Il fervore che l’autonomia differenziata sta maturando in Veneto è alimentato da incontri sui singoli temi che riguardano questo progetto. In questo contesto, Venezia rivolge al governo una richiesta per ottenere una maggiore autonomia decisionale, partendo dalla gestione del turismo fino alla tutela fisica e sociale della città.
# L’economia della bellezza
Questo tema è stato volutamente trattato dall’assessore alla Coesione Sociale, al Turismo e allo Sviluppo Economico del Comune di Venezia Simone Venturini, durante un incontro sul tema “L’economia della bellezza” tenutosi a Ca’ Sagredo (Venezia). L’evento è stato promosso da Michel Curatolo, presidente del Nations Award di Taormina, con il sostegno dell’Associazione Veneziana Albergatori. Seguendo l’ispirazione dell’edizione annuale che si svolge nella splendida cornice di Taormina, l’incontro in laguna ha celebrato il connubio tra cultura, arte e territorio, esaltando la bellezza come motore di sviluppo economico e culturale.
Credits: Venezia non è Disneyland (FB)
Accanto a Venturini, è intervenuto Michele Tamma, direttore del CISET (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica) dell’Università Ca’ Foscari. Il CISET sta collaborando con l’amministrazione veneziana per analizzare i fenomeni turistici. Tamma ha sottolineato l’importanza di abbandonare la logica puramente quantitativa per affrontare il problema dell’overtourism da un punto di vista qualitativo.
Credits: Venezia non è Disneyland (FB)
«È essenziale – ha spiegato Tamma – adottare misure che non separino i turisti dai residenti, ma li vedano come parti integranti della stessa comunità. La città deve essere un luogo vivo e non trasformarsi in un parco a tema. Si tratta di un problema di organizzazione, e la prenotazione anticipata rappresenta la soluzione più adatta.»
Oltre un secolo fa, assieme ai quartieri eleganti e rinomati della piccola borghesia, si trovavano quelli più loschi e malfamati caratterizzati da osterie di bassa lega e bordelli. Fu grazie alla legge emanata da Cavour nel 1859 che a Milano ebbe inizio la storia delle case chiuse. Ripercorriamo quelle torbide vicende.
Tutto ha inizio quando Cavour nel 1859 emanò una legge che permetteva la nascita di bordelli gestiti direttamente dallo Stato italiano, che si sarebbe occupato anche dell’aspetto sanitario e igienico, come era già successo con Napoleone Bonaparte dopo aver conquistato l’Italia settentrionale. Successivamente, con l’unificazione dell’Italia nel 1861, la legge trovò estensione anche nel resto delle regioni.
# Quali erano i quartieri a “luci rosse” della città
milanoguida.it – Tariffario esposto in una casa chiusa
Si trovavano nelle aree più povere della città, come il Verziere, “decantato” nella poesia “La Ninetta del Verziere” da Carlo Porta, nelle vicinanza dell’attuale Università Statale.
Il Castelletto, in piazza Beccaria, era uno dei bordelli più popolari: la prostituzione era sì legale, ma le donne rischiavano multe salate se sorprese ad adescare i clienti in pubblico. Tra l’attuale Piazza Diaz e Santo Stefano c’era il Bottonuto, dove le prestazioni costavano 5 lire il giorno, fino a 10 nel caso di un albergo a ore. In via Vittoria Colonna il prezzo saliva a 50 lire, ma era incluso il pranzo, mentre in zona Porta Ticinese per trascorrere qualche ora con una ragazza presso il vicolo Calusca, il bordello che si trovava dietro la chiesa di Sant’Eustorgio, bisogna fare richiesta al protettore locale, il “menacapi”.
# La case chiuse più belle: con salottini privati e specchi sui soffitti
BreraLuciRosse
Nonostante i bordelli non fossero di i luoghi più rinomati, ce n’erano alcuni che si distinguevano per la loro bellezza, come quelli attorno a via Disciplini, che potevano offrire un salottino privato ai propri clienti, e quelli in via San Pietro all’Orto, vicino alla chiesa di San Carlo, le cui camere avevano degli specchi sul soffitto. Le case chiuse di via Chiaravalle invece erano molto apprezzate dagli alleati nella seconda guerra mondiale.
La palla di cannone nel muro: un reperto straordinario della storia di Milano… da valorizzare
# Non una palla di cannone qualsiasi
Un reperto storico di grande importanza in corso di Porta Romana al numero 3. Non si tratta di una palla di cannone qualsiasi, no: è una di quelle scagliate dall’esercito austriaco per contrastare l’insurrezione dei cittadini milanesi in occasione delle Cinque Giornate del marzo 1848.
# Da valorizzare come un’installazione
Crediamo che invece di tenerla così seminascosta, come uno sfregio a un palazzo, si dovrebbe valorizzare il suo contenuto simbolico, dandole la dovuta enfasi con adeguati cartelli e illuminazioni. Trasformandola in una vera e propria installazione.
Trasmette infatti:
uno dei fatti più importanti del risorgimento italiano
un messaggio di pace: meglio di un’installazione denuncia i crimini della guerra e, al tempo stesso, la sconfitta della guerra (la palla di cannone finita nel muro è un’immagine di sconfitta per chi crede nella forza delle armi da fuoco)
un messaggio di orgoglio: mostra che gli austriaci non scherzavano, se era il caso gli oppositori li prendevano a cannonate. Eppure i milanesi hanno vinto la paura, si sono ribellati e hanno portato a Milano una vittoria storica.
Le strisce in galleria della metro: che cosa significano?
# Le strisce a forma di “V” rovesciata sulle pareti delle gallerie
Credit: mobilita.org – Linea Lilla
In molti ci avranno fatto caso ma in pochi si saranno dati una spiegazione plausibile. Viaggiando a bordo dei convogli ferroviari nei tratti di percorso in galleria o meglio ancora sui treni della metropolitana, che si muovono prevalentemente sotto la superficie, osservando dai finestrini si possono notare delle strisce bianche o gialle, a volte tratteggiate, lungo le pareti delle gallerie. Hanno un andamento a forma di “V” rovesciata e fanno parte della segnaletica complementare. Ma a cosa servono?
# Servono per sapere dove si trovano le nicchie per mettersi al riparo
Credits giovanni-grande fb – Strisce in galleria.jpg
Queste strisce hanno una doppia funzione:
#1 Servono quando ci si trova al buio dentro la galleria ed è utile agli operai al lavoro sui binari, dato che sono dotati solo di una torcia,
#2 E, in caso di emergenza, servono ai passeggeri quando sono costretti a scendere per problemi sulla linea o guasto al treno.
La parte discendente della striscia indica la nicchia più vicina dove mettersi al riparo, mentre l’apice segnala il punto di esatta equidistanza tra le due nicchie adiacenti in modo da avere un riferimento spaziale mentre si cammina fiancheggiando le pareti.
Chi non conosce “La 90” alzi la mano. Comunemente chiamato così, questo autobus, attraversa tutta la circonvallazione di Milano, e per questo è molto famoso. Come tutte le cose famose, su di esso aleggiano dicerie e luoghi comuni, storie e leggende metropolitane ahimè spesso negative.
“E’ pieno di stranieri, è pericoloso, attenta alla borsa, non prenderla di sera”, mi è stato detto. Ho preso la 90 per un mese di fila, ogni giorno mattina e sera e ciò che ho constatato è che viaggiare su questo filobus è come fare il giro del mondo in 45 minuti.
E’ la prima cosa che salta all’occhio: gente di tutte le età e nazionalità. Salire sulla 90 è come andare dal Nord Africa alla Cina, con una puntatina in India, passando per il Sud America e rientrando dai Balcani attraversando il Sud Italia.
#2 Non solo ubriaconi
Si d’accordo, qualcuno che ha alzato il gomito sulla 90 lo trovi sempre, ma non pensate sia un autobus pieno di hooligans al rientro da una partita.
#3 Un viaggio un racconto
C
Se mettete da parte ogni rigidità e vi rilassate un po’, questo giro per il mondo vi regalerà delle storie davvero interessanti. Come Enzo, anziano signore di Milano, all’apparenza un homeless ma con sorpresa un uomo dalla fervida cultura, che mi ha raccontato della sua prozia, una shamana che vive in Siberia, e di come gli animali selvaggi del luogo siano deferenti verso l’anziana signora dai poteri straordinari.
#4 Sfatiamo alcuni luoghi comuni
Avere gli occhi aperti a tenere al sicuro la borsa è una prerogativa di ogni mezzo pubblico della città. Non solo della 90.
#5 Un fedele specchio della società odierna
Poveri, meno poveri, benestanti, clochard, sognatori, affranti e speranzosi questo luogo è un mix di ogni status sociali e mood differenti. Di certo, è pieno di autenticità…dal calore dei sudamericani alle monoespressioni dei cinesi, qui si respira vita! Quella vera, quella delle non apparenze.
#5+1 Non tenere la testa bassa
Concludo con un consiglio: non tenete la testa bassa, non siate prevenuti, mettete per un momento da parte il cellulare. Guardate negli occhi le persone, sorridete se potete, osservate, parlate: vi accorgerete di tanti gesti, situazioni ed espressioni che vi aiuteranno a capire meglio chi non è del vostro Paese, ma che nel vostro Paese ci vive. Come Aziz che mi ha ceduto il posto credendo fossi incinta (qualche kg fa) e di Juanito che è scattato in piedi non appena è salita l’anziana signora. O di Ekaterina, appena arrivata dalla Russia in cerca di lavoro, o di quel gruppo di adolescenti africani chiassosi che ti chiedi come facciano ancora a sorridere con quei denti bianchi che si ritrovano.
Non capisco perché facciamo i fighi dicendo di viaggiare il mondo per conoscere nuove culture e poi facciamo fatica a salire su un autobus dove, queste culture ci sono ogni giorno ad ogni ora, e al modico prezzo di 2,20€.
beerbike_friends_milano IG - Benvenuti a Porto di Mare
Doveva essere il nuovo porto di Milano. Nei decenni si sono però ipotizzate diverse trasformazioni della zona, mai realizzate, che oggi vive tra il degrado e la voglia di rinascere con alcune attività che tengono viva la comunità del quartiere. Ecco come si presenta oggi Porto di Mare e cosa si sta facendo per il suo futuro.
# Una periferia in chiaroscuro che avrebbe dovuto ospitare il nuovo porto cittadino
Laghetto a Porto di Mare a causa dell’innalzamento della falda
Sud-est della città, al confine con il quartiere Corvetto, tra i più difficili di Milano, e Chiaravalle. Porto di Mare è un’area di poco più di 350mila mq che vive da decenni tra il degrado e la voglia di rinascere. Il suo nome è da far risalire al progetto immaginato agli inizi del ‘900 di un nuovo porto per la città data ormai la saturazione della Darsena in zona Ticinese.
Credits: Urbanfile – Rendering del porto nel progetto originale
Per rendere possibile la funzione di porto tra il 1902 ed il 1917 erano stati elaborati alcuni progetti per un collegamento tra l’area milanese ed il Po, in particolare il primo progetto del Canale navigabile Milano-Cremona-Po. Doveva essere situato nell’area che oggi è il Parco Alessandrini, ma salvo i lavori di scavo di una grande buca per creare il bacino necessario all’attracco delle navi, non si fece più nulla. L’area fu trasformata prima in cava, poi utilizzata come area di pesca e infine piantumata una volta dismessa. In seguito, si decise di chiamare la fermata della nuova linea metropolitana M3 “Porto di Mare” in onore del progetto mai realizzato.
Credits Comune di Milano – Localizzazione progetto Cittadella della Giustizia
Nei decenni si sono fatte strade diverse ipotesi di trasformazione di Porto di Mare. Tra questi l’idea di realizzare la “Cittadella della Giustizia” per trasferire tutti gli uffici giudiziari, il carcere circondariale di San Vittore e numerosi alloggi per i lavoratori. Ci fu poi quelle per una riqualificazione che comprendesse housing sociali, un villaggio dello sport, comprensivo d’impianti di atletica, golf e tennis, e il 50% della superficie a parco. Infine la realizzazione spazi per attività artigianali e produttive e per strutture sportive oltre a studentati e alloggi per le famiglie degli ospedalizzati. Niente di tutto questo però è avvenuto.
# Come è la situazione oggi
beerbike_friends_milano IG – Benvenuti a Porto di Mare
Oggi, come è detto, la zona vive una dicotomia tra luoghi funzionanti e aperti alla comunità e altri abbandonati nel più totale degrado. Tra i primi troviamo il Centro Internazionale di Quartiere (C.I.Q.), un progetto dell’associazione socio-culturale Sunugal, che da oltre vent’anni si occupa di co-sviluppo tra Italia e Senegal, e che nel 2016 ha vinto il bando pubblico per la ristrutturazione e la rivalorizzazione della Cascina Casottello in via Fabio Massimo 19.
C’è poi il Parco Avventura Corvetto, in una porzione del Parco Cassinis, dove si affrontano passerelle, ponti, salti nel vuoto, liane, reti e carrucole.
donatialberto IG – Sporting Corvetto
Infine troviamo i due centri tennistici, lo Sporting Corvetto e il Tennis dei Pini per un totale di dieci campi da tennis, e tre da calcetto, che dopo 50 anni di attività hanno però ricevuto la lettera di sfratto.
Comune di Milano.it – Area Porto di Mare
La stessa che hanno ricevuto altre attività dell’area, da sfasciacarrozze a demolitori fino a riciclatori di rifiuti, perchè l’obiettivo del Comune di Milano è di riqualificare un’area «terra di nessuno» disordinata e frammentata per riorganizzarla. A seguito della raccolta di di manifestazioni d’interesse sull’area lanciata da Palazzo Marino già alcuni gruppi privati hanno palesato interesse all’acquisizione dei terreni.
# Tra i progetti di rinascita attesi, ma ancora fermi, c’è l’Urban Park: la cittadella dello sport e della musica
marmaz IG – Borgo del tempo perso in abbandono prima della demolizione
Un processo in atto da tempo e che si è intensificato negli ultimi anni, con attività propedeutiche alla riqualificazione complessiva dell’area, operazioni di rimozione dell’amianto su numerose coperture dei fabbricati esistenti e una prima indagine ambientale preliminare conoscitiva dello stato di salubrità dei suoli. Accanto a questo è stato avviato un percorso di regolarizzazione delle attività esistenti e di valorizzazione di alcuni immobili dalla Cascina Carpana all’ex discoteca Karma – Borgo del Tempo Perso.
Rendering Urban Park
Quest’ultima dovrebbe diventare un centro composto da: una piscina con anfiteatro urbano e relative strutture di servizio, un’area eventi scoperta, un’area eventi coperta in tensostruttura, un’accademia, camerini, uffici, campi di Padel e relativa struttura di servizio, un’area espositiva/mercato in concessione a “Coldiretti”, un’area parcheggio e un’area verde. Il progetto proposto dalla società Social Music City, che si è aggiudicata ando per la concessione in diritto di superficie per trent’anni dei 6.100 mq , è però ancora in stallo. Demolizione il complesso nel 2022 ed effettuati i disboscamenti, a causa di lentezze burocratiche i lavori veri e propri non sono ancora partiti.
Usciti i dati dell’ultima indagine condotta dall’Unione Nazionale Consumatori, basata su dati ISTAT.Milano si posiziona, a sorpresa, al 5° posto tra le città lombarde più colpite dall’inflazione ed è fuoridalla top 10 nazionale.
L’andamento lento dell’inflazione a Milano: tra le meno colpite in Italia. Eppure è seconda per caro vita
# La classifica dell’inflazione
Contrariamente alle aspettative, Milano non è la città più afflitta dall’aumento dei prezzi. Questo non significa che la vita nel capoluogo meneghino sia economica, anzi, Milano rimane una delle città con il costo della vita più elevato in Italia.
A livello nazionale, la città che ha subito i rincari maggiori è Bolzano, che ha visto un aumento annuo stimato di 724 euro a famiglia. Siena e Macerata seguono con un rincaro di circa 500 euro, mentre Trento chiude il podio con un aumento di 403 euro.
Sorprendentemente, nessuna città lombarda compare nella top 10 nazionale dei rincari, confermando che l’inflazione ha colpito più duramente altre aree del Paese, in particolare il Nord-Est e alcune regioni del Centro.
In Lombardia, la città più colpita è Lecco, dove il costo medio della vita è aumentato di 341 euro all’anno per una famiglia. Seguono Como, con un incremento di 335 euro, e Bergamo, con 279 euro. Nonostante questi rincari, le percentuali d’inflazione rimangono inferiori rispetto a città come Bolzano e Trento. Lecco ha registrato un aumento dell’1,3%, mentre Bolzano ha toccato un picco del 2,5%.
Milano si posiziona solo al 5° posto in Lombardia con un aumento medio di 229 euro per famiglia, pari a uno 0,8% in più rispetto allo scorso anno. Questo dato colloca la metropoli lombarda alla 41° posizione sulla scala nazionale, un risultato decisamente inaspettato per una città nota per i suoi alti costi.
# Costo della vita a Milano: inflazione moderata, ma spese elevate
Sebbene Milano non sia la città più colpita dall’inflazione, il costo della vita rimane estremamente elevato. I dati confermano che i milanesi continuano a pagare prezzi superiori alla media nazionale per una vasta gamma di beni e servizi, a partire dagli affitti. Milano ha visto un incremento costante dei costi abitativi negli ultimi anni, rendendola una delle città più care d’Italia, nonostante il recente rallentamento dell’inflazione.
Secondo un’analisi del Codacons del 2024, Milano si posiziona al secondo posto in Italia per il costo della vita, subito dopo Aosta. I prezzi degli affitti, dei beni di prima necessità e dei servizi sono tra i più alti del Paese, con monolocali che superano spesso i 900 euro al mese e costi alimentari in costante aumento. Un singolo a Milano, soprattutto nella fascia tra i 18 e i 29 anni, deve affrontare spese superiori del 23% rispetto alle altre aree metropolitane, mentre i salari, pur più alti della media nazionale, non compensano adeguatamente il divario.
# Per vivere a Milano servono 3.000 euro al mese
Credits Kunnasberg-pixabay – Costi energia
Uno studio di Tortuga e Adesso! evidenzia come i giovani milanesi, soprattutto quelli a basso reddito, siano tra le categorie più colpite da questa disparità. Per loro, la soglia di povertà si attesta a 1.175 euro al mese, ben oltre la media nazionale, mentre i salari orari lordi restano in linea o addirittura inferiori rispetto ad altre regioni d’Italia. Questo squilibrio tra redditi e costo della vita rende Milano una città particolarmente ostile per i single e per chi ha difficoltà a far fronte alle spese.
Secondo lo studio, per vivere decorosamente in città è necessario un reddito netto di almeno 1.700-2.000 euro, ma per garantire un certo livello di comfort, la soglia si alza a circa 3.000 euro al mese. Il costo della vita, particolarmente gravoso per affitti e beni di consumo, rende difficile il risparmio, creando un gap tra le aspettative professionali e la realtà economica della città.
# La Lombardia è spaccata in due: l’inflazione divide Nord e Sud
Tornando all’indagine sul peso dell’inflazione, è evidente una netta differenza tra le province settentrionali e meridionali della Lombardia. Lecco, Como e Bergamo sono le città più colpite dall’inflazione, con aumenti superiori all’1%. Al contrario, città come Pavia e Lodi, situate più a sud, hanno registrato aumenti molto più contenuti. A Pavia, ad esempio, l’incremento annuo è stato di soli 84 euro, pari allo 0,3%, l’inflazione più bassa registrata in Lombardia.
Questa “spaccatura” riflette una tendenza territoriale che vede il nord della regione più vulnerabile agli aumenti, mentre il sud riesce a contenere meglio l’impatto dell’inflazione. Brescia si pone al centro di questa divisione, fungendo da ponte tra le due aree.
Nonostante ciò, Milano rimane un caso unico: mentre le altre città del Nord soffrono di più, il capoluogo lombardo è stato relativamente protetto dall’aumento dei prezzi. Questo, di certo, non riduce la pressione sui cittadini, che devono comunque affrontare un costo della vita tra i più alti del Paese.
Negli Stati Uniti, oltre 45.000 membri dell’International Longshoremen’s Association (ILA), sindacato fondato nel 1892, che rappresenta i lavoratori dei porti, delle banchine e degli scaricatori, sono entrati in sciopero martedì 1 ottobre, segnando la prima azione sindacale di questo tipo in quasi 50 anni. Le conseguenze potrebbero presto ripercuotersi sull’Italia e sull’Europa.
USA, 45.000 portuali in sciopero: «catena di approvvigionamento in crisi»
# Ragioni e dinamiche dello sciopero
La protesta ha colpito 36 porti lungo la East Coast e nel Golfo del Messico, generando timore rispetto a una crisi della catena di approvvigionamento, che potrebbe avere ripercussioni anche in Europa e in Italia.
L’azione di sciopero è stata innescata da controversie relative all’automazione del lavoro, che avrebbe lasciato a casa alcuni degli impiegati, e alla dimensione dei salari rispetto al nuovo contratto di lavoro. La ILA ha rifiutato l’ultima offerta dell’US Maritime Alliance, l’organizzazione che rappresenta i datori di lavoro e gli operatori portuali, che proponeva un aumento salariale del 50%, in 6 anni, ritenendola insoddisfacente rispetto alle richieste dei lavoratori, che domandavano un incremento del 77%.
La forza dello sciopero è aumentata dalla certezza che, se la protesta dovesse protrarsi per più di una settimana, i rivenditori statunitensi andrebbero incontro a carenze di beni e il paese a un aumento ulteriore dell’inflazione.
# L’impatto sulla catena di approvvigionamento
Goldman Sachs ha stimato che, per ogni giorno di sciopero e protesta, la chiusura dei porti potrebbe mettere a rischio 5 miliardi di dollari di scambi commerciali internazionali. Un blocco prolungato potrebbe avere effetti a catena su settori molto differenti, da quello alimentare a quello dell’abbigliamento, dato che molti dei prodotti che si ritrovano sugli scaffali dei negozi statunitensi provengono proprio dai porti colpiti.
La situazione è ancora più critica se consideriamo che circa la metà dei prodotti di Dollar Tree, la catena di negozi al dettaglio statunitense specializzata nella vendita di prodotti a prezzo fisso (principalmente 1 dollaro), passa attraverso questi porti.
# Quali conseguente per Italia e Europa?
Credits: Domenico Farone – Pixabay – Il porto antico di Genova
Le implicazioni di questa crisi potrebbero non limitarsi agli Stati Uniti. L’Europa, e in particolare l’Italia, potrebbero subire effetti collaterali significativi. La nostra economia è fortemente interconnessa con quella statunitense e molti importatori italiani fanno affidamento sui beni che transitano attraverso i porti americani. Se i ritardi e le carenze di beni aumentassero negli Stati Uniti, le aziende europee potrebbero trovarsi a dover affrontare costi più elevati e ritardi nelle consegne.
Inoltre, i porti italiani, come quelli di Genova e Trieste, potrebbero registrare un aumento del traffico mentre i carichi destinati agli Stati Uniti cercheranno rotte alternative per non rimanere incastrati nei porti statunitensi. Tuttavia, questo potrebbe non essere sufficiente per mitigare gli impatti diretti della crisi della catena di approvvigionamento, specialmente in un momento in cui l’Europa sta già affrontando sfide economiche legate all’aumento dei costi energetici e all’inflazione.
# La situazione potrebbe peggiorare?
Il leader dell’ILA, Harold J. Daggett, ha avvertito che il sindacato è pronto a continuare lo sciopero finché non verranno soddisfatte le loro richieste. Questo clima di tensione è una sfida fondamentale non solo per l’economia statunitense, ma anche per le economie europee, che già si trovano a fronteggiare mercati in crisi. L’incertezza generata da questo conflitto tra lavoratori e datori potrebbe portare a un aumento dei prezzi dei beni e a una nuova ondata di inflazione, fattori che l’Italia e il resto dell’Europa non possono permettersi di ignorare.
In sintesi, mentre gli Stati Uniti si preparano ad affrontare le conseguenze dirette degli scioperi portuali, è essenziale che l’Europa e l’Italia ragionino per non subirne le conseguenze indirette che potrebbero avere ripercussioni a lungo termine sul settore industriale.
La bandiera di Milano è la croce di San Giorgio, rossa su sfondo bianco. E’ nota in tutto il mondo come la bandiera dell’Inghilterra anche se in realtà la storia di questa bandiera è conosciuta da pochi.
Milano ha la stessa bandiera dell’Inghilterra: entrambe hanno copiato Genova
# La bandiera di Milano è nata a Genova
L’uso del vessillo risale a epoche remote. In origine era la bandiera di Genova e faceva riferimento alla piccola chiesa di San Giorgio. La prima prova certa è del 1096.
La stessa croce venne poi usata dai crociati che vennero chiamati in questo modo proprio per il vessillo da loro utilizzato. Lo usarono per tre ragioni: perchè Genova era tra i principali finanziatori della spedizione, perchè la bandiera serviva per percorrere senza problemi il mar Mediterraneo in direzione terra santa, visto che gran parte delle coste erano nelle mani dei genovesi, e perchè Genova possedeva la città di Bisanzio che costituiva la base principale delle operazioni sul territorio.
stemma di genovasimboli delle quattro repubbliche marinare
# L’Inghilterra: uso della bandiera in cambio di un tributo
Per lo stesso motivo dei crociati, ossia di poter viaggiare nel Mediterraneo e sul Mar Nero liberamente, godendo della protezione delle navi genovesi contro gli atti di pirateria, anche l’Inghilterra chiese a Genova di potersi dotare della sua stessa bandiera, pagando in cambio un tributo annuale alla Repubblica.
bandiere di inghilterra scozia e gran bretagna
# Come mai è diventata la bandiera di Milano?
Nella storia di Milano si sono succeduti diversi vessilli, di regola raffiguranti lo stemma della famiglia che regnava sulla città, anche se ognuno di questi si affiancava allo stemma ufficiale di Milano, con la croce di San Giorgio. A questi due vessilli si aggiungeva il Vexillum populus, lo stendardo del popolo, con l’effigie di sant’Ambrogio.
Secondo una leggenda, la croce di San Giorgio venne data come insegna ai milanesi da papa Gelasio I per combattere Teodorico, re degli Ostrogoti, ma è priva di qualunque verifica storica.
Altra leggenda è che fosse stata usata come vessillo identificativo dei crociati milanesi, ma anche in questo caso non esistono prove dell’uso della croce di San Giorgio a Milano precedente alla prima crociata. Quindi c’è chi presume che la sua adozione fosse seguita al ritorno a Milano di crociati milanesi che la estesero al resto della città, anche se la maggioranza degli storici sono convinti che la bandiera sia un atto di devozione a Gesù Cristo, senza alcun riferimento alle crociate.
La più antica testimonianza che cita la bandiera di Milano nella forma di una croce rossa in campo bianco è del 1155: appare in una lettera spedita dai tortonesi ai consoli di Milano. Su questo documento la bandiera di Milano è una croce con le braccia che si allargano alle estremità.
prima traccia della bandiera di milano (1155)
# Da Milano a simbolo di libertà e di autonomia in tutta Italia
Il primo evento storico che ha portato alla notorietà questo simbolo ebbe luogo nel 1160 quando sul Carroccio di Milano svettava «un grandissimo vessillo bianco colla croce rossa», che comparve anche sul Carroccio utilizzato nella battaglia di Legnano (29 maggio 1176), che vide la vittoria della Lega Lombarda sull’esercito del Sacro Romano Impero di Federico Barbarossa. La Lega Lombarda scelse infatti come bandiera lo stendardo bianco crociato di Milano. Dopo la battaglia di Legnano l’emblema crociato milanese diventò simbolo di autorità ed autonomia e molte città del Nord Italia lo adottarono, tra cui Alessandria, Bologna, Mantova, Varese, Padova e Milano.
All’estero adottano l’antico simbolo di Genova stati come Australia o Georgia, e città come Barcellona, Montreal, Friburgo, Montreal e York.
Le grandi città sono contenitori di scambi culturali, crocevia di opportunità, garantiscono evasione mentale, interazione sociale e ci rendono quel tanto internazionali da renderci speciali agli occhi della provincia. Ma le città sono anche il crogiolo dello stress e delle frustrazioni che a fatica si cercano di gestire, compatibilmente con un’apparenza educata e cordiale tipica delle civiltà evolute. Premettendo che nessuno di noi è esente dalla frustrazioni, ci sono persone che esternano la loro rabbia in un modo davvero poco compatibile con il vivere in comunità.
#1 Automobilisti e scuteristi insofferenti allo scorrere del tempo
Quelli che neanche è scattato il verde e son già pronti a suonare il clacson in via preventiva per poi superarti e insultarti così, perché davi l’impressione di un perditempo. Inutile dire che detestano i pedoni che ai loro occhi è gente che vaga senza direzione.
#2 I negozianti che non sopportano i clienti
Sono li che aspettano una qualsiasi domanda perrisponderti con tono acido, screditante. Godono nel farti sentire un cretino per mettersi in tasca a fine giornata un “pari patta” che riequilibri la loro frustrazione di star lì fino a sera senza guadagnare un granché.
#3 Gli impiegati degli uffici pubblici che ti trattano a pesci in faccia
Fonte: ilmessaggero.it
Prima di attirarmi le ire di mezzo mondo è il caso che specifici che non si può generalizzare. Nello specifico parlo di quelli che, sfiniti da vecchietti sordi e quesiti sempre uguali, dopo aver posto la tua di domanda ti trattano a pesci in facciafacendoti pagare per le mille persone che ti hanno preceduto. Cioè scusate, mica è colpa mia se non sono li a disquisire sul Rinascimento. A me interessava solo capire che francobollo ci vuole per spedire un cartolina in Australia.
#4 Gli insegnanti delle materie NON di indirizzo con manie di protagonismo
Quelli che li avevi messi nella categoria degli ininfluenti ai fini dell’esito scolastico dei tuoi figli e te li trovi con i denti alla giugulare. Caricano di compiti gli alunni al punto che non rimane tempo per seguire le materie per quali li avevi iscritti ad un liceo piuttosto che ad un altro. Potessi dare un consiglio direi di iscrivere un figlio bravo in disegno al linguistico, uno bravo in matematica all’artistico ed uno bravo in latino allo scientifico.
#5 Gli invidiosi che godono delle disgrazie altrui
Qui ci sarebbe da scrivere un romanzo. Te li trovi ovunque, pure sotto al divano. Loro invidiano per invidiare. Se hai i capelli rossi te li invidiano ma se li hai gialli pure. Sei hai la bici invidiano il tuo essere ecologico ma se hai il suv invidiano le tue comodità. Sono persone irrecuperabili. L’unica via è scappare a gambe levate. Arrivano anche ad invidiare le tue disgrazie perché possiedi pure quelle e loro no.
#6 Quelli di mezza età che vorrebbero restare giovani per sempre
Sarebbe facile parlare delle donne rifatte da capo a piedi che competono con le figlie ma soffermiamoci sugli uomini Peter Pan chenon accettano assolutamente di invecchiare. Si fanno la ceretta, si mettono il costume aderente e fanno i piacioni con le liceali. Gli specchi in casa sono deformati da occhi ormai colmi di frustrazione. Qualora una ragazza subisse il loro fascino, in genere basta che tocchi i 35 anni e il foglio di via è assicurato.
#7 Gli haters dei social
hater- Crozza
Inizi a poterli classificare nella categoria dei frustrati quando, invece di portare un parere opposto o una semplice critica, inveiscono come belve insultando, sputando fuoco senza contegno. La cosa lampante è che è tale il bisogno di sfogare rabbia che non colgono né l’ironia ma ancor meno l’autoironia dello scrittore. Ciò gli permetterebbe di vedere che il primo a prendersi in giro è chi ha scritto il testo e non sarebbe necessario aggiungere altro. Ma forse più che contro gli altri ce l’hanno contro se stessi.
E ora, amici haters, potete dare fuoco alle ceneri!
30 settembre: nuovo taglio alle linee di superficie. Il problema è sempre quello, mancano gli autisti: si risolverà la situazione all’inizio del 2025 come promesso dall’AD di ATM Arrigo Giana?
L’austerity alla milanese: tagliate altre linee di bus
# La manifestazione di protesta non ha sortito effetti
Locandina Fake week
Non è bastata la Fake week, la manifestazione di protesta contrapposta alla alla Green week che si è tenuta nelle giornate del 26, 27 e 28 settembre. Una tre giorni con al centro tematiche riguardanti i Giochi Olimpici Invernali 2026, il Consumo di Suolo e il Trasporto Pubblico e che ha visto la partecipazione del Gruppo Comitati #la73nonsitocca, il gruppo AspettaMI e i lavoratori #ATM in collaborazione con Rete dei Comitati della Città Metropolitana di Milano. Le linee di trasporto di superficie hanno infatti registrato l’ennesimo taglio da parte di ATM.
# Le linee tagliate sono passate da 76 a 90, sulle 130 totali
Tabelloni orari mezzi di superficie
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Tabelloni orari mezzi di superficie
Il 30 settembre è partita la nuova sforbiciata alle frequenze delle linee di superficie. Una strategia messo in campo da ATM che avuto inizio nel mese di novembre 2023 e che ad agosto di quest’anno vedeva coinvolte 76 linee su 130. Con i nuovi orari se ne sono aggiunte un’altra trentina, portando il totale delle linee tagliate a 90 su 130. Il motivo è dettato principalmente dalla carenza di autisti e per questo motivo l’Azienda Trasporti Milanesi ha deciso di rimodulare gli orari, riducendo i passaggi, per limitare l’accumulo di ritardi e l’insoddisfazione degli utenti costretti a vedere attese anche di oltre 30 minuti e corse saltate. Il risultato è che i bus passano sempre con una frequenza più rarefatta, ma almeno chi è seduto a guardare la pensilina ha la sensazione che il servizio sia efficiente. Almeno nelle intenzioni di ATM.
# Frequenze fino a 18 minuti, escluse le linee di forza e gli orari di punta
Credits Andrea Cherchi – Tram e Metro dall’alto
Tra le linee soggette a rimodulazione non sono coinvolte le cosiddette linee di forza, quelle che trasportano più passeggeri, e i tagli non riguardano gli orari di punta. Tra queste troviamo i tram 2, 5, 33, gli autobus 61 e 54, per un totale di 15 nuove linee, e altre 15 che avevano già registrato una riduzione delle frequenze. La speranza è che, come auspicato da Arrigo Giana, AD di ATM, la situazione possa tornare alla normalità entro il primo trimestre del 2025, con il progressivo ingresso in azienda di 500 nuovi autisti.
Scopriamo un pezzo dimenticato della storia di Milano, una città che oggi brilla ma che ha vissuto momenti cupi durante la Seconda Guerra Mondiale. In questo video, esploriamo i rifugi antiaerei che hanno protetto i milanesi dai bombardamenti, raccontando storie di timore, resistenza e speranza. Dalle cantine trasformate in bunker ai rifugi storici, scopri come Milano ha affrontato la devastazione e come questi luoghi portano ancora i segni di un passato indelebile. Un viaggio emozionante per non dimenticare.
Il nuovo video di Milano Città Stato di Matteo Respinti. Iscriviti al canale su YouTubeper i video esclusivi di Milano Città Stato.
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Sarebbe una rivoluzione nel mercato delle connessioni internet. Scopriamo come funziona, i vantaggi del servizio e in quanto tempo potrebbe approdare in Italia.
L’ultima rivoluzione di Elon Musk: porterò in Italia Starlink a questo prezzo “super low cost”
# Starlink a soli 10 euro
starlink
Elon Musk avrebbe lanciato la proposta al governo di Giorgia Meloni di portare in Italia Starlink, il suo innovativo servizio di Internet satellitare, con piani di abbonamento a meno di 10 euro al mese. Una rivoluzione nel mercato delle connessioni per il nostro Paese, sia per via dei costi, il servizio sarebbe estremamente competitivo rispetto ai competitor attuali, che del sistema utilizzato, non tanto diverso delle altre proposte di internet satellitare ma con una soluzione tecnologica migliorativa.
# Come funziona
pixabay – Satelliti, Terra
Andiamo quindi a vedere come funziona e le differenze con gli altri sistemi. Per prima cosa i servizi di connessione internet satellitari esistenti utilizzano satelliti che si trovano molto più lontano dalla Terra rispetto a quelli di Starlink. Quest’ultimo infatti sfrutta una vera e propria costellazione di piccoli satelliti lanciati nell’orbita bassa, a circa 500 km di distanza, che lanciano il segnale verso il basso poi catturato da una piccola parabola sull’abitazione del cliente. I satelliti sono dotati di 4 antenne piatte che puntano verso la Terra e consentono di trasmetter un segnale che arriva alla velocità di 610 Mbps utilizzando 3 diverse bande di frequenza.
Non solo, per ovviare alla maggiore velocità dei satelliti nell’orbita bassa gli stessi vengono fatti orbitare continuamente per garantire la connessione sempre in qualsiasi momento.
# I vantaggi del sistema
Parabola starlink
Il vantaggio principale rispetto alle soluzioni esistenti risiede nel minor tempo di latenza, che in sostanza è il tempo di risposta a un comando dopo che è stato ricevuto. La maggior velocità e la minore lunghezza del tracciato percorso dal segnale, dato che i satelliti sono posizionati più vicini alla Terra, consentono di ridurlo sensibilmente rispetto agli altri servizi. Questo consente di fornire una connessione ad alta velocità, in linea con quello della fibra.
L’altro vantaggio, questo in realtà offerto anche dagli altri fornitori seppur con connessioni internet più lente, è l’eliminazione del digital divide potendo servire le aree remote o rurali dell’Italia, dove l’implementazione di infrastrutture terrestri risulta costosa e complessa. Il sistema è già stato implementato con successo in Ucraina, consentendo connessioni nonostante il conflitto, e Zimbabwe.
# Oltre 6mila satelliti in orbita
selectra- Satelliti Starlink
Nel 2019 l’avvio del programma di lancio dei satelliti, in collaborazione con Space X. Un piano in continua evoluzione che ha portato ad oggi a realizzare una costellazione di oltre 6.000 satelliti in orbita, capaci di fornire servizi Internet in tutto il mondo collegando utenti in oltre 70 Paesi. Di recente è stata superata la quota 4 milioni di abbonati a livello mondiale.
# In quanto tempo potrebbe arrivare in Italia e gli ostacoli
Secondo Elon Musk sarebbero necessari tra i 6 e i 9 mesi per introdurre il servizio in Italia. Per farlo opterebbe per un co-finanziamento tra fondi del Pnrr e investimenti privati provenienti dallo stesso Musk. Gli ostacoli sarebbero però diversi. Al nettodell’avvallo da parte di Giorgia Meloni, il cui lavoro politico è stato elogiato da parte dell’imprenditore sudafricano naturalizzato americano anche in occasione della sua consegna a New York del ‘Global Citizen Award 2024’ al nostro primo ministro, c’è da convincere il suo partito e il governo.
Un altro ostacolo potrebbe arrivare dalla raccolta di parte dei fondi tramite il Pnrr, quelli per la digitalizzazione sono stati infatti già assegnati a NetCo e Open Fiber. Questi ultimi insieme a TIM sono inoltre tra i principali competitor proprio di Starlink, che quindi non vedrebbero di buon occhio l’ingresso del nuovo servizio facendo, con molta probabilità, pressioni allo stesso governo. Riuscirà Musk nell’impresa?
Il «Campus urbano digitale»: in Bicocca l’università del futuro?
# Sorgerà una città digitale, sostenibile e sicura per gli studenti?
Credits: initalia.virgilio.it
Bicocca potrebbe rivoluzionare l’architettura degli spazi universitari e accademici, trasformandosi in un campus dove le residenze studentesche e gli spazi di lavoro condiviso si mescolano senza soluzione di continuità. Le strade, immerse nelle aree verdi, sarebbero rigorosamente pedonali.
Smart buildings (edifici intelligenti) e digitalizzazione avanzata: la trasformazione del campus passerebbe da una digitalizzazione totale che ridefinisca la concezione stessa di “edificio intelligente”. Ogni edificio sarebbe dotato di tecnologie avanzate come il 5G e l’Internet of Things (IoT), consentendo la partecipazione immediata a laboratori virtuali, spazi di ricerca e aule interattive.Gli smart buildings dovrebbero includere sistemi automatici di gestione energetica per ottimizzare i consumi, oltre a interfacce intelligenti e realtà aumentata (AR) per fornire supporto immediato sia nello studio e nella ricerca che nella gestione quotidiana della casa.
Mobilità interna sostenibile e innovativa: per garantire una mobilità efficiente, si potrebbero utilizzare veicoli elettrici dotati di intelligenza artificiale che si spostano su richiesta (tramite app). Il sistema, simile a quello già impiegato in alcuni modelli Tesla negli Stati Uniti, potrebbe essere programmato per ottimizzare i percorsi in base alle esigenze di spostamento del momento.
# Spazi ricreativi, sostenibilità e sicurezza saranno imprescindibili
Credits: Carlo Stanga – Università Biccocca, mappa del Campus
Spazi ricreativi 2.0: si potrebbero creare “piazze digitali” dotate di schermi interattivi per assistere a eventi culturali, mostre, presentazioni o trasmissioni rilevanti in tempo reale da altre parti del mondo. Come modello per questo esperimento potrebbe essere preso il New York–Dublin Portal.
Verde, sostenibilità e eiciclo: un campus così innovativo non potrebbe prescindere da edifici progettati per essere carbon-neutral, dotati di pannelli solari, sistemi per la raccolta dell’acqua piovana e tetti verdi. La gestione dei rifiuti, utili anche alla ricerca, potrebbe essere affidata a un sistema tecnologico che utilizza l’analisi dei dati per ottimizzare la raccolta e il riciclo.
Sicurezza avanzata e intelligente: una rete di telecamere intelligenti e sensori di movimento, che utilizzano l’analisi dei dati per monitorare l’ambiente in tempo reale, garantirebbe la protezione del campus da possibili pericoli e problemi. Questi sistemi, integrati con gli smart buildingsdel campus, potrebbero regolare l’accesso agli spazi riservati, offrendo una protezione avanzata per studenti e personale.
Un campus così strutturato potrebbe diventare un gioiello di Milano, forse invidiato anche all’estero. Integrando innovazione, sostenibilità e vivibilità al servizio dell’ambiente accademico, Bicocca diverrebbe la CityLife dell’istruzione.
Quali sono le stazioni ferroviarie più belle d’Europa? Sono queste 15 secondo Viviendumonde, che ha realizzato una classifica combinando le valutazioni di Lonely Planet e TripAdvisor. La Centrale di Milano si conferma tra le meraviglie architettoniche d’Italia. Scopriamo perché.
La Centrale è tra le «più belle stazioni d’Europa»: i 5 punti forza della sua estetica spettacolare
# La Stazione Centrale tra le più belle del Vecchio Continente, l’unica italiana
TheOtherKev-pixabay – St Pancreas
Secondo Viviendumonde la Stazione Centrale è una delle più belle d’Europa. Dalla combinazione delle valutazioni espresse da Lonely Planet e su TripAdvisor sono risultate queste 15 stazioni: in coda troviamo quella di Sirkeci, il principale scalo ferroviario di Istanbul, a seguire la Gare du nord di Parigi, e le stazioni di Budapest Keleti, Limoges-Bénédictins e Atoca Madrid.
viviendumonde IG – Classifica stazioni più belle
Apre la top ten la Stazione Centrale di Lucerna, poi quella di Lipsia, la stazione di Porto São Bento e quelle centrali di Lisbona e Rotterdam.In quinta posizione troviamo la Centrale di Milano, unica italiana: meglio di lei solo la Delft City Hall and Train Station e le stazioni centrali di Amsterdam, Anversa e St Pancreas a Londra, ritenuta la più bella di tutte.
Ma quali sono i motivi che rendono la nostra stazione così bella? Ecco i più importanti.
La Stazione Centrale di Milano è considerata un capolavoro architettonico per diversi motivi. Inaugurata nel 1931, fu progettata da Ulisse Stacchini e soprannominata “Cattedrale del Movimento” per la sua imponenza e monumentalità rappresentata dalla facciata di circa 200 metri in marmo bianco. Lo stile, ironicamente definito “Assiro Milanese”, unisce elementi del liberty e del decò, ma si distingue soprattutto per le sue dimensioni e la ricca decorazione che include immagini di animali e motivi simbolici.
Credits Andrea Cherchi – Fontane Stazione Centrale
Tra questi i cavalli alati, collocati sulla sommità della facciata principale, statue di Pegaso alte ben otto metri che simboleggiano potenza e velocità, teste di leone e chimere, e due fontanoni realizzati in pietra con due mascheroni dal vago aspetto assiro-babilonese.
Al piano strada si viene accolti dall’imponente Galleria delle carrozze. Un enorme galleria, illuminata da vetrate e sovrastata da volte in ferro e vetro, che crea una sensazione di vastità e grandiosità. È uno dei punti più iconici della stazione, dove i passeggeri si trovano circondati da mosaici e decorazioni sontuose, che combinano la funzionalità con il puro piacere estetico e dove un tempo transitavano le carrozze.
#3 Il “Transatlantico”, la grande galleria con vetrate e mosaici al piano binari
Credits: blog.italotreno.it
Al piano binari troviamo il “Transatlantico”, un’altra galleria illuminato da grandi vetrate, con statue e rilevi alle pareti oltre a mosaici anche sui pavimento. Durante il boom economico, era un luogo di incontro per i milanesi, e prende il nome da un modellino di nave che un tempo adornava questo spazio. Il “Transatlantico” rappresenta un luogo nostalgico, carico di storia e significati culturali.
Non si può fare a meno di citare la volta in ferro battuto sopra i binari della stazione. Composta da cinque arcate in ferro e vetro, questa struttura è un esempio di ingegneria avanzata dell’epoca, progettata per coprire l’intera area dei 24 binari della stazione. La copertura non solo protegge i viaggiatori dalle intemperie, ma lascia filtrare la luce naturale, creando un effetto di luminosità e leggerezza che contrasta con la monumentalità della stazione stessa.
#5 La “Sala del Re”, un ambiente lussuoso con lampadari di cristallo e marmi
Credits villeegiardini.it – Sala Reale Stazione Centrale
Infine eccoci a una delle curiosità meno conosciute: la “Sala Reale”, una sala d’attesa riservata alla famiglia reale Savoia, alla quale era riservato un trattamento speciale per ragioni di sicurezza. Questo ambiente lussuoso è decorato con marmi, mosaici e lampadari di cristallo, e presenta persino un passaggio segreto nascosto dietro uno specchio nei bagni, costruito per garantire una via di fuga ai reali in caso di pericolo. Si accedeva
Avanzano i lavori per realizzare un’opera incredibile tra le Alpi, con vantaggi sensibili in termini di tempi di viaggio sia per i treni passeggeri che per i treni merci. Le prime immagini dal cantiere e i numeri dell’opera.
Così si costruisce in Italia il tunnel più lungo del mondo: le prime immagini
# Le immagini all’interno dei cantieri e della Tbm
ingegneria.italia IG - Interno galleria Brennero
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ingegneria.italia IG - Interno galleria Brennero
ingegneria.italia IG - Interno TBM
ingegneria.italia IG - Rivestimento conci TBM
ingegneria.italia IG - Interno galleria del Brennero
ingegneria.italia IG - Cantieri Galleria Brennero
Ingegneria Italia e Rfi ci portano alla scoperta della galleria in costruzione, sia dal lato austriaco che da quello italiano. Nel video vengono illustrate le due principali tecniche di scavo: il drill and blast che prevede la realizzazione di fori nella roccia e l’inserimento di esplosivi per abbattere le pareti, usata per tunnel brevi, e la TBM, quest’ultima consente inoltre di realizzare la galleria con la posa dei conci in cemento armato durante l’avanzamento. I conci vengono realizzati con buona parte del materiale di scavo.
La Galleria di Base del Brennero sarà un’infrastruttura da record, vediamo alcuni numeri del dettaglio:
sarà il collegamento ferroviario sotterraneo più lungo del mondo con i suoi 64 km, di cui 55 km tra Fortezza e Innsbruck e 12,7 km di parte della “Galleria della Valle dell’Inn”, una circonvallazione ferroviaria a sud di Innsbruck;
sarà posta a una quota di 794 m s.l.m. sotto il valico del Brennero;
è previsto un tunnel composto due gallerie principali a binario singolo del diametro di 8 metri;
in totale tra tunnel esplorativi e altre gallerie secondarie sono 230 i km da scavare;
ogni 20 km ci sono stazioni per evacuare i passeggeri;
per il traffico passeggeri tempi di percorrenza ridotti di quasi il 70%, passando dagli attuali 80 minuti a 25, per quello merci da 105 a 35 minuti;
potranno transitare treni a una velocità superiore a 200 km/h, e treni merci più lunghi, più pesanti e in numero più elevato;
nove le talpe utilizzate;
i conci per i rivestimenti delle gallerie possono pesare anche 9 tonnellate.
# Inaugurazione nel 2032
ingegneria.italia IG – Galleria Brennero
Il termine dell’ultimo cantiere di scavo è programmato per il 2028. Per l’attrezzaggio e l’installazione degli impianti tecnologici è previsto la progettazione esecutiva e l’avvio dei lavori nel 2027 con conclusione nel 2032.
È forse il viale più piazza del mondo: viale delle Rimembranze di Lambrate. Una piazza perfettamente circolare che prende il nome di viale. Come mai, si chiede il viandante che capiti da quelle parti? Nel quartiere della Lambretta e di via Ventura, molti rispondono a spallucce, senza sapere la risposta. Ma noi la risposta l’abbiamo trovata.
Perché viale delle Rimembranze si chiama così anche se è… una piazza?
Le Rimembranze si riferiscono al “rimembrare”, ovvero al ricordo. Ma di cosa?
Oggi la piazza-“viale” delle Rimembranze unisce le due parti in cui era divisa fino all’inizio del XX secolo:Lambrate di sotto, che includeva via Conte Rosso (ex corso Vittorio Emanuele, quella in cui si trova La Cappelletta di età romana e sulla quale cadde una bomba durante la Seconda Guerra Mondiale che forò il tetto, non deflagrò e diede origine al “miracolo locale”) e Lambrate di sopra.
Autorevoli guide alla toponomastica meneghina ricordano: [Foto sotto]
Quindi il “Rimembranze” non fa riferimento a quando Lambrate era ancora un comune autonomo da Milano – correva l’anno 1923 – bensì all’ingente numero di abitanti di Lambrate, 114, che persero la vita al fronte nella Grande Guerra.
“La porta d’ingresso di Lambrate”
La piazza di Viale delle Rimembranze, definita da molti “la porta d’ingresso di Lambrate”, è allora da considerare come un giardino della memoria, “al quartiere che ha pagato un forte tributo di vite, rappresentate dai platani che, con tre cerchi concentrici, orlano il centro della piazza. È ampia circa 5000 metri quadrati e ha un diametro di circa 80 metri”, spiega il sito www.z3xmi.it.
Oggi questo non-luogo occupato solo dal traffico delle auto e dal transito della linea tranviaria 33 viene sporadicamente usato, ma occorre premettere che la vera e propria strage prodotta dalla Prima GuerraMondiale (in ci persero la vita oltre 600.000 soldati italiani vi persero la vita), portò alla realizzazione, in moltissime località, di un monumento a ricordo dei caduti. Spesso, secondo tradizione, al posto di una scultura, si dava vita a un viale alberato in cui a ogni pianta corrispondesse un caduto. Sempre per restare in ambito milanese, un viale simile è presente a Greco Milanese, ch’era anch’esso, all’epoca, comune autonomo.
Nel caso di Lambrate, forse per dare maggior enfasi all’immane tragedia, si optò per la realizzazione di un rondò, dove furono messi a dimora 114 platani, ognuno di essi a rappresentare un caduto del quartiere.
Passati molti anni e scomparse le generazioni che avevano vissuto quei momenti si rischiava che il “Viale” delle Rimembranze fosse vissuto come un normale rondò cittadino. Per evitare ciò, qualche anno fa, il consiglio di zona decise di ripristinare le targhette con il nome dei caduti (anche in carattere Braille) sul tronco dei platani. Come a dire che Milano non dimentica”.
Supporta la tesi twbiblio.wordpress.com:
“I caduti del Comune di Lambrate, annesso nel 1923 a Milano, morti nella Grande Guerra furono 114. Per ricordarli fu creato il Viale delle Rimembranze di Lambrate. Ma, contrariamente a quanto avvenuto in altri luoghi, dove al posto di un monumento a ricordo dei caduti è stato realizzato un viale alberato e ogni pianta venne messa a dimora in memoria di un caduto, a Lambrate il viale non fu alberato: lungo il suo asse venne sfruttato un rondò realizzato quale capolinea dei tram e su di esso furono piantati 114 platani.
Sulla facciata della ex scuola elementare Maroncelli lungo il viale, non sul rondò, vi sono due lapidi che riportano i nomi dei caduti, non tutti leggibili perché capita che le corone messe annualmente ne impediscano la vista.
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Passati gli anni i platani sono cresciuti ma alcuni sono inevitabilmente morti. E poiché quel luogo della memoria a chi lo attraversava non evocava il significato di quei platani il Consiglio di zona 3, nel 2005, decise di ripristinare, sui tronchi dei platani, le targhette con il nome dei caduti, indicandoli anche in carattere Braille. Peccato che delle 114 targhe ne siano rimaste solo 16.”
1 ottobre 2024. Salgono a mezzo milione i mezzi privati che non possono più circolare a Milano. Entrano in vigore le nuove regole per l’area B e l’area C. Diventa sempre più dura girare in auto sulle strade di Milano. Ma niente paura: basta prendere l’autobus.
Chi l’ha visto? Speciale puntata sugli autobus di Milano
Autobus? Aumentano le segnalazioni di milanesi che ritraggono ritardi record dei bus di Milano, soprattutto in periferia. Tra scioperi e tagli delle corse serve una puntata di Chi l’ha visto? da dedicare ai bus milanesi.
Ph. Silvia Manzo FB
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Luca Ciffo FB
# I commenti dei milanesi ai super-ritardi degli autobus
Ph. Enrico Fedrighini
Tra i più attivi è Enrico Fedrighini che segnala il ritardo di 23 minuti del 16 in Piazzale Segesta (periferia Ovest): «Quasi mezz’ora di attesa in una fascia oraria di punta per chi deve andare a lavoro, a scuola, ovunque» è il suo commento. «Ho la netta sensazione che questo non sia il modo migliore per incentivare l’uso del trasporto pubblico al posto dell’auto», conclude. Rilancia Roberto De Giorgis che segnala: «Con il 12 navetta siamo intorno a 40/50 minuti con un bus che contiene meno della metà del tram jumbo! Considerando che la 90/91 rallenta per la strettoia fra piazza Stuparich e Zavattari, il centro Mac Mahon è tagliato fuori dal mondo!». Disagio su quel tratto confermato anche da Federico Viola. E non va meglio per le alternative: «Anche la coda di oltre mezz’ora in Centrale per un taxi ieri sera non aiuta. Molte persone hanno chiamato amici/parenti per riuscire a tornare a casa.» lamenta Liliana Taverna.
# «Almeno un elemento positivo c’è: Milano non sarà mai una “città 15 minuti”»
Ph. Enrico Fedrighini
Sempre Fedrighini aveva postato il ritardo di 30 minuti della 68, commentando con ironia: «Diciamo che c’è almeno un elemento positivo, uno solo: Milano non sarà mai una “città 15 minuti”». Risponde scherzando Alessandro Cornali: «Città a 15 minuti o a multipli di 15». Meno ironica Anelisa Starck: «Eppure è un autobus importantissimo per muoversi in zona. L’altra volta 40 minuti sotto il sole!». C’è chi propone l’alternativa della bici (pur “a rischio della vita”, ricordano), anche se Carlo Aldighieri replica: «Uno di 90 anni che deve muoversi va in bici o deve aspettare l’autobus 30 minuti ad esempio? Sono tutti Bartali?». E Luca Ciffo, postando questa foto, rilancia:
Ph. Luca Ciffo FB
«Ora 19.20, dovrebbe passare ogni 9 minuti da orario. (…) Lo devono dire chiaramente che hanno tagliato le corse, così uno si regola». E sottolinea che: «Quando sono arrivato erano 21 i minuti». E chiude con questa immagine, Silvia Manzo:
Uno dei bar più famosi di Milano. Oltre a trovarsi in una location scenografica nel cuore della città, con vista Duomo e Galleria, conserva tutta l’allure dei bar di un tempo, caratterizzato da lusso discreto dal bancone agli eleganti specchi alle pareti. Qui è nato l’aperitivo.
Indirizzo: piazza del Duomo, 21
# Bar Magenta
Credits Andrea Cherchi – Bar Magenta
Uno dei locali più storici della città, aperto da oltre 100 anni. Il suo bancone retrò, i lampadari di vetro ricercati e quell’atmosfera della Milano di una volta fanno di questo bar uno dei più belli in assoluto.
Indirizzo: via Giosue Carducci, 13
# Bar Basso
Credits albertocanella IG – Bar Basso
Il Bar Basso non è solo il locale dove è stato inventato il negroni sbagliato e che affolla di gente anche le vie limitrofe nella bella stagione, ma è anche uno dei bar più eleganti della città.
Indirizzo: via Plinio, 39
# Bar Luce
Credits didieryhc IG – Bar Luce
All’interno del complesso della Fondazione Prada trova spazio il Bar Luce. Nella sua progettazione è stato coinvolto il regista americano Wes Anderson e il risultato è un ambiente che richiama l’atmosfera di uno storico caffè milanese, dalla decorazione del soffitto e delle pareti ispirati alla Galleria Vittorio Emanuele all’arredo interno dal gusto retrò.
Indirizzo: largo Isarco, 2
# Gattullo
credit: flawless.life – Bar Gattullo
Nasce negli anni ’60 il bar-pasticceria Gattullo, punto d’incontro per più di mezzo secolo per famosi e meno famosi, artisti e sportivi, oltre agli abitanti della zona e agli studenti della vicina Università Bocconi. Conserva il fascino dei classici bar milanesi, con pareti, bancone e arredamento in legno come un tempo.
Indirizzo: Piazzale di Porta Lodovica, 2
# Sant Ambroeus
Sant Ambroeus
Altro bar elegante e chic di Milano. Una vera istituzione, aperto dal 1936 e incastonato in un meraviglioso palazzo in Corso Matteotti. Il recente restyling ha preservato e amplificato la location originaria conferendogli un tocco internazionale, con divanetti in velluto, sedie che sono in perfetta sintonia con il pavimento e il legno presente sia nelle pareti, dove si aggiungono inserti decorativi, che nei quadri e negli specchi.
Indirizzo: Corso Matteotti, 7
# Cova
Credits roberta_dna IG – Cova Montenapoleone
Non poteva mancare il bar-pasticceria Cova, meta imprescindibile per chi vuole fare colazione nel Quadrilatero. Una delle storiche eccellenze milanesi, che dopo il passaggio al gruppo del lusso francese LVMH ha esportato il suo brand nel mondo, con i suoi grandi lampadari di cristallo, il parquet a spina di pesce e le sedute trapuntate in velluto viola.
Indirizzo: via Monte Napoleone, 8
# Marchesi
Pasticceria Marchesi
Il bar pasticceria Marchesi in Galleria Vittorio Emanuele ha mantenuto il fascino in stile art déco dello storico locale in Corso Magenta, in chiave leggermente moderna. Spiccano la carta da parati e le sedute tutte in colore verde pistacchio.
Indirizzo: Galleria Vittorio Emanuele II
# Quadronno
Credits leodainelli IG – Bar Quadronno
Il Bar Quadronno è stato la prima paninoteca a tenere aperto fino a tarda notte in città e dove fu inventato qui il panino imbottito agli inizi degli anni ’60. Allo stesso tempo è uno dei bar più caratteristici e raffinati di Milano per il suo stile e il suo arredamento.
Da non confondere con il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele, il bar pasticceria Biffi in Corso Magenta nasce nel 1847. Una location sofisticata, con lampadari di cristallo, sedie di velluto blu, bancone in legno di un marrone intenso, quasi ebano, e la teca con profili dorati.
Il milanese presenta delle caratteristiche curiose. Ci sono più vocali in milanese che in italiano. Mentre quasi tutte le parole italiane di più di una sillaba terminano in vocale, le terminazioni in consonante sono estremamente comuni in milanese: molte parole che in italiano sono piane, in milanese diventano tronche.
Abbiamo ordinato in una classifica le 10 parole del dialetto milanese che vengono più utilizzate nel linguaggio corrente, insieme ai loro significati che possono rivelare sorprese.
La classifica delle 10 parole del dialetto milanese più usate (con i significati)
#10 Tel chì (tel lì)
Eccolo qui, eccolo lì. Modo di dire reso celebre da “Tel chi el telùn”, lo spettacolo teatrale di Aldo, Giovanni e Giacomo.
#9 Disciules!
Si scrive “dis’cioles” e si legge “dis’ciùles!”, viene dal verbo “dis’ciolass” (pron. dis’ciulàss) che vuol dire “sbrigarsi, svegliarsi”. Dis’ciolaa (-ada) = sveglio, smaliziato. Fuori Milano diventa Desciules.
#8 Vada via i ciap!
Vai a dare via le chiappe. Viene usato per mandare a quel paese.
#7 Tusa
Ragazza. Bela tusa.
#6 Sciura
Signora.
#5 Ciapa!
Ciapà significa prendere e viene dal celtico hapà. Ciapa su (Tié), Va a ciapa’ i ratt (vai a quel paese).
#4 Ciula
Persona dotata di intelligenza prossima allo zero. Viene dal verbo “ciulare” che significa “fare sesso”, “truffare” o “rubare”. Es. Mi hanno ciulato il motorino.
#3 Bauscia
il dogui, il principe, (anche se non era di Milano)
Baüscia significa sbruffone, viene dal tedesco bauschen (pronuncia bauscien) che vuole dire gonfiarsi.
#2 Sghei
Nonostante quello che si pensa è milanese. Viene da scheid, abbreviazione del tedesco Scheidemünze, “moneta divisionale”. Questa veniva pronunciata popolarmente come schei, leggendo come in italiano la parola.
#1 Pirla
Pirla, stupido. In origine significava trottola, da cui anche il verbo pirlare, cioè gironzolare senza scopo, e poi è passato a indicare l’organo sessuale maschile.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.