Sembra di essere al centro della Terra, in una location creata completamente dalla natura.
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Cenare in una grotta sotterranea in una città d’Italia: sembra di essere al centro della Terra
# A Putia dell’Ostello, il ristorante dentro la grotta creata dall’Etna
credits Putia Ostello
Questo è forse il luogo più cosmopolita per mangiare, bere e incontrare persone a Catania. A Putia dell’Ostello è un ristorante incastonato tra il Mercato Storico del pesce e il Castello Ursino. La sua peculiarità è che il ristorante si trova in una grotta lavica nata in seguito all’eruzione dell’Etna del 1669. Proprio qui, da secoli, scorre silenzioso il fiume Amenano, arginato dalle mura di Carlo V, che un tempo proteggevano la città. Come dice l’insegna luminosa, il fiume procede “in senso contrario al mare dirigendosi verso il Castello Ursino”.
Ma perchè si chiama così? Molto semplice. Perchè il ristorante si trova al piano terra di un palazzetto storico ai cui piani superiori si trova, appunto, un ostello, facente parte della stessa proprietà.
# Il locale diviso in più parti
credits OpenTable
Il locale presenta:
• Una parte interna distinta in più piani, caratterizzati da un ambiente rustico e accogliente, con pareti in pietra vulcanica e tavoli in legno che creano un’atmosfera intima e autentica.
È presente, inoltre, un piccolo piano bar dove è possibile ordinare direttamente il tuo cocktail preferito. Qui potrai immergerti in uno spazio con luci soffuse di colore rosso;
• Una parte esterna dove sono presenti molteplici tavoli in cui poter trascorrere tranquillamente la propria serata.
# Un menù variegato
credits Putia Ostello
La taverna offre un menù completo, caratterizzato da pesce, carne e vegano, oltre ad una selezionata lista di pizze di alta qualità. La cantina dei vini è invece specializzata in vini del territorio siciliano. Da citare anche la vasta selezione di birre artigianali e piatti tradizionali preparati con ingredienti freschi e genuini.
Roma custodisce un patrimonio culturale immenso, eppure tra le sue strade spesso si nascondono vecchi luoghi di grande valore che versano in stato di abbandono o degrado. Questo è un problema non solo da un punto di vista economico e turistico ma anche sociale: riuscire a mantenere viva l’identità socio-culturale di questi luoghi è fondamentale per preservare la storia e l’identità di Roma. Palazzo Nardini rappresenta un ottimo esempio di come andrebbe sostenuto questo processo.
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Palazzo Nardini, quando il futuro si trova nel passato
# La sorte che molti dei luoghi di cultura romani rischiano di fare
Ph: palazzoripettarome – Instagram
Nei tempi più recenti, le logiche del guadagno e del consumo hanno prevalso su tutti gli altri approcci tradizionali alle cose e alle persone. Questa tendenza, soprattutto nelle grandi città globalizzate, ha investito ogni campo e si è spesso appropriata di spazi e luoghi di interesse artistico o culturale, riconvertendoli in occasioni di profitto. A Roma gli esempi sono moltissimi, tra gli altri:
Palazzo Ripetta, antico convento del XVII secolo oggi grande hotel di lusso;
Palazzo Brancaccio, tra gli ultimi esempi di residenze nobiliari romane, risalente alla fine dell’800, oggi è usato come location per eventi esclusivi;
Palazzo Dama, vecchia residenza della famiglia Anguillara risalente al XIX secolo, anch’esso oggi riconvertito in hotel di lusso.
Se da una parte tutto ciò testimonia la capacità di adattarsi alle esigenze contemporanee, soprattutto di tipo economico, sotto il punto di vista culturale, storico e artistico la riconversione di questi luoghi può rappresentare una grave perdita. Quanto giova tutto questo all’identità della città? Quale potrebbe essere un buon modo per salvare luoghi di tale importanza, senza doversi fermare alla semplice conservazione?
# L’esempio di recupero e valorizzazione di Palazzo Nardini
Ph: palazzonardini – Instagram
Al centro di un’accesa contesa tra istituzioni e privati, Palazzo Nardini oggi rappresenta il modo più efficace per recuperare e valorizzare un luogo di interesse storico. Nell’edificio situato in via del Governo Vecchio, si sono succeduti eventi e storie tutte diverse tra loro ma tutte dalla forte attrattiva. Nato tra il 1473 e il 1479 come residenza del cardinale Stefano Nardini, il palazzo ha cambiato spesso padrone e destinazione d’uso, fino ad arrivare ai tempi più recenti quando tra il 1976 e il 1984 fu occupato dal Movimento per la Liberazione della Donna che lo rese punto di riferimento per il più importante esperimento femminista dell’epoca. Dall’ ‘86 in poi ha vissuto un inesorabile declino finché, agli inizi degli anni 2000, non fu comprato dalla Regione Lazio che vi realizzò una serie di interventi conservativi tutelato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma.
Salvato dal tentativo di costruirci anche qui un hotel, il futuro del palazzo è stato affidato a un’iniziativa privata che ha avviato un progetto di restauro conservativo il cui obiettivo è di restituirlo alla città valorizzandone l’originale bellezza e l’impronta lasciata dagli eventi storici che l’hanno riguardato.
# Valorizzare il passato: una sfida per il futuro
Ph: palazzonardini – Instagram
Conservare le particolarità di un luogo storico e proiettarle nel futuro non è una facile impresa. È più facile pensare a qualcosa di totalmente nuovo, piuttosto che recuperare il vecchio in chiave moderna, soprattutto se l’obiettivo vuole essere quello di valorizzarne gli aspetti culturali. Tuttavia, soprattutto in una città come Roma, è fondamentale tentare di fare questo, altrimenti si rischia di abbattere l’identità di una città che, al contrario di quello che si pensi, preserva la sua originalità non tanto nei monumenti più inflazionati, ma proprio negli ambienti caratteristici in cui i suoi cittadini svolgono le proprie attività quotidiane.
Fondatore di Jobrapido e ora, dopo una exit milionaria, di FiscoZen. Innovatore e imprenditore visionario: Vito Lomele è il primo ospite della seconda stagione di Il Lato Chiaro. In questa puntata, dal titolo «La gioia del business», racconta cosa significa costruire un’azienda di successo, tra aneddoti, motivazione e passione per il cambiamento.
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Un tributo alla Milano d’acqua, tra chiatte, barcaioli e racconti da assaporare. Un’atmosfera calda, un menù che celebra la tradizione con brio e un design che intreccia memoria e modernità con eleganza. Ogni piatto è pensato per essere condiviso, perché la vera gioia sta nel mangiare insieme, nel sedersi attorno a un tavolo con le persone che amiamo.
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L’Aperipesce a Milano in un locale ispirato alle antiche imbarcazioni milanesi
# Il locale ispirato alle antiche imbarcazioni che trasportavano merci tra Milano e il Ticino
lachiattaofficial IG – Sali a bordo
Sui Navigli è approdato “La Chiatta”, un ristorante che è riuscito a riportare a galla il fascino dei vecchi Navigli e una cucina di mare che profuma di tradizione e convivialità. Dove una volta scorrevano le grandi chiatte cariche di marmo e merci, oggi si riscopre l’anima più autentica della città. Il locale è un tuffo nella storia milanese, un luogo in cui il passato si intreccia con il presente attraverso il cibo e l’accoglienza, e si ispira alle antiche imbarcazioniche trasportavano merci tra Milano e il Ticino, evocando un senso di viaggio, scoperta e un legame profondo con la storia tradizionale Lombarda e Milanese e la costruzione della stessa città grazie ai Navigli.
# Un tuffo nel passato, con il sapore del mare: l’ambientazione
lachiattaofficial IG – Interni
Costa Group firma un ambiente che è un tributo alla Milano di un tempo: la Sala Motori richiama le vecchie imbarcazioni con elementi in ferro e marmo, mentre la zona più elegante, con velluti e legni pregiati, ricorda le sale delle contrattazioni. Il dehors, con fioriere che omaggiano le mangiatoie dei cavalli da tiro, è un invito a sedersi e lasciarsi trasportare dall’atmosfera dei Navigli. Le decorazioni dei piatti in ceramica, le pareti in mattoni gli oggetti d’epoca, le foto in bianco e nero e le luci soffuse creano un’atmosfera di convivialità autentica.
La cucina della Chiatta è un omaggio ai sapori genuini della tradizione marinara, reinterpretati con creatività. Antipasti da condividere, fritture croccanti e tartare battute al momento: ogni piatto racconta una storia, ogni boccone è un viaggio tra i sapori del mare. I loro chef, navigando tra i vari ingredienti, portano in tavola piatti semplici, tradizionali ma ricchi di sapore e che raccontano una storia.
lachiattaofficial IG – Panino
Il menu è interamente dedicato al pesce con taglieri crudi e fritti, piatti caldi e freddi, panini di mare, stuzzicheria e perfino opzioni vegetariane. Si tratta anche di un viaggio linguistico tra la storia e la cultura dei Navigli: dai panini gourmet come il Moro e il Guintellino, che omaggiano personaggi chiave della Milano medievale, alle insalatone dedicate ai venti, fino ai piatti “Abbocchi” e “Piatte” che strizzano l’occhio al gergo della navigazione.
lachiattaofficial IG
“Licenza di Navigazione” è una proposta che porta in tavola la tradizione più semplice e popolare, il fritto, con due scelte:
La Chiatta Regina, frittura di pesce e verdure con polpo alla plancia, gamberoni alla griglia, spiedino, cozze e capesante gratinate, patatine e polenta fritta, il tutto accompagnato da bruschette e salse;
La Chiatta, meno corposa della precedente, ruota sempre intorno alla frittura abbinata a mazzancolla tropicale, cozze gratinate, bruschette, salse e verdure di contorno. Entrambe sono servite su grandi taglieri di legno. Altrimenti si può optare per la selezione di salumi di mare gourmet: ventresca di tonno, ventresca di pesce spada, n’duja di spigola, girello di pesce spada e pesce re alle vinacce.
# Indirizzo e orari di apertura
Con 150 coperti tra interno ed esterno, La Chiatta è pronta ad accogliere milanesi e turisti in cerca di un’esperienza autentica. Il ristorante è aperto tutti i giorni dalle 12:00 alle 00:30, perché la buona cucina non conosce orari e non preclude a nessuno l’accessibilità, con prezzi medi che oscillano tra 25 e 35 euro.
Questa perla del mare sul Naviglio Grande si trova in via Casale 8 e per raggiungerla potete scendere alla fermata di Porta Genova della linea 2 della metropolitana di Milano, ossia la linea verde.
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È ripartito il servizio tanto amato da milanesi e lombardi, con nuove corse e tratte ampliate. Scopriamo le novità 2025.
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I treni del mare sono tornati: le novità 2025
# Ripartiti i viaggi in treno per le spiagge liguri
Regione Liguria FB
Il 29 marzo 2025 sono ripartire le corse dei tanto attesi Treni del Mare, il servizio ferroviario che ogni sabato e nei giorni festivi collega la Lombardia alle splendide spiagge della Liguria. Attivo fino al 28 settembre, questo servizio è un’alternativa ideale per chi vuole godersi una giornata al mare senza lo stress del traffico autostradale o la ricerca disperata di un parcheggio. Un vera e propria “metro delle vacanze”, finanziato e programmato da Regione Lombardia e Regione Liguria, in collaborazione con Trenord e Trenitalia, che si arricchisce quest’anno di 10 treni in più rispetto al 2024.
# Fermate e zone servite: dal cuore della Lombardia fino alla costa
Ph. credits: turismocomunefinaleligure.it
Le nuove tratte garantiscono collegamenti ancora più capillari tra le principali città lombarde e le destinazioni marittime più gettonate della Riviera di Levante e di Ponente. Le partenze avvengono da Milano, Bergamo, Treviglio, Como, Monza, Seregno, Gallarate, Busto Arsizio, Legnano, Pavia e Voghera, offrendo così un’ampia copertura del territorio lombardo. Si può raggiungere raggiungere ad esempio:
Arenzano, Cogoleto, Varazze, Spotorno, Noli, Finale Ligure, Borgio Verezzi, Loano e Ventimiglia sulla Riviera di Ponente;
Genova Nervi, Recco, Camogli, Santa Margherita, Rapallo e Lavagna sulla Riviera di Levante.
# Gli orari delle corse aggiuntive
Credit nongio70 IG – Treno trenord Porta Garibaldi
I Treni del Mare viaggeranno con orari ben distribuiti durante la giornata, facilitando sia le partenze mattutine per chi vuole sfruttare tutta la giornata al mare, sia i ritorni in serata per un rientro comodo. La novità di quest’anno è il collegamento tra Saronno e Arma di Taggia, attivo a partire dal 5 aprile. Questa nuova tratta amplia ulteriormente l’accessibilità al mare per chi parte dal nord della Lombardia. Queste le nuove corse aggiunte:
Milano Porta Garibaldi (8:23) – La Spezia Centrale (12:50) nei giorni festivi.
Il sabato e nei giorni festivi:
La Spezia Centrale (16:50) – Milano Porta Garibaldi (21:05).
Saronno (5:34) – Taggia Arma (10:08), Taggia Arma (18:32) – Saronno (23:09);
Como S. Giovanni (7:05) – La Spezia Centrale (12:56), La Spezia Centrale (18:10) – Como S. Giovanni (22:49);
Dal 21 luglio al 29 agosto 2025, a causa di lavori infrastrutturali per la chiusura del ponte di Bressana, il servizio subirà alcune modifiche di orario.
# Dove acquistare i biglietti
App trenord
I biglietti per i Treni del Mare si possono acquistare comodamente presso le biglietterie Trenord nelle principali stazioni lombarde (tra cui Milano Porta Garibaldi, Bergamo, Treviglio, Como San Giovanni, Monza, Saronno, Seregno, Gallarate, Busto Arsizio FS, Legnano, Pavia e Voghera), sulle piattaforme online di Trenord e Trenitalia e presso le emettitrici automatiche.
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L’università più bella al mondo si trova in Italia. Ecco dov’è.
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L’università più bella del mondo è in Italia: si studia direttamente in spiaggia
# A Bacoli l’università “più bella del mondo”
credits Mario Laurino fb
L’università di Napoli Federico II è una delle università più antiche del mondo. Fu fondata il 5 giugno 1224 dall’imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia Federico II di Svevia e diventò, col tempo, l’ateneo più rilevante del capoluogo campano. Ed è proprio una delle sedi dell’Università statale di Napoli a essere stata definita l’”università più bella del mondo”. Non solo per la sua posizione ma anche per la sua trasformazione.
# La villa della mafia trasformata in sede universitaria da sogno
credits Fondalicampania
«È già uno spettacolo» così parlava, quasi tre anni fa, Josi Gerardo della Ragione, sindaco di Bacoli, per annunciare l’istituzione di un nuovo polo universitario a Villa Ferretti, bene confiscato alla camorra che affaccia sul mare.
Grazie alla collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, infatti, si è permesso l’insediamento di un polo culturale nella villa, che ha in assoluto un panorama invidiabile: una vista privilegiata sul Golfo che ha pochi eguali nel mondo.
Villa Ferretti ha una storia molto particolare. Venne costruita alla fine dell’Ottocento da una ricchissima famiglia di armatori genovesi che scelse la cittadina di Bacoli per erigere la propria residenza estiva. Da cosa furono attratti? Dalla bellezza straordinaria del luogo, ovviamente. Il panorama che offre la villa spazia da una spiaggetta privata ad un parco molto ampio. Nel 1977 la signora Luisa Ferretti vendette la villa a tale Antonio Barbato e, da quel momento, la struttura cadde in un lungo periodo di degrado e abbandono.
Purtroppo, in tempi più recenti, la villa è finita nelle mani del crimine organizzato locale. Divenne infatti il luogo da dove il boss della camorra Giuseppe Costigliola impartiva gli ordini ai propri affiliati. Nel 1995 Villa Ferretti venne sequestrata alla malavita e nel 1997 divenne patrimonio architettonico. Le fu poi assegnato un vincolo di utilizzo per fini sociali.
Grazie ai fondi europei sono stati riqualificati sia il parco che la struttura.
# Panorama mozzafiato e spiaggetta privata nel “paradiso terrestre”
credits Napoli da Vivere
È certamente il panorama mozzafiato di cui si può godere dal balcone e dalle finestre di Villa Ferretti che rendono la dimora storica, ormai polo universitario, l’Università più bella del mondo. La villa è disposta su due piani, collegati oggi da una doppia rampa di scale e da ascensori per i diversamente abili. La struttura presenta poi una doppia porta di ingresso sul cortile in cui al centro c’è una fioriera-panchina realizzata in calcestruzzo, mattoni in tufo e rifinitura con mosaici e intonaco.
Con il suo colore rosso pompeiano, la villa è ben visibile da Punta dell’Epitaffio e oltre ad avere un lato esposto sul Golfo, è immersa nel verde del parco pubblico inaugurato il 25 Aprile 2016. Un’area verde di circa 15.000 metri quadrati, con una arena in cui è possibile ospitare eventi, completa di palco in legno e gradinate ricavate con materiali naturali, per una capienza di circa 500 persone.
Attraverso la scala, inoltre, è possibile accedere alla già citata spiaggetta per la libera balneazione, in comune con un altro accesso privato.
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Milano è sempre stata una città ostica per gli affitti, soprattutto negli ultimi anni. Ma quanto costa realmente affittare una casa a Milano? Scopriamolo.
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La dura realtà di Milano: quasi metà del reddito è destinato alla casa
# In Italia quasi 8 su 10 vivono in una casa di proprietà
credits Andrea Cherchi
Secondo uno studio di Confedelizia, il 77% delle famiglie italiane vive in case di proprietà. Delle 32 milioni di abitazioni di proprietà di persone fisiche in Italia, risultanti in catasto, 19 milioni sono abitazioni principali, 5 milioni sono a disposizione (in gran parte seconde case), 3 milioni sono abitazioni locate, e 775 mila sono ad uso gratuito.
# Ma quanto costa vivere da soli?
credits Andrea Cherchi
È una domanda che si pongono in molti. Secondo Eurostat, l’Italia rientra tra le nazioni dove l’indipendenza economica si raggiunge più tardi. In media, i giovani europei escono di casa a poco di più di 26 anni, mentre gli italiani si affrancano dalla famiglia di origine dopo i 30 anni.
Osservando gli ultimi dati Istat, poi, constatiamo che la spesa media mensile per una famiglia di una sola persona è pari a 1.972 euro, cioè il 70% circa di quella delle famiglie di due componenti e il 60% circa di quella delle famiglie di tre componenti. Il costo di andare a vivere da soli in affitto ammonta quindi ad una media di 420 euro, ma raggiunge picchi molto alti nelle grandi città, come ad esempio Milano, dove un affitto può costare anche più di 1500 euro.
# Affitti folli a Milano
credits Andrea Cherchi
Situazione complicata è anche quella degli affitti. Negli ultimi mesi del 2024, il costo medio di affitto per un trilocale in Italia è stato di 893 euro al mese, superando di 45 euro la soglia ritenuta sostenibile. A Milano, solo il 15% degli appartamenti è ritenuto sostenibile. Proprio il capoluogo lombardo registra il canone sostenibile più alto del Paese, pari a 1.380 euro mensili per un trilocale. Questo comporta che le famiglie milanesi devono destinare in media il 40% del loro reddito all’affitto.
# L’identikit delle famiglie italiane in affitto
credits Andrea Cherchi
Le persone che vivono maggiormente in affitto sono quelle più povere. Le famiglie di questa fascia, infatti, sono il 31,8%. Questo valore scende al 24,5% per le famiglie con una classe di reddito più alta. La percentuale invece si riduce all’11,3% tra le famiglie più benestanti. Valori alti si trovano però anche tra le persone single di 35-64 anni ( 33,2% in affitto) e tra le famiglie monogenitore con figli minori (30,8%). Inoltre, le famiglie mono-genitoriali con almeno tre minor che pagano ogni mese l’affitto sono il 33,7%. Infine, la quota maggiore di affittuari è quella delle famiglie straniere, il 68,5% ha un contratto di locazione.
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«Milano da quel giorno rimarrà una città senza porto». Ma qual è la storia del porto di Milano?
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31 marzo 1979. In Darsena arriva l’ultimo barcone con il suo carico di sabbia
31 marzo 1979. In Darsena al Ticinese arriva l’ultimo barcone con il suo carico di sabbia. «Milano da quel giorno rimarrà una città senza porto». Ma qual è stata storia del “porto di Milano”?
# Il “porto fluviale romano di Milano”
Tra via del Bottonuto e via San Clemente davanti alla mura romane si estendeva una banchina portuale affacciata ad un laghetto: consentiva l’attracco di piccole imbarcazioni in corrispondenza dell’attuale via Larga, lungo la quale scorreva il Seveso. Il laghetto era conosciuto come “porto fluviale romano di Milano”. Venne in seguito prosciugato: al suo posto fu realizzata una fossa di scolo delle acque di scarico e dei rifiuti, chiamata butinucum, che diede poi il nome al quartiere Bottonuto.
La Darsena nasce nella zona dove prima esisteva il laghetto di Sant’Eustorgio, bacino artificiale realizzato nel Medio Evo: la Darsena venne realizzata come ampliamento del laghetto. Come la Darsena, il laghetto di Sant’Eustorgio riceveva le acque del Naviglio Grande e come emissario aveva il Cavo Ticinello, che ancora oggi è lo scolmatore della Darsena.
Nel corso dei lavori di riqualificazione della Darsena, eseguiti per Expo, sono venuti alla luce i resti del ponte medievale in corrispondenza del quale il Cavo Ticinello usciva dal laghetto di Sant’Eustorgio: i resti del ponte sono al livello del piano stradale e sono visibili da piazza XXIV Maggio.
Una curiosità? Un tempo Milano aveva altre due “darsene”: il laghetto di San Marco e il laghetto di Santo Stefano.
# La costruzione della Darsena
La Darsena fu realizzata nel 1603 dagli spagnoli che governavano Milano, per trasformare il laghetto di Sant’Eustorgio in un vero e proprio porto. La Darsena oltre a ricevere le acque del Naviglio Grande, riceveva anche quelle dell’Olona: l’Olona si immetteva nella Darsena con l’obiettivo di mantenere costante il livello dell’acqua. Prima di sfociare in Darsena l’Olona scaricava le sue acque nel fossato delle mura medievali con lo scopo di rifornirlo d’acqua
L’Olona fu deviato dagli antichi Romani verso Milano anche per un altro motivo: avere un corso d’acqua che costeggiasse interamente l’antica strada romana che congiungeva Mediolanum con il Lago Maggiore per apportare un incremento ai commerci lungo questa strada sui barconi fluviali.
La Darsena diventò fin dalla sua costruzione uno dei punti di riferimento dei milanesi: attorno ad essa si svilupparono diverse attività commerciali ed era anche un bacino per la pesca grazie al costante apporto di pesci provenienti dai Navigli milanesi. In questo contesto si insediò nella futura piazza XXIV Maggio, uno dei mercati più importanti di Milano, tant’è che quest’ultima, un tempo, si chiamava “piazza del Mercato”.
# L’ultimo barcone della Darsena
Il successo della Darsena crebbe nel corso dei secoli fino al declino arrivato con la diffusione del trasporto su strada nella seconda metà del Novecento. L’ultimo barcone che trasportava 120 tonnellate di sabbia entrò in Darsena sabato 31 marzo 1979 alle ore 14: era lungo 38 metri ed era partito alle 6 del mattino da Castelletto di Cuggiono ed era approdato in Darsena dopo aver percorso il Naviglio Grande. Con la fine del traffico fluviale scomparve anche l’ambiente portuale che caratterizzò per secoli questa zona di Milano.
La Darsena misura, da un’estremità all’altra, dopo le modifiche apportate nei secoli, 750 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza. Ha una profondità di un metro e mezzo.
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Negli ultimi anni, Milano sembra aver perso un po’ del suo smalto. Avrebbe bisogno di una scossa per ritrovare energia e attrattività. Ecco alcune proposte che potrebbero riportare il sorriso in città.
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Milano depressa? Ci vorrebbero queste 7 cose per riportare il sorriso
#1 Una politica nuova
Consiglio Comunale
Probabilmente la cosa più importante. Milano ha bisogno di una visione chiara e coraggiosa. La città è una locomotiva economica, ma spesso le decisioni amministrative sembrano frenare il suo slancio, più orientate a porre limiti e divieti che a dare slancio ai cittadini. Servirebbe una politica capace di pensare in grande, con meno burocrazia e più coraggio nell’attuare politiche che rendano la città più vivibile, libera e attrattiva. Più ascolto ai cittadini, meno vincoli inutili e un piano di rilancio vero, che non sia solo un elenco di buone intenzioni. Le decine di inchieste piombate sul settore delle costruzioni, che hanno coinvolto il settore dell’urbanistica di Palazzo Marino, sono l’ultimo segnale per indicare che serve un radicale cambio di rotta.
Piazza Duomo, i Navigli, le zone centrali e periferiche: in troppi punti della città regna il degrado. Marciapiedi sporchi, cestini pieni, graffiti ovunque. Servirebbe un piano serio per la pulizia della città, con più operatori in strada, sanzioni per chi sporca e un’educazione civica che parta dalle scuole. Milano non può permettersi di sembrare trascurata. Anche perché come si fa a sentirsi felici quando ovunque si guardi si vede il degrado?
Roberto Luigi Binaghi IG – Darsena imbrattata
Il decoro urbano è il primo biglietto da visita e la Darsena è l’esempio più lampante: i primi lavori di ripulitura della mura partiti solo partiti solo qualche settimana ma senza controlli rischiano di rivelarsi inutili. Nell’immagine in alto l’imbrattamento avvenuto in questi giorni dopo la notizia dell’istituzione di nuove zone rosse in città.
Sempre più cittadini denunciano episodi di microcriminalità, furti, aggressioni e situazioni di degrado nelle zone più frequentate. Per far sentire milanesi e turisti al sicuro sono state istituite delle zone rosse, prorogate fino a settembre e salite da cinque a otto, dove le persone ritenute pericolosedevono tenersi alla larga. Il problema andrebbe però affrontato alla radice, cercando di regolare l’immigrazione, migliorare le condizioni di vita delle persone in difficoltà economica, spesso dedita ad attività illegali, e rafforzare in generale le misure di prevenzione. Si deve insomma evitare di ghettizzare dei quartieri a scapito di altri, per poi non dovere finire a limitare le libertà di tutti i cittadini.
#4 Togliere restrizioni e vincoli che deprimono la libertà dei cittadini
Pagina FB – No ZTL – Milano Libera
Negli ultimi anni, Milano si è riempita di divieti e restrizioni che hanno limitato la libertà di movimento e di iniziativa. Dalla mobilità con l’inasprimento delle regole di Area C e Area B alle licenze sospese per i locali che somministrano un drink o un gelato dopo le 22, tutto sembra più complicato e burocratizzato. Una città viva ha bisogno di regole chiare, ma anche di flessibilità e incentivi per chi vuole investire, creare, portare innovazione, o semplicemente avere diritto di circolare liberamente.
#5 Cultura: più eventi e iniziative di livello mondiale
C’era un tempo in cui Milano era sinonimo nel mondo di creatività, mostre imperdibili, festival innovativi, come l’Elita Design Week Festival, un festival parallelo al Salone del Mobile che univa musica elettronica, arte e cultura underground con DJ e artisti di fama mondiale nei luoghi più insoliti della città. Oggi l’offerta culturale sembra essersi appiattita, senza quella spinta creativa che la rendeva unica. Servirebbe una programmazione più ambiziosa, eventi internazionali di richiamo e una gestione più dinamica degli spazi cittadini per trasformarli in veri hub culturali.
#6 Ridare luce alla città di notte: il festival delle luci con animazioni notturne dal centro alla periferia
LED Milano 2009
Tra i festival che non ci sono più si può ricordare il Light Exhibition Design. Durante le festività natalizie del 2009 e del 2010 trasformava la città in un vero e proprio museo a cielo aperto con installazioni luminose, giochi di luce e spettacoli visivi in punti strategici come Piazza Duomo, il Castello Sforzesco e i Navigli. Ripristinare un evento simile, sulla scia di quello che accade a Lione con la “Fête des Lumières”, potrebbe dare alla città una nuova dimensione estetica e turistica, rendendola ancora più affascinante e attrattiva. Milano di notte potrebbe essere uno spettacolo di luci, colori e atmosfere uniche, animazioni notturne luminose dal centro alla periferia. Invece, l’illuminazione pubblica è spesso triste e il panorama notturno non è all’altezza delle grandi metropoli internazionali.
#7 Un parco divertimenti allo Scalo Farini come il prater di Vienna
Credits: Urbanfile – Masterplan OMA Scalo Farini
Un tempo c’erano luoghi dove potersi sentire più spensierati. Uno su tutti: il luna park alle Varesine. Oggi ci sono solo iniziative temporanee. Serve anche in questo caso più coraggio e visione. Il progetto ufficiale per lo Scalo Farini prevede un grande parco lineare con un bosco in grado di raffreddare i venti caldi e depurare l’aria, oltre a una nuova griglia urbana con spazi pubblici strategici, uffici e case a basso costo. Una visione sostenibile e moderna, ma perché non pensare anche a un’area dedicata all’intrattenimento, assente a Milano? Uno spazio enorme, in una posizione strategica, che potrebbe diventare un polo di svago per tutte le età.
Ideogram AI – Parco divertimenti
Immaginiamo un parco divertimenti ispirato al Prater di Vienna o ai Giardini di Tivoli a Copenaghen, con attrazioni per grandi e piccoli: una grande ruota panoramica che offra una vista mozzafiato sulla città, montagne russe avveniristiche, un’area con giostre storiche e un’ampia sezione dedicata alla realtà virtuale. Non mancherebbero spettacoli tematici, un teatro all’aperto per concerti ed eventi, oltre a ristoranti e spazi immersivi dedicati alla cultura e al design, in perfetto stile milanese. Un’idea che potrebbe trasformare lo Scalo Farini in un luogo iconico, capace di attrarre turisti, generare posti di lavoro e dare a Milano quella ventata di freschezza che da troppo tempo le manca.
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Secondo la tradizione, fu la guarigione di Charles D’Ambrose – governatore francese di Milano – a dare avvio alla costruzione del santuario. Le prime pietre sono state posate il 29 settembre 1507, proprio alla presenza del governatore francese. In poco tempo, la sorgente è diventata un importante luogo di assistenza e cura, simile alla Ca’ Granda. Fu proprio così che questo luogo divenne una delle principali strutture sanitarie del tempo. Ma molto interessante è la storia che riguardò proprio Charles D’Ambrose. Il duca soffriva di un male cronico che non riusciva a curare in nessun modo. Dopo essere venuto a conoscenza della presenza di una sorgente da cui usciva un’acqua miracolosa, il governatore decise di mascherarsi da mendicante intrufolandosi in mezzo a molti pellegrini che riempivano le brocche da questa sorgente. Il duca bevve l’acqua, e in pochi giorni il suo male sparì.
È la più piccola chiesa di Milano e sorge nello spartitraffico della via Lorenteggio. Le sue dimensioni sono infatti modestissime: la chiesa è larga 5 metri, lunga 8 e alta 4. E proprio la sua collocazione nello spartitraffico la rende quasi del tutto inosservata. Fu costruita intorno al 1000 come cappella della vicina cascina/monastero dai monaci Benedettini, cui subentrarono poi gli Olivetani.
La costruzione di quest’Oratorio risale, più o meno, allo stesso periodo in cui venne eretta a Milano la chiesa del Santo Sepolcro. Oltre ad essere un luogo di culto per i Monaci Benedettini, veniva usato anche dai contadini del luogo.
Questa chiesa venne progettata a fine Quattrocento per ospitare un’icona miracolosa della Madonna. Il santuario è situato in corso Italia, al fianco dell’antica chiesa di San Celso. Secondo la tradizione, le giovani spose, dopo essersi sposate, portano un mazzo di fiori e lo posano davanti all’icona della Madonna. Si parla però anche di un miracolo avvenuto il 30 dicembre 1485: di fronte a trecento persone, mentre il presbitero Pietro Porro celebrava la messa, da un immagine della Madonna col Bambino coperta da una grata e da un velo, si vide la Vergine scostare con la mano sinistra il velo e mostrarsi viva e splendente ai presenti, “aprendo le braccia e giungendo più volte le mani“. Successivamente, e con estrema rapidità, la peste, che torturava Milano da ormai quattro anni, sparì.
I fatti miracolosi vennero sottoposti a regolare processo canonico presso la Curia, che il 1º aprile 1486 approvò la loro autenticità dopo aver ascoltato numerosi testimoni.
La Cappelletta sorse come un luogo di culto romano rappresentato da un’ara sacrificale pagana. Si trasformò poi in un altare cristiano a seguito dell’editto dell’imperatore romano Costantino. La Cappelletta è stato anche un luogo di culto anche per i milanesi cacciati dall’Imperatore Barbarossa e rifugiatisi a Lambrate dopo la distruzione della città da parte delle truppe imperiali.
Qui, un tempo, sorgeva l’antica porta Vercellina, all’interno delle mura fatte erigere dall’imperatore Ottaviano Augusto. Ci troviamo infatti in via Brisa, dove sono presenti alcuni resti del Palazzo Imperiale di Massimiano. Anche qui è presente una leggenda. Si narra infatti che un operaio impegnato nella ricostruzione della chiesa, scrostando un vecchio muro scoprì il volto di una Madonna del 400, probabilmente addirittura della scuola degli Zavattari. Il luogo diventò dunque sacro per i milanesi e nel 700 fecero costruire la cappella dedicata alla Beata Vergine dei Miracoli, soprannominata la Madonna del grembiule.
Milano. 25 marzo 1242, nell’attuale Porta Romana. Al centro della rappresentazione c’è la Madonna con in braccio il bambino collocati sotto quelli che sembrerebbero i resti di un’architettura, forse un arco. Nel 1242, questa rappresentazione era collocata all’esterno del sacello di San Satiro, verso la contrada del Falcone. Proprio in quest’anno risale l’avvenimento miracoloso, che vide l’immagine della Vergine con il Bambino sanguinare a seguito di una coltellata infertale da un giovane squilibrato, tale Massazio da Vigolzone che, adirato a causa della perdita di denaro al gioco, scagliò il proprio coltello contro la gola del bambino. Sarà proprio la volontà di proteggere tale immagine miracolosa a portare alla costruzione della nuova chiesa dedicata a Santa Maria accanto all’antico sacello di San Satiro.
#7 La Madonna di Corbetta
credits Santuario di Corbetta
È un dipinto di Gregorio Zavattari, datato 1475. Venne realizzato sulla facciata dell’antica chiesa extramurana di San Nicolao a Corbetta, su approvazione dell’allora prevosto della pieve, Pietro Casola. Nel 1555 il dipinto divenne protagonista di un miracolo, e nel giro di poco tempo si rese necessario costruire un Santuario capace di accogliere i sempre più numerosi fedeli. Si narra che tre bambini, Cesare dello Stampino, Antonio della Torre e Giovanni Angelo, sordomuto dalla nascita, stavano giocando a bocce sotto il ritratto della Madonna con il Bambino, quando all’improvviso, il Bambino Gesù scese dal dipinto e si mise a giocare con i tre coetanei. Immediatamente Giovanni, che fu il primo ad accorgersi dell’avvenimento eccezionale, riacquistò l’udito e la parola, mentre la Madonna si manifestò in piazza e recuperò il suo Bambino.
#8 La Madonna dei Tencitt
credits Dietro la Notizia
Un affresco che è una vera e propria istituzione per i milanesi. Anche qui è doveroso raccontare un aneddoto. Nel 1630, infatti, quando scoppiò la peggiore epidemia di peste, si diffuse la voce che i carbonai fossero gli unici ad essere immuni dal contagio. Ma come potevano gli uomini del carbone essere tali fortunati? Leggende e racconti cominciarono a circolare, fino a quando Bernardo Catoni, carbonaio milanese sopravvissuto alla peste, decise di ringraziare la Madonna per il suo miracoloso aiuto. Come? Mandando a dipingere un magnifico affresco sulla parete esterna di uno degli edifici che si affacciano su Via Laghetto.
L’affresco raffigurava la Madonna che proteggeva San Sebastiano, San Carlo Borromeo e San Rocco. A sinistra dei santi compariva lo stesso Bernardo Catoni mentre, più in basso, una panoramica del temuto lazzaretto con un carico di salme destinate alla sepoltura. Da allora, la Madonna dei Tencitt ha continuato a proteggere la città di Milano, diventando un simbolo di speranza e umanità in un momento così tragico
Nell’ambulacro del Duomo, all’angolo di destra tra il transetto e l’abside, possiamo ammirare un affresco molto rovinato che ritrae un Madonna che allatta. L’affresco è meglio conosciuto come “Madonna dei sciori” – cioè Madonna dei Ricchi – in contrapposizione ad un altro quadro posto sull’altro angolo dell’abside, quello di sinistra. Dal lato opposto abbiamo infatti la Madonna dei Poveritt, cioè dei poveri. Si racconta che, nel 1409, durante l’assedio dei ghibellini a Milano, una donna chiese alla Madonna di risparmiare il figlio che era in fin di vita a causa della guerra. Il miracolo avvenne. Mentre pregava, infatti, le rose appassite ritornarono fresche. Il secondo miracolo si manifestò quando la donna tornò a casa e scoprì che il figlio era guarito.
Questo è uno dei simboli storici di Milano, amato sia dai cittadini che dai turisti. È custodito nella Galleria Vittorio Emanuele, e tradizione vuole che il rito scaramantico si compia facendo tre giri sulle palle del toro con il tallone del piede destro. I benefici sarebbero una maggiore fertilità alle donne e fortuna per il futuro. Ciò che è certo è che questa attrazione attira ogni giorno centinaia di persone.
Oca.milano - Abbordabilità acquisto casa di 50 mq nella regione urbana di Milano
Anche allargando l’orizzonte alla regione urbana acquistare o affittare un’abitazione di 50 mq sta diventando un’utopia per chi ha un reddito medio. Vediamo i risultati di questo studio.
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Un reddito medio non basta per una casa neppure nei dintorni di Milano: lo studio
# Uno stipendio da 1.500 euro lordi al mese non basta per un piccolo bilocale nemmeno lontano dalla città
Oca.milano – Regione urbana di Milano
Non basta più spostarsi fuori città per trovare una casa accessibile. Non solo l’hinterland milanese, dove il costo della vita continua a crescere, ma anche allargando l’orizzonte alla regione urbana acquistare o affittare un’abitazione di 50 mq sta diventando proibitivo per chi ha un reddito medio, pari circa 1.500 euro lordi al mese.
Oca.milano – Abbordabilità interna dei comuni per acquisto casa nella regione urbana di Milano
È quanto emerge dal secondo rapporto dell’Osservatorio Casa Abbordabile (OCA), promosso dal Politecnico di Milano e dal Consorzio Cooperative Lavoratori, che analizza l’evoluzione dei prezzi delle case e la loro accessibilità economica. La situazione è il risultato di anni di squilibrio tra salari e prezzi immobiliari, con i primi cresciuti di appena il 10% dal 2015 e i secondi schizzati in alto del 58%.
# Milano e la sua regione urbana: dove si può ancora comprare casa?
Oca.milano – Abbordabilità acquisto casa di 50 mq nella regione urbana di Milano
Lo studio OCA identifica una regione urbana estesa circa 60 km intorno a Milano, che comprende circa 300 comuni distribuiti su 7 province lombarde. Questo territorio rappresenta la principale alternativa residenziale per chi è stato escluso dal capoluogo.
Ma anche qui la situazione non è semplice pe chi decide di comprare casa. In molte zone della cintura milanese, un reddito medio non basta per acquistare 50 mq, specialmente nei poli urbani come Pavia, Lodi, Abbiategrasso, Magenta, Treviglio e in tutta la Brianza lungo le principali direttrici infrastrutturali.
I comuni con i prezzi più abbordabili si trovano spesso in aree mal collegate a Milano, dove il trasporto pubblico è scarso e i tempi di pendolarismo diventano proibitivi, e dove comunque l’incidenza del costo della casa sulla retribuzione, sommato a quello per gli spostamenti, è superiore al 40%, contro una forbice compresa tra il 70% e il 95% dei comuni più vicini a Milano.
# Migliora di poco se si sceglie di vivere in affitto
Oca.milano – Abbordabilità affitto casa di 50 mq nella regione urbana di Milano
La situazione migliora, ma rimane critica, se si opta per andare a vivere in affitto. In questo caso chi vive nei comuni peggio collegati con il trasporto pubblico vede pesare sulla retribuzione mensile il 30% dei costi per l’abitazione e dei mezzi per muoversi da e verso Milano. Le persone che vivono nei territori più accessibili, quindi meglio connessi alla città, arrivano a spendere fino al 66% dello stipendio netto.
# Un problema che richiede soluzioni strutturali sul piano dei trasporti e dell’abitare
Oca.milano – Pendolarismo lavorativo
Ogni giorno 650mila persone entrano in città per lavorare o studiare, ma una volta fuori dai confini di Milano il trasporto pubblico diventa più scarso e inefficiente. La geografia dell’hinterland è ancora troppo legata al capoluogo: chi vuole essere vicino al lavoro deve pagare di più, chi vuole risparmiare deve mettere in conto ore di viaggio. Il rischio, avvertono i ricercatori, è che il semplice spostamento delle abitazioni fuori Milano accentui le disuguaglianze invece di risolverle.
Il rapporto OCA pone una questione centrale: Milano non può esistere senza la sua area metropolitana, ma senza interventi mirati sul fronte abitativo e dei trasporti, il rischio è quello di un’esclusione sempre più marcata delle fasce di reddito medio-basse. Per affrontare il problema, servirebbe una strategia che combini politiche abitative più inclusive e un miglioramento del trasporto pubblico, per rendere sostenibili le scelte residenziali al di fuori del comune di Milano. Senza un cambiamento strutturale, il divario tra costi e salari continuerà a crescere, rendendo sempre più difficile vivere e lavorare nell’area milanese.
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Per vivere una notte diversa dal solito, questi sono 7 posti unici dove poter passare una nottata. Poco lontani da Milano.
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Una notte diversa dal solito: i 7 hotel più particolari vicino a Milano
#1 Dormire in una casa sull’albero: Agriturismo Tenuta Il Cigno a Villanterio (PV)
credits Tenuta il Cigno
Il sogno d’infanzia di ogni bambino è sicuramente dormire in una casa sull’albero. Ma alla Tenuta il Cigno questo sogno può diventare realtà. Questo agriturismo si trova a Villanterio (25 km a sud di Milano) ed è immerso nel verde, circondato da paddock e campi, lungo il corso del fiume e in un contesto di assoluta tranquillità. Gli ospiti possono soggiornare nell’ex Villa Padronale, ristrutturata e dotata di ogni confort. L’agriturismo è dotato anche della piscina, di una spa, e del parcheggio privato gratuito in loco.
#2 Dormire immersi in 4000 ettari di bosco: Il Roccolino di Valsecca (BG)
credits booking
A 28 km da Accademia Carrara, il Roccolino prevede un alloggio a Valsecca provvisto di giardino, terrazza e servizio in camera. Il centro di Valsecca dista 1 km da questo lodge, e il Castello dell’Innominato è situato a 15 minuti in auto. Le attrazioni culturali nelle vicinanze includono il Civico Museo della Seta Abegg, che si trova a 15 minuti in macchina. Il Roccolino offre poi una splendida camera da letto con vista sul giardino e il parcheggio gratuito.
#3 Glamping in Lombardia: Campeggio della Colombaia a Padenghe sul Garda (BS)
credits booking
Questo campeggio è situato direttamente sulla riva occidentale del Lago di Garda nella suggestiva Valtenesi, e offre moderne sistemazioni in posizione panoramica grazie al terreno terrazzato. In cima alla collina, la torre della Colombaia racconta storie di un tempo in cui le colombe viaggiatrici erano utilizzate come mezzo di comunicazione. Oggi, il campeggio offre una vacanza con tutti i comfort in alloggi unici, con vista mozzafiato sul lago e giardini, piscina e ristorante.
#4 Dormire sotto le stelle con Exphera a Palazzago (BG)
credits Exphera
Una favolosa guest house in via Belvedere a Palazzago, in provincia di Bergamo. La struttura ricorda una tenda, ma in realtà è molto di più. Infatti, il suo fascino moderno la rende un rifugio intimo perfetto per godersi il panorama, magari con una cena a lume di candela. Exphera include anche un fantastico centro benessere.
#5 Casa, ma anche Museo: Palazzo Valenti Gonzaga a Mantova
credits valentigonzaga
Abitato sin dal XVI secolo dalla famiglia dei Marchesi Valenti Gonzaga, fu ristrutturato in stile barocco nel 1670 dall’architetto pittore fiammingo Frans Geffels. La facciata fu portata a termine nel 1652. Nel palazzo vissero molti personaggi della nobile famiglia, speso al servizio dei Gonzaga. Vi risiedette anche Silvio Valenti Gonzaga, futuro Cardinale che trasferitosi a Roma nel 1738, diventerà famoso per la sua preziosa collezione d’arte in Villa Borghese.
L’esperienza è sicuramente fuori dal comune, se si pensa poi che l’accesso al museo sarà completamente gratuito. Infatti, riservando l’abitazione sarà possibile visitare gratuitamente anche il Museo Valenti Gonzaga, dove sono esposte mostre d’arte permanenti e temporanee, per esempio dello scultore italiano Giovan Battista Barberini.
#6 Diventare dei reali per una notte al Castello di Cernusco Lombardone (LC)
credits booking
Al Castello di Cernusco Lombardone potete organizzare un ricevimento impeccabile. Infatti, la varietà dei suoi spazi permetterà di scandire i vari momenti della giornata, con ambientazioni sempre differenti e atmosfere suggestive. Il Castello può accogliere fino a 150 ospiti facendovi vivere una giornata indimenticabile. La sua storia affonda le radici sino ai tempi dell’Impero Romano. Nasce infatti come “Castellum” avamposto di controllo del territorio, passando poi ai Longobardi, ai Catalani e ai milanesi Visconti usciti vincitori dalla guerra coi Torrini a cui si era alleata Cernusco. Tra gli anni 1994/1995 viene completamente ristrutturato
#7 Tuffarsi in una botte di vino al Silter di Capriate San Gervasio (BG)
credits booking
Si tratta di una antica cantina tipica bergamasca del 1700 situata a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo. Al suo interno potrete brindare a lume di candela circondati da bottiglie d’annata e concedervi un lungo e rilassante bagno nella vasca. Il punto forte, però, è che potrete dormire…in una botte di vino! La struttura è realizzata in mattoni pieni con tipica costruzione a volte, ed è stata sapientemente restaurata con materiali di recupero, riciclati e riutilizzati.
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Le prime versioni presentavano un design anteriore radicalmente diverso. Ma cosa ha spinto i progettisti a cambiarlo? Scopriamo le ragioni dietro questa evoluzione e le possibili fonti di ispirazione che hanno dato forma al modello attuale.
Perché i treni giapponesi hanno il «naso lungo»? Tutto nasce da un uccello
# L’origine del soprannome di «bullett train»
shortycolossus-pixabay – Shinkansen
Partiamo dal soprannome dei treni ad alta velocità giapponesi: gli Shinkansen, che nel corso dei decenni hanno subito un’evoluzione stilistica significativa. Il termine Bullet Train, ovvero ‘treno proiettile’, non si riferisce – come si potrebbe pensare – alle prestazioni sui binari, ma alla forma del muso delle prime versioni. In origine, il design anteriore era ispirato agli aerei di linea, con una silhouette arrotondata che ricordava la punta di un proiettile.
# Il cambio del «muso» a causa del boom sonico
Ph. @aryaji.obaja IG
La forma del treno non creava problemi aerodinamici all’aperto, permettendo ai convogli di viaggiare senza difficoltà oltre i 200 km/h. Tuttavia, un aspetto cruciale era stato sottovalutato in fase di progettazione: la presenza dei numerosi tunnel lungo le linee ferroviarie e le conseguenze del passaggio dei treni al loro ingresso e uscita.
Il muso arrotondato, pur efficiente all’aria aperta, si rivelò un limite: non riusciva a spingere rapidamente l’aria fuori dai tunnel, generando un forte scuotimento e un’onda d’urto simile a un piccolo boom sonico. Il rumore era così intenso da propagarsi per chilometri.
La prima soluzione adottata fu quella di ridurre la velocità a 90 km/h prima di entrare in galleria, ma questa scelta allungava eccessivamente i tempi di percorrenza. Fu così che si decise di riprogettare la parte anteriore del treno
# Come il becco del Martin Pescatore
LubosHouska-pixabay – Martin Pescatore
La soluzione definitiva fu rimodellare la punta del treno, allungandola per permettere all’aria di fluire attorno al convoglio senza generare quei fragorosi botti, anche a velocità superiori ai 300 km/h.
L’intuizione arrivò dall’ingegnere e birdwatcher Eiji Nakatsu, che trovò ispirazione nella natura, in particolare nel Martin Pescatore. Questo uccello, grazie al suo becco stretto e allungato, si tuffa nell’acqua per catturare le prede senza creare turbolenze. Fu proprio questa caratteristica a suggerire la forma iconica dei moderni Shinkansen, rendendoli più silenziosi ed efficienti.
Milano non delude nemmeno in gastronomia. Oltre alla celebre cucina salata, la città offre dolci irresistibili che conquistano anche i palati più esigenti. In questo articolo, esploriamo i dessert più iconici che arricchiscono l’esperienza culinaria della città, un viaggio goloso tra sapori e creatività.
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Dove si gustano i 7 dessert più scenografici di Milano
#1 Gloria Osteria
tildediscovery IG – Gloria Osteria
L’ultima sfida del gruppo francese con 24 locali in cinque paesi. Si tratta di un’osteria chic famosa per lo stile eclettico e per una proposta di piatti italiani tradizionali. I dolci sono davvero scenografici. Super consigliata la tarte tatin al limone XXL, ma anche il sorbetto di fragole e l’insalata di fragole rivisitata con crema chantilly vegan alla vaniglia, fragole e lamponi freschi, jus di fragole e anice stellato, zest di lime e dragoncello fresco. Gli imperdibili sono il mini babà a rum Flor de Cana 12 anni al profumo di miele e noci, il soufflé al cioccolato fatto al momento per il quale vale la pena aspettare i 15 minuti d’attesa e il gelato che ti catapulta direttamente in Sicilia con una varietà di granelle e cremini al pistacchio. Varrebbe la pena andare solo per loro, ma se non fosse abbastanza c’è anche il loro iconico e spettacolare dolce chiamato il “Tigramisù”, la loro versione rivisitata del tiramisù con un tocco di marsala.
Indirizzo: Via Tivoli 3. Media recensioni Google: 4.8/5
#2 Veramente Ristorante
tildediscovery IG – Veramente Veramente
L’essenza della vera cucina italiana: la cucina regionale. Aperto da pochi mesi da un gruppo di giovani imprenditori, il progetto del ristorante Veramente si riassume in tre parole: convivialità, tradizione e semplicità. Il locale si propone come un luogo dove stare bene a tavola e riscoprire i sapori di casa, riunendo in un unico menù alcune delle ricette che hanno fatto la storia della nostra cucina regionale italiana. I dolci più iconici sono la sbriciola e crema al Marsala, la loro versione di pane e salame, il tiramisù mantecato e servito con granella di biscotto al cioccolato e il gelato al fiordilatte. Tutti questi dolci vengono serviti direttamente al tavolo, ma, per vivere un’esperienza che ti coccolerà, non puoi non ordinare il loro iconico gelato al fiordilatte: ti mettono lì un trespolo, arrivano i camerieri con un vassoio con sopra una scodellona strabordante di gelato al fiordilatte. Accanto, da scegliere come topping, ci sono salsa di fragola, vaniglia e crumble al cioccolato.
Indirizzo: Via Palermo 11. Media recensioni Google: 4.7/5
#3 Locanda Sempione
tildediscovery IG – Locanda Sempione
Il locale milanese dello chef Tommaso Mandorino propone un’ottima cucina italiana con materie prime di qualità in un ambiente elegante e familiare. Spazioso e senza eccessi, il locale è un bistrot di alto bordo che supera i confini regionali, offrendo piatti tipici della Lombardia accanto a prelibatezze provenienti da altre regioni. Il menù spazia dal risotto alla milanese alla cotoletta, ma include anche piatti audaci e creativi. I dolci, come il bignè con crosta dorata e l’interno soffice, e la crema pasticciera personalizzabile con cioccolato, ciliegie, meringhe o smarties, completano un’esperienza deliziosa. Servito con Picolit “Vino Dolce della Casa” Astucciato Jermann, il vino arricchisce l’esperienza gastronomica con sentori di mele, miele e frutta candita.
Indirizzo: Corso Sempione 38. Media recensioni Google: 4.8/5
#4 El Porteño
tildediscovery IG – Dulce de leche El Porteno
Tutto all’interno di questo ristorante è costruito intorno a Buenos Aires e il nome stesso del locale fa riferimento agli abitanti della capitale argentina. I porteños sono infatti gli abitanti di Buenos Aires da diverse generazioni e questo posticino gli fa davvero onore, partendo dagli arredi retrò fino ad arrivare al menù argentino doc. Grazie alla qualità delle materie prime utilizzate e dalla maestria dei suoi cuochi argentini fino al midollo, tutto da El Porteño è altamente consigliato. Però, una menzione d’onore va ai dolci della casa, dove protagonista assoluto è il “dulce de leche”, una golosissima crema di latte che fa da sfondo a gelati fatti in casa, soffici crepes o caldi soufflé.
Indirizzo: Viale Elvezia 4. Media recensioni Google: 4.5/5
Osteria che si ispira a quella sgangherata del film “Io Tigri, tu tigri, egli tigra” ed è la nuova meta dei milanesi, e non solo, perché si mangia bene, si spende il giusto e sono tutti simpatici. L’insegna dell’Osteria La Semivuota crea sconcerto, se a incontrarla per caso è un nostalgico del cinema italiano più surreale degli anni 70. Gli arredi rispettano l’atmosfera del film, con muri di mattoni, tavoli, sedie, banconi e un frigorifero vintage recuperato nei mercatini. Alle pareti c’è la celebre stampa del duplicatore automatico, il dettaglio più fotografato dai clienti, e posate vintage incorniciate dalla madre del titolare. Si dichiarano milanesi integralisti: non hanno pasta fresca in carta, solo gnocchi, e cucinano la cotoletta esclusivamente con osso, alta e rosa all’interno perché cotta a bassa temperatura. Il capitolo dessert è affidato alla pastry chef Chiara Colzani, autrice di una panna cotta che da sola merita la sosta, senza colla di pesce né gelatina, realizzata solo con panna fresca cotta al forno, dopo l’infusione a freddo di limone e caffè.
Indirizzo: Via Emilio Cornalia 4. Media recensioni Google: 4.5/5
#6 El Carnicero Milano
tildediscovery IG – El Carnicero
Il paradiso per gli amanti della carne. La ricerca continua, la qualità e l’esperienza al servizio degli ospiti, fanno sì che riescano ad offrire i migliori tagli e le qualità di carne più pregiate ed esclusive. L’obbiettivo dei proprietari è far viaggiare i loro ospiti in Argentina ma a modo loro, senza aereo e senza bagaglio solo con il palato. Ciò che più lascia a bocca aperta sono 3 dei loro dolci: il “Panqueque Dulce de Leche”, una crêpe ripiena di dolce di latte, il “Panqueque Manzana”, ossia una crêpe di mela flambata al rum e un “Don Pedro”, un gelato di crema, whisky e noce tritata.
Indirizzo: Corso Garibaldi 108. Media recensioni Google: 4.4/5
#7 Tagiura
tildediscovery IG – Tagiura
Ristorante con cinque sale una diversa dall’altra e una più bella dell’altra: tra affreschi, vecchi registratori di cassa, camini, antiche credenze e divani. Si tratta di un bar trattoria che da cinquant’anni dispensa piatti sani, economici, abbondanti e veloci della migliore cucina tradizionale. A cominciare dai primi di pasta fresca fatta in casa, da quella ripiena ai tagliolini, stracci e orecchione con la ricotta di latte crudo del Caseificio Carena del lodigiano (da lacrime!). In menù troverete anche buone minestre, salumi emiliani, carni e fantastici dolci. Passateci anche a colazione o merenda perché il loro carrello dei dolci è uno dei migliori in città: paste frolle con la marmellata, ovviamente fatta in casa, crostate, plumcake, cornetti con la sfoglia, frittelle di mele, castagnaccio, torta di zucca e tiramisù anche agli amaretti.
Indirizzo: Via Tagiura 5. Media recensioni Google: 4.2/5
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Anche a Milano c’è un quartiere ebraico. Anche se, in realtà, le attrazioni e riferimenti culturali di questa cultura sono sparsi in tante zone della città.
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L’atipico quartiere ebraico di Milano: tutto ha avuto inizio con Napoleone
# Nella Milano degli Sforza e dei Visconti semaforo rosso per gli ebrei
credits Italpress
Nella Milano degli Sforza e dei Viscontiper gli ebrei era vietato risiedere, se non temporaneamente per questioni d’affari. I primi insediamenti della comunità ebraica a Milano risalgono all‘Ottocento, durante il periodo napoleonico. La comunità ebraica contava nel 1820 appena una trentina di persone ma rapidamente si ingrandì soprattutto per l’arrivo di ebrei provenienti da Mantova e altri centri minori. Nel 1849 la popolazione ebraica aveva raggiunto le 200 unità. Ma dove si ritrovarono inizialmente?
credits Vistanet
I primi ebrei di Milano si raccolsero attorno ad un piccolo oratorio in via Stampa 4, vicino all’appartamento del rabbino Prospero Moisè Ariani.
Nel 1890, la comunità contava circa 2.000 persone, un numero destinato a crescere con l’arrivo di profughi ebrei dall’Europa durante il primo Novecento. Anche se poi, durante il periodo fascista, molti ebrei milanesi furono deportati nei campi di concentramento nazisti.
Ma dove si trova il quartiere ebraico di Milano?
# Il quartiere ebraico a Milano
Il Quartiere ebraico si trova all’altezza di Bande Nere, a sud-ovest della città. Qui ci sono sinagoghe, ristoranti e alimentari con solo prodotti kosher, un centro comunitario e una scuola ebraica. Non c’è però alcun tratto distintivo, proprio perchè a Milano non si è mai formato un ghetto.
La tensione nel quartiere si è però intensificata dopo l’attacco di Hamas ai danni di Israele del 7 ottobre. Come spiega a Il Giorno David Hadjibay, un ragazzo con la kippah che gestisce un alimentari kosher, “le scritte antisemite si sono intensificate dopo gli eventi del 7 ottobre. Da allora stiamo più attenti, teniamo la porta chiusa e non facciamo entrare tutti.”
Ma i luoghi di riferimento della comunità sono disseminati anche in altre zone. Vediamone alcuni.
# Il Memoriale dello shoah, il Giardino dei Giusti dal Monte Stella, la Sinagoga Centrale in Guastalla
Credits: memoranea.it – Memoriale Shoah
Sono diversi i luoghi cardini della religione ebraica a Milano. Presso il binario 21 della Stazione Centrale c’è il Memoriale della Shoah, che ripercorre la tragedia dell’Olocausto. Ultimo nato in ordine di tempo è il Giardino dei Giusti, situato a ovest della città, presso il monte Stella, che commemora tutte le persone che si sono opposte ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi. Completa il trittico la Sinagoga Centrale, situata in zona Guastalla a pochi passi dall’omonimo giardino.
# Altre sinagoghe in città
Credit: bethshlomo.it – Interno Sinagoga
Si possono poi trovare altre sinagoghe: in Porta Romana c’è quella di Beth Shlomo con una storia particolare e che è anche un centro studi, altre sono al Giambellino, in zona Castello Sforzesco e in Porta Venezia.
# La Casa 770, uno dei 16 cloni sparsi nel mondo
credits Unconventional Tour
Menzione a parte merita la casa 770, situata in via Carlo Poerio. L’edificio è una replica esatta della sede centrale del movimento Chabad-Lubavitch a Brooklyn, New York. Questo edificio è l’unico in Europa ed è un importante punto di riferimento per la comunità ebraica ortodossa. Per la città è un punto di aggregazione, un riferimento culturale, dove si organizzano eventi che spaziano dalle esposizioni artistiche agli assaggi della tipica cucina ebraica.
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A Milano il risotto alla milanese non è solo un piatto, ma un’istituzione. Alcuni ristoranti lo preparano seguendo la tradizione, altri aggiungono un tocco personale che lo rendono unico. Ecco cinque indirizzi dove gustare una delle migliori versioni della città.
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I 5 ristoranti milanesi dove si mangia il miglior risotto giallo
# Bice, nel cuore del Quadrilatero della Moda
bicemilano IG
Fondato nel 1926 da Beatrice “Bice” Mungai, il ristorante Bice è situato nel cuore del Quadrilatero della Moda. L’ambiente raffinato è caratterizzato da un pavimento in tartan scozzese rosso e da arredi eleganti che creano un’atmosfera accogliente e sofisticata. La cucina propone piatti di forte tradizione toscana, con paste rigorosamente fatte in casa, tra cui la famosa Pappardella al telefono.
simonabelloni IG – Ristto Bice
Non mancano i piatti della tradizione milanese, come il risotto giallo preparato seguendo la ricetta classica, anche nella versione con l’ossobuco. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: Via Borgospesso, 12
# Trattoria da Abele Temperanza, il miglior risotto giallo secondo scattidigusto
Ph. io_sono_eb IG
Una piccola strada dal nome insolito: via Temperanza. Tra Via Padova e il Parco Trotter. Nelle tre sale della trattoria, aperta nel 1979, l’atmosfera è raffinata e popolare allo stesso tempo. Secondo scattidigusto.it si mangia il migliore “risotto giallo”, preparato al momento come si conviene: rigorosamente “all’onda”. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: Via Temperanza, 5
# Don Carlos, all’interno del Grand Hotel et de Milan
ristorante.doncarlos IG
Quasi dirimpettaio troviamo il Don Carlos, all’interno del Grand Hotel et de Milan, inaugurato nel 1993 in omaggio al celebre compositore Giuseppe Verdi, che soggiornò a lungo nell’hotel. Le pareti del ristorante sono adornate con ritratti e cimeli verdiani, creando un ambiente elegante e culturale. La cucina propone piatti della tradizione italiana rivisitati in chiave moderna, utilizzando ingredienti di alta qualità.
reginamariniello IG – Risotto Don Carlos
Il loro risotto alla milanese segue la ricetta tradizionale che prevede l’uso di riso Carnaroli, zafferano e una mantecatura con burro e Grana Padano, per un’esperienza gastronomica di livello superiore per veri intenditori. Media recensioni Google: 4.4/5
Indirizzo: Via Alessandro Manzoni, 29
# Nuova Arena, a pochi passi dall’Arena Civica Gianni Brera
vital_mile IG – Nuova Arena
La Nuova Arena è un locale inossidabile, dal successo continuo sin da quando ha aperto, nel 1982. Merito del patron, Giovanni Mele, sardo, che si era fatto le ossa in alcuni dei ristoranti toscani al top attivi allora in città. Il ristorante è caratterizzato da tavoli fitti e travi a vista, creando un’atmosfera conviviale e informale. La gestione familiare e l’attenzione alla qualità degli ingredienti hanno reso Nuova Arena una meta apprezzata da chi cerca la cucina tradizionale italiana in un ambiente accogliente.
chiaram_tacco12cm IG – Risotto Nuova Arena
Frequentato da milanesi che apprezzano la cucina genuina, Nuova Arena è un luogo storico dove il risotto è servito con un’abbondante spolverata di formaggio grattugiato. Media recensioni Google: 4.5/5
Indirizzo: Via Pietro Moscati, 11
# Il Baretto, in una delle vie più esclusive di Milano
revolution_archstudio IG – Il Baretto
Fondato negli anni ’60, il Baretto è situato in via della Spiga, una delle vie più esclusive di Milano. Il ristorante presenta un ambiente caldo e raccolto, con arredi in legno scuro e un’atmosfera che richiama i club inglesi, offrendo un’esperienza culinaria intima e raffinata. Il Financial Times lo ha inserito nell’elenco di quelli più frequentati da imprenditori, politici e vip. Media recensioni Google: 4.7/5
svetlana_abdulova IG
La cucina propone piatti della tradizione milanese e italiana, con un’attenzione particolare alla selezione degli ingredienti e alla presentazione dei piatti. Il locale è il posto ideale per gustare il risotto allo zafferano, un’icona della cucina milanese, in un contesto rilassato e accogliente.
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