Un capolavoro di suspance e angoscia che ha segnato il cinema horror italiano, frutto della mente contorta e visionario del maestro del terrore più famoso del nostro paese.
Questa volta, però, voglio parlarti di un altro “Suspiria“, quello recentemente presente nelle sale cinematografiche e girato dal regista Guadagnino, che, come ha dichiarato lo stesso Dario Argento, “è fine e raffinato“, ma… beh, diciamo che ha poco dell’originario “Suspiria“, se a guardarlo è chi ama il genere horror.
La storia di questo nuovo “Suspiria” inizia sempre a Berlino nel 1977 e anche in questa pellicola vediamo la giovane ballerina americana Susie Bannion sostenere un’audizione presso la celebre compagnia di danza Helena Markos. Fino a qua, nulla da obiettare, giusto?
E’ da questo momento, però, che questo nuovo “Suspiria” prende una piaga diversa dal film originario.
Superato il casting, infatti, Susie riesce ad attrarre l’attenzione della famosa coreografa Madame Blanc, ma quando la ragazza conquista il ruolo di prima ballerina, Olga, che lo era stata fino a quel momento, accusa le dirigenti di essere delle streghe. Confuso, vero? Aspetta di sentire il resto…
Man mano che le prove si intensificano, Susie e Madame Blanc sviluppano un legame sempre più stretto che va al di là della danza…
Ma non voglio dirti altro di questo nuovo “Suspiria“, che potrai vedere questo giovedì alle 21.00 al Cinema Mexico: il biglietto cosa 7.50 euro e, secondo me, si tratta di un giusto prezzo per questo reboot.
Personalmente, sono un’appassionata del genere horror, ma penso che vedrò ugualmente questa reinterpretazione di “Suspiria”: dicono tutti che sia una celebrazione del femminile inteso in modo “non convenzionale”, quindi potrebbe valerne la pena, ma lo scopriremo solo andandolo a vedere…
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I Milano Città Stato Awards sono stati votati dal 3 dicembre 2018 al 12 gennaio 2019 tra le 10 nominations che sono state segnalate sulla fan page di Milano Città Stato (tra parentesi che l’ha suggerita) e che sono state più apprezzate (per numero di like) dai fans della pagina. Per i Milano città stato awards hanno votato 6774 lettori. Le percentuali si riferiscono ai voti sulle 10 nominations. In collaborazione con Vivaio.
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Nel giro di poco tempo, Eataly è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che amano il buon cibo e le iniziative curiose e interessanti legate ad esso
Da quando Eataly ha preso il posto del teatro Smeraldo, ha organizzato orti di piazza, weekend culinari dedicati a svariati alimenti (come la pizza, la pasta e altre specialità made in Italy) e svariati eventi musicali e teatrali, invitando tantissimi ospiti speciali e internazionali, tra chef e intrattenitori, a calcare la sua balconata interna.
Da Eataly si può anche fare semplicemente la spesa, oppure soffermarsi per pranzo, cena… o per uno sfizioso aperitivo.
E, dato che siamo arrivati a mercoledì, un bell’aperitivo ci starebbe… E che aperitivo sarebbe senza musica? Soprattutto in un luogo come Eataly!
Per questo, sono felice di annunciarti che, dopo una breve pausa natalizia, il Jazz Bar di Eataly riapre i batenti questo mercoledì dalle 18.30 e ti ripropone tanti nuovi “aperitivi in musica” a ingresso libero.
Sarà un happy hour musicale e travolgente, perchè il palco di Eataly Smeraldo ospiterà fino a maggio non solo gruppi jazz, ma anche band dalle sonorità etniche, funky jazz, manouche, e molto altro.
Insomma, ti sto proponendo delle serate ricche di suggestioni e magia, accompagnate naturalmente dal buon bere e dal buon mangiare.
Per questo giro di boa settimanale, toccherà al repertorio del Claudia Cantisani quartet farti ballare, cantare e ondeggiare per concludere in bellezza il mercoledì sera: sono certa che ti divertirai.
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Con quale città STRANIERA vorreste gemellare Milano?
LA CLASSIFICA FINALE
#1 NEW YORK (32,0%)
#2 SAN FRANCISCO (13,8%)
#3 BARCELLONA (11,8%)
#4 MONACO DI BAVIERA (11,1%)
#5 VIENNA (6,5%)
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#5 Visitare le CASE MUSEO e i palazzi d’epoca (8,6%)
Le favolose case museo e i Palazzi d’epoca. Li adoro ! E poi le chiese coi dipinti di epoca leonardesca (da Teresa Sottocorno)
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Ormai si sa: il mare culturale urbano è un luogo di relax per le serate milanesi ed è in grado di accontentare tutti i gusti grazie alle sue proposte alcoliche, come le sue saporitissime birre artigianali (che si rinnovano spesso e volentieri) e i suoi cocktail… anche se, personalmente, preferisco andare al mare per le birre.
Il mare è, però, ormai noto nella zona 7 anche per tutte le sue iniziative culturali, musicali e culinarie.
Questa volta, infatti, voglio parlarti di una delle iniziatie musicali del mare, molto apprezzata e frequentata non solo dagli abitanti della zona, ma anche da chi viene leggermente da fuori.
Questa proposta è rivolta a tutti coloro che hanno sempre desiderato diventare rapper, scrivere canzoni e di far parte di una vera crew… ma non sanno da dove cominciare.
Ed ecco che si fa avanti il mare culturale urbano, per salvare la situazione: ogni martedì pomeriggio, infatti, dalle 17 alle 19 potrai partecipare al suo unity Lab, un laboratorio gratuito di scrittura rap, performance e produzione musicale tenuto da niente meno che il rapper Diamante.
Quindi, se hai voglia di cimentarti in questa sfida musicale, non devi fare altro che armarti di buona volontà e fare un salto al mare… non quello salato, purtroppo.
Io non ho questo tipo di gusti musicali, ma sembra comunque una buonissima iniziativa per chiunque voglia approcciarsi al mondo rap… non pensi?
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Qual è la città più MILANESE d’Italia, a parte Milano?
LA CLASSIFICA FINALE
#1 Monza (31,0%)
#2 Lugano (15,7%)
#3 Bari (11,3%)
#4 Milano Marittima (7,4%)
#5 Santa Margherita (7,0%)
NOTA DI MERITO (città più segnalata tra quelle non in nominations):
TRIESTE
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Europe is in crisis because it is represented by institutions in which the Europeans have difficulty in identifying themselves. In choosing a city that perhaps represents little for us all as its capital, a Europe united has created cumbersome, distancing bureaucratic structures, making the individual countries captives of their own interests. What then might be lacking in Europe is this: a sense of meaning. And it is the city of Milan which could step forward in an attempt to create this.
Ten reasons why Milan should be the capital of Europe
#1. Its Position
“In a name, there lies an omen.” (Ancient Roman belief) Milan, in fact, was named Mediolanum by the Romans, because it was in the ‘middle of the plain’, the Lombardy flatlands. Milan is set right in the historic heart of Europe; if we draw a straight line of 1,000 kilometers in various directions, we would find ourselves connected to all the great cities of continental Europe: Barcelona, Paris, Berlin, Vienna and Budapest. Milan is the breaking point between North and South Europe, between East and West, while Brussels is peripheral, top-heavy in leaning towards the North Sea, the frontier of those countries, skeptical or beyond the reach of the European Union.
#2. Milan, a City more European than Italian
Milan is probably the only great European city with its own identity, yet not being the capital of a country, diversely than Brussels, Paris, London, and Berlin. It does not identify itself with the country or the region it belongs to, as does the Spanish and Catalan Barcelona. Uniquely, Milan is perhaps the only city that feels itself more European than the entire Lombardy Region, than Italy itself.
#3. Arised from all european cultures
Milan has felt strong influences of the various cultures that have created Europe. It was the capital of the Roman Empire, then subject to the Lombard invaders, arriving from Northern Europe, and also an important Germanic center of the Holy Roman Empire. It was once dominated by Spain, then, under Napoleon, occupied by France, successively becoming a jewel of the Habsburg Empire, and lastly, the moral capital of Italy. There is no other city in Europe that is the expression of so many European cultures.
#4. The Spirit of Excellence
Milan is a city of excellences. It is unique in all the world through the acknowledgements, prizes and rewards attributed to it. It is the world’s capital of fashion, of opera, design, and has created the international Fuorisalone, alternative events spread throughout the city and its fringes; its strength lies in its extraordinary creativity which has no rivals in any other city of the same proportion.
#5. International Openess
Milano is a city that makes everyone feel at home right away. It is made up largely of first, second and third generation Milanese. Almost all of the other principal cities of Europe are very chauvinistic; yet while opening the door to foreign investors and workers, they look to them as inferiors, as happens in London, Berlin and Paris. Milan instead looks favorably towards all that comes from abroad.
#6. Authentically European Values
The values of Milan are those authentic values upon which to reconstruct Europe, especially so as they are the result of the influences that Milan has received from other cultures: work activity, liberty, a spirit of enterprise, creativity, aesthetics, striving for excellence, internationality and autonomy of the member States.
#7. A City Innovating Our Opinions, Our Thoughts
With its businesses, its craftsmen and artisans, Milano has always been a city of action, but also one of opinions, of thoughts. It has innovated and revolutionized the spirit of the times giving birth to social movements that have created, for better or for worse, the history of Europe: Italian Socialism, Fascismo, even Futurism.
#8. A Model of Co-existence between the Public and Private Sectors
In Milan, private business activity is also concerned with Public Welfare. Its citizens possess a highly-developed civic conscience; it is the city with the largest total of benevolent associations in the world, and often public services are guaranteed to all private organizations. It is the most modern and functional bottom-up model with respect to that imposed ‘from on high’ by the centralist institutions of Brussels.
#9. Milan, a Symbol of Progress
At times, Milan is a city that has carried much weight politically, and on a cultural level, it has often been at the center of events. Francis The First of France and Charles The Fifth of Habsburg, the then Masters of the world, fixed their sights on Milan as the object of their desires, ceaselessly attempting to snatch it for themselves. They even arrived to the point of challenging each other to a duel in order to possess it. It is the city of the Edict of Constantine, with its noble act proposing universal tolerance, and the city of the Renaissance attracting such geniuses as Leonardo. Napoleon set up his Italian base here, establishing the principles of the French Revolution. It was the capital in the times of the Habsburg Empire’s Illuminism. Milan was the first city to use electrical energy, and it was the World War II city acting as the symbol of the movement to free Italy from Fascism.
#10. From the Europe of the Nations to the Europe of the Cities
Perhaps the most important reason why Milan should be the true capital of Europe is its implicit message: Milano is a city before it is a nation. And as a city, it has understood how to establish itself in the world, not through military power, but rather by using its intelligence, its creativity. It is from here that Europe should recommence: from its capital city, an expression of the highest culture and grandeur in the history of civilization.
Milanese, classe 1982, Fabio ”Kenobit” Bortolotti è un operatore culturale ed artista poliedrico.
E’ stato redattore di diverse riviste di videogiochi di rilevo nazionale, compone musica ed è uno dei cofondatori e animatori di Kenobisboch Productions, una realtà che coniuga efficacemente cultura e videogiochi.
Gli abbiamo fatto qualche domanda, avendo in testa la musica e Milano in primis.
Da quanto tempo componi musica? Cosa ti ha orientato verso i generi di cui ti occupi adesso?
Ho iniziato a strimpellare intorno al 1997, al liceo, cercando di imparare a suonare la batteria per soddisfare le mie aspirazioni da musicista punk. La mia non è mai stata una famiglia di musicisti, quindi trovare una batteria sgangherata in una saletta dei Salesiani di via Copernico è stato uno dei punti di svolta della mia vita. Mi sono innamorato, ho studiato e mi sono infilato in una miriade di band, perché ai tempi i batteristi erano merce relativamente rara. Anni dopo, io e la mia band ci siamo stufati di sprecare soldi in studi di registrazione e abbiamo attrezzato la cantina del cantante per registrare l’ennesima demo. Imparai a usare un sequencer, e nel giro di poco tempo iniziai a capire che c’era un mondo oltre le chitarre elettriche. Da lì ai primi esperimenti elettronici il passo fu breve.
Perché proprio la chiptune? Ritieni che la tua passione per i videogiochi (che coltivi anche attraverso i tuoi progetti artistici e sui canali social) abbia influenzato questa decisione?
I primi esperimenti elettronici mi hanno portato a riscoprire con più categorie mentali il suono dei videogiochi. All’inizio ho provato a usarli con strumenti virtuali che emulavano le vecchie console, ma poco dopo ho scoperto una scena sotterranea di sbiellati che usavano direttamente le macchine originali. Era il movimento della micromusic, che ai tempi orbitava intorno a un sito chiamato micromusic.org. Uno dei cosiddetti “headquarter” di Micromusic era proprio a Milano. Nel giro di poche settimane mi sono trovato immerso in una scena attiva, accogliente, inclusiva. Mi sono sentito a casa e non ho mai più mollato il mio Game Boy. Per quanto i videogiochi siano la mia vita, la mia vita musicale nella chiptune la devo alle persone splendide che ho incontrato. Penso in particolare ad arottenbit, Tonylight e Pablito el Drito, tutti e tre ancora attivissimi nell’underground milanese.
Ritieni che la dimensione cosmopolita di Milano abbia contribuito all’arrivo di nuove tendenze e stili artistici?
Senza dubbio. Quel che dico sempre è che a Milano non ci sono solo musicisti e performer internazionali. C’è anche il pubblico che ai concerti ci va per davvero, supportandoli e permettendo agli organizzatori di invitare personaggi sempre più interessanti. Negli ultimi anni si è innescato un circolo virtuoso, per il quale l’abbondanza di concerti educa il palato del pubblico, che accorre sempre più numeroso anche a serate che fino a qualche tempo fa avrebbero attirato solo appassionati di nicchia. La dimensione cosmopolita della città è senza dubbio un fattore importante, ma lo sono anche gli spazi (occupati e non) che sono nati in questo clima di fermento.
Qual è la tua esperienza (o, comunque, che idea hai) della scena della musica emergente a Milano?
Non mi piace il concetto di “musica emergente”. Promuove l’idea che l’underground sia qualcosa da cui è necessario uscire per avere successo e realizzarsi come musicisti. Invece il bello di Milano è proprio che puoi vivere una vita musicalmente ricca anche senza andare a Sanremo, perché l’underground c’è e ti supporta. Quando sento parlare di “gruppi emergenti” mi torna in mente il medioevo in cui i proprietari dei locali organizzavano quei contest per gruppi, dove a vincere era di fatto chi vendeva più biglietti per un concerto infrasettimanale che non interessava a nessuno. Realtà simili esistono ancora, ma per fortuna sono sempre più marginali. In ogni caso, a prescindere dalle scelte lessicali, Milano è una città ricca di opportunità, per chi vuole provare a farsi sentire con la propria musica.
Che consigli daresti a chi vuole intraprendere il tuo percorso artistico?
Andate ai concerti! Andate ai concerti anche se non conoscete l’artista o la band di turno, andateci anche se piove e se domani c’è scuola (o lavoro). È importante per capire come funziona la vita musicale della città, per capire cosa funziona e cosa piace al pubblico, ma anche per conoscere il popolo che partecipa alla vita musicale della città. La città è grande, ma alcuni volti sono sempre gli stessi. Il miglior modo per far parte di una scena è supportarla e contribuire con i propri talenti.
Hai avuto aiuto dai tuoi colleghi musicisti per iniziare?
Assolutamente. Senza l’aiuto degli amici sarei molto probabilmente rimasto alla casella di partenza. Ricordo i Fish and Chip 8 Bit, band torinese non più attiva, che mi hanno svelato i primi segreti per ottenere un suono di grancassa potente con il Game Boy. Pablito el Drito mi ha trascinato nella scena, invitandomi a suonare ancor prima che avessi un repertorio. Arottenbit mi ha invitato a fare dei set back to back con lui quando avevo troppo poco materiale per esibirmi da solo. Come dicevo prima, la chiptune mi ha conquistato più con il suo clima di condivisione che con i suoi suoni. Sono stato aiutato in tutti i modi, e ancora oggi la mia vita musicale è fatta di collaborazioni e alleanze.
Nella tua esperienza di redattore di riviste di videogiochi con focus sull’internazionale, come pure di musicista e di traduttore, qual è, solitamente, la percezione di Milano all’estero?
Sinceramente non saprei come risponderti. Quando parlo con amiche e amici della scena musicale, tutti non vedono l’ora di venire a Milano, ma del resto è un mondo in cui tutti hanno una voglia matta di farsi sentire e venire in Italia è a prescindere una bella occasione (e una bella vacanza). Per il resto, quando sono in giro mi capita raramente di parlare di Milano.
Tre cose di Milano che ami e tre cose che invece cambieresti o che non ti piacciono, magari come atteggiamenti o cultura?
Amo: la scena musicale, il clima culturale (è una città molto più rilassata e accogliente di quanto raccontino gli stereotipi degli anni Ottanta), l’offerta enograstronomica. Vorrei: più attenzione e investimenti nelle periferie, un maggiore riconoscimento dell’importanza dei centri sociali, più piste ciclabili.
Quali sono i quartieri di Milano che hai trovato più ricettivi alle iniziative culturali cui hai partecipato?
È bello poter rispondere che ci sono tantissimi quartieri dove le iniziative culturali funzionano. Forse anche perché la città è relativamente piccola e perché muoversi non è un problema.
Che tipo di eventi o di locali vorresti vedere a Milano in futuro? Mi riferisco anche a qualcosa che ancora non c’è e che vorresti.
Sul fronte della musica stiamo benissimo e mi auguro che tutto continui così. Per il resto vorrei eventi legati al mondo dei videogiochi capaci di alimentare la scena degli sviluppatori. Non mi riferisco né agli eSport, che stanno comunque crescendo, con mio grande piacere, né a eventi commerciali come la GamesWeek. Vorrei che la città supportasse più attivamente il mondo degli sviluppatori indipendenti, dando loro un punto di incontro, ma anche un modo per promuovere il loro lavoro. Qualche anno fa c’era stato l’interessante esperimento di Game Over al Leoncavallo, ma vorrei vedere qualcosa di più concreto e costante. Se le giornate fossero di 73 ore proverei a organizzarlo io.
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Sono già passati vent’anni dalla scomparsa di Fabrizio de Andrè, o Faber, come l’aveva soprannominato il suo grande amico Paolo Villaggio.
Negli anni, Faber è diventato un vero e proprio simbolo anarchico, ma non solo. Faber è quel musicista e poeta che si è sempre schierato dalla parte degli ultimi e dei pentiti, degli indifesi e di chi non aveva voce per esprimere i propri pensieri e le proprie ragioni.
Da “Bocca di Rosa” a “Via del Campo“, da “La ballata dell’amore cieco” a “La ballata dell’amore perduto“, da “Un giudice” a “Il Pescatore“, da “La guerra di Piero” a “Volta la carta“, tutte le storie di Faber avevano in comune personaggi e sentimenti semplici, racconti umili e senza pretese, ma dal grande valore morale.
La domanda che ci ha sempre posto Faber è: “Cosa è davvero giusto?”
Potrei andare avanti tutto il giorno a elencare tutti i capolavori musicali partoriti dalla mente geniale e poetica del grande Faber, ma questa volta farò molto di più, segnalandoti la Cantata anarchita in Piazza Duomo di questo venerdì, dalle 20: se sei un ammiratore e un estimatore di questo grande artista, non puoi perderti questa occasione unica di renddergli un omaggio collettivo.
Tra chitarre, percussioni, spartiti e molto altro, preparati a passare una serata memorabile, ricordando colui che si è sempre schierato dalla parte degli ultimi e dei pentiti.
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milano citta stato conferenza triennale 30 maggio 2016
11 gennaio 2016. Viene messo on line il sito www.milanocittastato.it.
Obiettivo è di rendere Milano libera di gestirsi come le principali città d’Europa. La finalità dell’iniziativa è illustrata in un Manifesto.
16 gennaio 2016. Vengono organizzati i primi tavoli di ideazione di Milano Città Stato a Copernico. Ingresso libero.
“Milano città stato è un progetto trasversale alla politica che ha l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella costruzione della città ideale”
25 gennaio 2016. Tavoli di ideazione di Milano Città Stato al Museo Fermo Immagine.
29 gennaio 2016. Intervista a Ernst Knam: “Milano è già una città stato”
31 gennaio 2016. Intervista doppia ai candidati alle primarie PD Balzani e Majorino su Milano Città Stato Sì o No?
8 febbraio 2016. Intervista su Milano Città Stato a James Bradburne, il nuovo direttore della Pinacoteca di Brera che dichiara: “Milano può diventare un modello di eccellenza per l’Italia”
3 marzo 2016. Viene pubblicata la Restaurant Map di Milano Città Stato. Il primo articolo a superare i 10.000 lettori. La Restaurant Map New Edition supera i 30.000 lettori.
9-12-16-23 marzo 2016. Vengono organizzati i tavoli per la definizione dei progetti prioritari di Milano Città Stato.
7 aprile 2016. Il Crowdparty al Botinero inaugura il crowdfunding per Milano Città Stato su Indiegogo.
11 aprile 2016. Il primo candidato sindaco ad appoggiare Milano Città Stato è Corrado Passera che dichiara: “Milano Città Stato è il più interessante progetto che ci sarà in Europa nei prossimi anni”
25 maggio 2016. Beppe Sala in un’intervista dichiara: “Se ricominciamo dalla Città Stato, come sostiene il centrodestra, campa cavallo”. A questa dichiarazione i firmatari dell’associazione Milano che promuove Milano Città Stato rispondono con una lettera aperta: “Caro Beppe, Milano è Campa Cavallo“.
30 maggio 2016. “Milano Città Stato invita i candidati sindaco alla Triennale“. Accettano l’invito tutti i candidati sindaco ad eccezione di Sala e Rizzo. Gli altri candidati rispondono SI o NO ai progetti prioritari di Milano Città Stato nel salone d’onore della Triennale e in diretta streaming su corriere.it. Qui le loro risposte: SI o NO a Milano Città Stato
2 giugno 2016. Sul sito viene pubblicata la lista dei candidati al consiglio comunale che si sono espressi a favore di Milano Città Stato.
9 giugno 2016. Lettera aperta di www.milanocittastato.it a Beppe Sala: “Caro Beppe, anche i tuoi vogliono l’autonomia. Ripensaci e impegnati anche tu per Milano Città Stato”
14 giugno 2016. “Io mi impegnerò che succeda“. Stefano Parisi, candidato al ballottaggio come sindaco, manda una lettera aperta al sito www.milanocittastato.it in cui dichiara il suo impegno per Milano Città Stato.
16 giugno 2016. “Proviamoci. Mi impegnerò personalmente“. Anche Beppe Sala manda una lettera aperta a www.milanocittastato.it in cui dichiara il suo impegno per Milano Città Stato se fosse diventato sindaco.
19 giugno 2016. Sala vince il ballottaggio con Parisi e diventa il nuovo sindaco di Milano.
Foto Sala brunch di Vivaio @Atelier Forte
7 settembre 2016. Viene firmato da Renzi e Sala il patto per Milano.
11 gennaio 2017. Primo compleanno di Milano Città Stato. Lo festeggiamo con questo articolo.
13 marzo 2017. Primo passo del Consiglio Comunale per Milano Città Stato. Il consiglio comunale ha messo ai voti un ordine del giorno in cui “invita il sindaco e la giunta ad individuare ed attuare in ogni sede iniziative politiche e amministrative tendenti ad ottenere maggiore autonomia finanziaria e normativa a tutela degli interessi dei milanesi“. La proposta fatta dal consigliere Alessandro Morelli viene approvata quasi all’unanimità, con 36 voti a favore e un solo astenuto.
30 aprile 2017. “Le città stato“. Puntata di Reteconomy (Sky) dedicata ai desideri di Londra e di Milano di diventare delle città stato. Qui la puntata.
16 maggio 2017. “Gli Stati Generali di Milano Città Stato” al Teatro Franco Parenti in diretta streaming su corriere.it. Politici (Barberis del PD, Cappato dei Radicali, Morelli della Lega, Nicolò Mardegan), imprenditori (Regina De Albertis, Marco Gualtieri, Gianmarco Senna, Cristina Pepe), esponenti della cultura e della società civile (Andree Ruth Shammah, Francesco Cancellato, Corrado Passera, Gaingiacomo Schiavi, Fabio Massa) e altri personaggi di spicco di Milano rispondono alla domanda: “Perchè Milano Città Stato?”.
14 giugno 2017. “Per Milano un regime d’attrazione su misura“. Presentata alla Camera una proposta di legge per dotare Milano di poteri speciali. Primo firmatario: Maurizio Bernardo, Presidente della commissione finanze di Montecitorio)
24 ottobre 2017. Philippe Daverio: «Milano si sente come una Città Stato. Parla col mondo intero. Non ha bisogno delle mediazioni regionali»
1 settembre 2018. Inizia la call to action “ci sono anch’io” per invitare chi vuole supportare il progetto ad affiancarsi alla rete di volontari di Milano Città Stato.
3 dicembre 2018. Vengono lanciati i Milano Città Stato Awards per premiare le eccellenze di Milano. Partecipano al voto oltre 20.000 persone. Clicca per la sezione AWARDS
31 dicembre 2018. Si chiude un anno record per il sito con una media di oltre 150.000 lettori al mese e un incremento medio del 20% su scala mensile. 56.000 fans su Facebook e su Google “Milano città stato” (con virgolette) ha oltre 27.000 risultati (erano meno di 3.000 quando abbiamo aperto il sito).
Auspici per il futuro. Nel 2018 ci siamo concentrati sul sito milanocittastato.it. I risultati sono in ottimi, in crescendo su ogni aspetto. Per limiti di risorse non abbiamo potuto organizzare eventi o altre iniziative accessorie. Quest’anno cercheremo di incrementare l’azione.
Fondatori del progetto editoriale: Andrea Zoppolato, Duilio Forte, Cristiano Longhi, Francesco Boz e Paola Perfetti
Redazione: Hari de Miranda
Edizione inglese: Vincent Lombardo, Antonio Buonocore
Un grazie agli autori/collaboratori: Alex Storti, Alice Riva, Andrea Bruschi, Andrea Cherchi, Anna Prandoni, Arianna Ricotti, Claudia Boca, Debora Cantarutti, ElifLab, Fabio Biccari, Federico Pozzoli, Fabrizio Bellavista, Francesco Moretto, Francesca Spinola, Francesca Bartolino, Giacomo Zucco, Giorgia Sarti, I Hate Milano, Ivan Ortenzi, Luisa Cozzi, Ivan Salvagno, Marco Torchio, Giacomo Biraghi Isabella Labate, Mauro Colombo, Raffaella Appice, Sydney Lukee, Antonella Tagliabue, Tiziana Leopizzi, Ugo Poletti, Vanessa Maran
Un grazie speciale a Corrado Passera, Andree Ruth Shammah, Copernico Milano, ManoxMano, Spotlime e all’indimenticato Claudio De Albertis.
Di tutte le mode e gli stili di vita che si sono susseguiti nel corso degli anni, ce n’è uno che, diciamocelo chiaramente, non muove mai: lo stile hippie.
Gli hippie erano caratterizzati da tanti particolari iconici: capelli talmente lunghi da essere usati come vestiti, sandali così consumati da essere ridotti a frange, fiori… fiori. Fiori ovunque. Fiori di qualsiasi colore. Fiori di qualsiasi forma.
Il motto hippie? La celebre combo “Peace&Love“… e di love ce n’era tanto, a volte anche molesto, soprattutto quando si prendeva un piccolo aiutino per essere “più ricettivi ai sentimenti”, diciamo così per non spingerci troppo nel dettaglio.
E proprio grazie a questi “aiutini”, gli hippie erano in grado di vivere universi psichedelici, colorati di mille tonalità e brillanti come stelle, percepiti soprattutto durante le lunghe sedute di ascolto musicale… nei tempi in cui ancora la musica era ascoltabile.
La musica, ecco. Forse è uno dei tratti più caratteristici dello stile di vita hippie: la tipica musica rock anni ’60/’70.
E se dico “musica rock anni ’60/’70” cosa ti viene in mente? Ovviamente Woodstock: che festival, ragazzi, che festival. Orde di hippie venuti da tutti gli USA che, malgrado la pessima organizzazione della manifestazione, sono rimasti per giorni in tende piantate nel fango ad ascoltare i live dei musicisti underground più celebri del momento.
Il momento più memorabile, però, è stato quando il grande Jimi Hendrix (che, sempre a causa di problemi organizzativi e ritardi stratosferici, riuscì ad esibirsi solo il lunedì, quando erano rimaste “solo” 40.000 persone) ha eseguito l’inno americano con la sua chitarra.
Questo e molti altri sono stati gli attimi che hanno resto unico e irripetibile questo festival… sarebbe bello riviverlo, vero?
Beh, il Magnolia ti da questa opportunità proprio questo venerdì, perchè a partire dalle 22 si svolgerà il Woodstock Revolution, l’evento con ingresso a 5 euro che ti farà sfoderare il tuo outfit hippie migliore e ballare sui classici della musica della controcultura anni ’60 e ’70.
Registrandoti su Spotlime, l’app che seleziona i migliori eventi di Milano, riceverai un promemoria dell’evento e potrai rimanere sempre aggiornato su questo e tutti gli eventi simili in città. Inoltre, prenotandoti dall’app e partecipando agli eventi, riceverai un vantaggio esclusivo.
Guardavo un filmato su Youtube realizzato a cavallo degli anni cinquanta e sessanta. Descriveva la realizzazione di una nuova “opera d’arte”: l’autostrada del sole. Quello che mi ha colpito del filmato è la voce narrante. Utilizza un linguaggio e delle espressioni che trasmettono una positività e una voglia di fare che ti vien voglia di prendere una pala e di iniziare ad asfaltare anche tu un pezzo di autostrada.
Filmati come questo, che si trovano in abbondanza in quegli anni, mi sollevano ancora più interrogativi sulla situazione dell’Italia di oggi. Un’Italia che ha cento volte le risorse che possedeva negli anni cinquanta ma che riesce a fare cento volte di meno. In breve mi sono chiesto:
Perché l’Italia va male?
Marx direbbe che bisogna partire dall’economia anche perchè il resto sarebbe solo sovrastruttura. L’economia in Italia va male. Sia se la si raffronta con gli altri Paesi del mondo, sia se si osserva lo stallo in cui ci troviamo da oltre dieci anni. Che cosa è cambiato nell’Italia di oggi rispetto agli anni del boom?
La perdita nella catena del valore
Negli anni sessanta i soldi che servivano a finanziare le autostrade erano in Italia e in Italia sarebbero ritornato, tramite il ritorno degli investimento e il pagamento degli interessi sui capitali presi a prestito. Usando termini economici, tutta la catena del valore era in Italia: dal prestito iniziale al ritorno dell’investimento finale.
Questo accadeva non solo per le opere pubbliche che venivano assegnate ad aziende italiane ma anche per la stragrande maggioranza della spesa, per consumo e per investimenti, degli italiani. Oggi non è più così. In qualunque decisione di acquisto che facciamo buona parte della catena del valore esce dall’Italia. Ogni volta che un’azienda italiana finisce in mani straniere, di solito i media festeggiano celebrando l’arrivo di capitali stranieri. Ma questo è un modo miope di valutare i fatti. Perchè la verità è che ogni investimento estero in Italia significa flussi di denaro, che in precedenza rimanevano in Italia, che se ne andranno via dal Paese. Se prima i flussi della catena del valore restavano in Italia per un tot, dopo l’investimento una parte più o meno grande viene perduta.
Rispetto al passato, ogni volta che acquistiamo uno yogurt della Parmalat, un vestito di Valentino, una pasta da Cova, un parte di quello che paghiamo va ad aumentare il PIL di un paese straniero, in tutti questi casi della Francia.
L’investimento avviene una volta, mentre la parte di valore che viene trasferita in seguito all’investimento resta per sempre, generando dei flussi costanti in uscita.
Una globalizzazione sbilanciata
Si dirà che gli investimenti esteri in Italia sono un lato della medaglia. L’altro lato è la possibilità per le aziende italiane di operare all’estero allo stesso modo, contribuendo pertanto a portare in Italia i margini di guadagno dei loro investimenti. Questo è vero. Però è indubbio che se si paragona la situazione di oggi con quella degli anni sessanta, allora tutti o quasi tutti i flussi degli italiani restavano nel nostro Paese, oggi la gran parte se ne va. E a fronte delle numerose attività in Italia di proprietà estera, sono sempre meno le aziende italiane capaci di fare acquisti all’estero. La borsa italiana, già di per sé, di dimensioni sempre più irrisorie rispetto ai mercati internazionali, è per il 67% in mani estere. Ciò significa che due terzi dei profitti delle nostre aziende principali vanno fuori dal Paese. E questo non basta. Perchè per motivi fiscali anche molte aziende italiane trasferiscono i margini di profitto all’estero, in fiduciarie o holding di stanza in paesi più convenienti. E se il privato in Italia annaspa anche il pubblico non se la passa bene.
Debitori italiani, creditori stranieri
Anche nel settore pubblico si tende ad applaudire l’incremento di spesa straniera in Italia. Fino all’inizio degli anni novanta solo una percentuale minima del debito pubblico italiano era in mani straniere: nel 1988 era il 4%, nel 1992 era il 7%. Questo significa che anche se avevamo un grosso debito pubblico, l’alta spesa degli interessi pagati dagli italiani (lo Stato) tornava agli italiani (banche, fondi e risparmiatori). L’uscita netta di capitali era minima.
Nel giro di pochi anni la situazione è radicalmente cambiata: nel 1999 la quota di debito pubblico italiano detenuta dagli stranieri era più che quadruplicata rispetto a sette anni prima, passando al 27%. Fino a toccare nel 2011 il 40%, per poi scendere al 32% di oggi. La percentuale posseduta dagli investitori stranieri esprime la perdita netta di soldi pubblici che per pagare gli interessi escono dal Paese. Questa impennata di investimenti esteri ha un effetto ancora più clamoroso se si considera che è avvenuta in un periodo in cui, a parte un anno, lo Stato ha chiuso il bilancio con un avanzo primario. In parole semplici il grosso aumento del debito pubblico negli ultimi venti anni, che è passato da 1300 a 2300 miliardi di euro (+30% circa del PIL), è stato causato dall’interesse composto: ossia lo Stato si indebita per ripagare gli interessi. E’ un aumento di debito che è stato causato dal pagamento degli interessi, pagamento che, a differenza dei decenni precedenti, è finito in parte consistente all’estero.
Si dirà che questo vale anche all’opposto. Ossia che molti risparmiatori e banche italiane a loro volta hanno sottoscritto titoli di stato esteri. E dunque ricevono dagli stati stranieri dei capitali che finiscono nel nostro Paese. Però questo varrebbe se vi fosse una parità negli interessi, almeno tra economie che utilizzano la stessa valuta. In realtà ciò non avviene, né in termini relativi (interessi più alti) né in termini assoluti (entità del debito più elevato). Interessi più alti assommati a un debito pubblico più alto determinano un maggiore flusso di capitali pagati dallo Stato. Quindi la verità è che quanto lo Stato versa all’estero ai detentori di debito pubblico è largamente superiore rispettato a quanto gli altri Stati versano del proprio debito ai detentori italiani.
Così come sempre più margini nel settore privato fuggono all’estero, così anche sempre più risorse dello Stato italiano finiscono oltre frontiera.
Meno aziende hai in Italia, meno Pil meno tasse meno lavoro
Una fetta sempre più grande nella catena del valore di beni e servizi venduti in Italia finisce all’estero. E una fetta costante di interessi pagati dallo Stato lascia il Paese impoverendo la nostra economia. Questo ancora non basta a spiegare perchè l’Italia se la passi male e ogni anno sempre peggio. C’è anche poi una causa interna.
Tutto quanto sopra descritto potrebbe essere arginato se ci fosse una crescita di aziende in Italia. Se per ogni azienda che viene venduta agli stranieri se ne creasse una o più altre in Italia, allora sì che potrebbe essere vantaggioso attirare investimenti esteri. Ma purtroppo questo non accade. E il motivo è semplice: le aziende nascono poco in Italia, e quelle che ci sono spesso si trasferiscono all’estero, perchè da noi è sempre meno vantaggioso fare impresa.
Lo è per motivi fiscali, impliciti ed espliciti, lo è per la burocrazia, lo è anche per un tipo di mentalità diffusa che tende a considerare gli imprenditori come soggetti da controllare per evitare che facciano dei danni agli altri.
Il risultato di questo è che ogni volta che un’azienda chiude o non apre, non viene prodotto reddito, ergo vengono pagate meno tasse e si perde occupazione.
Questo è un altro problema che spiega il declino del Paese soprattutto in rapporto agli anni cinquanta e sessanta quando chi si metteva in proprio era considerato parte positiva del sistema e non qualcuno a cui prendere i soldi ma da trattare con diffidenza. E sempre tornando agli anni sessanta ci sono stati altri cambiamenti che hanno tutti lo stesso risultato: l’impoverimento del Paese.
Altre perdite con l’Italia degli anni sessanta: anziani e giovani
Dal punto di vista economico c’è una perdita di risorse anche a causa dello spostamento fisico delle singole persone, che negli anni cinquanta e sessanta non avveniva:
– Pensionati italiani che si trasferiscono all’estero: 400.000 pensionati che ricevono la pensione dallo stato italiano ma che stando all’estero non pagano le tasse in Italia e spendono i soldi nel paese dove abitano.
– I ragazzi che lasciano l’Italia dopo gli studi: ogni anno circa 30.000 laureati italiani se ne vanno all’estero, causando una perdita di capitale umano che viene formato in Italia (investimento) ma che crea valore fuori (ritorno dell’investimento pari a zero).
Come riportare lo spirito degli anni cinquanta e sessanta
Se si ha cuore il benessere del Paese bisogna considerare tutti i fattori che portano o tolgano valore all’economia. E se Marx aveva ragione nel dire che la struttura di un paese è la sua economia, occorre avere la priorità di lasciare la massima libertà di fare impresa. Perchè più togli libertà a chi fa impresa, meno possibilità hai di creare un reddito che va a formare la ricchezza di un Paese. E solo producendo ricchezza si possono avere tutti gli effetti positivi desiderati in un Paese civile, come la realizzazione di opere di interesse pubblico o una redistribuzione delle risorse per ridurre la povertà.
Mentre in passato qualunque perdita di competizione poteva essere arginata dai confini, oggi ogni comportamento contro le impresa genera effetti a cascata che moltiplicano il danno sociale.
Invece di rincorrere i capitali degli stranieri perchè comprino le nostre imprese e perchè ci prestino i soldi, la priorità dei nostri governanti dovrebbe essere quello di facilitare al massimo l’attività di tutte le nostre imprese, ripagando la ricchezza che ogni attività economica produce per il Paese con la moneta più importante che uno Stato può dare a chi fa impresa: la libertà.
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The Torre Diamante, inaugurated on September 14, 2012, is usually called the Diamantone (literally, the “Big Diamond”) or Diamond Tower, itself a translation of its Italian name.
This building has a multifaceted structure, similar to that of a diamond and is 140 meters tall. Such an height makes this structure the fourth tallest skycraper in Milan, as well as the tallest steel building in Italy.
From April, 2015 onwards, the Samsung company reserved a whole part of this building (called a Diamantino, literally a small diamond), thus originating what is now called the Samsung District.
The point of the Torre Diamante can change its colors, therefore becoming an interesting and suggestive background.
This tower was also the main stage for the second season of the Italian edition of The Apprentice. Furthermore, the final scenes of the Italiano Medio movie by Maccio Capatonda, a popular Italian comedian, were filmed both inside and outside the tower.
Il Pastis? Un bistrot vintage in una zona residenziale e semi-centrale di Milano, che trasmette tranquillità e relax come il locale stesso.
Il Pastis è molto intimo e riservato, ideale per una serata romantica, speciale, tutta da dedicare all’ltra persona, grazie alla sua atmosfera accogliente e rilassante. L’ambiente è caldo, quasi come fossi a casa tua, sensazione che puoi provare già osservando il bancone rivestito in legno e gli specchi vintage.
Il punto forte del Pastis, per il quale questo locale offre diverse formule per un momento quasi internazionale, è l’aperitivo. Questo giovedì, per esempio, oltre ai suoi vini pregiati e per la maggior parte biologici – accuratamente scelti per garantire un’offerta raffinata e peculiare al cliente -, dalle 18 in poi il Pastis ha in serbo ben tre proposte gastronomiche diverse alle quali abbinare un buon calice di rossoa 9 euro.
Eh sì, perchè al Pastis potrai scegliere fra tre formule di aperitivo al vassoio: per sentirti un po’ francese, l’Aperimalga è quello che fa per te, con i suoi ottimi formaggi di piccoli produttori, tutti selezionati dai gestori del locale; se, invece, hai un gusto più maremmano, amante dei sapori decisi e intensi, devi assolutamente provare l’Aperitivo Toscano, per assaggiare un fantastico crudo toscano tagliato al coltello; se, però, sei per natura una persona prudente, che non vuole spingersi troppo lontano dalla sua terra, puoi tranquillamente provare il tagliere di salumi provenienti direttamente dall’Alto Garda bresciano, che saranno serviti con l’Aperitivo Nostrano.
Quindi ricordati: prenotandoti con Spotlime, dalle 18 di questo giovedì al Pastis avrai un calice di Merlot Sangiovese IGT Toscana e un tagliere di salumi o formaggi a 9 euro invece che a 10,50 euro.
Ricordati, però, che il Pastis è intimo, ma dalle dimensioni abbastanza ridotte: se vuoi essere sicuro di trovare posto per la tua serata di relax, non dimenticare di prenotare un tavolo contattando il 333 672 9072.
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