noi siamo semplicemente l’io del cervello. Noi siamo tutto questo organismo, noi abbiamo un tipo di intelligenza, che c’è chi la chiama biologia chi la chiama natura, ma soprattutto è quel tipo di intelligenza che tutti i grandi di ogni scuola di pensiero l’hanno identificata. Per gli antichi era un dato di fatto. Quest’anima non è un concetto religioso o astratto ma era qualcosa di molto reale: l’uomo è fatto di anima e corpo, per cui Aristotele diceva ad esempio che l’anima è l’essenza che è causa ma anche il fine di ogni essere umano e questa unità di azione indipendente, aprioristica rispetta alla mente è anche il fine di tutte le azioni. Non solo, ma quest’anima è ciò che ci rende anche parte del molteplice. Ci sono tanti altri che l’hanno detto, c’è ad esempio Zoroastro che diceva che dentro di noi c’è una “scintilla divina”. Lo stesso Gesù quando diceva che dentro di noi c’è il Regno dei cieli o Victor Hugo che diceva che è la cosa più grandiosa dell’universo, “più del mare c’è il cielo, ma più ancora del cielo c’è ciò che è chiuso nella nostra anima”. C’era Jung che diceva che l’anima è dentro a ogni cosa, così come Tommaso D’Aquino che diceva questa intelligenza che ci muove è “nel corpo, tutta in ogni parte”. Quindi tutti i grandi saggi lo dicono, nelle Upanishad c’è scritto che se vuoi vedere l’assoluto basta entrare all’interno della conoscenza dell’anima, così come il Buddha diceva che se vuoi trovare Dio, basta mettere in congiunzione tutte le anime del mondo e si potrebbe andare all’infinito con Pelagio e tutti quanti, sono tutti d’accordo che dentro questi inconscio c’è la più grande delle nostre ricchezze.

Allora se è questa la premessa, che dentro di noi c’è questa grande ricchezza, ci siamo che è un controsenso logico quello di dire che l’obiettivo nella vita è programmare questa scatola nera. Se io avessi preso una scatola e vi dicessi che qui dentro c’è il più grande tesoro, nessuno direbbe facciamo finta che non ci sia e viviamo la vita come se non ci fosse. Ma qual è invece il vero fine? Il vero fine è quello dell’oracolo di Delfi “Conosci te stesso” e quello di tutti i grandi che dicono sostanzialmente che il vero fine non è programmare questa scatola ma far luce dentro questa scatola, dove ci sono i mostri ma c’è anche questa che chiamano l’intelligenza della natura, quello che ci rende uguali: siamo diversi in azione storica, ma nel seme siamo uguali.

Quindi questo è il fine individuale: mentre il fine della visione pragmatica contemporanea è quello delle esaudire i propri obiettivi e quindi in ogni momento bisogna avere un obiettivo cosciente ed esaudirlo, l’obiettivo invece della visione classica, che è una visione di saggezza eterna, è di conoscere te stesso, cioè fare luce dentro questa black box, che è tutto un altro mondo. Anche perché nel primo caso se l’obiettivo è raggiungere i propri obiettivi significa, “io devo strumentalizzare tutta la realtà per raggiungere questo obiettivo”, col rischio che magari se questo obiettivo è lo stesso dell’altro, cioè se tutti due abbiamo l’obiettivo di prendere, occupare la stessa sedia, a quel punto si strumentalizza tutto e se l’altro diventa un nemico perché vuole anche lui occupare questa sedia finisce che si può cedere all’aggressività, o perfino alla guerra. Questo è il vero problema sociale di questa visione, così come strumentalizzare tutti i mezzi in funzione di questo obiettivo che è un obiettivo di volontà, non è un obiettivo naturale, può essere molto pericoloso perché rischia di inaridire l’ambiente. Dall’altro lato i rischi vediamo che non ci sono perché che cosa significa avere come obiettivo quello del conoscere se stessi? Significa che in questo caso tutta la realtà mi può essere d’aiuto, ma mi può essere d’aiuto perché può essere uno specchio della mia realtà interiore. Cioè, se io voglio vedere me stesso come faccio a vedere me stesso? Lo vedo attraverso la realtà perché se ci pensiamo è vero che la realtà è una, questo è un mondo ed è un dato di fatto che questa è una realtà oggettiva, però se noi prendiamo venti persone questa realtà viene percepita in venti modi diversi. Innanzitutto perché ognuno la guarda da una posizione diversa e poi perché ognuno ha un sistema di percezione e di verifica della realtà suo personale. Per uno questa realtà sarà bellissima, per un altro magari vedrà che ci sono dei problemi, un’altra vorrà pulire lo sporco:  perché essendo una percezione del sè, una volta che la realtà esterna entra in se stessi, a quel punto visto che se ci sono dieci persone cambia, non è che cambia la realtà ma cambia la percezione della realtà- E cambia in funzione di che cosa? Di chi siamo e di come siamo. Quindi la realtà ci è utile per capire noi stessi in un dato momento: è uno specchio di come siamo. Quindi tornando a noi, perché questo serve dal punto di vista politico? Perché come detto io andrò avanti nei prossimi giorni con questa visione dell’essere umano, la visione dell’essere umano che come detto vuole conoscere se stesso in ogni momento e ogni possibilità o opportunità nella realtà è utile per conoscere se stessi. Però a quel punto tutto  l’impianto della politica va in funzione di questo. Però prima di capire come essere felice e come in senso proattivo si può organizzare la politeia ideale, la politica ideale in funzione di un essere umano, ivedremo invece che cosa lo porta fuori. Per vedere cosa ci porta fuori, domani parleremo di complessi ma soprattutto di intenzionalità. Domani parleremo di Brentano.

ANDREA ZOPPOLATO

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Covid: se si prendono i dati degli ultimi mesi i tassi di MORTALITÀ e LETALITÀ in Italia sono CROLLATI

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Il governo promette un giro di vite per ridurre i contagi: dalle mascherine all’aperto al numero chiuso di locali e piazze, fino all’ipotesi di nuovi lockdown. Qualcosa però non torna: se si guardano i dati ufficiali, gli indici di mortalità e di letalità risultano in picchiata. 

Covid: se si prendono i dati degli ultimi mesi i tassi di MORTALITÀ e LETALITÀ sono CROLLATI

# La mortalità è scesa negli ultimi 30 giorni in Lombardia allo 0,0007%, la letalità al 4%. Mentre in Italia siamo al 2%


I principali organi di informazione e della politica parlano di situazione a rischio con migliaia di nuovi casi in aumento e centinaia di focolai. Si dà colpa di questo al mancato rispetto delle regole dei cittadini, alla troppa libertà concessa dopo l’allentamento delle misure o a chi rientra dalle vacanze all’estero.

Per far fronte a queste emergenza che sembra peggiorare si attuano regole sempre più stringenti, come le mascherine all’aperto o la quarantena per chi ritorna dalle vacanze, ipotizzando anche nuovi lockdown. Eppure i dati ufficiali dell’epidemia degli ultimi 60 giorni o meglio ancora degli ultimi 30 giorni, trasmettono uno scenario diametralmente opposto. Non solo la situazione non sta peggiorando ma anzi, presenta un miglioramento esponenziale.  

Leggi anche: 🔴 Quarantena per chi rientra dall’estero, mascherine all’aperto e nuovi lockdown: il nuovo PIANO del GOVERNO. Eppure i DATI mostrano una REALTÀ DIFFERENTE

Infatti come si può vedere dall’analisi che abbiamo effettuato, prendendo unicamente i dati ufficiali della Protezione Civile Italiana, ricaviamo i due indicatori simbolo per valutare la gravità di una patologia: il Tasso di Mortalità e quello di Letalità.

Il tasso di mortalità calcola quanti decessi ci sono stati, in questo caso con o per il Covid, in percentuale sul numero di abitanti. Il dato che emerge è che negli ultimi 60 giorni in Lombardia il tasso di mortalità è dello 0,0038%, mentre negli ultimi 30 giorni è sceso allo 0,0007%. Sulla base dell’intera popolazione italiana la mortalità risulta ancora più bassa: lo 0,0016% a 60 giorni e lo 0,0004% tenendo conto degli ultimi 30 giorni.

Un andamento simile lo segna il tasso di letalità che fa riferimento al numero di decessi in proporzione ai casi risultati positivi (numero totale dei contagiati). Per la Lombardia abbiamo un indice al 7% degli ultimi 60 giorni, ossia già inferiore di oltre il 60% alla media totale del periodo (17%). Indice che scende al 4% sugli ultimi 30 giorni. Meglio ancora il dato nazionale con un 6% negli ultimi 2 mesi e  al 2% nell’ultimo mese, sensibilmente inferiori rispetto a quasi il 14% di letalità delle statistiche ufficiali. Questo significa che prendendo i dati dell’ultimo mese chi è stato contagiato dal Covid avrebbe una percentuale attorno al 98% di guarire. 

Questi dati confermano anche il trend degli ospedali i cui reparti in terapia intensiva o ordinaria risultano svuotati rispetto ai mesi passati: 11 malati in terapia intensiva per Covid in tutti gli ospedali lombardi e poco più di 50 se si calcolano tutti gli ospedali italiani. 

# Gli indici di letalità potrebbero essere ancora più bassi, se disponessimo di un campione simile a quello emerso dall’indagine sierologica nazionale

I tassi di letalità calcolati negli ultimi due mesi sono confortanti ma potrebbero risultarlo ancora di più se si estendesse il numero delle persone che sono state contagiate ma che non rientrano nei dati della Protezione Civile che calcola solo le persone sottoposte a tampone.

Come calcolato infatti dall’indagine sierologica nazionale, il numero reale dei positivi è superiore di molto alle statistiche ufficiale: con 1,5 milioni di positivi certificati ha fatto scendere drasticamente il tasso reale di letalità al 2% sull’intero periodo. Questo significa una percentuale ancora sensibilmente inferiore se si calcolassero soltanto decessi e contagiati reali degli ultimi due mesi. 

Se la mortalità e la letalità della pandemia risultano in picchiata rispetto alle fasi passate dell’emergenza, che senso ha aumentare gli allarmi in nome di contagi che non presentano preoccupazione sul loro decorso?

Leggi anche: COVID: 6 volte più dei casi ufficiali. Il TASSO DI LETALITÀ crolla dell’85%

FABIO MARCOMIN

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