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Nightmare ambrosiano: i 5 SIMBOLI ESOTERICI di Milano

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Credits: polisemantica.blogspot.com

Milano è la città delle stranezze e delle contraddizioni, la metropoli delle mille luci, ma con un lato oscuro sconosciuto. Tra grattacieli e innovazione, la nostra città è carica di storia… e di leggende.

Infatti, anche la città Ambrosiana ha il suo fascino esoterico e questo lo si intuisce già dal suo simbolo, il Basilisco, un grande drago verde rappresentato nell’atto di mangiare un bambino.

Ma ecco quali sono i 5 simboli che gli amanti del mistero, e non solo, non devono assolutamente perdere. Anche per fare un tour alternativo della città.

Nightmare ambrosiano: i 5 SIMBOLI ESOTERICI di Milano

#1 Il cinghiale bianco: il capitello di Via dei Mercanti

Credits: @arkeios1983 IG

Nel cuore medievale della città, in Via dei Mercanti, si può osservare un cinghiale scolpito su un capitello del Palazzo della Ragione. La leggenda narra che Belloveso, un giovane guerriero, dopo aver sconfitto gli Etruschi nel VI a.C., si stabilì nella grande pianura dove costruì la sua dimora. Un luogo non scelto dal caso, ma da un animale e, per l’esattezza, da un cinghiale, simbolo divino appartenente alla cultura celtica ed emblema di forza, coraggio, guerra, caos. In più sembrerebbe che l’etimologia della parola Mediolanum sia legata proprio a questa scrofa semilanuta che divenne il simbolo della Milano gallica.

#2 Gli ossari: i misteri di San Bernardino alle Ossa

Il legame tra Milano, la spiritualità e il mondo dell’aldilà è testimoniato anche dagli ossari presenti in alcune chiese della città. La più famosa, ed inquietante, è la chiesa di San Bernardino alle Ossa, in Piazza Santo Stefano. La sua storia è legata all’ordine religioso meneghino dei Disciplini. Si narra che essi raccolsero le ossa dei defunti provenienti dall’ospedale, dei morti in prigione o per decapitazione e dei loro confratelli, per decorare le pareti dell’ossario. Senz’altro una scelta azzardata e alquanto macabra.

#3 Sant’Ambrogio e la colonna del diavolo: quando Mefisto passò da Milano

Credits: @monicapapagna IG

A sinistra della Basilica di Sant’Ambrogio si trova la colonna del diavolo. Secondo alcuni, risalirebbe al periodo romano e, probabilmente, faceva parte di un edificio imperiale eretto da Massimiano alla fine del III secolo d.C.

La colonna è chiamata così per i due fori presenti sulla sua superficie: infatti, si racconta che si siano formati a seguito dello scontro tra Sant’Antonio e il diavolo, durante il quale le corna di Mefisto si sarebbero conficcarono nel pilastro. Poi, il diavolo sconfitto scomparve, trasformando simbolicamente la colonna nella porta degli Inferni di Milano.

#4 Le streghe di Piazza Vetra: nove donne finite sul rogo

Credits: puntadellest1.wordpress.com

Tra il 1595 e il 1631, durante l’episcopato di Federico Borromeo, le vittime accusate di stregoneria furono molte. Anche Milano fu uno dei macabri scenari dove venivano giustiziate le presunte streghe. Proprio Piazza Vetra, a pochi passi dalle colonne di San Lorenzo, fu teatro dell’esecuzione di ben nove donne accusate di stregoneria.

A provarlo è il Compendium Maleficarum, un documento redatto dall’esorcista del Cardinale Borromeo, Fra’ Francesco Maria Guaccio.

Anni dopo, nella piazza fu eretta una croce, poi sostituita dalla statua di San Lazzaro, colui che assiste i sofferenti.

#5 La Casa del Diavolo in Porta Romana: la peste bubbonica e le feste di Belzebù

Credits: www.milanopocket.it

Milano, 1630: il periodo della peste bubbonica descritta da Manzoni nei Promessi Sposi. In un lussuoso palazzo in Corso di Porta Romana 3 abitava il Marchese Ludovico Acerbi che, nonostante il rapido diffondersi della malattia in tutta la città, non rinunciava a sfarzose feste e a sfoggiare il lusso sfrenato. Tutto ciò mentre fuori dalla sua elegante residenza si accumulavano i cadaveri degli appestati.

Così, per la sua totale indifferenza per la situazione del popolo e per la presunta “immunità” alla malattia, il Marchese venne considerato un diretto discendente di Belzebù.

Dunque, di spunti ne avete, ora trovate il coraggio e innamoratevi di Milano, nel bene… e nel male!

Continua la lettura con: I segreti di CASA FELISARI, il palazzo più MISTERIOSO di Milano

ANGELA CALABRESE

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Il CAMMINO di BARDOLINO: il percorso da sogno per gli AMANTI del VINO

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Credit: verdeazzurronotizie.it

La zona è quella del Garda, sponda veronese, zona di natura, clima quasi sempre temperato e grandi vini. In questo scenario ricco di emozioni, tra le tante proposte allettanti, c’è il cammino di Bardolino. Una versione del Cammino di Santiago per gli amanti del vino. 

Il CAMMINO di BARDOLINO: il percorso da sogno per gli AMANTI del VINO

# Un cammino tra natura e grandi vini

Credit: verdeazzurronotizie.it

Il cammino di Bardolino consiste in 147 km tra sponda del lago e entroterra, con un dislivello totale di 2000 metri.

Le tappe indicate sono 29, ognuna con caratteristiche diversa dall’altra, tutte che mettono in risalto la natura e le specialità alimentari della zona. Ovviamente a farla da padrone è il Bardolino, un rosso deciso dal colore rubino e sapore asciutto che si sposa perfettamente con i prodotti del posto.

# Il percorso

Credit: gardapost.it

Il percorso include, oltre a tratti preferibilmente percorribili a piedi, due interessati ciclovie: quella del Lago e quella del Sole, entrambe piuttosto facili da intraprendere e di grande impatto scenografico. Lungo il Cammino di Bardolino si passa attraverso paesaggi incantevoli ma anche centri storici che racchiudono un fascino che non può lasciare indifferenti.

# Perché intraprendere il cammino di Bardolino?

Credit: @iltuoviaggioinitalia
Lungo il Cammino è facile trovare posto dove mangiare e dormire, passando da alberghi a agriturismo e B&B, che consentono ad ogni tasca di potersi permettere almeno qualche giorno di viaggio.
Se percorso a piedi si consideri che dei 29 tragitti previsti nessuno oltrepassa i 20 km e sta ad ognuno decidere quanta strada percorrere.
 
Durante il cammino di Bardolino si possono visitare le 61 aziende di produzione di Bardolino DOC presenti lungo il tragitto.

 

Continua la lettura con: La pista CICLABILE più BELLA D’ITALIA sta per essere completata

ROBERTO BINAGHI

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Per Forbes la REGIONE in cui si mangia meglio è l’EMILIA ROMAGNA

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Credits: mangiarebene.it

Il critico culinario della rivista Forbes, David Rosengarten, ha girato l’Italia in cerca dei migliori ristoranti per regione della nostra penisola. Ad ottenere il primo posto della sua classifica è stata l’Emilia Romagna, la quale ha colpito il critico per diversi fattori.

Per Forbes la REGIONE in cui si mangia meglio è l’EMILIA ROMAGNA

# Il record di prodotti DOC

Credits: thesignofcolor.com

Rosengarten è rimasto colpito, innanzitutto, dall’elevato numero di prodotti locali di qualità: il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano, i tortellini e la mortadella, giusto per citarne alcuni. Inoltre, c’è un dettaglio che ha fatto letteralmente innamorare il critico della cucina di questa regione: il suo legame profondo con le origini. Infatti, ha affermato di aver sempre trovato, anche nei menù dei ristoranti stellati, una voce che citasse le tagliatelle al ragù fatte come le preparava nonna. In aggiunta, ha sottolineato anche l’eccezionale qualità dei vini, scegliendo il Lambrusco come il suo preferito.

# Ristoranti che sono valsi il primo posto

Credits: eristorante.com

Dopo aver attraversato tutta la regione, da ovest a est, Rosengarten ha stilato anche la lista dei suoi personali ristoranti preferiti.

Il primo ristorante lo condivide anche con il grande Luciano Pavarotti, suo cliente fisso fin dall’apertura: si tratta di “Europa 92”, nei pressi di Modena. Il suo piatto forte è lo stracchino con le patate, incluso in menù ricco di piatti della tradizione, sia primi che secondi. Per concludere in bellezza, è presente anche la torta al caffè e cioccolato, il dolce più famoso della zona di Modena.

Proseguendo, ma rimanendo in un borgo nei dintorni chiamato Castelvetro di Modena, troviamo il ristorante “Il Cappero alle Mura”, conosciuto per reinventare i piatti tipici con fantasia e rispetto. Ad esempio, una ricetta di cui possono vantare è il sartù di riso nero con cuore di Parmigiano Reggiano e servito su crema di zucca. Ma il piccolo borgo ha un’altra concentrazione di buoni ristoranti, perché troviamo anche “Zoello”, che offre un’ambiente e un clima casalingo, insieme a piatti gustosi come lo gnocco fritto o i tortellini in brodo.

Ora possiamo spostarci a Monteveglio, frazione di Valsamoggia in provincia di Bologna. Qui spicca la “Trattoria dei Mugnai”, la quale ha un punto forte non indifferente. Infatti, nei boschi circostanti, sono presenti grandi porcini freschi che vengono raccolti e abbinati a piatti come le tagliatelle, per donare loro un sapore unico. Sempre nella stessa frazione troviamo “Ponterosso”, locale dello chef Massimo Ratti. Qui, a differenza degli altri, non è presente il menù e sarà proprio lo stesso chef a selezionare i piatti migliori in base ai clienti. La scelta può spaziare dalla tradizione locale ad alcune nuove creazioni rivisitate, come i tortellini in salsa di fragole e polvere di caffè.

In conclusione, il critico di Forbes ammette di essere rimasto affascinato da tutta la cultura culinaria italiana, ma di aver voluto premiare l’Emilia Romagna per le sue eccellenze e l’impegno dei suoi chef nel fondere perfettamente tradizione e progresso.

Fonte: initalia.virgilio.it

Continua a leggere con: La STORIA di un piatto romagnolo per eccellenza: la PIADINA

MATTEO GUARDABASSI

Leggi anche: Salute Direzione Nord 2021: l’anteprima

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ROMA accelera per diventare una CITTÀ REGIONE e tende la mano anche a MILANO

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credits: romanoimpero.com

L’idea di Milano città stato, prende forma nella capitale. Roma Città Regione è un sogno sempre più vicino. Se ne parlerà Lunedì 24 maggio in un webinar dell’Università la Sapienza. E l’iniziativa potrebbe scuotere anche Milano, dandole l’autonomia che i milanesi auspicano. 

ROMA accelera per diventare una CITTÀ REGIONE e tende la mano anche a MILANO

Roma guarda al futuro e ci vede il cambiamento. Da villaggio sul fiume Tevere a grande capitale dell’Impero, a città sempre più europea, aperta, cosmopolita. Roma da città vuole cambiare pelle e diventare altro, regione, stato, dipartimento costituzionalmente diverso da adesso, per farsi trovare pronta ad affrontare le enormi sfide del Terzo millennio.

A dare voce a questa esigenza di cambiamento c’è un gruppo di parlamentari che ha presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 11 marzo una proposta di legge costituzionale per fare di Roma una città/regione capace di guardare avanti.

La questione urbana

C’è una nuova “questione urbana” così la definiscono nella proposta di legge, che riguarda le grandi città d’Italia come Roma, ma anche come Milano e Napoli. Tutte e tre città “caratterizzate da intensi processi di concentrazione demografica e produttiva, segnate da consistenti fenomeni di immigrazione e da specifiche esigenze normative e finanziarie cui non si è data risposta” fino ad ora.

Roma, in particolare, ha un’area metropolitana di circa 1.287 chilometri quadrati, andando a coprire una superficie pari a quella delle 9 maggiori città italiane. Roma è anche la capitale europea con la maggiore estensione di territorio amministrativo, con una popolazione che supera i 2.800.000 abitanti. Se poi si arriva a misurare l’area dell’ex-Provincia di Roma allora si arriva a 5.500 chilometri quadrati per circa 4.300.000 abitanti.

Inoltre a Roma, fanno notare i promotori della proposta di legge, si concentra l’esercizio delle funzioni di due capitali, quello dello Stato italiano e quello della Città del Vaticano, per non menzionare che è sede delle rappresentanze diplomatiche di entrambe gli Stati e ospita le grandi organizzazioni internazionali come la Fao e il Pam.

L’incontro per Roma città stato

Sono queste caratteristiche che hanno portato diversi gruppi di parlamentari e senatori nel corso degli anni a presentare proposte di legge per fare di Roma una realtà amministrativa diversa e più adatta a quello che è diventata, un territorio regionale che potrebbe essere efficacemente governato con l’attribuzione di una piena potestà legislativa. In questo modo anche Roma potrebbe cominciare a godere di quelle prerogative che già da anni caratterizzano la vita di altre importanti grandi e medie capitali europee.

Di questa proposta e di altre simili si parlerà nel corso di un seminario on line organizzato dall’Università di Roma La Sapienza Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura il prossimo lunedì 24 maggio alle 16.30 collegandosi all’invito meet.google.com/drw-sdrh-twi.

Aprirà i lavori Eugenio Gaudio, presidente della Fondazione Sapienza, Laura Ricci, Direttore del Dipartimento PDTA della Sapienza come coordinatore guiderà gli interventi di Mario Ajello, giornalista parlamentare, Beniamino Caravita di Toritto, Professore di Diritto Pubblico, Sabino Cassese, Giudice emerito della Corte Costituzionale, Linda Lanzillotta già vice presidente del Senato della Repubblica. Concluderanno i lavori Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei Deputati e Roberto Morassut, vicepresidente gruppo PD della Camera dei Deputati nonché firmatario della proposta di legge.

Continua la lettura con: La riforma costituzionale: Roma città regione

FRANCESCA SPINOLA

Leggi anche: Stipendio consiglieri comunali, i “precari della politica” che vanno pagati di più

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

 

La prima SQUADRA DI CALCIO di Milano era BIANCONERA

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Qual è stata la prima squadra di calcio a Milano? Se chiedete ai milanisti risponderanno “Il Milan!” e, ovviamente, gli interisti risponderanno “Ma no, è l’Inter!”.

Ma la vera risposta è… nessuna delle due.

La prima SQUADRA DI CALCIO di Milano era BIANCONERA

# La prima squadra di Milano proviene dalla ginnastica

Credits: www.sefmediolanum.it

Che se ne dica, la prima squadra di calcio a Milano è stata quella della Società per Educazione Fisica Mediolanum. Infatti, fondata nel 1896 con il nome “Società Ginnastica Mediolanum”, dal 1897 non volle più limitare la propria attività alle sole esercitazioni ginnastiche.

E così, a un anno dalla sua creazione, questa società volle estendersi ai giochi sportivi, tra cui il ciclismo e l’alpinismo.

Insomma, una rivoluzione tecnica che sottolinea grande modernità e apertura al nuovo, con uno sviluppo razionale e generale dell’organismo umano senza la classica visione militaresca dell’esercizio fisico.

# Nasce “lo sport che incarna lo spirito borghese”

Credots: @dany_nikon IG

Quindi, non c’è da stupirsi se proprio la Mediolanum sperimentò tra le prime, a Milano, “lo sport che più di ogni altro incarnava lo spirito borghese, la mentalità sportiva degli strati neo-emergenti”.

Questo sport è proprio il calcio che, superate le diffidenze iniziali, avrebbe poi velocemente conquistato la passione tifosa e ludica della maggior parte degli italiani.

# La città si è tinta di bianconero

Credits: www.sefmediolanum.it

E così, la sezione calcistica di Mediolanum nacque il 15 maggio 1898.

Quello per cui i milanesi potrebbero prendersela è il colore della divisa della prima squadra meneghina, bianca e nera. Però, sul petto, è da sempre stato presente lo stemma di Milano.

# Gli allenamenti e le partite? Nel cortile del Castello Sforzesco!

Credits: mondointasca.it

Senz’altro particolare era il luogo per gli allenamenti e le partite in casa. Pensate, si trattava del cortile del Castello Sforzesco. Nonostante fosse in terra battuta e non molto adatto al calcio, era il ritrovo abituale dei giovani calciatori milanesi.

E, proprio in questo periodo, militò Umberto Meazza, capitano e trascinatore della primissima squadra di calcio milanese, portandola anche a disputare tutte le gare calcistiche dei concorsi ginnastici nazionali.

Non a caso, la Mediolanum è tra le squadre fondatrici della FIF, Federazione Italiana del Football, nonché l’attuale FIGC.

Continua la lettura con: La Città dello SPORT: nuovi impianti per una Milano all’altezza delle OLIMPIADI

ALESSIA LONATI

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

“Ci salveranno quelli che remano CONTROCORRENTE”. Intervista a ENRICO RUGGERI

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credit: enricoruggeri.me

Amiamo le voci fuori dal coro. Per questo abbiamo intervistato Enrico Ruggeri. Cantautore, scrittore e conduttore radiofonico e televisivo, un uomo che ha dimostrato di essere prima di tutto uno spirito libero. Un viaggio vissuto con i suoi occhi: da Milano alla cosiddetta “modernità in polvere”, passando per il suo ultimo libro “Un gioco da ragazzi”.

“Ci salveranno quelli che remano CONTROCORRENTE”. Intervista a ENRICO RUGGERI

Ruggeri nei Decibel

Come il giovane Enrico è diventato Ruggeri? C’è un momento chiave della tua vita che reputi fondamentale per averti fatto diventare quello che sei?

Il momento nel quale ho capito che non mi piaceva nessun “piano B”: non avevo altra scelta.

Credits apovipalessandro ig – Milano

Quanto ha contato e conta Milano per te? Che cosa rende unica la nostra città e chi ci vive?

Milano è un punto privilegiato di osservazione, è presente ogni tipologia di essere umano.
È un crocevia del mondo, qui succedono cose che nel resto del Paese arrivano dopo.

Nel tuo ultimo romanzo “Un gioco da ragazzi” i due giovani protagonisti mettono a repentaglio la loro vita pur di inseguire ciò che ritengono giusto. C’è chi lo ha definito un romanzo psicologico più che politico: il gioco da ragazzi potrebbe significare quel tipo di teatro o di gioco che quando si è giovani può essere formativo ma da cui molti rimangono intrappolati per tutta la vita, rimanendo anche da adulti sempre giocatori dello stesso gioco da ragazzi che con il passare degli anni diventa sempre più infantile. È un’interpretazione che ha senso? E se sì, quali sono i giochi da ragazzi di cui molti adulti della nostra epoca continuano a essere prigionieri?

L’interpretazione è quella esatta, da ragazzi spesso (e in quegli anni era ancora peggio) si fanno cose che segnano il nostro destino. Oggi gli adulti (soprattutto maschi) rimangono vittime dell’infantile desiderio di sopraffazione, che sfocia nell’ostentazione consumistica.

Credit: enricoruggeri.me – Cover Alma

Confrontandomi con i miei coetanei mi sembra che più che una crisi di valori stiamo vivendo una crisi di sogni. Non si hanno più obiettivi, traguardi, si è perso quel sano piacere di sognare e di provare a realizzare i propri sogni. Questo lo si vede anche perché molti ragazzi privi di obiettivi o con uno scarso coraggio di mettersi in gioco, utilizzano scuse e attribuiscano colpe ad altri per la loro inazione. Che sogni avevi quando avevi vent’anni? Come ti sei posto nei confronti dei tuoi obiettivi di vita quando eri ragazzo e cosa suggeriresti ai ventenni di oggi alla luce della tua esperienza?

Il mio sogno era chiaro: lasciare un segno del mio passaggio. Ma i sogni sono poca cosa se non siamo capaci di trasformarli in progetti. Ai ventenni suggerisco di leggere bene dentro alle loro potenzialità, alternando umiltà e autostima.

@enrico_ruggeri IG

Noi siamo convinti che la crisi attuale sia prima di tutto culturale. L’antropologo Appadurai ha parlato di “Modernità in polvere” per indicare lo sgretolamento dei punti fermi sui quali la nostra società si fondava. Con Milano città stato noi cerchiamo di darci da fare per infondere un atteggiamento di apertura nei confronti del cambiamento e cerchiamo di spingere le persone a sfidare lo status quo, trattandolo come punto di partenza per costruire una realtà, personale e sociale, sempre migliore. Secondo te ha senso battersi per una realtà migliore? Lo stai facendo? E se sì, cosa ti sentiresti di suggerire?

Battersi per migliorare la propria realtà è di per sé una battaglia che passa per il miglioramento della realtà di tutti. L’importante è non aver paura di esporsi, anche quando ci si trova controcorrente.

L’importante è non aver paura di esporsi, anche quando ci si trova controcorrente.

Crediamo che uno dei maggiori problemi per la nostra società sia l’incapacità di accettare chi la pensa diversamente. Spesso se qualcuno ha un punto di vista diverso sulla realtà viene giudicato un nemico da abbattere. Tu condividi questa sensazione? Ci sono pensieri o idee che credi questa società sia incapace di accettare anche se sarebbero uno stimolo per molti? E, in generale, tu sei davvero un personaggio anticonformista, ma come persona hai mai avuto paura di mostrare le tue unicità?

Oggi qualsiasi argomento crea due tifoserie, pronte a delegittimare l’altra fino allo scherno e all’insulto. Distinguersi diventa in un certo senso una priorità. Le nostre unicità sono le nostre medaglie.

Distinguersi diventa in un certo senso una priorità. Le nostre unicità sono le nostre medaglie.

Milano Città Stato nasce dalla convinzione che l’Italia sia il luogo delle diversità e per questo dare più potere e autonomia responsabile alle diverse realtà possa essere un fattore di crescita e di arricchimento per l’intero Paese. In particolare Milano, a nostro avviso, che rappresenta la porta di ingresso in Italia della competizione internazionale, per poter svolgere al meglio la sua funzione dovrebbe avere poteri e autonomia simile a tutte le principali città d’Europa con cui compete, che sono tutte formalmente delle città stato, come Berlino, Amburgo, Vienna, Madrid, Londra, San Pietroburgo e tante altre. In un periodo in cui il pensiero dominante è quello della omologazione centralista, cosa pensi invece di un modello amministrativo che valorizzi le diversità territoriali e che Milano possa avere più autonomia per fare da laboratorio di riforme e da polo di attrazione economico e finanziario per il Paese?

È un passo fondamentale: il problema è che in uno Stato assistenzialista come il nostro chi cammina più avanti degli altri non viene considerato come una risorsa, ma come un osso da spolpare.

@enrico_ruggeri IG

In un’intervista hai definito gli italiani come “una rana bollita”, un popolo assuefatto, abituato a tutto. Qual è secondo te la causa di questo? Che cosa potrebbe portare a bollimento la rana, ossia quale scenario terribile ci potremmo aspettare se non ci risvegliamo? E cosa invece ci potrebbe salvare?

Lo scenario lo abbiamo già sotto agli occhi: ci hanno abituato ad obbedire a norme contraddittorie, cervellotiche e spesso incomprensibili, promettendoci la salute in cambio del silenzio passivo. Come sempre ci salveranno quelli che remano controcorrente.

CI SALVERANNO QUELLI CHE REMANO CONTROCORRENTE

Tu provieni dal mondo della musica e vorrei concludere riprendendo una citazione di De André. Parlando della libertà in “Se ti tagliassero a pezzetti” cantava:

“T’ho incrociata alla stazione
Che inseguivi il tuo profumo
Presa in trappola
Da un tailleur grigio fumo
I giornali in una mano
E nell’altra il tuo destino
Camminavi fianco a fianco
Al tuo assassino”

Quali pensi che siano gli assassini odierni della libertà, ossia chi o cosa mettono più a rischio il nostro futuro? In che misura il mondo della cultura è complice di questo assassinio?

Gli assassini sono un “pensiero unico” teso all’assoggettamento e all’omologazione.
Purtroppo il mondo della cultura ha troppa familiarità con il potere e finisce con l’assecondarlo.
“L’intellettuale deve essere SEMPRE avverso al potere” diceva Leonardo Sciascia.
Molti lo hanno dimenticato.

Credit: rockon.it

Per concludere, qual è il sogno più grande che hai per il futuro del nostro Paese? E per Milano? E per te?

Per il mio Paese sogno un’autonomia economica e intellettuale dai grandi monopoli mondiali, cosa che sogno ancora di più per Milano.
Per me ovviamente sogno un mondo che premia la sostanza più che la forma.

 

Continua a leggere con: Weltanschauung: “Ci vogliono più uomini contro l’avanzata dell’inumano”

ROSITA GIULIANO

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Le 5 CITTA’ EUROPEE più SOTTOVALUTATE

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credit: travelfar.it

“Quest’anno dove andiamo?”. Ecco le 5 città europee più sottovalutate che andrebbero riscoperte.

Le 5 CITTA’ EUROPEE più SOTTOVALUTATE

L’arrivo della bella stagione può rivelarsi uno dei momenti più difficili che, secondo studi recenti, creano tensioni in famiglia, stress psicologici e altri danni che vanno a nuocere alla nostra psiche. Le ragioni che portano a questo stress sono molteplici, ma il podio va alla domanda che tutti si fanno: Quest’anno dove andiamo? Può sembrare una domanda banale, ma il dubbio ci attanaglia tutti gli anni. Inoltre noi italiani siamo un popolo di viaggiatori e amiamo vedere, conoscere posti e luoghi sempre diversi, ma alla fine andiamo quasi sempre negli stessi posti, perché li conosciamo, perché ci siamo trovati bene, perché abbiamo delle garanzie. Le città europee, poi, sono una delle mete più gettonate. Con queste ragioni escludiamo a priori luoghi meno conosciuti, ma non per questo privi di fascino.

#1 Lione e i suoi 500 ettari patrimonio dell’UNESCO

credit: sanbitter.it

Quando diciamo Francia, è naturale pensare a Parigi, eppure a parte i castelli della Loira, Marsiglia per i suoi borghi, Lione (terza città più popolosa in Francia) ha il suo fascino, la sua storia e un’enorme carica attrattiva e il suo motto la dice lunga sull’amore dei lionesi per la loro città:Avant, Avant, Lion le melhor (Avanti, avanti, Lione la migliore).

La leggenda vuole che Lione sia stata fondata da re Atepomaro e dal druido Momoro e ancora oggi sono visibili ritrovamenti risalenti al periodo gallico. Da quel momento in poi, conquista romana a parte, Lione visse un periodo molto tranquillo, nonostante la rivoluzione francese, l’era napoleonica, le due guerre mondiali e altri episodi storici. Bisogna aspettare il primo dopoguerra, quando Lione decide di ampliarsi, costruendo nuovi quartieri sia in periferia sia nel centro, e inaugurando la prima linea metropolitana. Lione è da visitare perché ben 500 ettari del suo territorio sono stati classificati come patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO (da vedere il quartiere Presqu’île): i ponti, le passarelle non hanno nulla da invidiare alla romantica Parigi e infine i quartieri della vecchia Lione con i suoi borghi, stradine strette e molto pittoresche, un luogo frequentato da artisti di ogni genere.

Per quanto riguarda le cose principali da vedere, segnalo La place Bellecour, quarta piazza più grande di Francia, con una statua equestre di Luigi XIV, il parco de la Tête d’Or, la basilica romanica di Saint-Martin d’Ainay, la torre metallica di Fourvière, il vecchio mattatoio riconvertito in sala per spettacoli, la torre del Credit Lyonnais, o torre La Part-Dieu, chiamata “la matita” dai lionesi, la vecchia sede della fiera che è diventato un polo terziario, culturale e turistico che raccoglie uffici, sale di conferenze, hotel, casinò, musei e cinema (il tutto progettato da Renzo Piano) e infine, naturalmente anche Lione ha la sua Operà.

Per i milanesi sarebbe fondamentale visitare questa città perché Lione è gemellata con Milano dal 1967.

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#2 Bordeaux: una Mecca enogastronomica

credit: travelfar.it

Restiamo in Francia e scopriamo un’altra meraviglia che ha lo stesso nome di un vino buonissimo e che tutti conosciamo come Bordeaux, ma che in tempi antichi si chiamava Burdigala.

Fondata nel III secolo a.C. e per anni, grazie alla sua ubicazione geografica, è stato un centro importante per il suo sbocco fluviale, per la sua attività commerciale dello stagno e del piombo. Dopo la sua fondazione, la città attraversa periodi floridi e bui, diventa possedimento inglese tale resterà per tre secoli, fino a tornare francese intorno alla guerra dei Cent’anni. Il suo apogeo commerciale lo raggiungerà nel XVII e durerà fino alla rivoluzione francese e sarà capitale provvisoria durante le due guerre mondiali.

Bordeaux è una città che ancora mantiene nella sua architettura e nel suo vivere un fascino che attira molti turisti, ma in numero di certo inferiore a Parigi. Eppure non si può restare impassibili di fronte al fascino, della piazza della Borsa dove troviamo il celebre Miroir d’Eau, uno specchio d’acqua di due centimetri di profondità che grazie a un meccanismo elettrico si trasforma in una leggera nebbia che raggiunge i due metri di altezza. La cattedrale di Sant’Andrea colpisce per la sua maestosità e per la presenza di cinque piccole cappelle che sporgono verso l’esterno, ma che in realtà fanno parte integrante della struttura. Il Museo di Belle Arti conserva ancora oggi opere di Tiziano, Veronese, Vasari, Corot, Delacroix Picasso e Kokoschka. Come tutte le città che hanno un fiume, anche Bordeaux ha il suo lungofiume che grazie alle sue belle panchine, gli antichi edifici diventati luoghi di sport, cultura e divertimento, le aree verdi, le piste ciclabili, negozi e ristoranti, è stato dichiarato nel 2007 patrimonio universale UNESCO. Anche Bordeaux abbiamo il teatro dell’Operà (Grand Theatre) che è considerato uno dei più bei templi della musica insieme a quello di Parigi, Torino e ovviamente Milano. Bordeaux è una delle capitali gastronomiche più importanti al mondo, infatti, non è cosa rara attraversare la città e incontrare luoghi dove sono serviti le specialità alimentari francesi e tutte accompagnate da un calice del loro vino più famoso del mondo.

#3 Riga: la regina del Baltico

credit: siviaggia.it

Una volta c’era l’URSS e sappiamo tutti come dopo un glorioso passato in tempi relativamente recenti si sia dissoluto e gran parte delle repubbliche che la costituivano si sono dichiarate indipendenti. È il caso della Lettonia che nel 1991 si stacca dall’influenza sovietica e Riga diventa la sua capitale.

La sua storia è indissolubilmente legata al periodo quando faceva parte della Russia, già dai tempi dello zar la città era uno dei principali porti della nazione. Durante la seconda guerra mondiale diventa tristemente famosa per la creazione del Ghetto di Riga, dove i nazisti confinarono 30.000 ebrei e alla fine del conflitto passò sotto l’influenza sovietica diventando una delle repubbliche socialiste. 

È sicuramente una di quelle mete poco considerate, eppure passeggiando per Riga, non si può restare immuni al fascino del suo centro storico inserito dall’UNESCO come uno dei patrimoni dell’umanità, un luogo che può vantare una serie edifici Art Nouveau (che la fanno diventare un po’ la Parigi del Nord) che ha pochi paragoni nel mondo. Il suo castello che ora è la residenza ufficiale del presidente della Repubblica. La chiesa di San Pietro dove si può salire dove al terrazzo e gustare la visione della città a 360°. La casa delle Teste Nere (Melngalvju nams) per il suo fascino barocco e la casa del Gatto dove la leggenda narra che un commerciante fece scolpire una serie di gatti con la coda alzata rivolta alla camera di commercio che gli aveva negato una licenza. Infine troviamo i due rimandi al passato della nazione: il memoriale della vittoria dell’Armata Rossa (di sovietica memoria) e il monumento alla libertà in ricordo dell’indipendenza ottenuta.

#4 Vilnius e la magica pietra dei desideri

credit: musement.com

Restiamo nell’ex Unione Sovietica e ci spostiamo in Lituania che ha ottenuto l’indipendenza nello stesso anno della Lettonia e Vilnius diventa la sua capitale.

A differenza della capitale lettone caratterizzata dallo stile liberty, Vilnius vanta un centro storico, che comprende tutta la parte vecchia della città, dove si trovano palazzi, piazzette e chiese di ogni culto in stile gotico, barocco e neoclassico. Una sorta di museo dell’architettura a cielo aperto.

Da vedere sicuramente c’è la sua cattedrale, costruita laddove si trovava un tempio dedicato al dio del tuono Perkunas, la sua particolarità è che si tratta di un luogo di culto cristiano e non ortodosso come nella maggior parte delle ex repubbliche sovietiche. Una leggenda narra che lì si trovi una pietra magica capace di esaudire i desideri. La collina delle tre croci è un luogo dove furono martirizzati un gruppo di monaci francesi, si tratta sicuramente di uno dei posti più suggestivi della città perché luogo di devozione e di libertà dopo il periodo comunista. Il quartiere Uzupis è una città dentro la città, frequentata da artisti e intellettuali al pari di Cristhiania a Copenaghen o Montmatre a Parigi, ma con la particolarità di avere una costituzione e di una moneta diversa da quella ufficiale lettone.

#5 Sofia: una splendida terra di confine 

Credits: shuki98 IG – Sofia

Ci spostiamo verso ovest e arriviamo in Bulgaria e in particolar modo in una città strepitosa come Sofia. Di certo non ha la storia di Roma, la bellezza e il romanticismo di Parigi e si differenzia anche dalle architetture delle capitali dell’Est. Però è una terra di confine che ne ha viste e vissute tante, non è difficile, infatti, passeggiare per le strade della città e imbattersi in simboli comunisti, elementi islamici e/o ottomani. Da vedere c’è la cattedrale Aleksandr Nevskij, eretta in onore all’omonimo eroe russo che secondo la leggenda riuscì a cacciare i turchi ed evitare il loro dominio. La rotonda di San Giorgio sono i resti di un tempio pagano costruito nel III secolo ed è qui che si trova la sede delle presidenza della Repubblica e il ministero dell’interno. La galleria d’arte 500 è un po’ il Louvre bulgaro, al suo interno troviamo esposti più di duemila opere di artisti bulgari e stranieri. Menzione particolare va alla statua di Santa Sofia che andò a sostituire una statua inneggiante a Lenin. 

Sicuramente è una delle mete meno ambite, ma se amate viaggiare e volete fare qualcosa che va fuori dagli schemi, Sofia è la città che fa per voi anche perché d’altronde quando vi ricapiterà di vedere queste città! 

Leggi anche: Il principato di SEBORGA: la città ligure che vorrebbe competere con MONTECARLO

MICHELE LAROTONDA

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Evoluzione dei COCKTAIL MILANESI: Dal 1980 ad OGGI

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Credits: gourmetservices.it

Il primo week end in cui si può stare fuori fino alle 23. Si torna così a parlare di drink e night life, a metà fra un tentativo nostalgico di celebrare notti ormai lontane e la malinconica convinzione che, almeno nell’opinione di alcuni, non torneremo mai alla vita di prima. Noi però non abbiamo mai smesso di credere che la nostra città si riprenderà del tutto. Nonostante ci sia (e ci sarà nell’immediato futuro) un bel prezzo da continuare a pagare, proviamo a scrivere di svaghi e vita notturna, da sempre la linfa vitale di questa città acciaccata. E allora, andiamo a vedere come sono cambiati i cocktail milanesi dagli anni ‘80 sino ai giorni nostri.

Evoluzione dei COCKTAIL MILANESI: Dal 1980 ad OGGI

# Il pilastro della Milano da Bere: il Negroni Sbagliato

Credits: coriandoli.blog

Le origini ormai preistoriche del bere moderno appartengono all’arcinoto Bar Basso e al bicchierone di Negroni Sbagliato, celeberrimo drink creato dal compianto Mirko Stocchetto a fine anni ’60. Successivamente è arrivata la Milano da bere e, con essa, quattro ghiacciati moschettieri delle notti meneghine, esistenti da tempo ma esplosi definitivamente nel decennio pre-Tangentopoli, anche grazie a memorabili campagne pubblicitarie: il Campari, lo Zucca, il Fernet-Branca e il Ramazzotti.

# Il Barman infiamma cocktail

Credits: cookist.it

Per quanto riguarda i cocktail, tutto o quasi ruotava attorno al Daiquiri e al B-52, diventato ormai leggenda per essere letteralmente “infiammato” con un accendino dal barman, un attimo prima d’esser consumato al bancone. Tendenze e consuetudini dei primi flair bartender, ovvero gli acrobatici del bancone che con fuoco, fluidi o bicchieri accatastati divennero dei veri e propri giocolieri della vita notturna.

# Anni ’90: i nuovi happy hour

Credits: eventonic.it

L’epoca degli Yuppies e dei paninari si concluse a testa alta, con petto in fuori e schiena dritta, e mentre Milano entrava nell’ultimo decennio del XX secolo il fattore doppia V gettò sui tavoli dei cocktail bar un’invenzione destinata a entrare nella storia moderna. Parliamo dell’aperitivo alla milanese, nato dalla fervida mente del signor Vinicio Valdo, che trasformò per sempre taverne e tavole fredde in locali da happy hour, rivoluzionando il rapporto food/drink con un geniale miscuglio a metà fra i menu dei ristoranti e i banconi dei bar.

# Il boom dei drink esotici

Credits: buttalapasta.it

Sono questi gli anni dove iniziano a farsi strada i cocktail esotici per il popolo della notte, non eccelsi per preparazione ma indubbiamente validi dal punto di vista commerciale. Su tutti, Cuba Libre e Gin Lemon per i maschietti, Caipiroska alla fragola e Pina Colada per le signorine, mentre il Mojito ha trovato conferma  di ciò che è sempre stato, ovvero il cocktail unisex per antonomasia. Gli aficionados di drink più nobili, invece, hanno battezzato il ritorno del caro vecchio Gin Tonic, che ha iniziato a soppiantare l’onnipresente vodka di inizio anni’90, mentre qualcun altro iniziava a staccarsi un po’ dal Cuba Libre optando per scelte altrettanto semplici ma efficaci, come il Jack & Cola e soprattutto il Long Island, il principe grezzo di tutti i cocktail.

# Terzo millennio: affumicatura e cocktail spaziali

Credits: gourmetservices.it

Con l’arrivo del terzo millennio l’aperitivo è definitivamente esploso e sulla scena sono comparsi altri grandi protagonisti come il Mai Tai, il Moscow Mule e il meno noto London Mule (fatto col gin). Dal 2010 in avanti la maggior parte dei bartender sono concordi nel non aver registrato grosse evoluzioni in tema di novità su miscelati della decade precedente. Questo, per quanto riguarda il prodotto finale. Ciò che è cambiato e non è sotto l’occhio di tutti, infatti, è l’affinamento di specialità prima solo appannaggio di bar di nicchia. Ad esempio l’affumicatura, ottenuta con insufflazione di fumo all’interno di apposito contenitore, poi tappato, shakerato e quindi vuotato del contenuto per un cocktail speciale, e le innovazioni del ghiaccio secco e delle onde ultrasoniche dei mixologist, atte ad accelerare l’estrazione in alcool di alcune bevande, confezionando così drink spaziali con tecniche di preparazione sopraffine.

# La nuova decade: Milano tornerà all’avanguardia

Credits: coqtailmilano.com

Dal 2021 si apre un’altra decade che parte con delle inevitabili ganasce, non solo per la vita notturna. Ma siamo certi che, una volta che il nemico sarà alle spalle, Milano ritornerà all’avanguardia del bartending e di nuovi drink da gustare per un aperitivo o dopo cena.

E voi, avete un cocktail che avete sempre preferito rispetto agli altri? Diteci la vostra!

Continua la lettura con Milano da bere: le vie di Milano trasformate in drink da aperitivo

 

CARLO CHIODO

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Il PARCO dei VULCANI in MINIATURA a meno di 3 ORE da MILANO

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Credits: @parchiemiliacentrale.it Riserva naturale di Salse di Nirano

Tanti piccoli vulcani in miniatura, uno accanto all’altro, sembra uno spettacolo magnifico ma a cui è difficile credere si possa assistere. Abituati all’idea dell’Etna o del Vesuvio sembra assurdo che possa esistere qualcosa del genere, eppure c’è un parco che offre proprio questa vista.

Il PARCO dei VULCANI in MINIATURA a meno di 3 ORE da MILANO

# Dove si trova?

Salse di Nirano

A circa 2 ore e mezza da Milano, a Fiorano Modenese, in provincia di Modena, si trova la Riserva naturale delle Salse di Nirano, la prima riserva regionale istituita in Emilia Romagna. L’accesso all’area è libero e gratuito, ma bisogna assolutamente rispettare le regole di tutela della natura e, ad oggi, anche quelle anti-Covid.

# La Riserva naturale delle Salse di Nirano

Credits: @je.cippi
Salse eruttive

Sono veramente piccoli vulcani? Il fenomeno geologico a cui si può assistere nella riserva modenese è di importanza internazionale. La forma è quella di vulcani, ma effettivamente sono salse eruttive. Il complesso di Salse della Riserva naturale dell’Emilia Romagna, istituita nel 1982, è il secondo più vasto e peculiare in Italia, dopo quello di Aragona in Agrigento, ed è uno dei più importanti in Europa. La riserva si estende su circa 200 ettari tra i corsi d’acqua Fossa e Chianca ed immediatamente vicino all’Appennino Modenese.

# Una distesa di coni di fango

Credits: @cristina_50b
Riserva Salse di Nirano

Come si è detto, si tratta di salse. Queste sono formazioni argilloso che emettono fango misto a idrocarburi e nascono dai depositi di idrocarburi stessi e da liquidi, come il petrolio, che vengono in superficie. Vengono chiamate “salse” perché si sono create in un terreno caratterizzato da acque fangose ad alto contenuto di sale, questo perché al posto della Pianura Padana prima c’era un mare.

Queste salse potrebbero essere definite piccoli coni vulcanici di fango, vengono infatti associate a fenomeni “pseudovulcanici” perché, nonostante le origini diverse e non collegate al magma ma fredde, hanno caratteristiche simili.

Fonti: travelemiliaromagna.it

Continua la lettura con: Il VULCANO più PICCOLO del mondo si trova in ROMAGNA

BEATRICE BARAZZETTI

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I percorsi più belli del PARCO DEL TICINO: trekking, bici, cavallo e canoa

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Credit: ohga.it

In un periodo ancora precario cosa si può fare? Camminare! E il Parco del Ticino, area protetta fluviale più grande d’Europa che si estende per più di 100.000 ettari, è un ottimo posto per farlo.

Il re indiscusso di questo Parco è sicuramente il Fiume Ticino, ed è proprio lungo il fiume che si crea un ecosistema ricco di specie animali e vegetali, nonché dei sentieri meravigliosi.

Un percorso lo si trova per tutti: dai più esperti, alle famiglie con bambini fino a chi, il Parco del Ticino, lo vuole vedere in canoa.

Vediamoli insieme i percorsi più belli.

I percorsi più belli del PARCO DEL TICINO: trekking, bici, cavallo e canoa

# Anello delle farfalle, Gambolò

Credit: @cri_0270

Per iniziare questo viaggio nel mondo delle farfalle si può lasciare la macchina nel parcheggio nei pressi della Cascina Portalupa a Molino d’Isella di Gambolò, e poi si inizia.

Lungo il sentiero sono state create alcune stazioni di richiamo in cui sono ricostruiti gli habitat di diverse specie di farfalle, da qui il nome di questo percorso.

Lungo questo sentiero sono state avvistate circa 100 specie diverse di farfalle anche rare ma a stupirvi non saranno solo questi splendidi animali.

Lungo il percorso ad anello si prosegue infatti attraverso boschi incontaminati e canali d’acqua limpida.

Difficoltà: facile. Ore di cammino: quattro

# Anello Ramo delle Streghe, Vigevano

Credit: @gae_avventurasullegambe

Si parte dalla frazione Buccella di Vigevano, si attraversa il Naviglio Sforzesco e si scende fino ad arrivare in vallata.

Una volta arrivati nel bosco, un ramo laterale del Ticino è vicino: il Ramo delle Streghe.

Questo percorso è famoso per l’acqua limpida del lago e gli animali che lo abitano ed è sicuramente un paesaggio che vale la pena di vedere.

Proseguendo lungo il bosco si può arrivare alla frazione di Villareale di Cassolnovo che si può anche visitare.

Difficoltà: facile. Ore di cammino: due.

# Anelli della Fagiana, Magenta (Milano)

Credit: ohga.it

La Riserva Naturale Orientata della Fagiana è facilmente accessibile dal parcheggio di fronte alla Cascina Bullona. Quella che prima era una famosa riserva di caccia, ora è uno dei tesori di biodiversità più grandi del Parco del Ticino.

Sono diversi i sentieri presenti in quest’area, ma il più consigliato è quello verso la grande spiaggia di sassi bianchi sul Ticino. Questo si apre sul panorama che dà sul fiume e offre la possibilità di percorrere la passerella in legno sul Canale Delizia.

Una cosa non può mancare se si sceglie questo sentiero ricco di boschi: una visita al Centro di Recupero animali selvatici della LIPU  (Lega Italiana Protezione Uccelli), caratteristica che lo rende un percorso amato anche dai bambini.

Difficoltà: facile. Ore di cammino: tre.

# Riserva isola Mandelli, Cassolnovo (Pavia)

Credit: ilpiedeverde.it

La Riserva Isola di Mandelli è caratterizzata dallo scorrere dell’acqua tra diverse rogge, piccoli canali artificiali.

Si inizia in via del Porto di Cassolnovo. Una volta inoltrati nel bosco si incontra un ponte di legno che porta oltre il canale Scaricatore Ramaccio.

Si può proseguire fino alle vasche di stabulazione degli storioni, luogo in cui storicamente c’era l’allevamento di trote.

Proseguendo verso Nord si oltrepassa il confine tra Lombardia e Piemonte fino a raggiungere il fiume.

Una volta superata Villa Giulia, casa di caccia ormai abbandonata, si arriva sulla strada sterrata che costeggia gli attuali allevamenti di trote e storioni.

Difficoltà: facile. Ore di cammino: quattro.

# Cascina Venara e bosco Siro Negri, Zerbolò (Pavia)

Credit: @francesca_bellotti

La Cascina Venara a Zerbolò è stata protagonista tra il 2000 e il 2010 di un importante progetto di reintroduzione della cicogna bianca, fotografata dai più fortunati che sono riuscita a vederla. Sono 30 le cicogne che qui nidificano ora allo stato selvatico.

L’itinerario affianca le risaie e i pioppeti fino ad arrivare al bosco Siro Negri, uno dei più antichi del Parco.

Una volta arrivati all’affaccio sul Ticino si può tornare indietro passando dai campi o ripercorrendo la strada fatta all’andata.

Difficoltà: facile. Ore di cammino: due.

# Boschi del Vigano, Somma Lombardo (Varese)

Credit: @mikymantiero

I boschi del Vigano sorgono sul terrazzo fluviale del Ticino tra Golasecca e Somma Lombardo.

La bellezza di questo percorso è data proprio dalla diversità di specie arboree che lo abitano: dalle Querce Rosse al Pino Silvestre, il percorso è un insieme di colori magnifici.

Camminando si può incontrare il Sass di Biss, un masso su cui si possono ancora osservare incisioni rupestri di epoca preistorica.

L’itinerario porta fino alla scarpata sulla Valle del Ticino da cui si può vedere la diga di Porto della Torre.

Difficoltà: facile. Ore di cammino: due.

Tutti questi percorsi hanno una difficoltà facile e sono quindi adatti ai bambini; tra giochi disposti lungo il sentiero e qualche animale da osservare il divertimento è assicurato.

# Percorsi in canoa

Credit: @brayan_menardo

C’è chi poi al percorso via terra preferisce quello via acqua e al Parco del Ticino tutto è possibile.

Il team di AqQua a Vigevano (Pv) organizza da molti anni escursioni fluviali in gommone, corsi di canoa e attività di didattica fluviale.

L’obiettivo di questo progetto è educare sull’importante ruolo che l’acqua gioca in questo parco e promuoverne il rispetto.

Esplorare il Fiume Ticino con la canoa è un’esperienza unica, si può vedere tutto da un’altra prospettiva ed essere immersi completamente nella natura, letteralmente.

# Percorsi a cavallo

Come già detto, il Parco del Ticino offre percorsi proprio per tutti, anche per chi vuole passeggiare lungo il sentiero a cavallo.
Sono diversi i maneggi e centri equestri che organizzano esperienze guidate alla scoperta del territorio.

L’associazione Natura&Avventura di Robecchetto con Induno (Mi) propone escursioni per ogni livello di abilità, con una visione etica del cavalcare nel rispetto del cavallo.

# Percorsi in bici

E per le bici?

Nel Parco del Ticino ci sono più di 30 percorsi ciclabili da poter fare.

Dai 7 chilometri per i meno esperti fino ai più ambiziosi che possono arrivare fino a 90km.

Cosa aspettate?

Continua la lettura con: 5 percorsi di TREKKING da fare in giornata da Milano

ARIANNA BOTTINI

Leggi anche: Alicia Keys in concerto in Italia nel 2022! Acquista il tuo biglietto all’Assago Forum

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M4: 7 CURIOSITÀ che forse non sai sulla METRO del FUTURO

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Credits: metro4milamno.it - Stazione San Cristoforo Fs M4 e passerelle ciclopedonale

La M4 sarà la quinta linea metropolitana a inaugurare a Milano. Scopriamo 7 cose che forse non conosci sulla linea blu.

M4: 7 CURIOSITÀ che forse non sai sulla METRO del FUTURO

#1 Dateo sarà la fermata più profonda di Milano, a meno 32 metri

Credits: metroricerche.com – Stazione tipo M4

La stazione più profonda della quinta linea metropolitana ad aprire in città, driverless come la M5, sarà quella di Dateo a meno 32 metri, che sarà anche la più profonda di Milano. Questo perché, nonostante la profondità media sia identica alla linea lilla, meno 20 metri, in quel punto la metropolitana è costretta a transitare sotto il passante ferroviario dove avverrà appunto l’interscambio con la metropolitana.

Leggi anche: Le fermate della METRO più PROFONDE a Milano e nel mondo

#2 La prima metropolitana d’Italia a collegare un aeroporto

Credits: Luigi Costanzo Fb – Banchina metro 4 Linate

Quando la linea M4 entrerà in servizio sarà la prima in Italia a collegare un aeroporto, che sarà raggiungibile dal centro di Milano in soli 12 minuti. Nessun’altra città in Europa riesce a garantire un collegamento più rapido.

Leggi anche: Le IMMAGINI in ANTEPRIMA della fermata della metro di LINATE M4

#3 Sarà la quarta linea… per lunghezza

Mappa ATM 2021

La linea M4 quando avrà aperto in tutta la sua interezza diventerà la quarta linea per lunghezza, con 15 km supererà la M5 che ne ha 12,9, e raggiungerà la M3 per numero di stazioni, 21. Una posizione destinata a perdere entro il 2030 quando sarà realizzato il raddoppio della linea M5, fino a Monza, che diventerà la terza linea per estensione.

Leggi anche: Entro il 2030 la METRO CRESCERÀ del 34%: le 38 NUOVE FERMATE in arrivo

#4 Perché la M4 è stata costruita dopo la M5?

Linee previste per Expo2015

Benché l’istruttoria del progetto della linea 4 fosse già pronta nel 2005, e il progetto stesso precedente a quello della M5, diversi intoppi ne hanno posticipato la costruzione. In primis il riacquisto da parte della Giunta Moratti delle obbligazioni e del controllo di A2A che ha rallentato il finanziamento del progetto. Solo nel 2011 fu assegnato l’appalto e nel 2012 sono partiti i lavori per le prime 3 fermate. Il resto è storia recente con il rallentamento dei lavori per gli scavi archeologici e il covid, così come il ritardo dell’inaugurazione, inizialmente previsto entro Expo 2015 come la linea lilla, che avrebbe dovuto avvenire a inizio 2021.

Leggi anche: Perché è stata costruita l’M5 PRIMA dell’M4?

#5 È l’unica linea che non si collega a nessuna stazione principale di Milano

Credits: wiikipedia.org

A differenza delle altre 4 linee in esercizio, la linea blu sarà l’unica non essere collegata a una delle stazioni principali per traffico e numero passeggeri. Infatti la linea M1 ferma a Cadorna FS, la M2 a Garibaldi Fs e Stazione Centrale entrambe con treni dell’Alta Velocità, la linea M3 ferma a Rogoredo Fs e Stazione Centrale, la M5 a Garibaldi Fs, mentre la linea M4 intercetterà solo fermate di passante o linee suburbane.

#6 La fermata Sforza-Policlinico sarà l’unica a servizio di un ospedale 

Credits: metro4.com – Stazione Sforza Policlinico

Nessun’altra linea metropolitana di Milano ha una fermata a servizio direttamente di un ospedale, l’Ospedale Maggiore o Policlinico, se si esclude il people mover che da Cascina Gobba sulla M2 collega all’Ospedale San Raffaele. 

#7 La linea blu avrà la più lunga tratta senza fermate intermedie

Repetti-Linate

La linea blu, nella tratta Repetti-Aeroporto di Linate, ha il tracciato più lungo di una metropolitana all’interno del Comune di Milano senza nemmeno una fermata intermedia. Ci sono infatti 3 km che separano l’ultima fermata del quartiere Forlanini al capolinea est.

Continua a leggere con: M5: 7 CURIOSITÀ che forse non sai sulla METRO dell’EXPO

FABIO MARCOMIN

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La ragione dei fessi

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Ogni problema si trasforma in una guerra di posizione: è ritenuto più importante dimostrare di aver ragione che arrivare a una soluzione.

Quando si affronta un problema è importante considerare tutte le opzioni che possano portare alla soluzione. In questo processo è fondamentale avere un contraddittorio, delle opinioni in contrasto tra loro, in modo da avere uno spettro di soluzioni più ampio possibile.

Non solo. Più il problema costituisce una novità più bisogna affrontarlo con la massima flessibilità, in modo da correggersi abbandonando una posizione che si mostra inefficace per passare a una che potrebbe rivelarsi migliore. In questo consiste l’attività di ricerca che deve essere costantemente trainata dall’obiettivo della soluzione, mai dalla difesa di una propria posizione. 

In un’epoca dominata da superficialità, presunzione e pregiudizi ideologici, quello che sembra contare è invece solo l’affermazione della propria posizione a discapito della soluzione.
Questo porta a impiegare più risorse ed energie a combattere sulla tesi e a strumentalizzarla invece che a risolvere il problema.

Il modo che sarebbe più efficace sarebbe di considerare l’elaborazione di una soluzione in modo più partecipato. Alleggerendo il significato di ogni posizione e aumentando la focalizzazione sulla risoluzione.
Perchè l’unico vincitore è la soluzione, non la posizione.

Continua la lettura con: l’insegnamento di Battiato

MILANO CITTA’ STATO 

La CITTÀ della LUNA a due ore da Milano

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Credits: liguria e dintorni

In provincia di La Spezia si trova il piccolo borgo di Luni, la cui storia è legata agli antichi Romani e circondato da un alone di leggenda.

La CITTÀ della LUNA a due ore da Milano

# Il porto della Luna

Gli abitanti, circa 8.318, di questo borgo così particolare situato nella frazione di Ortonovo vengono, infatti, chiamati Lunensi. Tuttavia, se deciderete di visitare la parte più orientale della Liguria e fare tappa a Luni, non aspettatevi di incontrare dei piccoli alieni provenienti dal nostro satellite. La vera storia di Luni risale all’antica colonia romana, Luna, fondata nel 177 a.C. come porto militare (Portus Lunae) utilizzato nella campagna contro i Liguri-Apuani.

È proprio la forma particolare a mezzaluna del porto a dare il nome al borgo e, per questa ragione, viene consacrato alla dea greca Selene, comunemente associata alla Luna.

# La storia di Selene e la verità sul nome del borgo

Credit: luni.beniculturali.it

La dea Selene nel mito greco viene descritta come “la splendente”, una giovane e bellissima donna, dal volto pallido e dalle lunghe vesti candide, e definita Triplice Dea in quanto rappresentava la luna piena, associata anche ad Artemide come personificazione della luna nuova, ed Ecate, rappresentata nella luna calante. 

In particolare, nel mito romano, Selene viene ricondotta alla dea della caccia, Diana. Questa personificazione potrebbe fare riferimento alla forma a mezzaluna del porto lunense che, in questo caso, potrebbe essere immaginato come una falce. Il nome del borgo sembrerebbe inoltre ricollegarsi anche alla natura selvaggia di Artemide, intesa come la dea dei luoghi incolti e delle paludi. Infatti, in origine la colonia di Luna era circondata da zone paludose che gli antichi Romani s’impegnarono a bonificare. Sulla base di queste informazioni, è possibile tracciare la storia che ha portato la nascita del nome di questo piccolo gioiello che è oggi la città di Luni, situato proprio sul confine con la Toscana e la provincia di Massa-Carrara.

# La leggenda di Luni: desiderio d’amore o di conquista?

Credit: tuttoin1

La storia di Luni è piuttosto tormentata. Vittima di saccheggi, guerre, terremoti e impaludimenti, per gli studiosi è difficile stabilire con esattezza che cosa abbia portato alla sua rovina. Tuttavia, permangono due leggende che potrebbero suggerire come sia avvenuta veramente la sua disfatta. 

Si narra di una colonia tanto splendida e ricca che perfino i barbari in cerca di terre da saccheggiare e desiderosi di conquistare Roma, arrivando dal Nord e passando per Luni, venivano abbagliati dal suo splendore di marmo e la scambiavano, appunto, per Roma. La leggenda vuole che un esercito di vichinghi guidato dal loro capo Hastings (in italiano, Astingo), passando per il Mar Tirreno, riuscì a raggiungere la piccola ma meravigliosa città che erroneamente scambiò per la grande Roma. Fiducioso nelle sue capacità di condottiero e nella forza del suo esercito, si lanciò alla conquista della città, tuttavia non riuscendo mai a superare le mura. Escogitò, dunque, un piano per poterle oltrepassare con l’inganno, fingendo di essere rimasto gravemente ferito dallo scontro e di voler ricevere il battesimo per morire come un Cristiano. L’esercito lunense cadde nella trappola e li lasciò entrare. Quel giorno fu fatale per la colonia romana. L’esercito normanno, sfruttando l’elemento a sorpresa, riuscì a distruggere e saccheggiare l’intera città, e proclamò, sbagliando, la vittoria su Roma. 

La seconda leggenda invece sembrerebbe basarsi su un probabile inciucio amoroso tra il principe di Luni, di nome Lucio, e la moglie di un Signore. Anche in questa storia è presente il tema dell’inganno: la donna finse la sua morte per poter restare con il suo amato, ingannando il marito che, distrutto dal dolore, scappò via dalla città. Ma si sa, le bugie hanno le gambe corte e ben presto l’ormai presunto vedovo della donna venne a conoscenza del tradimento e, pervaso dalla furia, rase al suolo l’intera città.

# Luoghi d’interesse a Luni

Credits: loveliguria.it

Nonostante in entrambe le leggende la città di Luni sia stata completamente distrutta, oggi possiamo ancora ammirare ciò che rimane del suo antico splendore attraverso i resti dell’anfiteatro romano in cui si svolgevano spettacoli con gladiatori e animali davanti a più di 7000 spettatori. L’anfiteatro, così come tutta la zona archeologica situata nella località Luna Scavi o Luna Antica, è parte del museo archeologico di Luni. 

Credits: wikipedia

È possibile visitare anche il luogo in cui sorgeva il tempio dedicato alla dea Selene, o quel che ne resta, facilmente riconoscibile grazie al frontone su cui sorgono tre statue di terracotta che vanno a rappresentare il mito di Telefo: al centro, Selene seduta sul trono, alla sua destra troviamo Apollo mentre alla sua sinistra, una figura maschile che potrebbe essere ricondotta a Dionisio. 

Credits: Cantine Lunae

I colli lunensi e le loro radici che affondano nella storia degli antichi romani hanno influenzato, grazie alla posizione ottimale che unisce la brezza marina con quella montana, anche la produzione di vini d’eccellenza, come quello delle Cantine Lunae.

Leggi anche: La VILLETTA a DUE FACCE della MAGGIOLINA

SELENE MANGIAROTTI

 

🛑 Una MoLeCoLa per Milano: le 4 TRASFORMAZIONI che rilanceranno il QUARTIERE BOVISA

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Credits Comune di Milano - Bovisa 1

I quattro fattori chiave del progetto di rigenerazione del quartiere. Ecco come verrà trasformato.

Una MoLeCoLa per Milano: le 4 TRASFORMAZIONI che rilanceranno il QUARTIERE BOVISA

# Mobility, Learning, Community, Lab: le 4 chiavi del progetto di trasformazione

Credits Comune di Milano – Bovisa 1

Il progetto vincitore della seconda edizione di Reinventing cities per il Nodo Bovisa, il bando internazionale indetto dal Comune insieme a C40, è MoLeCoLa, acronimo di Mobility, Learning, Community, Lab. Presentato da Hines con il supporto di Park Associati, Habitech, ESA Engineering, Bollinger+Grohmann, Mobility in Chain, Greencure, Irs – Istituto per la ricerca sociale, Schneider Electric, A2A calore e servizi, Woodbeton e Ammlex, si inserisce nell’ambio del progetto di rigenerazione in corso dell’intero quartiere, trainato dall’ampliamento del Politecnico di Milano. Ecco cosa prevede in quattro punti principali.

#1 La Stazione Bovisa al centro della trasformazione

Credits Comune di Milano – Stazione Bovisa

La stazione Bovisa è il perno attorno al quale ruota tutto il nuovo distretto. Verranno realizzati quattro nuovi binari che consentiranno di accrescere il suo ruolo strategico all’interno del sistema ferroviario milanese diventando un vero e proprio hub di interscambio tra mobilità su ferro, trasporto pubblico e smart mobility: tram, pista ciclabile e velostazione, aree di parcheggio per monopattini e biciclette in sharing e stazione ferroviaria. Al contempo vengono riconnesse le aree ad est e ovest della stazione. 

Leggi anche: STAZIONE BOVISA da SMANTELLARE: il quartiere in fermento merita un TERMINAL all’altezza

#2 La cittadella degli studenti: nuovi alloggi, due studentati e servizi per gli universitari

Credits Comune di Milano – Bovisa 3

Per gli studenti si prevedono due studentati e nuovi alloggi. Gli edifici sono stati pensati a corte e sono collegati da ampie aree verdi, spazi giochi per i bambini, orti, spazi polivalenti e per lo sport. “Studiati con strutture interamente in legno, gli edifici saranno smontabili e con ridotto impatto ambientale, dotati di sistema di teleriscaldamento e raffrescamento, pannelli fotovoltaici e tetti verdi.” Ai piani terra invece ci saranno spazi di coworking, attività commerciali e servizi di vicinato.

#3 Percorsi ciclopedonali e boulevard verdi

Credits Comune di Milano – Bovisa 2

Nell’ottica del collegamento ciclopedonale, tra le aree di Bovisa e Villapizzone, sono previsti due percorsi:

  • uno lungo via Andreoli che attraversa trasversalmente il quartiere scavalcando la ferrovia parallelamente alla linea del tram per proseguire ad ovest lungo via Lambruschini
  • il secondo, più a nord, sempre con scavalco della ferrovia per la mobilità dolce, connetterà direttamente “MoLeCoLa” con la nuova “Goccia”.

Leggi anche: Addio alla GOCCIA: la DISTRUZIONE in atto del BOSCO SPONTANEO di Milano

Sull’asse nord-sud sono previsti invece tre nuovi collegamenti:

  • carrabile lungo via Bovisasca
  • una promenade ciclopedonale al centro del lotto
  • una camminata immersa nel verde nella fascia che costeggia la ferrovia.

Infine un boulevard alberato di collegamento tra le 3 nuove piazze lungo il quale si estende la linea tramviaria insieme ad un percorso ciclopedonale e che saranno le aree di nuova socialità per il quartiere.

#4 Realizzazione di 3 nuove piazze

Credits Comune di Milano – Bovisa 4

Nel progetto di trasformazione del Nodo Bovisa è prevista la realizzazione di 3 nuove piazze:

  • piazza Alfieri sarà uno spazio adibito all’organizzazione di attività temporanee grazie all’ampiezza dello spazio pubblico e la copertura in legno che consentirà di ospitare mercati e altre funzioni tutto l’anno;
  • il piazzale della stazione è pensato per un essere nodo di interscambio tra tutte i diversi tipi di mobilità: tram, pista ciclabile e velostazione, aree di parcheggio per monopattini e biciclette in sharing, stazione ferroviaria:;
  • la piazza lungo via Lambruschini diventerà la nuova porta di accesso verso l’area a ovest della stazione, che potrà essere usufruito dagli studenti della sede di via La Masa e della nuova realtà della Goccia.

Oltre a questo sono previste nuove aree verdi, la piantumazione di 750 alberi, campi sportivi e la realizzazione della nuova sede di Ferrovie Nord.

Continua a leggere con: La RAMBLA VERDE di CRESCENZAGO: i rendering del progetto vincitore per la trasformazione del quartiere

FABIO MARCOMIN

La CASA STIVALE: 216 metri quadrati che calzano a MERAVIGLIA

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Credits: wideopencountry.com

Gli stivali da cowboy sono tra le calzature più iconiche, simbolo del Far West e delle tradizioni americane. In un caso possono trasformarsi anche in abitazione. Il luogo non poteva essere che questo. 

La CASA STIVALE: 216 metri quadrati che calzano a MERAVIGLIA

# 216 metri quadrati 

Credits: meteoweb.eu

Questa incredibile costruzione si trova a Huntsville, in Texas. Nonostante possa sembrare solo un’installazione artistica da fuori, l’interno è altrettanto sorprendente perché può essere affittato come un alloggio. La sua progettazione è nata da Dan Philips, dello studio Phoenix Commotion, un’impresa che si specializza sulla costruzione di abitazioni economiche con materiali riciclati. Infatti, la casa-stivale è fatta in legno recuperato da pezzi di scarto, così come le piastrelle che ricoprono i pavimenti. Inoltre, è anche collegata ad un bungalow, offrendo uno spazio totale di 216 metri quadrati situati in una grande area verde.

# Cosa cela all’interno?

Credits: meteoweb.eu

L’abitazione è fornita di tutto il necessario, comprendendo due camere da letto, un bagno e una cucina. Troviamo poi una scala rossa, a spirale, che conduce ad una terrazza sul tetto in cui si può godere di una bocca d’aria anche senza uscire. Tuttavia, anche il bellissimo giardino che le fa da cornice merita sicuramente di essere sfruttato per passare del tempo all’aria aperta.

Tutto all’interno è curato nei minimi dettagli, in modo anche da adattarsi alla sua forma a dir poco peculiare e sfruttando ogni singolo spazio. La casa-stivale viene data in affitto a tutti gli interessati e il costo si aggira intorno ai 1200 dollari mensili

Si potrebbe pensare a creare qualcosa di simile anche in Italia? Magari molto, molto più fashion.

Fonte: design.fanpage.it

Continua a leggere con: La CASA in PAGLIA e SUGHERO alle porte di Milano

MATTEO GUARDABASSI

Leggi anche: Rocco Forte Hotels, hotellerie di lusso: un affare di famiglia

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Quanto costa un CAFFÉ in Italia? Il più CARO non è dove pensate

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Credit: caffeaiello.it

Dire caffè espresso vuol dire italiani, sia che lo si beva o no. Il profumo del bar e il rumore del caffè ci fa sentire a casa ma nonostante questo senso di famiglia ci unisca, il prezzo ci divide.

Il costo di un caffè (rigorosamente espresso) varia molto in giro per l’Italia e so cosa state pensando “il prezzo di Venezia alzerà sicuramente la media” e invece no, il caffè più caro d’Italia non si trova dove pensate.

Quanto costa un CAFFÉ in Italia? Il più CARO non è dove pensate

# Quanto costa il caffè? 1 euro (in media)

Credit: @spazio_italiano

Il costo di un caffè (rigorosamente espresso) varia molto in giro per l’Italia e con l’arrivo della pandemia ci sono state ulteriori variazioni.

Tra sanificazioni e varie chiusure, i bar hanno visto una grande perdita dei guadagni. Gli italiani avevano messo in conto un rincaro sui prezzo ma, nonostante i piccoli aumenti, il prezzo medio di un caffè espresso è pari a un euro. Ma dove costa di più?

# Il caffè più caro d’Italia? Nel Nord Est

Credit: @caffeavenezia

Per tutti quelli che pensano che il caffè più caro d’Italia sia a Venezia, il primo posto di questa classifica vi stupirà.

La città dove il caffè è più caro rispetto a qualsiasi altra parte d’Italia è Trento: per una tazzina di caffè espresso il prezzo medio è pari a 1,21 euro. Lo segue a ruota Bolzano, con un costo medio di 1,19 euro.

In generale in tutto il Nordest d’Italia si trova un espresso ad un prezzo leggermente sopra la media: anche a Udine, Pordenone, Brescia, Padova e Bologna il prezzo di aggira infatti intorno a 1,11 euro.

Le città del Nord sono tra le meno convenienti per consumare un espresso al bar.

La conferma arriva dal prezzo medio di 1,10 euro per una tazzina di caffè a Belluno, Gorizia, Ferrara, Rovigo, Vicenza, Ravenna, Rimini e Modena e non sono da meno i prezzi di Firenze e Venezia dove un caffè espresso costa mediamente 1,09 euro.

# Il caffè meno caro d’Italia? Catanzaro

Credit: @anna.arvy

Senza neanche dirlo, il caffè più economico d’Italia si trova al sud.

Ribalta la classifica infatti Catanzaro, dove il prezzo medio di una tazzina di caffè è di 80 centesimi. Lo seguono Messina, Cosenza e Reggio Calabria dove il costo di un caffè non supera i 90 centesimi.

Vicine anche Napoli e la capitale, dove un caffè costa all’incirca 91 centesimi.

# E Milano? Nella media

 
Vi sarete accorti che manca Milano, città famosa per i suoi prezzi elevati. Rimangono alle stelle gli affitti ma in cambio il caffè costa circa 1,03 centesimi.
 

Fonti: investireoggi.it

Continua la lettura con: Il BAR più ECONOMICO di Milano. Un caffè? 50 centesimi

ARIANNA BOTTINI

Leggi anche: L’Italia riconosce ufficialmente la lingua dei segni

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La GROTTA URLANTE: uno spettacolo naturale da “prima pagina”

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Credits: romagnadavivere.it Grotta Urlante

Uno spettacolo naturale creato da un “semplice” salto d’acqua, degno di essere citato anche da uno dei giornali più famosi al mondo, il britannico Financial Times.

La GROTTA URLANTE: uno spettacolo naturale da “prima pagina”

# La cascata amplificata dalle rocce

Credits: @dali_cre
Grotta Urlante

La Grotta Urlante prende questo nome dal rumore che fa l’acqua saltando: in un silenzio assordante come è quello della grotta, l’unico suono che si sente è proprio quello dell’acqua, amplificato dall’acustica naturale delle rocce. Questa straordinaria cascata si trova lungo la strada che porta a Firenze, nella località di Giumella, frazione nel piccolo paese di Premilcuore, un comune di neanche mille anime a 40 km da Forlì.

Per poter vedere il salto d’acqua tra i più suggestivi della zona, bisogna recarsi in prossimità del Ponte Scanno, ora chiamato Ponte Nuovo, alto 16 metri e formato da un’unica arcata. Qui l’acqua precipita in un gorgo profondo, creando lo spettacolo della Grotta Urlante.

 

#La citazione sul Financial Times

Credits: @meeters
Grotta Urlante

Uno spettacolo unico, celebrato anche dal Financial Times: ”Sotto un vecchio ponte in pietra il fiume viene inghiottito in una spettacolare voragine tra tumulti e rumori assordanti. La grotta sottostante ospita due piscine naturali abbastanza profonde per tuffarsi dalle rocce che la delimitano. Subito dopo la grotta si apre un bel laghetto assolato e dall’acqua limpida. Un luogo magico e divertente.”

# La Grotta Urlante si inserisce nel territorio delle Foreste Casentinesi

Credits: @parcoforestecasentinesi
Parco Foreste Casentinesi

La cascata si inserisce nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e in generale si trova in una delle aree verdi più belle, ma anche meno note, d’Italia. Si tratta di uno dei complessi forestali più antichi e più importanti d’Europa e, oltre ad essere patrimonio UNESCO, quest’anno è stato ufficialmente inserito nella “Green List”, massimo riconoscimento green, un po’ come se fosse il Nobel della Natura.

Fonti: siviaggia.it

Continua la lettura con: Le FORESTE CASENTINESI, luogo magico e meraviglioso, sono candidate al “NOBEL” della NATURA

BEATRICE BARAZZETTI

Leggi anche: Isole Covid free 2021 in Italia: cosa sono e quali sono

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.

Il BORGO laboratorio di PECCIOLI va a VENEZIA per stupire il MONDO

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Credits: @sillano30 (IG)

In Italia c’è un piccolo borgo che è un’esposizione d’arte a cielo aperto. Ci sono statue ovunque, e ci sono i robot. E gli affreschi. E una immensa discarica. E c’è una città, in Italia, che è il perfetto palcoscenico per far conoscere un simile borghetto. Dalla Toscana al Veneto, il “Laboratorio Peccioli” approda al Padiglione Italia della Biennale di Venezia 

Il BORGO laboratorio di PECCIOLI va a VENEZIA per stupire il MONDO

Venezia, che sia tempo di Covid e non, pullula di eventi. Nei miei anni studenteschi ogni giorno c’era qualcosa da fare. Non solo eventi mondani in cui—impunemente—riuscivo a imbucarmi senza dare troppo nell’occhio, ma anche, e sono la maggiore, eventi culturali, in cui arte, tecnica, creatività e ingenuo si fondono davanti a un panorama che non fa che migliorare ogni cosa. Così, negli anni, ho visitato mostre, musei, palazzi antichi rimessi a nuovo col solo scopo di ospitare mostre itineranti. Profumi antichi, metodi di tortura, abiti storici, strumenti medici antichi… Dispersi in 365 giorni, Venezia nasconde tesori inimmaginabili.

# La Biennale di Venezia e un piccolo borgo vicino a Pisa

Tra tutti, un evento, fisso dal 1895, attira turisti da ogni parte del mondo, curiosi o esperti, per godere di centinaia di metri di esposizione di opere artistiche e architettoniche da ogni parte del mondo. È la Biennale di Venezia, un’istituzione culturale che accompagna le estati della città lagunare da oltre 100 anni. E che, anche in questi anni di pandemia mondiale, non si ferma e continua a regalare lustro, spunti, e meraviglia. 

E ora vi parlo di un borgo in Toscana. No, non ho perso il filo del discorso, e non ho sbagliato articolo. In realtà, Venezia e Peccioli, un piccolo centro rurale in provincia di Pisa, sono collegati proprio dalla Biennale.  

Credits: @peccioliturismo (IG)

Ma torniamo a noi… Peccioli si trova tra Volterra e Pisa, ed è un piccolo calderone di arte, creatività e intelletto. Qui, infatti, progettisti, premi Nobel, architetti, e studiosi si sono riuniti per creare un vero e proprio laboratorio sociale, tecnologico, e artistico a cielo aperto. Non stupisce, quindi, che Peccioli faccia parte del Padiglione Italia della prossima Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia (maggio-novembre 2021) in uno spazio chiamato proprio “Laboratorio Peccioli”. 

Credits: archiportale.com

# Il modello di Peccioli

Nel villaggio pisano di Peccioli, le installazioni, le opere e gli splendidi monumenti d’autore sono immersi nella vita quotidiana. Qui, anche i primi esperimenti nel campo della robotica sociale sono stati condotti in ambienti reali: Passeggiando per i vicoli medievali del borghetto, si vedranno sfilare piccoli robot-spazzino, o che si offriranno di assisterti per tornare a casa o fare la spesa. C’è anche una casa demotica allestita dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e testata da cittadini, incubatori di imprese, società spin-off accademiche e centri di ricerca sull’innovazione.

Credits: @elenapellecchia58 (IG)
Credits: archiportale.com

Tutto si snoda intorno a una enorme discarica la cui gestione, affidata a una joint-venture pubblico-privata, lavora alacremente inghiottendo rifiuti e restituendo energia, ricchezza, servizi, strutture, infrastrutture, assistenza, bellezza, tutela ambientale e benessere in tutta l’Alta Valdera.

Credits: archiportale.com
Credits: archiportale.com

La discarica stessa è diventata teatro di progetti artistici e traino per tutto il palcoscenico culturale che è Peccioli. Affrescata da Sergio Staino e dai giganteschi murali del neoavanguardista David Tremlett, che arriva in Toscana dopo la Tate Gallery di Londra e il MoMA di New York. E così, da simbolo della fine delle cose, la discarica di Peccioli si trasforma in uno scenario perfetto per rassegne musicali, sfilate, e spettacoli. 

# Laboratorio Peccioli a Venezia

Ed ecco che la Biennale di Venezia celebra questo esempio di tecnica, arte, e sostenibilità. Il Padiglione Italia infatti, che proporrà una visione del nostro Paese attraverso l’ottica delle “Comunità Resilienti”—questo il titolo della mostra, curata da Alessandro Melis (Studio Heliopolis 21)—ha individuato proprio nell’esempio di Peccioli il fulcro di un fermento di idee, visioni, e progetti ecologici, sostenibili, e resilienti da portare ed esibire sulla ribalta veneziana.

Credits: @sillano30 (IG)

Peccioli rappresenta il punto di incontro tra le buone pratiche in materia ambientale e la necessità di un impatto positivo per le comunità locali”, afferma il curatore del Padiglione Italia, “altro aspetto cruciale è il fatto che i ricavi degli impianti non vengono utilizzati per alimentare un meccanismo economico fine a se stesso. Anzi, è chiara la direzione strategica che, comprendendo che in futuro, idealmente dovremmo essere in grado di ridurre, se non minimizzare il conferimento in discarica, come dimostrano gli investimenti in ricerche sulla sostenibilità e per il rafforzamento della resilienza delle comunità, in innovazione tecnologica, in arte e in formazione sui temi dell’ambiente”. 

Il Laboratorio Peccioli all’interno del Padiglione Italia è curato da Nico Panizzi, Ilaria Fruzzetti e Laura Luperi (dello studio Heliopolis 21 di Pisa).

Continua la lettura con: BIENNALE di Architettura 2021: Venezia riparte al CENTRO del MONDO

GIADA GRASSO 

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Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità. 

Venduta “io sono”, la prima OPERA D’ARTE INVISIBILE

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Credit: unionesarda.it

Ho sempre pensato che i soldi spesi per l’arte siano soldi spesi bene, che per una bella scultura o un bel dipinto spenderei molto denaro se ne vale la pena. Ovviamente il prezzo non riguarda il costo effettivo della tela o dei pennelli, è un valore di tutto il lavoro dell’artista e del risultato finale, ma che valore ha il nulla?
In Italia è stata venduta per la prima volta una scultura invisibile.

Venduta “io sono”, la prima OPERA D’ARTE INVISIBILE

# “Io sono”

Credit: @salvatore_garau

Si chiama Salvatore Garau ed è un’artista originario di Santa Giusta, in Sardegna.
Già nel febbraio scorso in Piazza della Scala a Milano aveva esposto la sua installazione “Buddha in contemplazione”, portando anche nella nostra città un’arte diversa da quella tradizionale.

É proprio lui che ha realizzato una scultura immateriale, completamente invisibile, dal titolo “Io sono”.

Non si vede, non si sente, non si può toccare, si compra un’idea, un concetto e anche questo può essere considerata arte, ma quanto vale?
L’opera è stata venduta per ben 15mila euro nell’asta organizzata da Art-Rite, una delle poche case d’aste italiane che si occupa di “sedute” dedicate esclusivamente alla contemporary art.

Stimata in partenza 6mila euro, ha raddoppiato la base arrivando, al martello, a 12mila euro (15mila con i diritti d’asta).

# L’opera invisibile

Credit: unionesarda.it

L’opera va collocata in un’abitazione privata entro uno spazio libero da qualsiasi ingombro e la sue dimensioni sono di circa 150 x 150 centimetri. 

Ma cosa riceve l’acquirente? Di fisico ovviamente niente.
Il compratore riceve solo un certificato di garanzia che testimonia l’archiviazione dell’opera e rappresenta l’unico elemento visivo presente nel catalogo dove, al posto della tradizionale immagine di un’opera tangibile, è riprodotto uno spazio bianco assoluto.

# Una nuova visione di arte

Le opere dell’artista sardo hanno una nuova valenza storica e rappresentano una perfetta metafora dei nostri giorni. Il lavoro, in quanto invisibile non può essere riprodotto, perchè cercare quindi di darne una forma materiale? A questo si aggiunge anche il vantaggio in termini di impatto ambientale che delle opere invisibili hanno.

Come commenta Garau: “Il buon esito dell’asta testimonia un fatto inconfutabile: il vuoto non è altro che uno spazio pieno di energia, e se anche lo svuotiamo e resta il nulla, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg quel nulla ha un peso. Ha quindi energia che si condensa e si trasforma in particelle, insomma in noi!”

Comprare una scultura invisibile non è una cosa da tutti e potrebbe sembrare problematico quando si hanno ospiti in casa e si vuole mostrare il nuovo acquisto. “Ho preso una nuova scultura per ben 15 mila euro? Dov’è? lì…davanti a voi…”.

Dietro la scultura invisibile di Garau c’è però un nuovo modo di vedere l’arte e forse il mondo.

Quando si espone una scultura immateriale in uno spazio, in quell’ambiente si concentrerà una densità di pensieri in un punto preciso, creando quasi una sorta di effettiva scultura attraverso la mente e alla fine, se non è arte il pensiero? Cos’è?

Fonti: unionesarda.it

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ARIANNA BOTTINI

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L’insegnamento di Battiato

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Battiato

La morte di Battiato è stata considerata da tutti una grossa perdita.

Battiato è stato nel suo tempo storico ma senza conformarsi al pensiero e alle mode del suo tempo.
È stato nel fluire del tempo ma non è mai sceso nell’arena degli schieramenti e dei luoghi comuni. Si è adoperato a comunicare con tutti senza perdere la sua autonomia e senza pregiudicare la sua creatività artistica.
Questo gli ha permesso di toccare le note più alte legate alla natura umana e non alle convenzioni.

Forse il grande insegnamento che ci può trasmettere Battiato è che nell’epoca in cui tutti cercano il successo rincorrendo il consenso, chi vive la sua vita per piacere agli altri non otterrà mai un consenso autentico e diffuso.
Battiato ha dimostrato che tanto più affermi una tua identità originale tanto più riesci ad essere apprezzato e a contribuire al tuo periodo storico.

Chi vuole piacere, non piace. Mentre chi si distacca dalla voglia di piacere, alla fine può venire apprezzato da tutti.

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