Accomunata dalla sua storia e dall’influenza veneta della sponda orientale del lago di Garda, la sponda bresciana offre un panorama ricco di attrazioni storico/culturali, ma anche percorsi ed attività per gli amanti dello sport.
LAGO DI GARDA (sponda LOMBARDA): 10 idee per una splendida vacanza di prossimità
#1 Sirmione, la perla del lago di Garda
Credits: @sam_wonderlands Sirmione
Questa lingua di terra protesa verso le acque del Garda, circondata da mura medioevali, è una delle perle più conosciute della sponda lombarda di questo lago. Il consiglio è di visitare l’antico castello scaligero per godere appieno di un panorama a 360 gradi, perdersi per le sue vie medioevali dal profumo di lavanda, affacciarsi sulle acque del lago dai resti romani delle “Grotte di Catullo” e, ovviamente, scendere nella nota Jamaica Beach.
#2 Villa Bettoni, la piccola “Versailles” del Garda
Credits: residenzedepoca.it – Villa Bettoni
A mio parere la villa più bella di tutto il lago, una dimora da sogno fatta costruire nel XVIII secolo dalla nobile famiglia Bettoni di Bogliago, che tutt’ora ne è propietaria, e decorata internamente dai geniali fratelli andornesi Galliari, tra i più grandi decoratori del secolo. La villa ospitò illustri ospiti quali Napoleone Bonaparte, Victor Hugo e Giacomo Puccini che ne ammirarono le sale e gli stupendi giardini che valsero alla dimora il titolo di “piccola Versailles del Garda”.
#3 Isola del Garda: un’isola esotica dalla storia secolare
Credits: bresciatourism.it – Isola del Garda
Una gemma incantevole, un’isola esotica dalla secolare storia iniziata già in epoca romana e su cui aleggia una sorta di sacralità. Già prima dell’anno 1000 l’isola era proprietà dei monaci veronesi di San Zeno che, nel XIII secolo, la donarono a San Francesco d’Assisi, il quale vi edificò un piccolo monastero. Nel corso dei secoli l’isola divenne un importante centro spirituale tanto da ospitarvi una delle più importanti scuole di filosofia e teologia d’Europa, finché non venne soppressa da Napoleone nel 1797 che ne ordinò la vendita. Tra i suoi numerosi proprietari, verso la fine del XIX secolo, il duca genovese Gaetano de Ferraris e la moglie Maria Annerkoff diedero all’isola l’aspetto attuale, facendo realizzare l’attuale giardino esotico e la villa in stile neogotico.
#4 Saló, il borgo dagli edifici dal gusto veneto che fu capitale della “Repubblica Sociale Italiana”
Credits: quibrescia.it – Salò
Incastonata nella sua baia, il borgo di Saló è la meta ideale per una passeggiata pomeridiana o, ancor meglio, nell’ora di cena. Con i suoi locali, il suo lungolago e i suoi edifici dal gusto tipicamente veneto, Saló vanta anche un interessante duomo gotico, nel quale sono conservate opere del Romanino, e il MUSA, un interessante museo inaugurato nel 2015 che, oltre a proporre mostre temporanee, espone un interessante collezione sull’arte e la storia di questa cittadina
#5 Vittoriale degli Italiani, la dimora di D’Annunzio
Credits: comunitadelgarda.it – Vittoriale degli italiani
Un interessante percorso alla scoperta del Vate d’Italia, attraverso le sue passioni, collezioni ed eccentricità qui raccolte. Il Vittoriale è stato, dal 1921 fino alla morte del poeta, la dimora di Gabriele d’Annunzio, l’autocelebrazione del suo personaggio che qui viene pienamente mostrato in tutta la sua limpidezza. Qui è possibile visitare la sua villa, le sue collezioni, la nave militare Puglia, donata al vate nel 1923, il teatro all’aperto e la tomba del poeta, il tutto tra la verde vegetazione del parco del parco del Vittoriale e la vista spettacolare sul lago di Garda.
#6 Muslone, il borgo incantato che domina il lago di Garda
Credits: altempoperduto.com – Muslone
Meta ideale per chi è alla ricerca di pace e relax, il piccolo borgo di Muslone domina dall’alto le acque del Garda, in un atmosfera senza tempo. Percorrere le sue vie scoscese, tra case in pietra e angoli fioriti, è senza dubbio il modo migliore per apprezzarne la bellezza.
#7 Santuario di Montecastello, un luogo sospeso tra cielo e terra
Credits stefanocosta83 IG – Santuario di Montecastello
Lontano dagli itinerari più battuti, salendo lungo i pendii rocciosi dominanti le acque lacustri, ecco apparire l’antico Santuario di Montecastello, un luogo sospeso tra cielo e terra. Al suo interno è custodita la Santa Casa, un piccolo tempio di epoca carolingia decorato con un pregevole ciclo di affreschi trecenteschi, oltre al più grande ex voto d’Europa.
#8 Tremosine, alla fine di un percorso scavato nella roccia, tra strapiombi mozzafiato e canyon naturali
Credits: borgando.it – Tremosine
Raggiungere il borgo di Tremosine attraverso la “strada della forra” è già di per se un esperienza indimenticabile, un percorso scavato nella roccia, tra strapiombi mozzafiato e canyon naturali. Ci sarà un motivo se Winston Churchill la definì l’ottava meraviglia del mondo? Una volta giunti a Tremosine il consiglio è godervi la pace del suo borgo e la vista a picco sul lago, luogo ideale per chi è alla ricerca del totale relax lontano dal trambusto delle città.
#9 Sentiero dei Contrabbandieri, per gli amanti delle viste mozzafiato e delle ferrate
Credits: arcomountaninguide.it – Sentiero dei Contrabbandieri
Un esperienza emozionante per gli amanti delle viste mozzafiato e delle ferrate, un percorso che richiede determinazione e capacità nell’utilizzare moschettoni e corde. Camminare in un percorso sulla roccia a picco sulle acque del lago, un sentiero wild che vi lascerà un ricordo indelebile di questa terra.
#10 Riva del Garda, appena dentro la provincia di Trento
Ph. pcdazero Pixabay
A poca distanza dalla sponda lombarda, Riva di Garda è una metà che vale la pena visitare. Qui la storia cambia, non siamo più sotto l’influenza veneta ma in pieno territorio trentino, un tempo Principato Vescovile di Trento, oggi ben rappresentato dalla rocca di Riva, quasi una sorta di isola, e dalla grande piazza cittadina su cui si affacciano la torre dell’orologio e il municipio.
L’idea è venuta ai fondatori dell’app di streaming musicale berlinese SoundCloud, che per superare il problema del costo eccessivo e del rischio di furti delle e-bike, stanno lanciando una startup di e-bike elettrico, chiamato Dance. L’abbonamento previsto include il servizio, la manutenzione, la protezione dai furti e il servizio di portineria. Punta ad essere alternativa economicamente sostenibile al bike sharing
Novità per le due ruote: il NOLEGGIO E-BIKE con ABBONAMENTO MENSILE
Il nuovo servizio di abbonamento alle e-bike si chiama Dance ed è stato lanciato dai fondatori di SoundCloud
I fondatori dell’app di streaming musicale berlinese SoundCloud stanno lanciando una startup di e-bike elettrico. Attraverso questo nuovo servizio, chiamato Dance, sperano di riuscire ad ottenere un’alternativa più sostenibile del bike sharing. L’iscrizione all’app sarà inizialmente solo su invito e verrà avviata questo mese a Berlino. L’abbonamento include il servizio, la manutenzione, la protezione dai furti e il servizio di portineria. L’azienda dice che può consegnare la bici direttamente a casa del cliente ed entro 24 ore. Inoltre in caso di furto la e-bike verrà sostituita immediatamente. Dance è un’idea che mira a sfruttare il boom delle bici elettriche utilizzando un modello Netflix o Spotify.
Il crescente successo delle e-bike in Europa
Le vendite di e-bike sono in piena crescita, soprattutto in Europa, dove secondo la Federazione europea dei ciclisti solo da marzo hanno costruito 930 km di piste ciclabili. A differenza del bike sharing, che ha affrontato problemi con atti vandalici, furti e biciclette abbandonate, questo modello di abbonamento implica che i ciclisti ottengono una e-bike personale quindi questi problemi non esisterebbero. Comunque sia, Dance non è la prima azienda ad offrire veicoli di micromobilità elettrica in un servizio in abbonamento. Infatti, l’azienda ha già un concorrente principale ed è Swapfiets, un azienda olandese molto consolidata in alcuni mercati europei.
Come ottenere il servizio, per ora disponibile unicamente a Berlino
L’idea dell’impresasi basa su un paio di verità difficili sulle e-bike: sono costose, in genere costano 1.700 euro o più, e sono inclini a furto. Dance punta ad eliminare queste preoccupazioni e a replicare il successo di vari servizi di abbonamento musicale. Infatti il “prezzo introduttivo” è quello di 59 euro al mese e i clienti interessati con sede a Berlino dovranno solo iscriversi a una lista d’attesa e poi iniziare l’abbonamento. L’obiettivo di Dance è quello di diventare un’azienda internazionale, una volta ridefinito il design delle bici, l’applicazione per smartphone e il modello operativo.
RinasciMilano è la nuova rubrica di milanocittastato.it che dà spazio a persone, iniziative e progetti che rappresentino una novità a Milano. Se volete segnalarci iniziative di questo tipo, scriveteci su info@milanocittastato.it (oggetto: rinascimilano).
Una nuova iniziativa è nata a Milano per supportare le aziende che devono sottostare alle attuali regole restrittive sul luogo di lavoro, previste dal governo in conseguenza al Coronavirus, e che hanno quindi la necessità da un lato di dare la possibilità ai propri dipendenti di fruire della pausa pranzo e degli altri break direttamente in ufficio, dall’altro di garantirlo in totale sicurezza. Nasce il Ristorante diffuso di Copernico.
Il RISTORANTE DIFFUSO: la nuova idea di COPERNICO per gestire il distanziamento sociale negli uffici
# Il servizio di food delivery pensato per le aziende con uffici a Milano
Copernico, la rete di luoghi di lavoro, uffici flessibili e servizi che favoriscono lo smart working e la crescita professionale e di business, insieme a Copernico & Friends, la società che gestisce me.nu, il brand food del Gruppo, lanciano il “Ristorante Diffuso”: un servizio di food delivery pensato per le aziende con uffici a Milano, che hanno l’esigenza di avere un’offerta food quotidiana. Grazie al Ristorante Diffuso, infatti, si potranno ricevere i pasti principali della vita d’ufficio – dalla colazione al break mattutino, dal pranzo all’aperitivo – ogni giorno nel proprio ufficio. Il Ristorante Diffuso nasce per andare incontro alle nuove necessità delle aziende in un momento delicato di ritorno all’attività lavorativa in ufficio dopo il lockdown, un periodo in cui è ancora richiesto il distanziamento sociale e quindi molte imprese preferiscono affidarsi ai brand di ristorazione, per dare la possibilità ai propri dipendenti di fruire della pausa pranzo e degli altri break direttamente in ufficio, in totale sicurezza.
# Un servizio a valore aggiunto per supportare imprese e dipendenti in questa fase delicata
Il Ristorante Diffuso costituisce non solo un ampliamento dell’offerta di ristorazione del Gruppo, ma si pone come vero e proprio servizio a valore aggiunto per permettere alle persone che sono rientrate nei propri uffici di vivere la routine lavorativa nel modo più normale possibile, senza dover subire il disagio dei limiti dettati dalla Fase 2. “Il valore di questa nuova proposta è di creare nuove possibilità e opportunità laddove il Covid-19 ha creato dei limiti. Questo nuovo servizio è infatti pensato per le aziende che hanno l’esigenza di avere un’offerta quotidiana all’interno della loro realtà” ha dichiarato Alessio Banfi, CEO di Copernico & Friends. “Tornare al lavoro in ufficio in questo momento non è semplice, per questo crediamo che il Ristorante Diffuso possa supportare le aziende e i loro dipendenti, permettendo loro di usufruire di pasti sani, in sicurezza dal proprio ufficio”. Si potrà usufruire del servizio, già attivo dal 1° giugno nella città di Milano, per gli orari di colazione e pranzo. Si potrà accedere al servizio e prenotare solo tramite il sito web di me.nu (https://menu.coperni.co/it/delivery) e la web app dedicata personalizzata per il cliente.
Ennesimo attacco del presidente campano nei confronti di Milano, questa volta il sarcasmo di cattivo gusto è verso le migliaia di morti che ha avuto la città e il resto della regione. Ultimo atto che a va rinfocolare il sentimento di rivalsa del Sud contro il Nord.
🔴 Altro attacco del Governatore della Campania: “Milano non si ferma… Poi si sono fermati a contare i morti”
# “Milano non si ferma, Bergamo non si ferma. Poi si sono fermati a contare migliaia di morti”
Nuova dichiarazione di pessimo gusto di Vincenzo De Luca. Durante una visita all’ospedale di Sapri il governatore della Campania è tornato sulla pandemia da Coronavirus e ha elogiato la strategia della sua regione contrapposta a quella di altri territori:”Quando noi chiudevamo altrove si facevano iniziative pubbliche: Milano non si ferma, Bergamo non si ferma, Brescia non si ferma. Poi si sono fermati a contare migliaia di morti. Migliaia non centinaia”.
# “Qui in Campania abbiamo ospedali di assoluta eccellenza. Non c’e’ bisogno di andare a Milano”
Il governatore non si è fermato qui e ha continuato senza freni: “Solo nella provincia di Bergamo hanno avuto 2.000 morti nelle residenze per anziani, in tutta la Campania 14. Se Codogno fosse stata in Campania non avremmo potuto aprire la bocca per altri 200 anni. A Milano discutono ancora se la zona rossa doveva farla il Governo o la Regione, noi intanto abbiamo chiuso e abbiamo salvato la vita di centinaia di persone. Qui in Campania abbiamo ospedali di assoluta eccellenza. Non c’e’ bisogno di andare a Milano, Bologna, Verona o Pavia“.
# Il precedente del presidente campano: “Zingaretti è andato a Milano e, siccome Dio c’è, si è preso il Covid”
Appena una settimana fa il governatore durante un’intervista rilasciata a Bruno Vespa alla due giorni di Alis a Sorrento, tra il serio e il faceto aveva preso di mira il segretario del PD: “Zingaretti è andato a Milano a fare i brindisi e, siccome Dio c’è, si è preso il Covid“. E poi aveva ironizzato: “In Italia la riapertura dei manicomi è la riforma più urgente”.
La domanda è: ma se un politico del nord si permettesse di fare queste uscite irridendo i morti del sud, cosa accadrebbe?
Entro il 2023 Sesto San Giovanni avrà una stazione ferroviaria di design, quale primo tassello che connetterà l’area con il futuro progetto di “MilanoSesto – Città della Salute” in costruzione nei terreni dell’ex Falck.
Una passerella di vetro “sospesa” sul capolinea della metro: la NUOVA STAZIONE MILANESE a firma di Renzo Piano
# La stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni, attuale capolinea M1, cambierà volto grazie a Renzo Piano nel 2023
Obiettivo fine lavori 2023. Sesto San Giovanni si prepara a cambiare volto grazie al mega progetto che stravolgerà la stazione ferroviaria e le aree ex Falck, che sorgono proprio dietro lo scalo ferroviario. “Milanosesto” – la società proprietaria della zona – ha pubblicato il “bando di gara con procedura ristretta per la costruzione della nuova stazione ferroviaria e della piazza adiacente, che verranno realizzate nella zona Nord della città“. La rigenerazione della zona, quindi, partirà dalla stazione di viale Gramsci e si allargherà poi a quello che la stessa “Milanosesto” definisce “il più grande progetto di rigenerazione urbana in Italia, e uno tra i principali a livello europeo“.
Si estenderà su piazza Primo Maggio e la nuova piazza lato Città Salute. Attrezzata con bar, negozi e servizi, offrirà una vista panoramica sul nuovo grande parco urbano di cui diventerà il principale punto d’accesso. Salvo intoppi, entro luglio 2023 vedrà la luce la nuova Stazione-Ponte, entro febbraio 2024 la nuova Città della Salute, la cui apertura è fissata a luglio 2024 dopo i collaudi necessari, ed il parco urbano Unione di 13 ettari.
In valutazione un sottopasso pedonale diretto tra M1 e Città della Salute come dichiarato dall’assessore all’Urbanistica del Comune di Sesto San Giovanni Lamiranda: “Rimane aperta una finestra di riesame sull’utilità effettiva del nuovo sottopasso ferroviario dedicato al trasporto pubblico e la creazione in sostituzione di un sottopasso pedonale diretto di collegamento tra mezzanino MM Sesto Primo Maggio FS e Città della Salute”. Nodo che dovrà essere sciolto entro il prossimo gennaio 2021.
# 15 milioni di euro di investimento per una passerella di vetro che collegherà due zone separate della città e sarà l’antipasto della “Città della Salute – MilanoSesto”
“È di circa 15 milioni di euro il valore complessivo dell’appalto, per cui sono attese le manifestazioni di interesse il prossimo 3 agosto 2020, per procedere poi con l’aggiudicazione della gara e la sottoscrizione del contratto di appalto entro il mese di aprile del prossimo anno. La nuova stazione ferroviaria, che nasce dal progetto dello studio Renzo Piano Building Workshop con Ottavio Di Blasi & Partners e SCE Project – si legge in una nota – sarà realizzata come una grande passerella di 89×18 metri sospesa al di sopra dei binari esistenti e consentirà di congiungere due zone della città da sempre separate dalla ferrovia. La struttura moderna in ferro e vetro, con copertura fotovoltaica in grado di alimentare completamente la stazione, ospiterà servizi e attività commerciali e sarà un punto panoramico di osservazione su tutto il progetto MilanoSesto. Si tratta di uno sviluppo immobiliare di oltre 1,45 milioni di metri quadrati che diventerà una nuova destinazione urbana sulla base di modelli avanzati di inclusione sociale, nel rispetto dei più elevati standard internazionali di sostenibilità ed efficienza energetica anche grazie all’utilizzo sapiente della tecnologia“.
Al valore funzionale della struttura, che consentirà di congiungere due zone della città da sempre separate dalla ferrovia, si aggiunge la sua forte valenza simbolica. Si tratta di un modello etico di sviluppo che parte dalle persone e dai loro bisogni, con l’ambizione di creare una comunità aperta e inclusiva in una città in continua evoluzione.
# Un ponte animato e vissuto funge da interscambio tra la sottostante linea della metropolitana, le linee ferroviarie e gli autobus di superficie
“L’impostazione progettuale di tipo urbanistico si basa sul concetto di spazio dinamico e attrezzato per ricucire la storica cesura tra le due parti della città divise dai binari, ovvero il nucleo centrale di Sesto San Giovanni e le aree ex Falck – spiegano i titolari del progetto – Un ponte animato e vissuto che, oltre ad integrare la funzione di servizio e ristoro, funge da interscambio tra la sottostante linea della metropolitana, le linee ferroviarie e gli autobus di superficie. L’immagine storica delle grandi stazioni ferroviarie e del loro linguaggio di ferro e vetro è stato uno degli elementi di ispirazione più importanti nel concept progettuale della nuova stazione: un approccio che si fonde con la vocazione architettonica industriale del luogo, integrandosi in modo armonico con il paesaggio urbano“.
L’obiettivo della realizzazione, i cui lavori saranno avviati a partire da luglio 2021, prevede che il servizio di rete ferroviaria rimanga fruibile ai viaggiatori per tutta la durata del cantiere, grazie alla messa in sicurezza dei percorsi, per garantire una soluzione di continuità all’importante flusso di traffico pedonale e ciclabile che attraversa l’area.
Sono 116 le vittime di incidenti stradali nell’ultimo anno a Milano. 40 sono pedoni e ciclisti. E i monopattini: zero. Eppure la Regione Lombardia sta cavalcando un’ondata di “insofferenza” verso i monopattini elettrici che spesso accompagna le novità nella nostra città. La Regione sembra insistere su una linea già attivata durante i mesi dell’emergenza Covid.
Di fronte alle molte accuse di non essere riuscita a difendere i pazienti più a rischio, anziani e malati negli ospedali e nelle case di cura, la Regione ha spesso proiettato sui cittadini la responsabilità dell’emergenza. Dopo aver accusato per ogni rialzo dei contagi i cittadini che non rispettavano il lockdown (nonostante le statistiche che mostravano che erano a livello mondiale i più ligi alle disposizioni), dopo aver prolungato l’obbligo di mascherina in esterno fino a metà luglio (nonostante che altre regioni nei due mesi senza obbligo abbiano mostrato cali maggiori nei contagi), ora l’ennesima mossa contro la libertà dei milanesi.
Sono bastati tre incidenti, nessuno mortale, per attivare l’assessore De Corato che, a nome della Regione, intima l’impiego del casco obbligatorio per i maggiorenni che usano il monopattino. Un obbligo che non solo rappresenta un caso unico al mondo in città (in Francia vale solo al di fuori dei centri abitati) ma che, di fatto, rischia di compromettere un servizio di sharing per chi non si può permetterne di acquistarne uno e che consente di ridurre il traffico di veicoli inquinanti. Ma soprattutto mostra una deriva illiberale che si scontra con la tradizione di forze politiche che hanno spesso sventolato il vessillo della libertà individuale. Ma procediamo con ordine.
Dopo le mascherine obbligatorie che si sono protratte all’aperto fino a metà luglio, unico caso al mondo, la Lombardia sta decidendo di rendere obbligatorio l’utilizzo dei caschi per chi utilizza i monopattini anche in sharing per muoversi a Milano, imponendo un altro limite alle libertà dei cittadini e svantaggiando chi non può permettersi di acquistarne uno.
La REGIONE contro la libertà: vuole OBBLIGO DI CASCO per i MONOPATTINI (saremmo gli unici al mondo)
# A Milano oltre 100 morti in incidenti stradali nell’ultimo anno, tra cui pedoni e ciclisti, zero con il monopattino. Ma la Regione vuole imporre obbligo del casco per i monopattini
Sono 116 le vittime a Milano per incidenti stradali nell’ultimo anno di rilevazione, 40 dei quali tra ciclisti e pedoni, gli ultimi contano in tutto anche più di 1400 feriti, mentre finora non si è registrato nessuno decesso di utenti utilizzatori di monopattino. Gli episodi degli ultimi giorni con alcuni incidenti con il monopattino, peraltro senza conseguenza mortali, hanno subito messo in moto la Regione Lombardia per conto dell’Assessore De Corato: “Stanotte – ha aggiunto l’assessore – a Milano si è verificato il terzo incidente in monopattino elettrico in 5 giorni, anche questo da ‘codice rosso’. E’ un dato che dove far alzare il livello di attenzione sull’utilizzo di questi dispositivi e soprattutto sulla necessità di regolamentarli imponendo l’obbligo del casco a tutti”.
# Una lotta ideologica che porterà più traffico e inquinamento e uccide la concorrenza dello sharing
Una lotta ideologica che avrà come conseguenza più traffico e più inquinamento, perché le persone saranno disincentivate ad usare mezzi di mobilità alternativa, soprattutto in questo periodo di limitazione nell’utilizzo dei mezzi pubblici a seguito delle normative imposte per il distanziamento sociale. Imporre il casco agli utilizzatori dei monopattini significa di fatto uccidere lo sharing colpendo proprio chi ha meno soldi per acquistarne uno e che magari utilizza il mezzo sporadicamente, alternando anche bicicletta e auto in condivisione oltre ai mezzi di trasporto pubblico.
Difficile immaginare che chi ricorre ai monopattini in sharing acquisti un casco oppure che con i monopattini si riesca ad attivare un casco a mezzo, nel rispetto anche alle norme di igiene. Il rischio è quindi anche che si generi una violazione di concorrenza nei confronti delle compagnie il cui business si basa sullo sharing che vedrebbe ridursi il loro parco clienti a causa dell’obbligo del casco per utilizzo su un mezzo non di proprietà, a vantaggio delle imprese che hanno la vendita come canale per generare utili e i cui utilizzatori sono spesso già in possesso del casco protettivo adatto per un uso frequente del monopattino.
# Principio tipico dei paesi totalitari: uno sbaglia? Si riduce la libertà per tutti gli altri
Il principio che passa è sempre lo stesso, invece di colpire chi sbaglia e in questo caso chi vìola il codice della strada, si sceglie di imporre norme restrittive a chiunque potrebbe violarle, punendo così tutti i cittadini che invece utilizzano il monopattino rispettando il codice della strada. Una logica totalmente illiberale in una Regione che non invece di mettere al centro i cittadini, preme sulle restrizioni e sul loro controllo, come successo per l’iniziale blocco alla possibilità di effettuare test sieriologici privati per valutare la presenza dell’immunità al Covid o per l’obbligo dell’utilizzo della mascherine in luoghi aperti fino al 15 luglio senza nessuna evidenza scientifica a favore.
Una modalità d’azione tipica dei paesi totalitari e in contraddizione con quella tradizione liberale a cui alcune forze politiche della maggioranza dichiarano, a ogni elezione, di volersi riferire.
Nell’ultimo periodo si stanno ricevendo segnali di un malessere verso Milano che sembra volto a colpire la città proprio nelle sue eccellenze per farle ripiegare verso una mediocrità nazionale.
Quanto potranno incidere le scelte governative sul destino della nostra regione e di Milano?
Stanno DECAPITANDO Milano? 5 INDIZI di una strategia di abbattimento delle ECCELLENZE della città
#1 Il sistema sanitario lombardo a rischio “accentramento”
Tutti ben sappiamo quanto la sanità lombarda sia motivo di orgoglio per tutti noi. Ha saputo superare molte prove di forza, non ultima la più complessa: la battaglia contro il Covid-19 che, pur non essendosi ancora conclusa, ha mostrato debolezze di gestione ma soprattutto ha messo in dubbio la tenuta del sistema.
La Lombardia è la sede prescelta per le cure dai milanesi ma anche dagli abitanti del Molise, Calabria, Puglia, Abruzzo e Valle d’Aosta, secondo fonte Istat. Questo perché la nostra regione detiene il primato per gli elevati livelli di cura e nella ricerca da parte degli IRCCS, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Dei 49 IRCCS riconosciuti dal Ministero della sanità, 18 sono situati nel territorio lombardo e il 50% delle prestazioni a livello assistenziale, delle pubblicazioni scientifiche e dei finanziamenti della ricerca sono effettuati da ospedali lombardi sembra in base ai dati dell’Istat.
Detto questo, la tendenza del governo centrale di Roma pare quella di voler riaccentrare molte realtà che da tempo erano gestite, secondo il principio costitutivo del decentramento, dalle regioni. Un esempio potrebbe essere senz’altro quello della sanità. Se questa tendenza si trasformasse in realtà che scenari potrebbero aprirsi per noi milanesi? Il rischio è che il tanto osannato sistema lombardo non potrebbe più garantire degli standard così elevati ma allinearsi a una più bassa media nazionale.
#2 La fiscalità penalizza le aziende lombarde in competizione con l’estero. E la Svizzera è a un passo
E’ una triste e nota realtà che l’Italia detenga il primato della pressione fiscale, tassazione sui profitti delle imprese, tassazione sul lavoro e altre tasse, più alto in Europa con il 64%.
Questo aspetto incide con forza nella vitalità e nella sopravvivenza di uno dei motori principali dell’economia italiana: il settore industriale. I piccoli e medi imprenditori soffrono ovviamente ancora di più: mediamente a causa dei cinque principali tributi ovvero IMU, TASI, IRAP e addizionali IRPEF le imprese versano nelle casse erariali più di 11.000 euro l’anno in media secondo Confartigianato Apla. Non possiamo quindi stupirci se molti industriali siano invogliati a scappare dal nostro Paese e a stabilire la propria impresa all’estero, come per esempio in Svizzera dove la pressione fiscale è del 28,8%, l’IVA non raggiunge il 10 % contro il 22% italiano.
A ciò, che di per sé per molti potrebbe essere sufficiente, si aggiunga la poca burocrazia elvetica, stabilità economica, il costo del personale molto più basso rispetto alla nostra Nazione. Ultimo elemento pro Svizzera è il tempo necessario ad un’azienda italiana per trasferirsi. E’ possibile infatti nominare un amministratore svizzero, redigere lo statuto di impresa, aprire un conto in banca e iscriversi alla camera del commercio in soli 10 giorni. La Lombardia, che costituisce storicamente un terreno fertile per l’attività industriale e dove è presente il 23,1% delle start up delle aziende, potrebbe essere molto penalizzata se questa tendenza fiscale non muta.
#3 I collegamenti azzoppati con le regioni confinanti e con l’Europa
Come tutti sappiamo dal 16 marzo 2020 l’aeroporto di Linate è chiuso. Si parla di riaprire ora il 13 luglio ma senza risolvere la criticità del trasferimento delle rotte con così poco preavviso e dei limiti di sicurezza contro il Covid che riduce il traffico aereo di almeno i due terzi.Tra gli innumerevoli danni che il Covid-19 ha causato non possiamo non citare la situazione dei collegamenti tra Milano e altre parti strategiche. La situazione quindi, già compromessa a causa della pandemia, sicuramente non ha beneficiato della scelta di chiudere uno degli aeroporti più cari ai milanesi, se non altro per la vicinanza al nostro capoluogo.
Che dire dei treni e degli autobus che dovrebbero collegare la Lombardia ad altre regioni, specialmente adesso che la stagione estiva sta partendo? Sul fronte ferroviario sono stati molto pubblicizzati i cosiddetti “treni del mare”, che sono attivi alla domenica e nei festivi e portano i passeggeri da Milano alle principali località di mare della Liguria di levante e di ponente senza cambi. Il problema però è duplice: nel periodo pre-Covid-19 il numero dei treni attivati a tale servizio era minimo, mentre ora che c’è stato un potenziamento i posti rimangono esigui a causa del virus e del conseguente distanziamento sociale, con il risultato che ci sono casi di treni da cui si sono fatti scendere i passeggeri.
La situazione forse più drammatica è quella delle autostrade che collegano Milano con la Liguria. Al momento in cui scriviamo, a Ponente tra Genova Voltri e Genova Savona i tratti di corsia unica sono quasi più di quelli con pieno utilizzo del battistrada.
Anche i collegamenti con il nord delle Alpi non è all’altezza di una metropoli europea e questi ritardi o arretramenti rischiano di far perdere a Milano la sua vocazione internazionale.
Uno studio di Confcommercio ha riportato che Milano nel commercio e nei servizi registra una perdita maggiore delle altre regioni italiane. Quelli più colpiti risultano i settori a maggiore competitività e connessione internazionale. Settore vitali per l’economia milanese come quelli degli eventi, la fiera, la moda, il turismo d’affari, solo per citarne alcuni, hanno ricevuto un colpo micidiale. Colpo accentuato anche dalle politiche di contenimento al Covid decise dal governo senza peraltro che venissero messe in atto compensazioni o iniziative per il rilancio di questi settori. Non solo. Si prevede per il Comune di Milano un buco a fine anno che rischia di superare i 400 milioni di euro, anche in questo caso senza alcuna manifestazione del governo di procedere alla sua copertura. Infine c’è anche l’elenco di iniziative e di opere ipotizzate dal governo Conte in caso di ricezione di contributi europei: nessuna menzione a iniziative di sostegno o di rilancio per Milano, nonostante che sia il centro dell’ara più colpita dal Covid.
Uno studio della Confcommercio ha calcolato che la spesa pubblica complessiva di Regioni, Province e Comuni ammonta a circa 176,4 miliardi. La spesa media pro capite delle regioni è di 2963 euro. Nell’analisi si specifica che se i servizi pubblici costassero come in Lombardia in tutta Italia si risparmierebbero 74,1 milioni di euro.
A questo aggiungiamo che la Lombardia è la regione a statuto ordinario meno indebitata del Paese in rapporto ai suoi cittadini, mentre al polo opposto c’è il Lazio che ha un debito che supera i 10 miliardi di euro, circa la metà del dato nazionale, e la Regione risulta essere la principale responsabile di questa situazione.
E ancora: la Lombardia costa allo Stato meno soldi di tutti, 3447 euro pro capite contro i 3658 della media nazionale, con un residuo fiscale record a livello mondiale di 56 miliardi di euro all’anno. Un altro dato interessante da segnalare è questo: la Lombardia paga un quarto delle pensioni nazionali, infatti insieme all’Emilia-Romagna fornisce la metà dei soldi necessari a coprire la spesa per il sistema previdenziale italiano.
A fronte del fatto innegabile che la Lombardia è in prima linea da sempre a finanziare spese e sprechi del resto d’Italia, è risultata anche la Regione di gran lunga più colpita dal Covid, contando circa il 50% dei decessi complessivi. Nonostante questo, il Governo ha dichiarato che gran parte degli aiuti europei che dovessero arrivare all’Italia per l’emergenza sanitaria, verrebbero destinati alle zone del sud Italia. Da ultimo disco rosso di Roma anche alla richiesta di maggiore autonomia regionale per la Lombardia o locale per Milano.
Questa tendenza governativa di livellamento nazionale che implicitamente gambizza le eccellenze presenti a Milano e in Regione a chi giova? Ai posteri l’ardua sentenza.
GIULIA PICCININI
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
La nostra città ha un legame indissolubile con la musica: tutti gli artisti più famosi hanno suonato qui con esibizioni rimaste nelle storia, dai piccoli locali allo Stadio di San Siro, e tutti i migliori compositori hanno reso “La Scala” il teatro di musica classica e lirica più prestigioso al mondo. Le nostre proposte per far ritornare Milano nell’Olimpo della musica mondiale.
MILANO un tempo era CAPITALE mondiale della MUSICA: 12 idee per riconquistare il PRIMATO
#1 Fuorisalone della musica. Un evento mondiale
Sfruttando l’esperienza fatta negli anni passati con il Fuorisalone del Mobile è possibile creare eventi, concerti ed esibizioni anche a sorpresa nei numerosissimi luoghi suggestivi che offre la nostra città. Piazze, cortili, musei e università sono il palco perfetto per artisti che, provenienti da tutto il mondo, possono regalare alla città emozioni a sette note indimenticabili.
#2 Valorizzare Milano come capitale della lirica contemporanea
La musica non è solo pop ma ha mille declinazioni e una di queste è la lirica. Considerando il patrimonio nazionale, sicuramente uno dei più ricchi al mondo, è necessario includere lo sviluppo delle opere liriche della musica sinfonica portandole al grande pubblico. Iniziative come i Tre tenori o più recentemente il Volo sono il chiaro esempio di come risponda il grande pubblico quando la musica classica viene resa fruibile senza dover necessariamente andare a teatro.
#3 La Scala: un brand per esportare musica nel mondo
Costruita in due soli anni, tra il 1776 e il 1778 sotto il dominio austriaco, è sicuramente uno dei teatri più famosi del mondo deve essere uno dei punti cardine di questo progetto. La sua scuola ma anche le sue maestranze sono un incredibile patrimonio che deve essere messo a disposizione della città. In cambio crediamo che si debba riconoscere alla Scala stessa una sorta di brand che identifichi tutto ciò che è musica classica e sinfonica oltre che, ovviamente le opere liriche per le quali l’Italia vanta un primato assoluto.
#4 Il conservatorio Giuseppe Verdi: rilanciarlo come punto di riferimento per la formazione musicale mondiale
Una delle più prestigiose istituzioni europee nell’ambito della formazione musicale giustamente dedicata al grandissimo genio nato in Emilia, ma milanese per tutta la sua sfolgorante carriera. Creato per formare artisti che abbiano a che fare con l’universo delle 7 note nelle sue varie declinazioni sforna ogni anno decine di talenti che andranno a infoltire i palchi di tutto il mondo. Mai sufficientemente pubblicizzato tra i ragazzi che devono scegliere un orientamento per il loro futuro e impossibile da non sfruttare per rilanciare Milano nell’olimpo della musica mondiale. Musicisti e cantanti che devono poter esibirsi per regalare il loro talento per il bene della città e dell’arte.
#5 Caserme trasformate in luoghi per la musica
Un altro capitolo musicale che deve essere riscoperto e portato al grande pubblico. Come? Esistono numerose caserme e siti militari che non vengono utilizzati o addirittura sono in stato di abbandono ma tutti adatti per ricevere pubblico e prestarsi ad esibizioni e concerti. Bande musicali dei vari eserciti del pianeta avrebbero finalmente un palcoscenico dal quale esibirsi e interpretare un repertorio che difficilmente avrebbe una occasione così importante e vasta.
#6 Una Scala per la musica pop
Pur operando in moltissimi settori, o generi, al Teatro della Scala non è prevista la musica pop, rock e rap. Si potrebbe creare una cattedrale per la musica moderna dove, per tutto l’anno, si possano esibire artisti e band che stanno emergendo ma che hanno difficoltà a trovare un palco all’altezza del loro talento. Quella terra di mezzo che va dal locale ai palazzetti ma che premierebbe una infinità di artisti che potrebbero emergere e, allo stesso tempo, un posto dove numerose persone possano ascoltare la loro musica con una acustica di tutto rispetto e con le giuste dimensioni di capienza di pubblico e di spazi attigui.
#7 Una nouvelle vague di musica milanese
Il vero trampolino della musica. Milano è la città di Gaber e Jannacci, di Enrico Intra e Franco Mussida ma anche di Ghali e Marracash e Mahmood, insomma una enciclopedia della musica melodica e d’autore. Se si vuole rilanciare la città come capitale della musica è fondamentale passare attraverso i nostri artisti. La loro consulenza e la loro immagine deve essere un punto nodale dal quale transitare per ridare a Milano quel primato che da troppo tempo latita. È necessario però poter dare la possibilità ai locali ancora esistenti a Milano, ricordiamo che istituzioni come Le Scimmie e Il Capolinea non esistono più, e che hanno un palco a disposizione, di essere messi nella condizione di poter ospitare esibizioni nonostante gli intoppi e i balzelli imposti da uno Stato non certo tenero verso chi promuove l’arte o di arte ci vive. Questa è la direzione che deve essere presa per valorizzare e produrre musica d’autore e pop nella tradizione italiana. Creare situazioni favorevoli vuol dire anche rendere realtà per molti talenti inespressi l’avere un palco dal quale esibirsi. Troppo spesso le difficoltà burocratiche scoraggiano i ragazzi che si avvicinano alla musica e creano così tanta sfiducia da far gettare la spugna ai più, così anche per i produttori che trovano più prolifico seguire i talent piuttosto che girare per i locali e scovare il nuovo Jannacci o gli eredi degli Elio e le Storie Tese.
#8 Milano Città Stato: sgravi fiscali per la musica dal vivo
Riguardo il capitolo precedente Milano deve farsi carico di una parte degli oneri necessari per fare esibire artisti e band e riportare la città ad essere una mecca per tutti gli artisti che cercano fortuna o che per amore delle 7 note desiderano esibirsi per regalare ai fortunati presenti un po’ della loro arte. Ricordiamo che in piccoli club ormai scomparsi si sono esibiti Jimy Hendrix, Pat Metheny, Joss Stone, Billy Cobham e Keith Emerson e mille altri incredibili artisti. Ricreare ambienti e situazioni ideali per riportare i grandi nomi è un compito indispensabile per Milano
#9 Capitale della musica da strada
Quanti di voi si sono imbattuti in spettacoli improvvisati da parte di musicisti che nella maggior parte dei casi sono stati multati e allontanati? Troviamo assurdo che in piazze e vie non vengano adibiti dei luoghi dove questi talenti possano esprimersi liberamente. Gli artisti di strada sono i novelli cantastorie, sono l’anima della città e la voce fuori dal coro oltre che, tendenzialmente, persone che vivono di musica e come tali vanno aiutate e sostenute.
#10 Tour nel mondo per promuovere la musica made in Milano
Come già detto Milano è piena di talenti che si son già fatti conoscere in tutta Italia e, per alcuni, è già stato possibile esibirsi all’estero. Creare un brand dei musicisti e cantanti di Milano e portare il brand nel mondo deve essere visto come un obiettivo primario. Nello scambio culturale e etnico non deve esserci solo il fatto di ospitare artisti da tutto il mondo ma anche poter fare conoscere la nostra musica ovunque. Un tour che porti la musica Made in Milano e che utilizzi i nostri più affermati cantanti come ambasciatori nel mondo.
#11 In caso di vittoria di un italiano portare l’Eurovision a Milano
Perché no: sarebbe un sogno. Milano è stata sede degli MTV Europe Music Awards nel 2015, ospita le finali di XFactor e molti altri show di richiamo internazionale. Perché non l’Eurovision? Sarebbe il teatro perfetto e si inserirebbe perfettamente nel progetto di riportare Milano al top delle città della musica.
#12 Jingle distintivo per la musica a prodotta a Milano
Una grossa mano dovrebbe arrivare dalle varie emittenti nazionali e private che aiuterebbero la Madunina a tornare agli antichi fasti nel mondo musicale. Identificare la musica Made in Milano crediamo possa essere un grande motivo di orgoglio per tutti coloro avranno lavorato per riportare la nostra città agli antichi fasti
ROBERTO BINAGHI
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Dovendo scegliere, a chi affidereste la rinascita di Milano? Se ci fosse data questa possibilità noi punteremmo certamente su un team di donne scelte fra quelle che hanno reso grande la nostra città e si sono distinte in questi anni per doti di preparazione, professionalità, talento, passione, determinazione, originalità, innovazione, sensibilità, coraggio, intelligenza creativa, sguardo lungimirante e profondo verso gli esseri umani e verso il futuro. Ne abbiamo individuate 7, tra quelle più influenti e di talento che da sempre vivono, lavorano ed operano su Milano.
A loro abbiamo domandato quali iniziative metterebbero in campo e in quali settori vorrebbero intervenire per attuare concretamente la rinascita ed il rinnovamento di Milano soprattutto dopo l’emergenza sanitaria che ha paralizzato per lunghi mesi la nostra città ed i suoi cittadini.
7 DONNE INFLUENTI e di TALENTO su cui puntare per la rinascita di MILANO
#1 Federica Olivares
Credits: unicatt.it – Federica Olivares
Laureata in politica monetaria all’Università Statale di Milano e specializzata in economia internazionale a New York, dal 1986 crea e dirige la Casa Editrice “Edizioni Olivares”, di cui è Presidente, che pubblica i volumi dei più autorevoli esponenti internazionali del pensiero manageriale, ed una collana di Ecologia sociale. Oggi Director, International Program dell’Universita’ Cattolica, Editore a Milano e New York, Vice Presidente del Piccolo Teatro fino al 2019. Come Consigliere del Ministro degli Esteri, nel governo Monti, ha ideato e coordinato l’Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti 2013. Come membro del CdA della RAI ha dato vita al Forum mondiale delle Nazioni Unite presso l’ONU a New York e oggi siede nel Board del Department of Italian Studies di New York University. E’ consigliere di amministrazione della Commissione Fulbright per gli Scambi culturali fra Italia e Stati Uniti. È stata Leader del Team Internazionale per il Dossier di candidatura a Capitale della Cultura Europea 2019 della Città di Bergamo.
Riteniamo che rappresenti un vero e proprio talento su cui puntare per la rinascita di Milano perché come è stata ben definita in una recente intervista: è una cacciatrice di idee con un grande amore nei confronti di Milano ma con una visione cosmopolita ed internazionale.
Alla domanda su quali iniziative attuerebbe per la rinascita di Milano risponde: “oggi è urgente leggere questo libro dal titolo “ASCOLTA IL TUO CUORE, CITTA’ di Alberto Savinio, pseudonimo Andrea Francesco Alberto de Chirico”. Si tratta di un libro alla cui lettura, ci spiega la Dott.ssa Olivares, lei torna periodicamente perché “in esso l’autore narra di quando percorre le vie di Milano il giorno successivo alla fine della seconda guerra mondiale. Vede le macerie ma nelle macerie rintraccia il nerbo fortissimo che viene dal passato dalla città. A differenza di quanto si può pensare il libro non ci porta al passato di Milano ma al suo futuro. Milano ha inciso nella propria storia il proprio destino, che è quello di rialzarsi ogni volta reinventandosi ogni volta e divenendo dopo ogni caduta, sempre più grande e più innovativa”. Ci rammenta la Dottoressa Olivares che “Milano è stata invasa dagli unni, dagli austriaci, dagli spagnoli ed ha superato indenne persino gli anni bui del terrorismo. Anche questa volta la città risorgerà dalle proprie ceneri ma solo a condizione di essere consapevole del proprio genius loci e di fissare un nuovo centro di gravità, un nuovo equilibrio rintracciando la propria identità, il proprio dna, i propri talenti e le specificità che l’hanno resa grande non solo in Italia ma nel mondo intero. In questo senso auspica anche venga riletta la storia di Milano, ai giovani, ai cittadini, nelle piazze, nelle scuole, nei centri di aggregazione perché solo se avremo coscienza di chi siamo veramente e da dove veniamo sapremo identificare la giusta direzione per un nuovo rinascimento milanese.”
#2 Stefania Lazzaroni
Credits: Vanity Fair – Stefania Lazzaroni
Dal 2013 Stefania Lazzaroni è Direttore Generale di Fondazione Altagamma e come membro dell’executive team coordina le attività della Fondazione. Altagamma riunisce dal 1992 le migliori imprese dell’Alta Industria Culturale e Creativa Italiana che sono ambasciatrici dello stile italiano nel mondo. Le aree di attività della Fondazione si articolano tra promozione del comparto e del Sistema Paese, relazioni istituzionali, progetti di marketing strategico per le aziende e valorizzazione dei talenti e della manifattura. Precedentemente Stefania ha ricoperto ruoli legati alla Comunicazione d’Impresa, alla Corporate Social Responsability e alla gestione delle Crisi Reputazionali in gruppi italiani e multinazionali.
Incarna perfettamente lo spirito e l’essenza di Milano perché è espressione di un’economia fondata sull’intraprendenza creativa e sulla cultura artigianale e crede nell’inestimabile valore dello stile italiano.
Le iniziative che metterebbe in campo per Milano si basano sulla sua centralità: “Milano come centro di raccolta e di irradiazione e come modello di una imprenditorialità connotata da cultura e creatività non solo nei confronti del resto dell’Italia ma anche del mondo”. Il Direttore di Altagamma risponde infatti che: “Il rilancio di Milano deve muovere dal rafforzamento della cifra culturale che la città si è costruita negli anni ovvero quella di essere un polo di attrazione della creatività e dell’eccellenza imprenditoriale Italiana. Una città icona dell’Italia più contemporanea e al tempo stesso una vetrina internazionale del nostro stile di vita. I numerosi showroom, i negozi monomarca, le sfilate, le Università, i Saloni, le fiere, gli eventi aperti sempre più numerosi espressione delle straordinarie filiere della moda, del design, dell’alimentare, della cultura e di tutti i comparti in cui si esprime l’eccellenza italiana. La valorizzazione di questo patrimonio italiano, che fa perno sulla città di Milano, è al centro delle strategie di Altagamma e costituisce una significativa leva reputazionale per tutto il nostro sistema Paese”
#3 Rossella Sobrero
Credits: vita.it – Rossella Sobrero
Si laurea in Scienze politiche presso l’Università Statale di Milano. Dal 2002 è socia fondatrice e presidente di Koinètica, società con cui progetta e gestisce campagne di comunicazione e corsi di alta formazione per organizzazioni pubbliche e private promuovendo la cultura della CSR, dell’innovazione sociale e della sostenibilità, da lei stessa definita come: “capacità di coniugare gli aspetti economici con l’impegno per l’ambiente e per il sociale, ovvero impatti positivi per le persone e la comunità“. E’ anche membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Pubblicità Progresso e membro del Consiglio di ASSOCOM. Nel 2019 è stata eletta Presidente della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana (FERPI), la federazione più importante in Italia nel settore della comunicazione. E’ docente di Comunicazione Pubblica e Sociale all’Università degli Studi di Milano e di Marketing non convenzionale all’Università Cattolica di Milano.
Il suo valore aggiunto per un rinnovamento di Milano consiste nel fatto che crede fortemente nei valori della condivisione, del confronto; nei giovani; nella formazione, nella vita associativa e nella cultura.
Alla domanda su quali iniziative vorrebbe vedere attuate per il rilancio di Milano risponde: “Vedo la mia città come un vero laboratorio di sperimentazione: mi auguro che Milano sia sempre in grado di innovare in una logica di sostenibilità e inclusione”. Quali esempi di Milano come grande incubatrice di esperienze positive cita le bellissime iniziative del “crownfonding civico”, (recentemente lanciato dal Comune di Milano) “con l’obiettivo di far ripartire la città dopo l’emergenza sanitaria dovuta al covid ed i progetti che si propongano di creare all’interno della rete urbana, veri e propri spazi di incontro tra generazioni differenti, ed in particolare tra giovani ed anziani”.
#4 Carola Salvato
Credits: alfemminile.com – Carola Salvato
Nasce a Gemona del Friuli ma si trasferisce giovanissima a Milano dove si cimenta e matura la propria esperienza nel mondo della comunicazione e del marketing, di cui la maggior parte nel settore Healthcare (Healthcare e Life Science) su progetti integrati e multidisciplinari. Nei suoi anni di carriera ha ricoperto numerosi ruoli manageriali in aziende quali Dedalus Group, McCann e TBWA Group. Un’esperienza che spazia dal digitale, all’advertising, dal branding alle relazioni pubbliche. Nel 2013 viene nominata CEO di Havas Life Italy, una delle più importanti agenzie internazionali di comunicazione nel settore healtcare. Da Marzo 2019 è stata nominata Presidente del capitolo italiano di Global Women in PR (GWPR), un network internazionale di rappresentanza per i manager donna che in tutto il mondo operano nel settore della Comunicazione e delle RP, per contribuire al dialogo sulla cultura dell’inclusione di genere, quale driver di crescita del sistema Paese, e promuovere progetti integrati e iniziative sulle politiche di genere.
L’abbiamo scelta per le sue innate doti di leadershipe per la sua visione inclusiva e circolare di come dovrebbe essere interpretata oggi l’economia, capace di far emergere il vero potenziale della finanza, in grado di rinnovare la visione umanistica della polis, in cui l’uomo è il traguardo ed il sistema non può che concorrere alla realizzazione di un ecosistema interconnesso e collaborativo.
Alla domanda su cosa sarebbe opportuno realizzare per il rilancio di Milano risponde che: “bisognerebbe investire nelle politiche di genere, nelle eccellenze di Milano (moda, design, creatività, servizi), in una tecnologia dal volto umano in grado di connettere l’uomo ed i suoi bisogni, nella mobilità per rendere l’impatto dell’inquinamento meno gravoso e la vita nelle strade più accessibile. Milano deve anche investire in progetti per rendere le periferie un luogo di incontro, uno spazio di cultura e scambio, un satellite stesso della città, non un mondo lontano e disconnesso dal centro e dai suoi privilegi. Milano ha un bisogno vitale di sostenere progetti di economia consapevole e soprattutto far restare connesso l’uomo con sé stesso e l’ambiente”.
#5 Rosanna D’Antona
Credits: siciliaedonna.it – Rosanna d’antona
Il suo background è umanistico, con una laurea in lingue presso l’Institut des Haute Etudes d’Interprétariat, (oggi IULM) e corsi di aggiornamento presso la facoltà di comunicazione alla Boston University, Massachusetts. E’ imprenditrice e nel 2003 la società D’Antona&Partners, oggi Havas PR Milan di cui è stata Presidente Onorario del Consiglio di Amministrazione fino al 31 ottobre 2019. Dal 1997 al 2003 è stata Ceo di Edelman Europe.. Dal 1979 al 1987 è stata socia e Membro del Consiglio di Amministrazione di Mavellia (oggi MS&L). Dal 2006 al 2010 è stata Vicepresidente e nel Consiglio di Assorel. Nel luglio 2010 è stata eletta Presidente di Europa Donna Italia, movimento internazionale per i diritti delle donne nella prevenzione e cura del tumore al seno. L’8 marzo 2016 le è stato conferito dalla Fondazione “Aiutiamoli a vivere” di Terni, in qualità di Presidente di Europa Donna Italia, la targa: “Capace di sognare, capace di realizzare” che premia ogni anno una donna che con il suo operato ha contribuito a sostenere le istanze delle pazienti oncologiche. Nel gennaio 2017 è stata nominata fra le 50 Top Women in PR Award 2017 di New York.
Le sue innate doti di capacità, determinazione, e di abilità nel tradurre progetti molto ambiziosi in opere concrete fanno di Lei una donna d’eccellenza a cui sarebbe auspicabile affidare la ripartenza di Milano.
Alla domanda su quali iniziative vorrebbe mettere in campo risponde che vorrebbe: “a) maggiori spazi per le donne, principalmente per la loro grande capacità di cura e sviluppo per la città; b) che fossero intraprese in futuro iniziative legate a cultura, letteratura, arte, design, accoglienza in linea con lo stile di vita tipicamente italiano; c) che fosse data maggior valorizzazione alle periferie, mediante eventi, concerti, teatro, produzioni televisive o cinematografiche; d) fossero messi in campo investimenti massicci sulla tecnologia, sulla viabilità a basso impatto o a impatto zero, sulla ricerca accademica e sui centri di eccellenza per la salute; sulle giovani famiglie con supporto alla loro conciliazione tra lavoro, assistenza ai figli e agevolazioni per favorire la pianificazione della loro crescita; sui i poli già universalmente riconosciuti della città di Milano quali come moda, design, architettura e finanza, da potenziare e da accrescere ancora”.
#6 Serena Porcari
Laureata con lode in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano, è Consigliere Delegato di Fondazione Dynamo dal 2004 e Vice Presidente dell’Associazione Dynamo Camp Onlus; dal maggio 2010 è Presidente di Dynamo Academy srl Impresa Sociale. È membro del consiglio di amministrazione dell’Associazione Serious Fun Children’s Network e Community Advisor della Fondazione Newman’s Own USA. E’ Chair of the Program Commitee e membro dell’Executive Committee di Serious Fun Children’s Network USA. E’ Consigliere della Fondazione Serious Fun Children’s Network Europe. Inoltre, è parte del Comitato per l’internazionalizzazione di Banca Prossima. E’ Consigliere Indipendente di COFIDE Spa. Maria Serena ha fatto parte di Aspen Junior Fellows. È stata uno dei fondatori di The Hub di Milano, sede milanese del network internazionale per l’innovazione sociale.
Sarebbe auspicabile puntare sul suo talento in considerazione delle sue bellissime iniziative filantropiche e per il grande impegno nelle cause sociali.
Le sue proposte per una ripartenza di Milano si declinano nei seguenti termini: “Milano ha bisogno di riposizionarsi dopo questa situazione di crisi, riacquistando una posizione di leadership globale nelle iniziative di filantropia privata e collaborazione pubblica.
Concretamente:
vincere una delle prossime edizioni della Majors Challenge di Bloomberg Philanthropies;
creare un grande evento nel quale far incontrare city leaders, urbanisti, architetti, imprenditori sociali, imprese, innovatori e artisti per immaginare soluzioni tipicamente milanesi ma scalabili per tutte le città (con il distanziamento sociale necessario può essere una produzione televisiva, poi un vero incontro)
inventare una applicazione per misurare l’impatto sociale di iniziative di volontariato dei cittadini per la città di Milano, in un periodo di tempo definito”.
#7 Maddalena Fragnito
Maddalena Fragnito è un’attivista culturale che esplora le relazioni tra arte, transfemminismo e tecnoloogie a partire da pratiche di riorganizzazione e redistribuzione della cura. Al momento è dottoranda al centro di ricerca Postdigital Cultures dell’Università di Coventry. Ha cofondato MACAO (2012), un centro culturale autonomo a Milano e Soprasotto (2013), una scuola per la primissima infanzia auto-organizzata da genitori. Fa parte dei gruppi di ricerca/azione Rebelling with Care (2018), Pirate Care (2019) e Biofriction (2020).
Vorremmo puntare su di lei perché collabora come artista e ricercatrice con diverse istituzioni culturali e Università.
Alla domanda su quali siano gli aspetti su cui investire a Milano per una ripartenza risponde citando un’iniziativa concreta già in atto: “Abbiamo riaperto un movimento a Milano ed in Italia per la scuola composto da genitori, insegnanti, educatori e studenti, uno spazio di mobilitazione e riflessione trans-generazionale e oltre le categorie del lavoro. Questo movimento si è unito intorno all’urgenza di rimettere al centro la scuola impegnandosi a garantire un diritto, quello all’istruzione, equo per tutte e tutti e su ogni territorio (da qui il nome Priorità alla Scuola). Da una parte, quindi, una mobilitazione nata perché tutte le scuole pubbliche di ogni ordine e grado siano riaperte in sicurezza, presenza e continuità senza riduzione di orario a settembre; dall’altra, una riflessione che si sviluppa intorno al desiderio di migliorare la scuola pubblica del presente. Ovvero come sperimentare nuovi percorsi di formazione e ridefinire le modalità educative a partire dagli elementi di crisi che stiamo vivendo. Nello specifico, ci preme sottolineare la necessità di aggiornare i percorsi di formazione dei minori con tematiche da cui non possiamo più prescindere per ambire un futuro migliore: ambiente, cura e salute. Ambiti che la scuola deve articolare e rimettere al centro per stabilire un nuovo equilibrio tra corpi, comunità e territori”.
# Con donne di questo spessore e con idee e progetti di tale portata il futuro appare certamente meno denso di nubi
Le articolate risposte di queste menti brillanti, oltre a testimoniare un grande amore per Milano, rivelano che sotto la cenere cova un fermento intellettuale vivacissimo, presente ben prima della recente battuta d’arresto forzata, un fermento che proprio grazie a questo duro colpo inferto a Milano trova un nuovo sbocco e nuova linfa vitale.
Gli spunti forniti da queste donne, fonte di ispirazione e che sanno coniugare sapientemente cuore e razionalità, trasformando le sfide e gli ostacoli in opportunità di ripartenza, rendono ancor più evidente che è urgente ed improcrastinabile dare maggiore voce e spazio al talento femminile, motore e argano del cambiamento e del rinnovamento di Milano. Con donne di questo spessore e con idee e progetti di tale portata il futuro appare certamente meno denso di nubi. Contiamo e puntiamo quindi su di loro per un futuro migliore, per una Milano all’avanguardia, ricordando che il potere logora chi non ce l’ha e chi ce l’ha, a patto che sia maschio. Se è femmina, è tutta un’altra storia.
ARIANNA FERRARI
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Il PARKIPELAGO di Copenaghen: un’idea per Darsena e Idroscalo? (VIDEO)
# CPH-Ø1 è uno dei primi spazi pubblici galleggianti sperimentali a Copenhagen
CPH-Ø1 è una piattaforma in legno, fatta a mano, mobile e galleggiante con un tiglio in centro. Si tratta di una specie di isola abitabile rappresenta il primo assaggio di un tipo di spazio pubblico completamente nuovo in arrivo a Copenhagen. La piattaforma è stata costruita a mano nei cantieri di costruzione di barche nel porto di Copenaghen sud, utilizzando le tradizionali tecniche di costruzione delle barche in legno.
È stata realizzata interamente con materiali di provenienza locale e sostenibile. A CPH-Ø1 si aggiungeranno CPH-Ø2, Ø3 e molti altri. Serviranno come piattaforme per diverse attività. Saranno disponibili zone per nuotare, saune e giardini galleggianti, allevamenti di cozze galleggianti e un caffé galleggiante a vela, tutti liberi di essere esplorati dal crescente numero di kayak, marinai, GoBoaters, turisti e pescatori.
# Il ‘Parkipelago’: isole artificiali per ridare vita ai porti danesi
Le isole di Copenhagen introducono un tipo completamente nuovo di parchi pubblici. Le isole troveranno posto in luoghi adatti intorno al porto interno, ma saranno costruite anche in angoli più dimenticati e sottoutilizzati del porto, catalizzando così la vita e le attività dei cittadini. Si spera di restituire un po’ di spazi creativi e dedicati allo svago ai lati del vecchio porto industriale. Le isole di Copenhagen sono alcune dei tanti ‘parkipelago’s ancora da costruire. Parecchi porti di tutta la Danimarca hanno subito un enorme sviluppo, cambiando rapidamente con l’espansione delle città e l’innalzamento del livello del mare.
Preparandosi per il futuro, le isole possono essere adattate e personalizzate ad ogni porto, creando un ambiente urbano unico. In estate, le isole possono essere distribuite verso parti inutilizzate del porto, fungendo da avventurosa via di fuga per la crescente quantità di kayak, marinai e utenti generali della linea costiera del porto.
Durante la stagione invernale e in occasione di eventi speciali o festival, le isole possono essere riunite come un supercontinente, creando un cluster più facilmente accessibile dal lato del porto. Le isole di Copenhagen sono apparse in diversi media danesi ed internazionali, riviste di architettura e programmi televisivi. Inoltre si sono guadagnate il Tapei International Design Award 2018 nella categoria Best Social Urban Space.
PIAZZA FREUD diventa PEDONALE: più VERDE e in continuità con la BIBLIOTECA DEGLI ALBERI
# La riqualificazione: aiuole alberate, ampliamento del marciapiede di fronte alla stazione, percorsi ciclopedonali e specchi d’acqua
Piazza Freud
1 of 4
Rendering dettaglio Piazza
Rendering
Credits: Urbanfile - Fronte pedonale Piazza Freud
Piazza verso la stazione
Un’area pedonale e vivibile in continuità con Piazza Gae Aulenti, uno spazio verde in connessione con la Biblioteca degli Alberi, un’ordinata e sicura porta d’accesso alla Stazione Garibaldi, snodo nevralgico del traffico ferroviario in città. È la rivoluzione prevista per Piazza Freud, il cui progetto di riqualificazione già previsto dall’Amministrazione è stato implementato e migliorato al fine di armonizzarlo con la qualità progettuale degli ambienti circostanti.
Il Comune nei mesi scorsi ha lavorato al ridisegno della piazza con Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS Italiane), responsabile dell’intervento e titolare del diritto di utilizzazione della Stazione Garibaldi e con FS Sistemi Urbani (Gruppo FS Italiane), proprietaria della piazza. La nuova configurazione prevede la creazione di un piccolo “parco urbano” al centro della piazza in luogo di un parcheggio poco utilizzato, con la realizzazione di aiuole alberate, l’ampliamento del marciapiede di fronte alla stazione, nuovi percorsi ciclopedonali in calcestruzzo impermeabile, specchi d’acqua e la sistemazione a verde della lieve scarpata che recupera il dislivello fra viale Sturzo e la piazza stessa.
# Ass. Maran: “Il volto di Piazza Freud cambierà radicalmente” – Ass. Granelli: “Un ulteriore tassello della riqualificazione di quest’ampia area della città”
“Il volto di piazza Freud, porta d’accesso a una delle principali stazioni ferroviaria della città, cambierà radicalmente – dichiara l’assessore all’Urbanistica e Verde Pierfrancesco Maran -. Insieme a RFI abbiamo voluto rendere il progetto più ambizioso, coerente con gli indirizzi del Piano di Governo del Territorio che prevedono la rigenerazione dello spazio pubblico, l’incremento del verde e la valorizzazione degli hub di mobilità“. “La sistemazione di piazza Freud – aggiunge l’assessore alla Mobilità Marco Granelli – è un ulteriore tassello della riqualificazione di quest’ampia area della città compresa tra Garibaldi, Porta Nuova e Isola, dove il ripensamento degli spazi per favorire la mobilità sostenibile ha avuto e continuerà ad avere un ruolo fondamentale“.
# RFI investe 2 milioni di euro, lavori conclusi entro fine 2021
A nord della piazza, in prossimità dell’ingresso alla stazione, rimarrà un’area di “Kiss and Ride“ per le persone e di carico/scarico merci, oltre a postazioni dedicate al car sharing, ai motocicli, alle auto elettriche e al bike sharing e alle biciclette. Gli stalli dei taxi si troveranno sia sul lato sinistro della corsia di ingresso, sia sul lato opposto. La piazza potrebbe inoltre ospitare spazi destinati ad attività commerciali con un mix di funzioni e servizi al cittadino, in modo da essere non solo un punto di passaggio ma anche un luogo piacevole e sicuro dove trascorrere il tempo libero. Il costo stimato, a carico di RFI, è di circa 2 milioni di euro e dopo la firma della convenzione si prevede di avviare i lavori nel primo semestre del 2021 per la durata di circa sei mesi.
In un’intervista a Radio Popolare ci sono state due prese di posizione su due temi delicati da parte del sindaco. Sui centri sociali Sala mette la freccia a sinistra, difendendo la loro “funzione culturale”, anche se dall’opposizione lo attaccano perchè tutela solo le occupazioni di una parte politica. Poi c’è il tema soldi: se il governo non ci dà fondi almeno che ci dia la possibilità di indebitarci, dichiara il sindaco. In questo caso la domanda è: perchè invece di altro debito per un comune già tra i più indebitati, non cambia la frase da dire al governo in: “o fondi o l’autonomia necessaria per trattenere le risorse sul territorio”?
Sala SOSTIENE la funzione culturale dei CENTRI SOCIALI e CHIEDE altro DEBITO per far ripartire MILANO
# Il Sindaco: “non mi faccio condizionare dalla destra, non sono il male assoluto e in questa emergenza si sono rimboccati le maniche”
Quello degli spazi occupati e dei centri sociali “è un tema difficile, ma è un tema, e fare di tutta l’erba un fascio è sbagliato. Io non mi farò condizionare dalla destra che dipinge i centri sociali come il male assoluto“. Parole di Giuseppe Sala, che ha risposto così ad una delle domande che gli sono state poste nel corso di un’intervista a Radio Popolare. Una domanda riferita, in particolare, al Torchiera e al Lambretta.
“Avete fatto esempi di centri sociali che durante l’emergenza si sono rimboccati le maniche, hanno aiutato a portare gli alimenti a chi era in difficoltà – ha sottolineato, a tal proposito, il primo cittadino –. Non è facile per noi, io cerco di applicare tutte le formule utili ad evitare che si creino problemi e di riconoscere che, alla fine, parliamo di spazi sociali che forniscono una produzione culturale alternativa, un’aggregazione a basso costo, svolgono una funzione molto contemporanea. I leghisti potranno ironizzare sulle mia parole ma questa è la realtà“. Sala ha quindi chiarito che si tratta di “situazioni illegittime” ma ha aggiunto: “Devo dire che quasi sempre gli spazi sociali occupati ci hanno chiesto negli anni di trovare delle soluzioni per legalizzare la loro situazione. Il punto è che le norme che abbiamo non prevedono una linea di interlocuzione privilegiata. Per regolarizzare uno spazio pubblico, devo metterlo a bando e possono risultare vincitori gli attuali occupanti o altri.Come forse ricorderà, nei cinque anni precedenti a quelli di Sala, furono il sindaco Giuliano Pisapia e la sua Giunta a lavorare alla regolarizzazione del centro sociale più noto della città: il Leoncavallo. Lo schema d’accordo era stato definito ma in dirittura d’arrivo la regolarizzazione infine sfumò.”
# Silvia Sardone, Forza Italia e De Corato, Fratelli d’Italia all’attacco del Sindaco
Le dichiarazioni del sindaco provocano poi la reazione del centrodestra milanese, come da lui stesso previsto. “Le parole di Sala sono indegne di chi ricopre una carica così importante – insorge Silvia Sardone, europarlmentare e consigliere comunale della Lega –: parlare dei centri sociali come luoghi di cultura e aggregazione è una vergogna che Milano non si merita. Dire che verranno applicate “tutte le formule per cercare di evitare altri problemi” significa che il Comune di Milano sta dalla parte dei delinquenti che si impadroniscono di immobili pubblici e privati per farci affari senza pagare tasse“.
Sul tema interviene anche Riccardo De Corato, assessore regionale alla Sicurezza ed esponente di Fratelli d’Italia: “Il male assoluto è altro, ha affermato il primo cittadino. Certo, ma ciò non significa che allora, visto che c’è di peggio, i milanesi debbano farsi andar bene le situazioni d’illegalità create da antagonisti e anarchici“. Non solo centri sociali, però.
# Beppe Sala sui conti del Comune: “Io sto dicendo al Governo: o ci date i fondi voi oppure ci permettete di indebitarci”
Nel corso dell’intervista, il sindaco ha ribadito di non voler tagliare servizi, a fronte della congiuntura critica creata dal Coronavirus, e per questo chiede per Milano la possibilità di fare debito. “Io sto dicendo al Governo: o ci date i fondi voi oppure ci permettete di indebitarci – ha scandito Sala –. Ne ho parlato con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri anche di recente, la soluzione bisogna trovarla perché il bisogno è evidente. Oggi legalmente un istituto di credito non può finanziarmi un debito per le partite correnti – ha spiegato il primo cittadino –. Le grandi città si riprenderanno anche prima ma nel breve periodo pagano un prezzo più alto“.
Milano “ha un debito di 3,4 miliardi che è del tutto sostenibile, se oggi potessi, mi prenderei il rischio di indebitare il Comune di Milano per aiutare chi ha bisogno e poi recupereremo più avanti. Questo è quello che andrebbe fatto ma ci si scontra con le regole che il Governo ci dà. Per questo ne sto discutendo perché adesso tagliare i servizi ai cittadini è veramente un delitto“. Inevitabile, poi, una domanda sull’eventuale ricandidatura a sindaco di Milano a giugno del 2021. “La mia perplessità – ha risposto Sala – non è di natura politica ma personale. Se uno si candida a fare il sindaco di Milano non può dire, dopo due anni, non ce la faccio più perché candidarsi a sindaco è una promessa di impegno per cinque anni. Io vengo da 10 anni di vita molto sacrificata, voglio solo essere lucido sul fatto di potercela fare, non ho ambizioni di fare altro – ha assicurato il primo cittadino in riferimento alle voci che lo vogliono interessato alla ribalta politica nazionale –. Per prendere la decisione non mi confronterò con i protagonisti del mondo politico ma con miei amici. Posso solo garantire che ci sto pensando seriamente“.
19 luglio 2020. Risultati così non si vedevano da febbraio. Anzi, in Lombardia finalmente si raggiunge quota zero vittime Covid. Record minimo di contagi in Lombardia, appena il 15% del totale in Italia.
Zerodecessi in Regione e appena trentatre nuovi positivi, di cui la metà solo debolmente positivi, su 7.039 tamponi. I nuovi contagi in Lombardia sono appena il 15% del totale in Italia, record minimo di sempre. Restano ricoverate 148 persone, oltre a 22 ancora in terapia intensiva. Si registrano altre 48 persone guarite.
Per la prima volta tutte le province lombarde segnano un aumento dei contagi minore di 10. In città a Milano sono 4, Lecco, Lodi, Mantova e Sondrio sono a zero.
Italia.I decessi giornalieri toccano un nuovo minimo: sono solo 3. I nuovi positivi sono 219. Per la prima volta la Lombardia è solo terza come nuovi contagi, dietro a Emilia (+51) e Veneto (+48). L’evoluzione delle ultime settimane sembra confermare le parole del dottor Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino che ha dichiarato: “il Covid è stata un’emergenza ospedaliera, che oggi, lo dicono i numeri, è finita. Ma viene comunicato il contrario“. Leggi l’intervista.
Mondo. In Unione Europea l’Italia si a unisce al grosso dei paesi, tutti con decessi del giorno compresi tra zero e tre. Solo la Romania (+17) resta sopra i +10 decessi giornalieri. Scende anche l’UK (+27).
Nel mondo contagi sempre ai massimi ma i decessi sono vicini ai minimi giornalieri. Al primo posto c’è l’India con +644, seguono gli USA con +582 e il Messico con +578. Sopra i 100 decessi nelle ultime 24 ore ci sono anche Brasile (+165),Sud Africa (+144), Iran (+209) e le new entry dell’Indonesia (+127) e delle Filippine (+113). A livello di contagi giornalieri tornano in testa gli USA (+42.708), seguiti dall’India (+35.378) e Sud Africa (+13.275).
Fonte: dati Regione Lombardia, Protezione Civile, Worldometers
MILANO CITTA’ STATO
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Trascrizione integrale del video del 15 luglio del Direttore Andrea Zoppolato “Le notizie del giorno per una nuova Milano: Video Speciale LEZIONE DI AUTONOMIA”
“Oggi volevo fare un video un po’ diverso rispetto al solito, un video dedicato all’autonomia, questo perché il prossimo sabato, 18 luglio 2020, davanti a Palazzo Lombardia alle 15.30 ci sarà un sit-in con un piccolo palco su cui alcune forze dell’autonomia regionale tra cui anche noi come Milano Città Stato esporremo, incontreremo delle persone per rivendicare il diritto della regione e della città di ottenere più autonomia in coerenza con quanto espresso nel referendum e con quanto previsto dalla Costituzione in particolare dall’art. 5 e dall’art. 132. Il tema vero è a questo punto, volevo fare una “lezione” di autonomia. Visto che tanti ci chiedono di cosa si tratta l’autonomia che portiamo avanti, allora volevo esporla. Perchè l’autonomia che rivendichiamo non è soltanto un’autonomia amministrativa necessaria per lo sviluppo della città di Milano, ma anche un modello di pensiero e di ruolo di cittadino nella società.
# I 3 punti salienti sull’autonomia
“Quindi i 3 punti che vorrei trattare con voi sull’autonomia sono: la differenza fra l’autonomia e la libertà, in breve la differenza tra lo stato centralista e uno stato federale comunque basato sull’autonomia, e le due visioni di essere umano alla base dei due diversi approcci, quello centralista verticistico e quello basato sull’autonomia.
# Autonomia e libertà
“Il primo concetto è: autonomia e libertà, che sembrano simili, ma in realtà sono molto diversi. Nel senso che la libertà, in realtà non è vero che noi siamo liberi cioè libertà come possibilità di fare tutto ciò che vogliamo. In realtà non siamo liberi. In primis c’è la società, c’è la libertà degli altri, però il principio ontologico è che noi non siamo liberi perché il nostro limite è la natura. Io vorrei volare agitando le braccia ma non posso volare, nel senso che la natura non me lo consente. Se tutti noi ci lanciamo dal 15esimo piano anche se volessimo rimbalzare, in realtà moriamo tutti, così come ci sono delle sostanze che tutti quanti veniamo uccisi se le ingeriamo. Il concetto della libertà è in realtà un concetto che ha un limite che è quello della natura, oltre che coincide con la volontà nel senso che il tema vero è se la volontà è mossa, in termini psicologici, da motivi complessuali, uno agisce la sua libertà teoricamente anche contro il suo interesse e potrebbe farlo in modo aggressivo nei confronti degli altri.
Quindi il concetto di libertà ha diverse falle, invece il concetto di autonomia è più compiuto nel senso che autonomia come radice significa rispondere del proprio “nomos”, della propria legge interiore, nel senso di riconoscere che esiste un qualcosa della propria identità che deve essere il primo movente delle proprie azioni. Ed è un movente che significa, che dobbiamo semplicemente riconoscerlo, questo è il concetto di autonomia. Autonomia non significa fare totalmente quello che vogliamo, ma riconoscere che esiste un primo movente che a livello individuale agisce in noi stessi e a livello territoriale agisce dal territorio. Quindi questo è il principio di agire questo primo movente, poi c’è una scelta del come mediare questo primo movente con il resto, riconoscerlo: la base dell’autonomia è riconoscerlo. E connessa con l’autonomia c’è il concetto di responsabilità, cioè responsabilità significa rispondere in maniera adeguata a questo primo movente. In che senso in maniera adeguata? In maniera adeguata a quelle che sono le circostanze esterne visto che siamo sempre in mediazione. Quindi questa è la differenza tra autonomia e libertà, cioè noi non siamo liberi ma tutti noi possiamo essere autonomi.”
# Centralismo e Stato federale
“Il secondo tema è la differenza fra i due grandi assetti: tra centralismo e stato federale.
Il centralismo si basa sul principio che il tutto rafforza la parte. Cioè il principio del centralismo è che il vertice debba controllare, si basa sulla gerarchia, tutte le parti. L’effetto di questo, tra i principali effetti, tendenzialmente è questo: chi controlla predispone delle regole e queste regole determinano un appiattimento, c’è un livellamento. La diversità, in un assetto centralistico, è qualcosa che tendenzialmente viene eliminato. Perché si ha un centralismo quando c’è un controllo uniforme su tutte le parti, quindi il centralismo funziona con regole univoche, funziona se si vuole omologare e uniformare, funziona se si regge su una burocrazia che è proprio quel concetto di regole che dispone poi che tutte le parti funzionino quindi dall’alto verso il basso. Diciamo che i due principi del centralismo sono il controllo e il livellamento. L’effetto sui cittadini è che tendenzialmente al cittadino si chiede di ubbidire: il vertice predispone, il cittadino ubbidisce.
Il federalismo si basa, comunque il concetto di Stato o di modello basato sulle autonomie, si basa su un principio differente. Non si basa su un controllo verticistico e un livellamento, ma esattamente sull’opposto: si basa sulla valorizzazione delle singole identità. Per cui il principio non è che il tutto rinforza le parti, ma è l’opposto: le parti rinforzano il tutto. Più le parti si rinforzano, quindi attraverso lo sviluppo della propria identità e il perseguimento della propria eccellenza distintiva, più diventa forte il tutto. Quindi l’effetto di questo è che è un modello che valorizza le diversità dei vari territori, innesca una fiducia tra le singole parti, nel senso che non essendoci il controllo a quel punto le parti si fidano del fatto che tendenzialmente rispondendo alle esigenze del proprio territorio e rinforzando loro stessi, rinforzano anche l’insieme. E poi il tutto è un’armonia, nel senso che il vertice, lo Stato o comunque l’autorità preposta, non ha più il dovere del controllo e del livellare, bensì quello del coordinare e del valorizzare le differenze. Il cittadino a questo punto non è più soggetto che deve obbedire, ma visto che più la parte genera valore più rinforza l’insieme, anche il cittadino viene portato, invece che a obbedire in modo passivo, ad essere soggetto attivo di creazione di valore quindi diventare funzione dell’insieme.
# Motivi storici che dividono le due diverse concezioni di Stato
Ci sono motivi storici e anche motivi filosofici che dividono le due diverse concezioni di Stato. Motivi storici è molto semplice: dal punto di vista europeo, diciamo che gli Stati che hanno seguito il modello centralistico-verticistico sono quegli Stati derivati dai grandi Stati nazionali che si sono generati negli ultimi secoli, in particolare la Francia è espressione di questo. Diciamo che è tipico di quegli stati in cui c’è un vertice, un’autorità, un Re che prima aveva pieni poteri e poi è stratificato verso il basso, di solito tutto per un principio dinastico. Invece all’opposto da noi sono quei Paesi, ad esempio la Svizzera e la Germania, che sono quelli che vengono dalla tradizione del Sacro Romano Impero che era proprio basato sul fatto che, rispetto a queste monarchie dinastiche, l’Imperatore veniva nominato dai vari principi locali e tutelava e coordinava queste diverse realtà. Tanto che sotto il Sacro romano Impero, noi studiamo la nostra storia come l’epoca dei Comuni che noi li studiamo come autonomi, se si va a Berlino nel Deutsches Historisches Museum si vede che invece facevamo parte, questi Comuni che erano praticamente “sotto il coordinamento” dell’Imperatore ma si sentivano autonomi, indipendenti, tra cui anche Milano, in realtà venivano considerati come parte del Sacro Romano Impero. Infatti questo giustificava l’intervento di Barbarossa per reprimere la rivolta dei Comuni lombardi. Quindi il principio dal basso è che questi territori, che spesso coincidevano con una singola città, nominavano l’Imperatore e si riunivano in questa dieta e tendenzialmente il potere era dal basso, cioè era l’imperatore che coordinava l’armonia di tutti questi territori. Quindi in Italia da un punto di vista storico è stato fatto un grave errore, nel senso che l’Italia non è nata come Stato nazionale o meglio la tradizione dalla caduta dell’Impero Romano è stata quella di essere parte anch’essa del Sacro Romano Impero che spiega anche tutte le diversità territoriali che ci sono in Italia. In Svizzera e in Germania si è andati in quella direzione, in Italia no.
# Il concetto filosofico nell’autonomia che si esprime nello Stato e nell’essere umano
Però come detto, per concludere, c’è anche un concetto filosofico nell’autonomia che si esprime poi nello Stato. Lo Stato è spesso l’espressione di un modo di intendere più che di una visione del mondo, di una visione del cittadino o meglio dell’essere umano. Nello stato centralista l’essere umano è visto come un soggetto tendenzialmente razionale, cioè l’Io è la razionalità. La razionalità che viene vista come governo delle singole parti: non è un caso che in uno stato nazionale e centralista è nato l’illuminismo, cioè la razionalità ha ruolo sostanzialmente di primo attore, di governo del corpo. L’Io di per sé non è soltanto un elemento che governa le singole parti ma è anche “divisivo”, perché c’è l’Io e ciò che non sono Io, c’è una differenza. Il principio fondante del centralismo è che l’essere umano è la sua razionalità, cioè si può identificare con la razionalità. Quindi è questo centralismo che viene governato da qua (dalla testa ndr) che governa le parti. Ma è proprio così?
Forse esiste un’altra idea che è quella della filosofia classica, del fatto che probabilmente non si risolve l’essere umano soltanto con la sua razionalità. La dimostrazione che ci sono tutte le nostre parti, fino ad arrivare alle singole cellule, che non sono governate dalla razionalità, sono governate da qualcos’altro. Quindi qual è l’altra idea, più classica? E’ l’idea che in realtà l’essere umano non si sintetizza nella sua razionalità, io non sono la mia razionalità, è un’insieme più vasto dove c’è la razionalità ma il corpo è fatto di un’intelligenza diffusa. Per cui il centro del corpo, ribaltando il punto di vista non è la razionalità ma sono le singole cellule. Noi siamo composti di cellule, le quali non sono libere ma sono autonome: cioè la cellula non risponde alla razionalità che governa la cellula, ma risponde a una sua intelligenza. E questa intelligenza cosa fa? Questa intelligenza risponde a una sua forza, perché tutela se stessa, però in quanto piccola e parte di un’insieme questa intelligenza fa in modo che questa cellula nel fare il suo interesse sia anche funzione della crescita in armonia di tutto l’organismo.
# La differenza tra razionalità e autonomia
“Quindi qual è la differenza? In un sistema verticistico, si basa tutto sulla razionalità e le altre parti ubbidiscono. Ma nel corpo umano moriremmo in un attimo se tutte le cellule dipendessero e decidessero di smettere la loro attività per attendere il governo della razionalità. L’altra idea che è il principio del lasciare l’espressione e valorizzare l’autonomia, significa proprio come nelle singole parti, come detto l’essere umano è fatto di un’intelligenza diffusa per cui questa intelligenza si manifesta poi in tante forme: può essere, c’è chi la chiama intuizione, sesto senso, anima, natura, ognuno la può chiamare a proprio modo.
È indubbio che il nostro corpo ha una sua intelligenza che consente di governarci in autonomia, perché se non ci fosse questa intelligenza moriremo in un attimo. Questo concetto, capire che c’è un’intelligenza nell’autonomia e più la parte è piccola e più non può che essere in armonia con l’insieme e soprattutto questa intelligenza diffusa rispetto all’idea dell’Io verticistico, fa in modo che l’Io verticistico divida tra Io e Non Io, tra chi siamo e chi non siamo e divide nettamente, separa, è divisivo. Invece l’intelligenza diffusa non solo prende tutto in armonia valorizzando le singole parti, ma addirittura si smussano i confini fra quello che sono Io e quello che è il resto. Perché questa armonia è anche quella che mi fa essere in armonia di Io come individuazione con il resto, che è questo il vero concetto filosofico dell’autonomia.”
“Quindi è questo che fa dire che, ad esempio, le città sono più espressione di una democrazia e di un’innovazione armonica nei confronti del mondo rispetto a questi monolitici Stati Sovrani e soprattutto questo spiega anche il modo di intendere la politica di Aristotele. Aristotele diceva che sostanzialmente “solo nella Polis si ha la rivelazione e l’attuazione della vera politica naturale”.
In Svizzera per rilanciare turismo e ristorazione hanno deciso di mandare buoni sconti subito spendibili, inviandoli direttamente a casa, con zero burocrazia. Hanno anche messo in atto modalità agili per sostenere il turismo. In Italia invece il bonus vacanze è un flop.
In SVIZZERA buoni per mangiare fuori casa e RILANCIARE i LOCALI: facili senza burocrazia
# Vivi il tuo Ticino: per rilanciare le strutture ricettive e della ristorazione e per riscoprire le bellezze del territorio ai ticinesi
Il Consiglio di Stato, per il tramite e su iniziativa del Dipartimento delle finanze e dell’economia, ha sviluppato delle nuove misure per incentivare la stagione turistica estiva nel Canton Ticino. “Vivi il tuo Ticino” è il progetto nato dalla collaborazione con BancaStato e con l’Agenzia Turistica Ticinese. L’iniziativa vuole fornire un nuovo impulso e un importante contributo alla ripresa del settore della ristorazione e del settore turistico per realizzare un duplice obiettivo: contribuire da un lato al rilancio delle strutture ricettive e della ristorazione e far sì dall’altro lato, che i ticinesi riscoprano le bellezze del proprio territorio, diventandone in modo ancora più consapevole dei veri e propri ambasciatori.
# Un buono da 25 CHF da spendere nei ristoranti, in pochi giorni a caso compilando un modulo sul web
Tra le opportunità offerte dal progetto “Vivi il tuo Ticino” c’è quella di richiedere un buono di 25 CHF “Gusta Ticino” da spendere nei ristoranti del Cantone, con una spesa minima di 40 CHF, ottenibile da chiunque sia maggiorenne. Basta compilare un modulo web con i propri dati personali e di residenza e in pochi giorni il buono arriva a casa.
Altra agevolazione prevista dal progetto del Canton Ticino è “Soggiorna in Ticino” che permette di ottenere un 20% di sconto sui soggiorni nel territorio. In combinazione a questo si ha diritto a ricevere il Ticino Ticket gratuito, che consente di viaggiare liberamente con i mezzi di trasporto pubblico e usufruire di sconti sugli impianti di risalita e sulla navigazione, nonché sui principali attrattori turistici come: musei, parchi a tema, strutture ludico-sportive.
# In Italia il bonus sotto forma di credito d’imposta è un flop: solo il 4% degli albergatori ha deciso di aderire
Il bonus vacanze fa parte delle iniziative previste dal “Decreto Rilancio” per riattivare i consumi e far fronte alla crisi economica che sta seguendo l’emergenza sanitaria provocata dalla diffusione del Covid-19 e si concretizza in un contributo fino 500 euro da utilizzare per soggiorni in alberghi, campeggi, villaggi turistici, agriturismi e bed & breakfast in Italia.
La modalità di richiesta è però farraginosa. Intanto possono ottenere il bonus vacanze i nuclei familiari con ISEE fino a 40.000 euro, mentre ad esempio in Svizzera tutti i maggiorenni hanno diritto a prescindere dai redditi, e pertanto il cittadino è obbligato anche farsi compilare il modulo ISEE. Inoltre molte strutture alberghiere non sembrano disposte ad accettare il bonus vacanze, si stima solo il 4%, come strumento di pagamento in quanto il proprietario della struttura sarà rimborsato sotto forma di credito d’imposta nel caso avesse capienza oppure deve trovare un istituto di credito disposto a farsi cedere il credito maturato.
Un flop annunciato, complice la troppa burocrazia e il fatto che a rimetterci sono i cittadini e le imprese turistiche. Se si aggiunge poi che i turisti in caso di febbre non saranno accettati dalle strutture e che le strutture stesse devono sostenere alti costi per l’adeguamento alle normative Covid, per il turismo italiano quest’estate rischia di essere un disastro.
FABIO MARCOMIN
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Le nouveau premier ministre a présenté son discours de politique générale pour la fin du quinquennat d’Emmanuel Macron. Souhaitant “réarmer les territoires”, il promet une nouvelle étape dans la décentralisation et la déconcentration.
Il nuovo primo ministro ha presentato il suo discorso politico generale per la fine del mandato di cinque anni di Emmanuel Macron. Il suo desiderio è di “riarmare i territori” e promette una nuova fase di decentramento amministrativo.
Perfino il Paese più centralista d’Europa procede sulla strada del decentramento e delle autonomie locali.
A quel punto tra i grandi paesi europei rimarrà solo l’Italia a essere fedele al centralismo.
Qualche dubbio che sia questa la causa prima dei nostri problemi?
MILANO CITTA’ STATO
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
Pubblichiamo articolo di Renato Mannheimer per “Il Riformista” – Il Sentimento anti-lombardo? È realtà per 4 italiani su 10
Il recente sondaggio dell’Istituto EumetraMR rivela che il 4 su 10 degli intervistati ritiene molto o abbastanza diffuso l’astio verso gli abitanti della Lombardia
Il SENTIMENTO ANTI-LOMBARDO? Esiste per il 42% degli ITALIANI
# “I lombardi se lo meritano ad avere più contagi: sino ad oggi avevano pensato solo a fare i soldi”
Ma davvero, in occasione della pandemia Covid 19, è maturato nel Paese una sorta di sentimento “antilombardo”, un mix tra rancore, risentimento e anche un tantino di soddisfazione per il fatto che la regione abbia sofferto più di altre? In certi servizi giornalisti si sono frasi pronunciate da diversi cittadini come: “i lombardi se lo meritano ad avere più contagi: sino ad oggi avevano pensato solo a fare i soldi”. Oppure “Con tutte le arie che si dava dicendo di essere un esempio per l’Italia, sono quasi contento che alla Lombardia gli sia capitato quello che gli è capitato. Mi dispiace per i morti, ma…”. E molte altre considerazioni di questo genere.
Secondo alcuni osservatori, si tratterebbe di un atteggiamento molto diffuso. Ma nessuno lo ha fino a oggi misurato scientificamente. Un recente sondaggio lanciato dall’Istituto EumetraMR (realizzato intervistato un campione rappresentativo della popolazione adulta dell’intero Paese) ci mostra come, in realtà, la percezione dell’esistenza di un sentimento antilombardo sia piuttosto presente nel Paese. Secondo il 42% degli italiani, si tratta di un atteggiamento “molto” o “abbastanza” diffuso. Anche se, come vedremo la maggior parte dichiara che si tratta di un modo di pensare “degli altri”, non di se stesso.
# È convinzione trasversale, riscontrabile in tutte le categorie demografiche e sociali
Resta il fatto, che secondo tanti, la propensione antilombarda esiste davvero. Non si tratta, beninteso, della maggioranza degli intervistati, ma di una porzione assai significativa di questi ultimi, secondo cui questo sentimento è davvero presente tra molti italiani. La percezione dell’esistenza di un mood antilombardo è sostenuta in particolare dai più giovani, ma si tratta di una convinzione trasversale, riscontrabile in tutte le categorie demografiche e sociali. E anche in quelle politiche, con una lieve accentuazione tra i votanti di Forza Italia.
L’idea che esista davvero un orientamento critico nei confronti della Lombardia è relativamente più diffusa tra gli abitanti di questa regione. Poco più della metà lamenta il fatto i Lombardi siano stati poco compresi proprio quando sono stati in difficoltà, se non addirittura trattati in modo ostile. Come si è detto, aldilà della percezione generale dell’esistenza di un atteggiamento negativo nei confronti della Lombardia, se si domanda se questo stato d’animo è condiviso personalmente dall’intervistato, ci troviamo di fronte a un coro di dinieghi.
Solo il 10% del campione intervistato dichiara di nutrire egli stesso una avversione verso la Lombardia. I restanti affermano invece che gli antilombardi sono “gli altri”, ma che loro stessi non lo sono. È una risposta prevedibile: difficilmente si riconosce di possedere un sentimento negativo. Ma il fatto stesso di dichiarare, perdipiù come abbiamo visto in proporzioni molto diffuse, che esso è presente tra la popolazione, indica che, nella realtà, esiste davvero. E non in piccola misura.
Mossa a sorpresa del sindaco Sala. Nella veste di sindaco di Milano e di rappresentante del C-40, che riunisce le più importanti metropoli mondiali, si è rivolto alla Merkel appena diventata Presidente del semestre europeo per chiedere che i fondi del Recovery Fund vadano investiti nelle città e utilizzati al 100% per politiche green.
La richiesta di Sala è di ricevere finanziamenti per avere città più eque, sostenibili e verdi. Iniziativa ambiziosa che però, forse, è ricca di richieste di facile consenso ma priva di una visione più coraggiosa e necessaria. Quella di richiedere che le città abbiano più potere in Europa, in particolare Milano che, rispetto alle altre metropoli di cui Sala fa da portavoce, di poteri non ne ha nessuno. Anche perchè in questa emergenza, il pericolo maggiore per Milano più che da politiche poco green viene dalle politiche messe in atto dal governo di Roma, a cui Milano sta delegando una fetta importante del suo futuro. Perchè il sindaco continua a far finta di niente e lasciare che Milano sia completamente impotente e lasci ogni decisione che la riguarda nelle mani dei governanti regionali e nazionali?
SALA scrive all’EUROPA: “città più eque e più green”. Nessun cenno all’AUTONOMIA e a poteri all’altezza di una città internazionale
# L’appello del Sindaco di Milano “Finanziate solo i progetti che vanno nella direzione della sostenibilità ambientale”
Una lettera alla cancelliera federale della Germania Angela Merkel e al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ex primo ministro del Belgio. La firma Giuseppe Sala, mayor of Milan , a nome del C-40, l’organizzazione che riunisce i primi cittadini di quaranta città internazionali. Ne è il portavoce: e, in meno di trenta righe lancia un doppio appello. Una sorta di “Fidatevi di noi”, che guidiamo le grandi città e vediamo con i nostri occhi quello che succede. E quindi, di rilancio: finanziate solo i progetti che vanno nella direzione della sostenibilità ambientale.
L’idea base dei sindaci è dunque ottenere una svolta “green” nelle scelte politiche del post-Covid. E che queste scelte, partendo dall’Europa, possano influenzare il resto del pianeta. Il ragionamento è lineare. In Europa e nel mondo i sindaci hanno rappresentato “la prima linea” durante la pandemia da coronavirus e nelle loro strade ne hanno subito gli effetti. Non che sia finita, ma “la nostra ambizione”, guardando al futuro, è – si legge nella lettera ai due leader internazionali – offrire rapidamente una ripresa, che dev’essere “forte, ecologica e giusta”. Quindi, l’obiettivo è “fare in modo che la società che esce dalla crisi del Covid sia migliore”.
# “Considerate l’opportunità che i fondi del Recovery vadano ai Paesi, ma possano premiare progetti che partono dalle città”
Spiega Sala, intervenendo a Radio Popolare: “Ho scritto alla cancelliera, che ha la presidenza di turno del Consiglio europeo: abbi fiducia nelle città perché stanno facendo questa battaglia, quindi considerate l’opportunità che i fondi del Recovery vadano ai Paesi, ma possano premiare progetti che partono dalle città“. “Se ci ascolteranno, non so – aggiunge il primo cittadino – ma la nostra organizzazione è forte, ci sono sindaci rilevanti da tutto il mondo e continueremo a spingere in questa direzione“. Ed ancora: “Le città vogliono essere protagoniste perché pensano di essere un esempio sulle azioni che si possono fare sulla sostenibilità“.
Da tempo, il C-40 ha creato una task-force e ha un’agenda di priorità. Con questa lettera, emerge l’idea di chiamare i governi nazionali, le banche centrali e le istituzioni a condividerla. Quindi, il Consiglio europeo di oggi e domani “è un’opportunità“, si legge nella lettera, per mostrare la leadership globale e provare a migliorare la salute del pianeta. Quindi “l’Unione europea deve decidere un budget realmente verde, con il 100 per cento dei fondi per la ripresa” che vada ad aiutare de-carbonizzazione e a ridurre l’inquinamento.
# “Richiamiamo i leader europei a fare investimenti prioritari nelle città resilienti e nella sostenibilità, in infrastrutture di trasporto pubblico e di energia pulita”
“Noi – scrive Sala a nome dei sindaci – richiamiamo i leader europei a fare investimenti prioritari nelle città resilienti e nella sostenibilità(…) e in infrastrutture di trasporto pubblico e di energia pulita per assicurare che gli investimenti creino società e comunità più inclusive e giuste e che finiscano gli investimenti pubblici in combustibili fossili“. La lettera ha un allegato, che specifica meglio ogni passaggio. Per esempio, la parte del trasporto pubblico, propone di “agevolare l’acquisto di bus elettrici» e favorire “spostamenti in bicicletta e a piedi“. E, a proposito di energia pulita, si chiede ai governi nazionali di “interrompere con decisione l’investimento nelle industrie ad elevate emissioni di CO2 e che impegnano combustibili fossili“.
A maggior ragione dopo la sofferenza globale da Covid, e la crisi economica che ne deriva, c’è la voglia degli amministratori pubblici delle metropoli di farsi sentire di più, ribadisce il sindaco-rappresentante della compagine di C-40. Un ruolo guida che, come puntualizza Sala, “è un riconoscimento per la nostra citta‘”. “Siamo pronti a lavorare con voi – è ancora l’appello rivolto a Merkel – e non vediamo l’ora di collaborare per una Europa più verde, più salutare, più sicura e più equa“.
il timore del numero 17 si chiama eptacaidecafobia.
Sebbene si tratti d’una malattia (nevrosi o psicosi fobica a seconda dell’intensità), non dà diritto a punti d’invalidità valevoli ai fini INAIL, ma è giusto che la si conosca.
Secondo Wikipedia – la Bibbia 2.0 – trattasi di paura irrazionale tipica del mondo greco-latino, che evidentemente non ha contagiato i nostri sodali al di là delle Alpi che, come vedremo, ripongono le loro ansie nel numero 13 (nota come triscaidefobia).
Irrazionale fino ad un certo punto, peraltro: secondo l’autorevole fonte, già i seguaci di Pitagora aborrivano il numeretto in quanto compreso tra 16 e 18, rappresentazione perfetta dei quadrilateri 4×4 e 3×6. Mah.
Sarà che il sole tira brutti scherzi, ma anche la Bibbia 1.0 (che non mi risulta esser stata scritta in Norvegia) riferisce che il Diluvio universale iniziò il 17 del secondo mese (Genesi, 7-11). Ciò a dimostrare che anche la pioggia tira brutti scherzi.
Se per la Cabala ebraica era un numero propizio, per i romani il numero XVII era l’anagramma di VIXI, “vissi”, l’equivalente del “sono morto” che allegramente campeggia su numerose lapidi dei nostri autorevoli predecessori. Tant’è che ancor oggi, nella smorfia napoletana, il 17 è sinonimo di disgrazia.
Volendo qui trascurare la complessa numerologia retrostante il celebratissimo numero 7, una particolarità del tutto italiana è il timore del venerdì 17, frutto della combinazione della pessima fama del numeretto e del giorno di venerdì, che la tradizione vuole essere il giorno in cui fu crocifisso Gesù Cristo.
Altra tradizione popolare vuole che l’anno bisesto debba essere per forza un anno funesto. In realtà, l’aggiunta del 29 febbraio servì a colmare una lacuna rispetto al calendario astronomico. Ma mica succede regolarmente: ogni 400 anni, di bisestili ce ne sono soltanto 97 anziché 100, per non incasinare tutto un’altra volta.
Tutto sommato non mi sembra un gran sacrificio aggiungere un giorno ogni quattro anni, quando nel passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano zomparono, dalla sera alla mattina, una bella decina di giorni (per intenderci, nel 1582 al 4 ottobre succedette direttamente il 15 ottobre. Per andare in pari).
Ora, chi scrive non è particolarmente superstizioso e tantomeno credente. Mi fido poco delle divinità in genere e ancora meno delle faccende tipo il 17, il gatto nero, il sale rovesciato sul tavolo, il cappello sul letto, gli specchi rotti ed il passaggio sotto alle scale, solo per citarne alcune. Così come non credo ai relativi amuleti: cornetti, gobbe, giri su se stessi e manciate di sale dietro le spalle. Purtroppo sono un agnostico totale e mi fido soltanto di ciò che vedo. Ho avuto dei problemi anche col vetro, l’acqua, il gin e la vodka, ma col tempo li ho risolti (partendo dagli ultimi due).
Tuttavia è innegabile essere oggi un venerdì 17/7 di un anno bisestile particolarmente sfigato di quo, quindi il tema va affrontato, sebbene il gelido e razionale homo mediolanensis non ami perdere tempo con queste minchiate.
L’homo mediolanensis non si scompone di fronte a questi polverosi rottami della passata ignoranza. Mai. Sebbene connotato, nei primi due terzi della sua vita, da una tipica postura che la comunità scientifica definisce “china sul fatturato”, alcuni scavi archeologici hanno tuttavia rinvenuto nei pressi di alcuni edifici, lasciati incompiuti già in epoca preistorica, i resti di alcuni h.m. in postura eretta e con le braccia incrociate dietro la schiena. La conta dei denti, sempre inferiore a 32, consente di ritenere che tale postura eretta venga acquisita dall’h.m. in tarda età: la comunità scientifica s’interroga ancor oggi sull’esistenza d’una qualche relazione tra tale postura e la prossimità alle costruzioni in corso, ma non è questo il punto. Il punto è che mai, ripeto mai, s’è trovato uno scheletro di h.m. con un corno o una mano in tasca: la posizione, frequente in altre latitudini, nota come tastatio testiculorum (più propriamente, ablatisque testiculis).
Sebbene tale pratica costituisca una panacea apotropaica contro le avversità della vita molto diffusa nel resto della penisola, non consta che l’h.m., quand’anche tratto a morte da improvvisa sventura, vi abbia mai fatto ricorso. Nella tradizione milanese, tutte le superstizioni (l’aglio, l’anello, l’asino, il ferro di cavallo, le palle del toro, la gobba) assolvono infatti ad una funzione preventiva, non sintomatologica.
Sicché, nonostante il sapiens sapiens, assieme ad alcuni primati, sia pressoché l’unico animale che le palle riuscirebbe pure a toccarsele, per un h.m. sarebbe inaudito farsi sorprendere, da vivo o da morto, in un gesto così primitivo e, soprattutto, inefficace. L’h.m. rifugge queste imperdonabili volgarità ed affronta queste celie con “calma, dignità e classe”, per citare l’autorevole dr. Frankesteen (leggi Frankestin), autore dell’immortale e meditato “Come lo feci”.
Un eminente scienziato di tal fatta, formatosi all’ombra della tradizione anglosassone e protestante, soffrirebbe semmai l’avversione di quei popoli -avversione che talvolta rasenta la demenza- per il numero 13 e per il venerdì 13 in particolare. Non sto qui ad indagarne le ragioni, io che anglosassone non sono e tantomeno ho mai protestato (gratis) in vita mia.
Me li immagino, nel buio delle loro foreste e nell’uggia delle loro estati pisciose, a deriderci oggi, pidocchiosi latini pigri e spendaccioni, terrorizzati dalla ricorrenza del venerdì 17 luglio 2020. L’han già fatto di recente, appena cinque mesi fa, quando ci siamo trincerati in casa ululando al mondo che col cazzillo puntuto non c’era niente da scherzare. Non fummo creduti allora e non c’è motivo perché debbano crederci adesso. Ma, come si dice, la ruota gira: sicché toccherà a noi sghignazzare quando sul calendario scoccherà venerdì 13 novembre 2020, quando costoro s’aggireranno terrorizzati con i loro rozzi amuleti locali e noi, con agile balzo, avremo già attraversato per l’ennesima volta e prima d’ogni altro il cerchio infuocato della sfiga.
Insomma: razionali, distesi e sereni. E’ solo il venerdì 17 di un anno bisestile con due papi ed una pandemia ancora in corso: mica è il medioevo.
E comunque, anche fosse il medioevo, sticazzi: noialtri ne siamo usciti meglio di come ci siamo entrati.
Andrea Bullo
P.S. Non è facile scrivere con una mano sola, ma (cito) “si può fare!”.
LA SCUOLA POLITICA DI MILANO CITTA’ STATO (Clicca per informazioni)
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
L’unica certezza della vicenda governo-Autostrade per l’Italia è che prosegue la tendenza a una progressiva statalizzazione dell’economia italiana. Ma questo è un bene o un male? Nell’articolo pubblicato dall’Huffington Post Mattia Feltri toglie il velo sulle molte ipocrisie legate a un maggior peso della gestione pubblica nell’economia.
# Non è proprio una regola aurea che quanto è statale, cioè nostro, sia automaticamente più equo, trasparente, efficiente
Allora, abbiamo un’autostrada? È proprio così, lo dicono tutti. Roba nostra. Lo dice il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli: torna agli italiani ciò che era sempre stato loro. Lo Stato sarà il primo azionista di Autostrade, ha detto Luigi Di Maio. L’enfatico fra gli enfatici è l’avvocato del popolo, Giuseppe Conte: hanno vinto i cittadini, avremo tariffe più eque e trasparenti, più efficienza, più controlli, più sicurezza.
Ora qui il nostro compiacimento di titolari di un’autostrada si incrina leggermente. Non è proprio una regola aurea che quanto è statale, cioè nostro, sia automaticamente più equo, trasparente, efficiente eccetera. In genere, al contrario, pensiamo di avere la scuola pubblica peggiore d’Europa, i trasporti pubblici peggiori del mondo e l’amministrazione pubblica peggiore della Via Lattea. E tuttavia, fiduciosi, stavolta avremo Autostrade pubbliche che in confronto quelle bavaresi saranno derubricabili a carrugi.
# Giovanni Tria: “Può essere che qualche investitore straniero cominci a nutrire qualche ritrosia nel portare aziende e lavoro in Italia“
Poi, senza voler rovinare la festa a nessuno, c’è qualche altro dubbio, qui e là. Uno l’ha sollevato in un’intervista su HuffPost l’ex ministro Giovanni Tria: può essere che qualche investitore straniero cominci a nutrire qualche ritrosia nel portare aziende e lavoro in Italia, dove un Governo, con la complessità filosofica e i modi parigini di un Tex Willer, e noncurante delle ripercussioni di Borsa, si butta alla rissa con l’azionariato di un’azienda quotata, con partecipazioni da tutto il mondo (toh, la globalizzazione) e migliaia di dipendenti.
Stamane, nella fregola del vincitore, l’avvocato del popolo brindava alla vittoria su “un grumo di interessi privati”. Probabilmente piacerà molto l’idea del braccio nerboruto della comunità che schiaccia l’avido privato, questo eterno Scrooge, il padrone sfruttatore e così via. Ma tocca segnalare all’esuberante avvocato del popolo che questo Paese, e questo Continente, e l’Occidente interno, e ormai tutto il pianeta si reggono sull’iniziativa privata, sulla produzione di beni, la creazione di posti di lavoro, tutto quanto sfocia in tasse con le quali il privato finanzia il pubblico. Naturalmente sono sofisticherie dette sottovoce, e sovrastate dallo scoppio e dalle luci dei fuochi d’artificio.
# Cassa depositi e prestiti si prenderà il 33% di Autostrade con il denaro risparmiato dagli italiani
Non si insisterà sul giubileo europeo alla notizia dello Stato che si compra le Autostrade mentre chiede quattrini per affrontare il disastro dei conti, di molto peggiorato da Covid. Qui è più interessante porci di nuovo la domanda: allora, abbiamo un’autostrada? Da quello che s’è capito, Cassa depositi e prestiti si prenderà, a tre miliardi, perlomeno, secondo le prime valutazioni, il 33 per cento di Autostrade. I tre miliardi verranno dai depositi postali, cioè denaro risparmiato da alcuni italiani. Si tratta di soldi pubblici, ma non di soldi dello Stato. Ne verrà fuori una public company, non un’azienda pubblica, cioè ad azionariato diffuso con Cdp come socio di maggioranza. Cdp è controllata all’83% dal Tesoro, ma non basta per sostenere che Autostrade diventerà pubblica. Diciamo così: se la sono comprata gli italiani, un certo numero, ma non è degli italiani. Meraviglioso, vero?
Allora, abbiamo un’autostrada? No. Chiediamo scusa per l’irriverenza. Che la festa continui.