Parigi e Berlino spingono per l’alta velocità europea. Essere parte di questo progetto e quindi collegare Milano verso il nord e non solo verso le città del sud, porterebbe la nostra città ad essere più connessa con il cuore dell’Europa: si potrebbe creare un triangolo dell’alta velocità tra le tre città generando un impatto positivo per il rilancio di Milano.
Il TRIANGOLO sì: Vogliono costruire un TRENO che colleghi Parigi e Berlino in 4 ore. Aggiungiamo Milano?
# Una rete europea ultraveloce su rotaia per collegare la capitale francese e quella tedesca
Un rapporto dell’Istituto di Studi Economici di Vienna ha esaminato quali scelte di spesa, da finanziare con il Recovery Fund dal valore di 2.000 miliardi di euro voluto da Macron e dalla Merkel, potrebbero portare maggiori benefici e ha suggerito il lancio di progetti infrastrutturali massicci, tra cui una rete ferroviaria europea ultraveloce compreso un collegamento ferroviario di quattro ore da Parigi a Berlino. Il documento propone “una rete europea di treni verdi ad alta velocità da realizzare nell’ambito di un programma di ripresa dalla crisi del Covid-19 nel corso degli anni ’20“. La rete dovrebbe essere un nuovo sistema ferroviario ad alta velocità a doppio binario complementare alle reti esistenti. “Tuttavia, ove opportuno, anche le linee esistenti potrebbero essere adattate. Si dovrebbe raggiungere una velocità media nell’intervallo 250-350 km/h. Ciò consentirebbe ai passeggeri di dimezzare gli attuali tempi di viaggio su rotaia, ad esempio, da Parigi a Berlino in circa quattro ore, rendendo obsoleti i viaggi aerei per gran parte del trasporto passeggeri intraeuropeo”. “Tagliare di circa la metà le operazioni interne dell’UE per il trasporto aereo di passeggeri ha il potenziale di ridurre le emissioni di CO2 dell’aviazione commerciale globale di circa il 4-5%. Inoltre, le capacità di trasporto merci su rotaia verrebbero aumentate, il trasporto merci verrebbe accelerato e quindi anche le emissioni dei veicoli stradali verrebbero ridotte”.
# Le 4 ipotesi sul tavolo di lavoro
#1 Parigi-Dublino: da Parigi a Brest, prendendo il traghetto Brest-Cork, poi da Cork a Dublino. Il rapporto descrive questa rotta come qualcosa “che assume un ulteriore significato nel contesto di Brexit”.
#2 Lisbona-Helsinki: da Lisbona attraverso la Spagna e la Francia, passando per Parigi, poi per il Belgio e i Paesi Bassi, prima di dividersi in un anello via Berlino e poi per Helsinki.
#3 Bruxelles-Valletta: attraverso il Belgio, la Germania, la Svizzera e l’Italia prima di prendere il traghetto per Malta.
#4 Berlino-Nicosia: con un collegamento marittimo in traghetto tra il Pireo e Paphos e un anello tra Vienna e Sofia.
Il piano così concepito consentirebbe di fare aggiungere 2.060 km di ferrovia ad alta velocità alla Francia e 2.299 km in più alla Germania.
# La proposta: inseriamo Milano per realizzare il triangolo delle città più internazionali d’Europa
Lanciamo una proposta: inseriamo anche la nostra città in questo tavolo progettuale. Potrebbe essere un’occasione irripetibile quella di inserire Milano nel progetto di infrastrutture su rotaie europea che collega le principali città del continente in modo rapido e in aggiunta ecologico. In questo modo, oltre a Parigi e Berlino collegate in 4 ore, si potrebbero avere collegate con le stesse tempistiche anche Milano con Parigi e Milano con Berlino. Milano avrebbe un impatto positivo sulla propria economia e a cascata su quella italiana. Le tre città più internazionali d’Europa potrebbero inoltre intensificare e migliorare ancora di più i rapporti, a vantaggio sia dei Paesi di cui fanno parte sia dell’intera Unione Europea, e se Milano diventasse città-stato potrebbe nascere la prima rete di città autonome capaci di mettere in discussione la leadership già zoppicante degli Stati.
FABIO MARCOMIN
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Credits: quotidianomotori.com - Monopattini a Milano
Ora che la micro-mobilità sta avendo uno sviluppo importante, con nuove zone 30 e corsie ciclabili, per far fronte a questa fase post-pandemia e nell’ottica di un cambiamento generale degli spostamenti in città, è utile conoscere quali servizi di monopattini in sharing sono disponibili. Ecco gli operatori a Milano: le tariffe e come noleggiarli.
MONOPATTINI IN SHARING a Milano: la sfida delle APP
# Come si noleggia un monopattino?
La modalità è la stessa per tutti gli operatori dei monopattini elettrici a Milano: si scarica l’app per il proprio smartphone, ci si iscrive con numero di cellulare e/o email e si inseriscono i dati della propria carta di credito. Si avrà quindi la mappa di copertura del servizio, oltre la quale non si potrà parcheggiare il monopattino elettrico in sharing, e la posizione dei monopattini più vicini, alcune aziende permettono di prenotarli mentre altre consentono solo il noleggio immediato. Per iniziare il noleggio, quando si sarà davanti al monopattino, si dovrà effettuare la scansione del codice a barre o del QR code, mentre per chiudere la corsa si agirà tramite l’app.
Attualmente gli operatori del servizio di monopattini in sharing a Milano sono 6: Bit Mobility, Helbiz, Wind Mobility, Dott, Go Volt e Bird. Tutti prevedono una tariffa di sblocco di 1€ e una tariffa standard di 0,15€ al minuto tranne Bird che ce l’ha meno conveniente. Scopriamo tutti gli operatori in attività.
# Bit Mobility da Verona
Le Tariffe diBit Mobility:
Standard: 1 € + 0,15 €/min, in pausa 0,05 €/min
Abbonamenti a pacchetti:
Unblock daily: 3,99 € 15 minuti e sblocchi illimitati per un giorno
Easy Bit: 5 euro per 1 ora.
Unblock Weekly: 10,99 € 110 minuti e sblocchi illimitati per una settimana
A fine corsa se si parcheggia il BIT in uno degli stalli indicati come BIT POINT, segnalati all’interno dell’app, si riceve subito il 50% di sconto sullo sblocco appena effettuato.
#Helbiz: tra i primi a proporre il noleggio di monopattini elettrici
Credits: domusweb.it
Helbiz è stata tra i primi a proporre il noleggio di monopattini elettrici.
Le Tariffe di Helbiz:
Standard: 1 € + 0,15 €/min.
Abbonamenti: con Helbiz Unlimited si può scegliere una tariffa mensile a 29,99€ per un uso illimitato che vale in tutto il mondo ed è valida anche per le bici. C’è il 10% di credito in più sulle somme se si ricarica con Helbizcash.
Wind Mobility ha sede a Berlino e Barcellona, ed opera oltre che in Europa, anche in Israele ed Asia.
Le tariffe di Wind Mobility:
Standard: 1 € + 0,15 €/min.
Abbonamenti come bonus ricarica:
10 € per 13 € di ricarica
25 € per 35 € di ricarica
50 € per 75 € di ricarica
Utilizzando al momento dell’iscrizione il codice 9WSBGS6 si potrà avere un credito di 5 € da spendere nelle prossime corse con il monopattino elettrico in sharing.
Già presente a Milano con gli scooter elettrici, è partito da poco anche il servizio di noleggio monopattini.
Le caratteristiche principali:
Limitatore di velocità
Utilizza il pulsante sul manubrio per regolare la velocità massima.
Doppio freno
Per frenare usa il freno posteriore oppure la levetta rossa presente sul manubrio.
Luci di posizione
Quando c’è poca luce renditi visibile e viaggia in sicurezza.
Le tariffedi GoVolt Mobility:
Standard 1 € + 0,15 €/min
Abbonamenti, come bonus ricarica:
Friends: 9 € per 10 € di ricarica
Mates: 17 € per 20 € di ricarica
Lovers: 40 € per 50 € di ricarica
Govolters: 75 € per 100 € di ricarica
Bird, presente in più di 120 città nel mondo e in 6 italiane, ha scelto Milano come prima città italiana per lanciare il modello “Bird Two”, mettendo in strada oltre 750 veicoli di ultima generazione.
30 giugno 2020. Prosegue il calo in Lombardia: 62 nuovi contagi (nuovo minimo) e quattro decessi. I ricoveri scendono sotto quota 300, di cui 42 ancora in terapia intensiva. Risalgono però i morti nel resto d’Italia (in totale sono 23) che torna al primo posto in Unione Europea.
Dati Lombardia. Quattro decessi in tutta la Regione (dall’uno di ieri), i contagi proseguono la discesa, restando sempre sotto a quota 100: sono 62 (di cui 13 “debolmente positivi”). dai 78 di ieri, su 6.117 tamponi effettuati (in linea con quelli di ieri). Dieci province segnano al massimo sei nuovi positivi, due sono a quota zero. Solo due province (Mantova e Milano) hanno più di dieci nuovi contagi. Restano ricoverate 297 persone, di cui 42 in terapia intensiva.
Italia. I decessi giornalieri crescono a 23 in tutta Italia (dai 6 di ieri), in rialzo soprattutto fuori dalla Lombardia (passano da 5 a 19). I contagi risalgono a 142, dai 126 di ieri. In terapia intensiva restano 93 persone.
Mondo. In Unione Europea insieme all’Italia (23) risalgono sopra i 10 decessi giornalieri anche la Germania (12), la Francia (18), il Belgio (15) e la Romania (17). Anche l’UK torna a crescere con 155 decessi. Nel mondo al primo posto ora c’è il Messico con +473, poi l’India +417 e USA con +217.
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
Un progetto pilota lanciato da venti professionisti trentenni coinvolge i comuni di Milano e Palermo, e rispettive aziende e dipendenti, e ipotizza la possibilità per dipendenti di aziende con sede al nord di lavorare al sud in smart working per alcuni periodi. L’obiettivo è di mitigare le disparità di lavoro tra le due parti d’Italia e prospettare un modo alternativo per concepire il lavoro nel nostro Paese.
Il SOUTH WORKING: lavorare a Milano stando AL MARE
# L’ideatrice del progetto Elena Militello: “Potenzialmente potrebbe mitigare le disparità fra nord e sud”
L’idea di lanciare questo progetto pilota che unisce simbolicamente Milano e Palermo per fare lavorare dal sud i dipendenti di aziende del nord, è di Elena Militello, ricercatrice dell’Università del Lussemburgo, originaria di Palermo che ha lasciato nel 2010 per andare a Milano a studiare alla Bocconi. Poi il dottorato fra Stati Uniti e Germania, e in seguito il contratto di ricerca a tempo indeterminato nell’ateneo della piccola nazione europea. Pur trovandosi a suo agio in Lussemburgo vorrebbe avere la possibilità di poter lavorare anche in Sicilia o dalla Sicilia, a maggiore ragione in seguito alla pandemia da Covid-19 e la diffusione del lavoro in remoto.
“Il progetto si chiama South Working e come primo terreno di prova avrà Milano e Palermo. Penso si possa cominciare ad immaginare un mondo diverso rispetto a quello di ieri grazie alla tecnologia e al lavoro agile. Un mondo nel quale alle persone sia consentito per periodi più o meno lunghi di trasferirsi al sud dove la qualità della vita è più alta e il costo molto più basso mantenendo il proprio posto nelle aziende attuali”. La prospettiva è ridiscutere le logiche che hanno portato le menti migliori a dover gravitare attorno a pochi grandi agglomerati urbani, in Italia come all’estero, costringendo le stesse aziende a limitare il reclutamento a determinate aree geografiche vicine alla propria sede ovvero in città congestionate, dove lo stipendio è utile a coprire giusto le spese necessarie per vivere.
# I benefici: meno costi, qualità della vita più alta
Lavorare per obiettivi invece che per tempo potrebbe avere ricadute positive dal punto di vista economico per i lavoratori, basti fare un confronto con gli affitti di un appartamento di cento metri quadrati nel centro storico di Roma con uno in quello di Lecce: il primo a 1600 euro al mese, il secondo a 600 il secondo, una differenza abissale. Va considerata inoltre la qualità di vita in termini di clima, inquinamento e ritmi più sostenibili.
Il progetto vede coinvolti altri venti professionisti, attorno ai 30 anni e tutti con esperienze all’estero, in parte aderenti all’associazione Global Shapers, legata al World Economic Forum, che ha 425 centri in 148 Paesi. L’ideatrice Elena Militello afferma “Non si tratta solo di trovare le modalità adatte, da quelle legali a quelle economiche, affinché chi è del sud possa tornare a vivere per certi periodi nella propria terra. Se fosse praticabile è un’opportunità per chiunque, al di là del luogo di nascita. Ma dobbiamo verificare in dettaglio la fattibilità”. La scelta di Milano e Palermo è dettata dal fatto che sono le due città italiane più cablate, e quindi più infrastrutturate a livello di connessioni digitali con l’obiettivo di arrivare a un patto istituzionale con aziende e comuni, delle linee guida e contratti quadro e spazi di coworking dedicati in entrambe le città.
“L’idea va oltre lo smart working. Si potrebbe mitigare le disparità fra nord e sud. Si tratta di intendere il lavoro in una nuova prospettiva: la digitalizzazione significa progresso non necessariamente per vie industriali tradizionali o nel settore del turismo. La rinascita di Lisbona grazie alle startup è un esempio.”
Al momento è stata fatta una lista di settori, di aziende e centri di ricerca interessate a valutare il “south working”: portali web, multinazionali italiane come Eni ed Enel, studi professionali che occupano avvocati, ingegneri, architetti, commercialisti, consulenti. Inoltre è stato predisposto un primo sondaggio per vedere chi e quanti vorrebbero vivere altrove perché non sono soddisfatti della loro quotidianità.
# Il target di lavoratori: 1 milione fissi più 5 milioni saltuari
Ad oggi però solo milione di persone potrebbe lavorare da remoto, secondo uno studio del Politecnico di Milano, e cinque milioni hanno la possibilità di alternare la presenza in ufficio qualche giorno ad altri in smart working. Pertanto poter vivere a Palermo lavorando per una azienda di Roma, Milano o Torino è ancora un’ipotesi lontana se non per singoli casi, ma l’idea del progetto “south working” rimane una via alternativa di concepire il lavoro in un prossimo futuro, che la pandemia da Coronavirus ci ha comunque già fatto intravedere. Rimarrà da capire come riuscire a bilanciare tutto: l’economia delle grandi città del nord e degli esercizi commerciali, la qualità della vita dei cittadini e la desertificazione di popolazione del sud Italia.
Il suo atto di nascita risale al 1603. Erano i tempi del Cardinale Federico Borromeo e i padri Barnabiti fondarono una scuola presso la chiesa di S. Alessandro.
Il BECCARIA è il liceo più antico di Milano: la sua storia, curiosità e alunni celebri
Nella scuola tenevano corsi di grammatica e di umane lettere. Dal 1606, ricevuto un cospicuo lascito da Monsignor Arcimboldi, i corsi aprirono al pubblico e, in onore del finanziatore, le denominarono Arcimbolde.
#1 All’inizio erano le Scuole Arcimbolde
Non vi era, a quel tempo, una chiara distinzione tra le scuole secondarie ed universitarie attuali. Vi si insegnava umanità, rettorica, grammatica e dal 1629 anche filosofia morale e teologia. La separazione avvenne quando, cessata la dominazione spagnola, lo Stato, austriaco prima, francese poi, avocò e sé l’insegnamento e ne definì i programmi. Le scuole ebbero alterne fortune sino a quando l’imperatrice Maria Teresa d’Austria se ne occupò in modo particolare, restituendole all’antico splendore intorno al 1770.
#2 Il primo cambio di nome: Liceo Sant’Alessandro
Le scuole Arcimbolde la cui amministrazione venne affidata al comune, furono gestite dai Barnabiti che vi insegnarono, tra l’altro, teologia morale e dogmatica, diritto canonico, civile e criminale, pubblica economia, diplomatica ed arte notarile, matematica ed astronomia, sino allo scioglimento dell’ordine avvenuto nel 1810, in piena epoca napoleonica. L’istituto tuttavia fu mantenuto col nome di Liceo S. Alessandro, fondendosi con il Liceo di Brera (Scuole Palatine). La denominazione Liceo fu introdotta nel periodo napoleonico quando fu dato alle scuole superiori d’indirizzo umanistico un ordinamento più affine alle scienze piuttosto che alla filosofia.
#3 Il nome odierno arrivò con l’unità d’Italia
Con la restaurazione austriaca l’imperatore Francesco I nel 1817 stabilì che tutti gli istituti di istruzione secondaria fossero mantenuti dallo Stato e che tutti i capoluoghi di Provincia avessero un Liceo e un Ginnasio. Milano ne ebbe due: il Liceo di S. Alessandro ed il Liceo di Porta Nuova (oggi Parini). Dal 1817 al 1825 il corso liceale ebbe durata di tre anni, poi di due fino al 1851, quando il Ginnasio e il Liceo si fusero in un unico istituto di otto classi, che ebbe il nome di Ginnasio liceale.
Fu solo nel 1865, pochi anni dopo la proclamazione dell’unità d’Italia, che il Ministro della Pubblica Istruzione stabilì che ogni liceo dovesse intitolarsi a qualche illustre personaggio della storia locale e nazionale: il liceo Sant’alessandro prese così il nome di Liceo Beccaria.
#4 Il Berchet è “figlio” del Beccaria
Nel 1901 alcune sezioni dell’istituto si staccarono per formare il nuovo Liceo Ginnasio “G. Berchet”. Nel 1957 il Liceo classico Beccaria abbandonò la sede di Piazza Missori e si trasferì nella nuova di via Linneo, costruita dal Comune di Milano, presso la Fiera Campionaria, il polo fieristico e comunicativo della città orientata al futuro.
#5 Tra gli alunni celebri ci furono anche il Parini e il Berchet
Tra gli alunni celebri del passato annovera Giuseppe Parini, Cesare Cantù, Giovanni Berchet, Carlo Porta, Carlo Cattaneo, Pietro e Alessandro Verri, i fratelli Forlanini, Delio Tessa, Giuseppe Lazzati. Fra quelli recenti, Bruno Bozzetto, Sergio Romano, Carlo Castellaneta, Eva Cantarella, Ornella Vanoni, Achille Occhetto, Andrea Brambilla (Zuzzurro), Gabriele Salvatores.
29 giugno 2020. C’è chi si sbilancia e pubblica: “epidemia azzerata“. I segnali sono molto incoraggianti. Un solo decesso in Lombardia, sei in tutta Italia. In Unione Europea solo la Romania resta con più di dieci morti giornalieri. Tutti gli altri paesi sono a meno di 6. Svezia, Spagna, Francia sono a zero. Anche i contagi calano, sempre entro i 100 in Lombardia. Otto province lombarde con meno di tre nuovi casi.
Dati Lombardia. Un solo decesso in tutta la Regione (dai 13 di ieri), i contagi restano sotto a quota 100: sono 78 (di cui 31 “debolmente positivi”). dai 97 di ieri, su 7.991 tamponi effettuati (in linea con quelli di ieri). Otto province segnano al massimo tre nuovi positivi, quattro sono a quota zero. Solo due province (Bergamo e Milano) hanno più di dieci nuovi contagi. Restano ricoverate 321 persone, di cui 43 in terapia intensiva.
Italia. I decessi giornalieri scendono a 6 in tutta Italia (dai 22 di ieri), il numero più basso da febbraio. I contagi scendono a 126, dai 174 di ieri. In terapia intensiva restano 96 persone. Nessun caso in 8 regioni.
Mondo. In Unione Europea solo la Romania ha più di 10 decessi giornalieri (sono 22). Dopo l’Italia tutti gli altri Paesi sono a meno di sei: Polonia 6, Portogallo 4, Germania 1, Austria 1, Danimarca 2, Olanda 2, Svezia 0, Spagna 0, Francia 0. Anche l’UK scende a 25 decessi. Nel mondo al primo posto ora c’è l’India +310, poi il Messico +267.
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
La impone ai lombardi ma lui non la indossa (nella foto: Fontana e Gallera senza mascherine a Roma). Credit: tpi.it
Mascherine obbligatorie per almeno altri 15 giorni. Questa è la decisione ufficiale del governatore Attilio Fontana. I lombardi, unici al mondo, continueranno a coprirsi naso e bocca quando si trovano fuori da casa così da evitare o ridurre la diffusione di «goccioline» che possono veicolare il virus. «Credo che continueremo ancora per 15 giorni – ha annunciato il governatore Abbiamo durante l’evento “Salute Direzione Nord – I discorsi del coraggio” alla Fondazione Stelline di Milano – Abbiamo parlato a lungo con tanti esperti e riteniamo che per una questione di precauzione sia giusto proseguire in questa direzione, visto che i numeri stanno andando bene».
La Lombardia si confermerebbe l’unica area in Unione Europea a prevedere un simile obbligo. D’altronde lo stesso governatore Fontana ha già dichiarato di voler mantenere le mascherine obbligatorie fino al vaccino. La domanda che molti fanno è: se altrove i governi semplicemente raccomandano le mascherine, perchè ai lombardi invece non viene concessa libertà di scelta? E se la Regione Lombardia continua a mantenerle obbligatorie anche in esterno contro ogni evidenza scientifica, se è in possesso di dati di contagi avvenuti all’esterno, perchè non li rende noti?
Ultima nota: se quando i contagi aumentano bisogna mantenerle per farli diminuire e quando invece calano (come ora) bisogna tenerle per non farli aumentare, con la logica del Governatore, quando ne usciremo?
Per inciso: in tutta l’Unione Europea senza che vi sia obbligo di mascherine all’aperto i contagi e i decessi si sono ridotti. Solo l’Italia infatti, insieme alla Romania, è rimasta con ancora più di 5 decessi giornalieri (dati 28 giugno).
Altre misure. Nella nuova ordinanza regionale, oltre alla proroga dell’uso delle mascherine fino al 15 luglio sembra prevista anche la riapertura delle discoteche all’aperto dal 10 luglio, stessa data in cui dovrebbero riprendere gli sport di contatto come il calcetto. Via libera già dal primo luglio, invece, alle manifestazioni fieristiche.
Chi saranno i candidati sindaco?
Secondo le indiscrezioni pubblicate dal Corriere della Sera, ci sono diversi nomi in lizza per il centrodestra e per il centrosinistra. La domanda chiave che circola da tempo è: si ricandiderà Sala?
Salà o non Salà? Il nuovo TOTONOMI dei candidati sindaco
Sala si ricandida? 80% sì
“Nonostante ripeta da settimane che «è un po’ stanchino» i bookmaker nella sua maggioranza azzardano un 80 per cento a favore della candidatura contro un 20 per cento che scommette sulla rinuncia”.
Se non si ricandida sarà derby tra Majorino e Maran oppure Boeri (Tito)?
In caso Sala rinunci la strada sembra quella delle primarie. A meno che non spunti un nome condiviso. Al primo posto ci sarebbe Tito Boeri su cui potrebbero convergere tutti i partiti della coalizione. In caso di primarie facile prevedere il grande derby tra Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica, e l’altro Pierfrancesco, l’eurodeputato Pd, Majorino. Con una possibile sorpresa di Paolo Limonta.
Resta il sogno per il centro destra
Soprattutto se Sala non si ricandidasse, si avrebbero più possibilità per il centro destra di avere candidati più competitivi. In particolar modo il rettore del Politecnico, Ferruccio Resta, che se non ci fosse Sala potrebbe essere tentato di accettare la corte di Giancarlo Giorgetti che con il rettore intrattiene ottimi rapporti.
Candidati “in casa”
Con la ricandidatura di Sala sarebbe più difficile trovare candidati della società civile. Riprenderebbe quota la soluzione politica, con Silvia Sardone, Gianmarco Senna e Alessandro Morelli.
Il favorito? Marco Giachetti
Anche se forse il favorito resta Marco Giachetti, presidente della Fondazione Policlinico e grande amico di Salvini che da ministro ha voluto partecipare personalmente all’inaugurazione del museo della Ca’ Granda.
Gli outsider: splende la stella di Zangrillo
Gianluca Vago, ex rettore della Statale, che è anche medico. Altra categoria corteggiata con particolare insistenza da Forza Italia a cui non dispiacerebbe proporre il nome di Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva del San Raffaele e medico personale di Silvio Berlusconi. Un altro outsider che circola è Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera.
Il colpo a sorpresa: il ritorno di Gabriele Albertini
FdI, insieme al mondo che gravita intorno a Stefano Parisi, invece non ha mai dimenticato Gabriele Albertini. La richiesta l’ha fatta il suo ex braccio destro Riccardo De Corato. «Mi ha risposto con un messaggio: “non ho l’età”. Gli ho ricordato che Biden si è candidato a presidente Usa a 78 anni», risponde De Corato, secondo quanto riporta il Corriere.
MILANO CITTA’ STATO
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Quali sono le zone in Europa ad aver visto aumentare di più la mortalità? Il Nord Italia, in particolare la Lombardia orientale che risulta ai vertici nell’intera Europa. Ma anche il Regno Unito e le regioni centrali della Spagna, il Belgio, la Francia Nord-orientale, la Finlandia meridionale. Sono queste le zone dove nel 2020 si è registrato un aumento percentuale dei decessi rispetto alla media degli anni precedenti. Ad aver raccolto i dati, è stata Clara Guibourg per lo European Data Journalism Network.
I territori colorati in arancione sono quelli che hanno visto un aumento della mortalità, mentre quelli in azzurro hanno fatto registrare una contrazione.
Venendo alle variazioni nella mortalità, il dato peggiore spetta alla provincia di Bergamo, che rispetto alla media 2015-2019 ha visto crescere del 147% i decessi nei primi quattro mesi e mezzo del 2020. Tra le prime dieci province per incremento della mortalità ci sono anche Cremona (+119%), Lodi (+99%) e Brescia (+91%).
Tra le altre zone più colpite ci sono la città di Madrid (+128%), Castilla-La Mancha (+104%) in Spagna, Haut-Rhin (+93%), Seine-Saint-Denis (+90%) e Hauts-de-Seine (+82%) in Francia, Mons (+84%) in Belgio.
Da segnalare che i dati non indicano che tutte queste persone morte in più rispetto alla media siano decedute a causa del Covid-19. Ma in un contesto nel quale il numero dei contagi dipende dal numero dei tamponi effettuati e le strategie di tamponamento cambiano non solo da nazione nazione ma, lo si è visto in Italia, da regione a regione, misurare la variazione della mortalità è il modo più efficace per visualizzare l’andamento della pandemia.
Chi governa continua a fare le stesse cose di sempre: distribuire potere e risorse ai propri amici, fare maquillage dei conti pubblici, iniziare mezze riforme che aumentano il malcontento. È facile sentirsi sopraffatti, abbandonare il campo e dedicarsi ai propri affari. Purtroppo, succede che questo abbandono della res publica possa portarci a una illuminazione: perché non trasformare la politica in una startup?
Se la POLITICA funzionasse come le STARTUP
# La politica italiana mantiene un sistema corrotto e scarsamente competitivo. La soluzione? Fare bootstrappping
Certamente il nostro Stato spende in modo assolutamente sbilanciato le nostre tasse: più di 100 miliardi per ripianare il deficit dell’INPS tra pensioni e contributi, 115 miliardi per la sanità. Le priorità a Roma paiono altre, rispetto a quanto richiesto per rilanciare l’Italia. Poi abbiamo un elevato debito pubblico, che ci obbliga a un avanzo primario da parecchi anni. Inoltre, soprattutto nella destra nazionalpopolare, è in voga prendersela con l’Europa, che ci impone stringenti vincoli di bilancio e non ci consente di spendere i nostri stessi soldi.
Nel campo riformista si è soliti imputare gli scarsi risultati raggiunti utilizzando variazioni sul tema dei poteri contrapposti, dei ricatti dei partitini, delle consorterie e della sindrome NIMBY. Siamo così bombardati da questi concetti che alla fine li facciamo nostri, decidiamo di parteggiare per i poveri riformisti incompresi oppure per la becera destra sovranista, e passiamo il nostro tempo a litigare sui social network dando la colpa a chi non la pensa come noi. Nel frattempo, chi governa continua a fare le stesse cose di sempre: distribuire potere e risorse ai propri amici, fare maquillage dei conti pubblici, iniziare mezze riforme che aumentano il malcontento. È facile sentirsi sopraffatti, abbandonare il campo e dedicarsi ai propri affari, sperando che possano germinare, dato l’ambiente inefficiente, corrotto e scarsamente competitivo. Purtroppo, succede che questo abbandono della res publica possa portarci a una illuminazione.
Negli ultimi mesi ho seguito da vicino la nascita di alcune startup, offrendo consigli assolutamente pro bono, per l’interesse di conoscere le innovazioni più promettenti nell’ambito del fintech. Ho avuto modo di vedere realizzati bei siti, contenuti brillanti, software avanzati, con risorse davvero scarse; nel gergo, si parla di bootstrapping, termine che letteralmente significa tirarsi su per gli stivali, come fece il barone di Münchhausen in un racconto leggendario, e che definisce con efficacia le prime fasi di (auto) finanziamento di una startup quando ancora non si hanno risultati da promettere agli investitori.
# Cosa significa fare startup nel 2020?
Fare startup nel 2020 significa poter usufruire di una cassetta degli attrezzi ampia e gratuita che consente di produrre ottimi siti, video promozionali, business plan; centinaia di progetti open source consentono di non partire da zero, a patto che si disponga di un minimo di competenze informatiche o della voglia di crearsele.
La comunità degli startupper è abbastanza aperta alla condivisione, perché in fondo si soffre tutti degli stessi problemi: è facile quindi chiedere informazioni e consigli per non ripetere errori e risparmiare tempo. Nell’animo dello startupper si iscrivono rapidamente i concetti di project management agile, di approccio lean, di MVP (non Michael Jordan, ma il minimum viable product): sono modi gentili per dire un concetto caro nella nostra infanzia, se vuoi imparare a nuotare, tuffati! Non è un modo di fare alla portata di tutti. Servono molto coraggio, fiducia in se stessi, e molta capacità di apprendere. Non tutti hanno successo, non tutti finiscono su Forbes, ma è difficile non rimanere affascinati dalla passione e dalla rapidità di pensiero del piccolo mondo delle startup italiane, capaci di fare nozze con i fichi secchi, e di divertirsi pure.
# La classe politica italiana si accontenta di campare
Trasformiamo l’amministrazione pubblica in una startup? No, non è mia intenzione fare proposte così ambiziose. Però… ho come l’impressione che se mandassimo al governo persone davvero in gamba, con esperienze di alto livello e un network di eccellenza, sarebbero in grado di produrre idee nuove, efficaci, impattanti. Senza la necessità di enormi risorse, ma attivando meccanismi di selezione trasparenti con obiettivi chiari: gare internazionali, vincoli di sostenibilità ambientale stringenti. Con l’umiltà di imitare quelli più bravi, di contattarli, di scambiare apertamente dati, dubbi, soluzioni.
Lavorerebbero per la cosa pubblica, senza farsi probabilmente troppi amici, perché ogni nuovo intervento sarebbe aperto a tutti, ai migliori offerenti, perché nessuna posizione sarebbe garantita stabilmente. Ho voluto portare questo confronto per fare emergere un punto di partenza solido per capire come cambiare: il problema della nostra classe politica sta tutto nella sua mediocrità – o scarsità del capitale umano, direbbe un economista.
Tale mediocrità va dettagliata, altrimenti pare una banalità. La classe politica italiana si accontenta di campare, perché la mediocrità alberga in tanti settori del Belpaese, tra cui i mass media, ben felici di non svegliare dal torpore gli scarsi amministratori di condominio che governano, e di cavalcare la polarizzazione delle posizioni espresse nella mia premessa. È un atteggiamento a rischio zero, difficile portare argomenti dirimenti quando la battaglia è tra il bene e il male, un modus vivendi che non richiede da parte dei giornalisti grandi competenze: perché imparare a leggere un bilancio, capire qualcosa di macroeconomia e geopolitica, quando basta riportare le dichiarazioni di Salvini e criticare le sue prese di posizione ridicolmente estreme?
# La mediocrità dei politici è il frutto dell’abbandono della parte più produttiva del Paese
La mediocrità dei politici è il frutto dell’abbandono della parte più produttiva del Paese, che non ha tempo di entrare nell’agone, ma anche dell’egemonia culturale di una parte della sinistra che vede le startup come autosfruttamento figlio del tardo capitalismo, che scrive, ancora oggi, articoli a difesa del Liceo Classico ed è pronta a mobilitare tutto il proprio serbatoio retorico per mettere in discussione la scienza (“biopotere”, “scientismo”, “neopositivismo”, “tecnocapitalismo” vanno per la maggiore). Una sinistra che invoca l’intervento pubblico senza prima fissare dei soliti paletti, perché lo stato, soprattutto in Italia, ha coinciso più con assistenzialismo che con sviluppo, e ha creato una vasta clientela di persone e aziende che vivono solo di fondi pubblici e bandi inutili.
La mediocrità dei politici è, infine, il risultato ovvio di chi non ha mai lavorato davvero in vita sua, non ha mai gestito un progetto – ma nemmeno organizzato una partita di calcetto… Di chi si è abituato rapidamente a cercare consenso con promesse irrealizzabili, con grida verso nemici immaginari, sfruttando una cittadinanza che pure non brilla di capacità critica e cultura. La politica data driven è verosimilmente un sogno di pochi accademici, ma vivere nell’inferno del data hidden in cui siamo condannati ha mostrato nella crisi del covid-19 tutta la sua letalità.
ANDREA DANIELLI
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Breaking News: accordo raggiunto tra PD e 5 Stelle per estendere cassa integrazione e blocco dei licenziamenti per tutto il 2020.
I nuovi scenari che si aprono dopo la fase due offrono comunque una serie di domande alle quali è difficile rispondere. Prendiamo in esame alcune situazioni, secondo noi molto importanti, cercando di immaginare cosa potrà accadere nei prossimi mesi per alcuni settori strategici per Milano.
Settembre CALDISSIMO: i 7 settori cruciali per Milano a forte rischio di crisi. Due le strade per evitare il disastro
#1 Università
Inevitabile il calo di iscrizioni da parte degli studenti fuori porta, specie per gli stranieri. L’appetibilità dei nostri atenei, sempre più graditi dagli studenti di tutto il mondo grazie ai progetti Erasmus, si vede svilita dalla fase post Covid che insieme all’incertezza sulla riapertura impone ristrettezze nel poter assistere alle lezioni, almeno per quelle che riprenderanno. Seguirle online può sicuramente essere una soluzione anche se non definitiva, mentre l’esperienza fuori porta è, per la maggior parte dei ragazzi, legata anche al poter vivere in un altra città potendola conoscere e amalgamandosi a tutti gli altri portatori di cultura ed usi che rende l’esperienza stessa indimenticabile. Oltre al gettito diretto agli atenei mancherà quindi l’indotto creato dalla moltitudine di ragazzi più o meno giovani che avranno la vita sociale limitata o seriamente modificata togliendo molto del fascino e dell’interesse a chi ne può usufruire e sarà un motivo per il quale molti studenti eviteranno Milano e l’Italia preferendo altre mete o comunque rendendo la scelta molto più oculata. Già da alcuni mesi migliaia di studenti hanno abbandonato la città per svariati motivi senza confermare il loro ritorno.
#2 Mercato immobiliare
A questo tema si aggancia il Mercato Immobiliare che sta subendo una seria flessione soprattutto per gli affitti a breve termine oltre a una brusca frenata per student housing e alberghi, mentre al momento tiene il residenziale e gli uffici di nuova generazione che sono molto più snelli nel poter essere modificati nelle loro geometrie oltre che sanificati ogni qualvolta si debba fare. Certamente sono in crescita le richieste che riguardano il settore sanitario e medicale, ma rimane una piccola fetta di un mercato molto più ampio.
#3 Eventi
Milano è la città che con Parigi si contende lo scettro di capitale europea degli Eventi, forte della moda e dei moltissimi appuntamenti mondani e spettacoli che fanno ruotare nel capoluogo lombardo un numero impressionante di persone, con un relativo introito importantissimo per la crescita della città meneghina. Ovviamente la situazione attuale impone lo stop a numerosissime iniziative mettendo in forse l’organizzazione di quelle future. E’ impensabile che creare una valida alternativa a Milano possa non essere pericoloso per una eventuale perdita permanente come sede di tutti quegli eventi che verranno eventualmente dirottati in altre città. Ovvio che in Europa scatterà una vera e propria gara affinché la moda e altri ricchi mercati possano essere catturati con una gravissima perdita economica e di immagine da parte nostra.
#4 Turismo
Inevitabile parlare del Turismo e delle presenze decisamente ridotte per i prossimi mesi. La ricettività del capoluogo lombardo stava assumendo dimensioni da tipica città mondiale che, nonostante le dimensioni ridotte rispetto a qualunque metropoli, era in grado di accogliere milioni di turisti spesso concentrati in determinati periodi. Se non si stabiliranno delle linee guida certe e pratiche in brevissimo tempo rischia di prolungarsi anche nei mesi successivi l’ormai certo crollo delle visite previsto nel periodo estivo. Crediamo si debba correre ai ripari al più presto e in modo estremamente efficace.
#5 Fiere e Congressi
Le numerose Fiere e Congressi che fanno parte della tradizione della Madunina sono sospese fino a nuovo ordine. Non discutiamo la scelta di fermare momentaneamente il tutto ma senza una seria pianificazione troviamo difficile si possano programmare in futuro evitando un deciso calo delle presenze, considerando che la movimentazione delle persone si riaggancia ai temi già citati e per i quali, al momento e con le linee guida attuali e pressoché impossibile definirne gli sviluppi. Senza un richiamo deciso e credibile è plausibile si possano perdere numerose Fiere a favore di altre sedi.
#6 Negozi
La chiusura dei Negozi comporta non solo un danno economico ma una desertificazione dei quartieri. Molti esercenti, date le difficoltà di esercitare in modo da poter ricavarne un minimo di utile, stanno preferendo rimanere chiusi attendendo tempi migliori. Si stanno di fatto perdendo alcune realtà storiche e caratterizzanti che se non verranno aiutate spariranno per sempre facendo perdere alla città l’identità che la rende attrattiva, a favore di un impoverimento o di una tendenza globalizzatrice ben differente da quella che Milano ha necessità di mantenere.
#7 Produzioni
Non ultimo le Produzioni Cinematografiche e set fotografici. Milano è da sempre un set ideale per moltissime produzioni italiane e internazionali grazie ai luoghi caratteristici ed alla capacità di coniugare un centro tutto sommato piccolo e di impronta medioevale con una serie infinita di presenze di firme, di prodotti di alta gamma e tecnologicamente avanzatissimi. Un connubio inscindibile che è diventato un teatro naturale per ambientare produzioni che vanno film dei meneghini Aldo, Giovanni e Giacomo a Salvadores fino ai video di Rihanna passando per le numerose case di moda o marchi internazionale che da anni scelgono Milano come set. Un universo che produce utili importantissimi per una città che stenta a ripartire.
A questi si aggiunge infine il rischio più grande: quello di crisi sistemica irreversibile che aggravi la spirale di burocrazia, controlli e fiscalità oppressiva che sta progressivamente portando sempre più aziende del territorio a spostare la loro attività oltre frontiera.
Quale conclusione trarre? Che chi ha la responsabilità del territorio si impegna al massimo per evitare che tutto questo accada. Le strade sono due: pretendere che buona parte dei futuri aiuti europei per riparare i danni della pandemia arrivino nelle aree realmente più colpite (in primis la Lombardia) e/o pretendere dal governo centrare di lasciarci finalmente liberi di amministrare risorse e poteri sul territorio per rilanciare la nostra città.
ROBERTO BINAGHI
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«Non ho alcun timore dei nuovi focolai», l’ha dichiarato il primario del San Raffaele Alberto Zangrillo, ospite nel programma di Lucia Annunziata “Mezz’ora in più”.
Il Primario del San Raffaele, Zangrillo: «Ora dobbiamo ripartire, altrimenti moriamo. Ma non di Covid»
«Oggi è il 28 giugno e tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli»
Le dichiarazioni di Zangrillo. «Se torno indietro a 4 mesi fa, il 28 marzo è stato il giorno in cui sono stato più spaventato, mi veniva da piangere. Non sapevo dove mettere i malati. Oggi è il 28 giugno e tutti gli indicatori sono assolutamente favorevoli».
Ha aggiunto poi spiegando che «Il virus c’è e non è mutato, ma nella sua interazione con l’ospite è andato incontro, attraverso il fenomeno dell’omoplasia, a una perdita della carica rilevata in laboratorio, quindi è un’evidenza a cui corrisponde una mancanza di malattia. Non posso dire che non torni tra qualche mese ma tutti gli indicatori sono positivi».
«I nuovi focolai non hanno alcun significato per me»
In merito alle nuove situazioni di contagio rilevate in Italia negli ultimi giorni invita a non allarmarsi: «I nuovi focolai non hanno alcun significato per me: la mortalità è passata dal 6,7 allo 0,4. In Italia abbiamo una serie di focolai che vanno controllati e identificati ma non equivalgono a un focolaio di malattia».
Più che l’epidemia, Zangrillo si dice preoccupato di altro: «l mio dovere è dire una parola di saggezza e verità agli italiani, che come abbiamo visto sono stati martoriati da una serie di ragioni differenti e sono assolutamente disorientati e spaventati. Solo un terzo dell’Italia è veramente ripartita, ora dobbiamo ripartire con attenzione, seguendo le regole, altrimenti moriamo e non di Covid».
28 giugno 2020. Leggera crescita di decessi e nuovi contagi in Lombardia, anche se si rimane prossimi ai migliori valori dall’inizio dell’emergenza. 13 morti e nuovi contagi sempre sotto a quota 100 in Regione. Quattro nuovi positivi a Milano città. Restano ricoverati solo 323 persone (-92 in un giorno). in Unione Europea, malgrado ormai tutti i paesi abbiano riaperto e allentato notevolmente le misure di protezione, sopra i 3 decessi giornalieri ci sono solo l’Italia (22) e la Romania (23). Svezia e Germania a zero ormai da giorni.
Dati Lombardia. Si torna sopra i 10 decessi in tutta la Regione (13 dai 2 di ieri), i contagi restano sotto a quota 100: sono 97 (di cui 31 “debolmente positivi”) su 8.119 tamponi effettuati. Quattro nuovi contagiati a Milano città e sedici in tutta l’area metropolitana. Restano ricoverati 323 persone (-92 in un giorno), di cui 43 in terapia intensiva.
Italia. I decessi giornalieri risalgono a 22 in tutta Italia (dagli 8 di ieri). I contagi sono stabili a 174 dai 175 di ieri.
Mondo.Insieme all’Italia (22) anche la Romania (23) risale sopra i 10 decessi giornalieri. Gli altri Paesi dell’Unione Europea sono sotto i tre decessi giornalieri: Polonia 3, Portogallo 3, Ungheria 2, Spagna 2, Belgio 1, mentre Svezia e gli altri Paesi sono a 0. Anche l’UK scende a 36 decessi. Nel mondo al primo posto il Brasile con +961 decessi giornalieri, poi Messico +652, Usa +449 e India +355.
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
Alcuni dati anticipano il boom dell’estate 2020: restare in Lombardia.
Vacanze 2020: il trend è restare in LOMBARDIA. 10 mete per un’estate unica da vivere in Regione
Da una rilevazione di Airbnb sulle ricerche effettuate da cittadini lombardi e mete più ricercate sono all’interno dei confini regionali, seguite dal Trentino Alto Adige. Nella regione le zone più ambite dai turisti lombardi sono Valtellina, Orobie e lago di Como. In grande perdita la Riviera romagnola e il Salento.
Conferma questi dati anche una ricerca del sito Casa.it: rispetto allo scorso anno c’è stato un incremento nelle ricerche di case in affitto nelle zone più belle della Lombardia. Qualche esempio: Valtellina +234%, Valcamonica +141%, Lago d’Iseo +23%, Lago di Como +22% che segna gli incrementi maggiori a Cernobbio (+71%), a Como (+60%), ma arriviamo addirittura al +1.952% per Eupilio e al +6.079% per Grandola ed Uniti. Stando a una ricerca di Bluepillow, un aggregatore dei principali portali di e-travel, le case vacanze più ambite devono avere piscina, giardino e wi-fi.
Riproponiamo queste dieci attrazioni per una gita o una vacanza unica.
Restiamo in Lombardia: 10 Mete Alternative per un’estate unica in Regione
#1 ABBADIA CERRETO: natura e affreschi rinascimentali
A poca distanza da Lodi, nel verde delle campagne del Parco Regionale dell’Adda Sud, sorge questo pittoresco borgo rurale costruito intorno a quella che era l’antica abbazia di San Pietro, meta ideale per una gita in bicicletta tra arte e natura. Furono i monaci cistercensi, attorno al XII sec, a bonificare le zone acquitrinose attorno all’abbazia, dando inizio alla coltivazione e l’irrigazione grazie all’utilizzo dei numerosi canali e fontanili presenti. Anche se oggi i monaci non abitano più quest’edificio, l’abbazia resta un piccolo gioiello dell’arte romanico-gotica con al suo interno affreschi tardo-rinascimentali.
#2 TRE CORNI: lo sfondo della Vergine delle Rocce
Credits InLombardia
Lungo il percorso ciclopedonale che costeggia l’Adda, tra i comuni di Paderno e Trezzo, è possibile osservare il luogo che ispirò il genio diLeonardo da Vinci per lo sfondo della “Vergine delle rocce”. Terra amata e ben conosciuta dall’artista toscano, dove l’Adda scorre più impetuoso del solito, modellando nei secoli con le sua acque quelle rocce che hanno così formato questi caratteristici canyon brianzoli.
#3 DIGA DEL GLENO: il Vajont lombardo
Per gli amanti del trekking e delle viste mozzafiato non si può non avventurarsi verso la monumentale diga del Gleno, in Val di Scalve. Basta lasciare l’auto nella piccola Pianezza, frazione di Valminore, per incamminarsi tra sentieri immersi nel verde dei boschi e su su fino all’antica strada scavata nella roccia ed utilizzata dai costruttori di quel mastodontico muro di cemento che fu la diga del Gleno. Una storia triste, quella di questa diga, che anticipa di ben quarant’anni il tragico e ben più noto disastro del Vajont. Il 1 dicembre del 1923 la diga si squarciò in due provocando la devastante fuoriuscita di ben sei milioni di metri cubi d’acqua verso valle, inghiottendo e devastando molto dei paesi sottostanti, causando 356 morti. Oggi lo scheletro silenzioso di questa diga è la prima immagine che accoglie chiunque arrivi, un immagina che toglie il fiato per la bellezza naturalistica che la circonda, certamente, ma anche per l’impatto che ebbe sulla storia di questa valle.
#4 SANTA MARIA DELLA NEVE: La “Cappella sistina dei poveri”
Lo scrittore Giovanni Testori la definì :”la cappella sistina dei poveri”, ed è, a mio parere, il capolavoro assoluto di Girolamo Romanino, quel pittore, che assieme a Savoldo e Moretto, ha reso noto in tutto il mondo il Rinascimento Bresciano. Vista da fuori, la chiesa di Santa Maria della Neve di Pisogne, sul lago d’Iseo, appare agli occhi quasi anonima, un semplice edificio religioso come tanti in questo lembo di terra tra lago e montagna. È varcando il suo portale che ci si rende davvero conto del tesoro che si trova al suo interno, un intero ciclo pittorico realizzato dall’artista bresciano nel 1534 in cui sono raffigurate le scene della passione, morte e risurrezione di Cristo. Ciò che più colpisce è senza dubbio la grande crocifissione affrescata sulla controfacciata, in cui i personaggi raffigurati sotto la croce non sonoabitanti della Gerusalemme romana, ma cavalieri, soldati e contadini rinascimentali, rendendo ancor più terrena e tangibile questa scena evangelica. La fantasia artistica di Romanino, che scelse di lavorare in queste valli per un periodo della sua vita, dà il meglio di sé in ogni scena, lasciando uscire il visitatore stupito e appagato.
#5 MONTE ISOLA: L’isola lacustre più grande d’Europa
Restando lungo le acque del lago d’Iseo, non possiamo non visitare Monte Isola, l’isola lacustre più grande d’europa. La sua mole boschiva emerge dalle acque come il guscio di una tartaruga, eper raggiungerla basta prendere un traghetto dai porti di Sulzano o Sale Marasino. Caratteristico è il borgo dei pescatori di Carzano, mentre per i più sportivi il consiglio è di mettervi in cammino fino al Santuario della Ceriola, il punto più alto dell’isola da cui godere della miglior vista sul paesaggio alpino circostante.
#6 VALLE DI GAINA: Il Sentiero delle Cascate
Credits Bresciatoday
Sempre in territorio sebino, per gli amanti della natura e dell’avventura, nella Valle di Gaina a Monticelli Brusati si trova il “sentiero delle cascate”. Un itinerario che si snoda su due livelli di percorsi tra cascate, torrenti e scale metalliche. Se l’avventura vi ha messo sete, ricordatevi che siete nel bel mezzo della Franciacorta.
#7 ABBAZIA DI PIONA: la chiesa dei tesori
Situato nella penisola dell’Olgiasca, sulle sponde del lago diComo, il complesso abbaziale di Piona risale addirittura al VI sec, anche se l’aspetto attuale lo si deve ad opera dell’ordine benedettino nel XII sec. Magnifico esempio d’arte romanica, l’abbazia è un vero scrigno di tesori e un toccasana per lo spirito. All’interno della chiesa di Santa Maria si trovano due leoni in pietra oggi adibiti ad acquasantiere, inizialmente posti all’esterno per sorreggerne il portale, mentre lungo l’abside affreschi colorati di epoca ottoniana raffiguranti Cristo, gli evangelisti e gli apostoli si alternano allo scuro delle pietre. Attiguo alla chiesa è il chiostro, anch’esso romanico, risalente al XIII secolo, con capitelli decorati ed affreschi raffiguranti i mesi dell’anno e i loro cicli. L’abbazia è inoltre nota per la produzione delle famose “gocce imperiali”, un liquore al sapore d’anice con gradazione alcolica al 90% ottimo come digestivo diluito con acqua.
#8 OLTREPO’ PAVESE: castelli, eremi e cantine
Basta scendere a sud di Pavia ed oltrepassare il grande fiume per entrare in questa terra di borghi e castelli medioevali, natura e buon vino. Tra i numerosi borghi meritano di essere menzionatiZavattarello, celebre per il suo castello “infestato”,Varzi, celebre per il suo salame, e Fortunago. Per gli amanti della natura è possibile fare una passeggiata alle Grotte di San Ponzo, rifugio medioevale dell’omonimo santo, oppure all’eremo di Sant’Alberto di Budrio, un luogo senza tempo circondato da una pace quasi irreale. Un consiglio, non lasciate queste terre senza prima aver assaggiato almeno un bicchiere dell’ottimo vino prodotto in queste zone.
#9 SABBIONETA: la città ideale
Credits Baroque
Sabbioneta sorge come un oasi di arte e cultura nel bel mezzo della campagna mantovana. Venne fondatadal duca Vespasiano Gonzaga-Colonna nel 1554 come capitale del suo piccolo dominio, una città ideale secondo i canoni architettonici rinascimentali. Già varcando la bianca porta imperiale ci si rende conto di essere entrati in una sorta di città in miniatura dove il tempo sembra essersi fermato ai fasti dell’epoca gonzaghesca. Centro del potere politico era Palazzo Ducale, nell’omonima piazza, le cui sale interne sono un omaggio alla casata gonzaghesca e ai suoi illustri membri. Degni di nota anche il Palazzo del Giardino, residenza ad uso privato del duca, le cui sale sono state affrescate da Bernardino Campi, la chiesa dell’Incoronata, mausoleo ducale, e il piccolo Teatro olimpico realizzato da Vincenzo Scamozzi, tra i primi esempi di teatro moderno al mondo.
#10 VALLE DI FRAELE: la via dei laghi
Una meta ideale per gli amanti della montagna, incastonata sopra l’abitato di Isolaccia, tra Bormio e Livigno, la Valle di Fraele, coi suoi laghi e corsi d’acqua, vi farà dimenticare i mesi di lockdown. Porta d’ingresso alla valle sono le due torri medioevali a difesa dell’antica strada alpina che collegava la Valtellina all’Engadina, tanto che per attraversarle bisognava pagare un dazio di dodici denari per ogni carico trasportato. All’interno della valle l’occhio può perdersi ad ammirare le sue bellezze naturalistiche, tra il lago naturale Scale, alimentato da sorgenti sotterranee, e i due laghi artificiali di Cancano. Numerosi sono i percorsi che qui si possono prendere e che conducono anche alla bellissima Val Müstair, nei Grigioni.
Resisterete alla tentazione di non uscire dal confine?
Non c’è estate senza le code in Liguria. Però di solito succedevano al rientro la domenica sera. Invece già la partenza del week end per molti milanesi si è rivelata un incubo.
LIGURIA da INCUBO: 14 KM di CODA per cantieri in autostrada, turisti fatti SCENDERE dai treni per rispettare il distanziamento nei posti a sedere
Obbligo di distanziamento nei posti a sedere: turisti diretti in Liguria fatti scendere dai treni a Milano.
Disagi sabato mattina in Stazione Centrale a Milano: molti passeggeri sono stati fatti scendere dai treni diretti in Liguria perché troppo affollati e non sono riusciti a partire oppure sono arrivati con grande ritardo. La denuncia arriva da Assoutenti.
Il caos si è creato a causa della necessità del rispetto della normativa coronavirus che fa sì che sui treni i viaggiatori possano sedere solo distanziati. E l’ordinanza della Regione Liguria entrata in vigore oggi che consente di occupare tutti i posti sui convogli non ha valore per i treni che arrivano da altre regioni.
A questo si è aggiunta la cancellazione nel pomeriggio di un treno proveniente da Milano e diretto ad Alassio via Genova ha lasciato “a piedi” diverse persone che contavano su quel convoglio per tornare nel savonese.
“Ora basta – dice il presidente di Assoutenti Furio Truzzi – Andare in vacanza nel fine settimana non può diventare un problema di ordine pubblico. Servono subito otto coppie di Frecciarossa, dalla Lombardia e dal Piemonte per le riviere si ponente e di levante della Liguria!”. Infine il Presidente di Assoutenti chiede un risarcimento simbolico di 100 euro per tutti i passeggeri, sia quelli lasciati a terra sia quelli arrivati a destinazione con ore di ritardo.
Traffico in tilt per lavori in autostrada: fino a 12 chilometri di coda verso Genova. E Autostrade vuole chiudere totalmente 14 tratte
6 chilometri di coda fin dalla mattina di venerdì tra Genova Est e Nervi, lungo la A12 in direzione Livorno. E nel pomeriggio, con i turisti in arrivo da Piemonte e Lombardia, la situazione è peggiorata in diversi tratti interessati dai cantieri con code fino a 12 chilometri al bivio A12-A7 Milano-Genova e Genova Nervi. Altri serpentoni chilometrici si sono formati sull’A7 tra Genova Bolzaneto e il bivio A7-A12 Genova-Livorno, sempre per lavori, così come sull’A10 Genova-Ventimiglia e tra Celle Ligure e bivio A10-complanare Savona.
Un bollettino di guerra, quello del traffico ligure nel fine settimana, strozzato tra chiusure, cantieri, salti di carreggiata. E il piano di Autostrade rischia di mandare definitivamente in tilt la viabilità lungo le grandi arterie regionali, con ripercussioni anche lungo la Aurelia e nei paesi, come accaduto nelle scorse settimane ad Arenzano. Uno “stritolamento” della Riviera di Levante, lo definisce il sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco parlando di una situazione “non più sostenibile”, mentre il governatore Giovanni Toti chiede “serietà” e “rapidità” alla società concessionaria e al ministero dei Trasporti perché “così non possiamo andare avanti”.
Con la stagione turistica alle porte, infatti, si diffonde la paura della paralisi. E restano due giorni per trovare una soluzione che eviti ad Autostrade di procedere con il suo piano per le ispezioni delle gallerie, la cui prima tranche dovrà terminare entro il 15 luglio. Un vaso di pandora di problemi, inefficienze e buchi nei regolamenti che ha presentato il conto agli automobilisti.
Buona parte dei problemi delle ultime settimane sono riconducibili alla necessità per la concessionaria di ispezionare le gallerie. E farlo in fretta. Il 15 luglio scade il termine stabilito dal ministero dei Trasporti per i controlli. Nonostante le numerose chiusure notturne disposte, con deviazioni sulle carreggiate opposte, Autostrade ritiene di non riuscirci in tempo. E – come riportato da Il Secolo XIX – ha inviato un piano al Mit che prevede la chiusura totale, giorno e notte, week end esclusi, di 14 tratti schierando una task force di un centinaio di persone per accelerare. Un piano che potrebbe partire già la prossima settimana, salvo che da Roma non arrivi il via libera a un posticipo del termine. Una risposta è attesa entro lunedì, in caso contrario la concessionaria è pronta a procedere.
Un’ipotesi che ha mandato su tutte le furie il governatore Giovanni Toti: “Non consentiremo che la Liguria resti paralizzata. Servono serietà, rapidità”. E chiede “un piano alternativo” che” permetta alla regione di ripartire e ai liguri e ai tanti turisti di non restare in coda ore per percorrere pochi chilometri, così non possiamo andare avanti”.
27 giugno 2020. Mentre ancora la Regione pensa di estendere ad almeno altre due settimane l’obbligo di mascherina anche da soli all’aperto, i dati sembrano riflettere quello che numerosi medici sostengono: l’emergenza sanitaria ormai è finita. Due soli decessi in regione (non capitava da febbraio), un solo nuovo contagio in tutta Milano, otto morti in Italia, nessun paese in Unione Europea sopra i 10 decessi (per la prima volta neppure l’Italia). Terapie intensive libere. Ospedali sotto controllo. Possiamo fare ritorno a una vita più serena a Milano e in Lombardia?
Dati Lombardia. Due soli decessi in tutta la Regione, solo 77 nuovi contagi in Regione (di cui la metà “debolmente positivi”) su 9.568 tamponi effettuati, un solo nuovo contagiato a Milano città e quattro in tutta l’area metropolitana. Restano ricoverati 415 persone (-86 in un giorno), di cui 43 in terapia intensiva.
Italia. I decessi giornalieri scendono a 8 in tutta Italia (dai 30 di ieri). I contagi calano a 175 dai 259 di ieri. Si scende sotto i 100 ricoverati in terapia intensiva (97).
Mondo.Per la prima volta nessun Paese in Unione Europea conta più di 10 decessi giornalieri. Oltre all’Italia con 8, dei paesi più colpiti ci sono la Spagna con 3, Belgio con 1, Olanda con 2, Portogallo e Polonia con 6 e Romania con 10. Nel mondo al primo posto il Messico con +719 decessi giornalieri.
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
Mascherine obbligatorie per almeno altri 15 giorni. Questa è la decisione del governatore Attilio Fontana. I lombardi, unici al mondo, continueranno a coprirsi naso e bocca quando si trovano fuori da casa così da evitare o ridurre la diffusione di «goccioline» che possono veicolare il virus.
La Lombardia si confermerebbe l’unica area in Unione Europea a prevedere un simile obbligo. D’altronde lo stesso governatore Fontana ha già dichiarato di voler mantenere le mascherine obbligatorie fino al vaccino. La domanda che molti fanno è: se altrove i governi semplicemente raccomandano le mascherine, perchè ai lombardi invece non viene concessa libertà di scelta? E se la Regione Lombardia continua a mantenerle obbligatorie anche in esterno contro ogni evidenza scientifica, se è in possesso di dati di contagi avvenuti all’esterno, perchè non li rende noti?
Ultima nota: se quando i contagi aumentano bisogna mantenerle per farli diminuire e quando invece calano (come ora) bisogna tenerle per non farli aumentare, con la logica del Governatore, quando ne usciremo?
Per inciso: in tutta l’Unione Europea senza che vi sia obbligo di mascherine all’aperto i contagi e i decessi si sono ridotti. Solo l’Italia infatti, insieme alla Romania, è rimasta con ancora più di 5 decessi giornalieri (dati 28 giugno).
Altre misure. Nella nuova ordinanza regionale, oltre alla proroga dell’uso delle mascherine fino al 15 luglio sembra prevista anche la riapertura delle discoteche all’aperto dal 10 luglio, stessa data in cui dovrebbero riprendere gli sport di contatto come il calcetto. Via libera già dal primo luglio, invece, alle manifestazioni fieristiche.
Pubblichiamo l’articolo di Alberto Mattioli per “la Stampa”
GIÙ LA TESTA, MILANO. Dopo anni di primati la città ha preso una sonora SBERLA (La Stampa)
Battuta d’arresto o fine delle ambizioni?
Le metafore variano: una sberla, una mazzata, una débâcle. Però è certo che a Milano la pandemia ha colpito forte, forse più che altrove. La città si è trovata stretta fra i due peggiori focolai italiani, le provincie di Lodi e Bergamo, e le prove non esaltanti della sanità lombarda. E dopo anni di primati e trionfalismi, grattacieli e Saloni da record, insomma dopo un decennio in cui correva mentre il Paese arrancava, si scopre fragile. Con l’aggravante di non risultare nemmeno troppo simpatica.
La Schadenfreude del resto d’Italia – il piacere provocato dalla sfortuna altrui – si nota fin troppo: per una volta, il primo della classe indossa il cappello da asino. È una battuta d’arresto o l’arresto definitivo delle smisurate ambizioni cittadine? Prevale quello che l’antica saggezza democristiana definiva «cauto ottimismo». In fondo al tunnel si inizia a vedere la luce. Ma il tunnel è ancora lungo. Il commercio ha sofferto moltissimo. Secondo la Confcommercio, il 64% degli esercizi ha riaperto e il 21 non ha mai chiuso. Resta un 15% di serrande ancora abbassate.
La situazione varia da settore a settore: l’alimentare accusa un calo del fatturato del 20%, il non alimentare del 60, bar e ristoranti del 70, gli alberghi del 90. Per il turismo è Waterloo. Molti hotel non hanno ancora riaperto, fiere, saloni e congressi sono stati tutti cancellati e in maggio il calo era del 98% sul 2019.
I limiti dello sviluppo degli anni dieci
E tuttavia, turismo a parte, qualche segnale di ripresa si vede. Nelle previsioni di Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio, ci sono molti “se”: «Se non ci sarà una seconda ondata della pandemia, se il turismo ripartirà, se gli uffici riapriranno, e se tutto questo succederà da settembre, torneremo ai livelli del ’19 nel maggio ’21».
Appunto: se. Per inciso, Beppe Sala avrà sbagliato il tono, un po’ troppo da milanese imbruttito, quando ha detto che bisogna farla finita con lo smart working e tornare a “lavurà” in ufficio. «Però ha ragione – chiosa Barbieri – perché se la gente non va in ufficio tutto l’indotto soffre». Nel frattempo, Milano «fa un bagno di umiltà», come dice l’assessore alla Cultura, Filippo Del Corno. «Il Covid ci ha resi consapevoli dei limiti dello sviluppo degli Anni Dieci. La città dinamica era talvolta frenetica. E la sua attrattiva globale una narrazione patinata, quindi fragile. Abbiamo chiamato il piano di ripresa “Un passo alla volta”, ed è una novità in una città che ne faceva tre. Attenzione: non era sbagliato quel modello. Era sbagliato pensare che fosse l’unico possibile. Pensiamo ai grandi eventi, le settimane, i saloni: benissimo, ma bisogna riscoprire anche una cultura diffusa. E con le altre città passare dalla competizione alla collaborazione».
Si recuperanno i dané perduti
Guarda caso, il cartellone per l’estate si chiama “Aria di cultura”: per una volta, uno slogan cittadino è scritto in italiano e non in inglese. Le ciclabili approntate in fretta e furia perché nessuno voleva più prendere i mezzi (talvolta così in fretta da provocare ingorghi e polemiche) diventeranno strategiche, simbolo di una città che si ripensa più verde e più lenta, più a misura d’uomo e meno di fatturato. Resta il problema di recuperare i “dané” perduti.
Un indizio infallibile dello stato di salute economica è il mercato della casa, che poi nella Milano pre-Covid andava così bene da trasformarla nella Disneyland degli agenti immobiliari. E qui, sorpresa: il business è ferito ma vivo. «Prevedevamo per il 2020 un aumento del 7%, poi abbiamo rivisto la percentuale a meno 20 – spiega Alessandro Ghisolfi del Centro studi di Abitare Co -. Due segnali inducono però all’ottimismo. Primo: si è tornato a rogitare, insomma chi era interessato prima della fase 1 nella fase 3 ha poi comprato.
Secondo: dopo la clausura, i milanesi chiedono appartamenti magari meno centrali ma più grandi e con il terrazzo». La Scala riapre il 6 luglio In questa altalena di speranze e paure, c’è anche chi dalla crisi non esce. Come Pier Galli, titolare dello storico ristorante “Galleria”, lì dal 1968. Ha chiuso il 7 marzo, dopo che il fatturato era calato del 95%. E, insieme ad altri locali storici della Galleria, come Marchesi o Biffi, ha scritto al Comune che, se tutto va bene, non riaprirà prima di settembre. «Io vivevo di turisti, che sono spariti. A pranzo avevo i bancari, che sono in smart working, e a cena gli spettatori della Scala, che è chiusa. Con 33 dipendenti e quasi mezzo milione di affitto all’anno al Comune, alzare la serranda mi costa 8 mila euro al giorno. Se, come negli ultimi giorni, ne incasso meno di mille, tanto vale restare chiuso». La Scala però riaprirà, il 6 luglio. Niente opera, per ora, ma concerti da camera per seicento persone, circa un terzo della capienza. Un altro sintomo di guarigione. E poi, recita un detto milanese, piuttosto che niente è meglio piuttosto.
Volare post lockdown è ancora complicato e, tra voli cancellati con biglietto già pagato, cancellazioni e annullamenti di collegamenti, sarà un’estate di fuoco. Soprattutto i voli da e verso Sardegna e Puglia, in particolare per arrivare ad Alghero e Brindisi, sono in alto mare, anche per l’estero è tutto a rilento e in molti aspettano rimborso per viaggi mai effettuati. Le proteste dei passeggeri iniziano a farsi sentire.
MALPENSA nel CAOS: molti voli cancellati e passeggeri sul piede di guerra
# Prima annunciati e poi cancellati i collegamenti con il Salento
Alitalia aveva annunciato i primi giorni di giugno dell’avvio dei collegamenti giornalieri da Milano Malpensa a Brindisi mettendoli a disposizione per l’acquisto da parte dei viaggiatori sul sito ufficiale. A pochi giorni dal decollo però sono stati cancellati e sostituiti con alcuni collegamenti con scalo a Roma Fiumicino. Questo significa tempi di viaggio compresi tra le 3 e le 7 ore e mezza e un prezzo di 360 euro.
Immediate le proteste del presidente della provincia di Lecce Stefano Minerva, per i disagi creati da questo cambio di decisione, che si è immediatamente mobilitato contro Alitalia: “Il territorio pugliese usufruisce dei collegamenti con Brindisi come porta di accesso alla città barocca e a tutto il rinomato territorio. Sarà un colpo durissimo per il turismo.”
# La cancellazione dei voli low cost verso Alghero
Sono numerose le proteste dei viaggiatori per gli enormi disagi subiti per la cancellazione dei collegamenti fra Malpensa e l’aeroporto sardo di Alghero con i voli Easyjet, tanti hanno programmato voli e devono capire se dovranno acquistare nuovi biglietti per far fronte alle esigenze.
Uno dei tanti passeggeri: “Per un volo che è stato cancellato ho dovuto acquistare un nuovo biglietto con Ryanair pagandolo 80 euro. Mentre i biglietti Alitalia sono ancora più costosi. Mi chiedo se ora si dovrà programmare una nuova organizzazione. Al netto che di una manciata di voucher non me ne faccio niente. EasyJet dovrebbe spiegare per quale motivo ha cancellato i voli.”
# Catania e Trapani raggiungibili grazie ad Albastar
Viaggiare in Sicilia è più facile grazie alla compagnia Albastar che ha introdotto collegamenti settimanali da Malpensa verso Catania e Trapani, con i primi quasi tutti venduti a prezzi accessibili, con il biglietto a meno di 60 euro a tratta.
# I collegamenti con l’estero un’incognita
I viaggi intercontinentali restano una grande incognita con la notizia più fresca da parte della compagnia di bandiera di Malta che ha annunciato che da metà luglio tornerà ad accogliere i lombardi, con la ripartenza dei collegamenti verso l’isola. I voli che collegano gli Stati Uniti sono stati messi in vendita ma vengono puntualmente cancellati, con enormi difficoltà per chi deve ritornare in Italia.
Credits: salvisjuribus.it - Senato della Repubblica
Nel giorno dell’anniversario della bocciatura del referendum sul federalismo e il taglio dei parlamentari del 2006, approvato dai cittadini di Lombardia, Veneto e italiani all’estero ma bocciato dal resto d’Italia, dal Parlamento arriva l’ennesimo schiaffo ai cittadini: annullata la delibera sul taglio dei vitalizi al Senato.
🔴 STOP al TAGLIO dei VITALIZI in Senato: annullata la delibera
# In Commissione Contenziosa arriva la bocciatura. Ex-parlamentare Paniz: “È stato ripristinato lo Stato di diritto”
Mentre la crisi economica imperversa in tutto il Paese arriva lo stop al taglio dei vitalizi del Senato, a seguito del voto arrivato nella notte del 25 giugno alla Commissione Contenziosa del Senato. I voti a favore sono stati quelli del presidente della commissione Giacomo Caliendo, e di due membri tecnici ovvero i professori Gianni Ballarani e Giuseppe Della Torre, mentre quelli contrari da parte di Simone Pillone e Alessandra Riccardi della Lega, con quest’ultima che ha lasciato da poco il M5S. L’annullamento di questa delibera porta come conseguenza l’obbligo di restituire le quote di vitalizi tagliati dall’ottobre 2018, quando il provvedimento fu approvato su proposta del Movimento 5 Stelle, a oggi.
L’ex parlamentare Maurizio Paniz che rappresenta 300 ex senatori e 700 ex deputati nei ricorsi contro il provvedimento entrato in vigore due anni fa, ha dichiarato: “È stato ripristinato lo Stato di diritto. La delibera è stata annullata perché ritenuta ingiustificata a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e del diritto dell’Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera. In primo luogo non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere ‘erga omnes”, mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l’86% degli importi; infine deve indicare dove vanno a finire i risparmi che non possono finire nel grande calderone del risparmio, e anche su questo punto la delibera era carente“.