I risultati di una ricerca condotta su un campione di cittadini dell’area metropolitana milanese.
Vado a VIVERE in CAMPAGNA: il SOGNO RURALE dei MILANESI
# La ricerca condotta su oltre 500 cittadini dell’area metropolitana milanese
Mappa Città metropolitana
Il sogno dei milanesi è di andare vivere in campagna. Questo è quello è emerso da una ricerca condotta dal Think Tank The European House – Ambrosetti e commissionata dai GAL (Gruppi Azione Locale) di Pavia, Cremona e Mantova. Lo studio, che ha coinvolto oltre 500 cittadini dell’area metropolitana milanese, si è posto l’obiettivo di capire la percezione dei milanesi sui territori ruralifacili da raggiungere, come quelli delle province prese in esame, soprattutto come destinazioni attrattive per andarci a vivere.
# Oltre il 50% degli intervistati valuta il trasferimento in campagna
cristinanasi68 IG – Lomellina
Pio Parma, Senior Consultant di The European House – Ambrosetti, che ha curato lo studio, evidenzia come “il 15% degli intervistati dichiara di essere intenzionato a trasferirsi in una zona rurale, mentre il 51,7% afferma che valuterà questa opzione in futuro: la possibilità di (ri)programmare parte della propria vita in una zona rurale è manifestata soprattutto da chi è nel pieno della propria attività lavorativa (60,8% nella fascia 45-54 anni) o prossimo alla pensione (50,6% nella fascia 55-64 anni)”.
# Le condizioni richieste per cambiare vita
credits: @renzocavagliotti – Oltrepò Pavese
Il trasferimento non avverrebbe a scatola chiusa, ma a precise condizioni. Queste le più importanti:
una congrua offerta servizi di base, come i presidi socio-sanitari, le farmacie e i servizi di assistenza alla persona, ritenuto come una priorità per oltre il 60% del campione;
la garanzia di un ambiente “sicuro” per il 70% degli intervistati;
la disponibilità di spazi aggregativi, socio-ricreativi e culturali per il 44%;
la possibilità di avere una situazione lavorativa soddisfacente e “agile” per circa il 50% del campione,
# La differenza tra maschi e femmine
Una differenza tra il campione maschile e quelle femmine c’è per quanto riguarda i fattori principali da tenere in considerazione per la scelta di trasferirsi in un contesto rurale. Per il primo il costo delle abitazioni e la qualità dell’ambiente, per il secondo la presenza di servizi alla persona come nidi, scuole, ospedali. Per entrambi resta determinante la qualità dell’ambiente.
# L’iniziativa “Dimore e Borghi” per intercettare i milanesi interessati a lasciare la città
falco_marchetti IG – Oglio Po
Il fine ultimo dello studio è di impostare una strategia integrata di ricettività dei tre territori lombardi. Alla base c’è il progetto “Dimore e Borghi” che punta a intercettare le esigenze dei milanesi disposti a trasferirsi nelle zone di campagna di Mantova, Cremona e Pavia, riprogettando i tre territori in quell’ottica. La prima fase prevede di aumentare la conoscenza dei territori con una campagna di promozione turistica, il 18% del campione non conosce o non ha mai visitato l’Oltrepò Pavese, la Lomellina, l’Oltrepò Mantovano e Oglio Po, la seconda invece un lavoro con le amministrazioni pubbliche e gli enti preposti per la costruzione di una nuova economia territoriale.
La prima operazione di questo tipo in Italia ad opera della Bei. Cosa è previsto e l’obiettivo dell’iniziativa.
200 CASE LOW COST saranno costruite in zona Sarpi
# Un finanziamento di 34 milioni di euro dalla Bei
credits: automoto.it – Paolo Sarpi
Si tratta della prima operazione di edilizia sociale per la Bei, la Banca Europea per gli investimenti, realizzata in Italia. Finora ha destinato quasi 7 miliardi in 11 paesi europei per progetti di social housing e prezzi calmierati. Il finanziamento concesso in questo caso è di 34 milioni di euro, ed è stato devoluto al Fondo Ca’ Granda gestito da Investire Sgr e partecipato dalla Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Cdp real asset Sgr e da Fondazione Cariplo. L’annuncio e la sottoscrizione sono avvenuti durante l’evento “Il partenariato acceleratore di rigenerazione urbana e sociale” tenutosi presso l’Archivio Storico del Policlinico di Milano il 27 novembre 2023.
# Oltre 200 case ricostruite per famiglie a reddito medio-basso
corriere.it – Social Housing
Le risorse servono per demolire e ricostruire, con i più alti standard di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale, oltre 200 appartamenti del quartiere Sarpi. Questi immobili furono donati al Policlinico che ora vuole ricambiare “restituendo valore alla città“, come spiega il presidente dell’istituto ospedaliero Marco Giachetti, che aggiunge come il progetto rispecchi il significato del concetto di generosità e di restituzione alla collettività: “da una parte, abitazioni belle e moderne a prezzi calmierati per le fasce deboli della popolazione; dall’altra, interventi nel sociale, concreti e per tutti.”
L’obiettivo di questa riqualificazione immobiliare è infatti di arricchire l’eterogeneità sociale nel centro città e soprattutto di permettere a famiglie che dispongono di redditi medio-bassi di poter vivere in abitazioni di qualità, sia del punto di vista costruttivo che energetico.
Inizia la costruzione vera e propria del palazzetto sportivo destinato a ospitare le gare di hockey maschile alle Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026.
La PRIMA PIETRA dell’”ARENA ONIRICA” di Milano
# Parte l’edificazione dell’arena per le gare di hockey di Milano Cortina 2026
Il cantiere attivo dall’estate 2023 ha visto il 28 novembre la posa della prima pietra del PalaItalia alla presenza del Sindaco Beppe Sala e del Ceo di Eventim CTS, Klaus-Peter Schulenberg. Inizia così l’edificazione vera e propria della struttura, al momento dal terreno si vedono sbucare solo le fondamenta, il cui completamento è previsto entro la fine 2025. Le parole del Sindaco Sala a riguardo: “Deve essere pronta entro il 2025 e, da quello che capiamo fino ad oggi, siamo fiduciosi di poterci riuscire. Capisco la prudenza nell’uso del condizionale, ma io sarei più categorico. Tuttavia, come sempre, le opere si scontrano con costi che spesso superano le previsioni iniziali.”
Dovrà infatti essere realizzata in tempo per l’ispezione del Comitato Olimpico per consentire la disputa delle gare di hockey maschile di Milano Cortina 2026. L’evento sportivo è programmato dal 6 al 22 febbraio 2026.
# Una struttura di design e sostenibilità
davidchipperfield.com – Area Santa Giulia
Il progetto dell’arena olimpica è stato curato da Sir David Chipperfield dal suo Onirism Studio, mentre la gestione è affidata Eventim CTS, leader mondiale nell’ambito degli eventi e che ha acquisito la piattaforma di biglietteria online di Ticketone. La struttura si presenta con una forma ellittica ispirata all’archetipo dell’anfiteatro, sospesa da terra grazie a dei pilastri e con tre anelli di altezze diverse ricoperti di led che sembrano fluttuare l’uno sull’altro. Previste ampie hall all’interno che precedono l’accesso al parterre, una zona “premium”, con sky box e sale lounge, per un totale di 16.000 posti a sedere, e servizi di ristorazione.
All’esterno una spaziosa piazza di oltre 10.000 mq, pensata per ospitare eventi, mentre sul tetto pannelli fotovoltaici. Per facilitare chi arriva in auto sotto l’area è previsto un parcheggio multipiano per 2.750 veicoli.
# Extra costi su del 50%
Rispetto ai 180 milioni di euro delle previsioni iniziali l’opera vede un aumento dei costi del 50%, dovuti alla necessità di recuperare il tempo perduto e dal lavoro su tre turni, tutti a carico dei privati. Il Sindaco Sala non esclude però un intervento del governo a sostegno delle imprese coinvolte: “sono a carico della società costruttrice e nell’impresa iniziale non dovevano esserci fondi pubblici. Da Milano non possono arrivare, non abbiamo disponibilità. Vediamo se al di là del grande impegno privato il governo potrà collaborare“.
# La “metro 13” più no che sì
Progetto Metrotranvia 13
Una conferma in negativo arriva invece per la metrotranvia 13, la nuova infrastruttura pensata per collegare Repetti M4 a Rogoredo M3 con fermata proprio nei pressi del PalaItalia e quindi utile per i tifosi durante le Olimpiadi Invernali 2026. Con molta probabilità l’inaugurazione solo dopo l’evento, come spiega Sala: “Non siamo sicuri se sarà pronta in tempo, sarebbe certo molto utile, ma non indispensabile“.
Molte novità nel campo della ristorazione. Vediamo quelle più clamorose.
I NUOVI MILANESI: le ultime aperture a Milano
#1 Nobuya, un connubio tra Giappone e Italia
milanotoday.it – Nobuya Milano
Il 27 novembre 2023 ha aperto in centro a Milano, in Via Nicolao 3, il nuovissimo ristorante giapponese di chef Nobuya. Un progetto che si prefigge di realizzare una ristorazione ricercata, raffinata e con materie prime di qualità italiane e giapponesi. Ne mangeremo delle belle.
#2 Polpetta, dove tutto è “polpettabile”
polpetta_original IG
Apre a inizio dicembre “Polpetta”, un locale totalmente dedicato al mondo delle polpette, dai piatti classici come le polpette al sugo, alla cucina romana con polpette cacio e pepe, alle proposte internazionali come le polpette thailandesi con gamberi e curry. Non mancano proposte veg e le polpette dolci come dessert. In via Tortona 21.
#3 Casa Tobago, al posto degli ex locali del Plastic
Credits megliounpostobello IG – Casa Tobago
In Viale Umbria120 ha di recente aperto questo locale caratterizzato da una interessante dicotomia fra ambienti ed arredi tipicamente inglesi da un lato, la cucina incentrata sulla cottura alla griglia di carni dall’altro. Dunque arredi british, da divani e cucina a vista da una parte, a griglia e carni arrostite al momento dall’altra. Corposa anche la carta degli aperitivi.
La chef Tasca, già avviati con successo Tascaro un bistrot e Ciopa, un forno-panetteria di quartiere entrambi in via Genova Thaon di Revel, apre il suo terzo locale in zona Isola, Via Arese 19. Si tratta di una pasticceria che propone dolci tipici veneziani, torte, e il principe della tradizione gastronomica veronese, ossia il pandoro che si potrà degustare tutto l’anno.
#5 Cristalleria, il “pan de Cristal” in via Morazzone 10
lacristalleria.it IG
Di recente apertura un locale che promette di offrire un pane buonissimo: il pan de cristal infatti, grazie alla sua alta idratazione, risulta croccantissimo. Farcito con Patanegra, o salumi nostrani come il salame di Varzi, o ancora il pastrami di manzo, questo panino farà sicuramente breccia nel cuore dei tanti estimatori.
#6 Quintalino, il panino made in Italy
quintalino_official IG
In via Terraggio 9 il nuovo locale dove primeggia il panino con ingredienti nostrani. Le carni infatti provengono dalla nota macelleria Toscana di Cecchini a Panzano, mentre i pretzel buns vengono da Pordenone. Da un progetto ideato, fra gli altri, dallo chef Francesco Panella, protagonista del programma “Little Big Italy”, e dal conduttore tv Alessandro Cattelan.
Tra le località più ricercate dagli italiani quando c’è un week end ponte c’è un piccolo paese della Lombardia che pochi conoscono. Foto Cover: @ulissepiana IG
Milano-Monvalle
Il PICCOLO PAESE a un’ora da Milano (poco noto ai milanesi) che SVETTA tra le METE di ogni PONTE
# La perla nascosta del Lago Maggiore
Credits stefanozorzitto IG – Monvalle
Secondo i motori di ricerca tra le località più gettonate per i week end di ponte, soprattutto in primavera e in autunno, c’è Monvalle. Si trova in provincia di Varese, conta poco meno di 2.000 abitanti, e può essere considerato la perla nascosta del Lago Maggiore su cui gode di tre punti di accesso: il Lido, la spiaggia del Gurée ed il porto naturale del Cantone. Le prime tracce di questo piccolo borgo risalgono all’anno 1035, mentre nell’Historia del Verbano di Fra Paolo Moriggia pubblicata nel 1603 si trova il riferimento all’origine del nome chiamato Monvalle “per aver egli Monti e Valli”.
# Le attrazioni più interessanti da vedere
Credits ottocento.italiano IG – Monvalle
Tra le cose interessanti da vedere a Monvalle troviamo alcuni edifici in via Cadorna, Diaz, Gramsci, Piave, Broletto, in località Carpanéé, una strada in acciottolato ben conservata che conduceva al “castrum” medievale con torre, di cui ormai non rimangono tracce, se non alcuni portali e un affresco di devozione. Valgono una visita anche le chiese Santo Stefano Protomartire e l’oratorio di S. Nazaro e Celso nella frazione di Turro.
# Il Sentiero dei Mulini
Credits g.nonini IG – Mulino di Monvalle
Suggestivi anche la Foce Monvallina e l’antico mulino nella frazione di Turro, che si trova lungo il sentiero dei Mulini che mette in comunicazione i mulini per secoli hanno caratterizzato la vita locale a ridosso dei fiumi Monvallina e Bardello. Per gli amanti dello sport all’aria aperta ci sono anche altri percorsi come il “Percorso Natura” oltre alla possibilità di sport acquatici, quando il livello del lago lo consente, partendo dal Lido di Monvalle, dalla spiaggia del Gurée ed dal porto naturale del Cantone. Per chi cerca relax invece può scegliere di riposarsi sul lungolago o la spiaggia.
# Come arrivarci
Partendo da Milano ci vuole circa un’ora di auto, tramite l’Autostrada A8 con l’uscita a Sesto Calende-Vergiate e poi la strada statale 629 e la strada provinciale 32.
Una lunga trasformazione urbana è in corso a Milano. Eppure, e per fortuna, ancora oggi, esiste (e resiste) una Milano insolita e segreta, che custodisce gemme nascoste capaci di suscitare curiosità e meraviglia che vale la pena andare a scoprire. E fare anche così un piccolo ripasso di storia della città.
I 10 LUOGHI più “SEGRETI” di MILANO
“Passeggiare per Milano può regalare sorprese ed emozioni. Milano è la città degli angolini nascosti, quelli che bisogna cercare lontano dalla confusione e dai cliché“, racconta Massimo Polidoro, giornalista, scrittore, divulgatore scientifico e segretario nazionale del CICAP, che ha deciso di mostrarli in una guida “Milano insolita e segreta”», libro-guida tra i più segnalati su Amazon. In partenza per gli Stati Uniti (da settembre, per un semestre, Polidoro sarà Visiting scholar al Dipartimento di Storia della scienza dell’Università di Harvard, per studiare con la storica della scienza Naomi Oreskes”) è stato disponibile ad accompagnarmi in un tour alla ricerca dei luoghi più insoliti e curiosi.
#1 Il borgo dei Furmaggiatt
Fonte: Club Milano Magazine – Borgo dei Furmaggiatt
Una fila di case popolari in Corso San Gottardo nasconde una delle poche testimonianze rimaste di quelle casére che occupavano questa zona. Quando nel 1819 fu completato il Naviglio Pavese, infatti, cominciarono a giungere qui, a bordo delle chiatte, i formaggi prodotti dalla campagna a sud di Milano e dove, al piano terra e nelle cantine, si trovavano i depositi per la conservazione e la stagionatura dei formaggi. Questa strada di collegamento tra città e campagna, era percorsa anche dal Gamba de Legn, una locomotiva a vapore così detta forse per l’incedere ondeggiante che pareva far zoppicare la vettura. All’interno del civico numero 20 si può ammirare il bel cortile ancora intatto, con i tipici lunghi ballatoi di accesso agli alloggi in fondo ai quali, un tempo, si trovava l’unico servizio igienico del piano.
#2 Via Bagnera
Stretta Bagnera
Fra Santa Marta e Via Nerino, c’è una stradina corta e stretta. Il nome Bagnera sembra derivi dal fatto che ai tempi dei romani lì vicino si trovavano i bagni pubblici. Proprio lì, in un piccolo magazzino che usava come casa e ufficio, nella prima metà dell’800 viveva Antonio Boggia, fabbro, muratore (ma lui si autoproclamava “imprenditore edile”), dall’aspetto distinto, solitario (la moglie senza cuore lo ha abbandonato, privandolo anche dell’affetto dei suoi figliuoli) primo serial killer ufficiale della storia italiana (fu accusato di circa una decina di omicidi).
Sceglieva un conoscente, uomo o donna, con qualche disponibilità economica. Inventava poi delle lettere con le quali le vittime gli lasciavano procure o deleghe per gestirne il patrimonio o con cui incassare ogni risparmio. Nel suo magazzino, inoltre, Boggia disponeva di una cantina ed era proprio lì che seppelliva le sue vittime. L’assassino finì impiccato nel Prato della morte, che si trovava in uno slargo tra viale Bligny e viale Beatrice d’Este, anticamente adibito alle pubbliche esecuzioni. L’ultimo civile a essere giustiziato a Milano.
#3 Palazzo Acerbi, la “casa del Diavolo”, in corso di porta Romana al 3
Casa del Diavolo
Il marchese Acerbi, un personaggio decisamente inquietante, “barba quadra et lunga“, era abituato a spostarsi con una carrozza nera trainata da 6 cavalli neri “con staffieri giovani in livrea verde dorata“. Mentre la popolazione veniva decimata dalla peste lui continuava ad organizzare feste sontuose e banchetti all’interno del suo palazzo, negli ampi saloni in marmo adornati con sculture, quadri di gran pregio, stucchi, specchi e tappezzeria di seta, senza che né lui né i suoi ospiti si ammalassero mai.
Da qui la credenza popolare che nel corpo del marchese Ludovico Acerbi si celasse in realtà il Diavolo in persona. “Acerbi in realtà morì anni prima dello scoppio dell’epidemia. Ma la leggenda continuò ad aleggiare attorno a questo personaggio inquietante“, precisa Massimo Polidoro. Nel 1848, il 20 marzo, durante le “Cinque Giornate di Milano” una palla di cannone austriaca colpì la facciata di Palazzo Acerbi e rimase conficcata nel muro della facciata come racconta la minuscola targa sotto di essa. Ancora oggi è possibile vederla alzando la testa, a destra del portone dopo la mensola del primo balconcino.
Tra i palazzi liberty di Porta Venezia potreste imbattervi, nel Palazzo Berri-Meregalli situato in via Cappuccini 8, una delle architetture più eccentriche e sorprendenti dell’architetto Giulio Ulisse Arata, realizzato fra il 1911 ed il 1913, miscelando stili diversi liberty, gotico e barocco. Dopo un piano terra caratterizzato dalla severità di un bugnato in finta pietra sbozzata, intervallato da aperture decorate con barre di ferro, le superfici si fanno sempre più leggere e terminano con un capitello che funge da base di appoggio per le sculture di puttini che formano una sorta di fregio in movimento. Ma le meraviglie di questo edificio non sono solo all’esterno, nell’incredibile, imponente e misteriosa facciata.
La Vittoria Alata (Adolfo Wildt)
Chiedendo il permesso al custode è possibile oltrepassare la cancellata in ferro battuto. Nell’atrio, scoprirete una meravigliosa pavimentazione dai toni accesi, contrapposto agli sfarzosi mosaici blu e oro che decorano i soffitti, illuminati dalla vetrata sul fondo. E poi apparirà davanti a voi: la Vittoria Alata, la meravigliosa scultura dell’artista milanese Adolfo Wildt (1868 -1921) progettata e scolpita tra il 1918 e il 1919 per celebrare la fine della prima guerra mondiale. Una statua liberty in marmo, ritrae la testa di una donna con un velo e un paio di ali, con un’espressione eterea, misteriosa che richiama quasi sofferenza nel suo sguardo rivolto verso il vuoto dell’infinito. “Non ha corpo, la sua Vittoria: è fulminea come il pensiero, lanciata in avanti, solo impeto aguzzo e solo ala impennata: prora di nave e fusoliera di aeroplano“, scrive all’epoca Margherita Sarfatti, critica d’arte. Se il profilo affilato del volto sembra modellato dall’aria che fende, le ali sono dorate come un mosaico di Klimt, e il marmo è patinato come un avorio antico. Ne rimarrete ammaliati. Quando la luce colpisce i tasselli dorati accanto a quelli dai colori accesi e brillanti delle vetrate la magia è completa.
#5 ll quartiere arcobaleno di via Lincoln
Credits: @solynou IG – Via Lincoln
Sicuramente uno dei luoghi più colorati della città. Un angolo di pace e tranquillità dove passeggiare lontano dal caos cittadino. A due passi da piazza Cinque Giornate si nascondono tra i palazzi due piccole vie ancora acciottolate con la tradizionale rizzada, su cui si affacciano, inaspettate, quaranta villette tutte di colori diversi, giallo, azzurro, viola, arancione, che sfida le giornate più grigie, ancor più è suggestivo in primavera, quando sbocciano i fiori, con giardini privati dove crescono palme, magnolie e gelsomini.
La storia di questo abitato ha origine nell’Ottocento, sfruttando un’area dismessa dovuta alla demolizione della stazione di Porta Tosa, (1876): lo scalo della ferrovia per Venezia della Imperial-Regia Privilegiata Strada Ferrata Ferdinandea Lombardo-Veneta (era brutta, orribile, scrivevano i cronisti dell’epoca. La parte più graziosa era costituita dal padiglione in legno del caffè gestito dal Baldassare Gnocchi”) sostituita dalla nuovissima stazione Centrale (in Piazza Fiume oggi della Repubblica). La Società Edificatrice Abitazioni Operaiecreò piccole casette a due piani dai colori pastello con giardini orti e terrazzi, un vero e proprio villaggio per gli operai che lavoravano nel quartiere. Oggi i prezzi, neanche a dirlo, sono alle stelle.
Uno degli affreschi più singolari di Milano è all’interno della Basilica di Sant’Eustorgio nella Cappella Portinari. Sulla parete sud, infatti, è raffigurata una Madonna con le corna che tiene in braccio il piccolo Gesù, affrescata da Vincenzo Foppa, intitolato “Il miracolo della falsa Madonna”. La leggenda vuole che le corna siano del diavolo in persona che si nascose dietro l’icona della Madonna per disturbare San Pietro da Verona che celebrava la Messa in Sant’Eustorgio. Il Santo se ne accorse e scacciò il demonio, insieme a un mago eretico ritratto sulla destra, reggendo tra le dita un’ostia consacrata. Una volta eseguito il suo esorcismo, però, secondo la leggenda nel dipinto alla Madonna rimasero le corna di Lucifero. “In realtà, Foppa volle documentare l’avversione che all’epoca esisteva in quel luogo per il culto della Vergine“, spiega Massimo Polidoro.
#7 I solchi sulle balaustre dei Navigli
Sulle bitte in ferro e le balaustre in pietra lungo il Naviglio si possono vedere profondi solchi trasversali. Sono quelli lasciati dai cavi utilizzati per l’attracco delle chiatte che trasportavano le merci e materiali da costruzione come sabbia, laterizi, pietre da taglio, metalli, legna, carbone e prodotti alimentari. Tra il 1830 e la fine del secolo la sola Darsena di Porta Ticinese registrava una media di 8300 barche in entrata e uscita, per un movimento complessivo di 350.000 tonnellate l’anno. I traffici proseguirono nel Novecento, e continuarono fiorenti: nel 1953 la Darsena era al tredicesimo posto nella classifica dei porti nazionali per ricevimento merci. Il 30 marzo 1979 l’ultimo barcone scaricò il suo carico di sabbia.
In via Solari 35 (un tempo area delle ex officine Riva Calzoni dove si producevano turbine per centrali idroelettriche) negli spazi sotterranei che l’artista Arnaldo Pomodoro aveva trasformato in un inedito progetto culturale (che ha fatto da traino per la trasformazione di un quartiere dove oggi si concentrano attività legate al settore artistico e creativo), e oggi sede dello Show-room Fendi, è custodita un’installazione ambientale intitolata “Ingresso nel labirinto”. Realizzata dal 1995 al 2011 da Pomodoro (ha compiuto 97 anni lo scorso 23 giugno), si estende su circa 170mq ed è realizzata in bronzo, rame e fiberglass patinato. Quando nel 2019 la Fondazione Pomodoro si è trasferita nella nuova sede tra via Vigevano e il vicolo Lavandai, il suo gioiello, intrasportabile, è rimasto infatti incastonato nel sottosuolo.
Credits barbara_vellucci IG – Labirinto di Arnaldo Pomodoro
Il labirinto si compone di un insieme di vani, corridoi e porte girevoli rivestiti in fiberglass patinato, con interventi in bronzo e pavimento di lastre in rame. Il visitatore, attraversato il portale a scomparsa, viene catapultato in una dimensione di fantasia. Un luogo dove archeologia e arte contemporanea si fondono, tra geroglifici e richiami letterari all’Epopea di Gilgamesh (il primo poema epico della storia, inciso su undici tavolette d’argilla in caratteri sumerici). Al centro dell’opera c’è una sorta di mausoleo dedicato a Cagliostro, l’alchimista palermitano vissuto nel XVIII secolo, dove, su un pavimento a mosaico sottoposto al piano di calpestio, si staglia un giaciglio, luogo di morte del controverso alchimista, morto imprigionato presso la Rocca di San Leo. Visite guidate a cura della Fondazione Pomodoro.
E’ situato in una aiuola spartitraffico della trafficata via Lorenteggio. «Secondo una leggenda», dice Polidoro, «qui nel 1162 entrò il Barbarossa come atto di devozione per invocare la vittoria, mentre Federico Confalonieri usò l’oratorio come covo di cospirazione carbonaro per i moti rivoluzionari contro gli austriaci.» Un tempo usato per la Messa domenicale dai contadini, che la chiamavano anche “Cà o Gesétta di Lusern” (Casa o Chiesetta delle Lucertole) sorgeva in aperta campagna. Quando a fine anni Cinquanta si pensò di abbatterla per fare spazio alla nuova Via Lorenteggio, l’opposizione degli abitanti del quartiere fu tale che si riuscì a salvarla.
All’interno sono visibili affreschi eseguiti in epoche diverse e spesso sovrapposti: il più antico è un fregio nell’abside databile intorno all’anno Mille, con scene di caccia. Sul sagrato di ciottoli della chiesa è stato sistemato il cippo stradale, rinvenuto durante scavi ottocenteschi, che un tempo indicava il territorio dell’antico “Comune di Lorenteggio e Uniti”.
credits: fontanedimilano.it – Rifugio sotto la fontana in Piazza Grandi
Durante la Seconda Guerra Mondiale, ogni volta che il rombo dei bombardieri si avvicinava e le sirene suonavano, i milanesi correvano a nascondersi sotto terra, nelle cantine o in uno dei 135 rifugi antiaerei pubblici sparsi per la città, per ripararsi dalle bombe. I rifugi erano segnalati esternamente con l’indicazione raffigurante una freccia e l’acronimo US ovvero uscita di soccorso oppure con una R che indicava Ricovero. Quelle frecce sopravvivono oggi, ancora ben leggibili sui muri. In piazza Grandi, proprio sotto la monumentale fontana, due grosse frecce bianche con una bordatura nera indicano la presenza del rifugio antiaereo N.56, realizzato dal comune nel 1936 in cemento armato. Uno dei pochi tuttora visitabili (grazie all’associazione Neiade) insieme al rifugio N.87 in Viale Bodio 22, capace di ospitare fino a 450 persone.
Come spesso accadeva, fu costruito riadattando le cantine dei sotterranei di una scuola elementare, in modo da dare immediata protezione agli alunni, ai maestri e ai cittadini dei dintorni. Il rifugio, che occupa 220 mq, ripulito nel 2010, conserva le scritte originali, le frecce che indicano il gabinetto o l’acqua potabile, le vie d’uscita, i divieti di fumare, ed è stato recuperato anche il pavimento originale. La scoperta del rifugio ha una storia incredibile. Fra quei ragazzi che si nascondevano lì sotto c’era anche c’era anche un bambino che da grande sarebbe diventato uno dei registi più sensibili e apprezzati del cinema italiano: Ermanno Olmi. Ne ha parlato nelle pagine del suo libro “Il ragazzo della Bovisa”, romanzo finito fra le mani di una preside saggia e ostinata, Laura Barbirato, quando a metà degli anni Novanta arrivò di fresca nomina a dirigere la scuola elementare Leopardi. Fatto sta che la neo preside legge il libro e il giorno dopo averlo ultimato, decide di controllare di persona. Scende nel seminterrato e sì, il rifugio aereo è ancora lì. Sommerso di rifiuti e polvere, ma c’è. Oggi è un museo.
Credits ilgiorno.it - Coda fuori dalla fermata Pasteur
Martedì 28 novembre 2023: il giorno nero dei trasporti di Milano. Durante l’attività di manutenzione notturna nella M1 un macchinario ha urtato un pilastro che separa i binari nella galleria di Palestro, danneggiandolo in modo grave. La linea è rimasta bloccata tra Loreto e Cairoli e sono partiti subito i bus sostitutivi. Ma chi li ha usati per attraversare la città ha vissuto una vera un’odissea. Come Roberta B. che così ci scrive.
CAOS a MILANO: la linea M1 INTERROTTA, i BUS SOSTITUTIVI BLOCCATI nel traffico
# Il racconto del giorno nero: da Bisceglie a Cadorna in 1 ora e 20
Credits varesenews – Pilone danneggiato
“28/11/2023: una giornata da dimenticare a Milano. Scendo per prendere la metro e un fiume di persone si snoda fin sulle scale. Cerco di capire la voce della radio “Cadorna… a Cadorna il sostitutivo” con rammarico preferisco prendere il bus. La metro è ferma, causa una rottura di un pilastro.
Soluzione sbagliata il bus? Da Bisceglie forse, ma il timore di aspettare la metro, di non farcela a salire, non lascia alternative: la 58 fino a Cadorna. Mi siedo al caldo. Nelle fermate successive non ci sono assalti, forse allora la metro è ripartita, dovrei scendere?
Invece rimango, impaziente, guardando l’orologio. Quanti semafori e traffico. Il problema reale è soprattutto la mancanza della corsia preferenziale per il bus, mi guardo intorno e non capisco il perché invece di aiuole grandi e larghe in mezzo alla strada, alle rotatorie. Io apprezzo il verde, ma ci sono anche i problemi alla circolazione. L’ urbanistica è una scienza e dimezzare le corsie e i parcheggi non credo sia contemplato. Intanto passano i minuti e dopo un’ora e 20 arrivo a Cadorna. Non mi resta che scendere e percorrere finalmente l’ultimo tratto a piedi per arrivare al lavoro. Scoprirò solo più tardi che sarei riuscita a salire con difficoltà sulla metro e solo dal capolinea.”
In base ai dati di Immobiliare.it questa è la top 3 delle zone migliori dove acquistare casa per metterla a reddito.
Le TRE ZONE più CONVENIENTI per INVESTIRE a Milano
#3 Una casa nell’area Affori-Bovisa rende il 6,62%
Affori-Bovisa
Dove conviene investire in un immobile a Milano per avere la rendita più elevata? Secondo i dati del portale Immobiliare.it emerge come le aree nella cerchia esterna della città siano quelle con profittevoli, pur se lontane del centro. Al terzo posto di questa top 3 troviamo la zona di Affori-Bovisa, a nord-ovest della città, dove il rendimento medio per un appartamento messo a reddito è del 6,62%. Tra gli interventi più importanti in corso c’è il nuovo campus del Politecnico alla Goccia nei vecchi gasometri.
#2 Nella zona di Ponte Lambro-Santa Giulia un immobile a reddito genera un ritorno annuo del 6,7%
Ponte Lambro-Santa Giulia
Al secondo posto c’è invece la zona di Ponte Lambro-Santa Giulia. All’interno è compresa sia la parte più critica, quella di Ponte Lambro, che quella di Santa Giulia dove è in corso una vera e propria rinascita con la costruzione il Pala Italia e nel prossimo futuro il completamento del quadrante nord. Per chi vuole comprare qui un immobile da investimento si può aspettare un ritorno annuo medio del 6,7%.
#1 Bisceglie-Baggio-Olmi è la zona dove si guadagna di più: 7,38% di rendimento medio
Bisceglie-Baggio
Al primo posto l’area compresa tra Bisceglie-Baggio-Olmi dove nel prossimo futuro è atteso il prolungamento della linea metropolitana M1 con 3 nuove fermate. Un fattore che contribuirà con molta probabilità ad aumentare il costo al mq sia per immobili usati che per quelli nuovi. Al momento si può realizzare qui l’investimento migliore, la rendita media prevista è infatti del 7,38%.
Spesso gli stessi milanesi non riescono a stare al passo con la celere trasformazione della città e chi viene da fuori, tornando magari qui dopo mesi, stenta a credere ai cambiamenti che sono costanti e imponenti. Ci sono, tuttavia, dei capisaldi su cui sembra che la città non cambi, qualunque sia l’amministrazione. Alcuni sono ben noti, altri sconosciuti.
Vediamo dunque insieme le cose da sapere prima di trasferirsi a Milano per non incappare in sorprese inaspettate. Sia quelle che fanno storcere il naso, che quelle che fanno esclamare “wow!”
Le SORPRESE di MILANO per chi arriva da fuori: 10 (+1) cose fondamentali da sapere per VENIRE A VIVERCI
#1 Non c’è la metro di notte
Credits: @ior_leibler_photography Metro Milano
È la città della vita notturna, ma i mezzi di notte non vanno. O meglio, ci sono degli autobus notturni che percorrono tutta la città per non lasciare vagabondi o incalliti aficionados della chiusura locali, ma la metro, che poi è il mezzo più comodo è veloce, a un certo punto si ferma. Le corse terminano infatti poco dopo la mezzanotte e riprendono verso le 5.30 del mattino. Non il massimo, per una capitale europea che vuole aspirare a un progresso sempre più distintivo. Chi arriva da una grande metropoli internazionale può restare di stucco per questa cosa che può incidere il modo di organizzare le uscite serali.
#2 Ci sono parchi che chiudono la sera
Credits: fondoambiente.it – Parco Lago Nord
Altra cosa che sorprende chi arriva dal Nord delle Alpi. Qui ne va della sicurezza. Nel caso si ceda all’irresistibile voglia di una passeggiata notturna a Milano, è possibile farla solo nei grandi parchi irrecintabili di periferia, come il Forlanini, Trenno o il Parco Nord. Per i parchi del centro, come il Sempione o l’Indro Montanelli, invece, è impossibile.
#3 La raccolta differenziata è una religione
avvenire.it
Il noto dj e conduttore radiofonico Fernando Proce qualche anno fa spopolava con uno spot di promozione del suo programma in radio, uscendo da un finto cassonetto della spazzatura e assicurando che il suo programma faceva (fa) la differenza. Un simpatico sketch che potremmo prendere in prestito per dire che a Milano la raccolta differenziata è sacra. Guai, quindi, anche solo a confondere il colore dei vari rifiuti. Si viene guardati malissimo, sia dai milanesi che da chi non lo è ma vive qui da tempo. Perché qui la differenziata fa la differenza.
#4 Non solo città della moda, ma anche dello Sharing
Credits: greencity.it
Dal monopattino alle bici, dalle auto al carrello spesa, dagli appartamenti ai passaggi in auto, la moda dellosharing a Milano imperversa da tempo. Chi arriva deve abituarsi in fretta. A Milano tutto è disponibile senza acquistarlo. Fra qualche anno si potrà noleggiare anche l’aria (che per carità, non è certo fra le più salubri d’Italia ma chissà. Un giorno qualcuno potrebbe concepire l’affitto di metri cubi d’aria di montagna puliti a domicilio)
#5 Tutto può essere spedito e ricevuto comodamente a casa
Credits: www.blogsicilia.it
Alias, perché spostarsi da casa o scendere quando si può spedire e ricevere tutto comodamente a casa? L’innominabile megastore online su cui tutti ormai si servono da anni è oggetto di mille contestazioni (legittime) da chi pensa che abbia impigrito le persone, che abbia massacrato piccoli esercizi commerciali e via dicendo. Ma come si suol dire, un conto è condividere problematiche sociali moderne, e un conto è avere il paraocchi e non ammettere che le cose vadano proprio in un determinato modo: Milano per fortuna o purtroppo è e resterà la capitale italiana ed europea dell’e-commerce e, di conseguenza, del delivery.
#6 La nebbia non c’è più
Non c’è davvero. Fidatevi. I tempi di Totò e Peppino sono ormai obsoleti come lo stesso periodo storico in cui era ambientato il famoso sketch alla Stazione Centrale “La nebbia c’è, ma non si vede”. Rispetto agli anni’80, grazie soprattutto al cambiamento climatico generale che sta avendo luogo sul pianeta, la nebbia resiste solo nei parchi limitrofi di periferia, ma in centro città ormai non si vede da decadi.
#7 I Milanesi di origine milanese ci sono ancora
credits: diggintravel.com
Esistono, miei care e cari lettori forestieri. Udite udite, non è vero che a Milano sono tutti o quasi di origine “straniera”. Secondo un sondaggio di metà anni ‘ 2000, i milanesi doc erano tre su dieci. Non ci è dato sapere come siano cambiate le percentuali, ma quel che è certo è che in molti sono ancora convinti che qui ci siano solo persone con origini di fuori Milano. Ogni 10 persone almeno due o tre sono milanesi DOC.
#8 Tenere la destra sulle scale mobili
credits: traveller.com
La mitica scena di Pozzetto che ne “Il Ragazzo di Campagna” viene sbattuto fuori a calci e spintoni dalla metro di piazza San Babila non è poi così diversa dalla realtà. A Milano le scale mobili, le ciclabili e perfino i marciapiedi sono vie di traffico dove se non tieni la destra rischi insulti.
#9 A Milano la velocità aumenta
credits: guardachevideo.it
Come sopra. In ognuno dei posti elencati, c’è chi va piano e chi corre al lavoro o all’appuntamento a cui non può far tardi. Trovare una persona che non sia un pensionato che passeggia lentamente a Milano in zone ad alta densità di pedoni, bici o monopattini è raro come una mosca bianca.
#10 Non fare l’imbruttito
credit: ilmilaneseimbruttito.it
Milano non è imbruttita, anzi. Alla gran parte dei milanesi non piace molto quel tipo di personaggio ironico e stereotipato creato dalla celebre pagina web, la quale ha messo in bocca a tanti non milanesi modi di dire ed espressioni che sono delle macchiette come i personaggi dei film di Vanzina. A quel che mi risulta poi, sono anche tifosi del Milan (ve lo dice un nerazzurro fino al midollo) quindi come potrei perdonarvi se vi ispirate a loro? Datemi retta, amici che verrete presto a Milano. Per trovarsi bene qui non serve comportarsi da imbruttiti.
#10+1 Il parcheggio non esiste
L’undicesima chicca che chiude il cerchio di questa squadra di cose da sapere. Potremmo parlare di tutto e del contrario di tutto, ma esattamente come il traffico nel film Johnny Stecchino, c’è una piaga, una grande piaga che stenta a gettare la spugna. Mi avete già capito, vero? Stiamo parlando del parcheggio. Che a Milano, semplicemente, non esiste. Quindi, più che un undicesima cosa da sapere, vi do un bel consiglio. A Milano sono tutti benvenuti, ma vi prego: non veniteci in macchina. Anche perché tra assenza di parcheggi, area B, area C, ZTL varie, è impossibile sfuggire alle multe.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Credits instafallen IG - Lefay Resort & Spa Lago di Garda
La Top Destination Spa è la classifica con le 30 migliori spa al mondo votate dai lettori di Condé Nast Traveler. Nell’ultima edizione il primo posto in assoluto è occupato dal pluripremiato indirizzo lusso thailandese a vocazione salute Chiva-Som International Health Resort, ma ci sono tre strutture italiane in classifica. Scopriamo quali sono. Tra cui una ad appena due ore da Milano.
Una delle “SPA più BELLE del mondo” è a due ore da MILANO
# Lefay Resort & Spa Lago di Garda con la sua infinity pool – Lombardia
Credits instafallen IG – Lefay Resort & Spa Lago di Garda
La terza italiana in classifica è il Lefay Resort & Spa Lago di Garda in Lombardia che si guadagna la 29esima posizione. Si trova a Gargnano, in provincia di Brescia. Una struttura in simbiosi con il paesaggio, con trattamenti originali da non perdere, agopuntura, massaggio per dolci sogni, impacchi drenanti e la spettacolare infinity pool dello stesso identico colore del lago.
# Le altre due italiane tra le più belle del mondo
Terme di Saturnia Natural Destination Spa & Golf Resort, la Spa naturale più bella al mondo – Toscana
Credits: viaggiare.mondo.info – Terme di Saturnia
Alla 22esima piazza c’è la la storica struttura Terme di Saturnia Natural Destination Spa & Golf Resort nel cuore della Maremma Toscana. A detta di molti è la Spa naturale più bella al mondo grazie all’acqua termale, calda e ricca di benefici per salute e psiche, e allo scenario da favola in cui si trova. Tra i punti di forza della struttura ci sono i trattamenti a base di fanghi termali, la verde campagna circostante e la deliziosa cucina del territorio.
Il Lefay Resort & SPA Dolomiti Pinzolo è la prima Spa italiana in classifica, piazzandosi alla 12esima posizione. Una struttura di recente costruzione ecosostenibile dagli arredi avvolgenti e curati, le vetrate a tutt’altezza aperte sul paesaggio e una concezione del benessere capace di fondere le migliori lezioni di Asia e Occidente. Immersa tra boschi e picchi innevati dista da Trento meno di un’ora di auto.
Milano è una città che presenta molte sorprese dove meno te l’aspetti. Si possono trovare nei cortili oppure sottoterra.
Il Tempio della NOTTE, il regno delle TENEBRE di Milano
La Milano sotterranea oltre che della metro è sede di cunicoli, cripte e passaggi segreti: da quelli medievali ai bunker di epoca bellica.
Una delle sorprese più misteriose si trova a Gorla, nel parco di Villa Finzi, uno dei più antichi della città, costruito per abbellire la villa.
In una grotta artificiale il “Tempio della Notte”. Ma qual è la sua storia?
# Villa Finzi
Uno scorcio del parco Betthyàny-Finzi visto dalla Martesana (Credits: divinamilano.it)
La sua storia ha inizio quando nell’allora borgo di Gorla, a poche migliaia dai Bastioni di Porta Orientale (oggi porta Venezia), c’era, ancora visibile oggi, un edificio splendido, noto come Villa Finzi. La villa apparteneva al conte ungherese AntonioGiuseppe Batthyàny, alto ufficiale degli Ussari, la cavalleria ungherese, che lui usava come “buen retiro” di campagna, dimora di delizia, luogo di piacere. La proprietà confina col canale della Martesana(allora Naviglio Piccolo), offrendo degli scorci romantici davvero unici.
Villa Batthyàny negli anni Trenta (oggi Villa Finzi)
Nella sua villa di Gorla il conte AntonioGiuseppe Batthyàny organizzò, tra le molte attività festose, anche il fastoso ricevimento di benvenuto in onore del principe Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena (fratello dell’Imperatore Francesco e vicerè del Regno Lombardo-Veneto) e della Principessa Elisabetta di Savoia-Carignano (sorella del futuro re di Sardegna Carlo Alberto) in occasione del loro passaggio per Milano, dopo le nozze celebrate a Vienna il 28 maggio 1820.
# La nascita di uno dei parchi più antichi di Milano
La villa era in origine senza giardino. Per estendere il suo terreno, nel 1826 il conte decide di acquistare dei terreni agricoli confinanti con la sua proprietà. Poiché i terreni acquisiti erano attraversati dal fontanile dell’Acqualunga chiese al suo architetto, Gaetano Brey, di progettare un giardino paesaggistico o giardino all’inglese. Così fece costruire un vasto parco con laghetto che divenne così uno dei più antichi parchi di Milano.
# Il Tempio dell’Innocenza
Credits: divinamilano.it/
Non si limitò al laghetto e a decorazioni floreali. Il conte fece costruire pure il Tempio dell’Innocenza, un tempietto in stile neoclassico, visibile ancora oggi nel parco. Una costruzione a pianta circolare, a cielo aperto, con otto colonnine in pietra, su un basamento a gradoni, in origine eretto su un isolotto in mezzo al laghetto, raggiungibile con una piccola barca. Ma questo non è l’unico tempio che fece costruire il conte. A questo, alla luce del sole, dedicato all’Innocenza, contrappose il suo opposto. Realizzato sottoterra. Era il Tempio della Notte.
# Il Tempio della Notte: la scoperta
Il secondo tempietto viene fatto nascosto sottoterra, sotto il parco. E’ il Tempio della Notte, unico esempio a Milano di architettura massonica ipogea, un gioiello del Neoclassicismo lombardo. Il tempio fu realizzato all’interno di una struttura sotterranea preesistente, usata come ghiacciaia, una sorta di neviera, e venne individuato la prima volta nel 1991 in circostanze accidentali dallo speleologo Celestino Ghezzi, che stava esplorando il percorso del fontanile Acqualunga. Anche se solo nel 2005 il tempio venne scoperto nella sua interezza grazie all’opera di un altro speleologo, Andrea Thum.
L’unico altro esempio simile esistente in Italia si trova in Lombardia: a Cernusco sul Naviglio, nel parco della villa del Conte Ambrogio Uboldo, di qualche anno antecedente al Tempio di Gorla. In Europa, al di fuori dell’Italia, esiste un unico altro esempio: nel parco del Castello di Schönau an der Triesting, nella bassa Austria, il Tempio della Notte fu costruito nel 1796 dal barone Peter von Braun, uno degli uomini più ricchi d’Austria a quell’epoca.
# Il Tempio della Notte: l’utilizzo passato e la leggenda delle notti di luna piena
Tutti templi sotterranei fatti di colonnati, capitelli, volte e nicchie varie, costruiti rispettando particolari posizioni astrali. Ricevono la luce ai solstizi d’inverno e d’estate da un’imboccatura posta sulla volta. Pare piuttosto che siano stati costruiti per ospitare riunioni massoniche e riti di iniziazione che avvenivano attraverso il passaggio simbolico dalle tenebre alla luce.
Il tempio oggi non è valorizzato come dovrebbe. Si narra che nelle notti di plenilunio ospiti messe nere e riti satanici. Sarà solo una oscura leggenda?
Il progetto dei dettagli e quando è prevista l’inaugurazione completa.
L’AUTOSTRADA SILENZIOSA e SOTTOTERRA a nord di Milano
# Un tracciato di 67 km da Cassano Magnago (Va) a Osio Sotto (BG)
Pedemontana Lombarda
La Pedemontana Lombarda è un sistema viabilistico in costruzione nell’area di Monza, Como e Varese con uno sviluppo complessivo di 157 km. Il tratto autostradale è a nord di Milano con una lunghezza di 67 km, di cui poco meno di 20 km a tre corsie da Bovisio Masciago a Vimercate. A questi si aggiungono 20 km di tangenziali e 70 km di viabilità locale. Il tracciato autostradale (A36) va da Cassano Magnago (Va) a Osio Sotto (Bg), collegando le esistenti autostrade A8 Milano-Varese, A9 Milano-Como e A4 Torino-Venezia.
# Il 75% è sotto il livello campagna, le prime due tratte operative dal 2015
Tratte in funzione A36
Il progetto è suddiviso in 5 tratte. In funzione dal 2015 le prime due, per un totale di 22,5 km: la “A” tra le autostrade A8 e A9 e la B1 dall’interconnessione con la A9 alla SP ex SS 35 a Lentate sul Seveso. Rispetto alle grandi autostrade costruite negli anni ’70 la A36 corre per il 75% del tracciato sotto il livello campagna: in trincea e galleria naturale o artificiale. In questo modo si riduce l’impatto acustico del transito provocato dal transito dei mezzi e anche quello estetico-ambientale, con l’aggiunta di altre opere di mitigazione e barriere fonoassorbenti.
# Un investimento 4-5 volte superiore alle classiche autostrade
Webuild – Pedemontana
Come spiegato a Monza Today da Sabato Fusco, Amministratore Delegato di Pedemontana, un’autostrada di questo tipo ha un costo fino a 4-5 volte maggiore rispetto a quelle costruite a livello campagna. Solo per le tratte in procinto di partire con in cantieri, la B2 e la C, la spesa è arriva a 1 miliardo e 265 milioni di euro. Il tracciato in questione è per l’83% in trincea o galleria artificiale, rispettivamente il 47% e il 36%. La galleria artificiale è una struttura coperta realizzata in cemento armato, mentre il percorso in trincea viene realizzato scavando fino a 6-9 metri sotto il livello del terreno.
# A dicembre primi lavori tratta B2, inaugurazione di tutta l’opera nel 2031
Tratta B2 Pedemontana Lombarda
Nel mese di dicembre 2023 previsti i primi lavori per la tratta B2, con la ricognizione per verificare la presenza di ordigni bellici. A seguire la bonifica dei terreni tra Seveso e Meda tra febbraio e marzo 2024. Lunga 9,5 km di galleria artificiale, trincea e rilevato, tra Lentate e Cesano Maderno non prevede nuova sede stradale ma l’ampliamento e riqualificazione della Milano-Meda.
Per la tratta D Breve di 18,5 km, dall’interconnessione con la Tangenziale Est a quella con l’autostrada A4, si attende la definizione del cronoprogramma. L’obiettivo è inaugurare tutta l’infrastruttura entro il 2031.
A pochi chilometri da Udine sorge Torviscosa, un esempio di Company Town anni ’30.
La COMPANY TOWN stile anni ’30
# Città di Fondazione o Company Town
Tra il XVIII e il XX secolo, a seguito della massiccia industrializzazione, nel mondo occidentale sono nate numerose città di fondazione, o Company town. Prendono questo nome i nuclei urbani non spontanei che per definizione, nel corso della storia, sono sorti “sulla base di una precisa volontà politica e di un progetto urbanistico“. Tra questi si ricordano brevissimamente alcune esempi come i villaggi operai ottocenteschi legati ad insediamenti industriali o minerari (vedi Crespi d’Adda e Nebida), le città giardino inglesi (Hampstead) o gli insiediamenti urbani fondati nel ventennio fascista nel Lazio, a supporto delle opere di bonifica dell’Agro Pontino e Romano (Sabaudia, Littoria, Carbonia, Ventotene).
# La Company Town friulana
Nel corso del tempo in Italia sono nate numerose città aziendali (company towns), a completamento delle infrastrutture produttive di altrettante grandi aziende. Ivrea, Crespi d’Adda, Panzano e Torviscosa ne sono un esempio. Quest’ultimaè un paese in provincia di Udine fondato tra il 1937 e il 1938 assieme alla fabbrica di cellulosa di proprietà di SNIA (Società Navigazione Industriale Applicazione Viscosa, ultimo dei nomi dato all’azienda). Qui si produceva cellulosa, ricavata dalla lavorazione della canna gentile, di cui il territorio era ricco. Veniva utilizzata nella fabbricazione di fibre artificiali, come rayon e viscosa (da qui il nome della città).
Credits: @turismoFVG
# Torviscosa e SNIA
La company town è una città in cui la maggior parte o tutti gli immobili, gli edifici (sia residenziali che commerciali) e i servizi appartengono a SNIA che provvede, in via generale, anche alla pianificazione urbana. Fino gli anni ’30, si estraeva cellulosa prevalentemente dal legname, ma il modello economico del regime fascista esigeva l’utilizzo di materie prime italiane per la produzione in autonomia. Siccome il legname italiano non era sufficiente, la SNIA decise di utilizzare la canna gentile. Un interessantissimo cortometraggio del 1949 diretto da Michelangelo Antonioni, “Sette canne, un vestito”, spiega il processo produttivo della cellulosa. Il documentario è stato girato in buona parte proprio a Torviscosa.
Credits: @turismoFVG
# Il progetto della città
Fu Franco Marinotti, allora amministratore delegato di SNIA, a fondare Torviscosa. Decise le strategie industriali e finanziarie e scelse l’architetto che l’avrebbe progettata. Il progetto originale, elaborato dall’architetto Giuseppe De Min, prevedeva che la città potesse ospitare circa 20.000 abitanti. In realtà, la disponibilità di abitazioni (nuove o ristrutturate) nel centro storico non consentì mai di superare i 1.500 abitanti.
Credits: @David Flos(FB) – Il punto di ristoro del dopolavoro
# Mattoni rossi e gusto estetico fascista
Il fulcro della vita pubblica era rappresentato dalla piazza “Impero” (in seguito ribattezzata Piazza del Popolo). Le altre aree funzionali della città sono divise tra spazi del lavoro, gli spazi pubblici civili (la piazza con l’edificio e la torre del Municipio e di fronte le scuole), luoghi per lo sport e per lo svago, aree verdi, aree abitative divise per categorie di lavoratori (operai-impiegati) e dirigenti. Infine, sono evidenti gli edifici con finalità autocelebrative dell’azienda: una torre posta all’ingresso del paese a forma di “T”, (iniziale del nome), e soprattutto il Centro di Informazione e Documentazione (CID). Dal punto di vista architettonico, due elementi non possono passare inosservati: l’utilizzo di mattoni rossi, da un parte, la presenza massiccia del gusto estetico fascista dall’altra. Molti elementi ricordano infatti la serie di quadri delle Piazze d’Italia di Giorgio De Chirico.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Milano ha poche rivali quando si parla di bellezza dei dintorni. Quale metropoli oltre frontiera può vantare simili bellezze?
I 7 LUOGHI dei DINTORNI di Milano dove OGNI MILANESE deve andare almeno una volta nella vita
#1 Lago di Como
Credits: unviaggioinfinitemozioni.it – Villa Carlotta
Il terzo lago più grande d’Italia viene considerato in ogni classifica internazionale tra i più belli del mondo. A un’ora di distanza da Milano, il Lago di Como offre panorami spettacolari grazie anche alle montagne da cui è circondato, oltre a borghi suggestivi e ville con giardini storici come Villa d’Este e Villa Carlotta. Viene scelto anche per fare sport o attività all’aperto quali escursioni, sport acquatici e gite in barca. Se vuoi scoprire le sue sette meraviglie, puoi continuare qui la lettura: Le 7 meraviglie del lago di Como
#2 Il Parco del Ticino e i suoi borghi
Credits nicola_farise – Parco del Ticino
Il primo parco fluviale d’Europa si sviluppa in prevalenza in Lombardia, con una superficie di oltre 90.000 ettari di cui 50.000 agricoli. Riserva naturale protetta dal 1974 e primo parco regionale ad essere stato costituito in Italia, forma una cintura verde da Ovest fino a Sud di Milano. Nel suo territorio si può osservare una grande varietà di paesaggi naturali, tra cui boschi, praterie, laghi e fiumi, e specie di animali protette come il lupo e la lontra, ma anche andare alla scoperta di borghi storici come Bereguardo, Cassinetta di Lugagnano e Morimondo. Se vuoi saperne di più, ti invitiamo a continuare la lettura con: Il Ticino Grand Tour: scoprire a piedi o in canoa le meraviglie del primo parco fluviale d’Europa
L’Oltrepò Pavese è terra di tradizioni vinicole, tra i vini più pregiati ci sono il Pinot Nero, il Barbera e il Bonarda, paesaggi naturali colline, boschi, fiumi e prati, borghi e castelli medievali. Deve il suo nome al fatto di trovarsi a sud del fiume Po, in pieno Appennino Settentrionale, territorio geograficamente e morfologicamente molto simile a quello appartenente all’Emilia con scorci da colline toscane. Per i milanesi è l’ideale per una gita fuori porta e una giornata di relax, serve circa un’ora di auto per arrivarci. Per scoprire di più continua la lettura con: Le bellezze che rendono l’Oltrepò unico al mondo
#4 Idroscalo
Credits fabiodettofabrizio IG – Idroscalo
Il “mare dei milanesi”. Costruito negli anni ’20 per ospitare idrovolanti e offrire una base di atterraggio per voli a lunga distanza, ha un’estensione di circa 1,6 chilometri quadrati. Al suo interno si può nuotare, fare canoa, perfino surf grazie alla onda artificiale stazionaria alta fino a 1,6 metri e larga 10 del wakeparadise. Posto ottimo anche solo per prendere il sole, correre o camminare tra le opere d’arte di giovani artisti nel parco che lo circonda. C’è persino un’isola delle rose. Per saperne di più puoi continuare a leggere Idroscalo, storia e curiosità del piccolo mare di Milano.
Il Forum di Assago è la casa degli sport indoor dei milanesi: ci gioca la Pallacanestro Olimpia, ospita eventi musicali con gli artisti italiani e internazionali più importanti e alcuni show televisivi. Questo grande complesso polifunzionale al confine con Milano, nel primo hinterland, è stato inaugurato nel 1990, ha ottenuto il Premio Europeo di Architettura per impianti sportivi, ed è raggiungibile tramite il tratto cittadino dell’A7 o comodamente in metropolitana con la linea verde.
#6 Lugano e Canton Ticino
Ph. saysay75 – Pixabay
A una cinquantina di chilometri da Milano si può entrare nella nazione più libera e ricca del mondo. Territori da secoli legati ai milanesi, facevano parte del Ducato di Milano, offrono paesaggi suggestivi tra lago e montagne, luoghi di relax come il Lido di Locarno sulle rive del Lago Maggiore, il Lido di Lugano o la Val Verzasca, le Maldive di Milano. A questo si affiancano le proposte culturali come il Lugano Arte e Cultura, il moderno centro culturale cittadino, il Festival del cinema di Locarno o altre attrazioni storiche come i tre castelli di Bellinzona nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Unesco. Per la lingua sembra di essere in Italia. Per tutto il resto no.
E se la bellezza dei dintorni non basta, attorno a Milano ci sono tre aeroporti con collegamenti nazionali e internazionali. Dai due terminal dell’aeroporto internazionale in provincia di Varese, partono voli verso Europa, Nord America, Asia e Africa. In auto o con il Malpensa Express si arriva in circa 50 minuti allo scalo.
Milano è ricca di chiese, molte delle quelli ben visibili, poste su piazze, ma in corso Italia, c’è un santuario, nascosto dietro a spessi portoni.
SANTA MARIA dei MIRACOLI: la chiesa milanese dalla bellezza NASCOSTA
# Le origini: il miracolo della peste
A Milano, in Corso Italia, sulla linea del tram 15, si trovano due chiese, una attaccata all’altra, la più grande e maestosa è il Santuario di Santa Maria dei Miracoli. L’edificio si trova sul luogo dove S. Ambrogio trovò sepolti i martiri S. Nazzaro e S. Celso. Il corpo del primo venne spostato nell’allora Basilica dei Santi Apostoli, in corso di Porta Romana, mentre il secondo rimase nel luogo, in una piccola chiesa a lui dedicata. Ambrogio vi pose anche un’iconografia della Madonna, che nel 1485, compì un miracolo: la messa del 30 dicembre era molto affollata e la figura prese vita osservando tutti i presenti, poco dopo la peste finì.
Passando per corso Italia, anche a bordo del tram, si nota una piccola chiesa in mattoni rossi, anticipata da un giardino, e subito di fianco una grande chiesa, la cui facciata è coperta da un’entrata con grandi portoni, e spessi muri, si tratta di Santa Maria dei Miracoli. L’imponenza della costruzione distrae dai mattoni rossi della piccola San Celso, che si ripetono nella struttura del santuario. Superati i portoni, lo spettacolo è magnifico: un grande spazio aperto, circondato da un porticato, ci presenta la facciata manierista di Santa Maria, il cui bianco del marmo di Carrara riflette il sole. All’interno la decorazione rinascimentale riempie l’edificio, finemente decorato con affreschi nelle volte e nelle cupole.
Il santuario è anche conosciuto come “la chiesa degli sposi”, infatti era tradizione per le coppie di sposi milanesi recarsi nella chiesa appena dopo aver detto il fatidico “si”. Sull’altare della Madonna è posta l’Assunta, una statua capace di benedire le nozze. Per anni gli sposi milanesi si sono recati al cospetto della così detta “Madonna degli sposi”, per lasciarvi il bouquet, chiedendo la benedizione del proprio matrimonio. Ancora oggi, nel periodo dell’anniversario di nozze, gli sposi praticano il rinnovo delle promesse davanti a quest’altare.
Credits patrizia_ghezzi_2 – Santa Maria dei Miracoli
Giovanni Ponti, in arte Giò, è stato uno dei più grandi architetti italiani: milanese doc, ha tenuto sotto la propria ala protettrice una collega straordinaria, capace, quest’ultima, di rivoluzionare l’arte del costruire attraverso l’attenzione alla funzionalità dell’oggetto o dell’immobile, rispetto all’estetica.
CINI BOERI, l’architettura come impegno sociale
# Il primo Compasso d’Oro per il divano componibile “Strips”
designdiffusion.com – Divano strips Cini Boeri
Questa architetta-designer si chiamava Maria Cristina Mariani Dameno, che adottò il cognome del marito, facendosi chiamare e diventando famosa col nome di Cini Boeri: nacque a Milano il 19 giugno 1924, a 27 anni si laureò al Politecnico, a 45 anni vinse il premio Compasso d’oro, ovvero il riconoscimento che viene riservato all’eccellenza del design italiano. A far conquistare questo prestigioso riconoscimento alla Boeri fu la realizzazione del divano componibile “Strips”, disegnato nel 1972, in tempi in cui si pensava che i divani e le poltrone fossero solo roba da ricchi. Cini ebbe l’intuizione di creare un prodotto morbido, pratico e lavabile.
Fu insegnante al Politecnico di Milano, ebbe un ruolo di spicco nella XVI Triennale, tenne molti incontri sull’architettura nelle più importanti università del mondo, tra cui quelle di Berkeley, San Paolo, Detroit e Rio de Janeiro.
La peculiarità di Cini Boeri fu quella di considerare l’architettura non solo una professione d’arte, ma un impegno sociale: dopo la gavetta con Giò Ponti, collabora con Fredi Drugman (il fondatore del collettivo di architettura di Milano) e con Marco Zanuso, il padre del design industriale. La sua attività entra nel vivo nel 1963, occupandosi del settore “civile” e del disegno industriale, progettando case, appartamenti, allestimenti museali, uffici e negozi. Dedicò le proprie creazioni alla funzionalità dello spazio e ai rapporti psicologici tra uomo e ambiente.
Non a caso progettò una scuola e le rispettive aule: ognuna di queste ultime è a forma circolare, dove l’insegnante si pone al centro esatto della stanza e, attorno, sui banchi a forma semicircolare, ci sono gli alunni. I banchi possono scorrere sui binari. Ogni banco ha tre posti e ogni posto ha in dotazione un cassetto.
# Le onorificenze e i premi di un carriera dura ma ricca di soddisfazioni
Boeri
L’inizio della sua carriera non fu facile: allora l’architettura era considerata una disciplina puramente maschile, lei, da donna, dovette moltiplicare gli sforzi per farsi accettare. Ma ci riuscì e questa caratteristica rafforzò il proprio essere, così libero e progressista, puntando su un’architettura che rispetti l’uomo e l’ambiente.
Nel 2011 ha ottenuto il suo secondo Compasso d’Oro, tre anni prima aveva vinto il Good Design Award di Chicago, sempre in quel periodo diventò Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Il marito di Cini era Renato Boeri, neurologo che fu attivo nella lotta partigiana. Lei stessa fu staffetta durante la resistenza. Dal marito ebbe tre figli, i giornalisti Sandro e Tito e l’architetto Stefano.
E’ morta il 9 settembre 2020 nella propria abitazione di Milano.
Si dice che Milano sia diventata una città per ricchi. Vogliamo esagerare: che cosa dovrebbe fare per attrarre quelli ancora più ricchi?
Come ATTRARRE i SUPER-RICCHI a Milano
I ricchi e specialmente i ricchissimi sono spesso antipatici se non addirittura odiosi con la loro supponenza, i loro patrimoni poi molte volte sono di dubbia provenienza. Quegli stessi patrimoni però se bene investiti risultano essere un elemento fondamentale e imprescindibile di rilancio dell’economia per il benessere di tutti.
Milano, principale centro del Sud Europa, è già tra le mete predilette dei ricchi. Lo dimostra il mercato immobiliare con i prezzi delle case in continua crescita e con la vendita di case di lusso mai in crisi. Ma come fare per attirare ancora di più facoltosi italiani e stranieri ed i loro capitali?
Queste sono alcune proposte di facile attuazione che potrebbero portare ad un enorme ritorno patrimoniale.
#1 Togliere le sanzioni alla Russia
evgeni-pixabay – Rubli
Ormai è solo questione di tempo. Zitti zitti gli europei stanno ricominciando a fare affare con la Russia. Una gran mossa per Milano sarebbe di anticipare tutte le altre e togliere immediatamente le sanzioni alla Russia. Non solo: potrebbe invitare a Milano per una grande festa di amicizia al Castello Sforzesco gli oligarchi russi più danarosi. D’altra parte, i russi amano l’Italia.
#2 Un collegamento in elicottero tra aeroporti e stazioni (e aumentare i taxi)
Taxi volanti Milano
Istituire subito il collegamento tramite elicotterodall’aeroporto di Malpensa alle Stazioni di Milano Centrale e Porta Garibaldi. Un servizio esclusivo che potrebbe ridurre notevolmente i tempi di percorrenza da e per l’aeroporto. Accanto a questo è fondamentale aumentare il numero di taxi. A Milano sono troppo pochi! Lo sono già per la gente comune figuriamoci se dovesse crescere il numero di cittadini facoltosi.
I super-ricchi non amano essere rapinati. Su questo Milano purtroppo ha molto da lavorare e l’unica soluzione è aumentare la vigilanza nonché le sanzioni e la certezza delle pene. I borseggiatori i rapinatori e i vandali una volta arrestati non devono tornare in circolazione dopo poche ore.
Credits paola.girardi IG – Fila al Pane Quotidiano
Altra cosa che dà noia ai super-ricchi sono i poveri. Non sopportano in particolare di vederli quando sono a passeggio per il centro o di venire assaliti da sensi di colpa davanti alle interminabili code alle mense pubbliche o alle istituzioni caritatevoli. Pertanto o si elimina la povertà (c’è stato chi ci ha provato ma con poca fortuna) o si eliminano i poveri, spostandoli in altre città. Un’ipotesi potrebbe essere Torino che perde abitanti ogni anno.
#5 Una città attiva H24
Ph. ninocare – Pixabay
I super-ricchi amano le città che non dormono mai. Anche qui c’è da lavorare: serve che Milano torni decisamente più sfavillante e viva. Va illuminata molto meglio rispetto a quelle luci da socialismo reale ed attuare finalmente la rivoluzione degli orari con ristoranti, cinema ed altre attività aperte h24, inclusa la metro che i super-ricchi esaltano con entusiasmo anche se non ci sono mai saliti in vita loro.
#6 Migliorare le connessioni internazionali
Credits deliluna IG – Malpensa
Altra nota dolente per la nostra città sono i collegamenti internazionali sia ferroviari che aerei con il resto del mondo. Una grave mancanza che fa perdere enormemente competitività. Un super-ricchi non può abitare troppo lontano da un vero scalo internazionale.
#7 Curare meglio l’arredo urbano e la pulizia
Credits Milanipost – Pali con adesivi
Altra mania dei super-ricchi è per la pulizia. Abbiamo già scritto più volte di quanto Milano sia sciatta e trascurata in molti dettagli. Prati rinsecchiti, muri scarabocchiati, cartelli arrugginiti, segnaletica stradale consumata…un po’ tutto l’arredo urbano. Anche la pulizia non è granché, nonostante la situazione non sia così drammatica come in altre città. I mucchi di immondizia si accumulano spesso lungo i marciapiedi, cartacce, mozziconi, foglie secche, bottiglie di birra vuote…sono una visione costante. Questo stato di cose non è certo il migliore dei biglietti da visita per chi decidesse di trasferirsi sotto al Duomo con la famiglia abituato a staccare assegni da mille miliardi.
#8 Costruire una grande moschea
Moschea (da pixabay)
Pecunia non olet, i soldi non hanno odore, lo avevano capito anche gli antichi romani. E soprattutto non hanno religione. Una mossa strategica sarebbe costruire una grande moschea, la più bella e sontuosa del mondo occidentale da far finanziare a qualche fondo mediorientale. I super-ricchi spesso provengono da zone di religione mussulmana. E per il loro credo sono assai generosi con chi condivide lo stesso dio.
#9 Aumentare i parcheggi
credits: milanoweekend.it
A Milano oramai quella dei parcheggi è un’emergenza. Trovare un posto per far sostare l’auto il più delle volte è impossibile. Oltre tutto lo spettacolo di automobili in divieto di sosta, in prossimità delle fermate dei mezzi pubblici, sui marciapiedi, è uno spettacolo da megalopoli africana.
#10 Favorire interscambi economici culturali con Cina, Giappone, Corea e Paesi arabi
Relazione Cina-Italia
Come per la religione vale lo stesso discorso per i rapporti internazionali. Anche qui non c’è spazio per fare la morale anche perché spesso è solo una scusa per lasciare la gente senza soldi. Serve incentivare l’interscambio economico culturale con la Cina, grandissima potenza economica con un’enorme popolazione totalmente affascinata da tutto ciò che italiano e milanese. Pertanto si potrebbe aprire un canale televisivo cinese e incentivare lo studio e l’utilizzo della lingua parlata a Shangai. Uffici e numeri telefonici con addetti madrelingua pronti a dare supporto per ogni esigenza e in grado di fornire consulenze per l’apertura di attività economiche. Medesimo approccio lo si potrebbe avere sia per il Giappone, la Corea, i Paesi arabi e qualunque altra importante realtà economica, con particolare attenzione per la nuova rete dei BRICS.
#11 Migliorare la qualità dell’aria
Torri anti-smog
A Milano la qualità dell’aria è spesso pessima, i morti e le patologie dovute all’inquinamento non accennano a diminuire. Chi mai potrebbe essere attratto da un posto del genere?
#12 Rendere disponibili la prelibatezze più ricercate e costose, come le ostriche
Credits: @ostricheevino Ostriche e vino
Tra i piatti preferiti dei ricchi ma troppo spesso introvabili ci sono le ostriche. Stesso discorso per il sushi di qualità ed altre prelibatezze ricercate.
#13 Spazzare via la burocrazia
coda palazzo reale
Ultima ma non ultima la nota più dolente quando si parla di Italia. La burocrazia infernale. I super-ricchi se li metti in una coda vanno d’attacco di panico. Immaginare di vederli attendere in un pronto soccorso o in questura o all’anagrafe è pura follia. Così come fatto dal Governo Renzi con le tasse, ai super-ricchi che vengono dall’estero va azzerata anche la burocrazia.
Insomma le idee sono tante. Qualcosa bisogna fare per portare via ricchi da Londra (decisamente bruttina e in una pessima posizione), dalla sonnacchiosa Ginevra e dalla Fredda Zurigo.
Un villaggio che sembra “fuori dal tempo”, in perfetta armonia con la natura e il fiume. Scopriamo uno dei borghi più belli d’Italia.
Il BORGO MEDIEVALE SOSPESO sulle rive di un FIUME
# Il villaggio, di epoca longobarda, è nella lista dei borghi più belli d’Italia
Borghetto sul Mincio. Credits: @ mariag.58 IG
Borghetto sul Mincio, situato sulle rive dell’omonimo fiume che si estende fra Lombardia e Veneto, è una frazione di Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona. Nato in epoca longobarda è stato mantenuto nelle condizioni in cui si presentava un tempo, in perfetta armonia con la natura e il fiume. La sua bellezza e unicità le sono valse l’inserimento nella lista dei borghi più belli d’Italia.
Situato nel luogo in cui nell’antichità si guadava il fiume per passare da una riva all’altra, la conformazione del borgo è quello di insediamento fortificato, che è proprio il significato di “borghetto” in longobardo. Fu proprio nel punto di attraversamento tra le sponde del Mincio che venne eretta una struttura dove veniva riscosso il pagamento del pedaggio sul ponte di legno per transitare senza pericoli. Altre costruzioni realizzate nel medioevo, delle vere e proprie fortificazioni, conferiscono al villaggio un’aria medievale e sono visitabili ancora oggi.
# Le attrazioni più significative del borgo veneto
Credits: @robbieleone borghetto sul mincio
Nonostante le sue modeste dimensioni, il borgo è visitabile in circa un’ora, sono molte le attrazioni e testimonianze della storia di Borghetto sul Mincio. Innanzitutto il Ponte Visconteo, che è anche una diga e si estende per 650 metri, il Castello Scaligero, una bellissima fortificazione sulla collina e la Chiesa di San Marco Evangelista. Da visitare ci sono anche degli antichi mulini ad acqua, tre dei quali funzionanti, e le antiche case medievali, realizzate in pietra, nelle quali è possibile soggiornare per vivere un’esperienza completa “fuori dal tempo”.
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.
Un progetto edilizio particolare sviluppato sulla base di una precisa filosofia orientale.
Il “PALAZZO MONTAGNA”: lo vedremo anche a Milano?
# Una montagna di 50 metri avvolge il palazzo
Ci troviamo a Shanghai, la città più popolosa della Cina, nel complesso edilizio di Changde Road al numero 1258 nel distretto di Putuo. Il suo nome è Shang Qing Jia Yuan ma è conosciuto anche come Shanghai Rock Building. Uno dei palazzi è infatti circondato da una montagna artificiale alta 50 metri, pari a circa 14 piani. Terminato nel 2003, chiunque si affaccia alle finestre di uno degli appartamenti si trova di fronte una parete rocciosa.
# Basato sul Feng Shui, la “filosofia dell’arredamento”
themindcircle – The Rock Building
Il progetto è basato sul Feng Shui, che in cinese significa “vento e acqua”, la famosa pratica orientale finalizzata a ricercare e ottenere un’armonia energetica per favorire il benessere degli abitanti della casa. In Occidente è nota anche come “filosofia dell’arredamento”. In questo caso l’obiettivo è l’armonizzazione delle persone anche con l’ambiente circostante, quindi con la zona in cui è stato costruito il complesso edilizio.
Una selezione con i locali più interessanti segnalati dai milanesi.
I MIGLIORI AGRITURISMI nei DINTORNI di Milano
# Cascina Caremma, l’agriturismo con la Spa tra la natura
Credits cascinacaremma IG
La Cascina Caremma nasce nel 1988 a Besate, immersa nel Parco del Ticino, su un terreno di 36 ettari. La cucina punta alla valorizzazione di essenze vegetali spontanee, la selezione di razze animali rustiche e più vicine alle razze autoctone, alle coltivazioni di frutti di bosco e alla fabbricazione di birra con materie prime locali. Il menu è fisso e viene deciso il giorno prima il giorno stesso. Da qualche anno è presente anche la Nature SPA, con un’ampia piscina con vetrata panoramica sulle campagne e il recinto dei cavalli e percorso Kneipp.
Indirizzo: Via Cascina Caremma 2, Besate
# La Barcella, con un B&B all’interno di un antico mulino restaurato
Credits tenutacambiaga IG – Agriturismo La Barcella
L’Agriturismo La Barcella nasce nel 1996 con l’obiettivo di far rinascere un’antica tenuta ricca di storia. La parte di ristorazione è nella parte più antica di tutto il complesso e la cucina mette in tavola piatti locali cucinati secondo ricette di un tempo accompagnati da gustosi salumi e da vini produzione dell’azienda agricola. Negli spazi di uno mulino restaurato è stato invece inaugurato nel 2006 “Barcella al Mulino”, un B&B con camere e mini appartamenti.
Indirizzo: Via Cascina Barcella s/n/c, Robecco sul Naviglio (MI)
# Agriturismo Carlo e Nadia, nel cuore del Parco del Ticino
Credits vivivigevano – Carlo e Nadia
Nel bel mezzo del Parco del Ticino, circondato da un rigoglioso frutteto, c’è l’Agriturismo Carlo e Nadia. L’azienda creata e gestita dalla Famiglia Invernizzi è specializzata nella produzione di riso, mais, allevamento e macellazione e ha una struttura che ricorda le vecchie cascine lomelline, tipiche della Pianura Padana. La cucina è casalinga e quasi tutte le materie prime sono di produzione diretta. All’interno è presente anche la ”Fattoria Didattica Piccolo Fiore” pensata come luogo pedagogico vivente attraversi percorsi e laboratori didattici.
Indirizzo: Via Cararola 105, Vigevano (PV)
# L’Agriturismo La Camilla, la fattoria degli animali nel verde della Brianza
Credits uberto1988 IG – Agriturismo La Camilla
L’Agriturismo La Camilla si trova nel verde della Brianza. Attivo dal 2000 ha al suo interno una fattoria con animali da cortile, pecore brianzole, maiali, manzette, cavalli, oltre orti, un frutteto, un vivaio e persino carrozze d’epoca. Al ristorante, che propone una cucina lombarda dagli antipasti con salumi tipici ai primi piatti di pasta fresca, dalle specialità a base di carne, si affianca un bar bistrot, una cantina, camere e sale meeting.
Indirizzo: Via Dante Alighieri 267, Concorrezzo (MB)
# Cascina Madonnina, nella splendida cornice dell’oasi naturalistica WWF di Vanzago
Credits agriturismocascinamadonnina IG
L’Agriturismo Cascina Madonnina si trova nella splendida cornice dell’oasi naturalistica WWF di Vanzago, a Pregnana Milanese. Ci sono camere indipendenti arredate secondo il tipico stile di una fattoria mentre nel ristorante ricavato dall’antica casa padronale si possono mangiare piatti tradizionali lombardi a base di carni di oca e anatra provenienti dall’allevamento a stabulazione libera dell’azienda agricola. C’è anche un’area relax con grotta di sale e un hamman con calidarium, tepidarium e frigidarium.
Indirizzo: Via Cascina Madonnina 17, Pregnana Milanese (MI)
# Cascina Lasso, in uno dei borghi più belli d’Italia
Credits giulia_cec IG – Cascina Lasso
L’Agriturismo Cascina Lasso si trova in uno dei borghi più belli d’Italia: Morimondo con la sua magnifica abbazia cistercense. Gestito da più di 100 anni dalla stessa famiglia, è circondato da ettari di terreno coltivato con la classica struttura a quadrilatero tipica delle cascine della bassa padana. Presenta cinque sale interne, tra cui una nell’antica falegnameria e una nel vecchio granaio, e piatti della tradizione lombarda con materie prime di produzione propria come la carne e il riso Arborio, le verdure e la frutta utilizzata anche perper preparare confetture artigianali.
# Agriturismo da Pippo, immerso in 250 ettari di terreno
Credits agriturismodapippo
L’azienda agricola Bricchi è un’azienda cerealicolo zootecnica che si sviluppa su 250 ettari nelle campagne del sud est milanese. Il nucleo più antico della struttura risale al XII secolo e fu convento dei frati Umiliati prima e dei benedettini poi prima di essere donato all’attuale proprietario, l’Orfanotrofio di Milano. L’agriturismo“Da Pippo” è nella casa padronale, attivo dal 2008, con diverse sale e un ampio giardino fiorito. I prodotti quali carni, pollame, conigli, uova, verdure, farine e formaggi arrivano direttamente dall’azienda agricola, così come le verdure e il mais con il quale viene prodotta la polenta tradizionale.