Dopo la quarta corsia dinamica sul tratto milanese dell’autostrada A4 e la quinta corsia sulla Milano-Laghi, la prima in Italia, il 2025 dovrebbe essere l’anno buono per l’avvio dei cantieri per la quarta corsia tra Milano e Lodi. Le caratteristiche, i numeri e i benefici dell’opera.
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Arriva la quarta corsia sull’A1 tra Milano e Lodi
# Il maxi intervento di potenziamento sull’Autostrada del Sole
autostrade.it – Quarta corsia Milano-Lodi
Il traffico sull’A1 è in costante aumento, e per stare al passo con le esigenze di chi la percorre ogni giorno, è in arrivo un maxi intervento di potenziamento: la realizzazione della quarta corsia sull’A1 tra Milano e Lodi. Un’opera che si aggiunge alla quarta corsia dinamica sul tratto milanese dell’autostrada A4 e alla quinta corsia sulla Milano-Laghi e che in teoria avrebbe dovuto essere quasi terminata. Il progetto ha infatti ottenuto il via libera definitivo con la Conferenza dei Servizi nel marzo 2017, mentre a novembre 2022 sono partire le opere propedeutiche e nella prima metà del 2023 sarebbero dovuti partire i lavori veri e propri. Il 2025 dovrebbe però essere l’anno buono per l’avvio dei cantieri.
Il tratto di quarta corsia da realizzare sull’Autostrada del Sole parte dall’innesto con la tangenziale Ovest di Milano, esclusa la barriera di Milano Sud, fino al casello di Lodi. Si sviluppa per circa 16,9 km e il campo-base principale è allestito all’altezza di San Zenone al Lambro. Nell’intervento sono compresi: l’ampliamento della carreggiata in corrispondenza degli svincoli di Melegnano-Binasco e Lodi, la realizzazione dell’interconnessione con la Tangenziale Ovest A50, l’ampliamento della carreggiata in corrispondenza dell’area di servizio di San Zenone e di 8 opere d’arte maggiori, tra cui il ponte a 5 campate sul fiume Lambro. Si stima un risparmio di 3 milioni di ore di viaggio all’anno.
# Gli interventi di compensazione
Maps – Milano-Lodi
A compensazione dell’opera sono stati finanziati e progettati da Autostrade per l’Italia alcuni interventi:
l’installazione di 3.400 metri lineari di barriere antirumore:
la nuova rotatoria tra lo svincolo di Melegnano-Binasco e la SP40;
la nuova rotatoria di Ceregallo;
la nuova rotatoria su via Matteotti;
la nuova rotatoria su SP115;
l’adeguamento della rotatoria su via Piave;
la riqualifica di via Piave con adeguamento e nuova rotatoria;
la realizzazione di percorsi ciclabili in corrispondenza della strada comunale per Capriano, della SP204 e di via S. Lucio;
la piantumazione di 16 ettari di aree boschive.
L’investimento complessivo previsto è di 389 milioni di euro, di cui 207 per la quarta corsia nei due sensi di marcia.
# Il 2025 sarà l’anno buono per l’avvio dei cantieri?
Alcuni interventi preliminari sono già stati completati, come la ricerca di eventuali ordigni bellici nei terreni e l’allacciamento ai sottoservizi. Si attendono le ultime autorizzazioni per il via libera ai lavori veri e propri, a cura di Autostrade per l’Italia. La durata prevista dei cantieri è di 36 mesi. Dal punto di vista operativo sono state individuate tre tratte di intervento, per procedere con cantieri sfalsati in modo alternato in carreggiata nord o sud.
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L’hinterland di Milano con i suoi 132 Comuni riserva sempre grosse soprese e se si tratta di nomi strani non è seconda a nessuna. Ecco la nostra classifica con i nomi dei comuni più strani e le loro origini.
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I paesi dell’hinterland di Milano con i nomi più strani
# Morimondo
Credits: cittaslow.it – Morimondo
Detto così ha l’aria un po’ tetra, no? In realtà l’etimologia è piuttosto poetica: deriva dai monaci cistercensi di Miremont, che si stabilirono in quei luoghi e vi fondarono una basilica tuttora esistente e visitabile. “Morimondo” viene quindi da “Miremont”, ossia dal francese “mirer” che significa rimirare, specchiarsi et “mont” ovvero monte, montagna: un luogo elevato, dunque, situato su un’altura e da cui si arriva a guardare lontano.
Ci piace però lo spirito morboso, e si direbbe un po’ anticlericale, di alcuni che si ostinano a sostenere che Morimondo verrebbe dal molto meno sereno “muori mondo”. La spiegazione? In riferimento alla vita isolata e fuori dal mondo dei monaci. Poveri cistercensi, così denigrati. In realtà probabilmente a Morimondo se la passavano molto meglio di quanto lasci pensare questa finta etimologia.
# Gudo Visconti
Credits: wikipedia.org – Gudo Visconti
Come molti paesi dell’area metropolitana, Gudo Visconti deve il suo nome agli antichi proprietari di quelle terre: in questo caso i Visconti, appunto, che nel Medioevo da quelle parti costruirono un castello, poi andato quasi completamente distrutto, anche se una parte delle mura è oggi integrata nella struttura di una trattoria.
Questo spiega il “Visconti”, ma cosa dire di “Gudo”? Qui il dialetto ci viene in aiuto. Infatti in milanese ci si riferisce Gudo Visconti semplicemente sotto il nome “Gùd”. Questione di pigrizia, mancanza di voglia di pronunciare il nome per intero? Ebbene no: il milanese è solo rimasto più fedele all’etimologia. Gudo, infatti, deriva dal germanico “Gut”, possesso. Il riferimento è dunque all’esistenza di alcuni possedimenti in quelle zone. Ma non ancora di proprietà dei Visconti: ben prima, quelli erano possedimenti dell’abate del monastero di Sant’Ambrogio di Milano, e soltanto dopo vari passaggi di mano, scambi ed eredità entrarono in possesso dei Visconti. Dunque alla base il dialetto ha ragione: i Visconti saranno anche riusciti a immortalare il loro nome, ma quei luoghi erano già stati il “Gudo” di ben altre famiglie prima di loro.
# Cassinetta di Lugagnano
Quando l’etimologia si sposa con l’urbanistica. E il culto della personalità. “Cassinetta” altro non è che il diminutivo di “cassina”, cioè “cascina”. In quelle zone però “cascina” non si riferirebbe tanto, come da definizione attuale, a un gruppo di fabbricati come stalle, fienili, magazzini e locali per la lavorazione del latte, ma semplicemente a una piccola dimora rurale. Non si sa dunque se “Cassinetta” sia in riferimento alla presenza di varie piccole dimore oppure, come da etimologia più accreditata, di una specifica “cassina”, proprietà di tale Maffiolo Birago, illustre cittadino locale.
Il toponimo “di Lugagnano” invece ci lascia un po’ delusi. Il web ci dice che deriverebbe dal nome latino Lucanius. Sia pure. Ma rimaniamo a bocca asciutta, senza sapere nulla su chi fosse questo personaggio tanto egocentrico da aver sparpagliato il proprio nome un po’ dappertutto nell’Italia settentrionale, come ad esempio Lugagnano val d’Arda in Emilia-Romagna, o Lugagnano di Sona in provincia di Verona. Lucanius, dunque, chi era costui?
# Vizzolo Predabissi
Vizzolo Predabissi
La ricerca di queste etimologie ci insegna una cosa: un modo facile e veloce di passare alla storia è possedere dei terreni. Ormai si è perso lo spirito del tempo: tutta ‘sta gente che si affanna pur di ritagliarsi un trafiletto nella mente dei posteri…nel Medioevo ti compravi un feudo e bum, il gioco era fatto.
Vizzolo Predabissi infatti non si riferisce ad altro che a un “vicociolus”, diminutivo del latino “vicus”, ossia un gruppetto di case, di proprietà di Francesco e Sofia Predabissi. Anche a Milano c’è una viuzza intitolata a Frascesco Predabissi. Ma era Sofia a tenere le redini, e infatti si è guadagnata addirittura un viale, a Melegnano. A differenza dei Visconti di Gùd, tuttavia, pare che i Predabissi non si siano nemmeno dati la pena di costruire un castelletto…
Per capire la metà dei nomi dei Comuni dell’area metropolitana di Milano bisogna partire dal postulato storico seguente: i Cistercensi erano gli hipster dell’epoca. Prendevi un misero pezzetto di terra incolta, glielo davi, e loro, sempre con quell’aria distaccata, nel giro di qualche mese te lo facevano diventare “the place to be” della zona.
E’ quello che è successo a Colturano. Nel Medioevo, i nostri monaci cistercensi hanno preso in mano quelle terre aride e incolte e, introducendovi l’irrigazione, le hanno rese fertili e hanno cominciato a coltivare a man bassa. Da qui “Colturano”, da “cultus”, ossia “coltivato, coltivazione”.
# Casarile
Credits: Dario Gastoni – Conca sul Navilglio a Casarile
Qui andiamo sul facile. Se da una parte si coltivava la terra, dall’altra di faceva il formaggio. Dal latino “caseus”, Casarile rimanda al luogo dove si faceva e conservava il formaggio.
Etimologia lineare. Onesta. Senza asperità. Motivo per cui non ci soddisfa.
Siamo allora andati a cercare le versioni apocrife. C’è infatti chi fa risalire il tutto a “Casalium”, cioè il diritto di edificare case. Già più interessante. Oppure, e questa ci piace proprio per la sua inventività, da “Casa + Rile”: cioè una casa costruita su un “Rile”, forma dialettale per “fiumiciattolo”. E si scoprì che il Naviglio Pavese da quelle parti è un visto come un “fiumiciattolo”!
# Robecchetto con Induno
Credits: milanotoday.it – Robecchetto con Induno
Qui solo a leggerlo l’etimologo sa che troverà pane per i suoi denti.
Vi sorprenderà, ma l’origine di “robecchetto” non è evidente. Potrebbe venire da “rebec”, piccolo strumento ad arco, dotato di due o tre corde e diffuso nel Medioevo e il cui nome stesso deriverebbe dall’arabo rabaab. O potrebbe rimandare, più in generale, al concetto di legame, laccio, corda, dall’ebraico ribqaah o rhabqaa, indicante la coppia di buoi tenuti insieme dal giogo origine, tra l’altro, del nome Rebecca. O ancora, potrebbe derivare dal verbo francese “rébequer”, ossia rimbeccare, ribattere, dire indietro.
Induno, poi, è tutta un’altra storia. Si potrebbe pensare a una derivazione dall’arabo “duunum”, una misura di superficie dei terreni. Più probabile però l’etimologia che rimanda al “dunum” gallico, cioè una “citta fortificata”, etimologia che condivide con la città di Belluno. Gerolamo Induno, poi, già che ci siamo, fu anche un pittore e patriota del XIX secolo.
Questi gli elementi. Sembra una battaglia di Cluedo: io dico che sono stati i buoi, nella fortezza, con una delle corde del rebec.
# Trezzano Rosa
Credits: https://primalamartesana.it – Trezzano Rosa
Trezzano viene da “terriccia” o “terriccium”, quindi terricciola, o semplicemente terreno. E fin qui bene. Già sentiamo i passi veloci dei Cistercensi che si avvicinano sfregandosi le mani. Quello che però ci intriga è la specifica “Rosa”, aggiunta nel 1862 per distinguere questo Trezzano da altri contendenti al titolo, come Trezzano sul Naviglio. Nei documenti ufficiali non figura nessuna spiegazione in merito a questa scelta. Ci sono però varie ipotesi:
Rosa potrebbe riferirsi, banalmente, al fiore. Ma sì, ci saranno due roselline in qualche giardino a Trezzano! E quindi giù di simbologia con le rose per molte organizzazioni del paese. Altri fanno notare invece che Rosa era il nome della moglie del sindaco dell’epoca. Rosa, dunque, grande fan del già noto Sofia-Predabissi-style, si guadagna un posto nel nome del paese. E non solo: la sua pettinatura a treccia sarà anch’essa immortalata nello stemma comunale! Queste sì che erano influencer…
A noi però piace di più una terza ipotesi, che rimanderebbe Rosa al colore: il risultato che si ottiene mescolando Milano dallo stemma bianco e Bergamo la città dei garibaldini contraddistinti dalla camicia rossa, ossia le due città tra cui si colloca Trezzano Rosa, appunto.
E voi, la conoscete l’etimologia del vostro Comune?
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Nel lontano Natale del 1984, la Montagnetta di San Siro si trasformò in una pista di sci, mentre appena una decina di anni fa il Parco Sempione ospitò una prova del Campionato del Mondo di sci di fondo.
A questo punto, manca solo un passo estremo, un volo audace là dove osano le aquile: una pista da sci indoor, un luogo dove la neve non conosca stagioni, permettendo di sciare tutto l’anno. Un’idea visionaria? Forse. Ma il progetto esiste, così come il luogo in cui potrebbe prendere vita. Serve solo l’ultima scintilla, la condizione che trasformi il sogno in realtà.
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11 marzo. Il giorno in cui il sogno dello SkiDome a Milano sembrava per realizzarsi
Campionati italiani di sci al Monte Stella
# La pista da sci coperta: lunga 350 metri, larga 60, con un dislivello di 65 metri
credits: 4actionsport.it
Un impianto da sci coperto, con tre piste, un ristorante panoramico affacciato sulla zona d’arrivo, un’area commerciale dedicata agli sport invernali e un lussuoso albergo quattro stelle. Un progetto ambizioso, capace di portare l’inverno perenne nel cuore della Lombardia.
La pista principale, lunga 350 metri, larga 60 metri e con un dislivello di 65 metri, sarebbe affiancata da due piste più piccole, entrambe di 100 metri. Un’idea ispirata ai modelli internazionali, come quello avveniristico di Dubai, che permetterebbe di sciare tutto l’anno. Il costo? 50 milioni di euro per trasformare in realtà un’idea fuori dal tempo.
La location scelta non è casuale: il progetto prevedeva la costruzione dell’impianto accanto al Centro di Arese, il colosso dello shopping progettato dall’architetto Michele De Lucchi, uno dei più grandi centri commerciali d’Europa.
Era il 2016 quando, per la prima volta, Milano e la sua provincia iniziarono a immaginare un futuro in cui si potesse sciare senza attendere l’inverno. C’è stato un momento che tutto sembrava ormai a portata di mano. A marzo del 2021.
# La nuova bocciatura annunciata dal sindaco di Arese
credits: milanotoday.it
E pensare che l’11 marzo 2021 sembrava fatta: la Giunta Regionale aveva approvato l’aggiornamento dell’atto integrativo all’Accordo di Programma mirato alla riqualificazione complessiva dell’intera area. Questo significava far rientrare lo Ski Dome di entrare a far parte del progetto di riqualificazione.
L’iter burocratico si era messo in moto, coinvolgendo enti pubblici e privati in un piano ambizioso di riconversione dell’area. Il Collegio di Vigilanza aveva avviato valutazioni strategiche: l’ipotesi di strutture funzionali alle Olimpiadi 2026, lo studio dell’accessibilità tramite il trasporto pubblico locale e, infine, la ricerca di risorse finanziarie per sostenere i costi dell’intervento e della gestione.
Sembrava il preludio a un nuovo capitolo. E invece, dopo alcuni mesi, la fiammella dello Ski Dome si è affievolita, forse spenta definitivamente. A gelare ogni speranza è stata la sindaca di Arese, Michela Palestra, con un annuncio che ha spento l’entusiasmo: la pista da sci indoor non si farà. A meno che, all’ultimo momento, non arrivi un colpo di scena.
La svolta è arrivata con una riunione chiave in Regione Lombardia, il 18 ottobre 2022, alla presenza della proprietà, dei rappresentanti regionali e dei sindaci coinvolti nell’atto integrativo. Da tempo si chiedevano aggiornamenti sulla riqualificazione dell’area, ma l’incontro ha confermato la grande assenza: manca un investitore. Senza di lui, il progetto è stato rimosso dall’ordine del giorno.
Eppure, tra le righe, una porta resta socchiusa. Perché il sogno non è stato archiviato del tutto: basterebbe trovare chi è disposto a crederci. E, a ben vedere, i vantaggi di un’opera del genere sarebbero molteplici. Il tempo dirà se Milano potrà davvero avere la sua neve eterna o se questo resterà un sogno svanito nel nulla.
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Non solo Italo Treno, anche Trenitalia propone forti sconti per viaggiare con l’alta velocità delle Frecce in tutta Italia. Vediamo tutte le offerte disponibili.
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Viaggiare low cost con Trenitalia: tutte le soluzioni
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Per chi ha una certa flessibilità di viaggio è disponibile la promozione FrecciaDays, valida mercoledì, giovedì e sabato. Si può approfittare di sconti fino al 60% su Frecciarossa e Frecciargento, sia in prima che in seconda classe e nei livelli standard, premium e business, prenotando entro 21 giorni dalla partenza. Il biglietto è modificabile e rimborsabile solo scegliendo l’opzione “tiRimborso”, che con una trattenuta del 10% consente di recuperare il costo fino al giorno prima della partenza.
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Per chi ha più di 60 anni ed è iscritto gratuitamente a Carta Freccia, puoi viaggiare con tariffe ridotte:
Da 29 euro in seconda classe o livello standard,
Da 34 euro in premium,
Da 39 euro in prima classe o business.
Il biglietto non è rimborsabile o modificabile, salvo l’utilizzo dell’opzione di “tiRimborso”, con un aggiunta di 2 euro, per ottenere un rimborso fino a due giorni prima della partenza.
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Per gli under 30 c’è FrecciaYoung, disponibile solo per chi è iscritto a Carta Freccia. Viaggi in seconda classe o livello standard con prezzi a partire da 19€, 29€ o 39€ a seconda della tratta. Anche qui, nessuna modifica possibile, ma il rimborso è garantito fino a due giorni prima della partenza con una trattenuta del 10%.
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La formula “tiRimborso” è disponibile anche per la tariffa FrecciaMusic pensata per chi verso eventi musicali in treno. Offre sconti dal 30% al 75% su Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca.
# FrecciaFriends: il risparmio per i piccoli gruppi
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C’è poi FrecciaFriends, per chi viaggi in gruppo da 3 a 5 persone, che permette di ottenere sconti fino al 50% su Frecciarossa e Frecciargento. Vale la stessa regola delle altre offerte: prenotazione entro 10 giorni dalla partenza, niente modifiche, rimborso solo con “tiRimborso”.
# Freccia 2×1: viaggia in coppia, paghi la metà
Per le coppie è presente la promozione Freccia 2×1, che consente di pagare un solo biglietto per viaggiare insieme su Frecciarossa e Frecciargento, in prima e seconda classe e nei livelli standard, premium e business. Per aderire, basta prenotare entro 10 giorni dalla partenza.
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# Andata e ritorno in giornata e A/R in settimana: flessibilità e convenienza
La formula andata e ritorno è presente in due soluzioni:
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A/R in settimana: perfetto per chi si muove spesso per lavoro. Sconto del 40% il lunedì e venerdì, 50% il martedì e giovedì. Viaggi sui Frecciarossa e Frecciargento con possibilità di modifica ma non rimborso.
# Speciale AV Notte: Frecciarossa di notte a prezzi ridotti da Milano verso Puglia e Calabria
Notturni Trenitalia
Infine le offerte per i viaggi notturni, per chi ama viaggiare mentre il resto del mondo dorme. Speciale AV Notte è attiva per i collegamenti notturni da Milano fino alla Puglia e alla Calabria, con fermate a Bologna, Firenze, Reggio Emilia, Puglia, nelle giornate a più alta mobilità e con prezzi a partire da:
29,90 euro in livello standard,
34,90 euro in premium,
44,90 euro in business.
I biglietti disponibili fino a due giorni prima della partenza, ma in questo caso non sono né rimborsabili e né modificabili.
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Milano frenetica, Milano sempre di corsa. Ma dove si incontra sempre gente che corre, sbuffa, alza gli occhi al cielo e che è perennemente stressata?
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I tipi più stressati a Milano: 5 luoghi dove si incontrano
#1 In metro
Credits grazianig IG – M3 Repubblica
Il mezzo di trasporto dove si corre di più e dove si incontrano più tipi stressati. Se non ti infili nella metro nella tempistica giusta, che corrisponde a massimo 1 secondo, ti guardano male. Se non scendi in fretta, se sbagli lato sulla scala mobile, se non corri abbastanza, se non hai l’auricolare per parlare al cellulare. Anzi al cellulare parlano veloce, corrono veloce perché lo stress è adrenalina pura.
#2 All’Esselunga nell’ora di punta
Ezio Cairoli – Esselunga
Negli orari di punta, ossia dopo le 18. Finito il lavoro non si ha tempo di indugiare tra gli scaffali, aspettare il non netto che non sa scegliere tra il mandarino uno e il mandarino due. Gli stressati lanciano cose a caso nel carrello, in prevalenza dal reparto della gastronomia pronta, senza fare fila al banco salumi per carità e senza fare fila alle casse. Si va alle casse automatiche e pazienza per i sacri punti Fidaty.
#3 La mattina presto prima di andare al lavoro
pexels-Andrea Piacquadio-stress
Nella malaugurata ipotesi in cui lo stressato sia in ritardo, esce di casa ancora più stressato. Ha dormito poco e niente per via della call di oggi, ha trangugiato un caffè, non è riuscito a portare a spasso il cane dopo la corsetta delle 6.30, ha indossato il blazer blu navy anziché quello blu oceano benché assolutamente identici, pensa che sarà una giornata tremenda ma per fortuna corre, corre e ancora corre. Anche perché la moto non va.
Avendo trascorso una settimana iper stressante, lo stressato si stressa pure nel weekend. Benché sia una gita fuori porta di poco più di 1 ora, si stressa nel preparare il borsone da viaggio, si arrovella nel cercare di ricordare dove ha messo la trousse per il necessarie della toilette, nonché per il fatto che la tuta da jogging preferita non è ancora asciutta e l’altra non si trova. Unica alternativa i leggings aderenti verde fluo, che solo al pensiero di indossarli si stresserebbe pure il Dalai Lama. Ma pazienza bisogna partire, fare benzina, non fare tardi, arrivare presto, prenotare il ristorantino con la terrazza belvedere “e se stessi a casa?”
#5 In treno
Credits: ilsussidiario.net – Trenord
Quando si annuncia l’arrivo del suo treno balza in piedi come una molla e corre per raggiungere la porta di apertura il prima possibile. Scegliere un posto tranquillo dove isolarsi col cellulare o leggere il quotidiano, è fondamentale. Ma puntualmente non accade e in men che non si dica il vagone si riempie di mamme che urlano, bambini che urlano, il controllore che, non volendo essere da meno, urla pure lui. Che stress, forse era meglio prendere l’auto, ma vuoi mettere che stress pure in autostrada? E tu dove incontri tipi stressati?
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Sembra una favola. Il sogno della metropolitana rosa di Milano. C’era una volta tanti anni fa: ci sarà il lieto fine?
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Il grande sogno della metropolitana rosa a Milano
# Le prime ipotesi in fase di candidatura per Expo2015
Candidatura Expo 2015 linea M6
La prima occasione in cui si è iniziato a parlare di linea M6 è stata in fase di candidatura di Milano a Expo2015. Inizialmente era stata concepita come un tratto della futura M5, da Garibaldi a San Siro, poi come sdoppiamento della M1 per decongestionare la linea nei periodi di massimo nella tratta tra Duomo e Pagano. Il tracciato avrebbe dovuto comprendere il ramo della M1 da Bisceglie a Cadorna, come opera essenziale, per poi proseguire lungo il percorso Cadorna-Missori-Ludovica-Ripamonti. Fu stralciata in favore dellalinea M4, anche questa poi posticipata e conclusa solo nel 2024.
# Il progetto inserito nel PUMS del 2010
Pums orizzonte 2030 Moratti
Il primo passo verso questo sogno risale all’amministrazione Moratti, quando nel PGT e nel PUMS del 2010 l’Assessore ai Trasporti Carlo Masseroli propose una nuova linea metropolitana, identificata inizialmente con il colore arancione. Il tracciato immaginato con 37 fermate avrebbe dovuto attraversare Milano lungo un asse nord-sud, collegando Rho Fiera a San Donato, passando per quartieri come Quarto Oggiaro, Pagano, Porta Genova, Porta Romana e Ponte Lambro. Un’infrastruttura ambiziosa, pensata per unire la periferia con il centro, rispondendo così alla crescente domanda di mobilità efficiente, paragonabile per numero di stazioni alla M1 e alla M2. L’orizzonte era il 2030, insieme ad altre linee di metropolitane\metrotranvie, ma se tutto va bene quello potrebbe essere l’anno di inizio lavori.
# Il cambio di colore e di percorso nel PUMS del 2015
La linea M6 con le varianti previste nel PUMS
Con il cambio di amministrazione, arriva anche una nuova visione per la futura linea M6 nel 2015. Durante il mandato di Pisapia, l’Assessore Maran ripensa il progetto e ne cambia il colore da arancione a rosa. Anche il percorso si modifica, pur mantenendo un’idea simile nella parte settentrionale: il capolinea viene ipotizzato a Baranzate, Stephenson o Molino Dorino, con un passaggio centrale attraverso Cadorna e l’interscambio con M2 o M3. Nella parte sud, emergono due alternative: una verso Ripamonti fino a Noverasco, l’altra verso Ponte Lambro passando da Rogoredo. Da quel momento in poi il sogno è ritornato nel cassetto per diversi anni.
# La nuova visione della M6: da sud-est a sud-ovest
Credits metromilano – Nuova M6
Un primo passo concreto verso la realizzazione della sesta linea metropolitana di Milano si è avuto nel 2022, quando il Comune di Milano ottiene 4,5 milioni di euro per uno studio di fattibilità, ridisegnando completamente il tracciato: invece di collegare il nord con il sud, la M6 viene immaginata da sud-est e il sud-ovest della città. Il progetto prevede circa 12 stazioni, partendo da Ponte Lambro fino all’Ospedale San Paolo, con fermate strategiche a Santa Giulia, Zama (interscambio con la futura Circle Line), Piazzale Cuoco, Viale Ortles, Abbiategrasso (M2) e Lodi (M3). Nel frattempo Palazzo Marino ha detto che con la nuova metropolitana intende servire l’asse ovest non coperto dalla futura circle line.
# La sfida tra Comune di Milano e Governo Italiano
Nel mese di ottobre 2024 si attendeva la presentazione pubblica di sei ipotesi di tracciato per servire il sud di Milano, in particolare il Municipio 5 e il Vigentino, tra cui l’estensione della M2 da piazza Abbiategrasso.
Tra queste una delle più papabili, portata avanti da Palazzo Marino, sembra essere un tracciato che vada dalla futura stazione suburbana e della Circle Line di Merlata MIND a Ponte Lambro. Il blog Urbanfile ha provato ad immaginarne il percorso con 26 fermate e interscambi a: Lodi TIBB M3, Piazza Abbiategrasso M2, Frattini M4, Bande Nere M1, Segesta M5, QT8 M1.
Il Giornale – Percorso ipotizzato nuova M6
Il Governo Italiano vorrebbe riprendere la soluzione pensata per Expo2015 e quindi sbinare la linea M1, per poi scendere con il tracciato lungo via Ripamonti fino a Opera/Locate Triulzi. In quel punto vorrebbe realizzare un hub d’interscambio con la futura stazione AV della linea Milano-Genova.
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Come si chiamano i milanesi? Queste le statistiche ufficiali.
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Questo è il nome più diffuso a Milano
# A Milano spopolano gli evangelisti
Secondo i dati dell’ufficio anagrafe del Comune di Milano, i genitori milanesi amano molto gli evangelisti. I dieci nomi maschili più diffusi a Milano sono questi:
#10 Roberto
#9 Alessandro
#8 Matteo
#7 Giovanni
#6 Antonio
#5 Davide
#4 Giuseppe
#3 Luca
#2 Andrea #1 Marco Tra i nati degli ultimi cinque anni invece i nomi preferiti sono: Leonardo, seguito da Francesco e Alessandro.
# La top 10 dei nomi femminili di Milano
Credits: @mi_tomorrow Madonnina
I nomi femminili più diffusi a Milano sono invece questi:
#10 Simona
#9 Martina
#8 Silvia
#7 Francesca
#6 Chiara
#5 Federica
#4 Anna
#3 Paola
#2 Laura #1 Maria
Tra le nate degli ultimi cinque anni invece i nomi preferiti risultano: Sofia, seguita da Martina e Giulia.
# E in Italia?
Tra gli italiani il nome maschile più diffuso è Giuseppe. Ma tra le nuove generazioni i più diffusi sono: Leonardo, seguito da Francesco, Lorenzo, Alessandro, Andrea, Mattia, Gabriele, Riccardo, Tommaso e Matteo.
Il nome femminile più comune in Italia rimane Maria. Ma tra le nuove nate i più diffusi sono: Sofia, seguita da Giulia, Aurora, Emma, Giorgia, Ginevra, Alice, Beatrice, Greta e Martina.
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Un grattacielo, che è la struttura simbolo delle città moderne e all’avanguardia, è una delle poche strutture importanti che mancano a Roma. Questo se non si conta l’Euroskydel Torrino, edificio che si fa difficoltà a chiamare grattacielo. Tuttavia progetti audaci, poi mai realizzati, ce ne sono stati. Quali sono? Dove sarebbero sorti? Ma, soprattutto, Roma ha bisogno di un grattacielo per definirsi moderna e all’avanguardia?
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I grattacieli mai realizzati a Roma: c’è anche quello che doveva essere il più alto del mondo
# L’Eternale, il grattacielo più alto del mondo sognato da Mussolini
Credits: archdaily.com – La Mole Littoria
L’Eternale è stato un progetto ambizioso, e per certi aspetti folle, che sarebbe dovuto essere realizzato durante il periodo fascista. Secondo le intenzioni di Mario Palanti, l’architetto milanese che ha immaginato il grattacielo, esso avrebbe dovuto «eternalizzare per secolil’operato del governo fascista nella città eterna». Un’opera sostanzialmente “invadente” nello spazio e nel tempo, se si considera che il sole riflesso sul marmo utilizzato per la costruzione si sarebbe visto per tutta la provincia di Roma. Il luogo in cui si proponeva di costruirlo era, ovviamente, una zona centrale della città in cui ovviamente lo spazio non sarebbe mai bastato se non abbattendo altre strutture preesistenti. La realizzazione di questo grattacielo non fu mai compiuta, certamente perché il progetto era troppo ambizioso, ma anche per le innumerevoli critiche che la sola ipotesi attirò su di esso.
# I grattacieli di 220 metri previsti nel progetto dello Stadio della Roma
Credits: rinnovabili.it – Grattacieli As Roma
Nel progettare il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, oltre al complesso sportivo rientravano anche altre strutture secondarie tra cui tre grattacieli. L’idea si sarebbe dovuta affidare all’architetto Daniel Libeskind, lo stesso della celebre “torre” a Milano facente parte del progetto CityLife. I tre grattacieli avrebbero dovuto ospitare diversi uffici o locali di uso commerciale e avrebbero dovuto raggiungere i 220 metri di altezza, quota mai raggiunta a Roma, senza considerare che questi avrebbero dovuto valorizzare un aspetto ambientale, con tutta una parete green che, riflettendo il verde che collegava stadio e strutture, rilanciava il tema della sostenibilità. Insomma, anche questo un progetto ambizioso che fu bloccato perché non tutelava adeguatamente le qualità paesaggistiche e ambientali della zona, motivo tra gli altri che ha bloccato il progetto. Ad oggi, il solo progetto dello stadio fatica ancora a trovare una concreta possibilità di realizzazione e, con esso, anche l’idea dei grattacieli sembra essere lontana.
# Eurosky, il nostro piccolo grattacielo
Ph: euroskyroma – Instagram
Tuttavia un “grattacielo” a Roma c’è. Si trova al Torrino, realizzato in pieno stile neo-razionalista, che mantiene dunque una certa coerenza con lo stile di tutto il quartiere confinante, cioè l’Eur. Si tratta di una struttura di uso sia residenziale che commerciale che, con i suoi 155 metri di altezza compresi di antenna e guglia, è l’edificio più alto della Capitale e tra le strutture residenziali più alte d’Italia. Tuttavia, se volessimo paragonarlo ai grattacieli del resto d’Europa, capiremmo che la stessa parola “grattacielo” si dovrebbe usare con più prudenza. In Europa, infatti, il grattacielo più alto è il Lakhta Center a San Pietroburgo, che conta 462 metri d’altezza. Mentre solo al 6° posto della classifica europea c’è Varso, a Varsavia, che con i suoi 310 metri d’altezza doppia il tentativo romano. Un piccolo tentativo che comunque ci facciamo andare bene.
# Roma ha bisogno di un grattacielo?
Immagine creata con l’IA
La vera domanda che dovrebbe sorgere quando si trattano certi argomenti è: Roma ha bisogno di un grattacielo? Servirebbe forse a rendere la nostra città più “moderna“? Se è questo l’obiettivo, dovremmo allora decisamente concentrarci su altro, riflettendo sul fatto che per potersi considerare più moderna la nostra città avrebbe bisogno di rivoluzionare i trasporti, la circolazione, l’accessibilità alle strutture sanitarie… Insomma, tutt’altro che un grattacielo.
E dal punto di vista culturale o artistico? È inutile anche parlarne, d’altra parte si potrebbe sfidare chiunque a trovare un posto adatto in cui mettere un’opera simile senza distruggere l’armonia del panorama romano, costituita dalle sue caratteristiche cupole, alternate alle rovine dell’antichità, poste a loro volta tra gli immensi punti verdi che questa città offre. Siamo, dunque, realmente sicuri di volere un vero grattacielo a Roma?
Milano ha una popolazione di poco superiore agli 1,4 milioni di abitanti: risulta al secondo posto in Italia dietro a Roma, davanti a Napoli (974.074) e a Torino (890.529). Ma in passato aveva più abitanti: quando è stato il record della sua storia?
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Quando si puntava ai due milioni: il giorno del record di abitanti nella storia di Milano
# L’anno in cui si puntava ai due milioni
Il record di abitanti Milano lo ha toccato nel 1973 con 1.743.427. Era l’anno della crisi petrolifera e delle domeniche a piedi, della “fatal Verona” che fece perdere lo scudetto al Milan all’ultima giornata, dello “Scandalo Lockheed” con le dimissioni del presidente della Repubblica Leone. Era l’anno dell’Esorcista nei cinema, della Pazza Idea di Patty Pravo, in tv si vedevano Lassie e Canzonissima. Allora Milano sembrava destinata ad arrivare a quota 2 milioni, invece ci fu l’inversione di tendenza con la riduzione dell’immigrazione dal sud Italia e lo spostamento di molte famiglie in altre aree residenziali dell’hinterland.
# Al nono posto per densità di popolazione
Come densità di popolazione per superficie Milano occupa il nono posto con 7.408 abitanti per chilometro quadrato. Ai primi sei posti di questa classifica ci sono tutti comuni della provincia di Napoli: Casavatore, Portici, San Giorgio a Cremano, Melito di Napoli, Napoli e Frattaminore.
Unici comuni nella top 10 dei più affollati che non sono nella provincia di Napoli sono Bresso e, appunto, Milano. Il comune con la minore densità di abitanti è Briga Alta in provincia di Cuneo con 0,75 abitanti per metro quadrato.
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Lontano anni luce dalle uscite capolavoro della metropolitana di Napoli, ma anche dalla stazione di Amendola Fiera sulla M1 costruita negli anni ’60. Possibile che la città del design non riesca a partorire qualcosa di meglio?
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L’orrendo catafalco della metro dello Stadio San Siro
# L’apoteosi della bruttezza al capolinea ovest della linea M5
Uscita M5 prima tratta
Il punto di forza della linea M5 non è di certo la bellezza delle sue stazioni, soprattutto le coperture realizzate per gli accessi. Le più brutte si trovano lungo la prima tratta, quella verso nord che conduce a Bignami, con le scale mobili protette da una una struttura curva in lamiera di colore verde e le scritte M5 viola sui fianchi. Pessima la scelta dei materiali, la forma della struttura e l’abbinamento dei colori, come un pugno in un occhio.
Urbanfile - Fermata Stadio M5
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Urbanfile - Stadio San Siro M5
Urbanfile - Fermata Stadio M5
Urbanfile - Stadio San Siro M5 interno
La situazione migliora nella prosecuzione del tracciato verso ovest, fino al capolinea allo Stadio San Siro. Proprio qui c’è l’apoteosi della bruttezza. La stazione che serve il Meazza ha l’uscita più grande di tutte le altre della linea, per consentire in modo sicuro l’afflusso e il deflusso dei tifosi tifosi di calcio e dei fani dei concerti grazie anche a tornelli di prefiltraggio al piano strada. Lo spazio è ampio all’esterno della stazione e non ci sono limiti in altezza, pertanto si sarebbe potuto costruire qualcosa di iconico. Purtroppo si è scelto di realizzare un orrendo catafalco grigio in lamiera, che assomiglia più a un magazzino di una zona industriale oppure, come suggerisce Urbanfile, a un deposito per materiali edili o a una banale velostazione. Non si è pensato nemmeno a un gigantografia dello stadio da applicare sulle pareti, per mitigare l’impatto, o altri elementi artistici e di design. Il nulla cosmico.
# Non si è fatto meglio con la M4: la Soprintendenza ha vietato le coperture nelle stazioni centrali
Maps – Repetti M4
Un passo in avanti è stato fatto con la M4, ma anche in questo caso è stato scelto un design dozzinale che niente ha a che vedere con la nomea della città, sede del celebre premio del Compasso d’Oro, uno dei più prestigiosi premi internazionali di design. Dei brutti parallelepipedi in colore grigio scuro, adatti forse per un garage, vietati infatti dalla Soprintendenza per le stazioni centrali da Sant’Ambrogio a Sforza Policlinico.
Una delle ipotesi iniziali dell’uscita San Babila M4
E dire che sarebbe bastato scegliere una delle ipotesi progettuali iniziali, con uscite caratterizzate da eleganti strutture in vetro trasparente armonizzate alla perfezione con l’ambiente circostante.
# I capolavori della metro di Napoli
Stazioni Napoli
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Credits studiosarti.it - Metro duomo Napoli
Bretella Monte Sant’Angelo, Italia - Webuild
Come per gli interni, anche per gli esterni delle stazioni Milano ha molto da imparare da Napoli. C’è ad esempio quella di Duomo con una cupola in vetro trasparente che lascia passare la luce naturale consentendo di vedere i resti archeologici sottostanti, la Stazione Monte Sant’Angelo, con una scultura monumentale progettata dall’artista Anish Kapoor con una forma che ricorda una grande ciambella o una fenditura nel terreno, con superfici sinuose e curve morbide.
Stazioni Napoli
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webuild - Rendering progetto stazione Capodichino
webuild - Stazione Capodichino
Comune di Napoli - Centro Direzionale Napoli
Troviamo poi la Stazione di Capodichino, protetta in superficie da una tettoia metallica ispirata a un hangar e che poi si sviluppa in profondità per 50 metri con un architettura che ricorda il Pozzo di San Patrizio. Infine quella del Centro Direzionale, una struttura ondulata con coperture in vetro e acciaio e una design caratterizzato da linee fluide e dinamiche, che creano un effetto visivo di movimento continuo.
# L’esempio a Milano sulla linea M1 con il gioiello di Amendola
Stazione Amendola M1
Anche Milano è però capace di stupire, come con la stazione Amendola Fiera della M1, a testimonianza del fatto che la funzionalità può andare a braccetto con la bellezza. La sua copertura, realizzata nel 1964, è stata progettata in uno stile elegante e funzionale dall’architetto Arrigo Arrighetti e presenta una struttura curvilinea che riflette la modernità della città. Il design, ispirato alla leggerezza, si caratterizza per una grande tettoia in vetro e acciaio, che avvolge l’ingresso in un abbraccio luminoso, simboleggiando l’interconnessione tra la metropolitana e l’architettura dinamica della zona fieristica. La stazione ha ottenuto la qualifica di bene architettonico tutelato dalla Soprintendenza, in quanto esempio di architettura e design moderno.
Possibile quindi che la città del design non riesca a partorire qualcosa di meglio per le sue nuove metropolitane?
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Il nuovo videopodcast di Milano Città Stato, dove cinque ragazzi ventenni, con personalità e visioni del mondo diverse, si confrontano apertamente sulle loro esperienze. La prima puntata di Ci vediamo a Fermento sul canale di youtube di Milano Città Stato.
Regia: Francesco Leitner. Prodotto da: Fabio Novarino. Location: Fucine Vulcano APS – Via Fabio Massimo 15/12 (IG: @fucinevulcano).
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La foto del giorno: oggi siamo in via Lorenzo Ghiberti (zona Ex Fiera)
Ph. @milanoeprovincia IG
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Gli ingenti investimenti e i lavori per costruire le gallerie di base sotto le Alpi rischiano di essere inutili se non si interviene nel nodo di Como. Arrivati in Italia i treni che arrivano dalla Svizzera procedono a passo di lumaca.
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Alta velocità: Como «tappo» tra Milano e il cuore d’Europa
# Da Milano a Zurigo in tre ore: ma potrebbero essere meno
Credits alptransit.ch – AlpTransit
Tutti gli sforzi per collegare con l’alta velocità Milano con l’Europa, passando per la Svizzera, rischiano di essere vanificati. Nonostante infatti gli ingenti investimenti e i lavori per costruire l’AlpTransit,all’altezza di Como si crea “un tappo” che rallenta in modo sensibile il transito dei treni verso Milano.
In breve l’Alptransit è una ferrovia transalpina, in fase di rapido avanzamento sul territorio svizzero, e che ha visto la costruzione di tre nuove gallerie tra il 2007 e il 2020: la galleria del Lötschberg, quella del San Gottardo che con i suoi 57 chilometri è il tunnel ferroviario più lungo del mondo e la galleria di base del Ceneri. Già con l’apertura dalla galleria del San Gottardo si sono ridotti i tempi di viaggio tra Milano-Zurigo, da 5 ore si è passati sole 3 ore attuali, ma la situazione migliorerebbe ancora se la infrastrutture lato italiano fossero adeguate.
# Nella tratta Lugano-Como-Milano i treni inchiodano: passano da 200 a nemmeno 50 chilometri orari
Credits miss__trainspotter__2002 IG – Treno svizzero Stazione Centrale
A spiegare nei dettagli la situazione ci ha pensato Remigio Ratti, professore dell’Università di Friburgo, durante il convegno “Il progetto AlpTransit”: “Si è fatto il cuore di Alp Transit ma mancano le arterie. La Svizzera ha realizzato tre gallerie di base capaci di rendere le Alpi una ferrovia di pianura ma resta il loro completamento da frontiera a frontiera, pena un suo antistorico aggiramento via Brennero o Frejus. L’Italia sta facendo un vero balzo in avanti grazie al Pnrr con il riassetto dei porti liguri e gli investimenti sulla Genova-Milano ma il corridoio Reno-Mare sembra tuttavia interrompersi nella capitale lombarda. Sulla Milano-Como-Chiasso si rischia di rimanere agli investimenti tecnologici per l’esercizio ormai completati, ma non in grado di garantire dopo il 2030 capacità e servizi di qualità all’altezza delle nuove sfide. Come si può pensare di continuare a percorrere la tratta Lugano-Como-Milano alla velocità di nemmeno 50 chilometri orari dopo i 200 e oltre della gallerie di base?”.
# La galleria di Monte Olimpino non è adatta per i treni ad alta velocità
Credits jaroslavrudis IG – Stazione Como
A questo si aggiunge il fatto, come segnalato da Riccardo De Gottardi già direttore della Divisione sviluppo territoriale e mobilità del Dipartimento del Territorio del Canton Ticino, dell’impossibilità della galleria Monte Olimpino a far transitare i treni previsti: “Oltre ciò, giusto per fare un ulteriore esempio, la galleria Monte Olimpino non è adatta e attrezzata a far passare i treni che arriveranno”.
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San Donato – Maciachini, dal 2003 Comasina, passando per Affori e, cosa più importante, per il Duomo. La linea 3 della metropolitana di Milano, “la Gialla”, è bella.
Ecco 10 motivi per apprezzarla detti da chi ha cercato di lasciarla, ma da una vita la solca avanti e indietro, avanti e indietro…
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10 motivi per cui la gialla è la più bella metro
#1 La Metro nuova
Credits hopefulbeers IG – Linea M3
Per un sacco di tempo è stata la metro nuova, quella più pulita, la più corta come numero di fermate, e quindi, anche la più sicura per le mamme che dovevano fare i conti con le prime uscite indipendenti dei loro pargoli. “Meno male che è in Duomo”
#2 Metro-via di fuga
Credits chlotravelstheworld IG – M3 Milano
Se devi prendere un treno da Rogoredo, Centrale, o dai passanti ferroviari, è la metro più immediata. Senza parlare degli snodi e dei passanti ferroviari…
#3 Metro-democratica
Fabio Marcomin – Porto di Mare M3 esterno scale
Da Duomo a San Donato ci vogliono 15 minuti esatti e con un solo biglietto della linea urbana. Il che significa che, con 1,50 euro, sei arrivato in periferia e non te ne sei accorto. Ottimo per chi deve raggiungere il Policlinico di San Donato Milanese, fiore all’occhiello della sanità lombarda e molto gettonato anche da chi abita in centro a Milano.
#4 La metro risparmia tempo
Credits romag73 IG – Missori M3
In 10 minuti netti sei in centro. Tra una fermata e l’altra passano giusto un paio di minuti. Insomma: puoi fare il giro di Milano in mezz’ora, comodamente trasportato.
#5 Metro Moda
Credits grazianig IG – M3 Repubblica
La Linea Gialla ferma in Montenapoleone, cuore pulsante del lusso e della moda meneghina, meglio, italiana. I veri utenti della via non prendono i mezzi, ovvio, ma per chi arriva con la metro vuoi mettere il senso di soddisfazione nell’emergere tra l’isolato Armani e il Grand Hotel de Milan?
Voglia di un momento di relax ma senza l’ansia del traffico e dell’auto? La parola magica è… Porta Romana-QT Terme. Ottima idea soprattutto quando, al rientro a casa, il relax prende possesso del corpo e non è consigliato mettersi alla guida.
#7 Fondazione Prada
Credits: @ fondazioneprada IG
Ancora moda, ancora luoghi “cool”. Va bene, non è esattamente al di fuori della metro di Porta Romana o Lodi T.B.B., ma la Signora Miuccia è riuscita a far partire un autobus, il 79, che porta comodamente dalla metro al nuovo polo dell’arte-fashion meneghina. Troppa la distanza? Preferivate farvi vedere da tutti, in arrivo con i mezzi pubblici?
#8 Metro – Teatro
Credits: @1mateuszcz M3
Crocetta e il Carcano. Ovvero: di quando hai voglia di andare a teatro in centro ma non ci pensi nemmeno un attimo a dannarti per l’auto.
#9 Metro-archeologia
Porta Romana M3
Se esci alla stazione Missori, ecco di fronte, musealizzata, una strada romana lastricata con il suo bel pavè tardo medievale. Se emergi a Porta Romana, ecco stagliarsi in tutto il suo splendore una delle sei porte di Milano. Venne eretta nel 1596 in occasione dell’ingresso di Margherita d’Austria-Stiria, promessa sposa di Filippo III di Spagna. Ed ecco le mura medievali e spagnole della città.
#10 E’ così bella da finire in un video musicale
Correva l’anno 2001 e Vasco Rossi sceglieva proprio il capolinea di San Donato per girare il suo videoSiamo Soli. Forse perché l’ultima stazione della metro ha sempre quel non so che di malinconia?
Il 10 marzo 2000 con un primo calo del 10% nella Borsa di Milano ebbe inizio un crollo che portò in pochi mesi al collasso del mercato. E’ la fine di un periodo storico incredibile in cui a Milano il denaro sembrava scorrere a fiumi verso chi aveva una buona idea. Come non successe mai più.
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10 marzo 2000. Il grande crollo: si sgonfia la bolla delle internet company
Andamento della Borsa di Milano dalla bolla internet di inizio anni duemila in poi
Ci sono stagioni che brillano di una luce particolare, momenti in cui tutto sembra possibile. Milano, alla fine degli anni ’90, visse una di quelle stagioni magiche, sospesa tra euforia e illusione. Erano gli anni della bolla delle dot-com, un vortice di innovazione e speculazione che prometteva di riscrivere le regole dell’economia.
Si parlava di new economy, di un mondo nuovo in cui il profitto contava meno della crescita esponenziale degli utenti. Bastava un’idea, un dominio internet e una ragione sociale con dentro un “.com” per far impennare le quotazioni. Il denaro scorreva a fiumi: investitori, accademici e manager in pensione inseguivano giovani talenti con un sogno digitale, pronti a finanziare anche le idee più stravaganti.
Il boom generò situazioni surreali. Tiscali, la giovane stella del web italiano, arrivò a valere 18 miliardi di euro, più della Fiat. Virgilio Degiovanni, con il suo progetto Freedomland, scommetteva su una Internet dentro la TV, mentre Nicola Grauso accumulava domini come fossero pepite d’oro. Intanto, motori di ricerca preistorici come Excite tentavano di sfidare il futuro.
Ma quando i sogni si costruiscono sulla sabbia, prima o poi arriva la marea. Il 10 marzo 2000 bastò un primo calo del 10% per innescare il crollo. In pochi mesi la new economy si sbriciolò. Sul Nasdaq, metà delle società quotate nel 2000 scomparve entro il 2004. Colossi come Cisco Systems persero il 90% del loro valore, mentre Amazon.com, dopo essere crollata da 107 a 7 dollari per azione, si sarebbe poi rialzata in modo epico nel decennio successivo.
Alla Borsa di Milano, le superstar di ieri divennero i fallimenti di domani: Biscom, Finmatica, Freedomland si dissolsero nel nulla. I 18 miliardi di Tiscali? Dieci anni dopo erano ridotti a 200 milioni. Il sogno si era infranto, lasciando dietro di sé un deserto di poltrone in pelle umana e piante di ficus, come nei sogni di gloria del ragionier Fantozzi.
Eppure, da quel periodo sono sopravvissuti alcuni protagonisti: Volagratis (oggi BravoFly), Affaritaliani, Mutuionline. E soprattutto, resta la memoria di un’epoca folle e straordinaria, in cui un’idea brillante poteva valere una fortuna e un punto messo al posto giusto poteva cambiare un destino.
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La "statua della libertà" del Duomo di Milano. Foto di Andrea Cherchi (c)
In un sondaggio abbiamo chiesto ai milanesi di dirci le parole italiane più belle. Queste le risposte più apprezzate.
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Le 7 parole più belle in italiano… secondo i milanesi
#7 Pace: inizio come una cannonata, la fine con un dolce sorriso
Credits dimitrisvetsikas1969-pixabay – Arco della Pace
Forse dipende dall’attualità. Una guerra in Europa porta incubi. Per fortuna che esiste nella lingua italiana una parola bellissima. Pace. La prima sillaba è come se esplodesse in bocca come una cannonata, la seconda risuona dolce come un sorriso.
#6 Ciao: tre vocali in successione che fanno ruotare le labbra
Credits Mood101-pixabay – Frecciarossa in Stazione Centrale Milano
Parola talmente iconica da diventare il nome della mascotte di Italia ’90. Una delle poche parole con tre vocali in successione, che fanno ruotare la bocca. Pochi sanno che si usa anche all’estero, ma con una differenza: oltre frontiera è sinonimo di arrivederci, si usa solo quando ci si separa.
#5 Libertà: un crescendo rossiniano tra le sillabe
La “statua della libertà” del Duomo di Milano. Foto di Andrea Cherchi (c)
Una parola che forse a Milano è amata più che altrove. La città più liberale e libertaria che invoca da sempre più autonomia. Sia a livello individuale che per l’intera città. Suona benissimo in italiano, con un crescendo rossiniano amplificato dall’accento sull’ultima sillaba. li-ber-tà.
#4 Milano: come un movimento di danza
Credits Andrea Cherchi – Milano vista dall’alto
La parola che rende questa classifica più milanese Doc. Difficile immaginarla menzionata altrove. Tre sillabe, tutte di due lettere, tutte con la prima consonante e la seconda vocale. Suona un po’ come un movimento di danza: mi- verso di noi, la- come un allontanamento, no- come un blocco finale. Bellissima.
#3 Grazie: regala un sorriso
La scultura “Le tre Grazie” in piazza Piemonte
Una di quelle parole che tonificano l’animo a dirla o a riceverla. Quella zeta prima del dittongo finale è deliziosa. Anche perché costringe al sorriso.
#2 Amore: la più nota nel mondo
Un classico. Basta identificarsi come italiani e ovunque nel mondo la prima parola che viene detta è “amore”. Tre sillabe. Nella prima c’è solo la, la bocca si allarga, poi si chiude con le labbra che si toccano e infine il -re finale si chiude con un sorriso. Favolosa.
#1 Mamma: le labbra si baciano due volte
Credits: @mi_tomorrow Madonnina
Il grande amore di ogni italiano. La prima che abbiamo detto nella nostra vita. Quando la si dice le labbra si baciano due volte.
Credits Andrea Cherchi - Skyline Porta Nuova notturno
Quanto è grande la nostra città, in termini di popolazione?
La risposta è… dipende! Perché Milano può essere considerata su tre livelli distinti: il Comune di Milano, che è il nucleo storico del territorio ambrosiano, la Città Metropolitana di Milano, che rappresenta la vecchia provincia, e infine c’è la cosiddetta Grande Milano secondo la classificazione OCSE. Quest’ultima comprende i comuni esterni all’area metropolitana, ricadenti in altre provincie e persino in altre regioni, ma facenti parte del territorio su cui Milano esercita un’influenza socio-economica determinante.
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Abitanti a Milano: quanti siamo nel 2025?
# Il Comune di Milano: 1,4 milioni (persi più di 10mila abitanti in un anno)
Milano
Milano rimane stabile sopra quota 1,4 milioni di abitanti, confermandosi la seconda città più popolosa d’Italia dopo Roma. Dopo il calo registrato negli anni della pandemia, la città ha ripreso a crescere: al 31 dicembre 2024, il sistema statistico comunale conta esattamente 1.407.044 residenti, in leggera diminuzione di 10.553 unità rispetto al 2023, inclusi cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno.
Proviamo a fare qualche confronto: anche solo come Comune, Milano ha più abitanti di interi Stati dell’Unione Europea. La metropoli lombarda supera infatti la popolazione di Cipro, Malta, Estonia e Lussemburgo. Ma il confronto cambia se si guarda a un’area più ampia, come accade in molte grandi città del mondo, dove il confine comunale non racconta tutta la storia. Ma quanto sarebbe grande Milano se la considerassimo come una vera area metropolitana?
La popolazione della Città Metropolitana di Milano è in costante aumento del 2012. Secondo l’ultima rilevazione, i residenti sono 3.3251.852. Anche in questo caso si conferma al secondo posto come area urbana più popolosa d’Italia, subito dopo Roma. Ma il dato diventa ancora più interessante se lo confrontiamo con l’Europa.
Con questi numeri, Milano Metropolitana si piazza al sesto posto tra le città dell’Unione Europea. E c’è di più: se già il solo Comune di Milano batteva Cipro, Malta, Estonia e Lussemburgo, l’intera area metropolitana li supera abbondantemente anche sommati tra loro. E non è finita: la Città Metropolitana ha più abitanti anche di Lituania, Lettonia e Slovenia, la cosiddetta “Svizzera dei Balcani”.
Milano, insomma, non è solo una città italiana: è una realtà che per dimensioni e numeri può competere con intere nazioni.
# La Grande Milano (Ocse): 8 milioni di Milano
Credits rogersmith87 – Area metropolitana Milano
E poi c’è la Grande Milano, una realtà che va ben oltre i confini amministrativi, estendendosi a parti della Lombardia, del Piemonte e dell’Emilia. Qui si parla di una vera e propria regione metropolitana, la seconda più grande dell’Unione Europea dopo Parigi (dopo l’uscita di Londra dalla UE). Secondo le stime dell’OCSE, la popolazione supera gli 8 milioni di abitanti, il doppio di Roma.
Proseguendo il confronto con gli Stati membri dell’UE, la Regione urbana di Milano conta più abitanti anche di Finlandia, Irlanda, Danimarca, Croazia, Slovacchia e Bulgaria.
# La Grande Milano non è solo un dato statistico ma un’esigenza perché la città diventi tra le protagoniste in Europa
Credits: Andrea Cherchi
Il riconoscimento del peso demografico di Milano non è un semplice esercizio di confronto, ma la presa di coscienza del suo ruolo in Italia, in Europa e nel mondo. Un dato su tutti: Londra ha rivendicato con forza uno status speciale, ai limiti dell’indipendenza, proprio perché è la più grande regione metropolitana dell’Unione Europea ed è il vertice settentrionale della Blue Banana, l’asse economico e produttivo che attraversa il continente e che ha il suo estremo meridionale proprio a Milano.
No, non è una questione di numeri fine a se stessi. È una vocazione al protagonismo che lega Milano a Londra attraverso il cuore pulsante d’Europa, ed è un’identità da difendere e valorizzare. Anche Milano e la sua area metropolitana meritano uno status speciale all’altezza della loro importanza strategica.
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Ogni giorno, oltre un milione di persone si muove sulla metropolitana milanese, un crocevia sotterraneo di destini, incontri e stranezze. Tra corse frenetiche e attese sospese, abbiamo raccolto alcune delle storie più surreali accadute tra i vagoni e le banchine. Queste sono le vicende più folli.
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Le 7 persone più strane incontrate sulla metro di Milano
# Porta Romana porta a Roma: «È questa la linea per raggiungere la stazione Tiburtina?»
“Scusi, per andare alla stazione Tiburtina?”
«Appena fuori dalla M3 a Porta Romana, mi ferma una giovane mamma francese con due bambini appresso. Mi chiede: È questa la linea per raggiungere la stazione Tiburtina?» (Marco R.)
# La ragazza sullo skate col topolino
Ph. Rob Owen-Wahl (Pixabay)
«Ragazza di 15-16 anni con topolino in una scatola: andava in giro in skate nei corridoi della metropolitana» (Jessica E.)
# L’uomo con collo di pelliccia di gatto (vivo)
«Sulla gialla ho visto un uomo con un gatto intorno al collo tipo collo di pelliccia. Vivo.» (Viviana D.)
# L’uomo col casco
«Ai tempi del Covid sulla verde a Loreto è salito sulla metro un uomo con casco integrale. Forse era allergico alla mascherina» (Gianni T.) Nota: nella foto un uomo con la testa da leone sulla metro di Londra.
# Il procione di De Angeli
Credits dagospia – Procione al guinzaglio a Milano
«Un procione al guinzaglio. Sono scesi entrambi a De Angeli M1» (Milva G.)
# Un uomo in giacca, cravatta e boxer
www.mondoaeroporto.it
«Ho visto uno in giacca e cravatta e boxer, sulla gialla. Con invidiabile nonchalance ha fatto tutto il tragitto come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.» (Viviana D.)
# Il piccione pendolare
Ph. Liguriaoggi.it
«Un piccione che saliva a Inganni e scendeva a Gambara. Tutte le mattine.» (Elisabeth S.)
Nella classifica dei monumenti più alti d’Europa l’Italia fa bella figura. In particolare a svettare è la Lombardia, l’unica regione europea a piazzarne due. Scopriamo la graduatoria completa.
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I 10 monumenti più alti d’Europa: due sono in Lombardia
#10 Il Duomo: 108,5 metri in altezza grazie alla Madonnina
Credits: Andrea Cherchi – Duomo
Il Duomo di Milano rientra nella classifica dei monumenti più alti d’Europa piazzandosi al decimo posto. Il merito va ascritto alla Madonnina di oltre 4 metri posta sulla guglia maggioreche porta il simbolo della città aun’altezza di 108,5 metri.
#9 La statua dal Cristo-Rei a Lisbona: 110 metri
Credits: lisbona.italiani.it
Cristo supera la Madonna. Il nono posto è infatti occupato dalla statua dal Cristo-Rei, posizionato di fronte alla città di Lisbona e al Ponte “25 de Abril” in località Almada. I suoi 110 metri di altezza ne fanno il monumento più alto del Portogallo.
#8 Il Torrazzo di Cremona: 112 metri
Credits: originalitaly.it
Poco conosciuto a livello turistico internazionale, il Torrazzo di Cremona è il più alto monumento della Lombardia e si posiziona all’ottavo posto in Europa. È accanto al duomo ed è l’attrattiva simbolo della città della bassa lombarda, con un’altezza pari a 112 metri.
#7 Il Duomo di Mortegliano, in provincia di Udine: 113 metri. Il più alto monumento d’Italia
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Il settimo posto della classifica spetta a un altro monumento italiano, il Duomo di Mortegliano in un piccolo comune della provincia di Udine. Pochi sanno che si tratta del più alto in Italia, capace di raggiungere i 113 metri con il suo campanile.
#6 Il Duomo di Vienna, la cattedrale di Santo Stefano: 136 metri. Uno dei campanili più alti del mondo
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Al sesto posto troviamo il Duomo di Vienna, ribattezzato dai viennesi con l’appellativo di Steffl, diminutivo di Stephansdom. La cattedrale di Santo Stefano presenta uno dei campanili più alti del mondo, con i suoi 136 metri d’altezza.
#5 La Basilica di San Pietro: 138 metri. Il monumento più grande del mondo
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La Basilica San Pietro occupa il quinto posto della top 10 dei monumenti più alti d’Europa con 138 metri. La chiesa simbolo della cristianità nel mondo è anche il monumento più grande in assoluto.
#4 La Cattedrale di Notre-Dame a Parigi: 151 metri
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La Cattedrale di Notre-Dame tocca quota 151 metri grazie alla torre della crociera e si aggiudica il quarto posto della classifica.
#3 La Cattedrale di Ulm, in Germania: 161 metri. La chiesa protestante più grande del mondo
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Al terzo posto la Cattedrale di Ulm, in Germania, la chiesa protestante più grande del mondo. Grazie al suo campanile raggiunge un’altezza di 161 metri, che lo rende quindi il più alto monumento tedesco.
#2 La Sagrada Familia di Gaudì a Barcellona: 172 metri. La vetta della Spagna
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La Sagrada Familia progettata dal genio di Gaudì a Barcellona, in realtà mai terminata, occupa il secondo posto tra gli edifici della classifica con la quota di 172 metri.
#1 La Tour Eiffel: 324 metri. Tre volte l’altezza del Duomo di Milano
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Per il primo posto non c’è partita. La Torre Eiffel fa il vuoto alle sue spalle: è di gran lunga il monumento più alto d’Europa. Contando l’installazione dell’antenna il simbolo di Parigi raggiunge i 324 metri. Tre volte l’altezza del Duomo di Milano e quasi il doppio del secondo monumento più alto.
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