USA, 45.000 portuali in sciopero: «catena di approvvigionamento in crisi»

Primo sciopero da martedì 1 ottobre

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Negli Stati Uniti, oltre 45.000 membri dell’International Longshoremen’s Association (ILA), sindacato fondato nel 1892, che rappresenta i lavoratori dei porti, delle banchine e degli scaricatori, sono entrati in sciopero martedì 1 ottobre, segnando la prima azione sindacale di questo tipo in quasi 50 anni. Le conseguenze potrebbero presto ripercuotersi sull’Italia e sull’Europa.

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USA, 45.000 portuali in sciopero: «catena di approvvigionamento in crisi»

# Ragioni e dinamiche dello sciopero

La protesta ha colpito 36 porti lungo la East Coast e nel Golfo del Messico, generando timore rispetto a una crisi della catena di approvvigionamento, che potrebbe avere ripercussioni anche in Europa e in Italia.

L’azione di sciopero è stata innescata da controversie relative all’automazione del lavoro, che avrebbe lasciato a casa alcuni degli impiegati, e alla dimensione dei salari rispetto al nuovo contratto di lavoro. La ILA ha rifiutato l’ultima offerta dell’US Maritime Alliance, l’organizzazione che rappresenta i datori di lavoro e gli operatori portuali, che proponeva un aumento salariale del 50%, in 6 anni, ritenendola insoddisfacente rispetto alle richieste dei lavoratori, che domandavano un incremento del 77%.

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La forza dello sciopero è aumentata dalla certezza che, se la protesta dovesse protrarsi per più di una settimana, i rivenditori statunitensi andrebbero incontro a carenze di beni e il paese a un aumento ulteriore dell’inflazione.

# L’impatto sulla catena di approvvigionamento

Goldman Sachs ha stimato che, per ogni giorno di sciopero e protesta, la chiusura dei porti potrebbe mettere a rischio 5 miliardi di dollari di scambi commerciali internazionali. Un blocco prolungato potrebbe avere effetti a catena su settori molto differenti, da quello alimentare a quello dell’abbigliamento, dato che molti dei prodotti che si ritrovano sugli scaffali dei negozi statunitensi provengono proprio dai porti colpiti.

La situazione è ancora più critica se consideriamo che circa la metà dei prodotti di Dollar Tree, la catena di negozi al dettaglio statunitense specializzata nella vendita di prodotti a prezzo fisso (principalmente 1 dollaro), passa attraverso questi porti.

# Quali conseguente per Italia e Europa?

Credits: Domenico Farone – Pixabay – Il porto antico di Genova

Le implicazioni di questa crisi potrebbero non limitarsi agli Stati Uniti. L’Europa, e in particolare l’Italia, potrebbero subire effetti collaterali significativi. La nostra economia è fortemente interconnessa con quella statunitense e molti importatori italiani fanno affidamento sui beni che transitano attraverso i porti americani. Se i ritardi e le carenze di beni aumentassero negli Stati Uniti, le aziende europee potrebbero trovarsi a dover affrontare costi più elevati e ritardi nelle consegne.

Inoltre, i porti italiani, come quelli di Genova e Trieste, potrebbero registrare un aumento del traffico mentre i carichi destinati agli Stati Uniti cercheranno rotte alternative per non rimanere incastrati nei porti statunitensi. Tuttavia, questo potrebbe non essere sufficiente per mitigare gli impatti diretti della crisi della catena di approvvigionamento, specialmente in un momento in cui l’Europa sta già affrontando sfide economiche legate all’aumento dei costi energetici e all’inflazione.

# La situazione potrebbe peggiorare?

Il leader dell’ILA, Harold J. Daggett, ha avvertito che il sindacato è pronto a continuare lo sciopero finché non verranno soddisfatte le loro richieste. Questo clima di tensione è una sfida fondamentale non solo per l’economia statunitense, ma anche per le economie europee, che già si trovano a fronteggiare mercati in crisi. L’incertezza generata da questo conflitto tra lavoratori e datori potrebbe portare a un aumento dei prezzi dei beni e a una nuova ondata di inflazione, fattori che l’Italia e il resto dell’Europa non possono permettersi di ignorare.

In sintesi, mentre gli Stati Uniti si preparano ad affrontare le conseguenze dirette degli scioperi portuali, è essenziale che l’Europa e l’Italia ragionino per non subirne le conseguenze indirette che potrebbero avere ripercussioni a lungo termine sul settore industriale.

Continua la lettura con: Un tram chiamato desiderio: cronaca di una sera a Milano con lo sciopero dei mezzi

MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

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