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La fuga dei 50mila: sorpresa, Milano in un anno ha perso tanti abitanti come l’intera città di Lodi

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Ph. @alemaestri_fotos IG

Milano prima per la qualità della vita, secondo la nuova edizione dell’indagine annuale realizzata da ItaliaOggi e Ital Communications, ma per la prima volta dopo il 2020 perde residenti. Se si sta così bene, perchè si fugge? Ecco i motivi.

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La fuga dei 50mila: sorpresa, Milano in un anno ha perso tanti abitanti come l’intera città di Lodi

# A dicembre 2023 secondo Palazzo Marino i residenti erano più di 1,4 milioni, per l’Istat solo 1,37

Credits hoigole IG – Palazzo Marino

L’anno prima dell’arrivo della pandemia Milano aveva superato la soglia di 1,4 milioni di residenti. Un numero calato nei successivi tre anni, con molti cittadini andati a vivere altrove o ritornati nei paesi d’origine, per poi risalire a 1 milione e 417 mila a dicembre 2023 come registrato dall’Anagrafe di Palazzo Marino. Il dato non ha avuto però conferma dall’Istat, che nello stesso periodo dell’anno registrata “solo” 1.370.536 abitanti. Un numero inferiore quindi di circa 47mila unità rispetto rispetto a quanto comunicato dal Comune di Milano, 30mila in confronto al dato del 2019, e che non ha avuto segnali di crescita almeno sino ad agosto 2024.

# In calo immigrati da altre città italiane e dall’estero, in crescita i milanesi trasferiti fuori dai confini

Credits Sushil Ghimire-unsplash – Stazione Centrale Milano

Il trend della popolazione milanese in calo nell’ultimo anno è spiegabile con questi numeri: 

  • Calo degli arrivi dalle altre città (-10mila): 45mila arrivi da altre città italiane nei primi 8 mesi del 2023 contro i 35mila stimati per il 2024;
  • Calo dei nuovi stranieri (-8mila): 31mila stranieri approdati nel 2023 contro i 23mila del 2024;
  • Aumento dei milanesi andati all’estero (+2.500): 5.254 trasferimenti di milanesi all’estero nel 2023 contro i 7.888 del 2024;
  • Meno nati: 9.423 nati nel 2023 rispetto alle 9.886 del 2022, i nati registrati dall’Istat fino ad agosto 2024 è di 6.146;
  • Più morti: quota 10.000 decessi già raggiunta ad agosto nel 2024.

Infine aumentano i milanesi che lasciano la città per trasferirsi nell’hinterland o in altri posti in Italia. 

# I motivi della discrepanza dei dati

La discrepanza tra i dati, come riportato da Repubblica, è dovuta al fatto che il Censimento permanente della popolazione effettuato annualmente dall’Istat dal 2018 è basato «sull’utilizzo integrato di fonti amministrative e di altre fonti di dati utili a fini censuari e sullo svolgimento di rilevazioni periodiche». I numeri prodotti da Palazzo Marino si riferiscono invece solo al database dell’Ufficio Anagrafe.

# La città è meno attrattiva e il costo della vita è troppo alto

Credits Kunnasberg-pixabay – Costi energia

Sono questi in sintesi le due cause che hanno portato al calo della popolazione e che rischiano di far proseguire il trend verso il basso, nonostante Milano abbia tutte le carte in regole per essere attrattiva. Palazzo Marino aveva infatti fissato come target per la fine del 2024 un numero di residenti di 1 milione e 420mila e il recente primo posto nella classifica della qualità della Vita, realizzata da ItaliaOggi e Ital Communications, sembrava confermare tutto. Il demografo docente della Cattolica, Alessandro Rosin, spiega infatti che «Da una città come Milano ci si sarebbe aspettati una crescita in termini di popolazione. In potenza, infatti, il capoluogo lombardo ha tutti gli elementi per sviluppare una capacità attrattiva che altre aree in Italia non hanno. Ma non si sta facendo abbastanza per attuare le potenzialità della città».

Il docente aggiunge che «Vivere a Milano è diventato costoso oltre che complicato. Il costo della vita è troppo alto, spostarsi tra le zone periferiche e il centro non è più così facile. Insomma, Milano non ha fatto quello che doveva fare per esprimere al meglio la propria capacità attrattiva. In questo modo sempre meno flussi di persone in entrata ci saranno». Infine da Milano «ci si aspetterebbe che, nonostante la bassa natalità, il fenomeno migratorio riuscisse a invertire lo scenario».

Fonte: Repubblica Milano

Continua la lettura con: Qualità della vita: Milano torna in vetta, incalzata dalla sua “sorellina”

FABIO MARCOMIN

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Queste sono le 5 “piccole” città italiane che potrebbe sfidare Milano

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Screenshot

Sondaggio tra i milanesi: “Qual è la piccola città italiana che può competere con Milano? “. Queste le 5 città più votate dai milanesi. Più temute o più ammirate?

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Queste sono le 5 “piccole” città italiane che potrebbe sfidare Milano

#5 Trieste… se fosse indipendente

Credits: italymypassion IG

Al quinto posto, tra le piccole città che potrebbero competere con Milano, si piazza Trieste.
Trieste (se fosse indipendente come è secondo i trattati)Cit. Lorenzo Z.

Da sempre Trieste ha una relazione speciale con Milano. I comuni trascorsi asburgici, una posizione strategica con paesi di oltre frontiera, una sobrietà e una raffinatezza culturale le rendono molto vicine. Forte anche la componente istriana che si è trasferita in città a metà del secolo scorso. Ed entrambe hanno nel cuore un desiderio di maggiore autonomia. 

#4 Bologna… se fosse meno provinciale

Credits: @ig_bologna_
Bologna

Al quarto posto tra le più gettonate si piazza Bologna, per la sua organizzazione simile alla metropoli milanese.
Io vivo in Puglia e reputo sia Bologna che Milano molto organizzate.Cit. Giacomo V.

I legami tra Bologna e Milano si sono fatti ancora più stretti grazie all’Alta Velocità. In poco tempo si passa da una all’altra città. Bologna insidia Milano soprattutto come città dei giovani e per il fermento culturale. E’ poi città borghese, elegante, amante del lavoro e della qualità della vita. Ci sono molte somiglianze nella mentalità, è innegabile. Se perdesse qualche vena un po’ provinciale Bologna potrebbe davvero competere a pieno con Milano. 

#3 Pavia… se ritrovasse lo spirito longobardo 

credits: @miguel_teixei su IG

Pavia si prende la terza piazza soprattutto grazie alla sua storia gloriosa che la poneva spesso in competizione con Milano.
Pavia è stata capitale della longobardiaCit. Paola M.

Fu infatti preferita a Milano come città più importante dai Longobardi che hanno forgiato profondamente il carattere della nostra regione. Successivamente la città del Sud della Lombardia si è un po’ smarrita. Per rilanciarsi dovrebbe ritrovare quel sano spirito da capitale, scrollandosi di dosso quella mentalità un po’ chiusa, e potrebbe puntare sui territori dell’Oltrepò che rappresentano qualcosa che a Milano manca. 

#2 Catania… se guidasse un rinascimento siciliano

Credits: siciliafan.it – Catania

Catania, la Milano del sud, si prende il secondo posto.
Vuoi metter il cibo, il mare, il duomo, l’Etna? Milano l’amo ma Catania è Catania
Cit. Filippina L.

Per ora l’immagine le consente di primeggiare dal punto di vista produttivo rispetto a Palermo. Per lanciare la sfida a Milano dovrebbe riuscire a trainare la Sicilia da regione prevalentemente turistica a motore di innovazione per l’intera Italia. 

Leggi anche: Le 7 CAPITALI d’ITALIA

#1 Verona… se diventasse la nuova regina del Veneto

Credits cjfontenas IG – Verona

Secondo i milanesi interpellati, è Verona la piccola città che meglio potrebbe competere con Milano.
“Perfetto baricentro del nord italia, punto di incontro delle comunicazioni con il nord Europa e quelle tra est ed ovest, fa parte di una regione, il Veneto, che, a parte una breve parentesi nella prima metà dell’800 (Napoleone e poi gli austriaci), è sempre stata “sovrana”. Cit. Lorenzo V.

In teoria avrebbe tutto. La posizione strategica che, grazie al Brennero, la pone a diretto contatto con il cuore dell’Europa. E poi ha dalla sua lo straordinario motore del Triveneto, un territorio di grande potenza ma che dai tempi della Venezia antica non ha trovato ancora una città in grado di diventare un punto di riferimento per l’economia nazionale e internazionale. Se Verona si ponesse in questo modo potrebbe certamente competere con Milano. E forse pure superarla. 

Continua la lettura con: Le CITTÀ più STRANE del mondo

FABIO MARCOMIN

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Milano Barcellona a 30 euro: arriva il treno low cost

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Treno Av Barcellona-Milano

Con treni veloci da Milano alle spiagge della Capitale della Catalogna. Ecco da quando e chi offre il servizio.

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Milano Barcellona a 30 euro: arriva il treno low cost

# Da Milano alle spiagge di Barcellona in alta velocità

pixabay – matressa_ – Stazione Barcellona

L’attesa per il primo viaggio notturno con treni veloci da Milano alla Capitale della Catalogna dovrebbe durare ancora pochi mesi. I collegamenti ferroviari internazionali, in particolare quelli di Nightjet, e di Euronight frutto di una collaborazione tra le compagnie di Francia (SNCF), Germania (DB), Austria (ÖBB) e Svizzera (CFF), stanno cambiando la mobilità europea. Entro la fine di dicembre 2024, si aspetta l’annuncio ufficiale dell’entrata in servizio, è prevista la nuova tratta da Zurigo a Barcellona, servendo altre 12 città europee tra cui Amsterdam e le italiane Milano e Roma. La stazione di Zurigo è lo snodo per la prosecuzione dei treni della nuova linea verso l’Italia. Al momento da Milano partono treni per Monaco e Vienna.

# In viaggio fino a 230 km/h

Mappa Nightjet

L’obiettivo delle compagnie ferroviarie è quello di creare una rete di trasporti rapida, economica e alternativa al trasporto privato oltre che all’aereo. A questo si aggiunge il comfort di restare seduti a guardare scorrere i paesaggi all’esterno, senza lo stress degli aeroporti. I treni possono raggiungere una velocità di 230 km/h, la tratta Berlino-Parigi è percorsa in circa 5 ore, e offrono tre livelli di servizio. Vediamo quali sono nel dettaglio.

Leggi anche: I TRANS-EUROP EXPRESS 2.0: i nuovi treni notturni per viaggiare tra le città europee

# Prezzi a partire da 30 euro e tre livelli di servizio

Collegamento veloce e low cost. I prezzi dei biglietti sono infatti a partire da 30 euro, variando in base alla destinazione prescelta. Ogni convoglio mette a disposizione circa 254 posti, con diverse tipologie di sistemazioni: vagoni letto, cabine con letti a castello condivise, con spazi individuali che garantiscono privacy ai viaggiatori, e cabine letto private per un’esperienza più esclusiva oltre ai sedili normali. Tutte le cabine, dagli scompartimenti singoli fino alle camere per famiglie, sono dotate di lavandino.

Continua la lettura con: Barcellona – Madrid: solo 2 ore e mezza con il treno super fast

FABIO MARCOMIN

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Perché nelle altre città non esistono ristoranti di cucina milanese (o lombarda)?

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Credits: @amilanopuoi Trattoria milano

A Milano troviamo ogni tipo di cucina tipica. Ci sono ristoranti di cucina bolognese, napoletana, romana, senza contare quelli regionali. Ma se si esce dalla nostra regione non succede il contrario: impossibile trovare ristoranti di cucina milanese o lombarda. Ma qual è la ragione?  

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Perché nelle altre città non esistono ristoranti di cucina milanese?

# Nessun ristorante milanese fuori Milano? Non è colpa della cucina

Credits: PH Il giornale del cibo

La motivazione non è la qualità della cucina milanese. La vera ragione è che i milanesi non sono mai stati un popolo di migranti e quando lo hanno fatto non è stato per fare camerieri o cuochi in giro per il mondo. Stessa cosa si potrebbe ad esempio dire per la cucina francese, è famosissima nel mondo ma ristoranti francesi in giro se ne vedono pochi. Non solo: Milano è decisamente più internazionale e aperta di altre realtà, pertanto si trovano ristoranti regionali ed etnici di tutto il mondo, mentre è più difficile trovare un approccio simile in altre città d’Italia. C’è poi un’altra ragione che riguarda nello specifico la cucina di casa nostra. 

# I piatti lombardi? Elaborati, laboriosi e sostanziosi

Credits: @andre_toso
Casoela

Tra le altre ragioni che possono motivare una limitata diffusione della nostra cucina c’è che i piatti più tipici sono molto laboriosi o impegnativi: un risotto fatto bene richiede tempo e cura oppure la Cassoela che non certo adatta per uno spuntino veloce e leggero. Non solo: la nostra cucina tradizionale è legata ai prodotti tipici della zona (riso, formaggi, salumi, funghi, bresaola, polenta…) e dalle necessità nutrizionali delle persone, i climi piuttosto rigidi necessitano di cibi proteici e calorici.

A differenza di quanto si potrebbe pensare la cucina lombarda è molto varia grazie alla diversità del suo territorio e alle tanto dominazioni che si sono succedute. Tanto antica che uno dei suoi piatti ha probabili origini celtiche: ovvero il CUZ, pietanza a base di carne di agnello cucinata nel proprio grasso, tipica della Val Camonica.

# Un tipico menù milanese

Credits: @amilanopuoi
Trattoria milano

Un tipico menu milanese potrebbe essere così composto:

Antipasto : Insalata di nervetti/Mondeghili

Primo: Risotto allo zafferano. In alternativa: zuppa DI Cipolle (piatto di origine medioevale) o Minestrone

Secondi: per non essere banali in alternativa alla cotoletta alla milanese, Cassouela o ossobuco

Contorno: ampia scelta di formaggi

Dolce: Torta meneghina o, se è il periodo, il Panettone

Il tutto accompagnato da un Buon vino di San Colombano, dell’Oltrepo’ o della Valtellina. Le alternative potrebbero essere molteplici, a voi le proposte. Nel frattempo non possiamo che invitare romani pugliesi e napoletani a sedersi a tavola aggiungeremo volentieri una cadrega… una volta provata, la cucina lombardo milanese ti sorprende! Soprattutto se consumata durante una nevicata davanti al camino.

Continua la lettura con: Quello che non può mancare nel MENÙ del MILANESE DOC

ANDREA URBANO

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Il «Castello di Carte» di Milano

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Ph. @baby_2015 IG

Bastava un soffio per distruggerlo. Stiamo parlando dei castelli di carte. Difficile trovare qualcuno che non abbia avuto quella sensazione misto ansia e speranza che il castello rimanesse su. Per non parlare del nervoso quando qualcuno per sbaglio apriva la porta distruggendo il duro lavoro, o un “simpatico” amico che, visto che il tuo era ancora intatto e il suo no, soffiava sul tuo capolavoro e in un secondo le carte erano tutte ammassate sul tavolo. A Milano c’è un castello di carte che neppure vento e pioggia distruggono.

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Il «Castello di Carte» di Milano

# Un castello davanti a un altro castello

Credits: @coolinmilan
Castello Pozzi

All’incrocio tra viale Berengario e via Benedetto Brin, nell’area accostata a CityLife, passeggiando per gli edifici residenziali signorili della zona, si può trovare un castello perfettamente instagrammabile e che lascia tutti a bocca aperta. Non molti conoscono questo posto, tanto che quando i passanti lo vedono suscita un’improvvisa curiosità, quasi spaesamento. La piramide di carte alta quanto una casa e illuminata la sera si trova davanti a castello Pozzi, un edificio costruito nel 1929 dal Cav. del Lavoro Claudio Tridenti Pozzi, il re della moda milanese dal 1876, e che ospita molte collezioni private.

# Il fascino dato dal non sapere

Credits: @castellopozzi
Castello Pozzi

L’idea nasce da Fiorucci che con quest’opera desiderava celebrare non solo sé stesso ma anche l’amico e collega Missoni che era morto l’anno prima, attraverso un concentrato di luci e colori che, partendo dalla moda, dall’arte e dal design potesse essere condivisibile da tutti. Il titolo dell’installazione è Love art 4 all. Il messaggio è quello che anche qualcosa di apparentemente volubile e transitorio, come la moda o un castello di carte, può trasformarsi in una vera opera d’arte, capace di dare lustro a un’intera città. 

Una curiosità? Non è l’unica installazione di quel giardino. In un’altra area del Castello Pozzi, sul lato di via Brin, ci sono tre grandi cavalli di legno, che si affacciano con la testa oltre le siepi della villa. In questo caso si tratta di una riproduzione di una scultura di Giuliano Grittini dal titolo “Cavallo Genio e Poesia”, ispirata a Leonardo Da Vinci.

Continua la lettura con: Il PARCO d’ARTE a cielo aperto di CITY LIFE: le 12 opere più CURIOSE attuali e future con i loro significati (foto)

BEATRICE BARAZZETTI

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Le «strade solari»: una nuova via per il futuro di Milano?

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Pista ciclabile con pannelli solari

Le solar roadways sono una realtà innovativa in alcune grandi città del mondo. Il concetto di base è usare i chilometri di strade asfaltate per produrre elettricità a servizio delle comunità, risparmiando sull’energia elettrica prodotta dal carbone, petrolio e gas. L’idea dei pannelli solari nelle strade potrebbe cambiare anche il concetto di mobilità sostenibile. Infatti, durante la marcia le auto elettriche potrebbero ricaricarsi senza bisogno di rifornimento. Potrebbe Milano adottare questo sistema per migliorare l’impatto ambientale? Ma vediamo alcuni esempi nel mondo. 

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Le «strade solari»: una nuova via per il futuro di Milano?

# A Jina in Cina, la prima superstrada con panelli solari a terra dell’Asia

Credits: biopianeta.it – Autostrada a pannelli solari in Cina

A Jinan, capitale della provincia cinese dello Shandong in Cina, è stata inaugurata la prima superstrada con i pannelli solari a terra, “The Jinan Expressway” sviluppata dal Qilu Transportation Development Group. La strada fa parte della circonvallazione che circonda la città e ha tre livelli: i pannelli fotovoltaici si trovano al centro, nella parte inferiore c’è uno strato isolante mentre al di sopra dei pannelli, a protezione, c’è uno strato trasparente e portante che consente alla luce solare di penetrare. Sono operativi circa 2km che producono 1 milione di kWh all’anno, sufficienti per alimentare 800 case circostanti. I pannelli sono protetti dal peso dei veicoli e dagli agenti atmosferici attraverso uno strato speciale di bitume.

# In Olanda e in Francia: piste ciclabili con pannelli solari sulla pavimentazione

Pista ciclabile con pannelli solari

D’altro canto, negli ultimi anni in Europa e in particolare in Olanda, sono state inaugurate piste ciclabili con pannelli solari a terra. Nel 2015 la prima “Solaroad” al mondo lunga 70 metri, produceva un rendimento annuo di circa 70kwh per metro quadro. Le strade raccolgono l’energia dei raggi solari durante il giorno per poterla usare per alimentare i lampioni durante la notte. Le piste sono fatte di lastre in calcestruzzo in cui sono stati integrati semplici pannelli fotovoltaici, a loro volta protetti da uno spesso strato di vetro trasparente in grado di sostenere sia le bici che i mezzi più pesanti.

 

In Francia un primo tentativo è stato condotto per produrre elettricità per un sobborgo di 5000 abitanti non lontano da Tourouvre-au-Perche. La struttura dei pannelli è formata da silicio policristallino che hanno uno spessore di pochi millimetri e la cui produttività è garantita per circa 20 anni. Oggi in base ai dati dell’ADEME questo sistema produce però solo la metà dell’energia sperata all’inizio però è senza un dubbio un primo punto di partenza, ci sono anche da risolvere problemi di deterioramento e comfort acustico.

# Una strada possibile anche per Milano?

Credits: insidenew.it – Strada solare in Francia

Dieci anni fa nessuno avrebbe parlato della diffusione di massa delle elettriche eppure stanno diventando sempre più popolari tra di noi. E’ ipotizzabile quindi un futuro per questa tipologie di strade che producono energia. Si tratta di un progetto in fase embrionale perché in base ad alcune ricerche la produzione energetica prodotta da questo sistema equivale ad 1/3 di quella prodotta sui tetti delle abitazioni ed uffici. Ciò non toglie che in paesi come la Cina, Olanda, Svezia e USA questo tipo di progetto sia in continuo sviluppo e in fase di miglioramento tecnologico e forse un giorno le vedremo anche a Milano. Sarebbe un bel segno per contrastare la grave piaga dell’inquinamento dell’aria e un simbolo di rinascita per la ripartenza della città. 

FABIO MARCOMIN

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Questa è la casa più antica di Milano

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Ph. @milanoperme IG

Uno dei pochissimi palazzi rinascimentali risparmiati dalle demolizioni nel corso dei secoli, in particolare dell’ultimo. Non è solo la casa più antica della città: è anche una delle più belle, tra affreschi (spariti) del Bramante e colonne degne della Certosa di Pavia. Era già presente nella Milano del XII secolo. Foto cover: @milanoperme IG

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Questa è la casa più antica di Milano

# Ca’ del Guardian”: uno dei rari palazzi rinascimentali ancora in città

Aperture gotiche

Casa Fontana-Silvestri, chiamata anche “Ca’ del Guardian”, è uno dei pochissimi palazzi rinascimentali che sono stati risparmiati dalla distruzione per far spazio ad altre architetture in città. Si trova in Corso Venezia 10, dove fu costruita nel XII secolo.

Il suo aspetto misto gotico-rinascimentale lo si deve ai lavori eseguiti alla fine del 1300. Nel corso del tempo ha avuto numerosi inquilini. Tra i più celebri c’è Angelo Fontana, custode della scomparsa Porta Orientale, attigua all’abitazione, che vi ha vissuto quasi fino alla fine del 1400 e motivo per cui la casa si è guadagnata il soprannome di “Ca’ del Guardian”. Tra i proprietari: i Pirovano, gli Stampa i Castiglioni e il senatore Silvestri.

# La facciata era coperta da affreschi del Bramante fino all’800

Credits: tripadvisor – Affreschi Bramante

Fino alla fine dell’800 era possibile vedere gli affreschi del Bramante o Bramantino, a seconda delle fonti: ora non rimane che qualche testimonianza nel fregio sotto il cornicione dove si possono scorgere le vestigia di un baccanale di putti, sirene, tritoni, capre e agnelli alternati tondi con all’interno dei busti virili.

Tra la metà dell’800 e del ‘900 l’edificio è stato restaurato per ripristinare l’aspetto rinascimentale: furono così scoperte delle aperture datate a una precedente costruzione gotica, ancora oggi visibili.

# Il cortile interno con le colonne che rimandano alla Certosa di Pavia

Cortile interno

La casa si sviluppa attorno a cortile porticato solo su tre lati: il quarto lato è costituito da un semplice muro di confine. I capitelli presenti sulla sommità delle colonne che riportano targhe araldiche dei Fontana e le snelle candelabre con base classica, fusto a bulbo decorato, capitellino a foglie e volute, che reggono arcate a tutto sesto del loggiato al primo piano, sono tra i manufatti più belli del rinascimento lombardo e rimandano ad esempi presenti nella Certosa di Pavia.

Continua la lettura con: Gli ATTICI da SOGNO di Milano: le FOTO

FABIO MARCOMIN

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A Milano si trova la Luna

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credits: Dday

Forse non tutti sanno che Milano ha qualcosa che non si trova nelle altre città italiane. No non stiamo parlando del Duomo o del Cenacolo, ma di un frammento della Luna. Come ci è arrivato a Milano? Scopriamolo insieme ad altre tracce della luna a Milano.

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A Milano si trova la Luna

# Il frammento arriva dall’ultima missione sulla Luna

credits: corriere.it

Unico del suo genere in Italia: il frammento di Luna presente al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci. Appartiene alla roccia che venne battezzata “Goodwill Rock”, ovvero la “roccia della speranza”: Eugene Cernan e il collega Harrison Schmitt, nella missione Apollo 17 avevano raccolto un grande pezzo di roccia che ritenevano significativo, sperando che fosse possibile spezzettarlo e donarne una parte ad ogni nazione in segno di fratellanza.

# Il frammento appartiene alle rocce ignee effusive e fu donato da Nixon allo Stato Italiano in segno di amicizia fra le due nazioni

Credits: cocoparisienne, by pixabay
Chiari di luna

Il pezzo di Luna conservato nel museo fa parte della famiglia dei basalti, cioè delle rosse ignee effusive, comunemente chiamati frammenti di lava. Il frammento arriva dall’area nota come Taurus Littrow Valley, scelta appositamente per le sue caratteristiche geologiche che avrebbero aiutato gli scienziati a capire la storia della Luna e forse del nostro Sistema Solare. Fu donato nel 1973 dall’allora presidente Richard Nixon, allo Stato Italiano, il cui Presidente della Repubblica era Giovanni Leone, come segno di amicizia fra i due Stati.

Non è l’unica traccia di Luna a Milano. 

# A Lambrate la Luna è su un palazzo

credits: urbanlife

All’angolo tra Via Ventura e Via Massimiano 25 c’è un edificio costruito nel 2011 ad uso terziario che riporta una grande insegna con la scritta “Luna”. La scritta è una parte della vecchia insegna del Luna Park delle Varesine recuperata dall’architetto di Mariano Pichler e da lui posizionato in questo nuovo angolo della città.

Curioso anche il palazzo dove è apposta la scritta: ha una struttura bizzarra, diviso in tre fasce, ognuna delle quali è progettata per un uso diverso. Ruatti Studio ha concepito un piano terra in cui si trovano spazi commerciali e gallerie d’arte, un primo piano che ospita un bar-ristorante e i piani superiori adibiti ad atelier e laboratori. In questo edificio il vecchio e il nuovo entrano in contatto pur rimanendo ben visibili, facendo da ponte fra strutture residenziali e strutture industriali del passato.

Il frammento e l’edificio rappresentano entrambi i passi importanti per la storia dell’uomo e il progresso scientifico verso il miglioramento. Ma questa non è l’unica installazione che ha portato la luna a Milano. 

# La Luna in piscina

Luna Piscina Cozzi

Nuotare sotto la Luna. A Milano si è potuto fare anche questo. Grazie a “Museum of the Moon”, il progetto artistico itinerante dell’artista britannico Luke Jerram, allestito dal 15 al 23 giugno 2019 alla Piscina Cozzi. L’imponente installazione misurava 7 metri di diametro ed era una sfera che riproduceva fedelmente la superficie lunare, grazie alle cartografie fornite dalla Nasa. Con una scala di circa 1:500,000, ogni centimetro della scultura sferica equivaleva a 5 chilometri della superficie lunare. Un’installazione che sarebbe stato bellissimo trasformare da temporanea in permanente. Ma a volte chiedere la luna è un po’ troppo. Anche per Milano.

Continua la lettura con: A Milano c’è anche una via che non esiste: via Santerna

ANDRA STEFANIA GATU

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I 7 luoghi più sottovalutati entro un’ora da Milano

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credits: @teamoltrepo su IG

Parchi, colline, borghi e castelli: scopriamo i 7 luoghi fuori Milano più sottovalutati dai milanesi.

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I 7 luoghi più sottovalutati entro un’ora da Milano

#1 Oltrepò pavese, tra vino, borghi e castelli

credits: @teamoltrepo su IG

L’Oltrepò Pavese è terra di tradizioni vinicole, paesaggi naturali, borghi e castelli. Deve il suo nome al fatto di trovarsi a sud del fiume Po, in pieno Appennino Settentrionale, territorio geograficamente e morfologicamente molto simile a quello appartenente all’Emilia. 

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#2 Vigevano: non ci va praticamente nessuno, ci arrivano poco i mezzi pubblici, ma è un posto meraviglioso

vigevano
Vigevano

Basterebbe solo la meravigliosa piazza Ducale in stile rinascimentale, realizzata su volontà del “milanese” Ludovico il Moro, per una visita a Vigevano. Attorno ad essa il Palazzo Ducale, già Castello di Vigevano, e la Torre con l’orologio del Bramante. All’interno del complesso del Palazzo Ducale si può visitare il Museo internazionale della Calzatura, per ricordare che un tempo la cittadina pavese era tra i primi centri di produzione di scarpe al mondo, e la strada coperta che serviva a proteggere il passaggio dei Signori di Milano. 

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#3 Franciacorta, la terra delle bollicine “di classe”

Credits decanter IG – Franciacorta

La Franciacorta è una zona famosa per la produzione del vino omonimo, il Franciacorta DOCG. Non solo: splendide colline, siti culturali e storici, relax nella natura. Si estende per circa 200 km e abbraccia ben 19 comuni bresciani: da Iseo a Ome, da Adro a Cellatica, da Rovato a Rodengo Saiano. 

#4 Il parco del Ticino: il parco fluviale più grande d’Europa ma è ignorato

Credits nicola_farise – Parco del Ticino

Il Parco del Ticino, tra Lombardia e Piemonte, è l’area protetta fluviale più grande d’Europa, riconosciuta patrimonio mondiale nel circuito MAB-UNESCO ed europeo all’interno della rete Natura 2000. Caratterizzato da una notevole biodiversità, il Ticino nel suo percorso incontra boschi e brughiere, per allargarsi poi in un’ampia valle caratterizzata da boschi, prati, coltivi, cascine, mulini, canali, ghiareti e lanche. 

#5 Bergamo: è raro che un milanese vada in gita a Bergamo  

Credits: milanoguida.it – Bergamo

Bergamo è talmente vicino a Milano che i milanesi difficilmente la scelgono con gita turistica. Eppure c’è molto da vedere. La zona più antica, chiamata Città Alta e caratterizzata da strade lastricate, ospita il Duomo della città ed è circondata dalle mura veneziane patrimonio dell’Unesco dal 2017. Imperdibile l’Accademia Carrara con una tra le più preziose raccolte d’Europa di opere dei pittori del Rinascimento.

#6 Lato lecchese del lago di Como

Credits: siviaggia.it – Varenna

Il ramo del Lago di Como decantato dal Manzoni, quello di Lecco, ospita alcune delle perle più conosciute e famose del lago: Varenna, Lierna, Bellano, Mandello al Lario. Per non parlare di Dervio, Piona, Colico e tutto il lungolago.

#7 I borghi dell’hinterland

Credits: Gippi75 IG – Morimondo

Attorno a Milano ci sono dei borghi meravigliosi. Da Morimondo, famoso per la sua abbazia cistercense, ospita ben 14 cascine, immerso nel Parco Regionale della Valle del Ticino, a Cassinetta di Lugagnano conosciuta per le “ville di delizia”, le residenze nobiliari estive sul Naviglio costruite nel ‘700. Entrambi inseriti nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia. Ancora Cassina de’ Pecchi, Cernusco sul Naviglio o Trezzo d’Adda.

Leggi anche: BORGHI più BELLI d’Italia: DUE sono nell’HINTERLAND di Milano

Continua la lettura con: La classifica dei 7 LUOGHI TURISTICI più SOTTOVALUTATI di Milano (mappa)

FABIO MARCOMIN

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L’«Eternale», il grattacielo più alto del mondo che si voleva costruire a Roma

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Credits: archdaily.com La Mole Littoria

L’edificio più alto del mondo. Sede del Parlamento italiano, hotel, sale conferenza e riunione, biblioteca, enormi impianti sportivi, centrali per le telecomunicazioni ed anche un eccellente osservatorio astronomico. Dove? In centro a Roma.

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L’«Eternale», il grattacielo più alto del mondo che si voleva costruire a Roma

# La costruzione Monster che avrebbe fatto la storia di Roma

Credits: gianmariobh.wordpress.com
La Mole Littoria

Se state pensando che stiamo per raccontarvi il nuovo record ottenuto a City Islands, prendetevi cinque minuti per leggere questa incredibile storia che coinvolge un visionario architetto milanese, il quale ha presentato il progetto di una costruzione monster chiamata l’Eternale.

Mario Palanti è un ambizioso architetto milanese, emigrato in America del Sud ai tempi del fascismo, che fa fortuna costruendo gli edifici più alti di Montevideo e Buenos Aires e, con la spregiudicatezza di chi è molto pieno di sé, si presenta a Benito Mussolini con un progetto destinato a cambiare per sempre lo skyline della città eterna.

# L’edificio che avrebbe “eternalizzato” il governo fascista

Credits: archdaily.com
Il progetto fuori contesto

C’è uno strano legame che si crea tra dittatori ed architetti, è inevitabile. Palanti asseconda l’egoistica ambizione di Mussolini, porta in dono un levriero argentino e la proposta di un grattacielo dalle proporzioni mastodontiche: alto 330 metri per 70.000 mq di spazio, da realizzare al centro di Roma «da qualche parte tra Palazzo Chigi e il Tevere», ricoperto di ettari ed ettari di marmo bianco di Carrara. Il nome scelto è l’Eternale, perché avrebbe dovuto «eternalizzare per secoli l’operato del governo fascista nella città eterna»e, magari, regalare a Palanti un livello pari a quello di un novello Bernini o Bramante. La grandiosità dell’idea è innegabile, ma è pari solo al suo fallimento.

# L’anti-architettura: un progetto fuori contesto

Credits: rometheimperialfora19952010.wordpress.com
La Mole da San Pietro

Palanti non conosce Roma, non ha la minima idea che un progetto del genere renderebbe necessario abbattere mezzo quartiere, forse lo stesso Palazzo Chigi. È ossessionato dalla possibilità di costruire l’edificio più alto del mondo, in una delle zone più densamente popolate del pianeta. Si presenta nel 1924 ad una mostra di progettazione nel Salone della Vittoria, a Palazzo Chigi, e cattura l’immaginazione di Mussolini con un’iniziativa che, nel periodo in cui la politica esalta l’italianità a tutti i costi, presenta curiosamente le sembianze dei grattacieli dell’odiata America, nonché di alcuni dei palazzi pubblici più brutti dell’ex Unione Sovietica.

Il progetto in definitiva non ha scopi commerciali, è pensato per ingraziarsi il regime e per placare quel senso di inferiorità di cui soffre ogni dittatore. Mussolini ha ascoltato a lungo le basi della proposta di Palanti, per approfondirne quasi tutti i dettagli. Benché Palanti non si sia mai soffermato bene sulla fattibilità dell’Eternale, mostra la faccia tosta con cui il palazzo deve sorgere con un opuscolo pieno di rendering utopistici, garantendo che il sole riflesso su tutto quel marmo bianco di Carrara si sarebbe visto per chilometri in tutta la provincia di Roma, pavoneggiando il dittatore quel tanto che basta per incassare la sua fiducia. Mussolini firma il libro degli ospiti con una dedica: “Per la Mole Littoria, Alalà”, consacrando il palazzo e dandogli un nome.

# Le reazioni nel mondo

Credits: adweek.com
New York Times

La mostra a Palazzo Chigi, organizzata per propagandare l’Italia e il genio degli italiani, è ben frequentata anche dalla stampa internazionale. Pochi giorni dopo la Mole Littoria è in prima pagina sul New York Times. La concorrenza ai grattacieli di New York sul giornale della Grande Mela mette in risalto la notizia che rimbalza poi in ogni angolo del mondo. Adolf Platz nella recensione sulla Deutsche Bauzeitung definisce questo progetto un «peccato mortale, contro il quale la cristianità mondiale dovrebbe ribellarsi». La rivista Stadtebau affonda parlando dello “Stupro” di Roma, il Los Angeles Times conclude che quell’edificio renderebbe Roma «una città irritante».

Palanti ottiene la notorietà che sta cercando. Inizialmente l’orgoglio e il fascino dell’Italia di Mussolini hanno le sembianze di un architetto milanese, ma quando le critiche entrano nel merito della fattibilità dell’opera, o l’immaginazione si spinge a pensare lo skyline di Roma deturpato con la Mole Littoria che sovrasta il Cupolone, Palanti diventa il capro espiatorio ideale per attaccare l’arroganza del regime.

# Intanto le archistar italiane…

Credits: gianmariobh.wordpress.com
La Mole Littoria

Naturalmente il regime fascista, come quello gemello dell’Asse, ha già le idee ben chiare su come riprogettare i luoghi in modo da imprimere un segno indelebile alla storia dell’architettura. In tutte le città vengono riprogettati interi quartieri. A Milano, ad esempio, l’architettura razionalista lascia delle cicatrici forse più profonde dei bombardamenti che sarebbero arrivati di lì a un ventennio. Nessuno pensa ancora alla guerra, però, o al fatto che l’Eternale sarebbe diventato una specie di radio faro per i bombardieri alleati.

È più facile pensare che le archistar di regime si sentissero, da una parte, minacciate dalla costruzione della Mole Littoria in grado di fare ombra a tutta Roma, ma dall’altra che abbiano anche capito che nella città eterna un edificio del genere rappresentava una follia, fin dai rendering. Marcello Piacentini, che è ricordato come l’archistar numero uno del regime, boccia l’idea con un giudizio che suona come un piano regolatore: «Lo stesso cielo in cui arriva il Duomo di Milano o la cupola di Michelangelo a San Pietro, non può essere condiviso con un grattacielo. Niente grattacieli in nessuna parte d’Italia»

# L’invito ad abbassare la Mole

Credits: pinterest.com
la Megastruttura

Mentre si cerca di convincere un entusiasta Mussolini a desistere per motivi di sostenibilità a 360°, Palanti viene cortesemente invitato ad abbassare… i propri slanci di monumentalismo. Riprogetta la torre con altezze sempre decrescenti. Dai 330 metri iniziali, scende a 300, poi a 145, infine a 80 metri. Nel frattempo Piacentini edifica a Genova la prima torre che supera i 100 metri di altezza e Palanti, dato che non ha ancora prodotto nulla di significativo, smette di essere coccolato da Mussolini, fino a quel momento l’unico che comprende il genio milanese quando altri lo ignorano (il genio).
Palanti partecipa ad un concorso per un palazzo littorio nei pressi della Basilica di Massenzio, ma non vince.

Ha perso l’attimo propizio per sempre e manda a rotoli una lucrosa carriera in Sud America, un matrimonio con una moglie molto facoltosa e ritorna in Italia. La sua nuova onda lo porta a progettare una littoria a Milano, a forma di “M”, ma finisce per essere accostato alla realizzazione di una tomba al cimitero Monumentale di Milano.

# Nessuno ne parlerà mai più

Credits: dal PDF free AAFiles n 68
Parte del saggio

Il mondo è stato poi coinvolto in ben altri, più pesanti, contesti. La Mole Littoria o Eternale è stata dimenticata, il regime italiano era impegnato su altri fronti, ben più delicati. Nel 2014 circa un architetto americano, Furman, ritrova un saggio di uno storico dell’architettura della Brown University di Providence dal titolo «Un grattacielo per Mussolini». L’autore, Dietrich Neumann, riporta la storiografia del grattacielo più alto del mondo e Furman decide di contestualizzarlo, studiando a Roma la singolarità dell’Eternale e della capitale italiana. Furman dà una definizione di Roma molto affascinante, celebrandola come «la città contemporanea per eccellenza» – «una versione urbana di internet, un luogo dove la storia analogica dell’intera società, dell’architettura, della politica, della letteratura e dell’arte si fondono in uno spazio così intenso e delimitato da collassare sotto l’enormità della loro stessa massa in una singolarità dello sforzo umano». Parole che, lette oggi alla luce di quello che poteva combinare Palanti con la complicità di Mussolini, fanno apprezzare lo sforzo compiuto per far desistere il regime dall’idea malsana di competere in altezza col Cupolone di S. Pietro.

Credits: romasparita.eu
Mole v.s. Cupola

A ben guardare, tutti quelli che si sono cimentati a braccio di ferro contro la Basilica di San Pietro, o meglio la sua cupola, han fatto una brutta fine (Albert Speer docet). Forse Sua Maestà er Cupolone chiede un po’ di riguardo ed attenzione. Lo dico da milanese poco avvezza alle dinamiche capitoline, chiedendo aiuto, o un parere, agli amici romani innamorati di Roma.

Continua la lettura con: Il nuovo GRATTACIELO più ALTO e più FUTURISTA d’Europa: abitare a 600 metri sopra la città

LAURA LIONTI

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Le 7 città italiane dove non c’è la metro… ma che dovrebbero averla: i progetti e i percorsi

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Metro a Trieste

Ci sono città italiane che hanno ipotizzato la realizzazione di linee della metropolitana, senza mai arrivare però a un progetto definitivo. Non solo: altre città ne avrebbero bisogno per il bacino di popolazione e per la conformazione del territorio. Ecco dove si potrebbero costruire.

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Le 7 città italiane dove non c’è la metro… ma che dovrebbero averla: i progetti e i percorsi

#1 Bologna: servirebbero le 3 linee del vecchio progetto estese nell’hinterland più una circle line

Credits Galeazzo Bignami Fb – Metropolitana di Bologna

Partiamo dai progetti già ipotizzati. Tra questi tralasciamo solo la linea di 1,2 km immaginata per Aosta, che sarebbe stata la più corta del mondo. La città che più avrebbe bisogno di una metropolitana è Bologna, con una popolazione di circa 400mila abitanti, al settimo posto in Italia, e che supera il milione se si considera la città metropolitana. Attualmente ha in costruzione una rete tranviaria di 4 linee e 57 km con fermate nei maggiori punti di interesse della città: in passato si era valutata l’idea di una rete di 3 linee metropolitane per un’estensione di circa 38 km e 56 fermate. I tracciati in parte si sovrappongono alla rete tranviaria in realizzazione ma, avendo funzione diverse, potrebbero integrarsi e magari spingersi almeno nella prima cintura di comuni. Si potrebbe poi aggiungere una quarta linea circolare esterna per unire tutti i capolinea.

Leggi anche: Progetti di METROPOLITANE abbozzate ma MAI REALIZZATE in altre città italiane

#2 Parma: riprendere il progetto con 3 linee pensato per collegare centro, stazione e aeroporto

Credits ParmaItaly – Primo progetto metropolitana di Milano

Rimaniamo in Emilia, a Parma. In questo caso basterebbe riprendere il progetto del 2004 che prevedeva tre linee. Una con direttrice nord-sud da Moletolo, passando per il centro, alle residenze universtarie, la seconda con percorso sinuoso sud-est/ovest interscambiando la prima e la terza a servire l’aeroporto e la fiera, dove si tiene ogni anno “Cibus”, uno degli eventi più importanti al mondo sul cibo, e un collegamento diretto fino alla stazione ferroviaria. Potrebbe essere un modo per risollevare le sorti dello scalo aereo e della stazione, esclusa dall’alta velocità con l’apertura della stazione Mediopadana di Reggio Emilia.

#3 Firenze: tre linee da integrare a quelle tranviarie

Credits architecna.it - Metropolitana di Firenze
Credits architecna.it – Metropolitana di Firenze

Tra il 2006 e il 2008 uno studio di fattibilità ipotizzava la realizzazione di una metropolitana automatica nel Comune di Firenze. Si prevedeva un’unica linea con 15 fermate con un tracciato che avrebbe sottopassato in 3 punti l’Arno e tra le fermate quella di via Careggi per l’interscambio con il capolinea del tram, di piazza dell’Unità d’Italia vicina alla stazione dei treni di Santa Maria Novella e della stazione ferroviaria di Campo di Marte per pendolari e tifosi diretti allo stadio di calcio della Fiorentina. Il capoluogo toscano ha una popolazione di poco inferiore a Bologna, sia come comune che come città metropolitana, e pertanto si potrebbe immaginare una rete sotterranea da aggiungere a quella tranviaria di 3 linee in costruzione: ampliando il progetto abbandonato, portando l’unica linea prevista verso Scandicci, Campi Bisenzio e Sesto Fiorentino, più altre due linee con direttrici nord-sud e est-ovest.

#4 Palermo: la vecchia linea progettata di 20 km a cui aggiungere altre 4 linee, di cui una verso il mare

Credits Comune di Palermo – Metropolitana leggera

Arriviamo a Palermo. Nel 2014 era stato presentato il progetto di una linea metropolitana leggera lunga 20,77 km con attraversamento della città dallo svincolo della via Oreto a Tommaso Natale-Partanna Mondello, con l’ultimo tratto in superficie. In totale 23 fermate, tra cui interscambio con la Stazione Centrale dei treni, quella del Teatro Massimo e dello stadio “La Favorita”. La linea è stata parzialmente realizzata come ferrovia suburbana. Si potrebbe quindi completare il progetto, e aggiungere altre 4 linee, per servire la popolazione di 1,3 milioni di abitanti di tutta la città metropolitana, con queste direttrici: nord-sud, ovest-est dalla Stazione Centrale all’Aeroporto, verso il mare dal centro a Mondello/Sferracavallo e circolare per collegare le periferie.

#5 Bari: una rete di 4 linee per la Milano del Sud

Maps – Rete metro Bari

Eccoci a Bari. La Milano del sud non può rimanere senza metropolitana: è anche nella top ten per numero di residenti nel comune con circa 320mila residenti, e nell’intera provincia con oltre 1,2 milioni. Si potrebbero trasformare le attuali due linee ferroviarie  metropolitane in vere metropolitane ferroviario urbano con due diramazioni dell’attuale FM1 verso il centro storico della città nei pressi della basilica e un’altra verso lo Stadio San Nicola, la FM2 fino a Torre a Mare. Una terza linea farebbe nord-sud dalla Stazione Centrale fino a Ceglie del Campo, un’altra come semi-circolare a interscambiare la FM2 all’aeroporto e alla stazione Torre Quetta servendo la sede della regione, la FM1 a l’Ospedale San Paolo e allo stadio, la terza linea Ceglie del Campo.

#6 Cagliari: trasformazione delle 2 metrotranvie e aggiunta di due linee semi-circolari

Metro Cagliari

Insieme a Palermo, è l’altro capoluogo di regione insulare senza una metropolitana. Attualmente sono presenti a Cagliari due linee di metrotranvia, in gran parte risultato della ricostruzione di una linea ferroviaria, per un totale di 12 km. Si potrebbero trasformare in vere metropolitane e aggiungere una linea semi-circolare ovest, che le interscambia entrambe alla stazione Gottardo e diretta alla stazione ferroviaria principale da dove partono i treni per l’aeroporto, a cui aggiungere una ad ovest fino a Quartu Sant’Elena sempre con interscambio a Gottardo.

#7 Trieste, la metropolitana di confine

Metro a Trieste

Risaliamo a nord, a Trieste. Il capoluogo del Friuli Venezia Giulia, con una popolazione di circa 200mila abitanti, potrebbe avere la prima metro tra due stati. La prima linea da nord a sud, dal Castello di Miramare fino alla zona del quartiere di San Sergio servendo anche l’università e una biforcazione a nord-est fino a Opicina dove c’è la partenza dello storico tram. La seconda dal molo a ovest al quartiere di Cattinara, con biforcazione verso la stazione ferroviaria. La terza dal quartiere Valmaura dove c’è lo Stadio Nereo Rocco fino al comune di Sesana in Slovenia. Si potrebbero incontrare tutte in unico punto.

Continua la lettura con: Le 7 metropolitane più piccole del mondo

FABIO MARCOMIN

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Milano d’inverno sarà sempre più al chiuso? I nuovi spazi indoor contro freddo e smog

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Nei mesi più freddi i milanesi soffrono per smog e clima. Problemi che fanno la fortuna dei molti centri commerciali presenti in città. Ma se la città fosse ri-progettata per vivere, in parte, al chiuso (non solo per spendere e spandere)? 

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Milano d’inverno sarà sempre più al chiuso? I nuovi spazi indoor contro freddo e smog

L’inquinamento atmosferico a Milano è una realtà che impatta direttamente sulla qualità della vita. Attualmente, il livello di PM2.5 (particolato fine) nella città è di 31.4 µg/m³, ben 6,3 volte superiore al valore guida annuale raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’indice di qualità dell’aria si attesta su un valore moderato di 92 US AQI, con il PM2.5 come inquinante principale. Altri agenti inquinanti presenti, in misura minore, includono NO₂ (biossido di azoto, 33.8 µg/m³), O₃ (ozono, 2 µg/m³), SO₂ (biossido di zolfo, 4.6 µg/m³) e CO (monossido di carbonio, 600 µg/m³).

Questi dati, sommati al freddo invernale e alle giornate sempre più grigie, portano a chiedersi: come possiamo ripensare Milano per offrire spazi che favoriscano la socialità e il benessere, ma al riparo da smog e basse temperature? Altre metropoli offrono già molte attività. 

New York ha i suoi giardini coperti, Singapore le serre futuristiche, Tokyo gli spazi multiuso ipertecnologici, e Milano? Possono bastare solo i centri commerciali o i luoghi più tradizionali, come cinema e teatri? Forse si potrebbe fare qualcosa in più…

# I giardini indoor: la natura in città tutto l’anno

Milano potrebbe avere un sistema di giardini sotterranei distribuiti nei quartieri di Milano, progettati per offrire spazi verdi protetti dalle intemperie e dall’inquinamento. Questi giardini potrebbero essere realizzati sotto terra, in ex fabbriche riqualificate o in aree industriali dismesse. L’uso di cupole trasparenti o aperture nel terreno permetterebbe l’ingresso di luce naturale, creando un ambiente ideale per ospitare piante tropicali, arbusti mediterranei e fiori delle stagioni calde, senza compromettere lo spazio urbano.

Milano, con la sua vocazione per la riqualificazione urbana e la sostenibilità, potrebbe adottare il modello di città giardino, ma con un’innovazione radicale: la creazione di giardini sotterranei. Un rifugio dal caos cittadino, dove i cittadini possano rilassarsi, leggere, lavorare o partecipare a eventi culturali. A Lambrate, un’ex fabbrica potrebbe ospitare un giardino tropicale sotterraneo, diventando un centro culturale per il quartiere. Questi giardini, presenti anche in zone meno centrali, rappresenterebbero un nuovo modo di concepire lo spazio pubblico, rendendo Milano una città più vivibile durante tutto l’anno.

Per realizzare questi giardini sotterranei, sarebbe necessario un mix di tecnologie avanzate per la ventilazione, l’illuminazione naturale e il riciclo delle acque. Fondi europei per la riqualificazione urbana potrebbero sostenere questo tipo di intervento, che farebbe di Milano un modello di innovazione verde e design urbano.

# Coprire e riscaldare piazze e… interi quartieri

Un po’ come avviene per l’esterno di certi locali. Con l’arrivo dell’inverno o delle brutte giornate, si coprono con delle strutture movibili. Ci sono anche stadi che adottano la stessa tecnologia. E se la si applicasse per le piazze di Milano? Le piazze sono il cuore della socialità urbana, ma d’inverno o durante le giornate di pioggia spesso si svuotano. Immaginiamo piazze coperte, con strutture trasparenti o semiaperte che mantengano l’atmosfera di incontro tipica della piazza all’aperto, ma protetta dagli agenti atmosferici. Questo tipo di progetto non solo aumenterebbe la vivibilità delle piazze, ma creerebbe anche spazi di socialità durante tutto l’anno, indipendentemente dalle condizioni climatiche.

San Babila potrebbe avere una copertura mobile, trasformandosi così in una grande piazza riscaldata, con sedute, bar e chioschi che servono cibi e bevande locali. Questo spazio potrebbe ospitare artisti di strada, eventi e mostre temporanee, ridefinendo la socialità milanese anche nelle giornate fredde. Il Duomo, cuore pulsante di Milano, potrebbe essere integrato in un sistema simile, diventando un punto di incontro multifunzionale dove cultura, arte e intrattenimento convivono.

Se l’esperimento funzionasse, il passo successivo potrebbe essere coprire interi quartieri. Brera, nota per la cultura e la vita notturna, potrebbe diventare un quartiere climatizzato, alimentato da pannelli solari e dotato di depuratori dell’aria per evitare l’effetto ristagno. Coprire piazze e interi quartieri non solo migliorerebbe la qualità della vita, ma contribuirebbe a rendere Milano una città più accogliente e innovativa. Facendola vivere a pieno regime 365 giorni all’anno. 

# E la periferia? Centri stagionali di intrattenimento

Per vivere anche la periferia senza preoccuparsi del meteo e dello smog, il Comune potrebbe pensare ad hub di intrattenimento stagionali. Questi luoghi multifunzionali, distribuiti nei quartieri periferici, combinerebbero comfort e innovazione, permettendo anche ai residenti di quartieri meno centrali di godere di spazi per il tempo libero senza allontanarsi troppo da casa.

Un esempio? L’ex scalo ferroviario di Porta Romana potrebbe diventare un centro indoor stagionale, con attività sportive al coperto, una pista di pattinaggio sul ghiaccio in inverno e mercati artigianali tutto l’anno. La vicinanza alle linee della metropolitana garantirebbe una buona accessibilità, rendendo l’hub un punto di riferimento anche per i milanesi che vivono lontano dal centro.

Anche GrecoBicocca, con la sua vocazione contemporanea, potrebbe accogliere strutture modulari pensate per adattarsi alle stagioni. Un hub che di giorno offra coworking e aree gioco per famiglie, mentre di sera si trasformi in una location per concerti e spettacoli teatrali. L’obiettivo sarebbe quello di creare spazi di socialità e intrattenimento dove diverse generazioni possano incontrarsi e condividere esperienze, contribuendo a migliorare la qualità della vita anche nelle zone più distanti dal centro.

# I mercati coperti: luoghi di socialità, cultura e gusto

Per rendere i mercati rionali di Milano più vivibili durante tutto l’anno e al riparo dalle intemperie, si potrebbero progettare strutture leggere e modulari. Questi mercati coperti potrebbero essere distribuiti lungo le principali arterie della città, come Corso Buenos Aires, Via della Moscova e nel distretto Isola-Garibaldi.

Le coperture potrebbero essere realizzate in materiali trasparenti, come vetro o policarbonato, per garantire una buona luminosità naturale, creando ambienti accoglienti anche nei mesi più freddi. Questi mercati coperti potrebbero diventare luoghi di incontro per i residenti, ma anche attrazioni turistiche, che offrano cibi locali, prodotti artigianali e eventi culturali.

A Milano, il Mercato Comunale di Viale Papiniano potrebbe essere trasformato in uno spazio all’avanguardia, dove le persone possano fare acquisti, partecipare a corsi di cucina e assistere a concerti o mostre. In particolare, nel distretto IsolaGaribaldi, un mercato gourmet potrebbe collaborare con realtà come Eataly ma mantenere un’identità popolare, offrendo piatti che spaziano dalle tradizioni locali a quelle internazionali.

Continua la lettura con: Questa è la nuova terra promessa per i milanesi in fuga

MATTEO RESPINTI

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La prima volta di un assessore a Quarto Oggiaro

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L’apparizione. 

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Continua con: Quando cerchi di infilare l’auto nel parcheggio di XXV Aprile

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A Milano non si fa! 7 cose da evitare in città

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credits: @savetheonlyplanet IG

Ci sono cose per le quali non serve tirare in ballo educazione, genitori, ambiente in cui si è cresciuti e via dicendo. Ci sono momenti in cui alcuni esseri umani danno il peggio di sé e, nostro malgrado, sembrano non rendersene neanche conto. Come reagire a queste situazioni non ci è dato dirlo, nel senso che c’è chi li manda a quel paese rischiando risse verbali e non solo, chi gira la testa dall’altra parte e chi cerca di lanciare comunque un segnale di disapprovazione.

Queste sono le 7 cose che a Milano non si fanno. O, meglio, che non si dovrebbero fare.

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A Milano non si fa! 7 cose da evitare in città

# Gettare i mozziconi a terra

credits: @savetheonlyplanet IG

Magari di fronte agli altri o, peggio, a due passi da dove stiamo bevendo un drink o chiacchierando con un’amica. Che poi, tendenzialmente le persone non si accorgono neanche di averlo fatto ed è questa la cosa grave. Oltre che inquinare e sporcare per terra, è da geni della lampada non accorgersi che è pieno di spegni-sigaretta ovunque in giro per le città come Milano. Ma tant’è, di sigarette per terra non riusciamo a liberarci.

In Giappone rischi una denuncia penale, a Barcellona ti multano nell’immediato (soprattutto alla passeggiata della Barceloneta). Qui da noi a dire il vero la legge è entrata nel vigore nel 2016: chiunque abbandoni sul suolo i mozziconi dei prodotti da fumo va incontro ad una sanzione amministrativa pecuniaria, il cui importo può andare da 60 euro ad un massimo di 300 euro. Ma secondo voi, quante persone la rispettano?

# Lasciare immondizia in giro

credits: @alecallalecall2 IG

Piaga ancor più fastidiosa del punto precedente, sulla quale poi si sconfina anche in altri campi di discussione, come ad esempio il mix fra maleducazione unito a cassonetti stracolmi per cattiva amministrazione comunale. Passando ovviamente per il malaffare della criminalità organizzata, che col cattivo smaltimento dei rifiuti porta a casa milioni e milioni di euro sporchi come la pece, fregandosene bellamente dell’ambiente e della salute pubblica compromessa a causa dell’aria nociva. La fortuna è che al cimitero poi un domani saremo tutti uguali. Sia ricchi che poveri.

# Tenere il broncio

credits: paginemediche.it

Tornando su piccoli gesti quotidiani, ecco un grande classico (naturalmente falso) sfoderato dagli antimilanesi che passano da queste parti. A Milano la gente ha mediamente smesso di tenerlo da tempo, la città è cambiata anni luce rispetto a molti anni fa, aprendosi e dialogando con la stragrande maggioranza delle culture. I milanesi quindi non sono più tanto abituati a tenere il broncio, come ad esempio succede a Genova (e questo non è un luogo comune, è detto proprio dai genovesi in persona!) ma qualcuno ne fa ancora uso.

# Mancare di rispetto

credits: cinquecosebelle.it

Qui si apre un ventaglio di aneddoti, libri, film, usanze, costumi e chi più ne ha più ne metta, dove piccole o grandi ingiustizie hanno sempre significato mancare di rispetto agli ALTRI (il maiuscolo NON è un errore). C’è ben poco da dire, se non la speranza che prima o poi riusciremo a estirpare questa piaga, che da quando esiste l’umanità è sempre stata alimentata come benzina sul fuoco da esseri umani scorretti e pericolosi. Pochi, ma significativi per rovinare tutta la reputazione del genere umano.

# Imbrattare muri e mezzi pubblici

antigraffiti milano citta statoAi tempi del liceo seguivo con passione la cultura hip hop ivi compreso il writing, meglio conosciuto come mondo dei graffiti. Per chi ci sapeva fare era anche un bel vedere, se non fosse che molti, troppi, imbrattavano senza troppa cura con tag (firme) oscene o, peggio, se la prendevano con muri di case borghesi o monumenti. Poi c’era tutta un’altra famiglia che deturpava treni e bus, cosa che col passare del tempo è lievemente scemata (pur ammettendo che i treni erano indubbiamente il palcoscenico migliore per giovani e capaci graffitari).

# Clacson e insulti contro chi si ferma per parcheggiare

credit: chiamamilano.it

Alias, la rabbia dell’impiegato medio (medio-basso) che frustrato per una vita passata fra raccordo (Roma) o Tangenziali (Milano) una volta sotto casa proprio non ce la fa a non ingiuriare il povero e malcapitato autista che ci precede e che, a quanto pare, a parcheggiare la sua utilitaria ci sta mettendo un tempo biblico. Il rumore della coda che si forma dietro è direttamente proporzionale alla centralità della via e al gradi di ansia e nervosismo di chi la compone. Ma state per certi che, in orario di punta e in zone centrali, il clacson a tutto spiano e gli insulti sono un classico all’italiana della maleducazione.

# Vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto

credits: angolodellapsicologia.it

Sarà che sono sempre stato ipercritico verso il mio paese quando sono in Italia e iperdifensivo quando sono all’estero, sarà che il piagnisteo sterile mi urta come poche cose ma personalmente credo che ciò che noi milanesi e noi italiani dobbiamo smettere di contestare tutto ciò che ci circonda e continuare a vedere il bicchiere mezzo vuoto. Viviamo in un paese straordinario, che pur con tutte le sue contraddizioni si è risollevato e si risolleverà sempre. E l’usanza un po’ nostrana di lamentarsi sempre di ciò che è italiano o succede in Italia è un qualcosa che dobbiamo combattere a partire dalla nostra casa, dal nostro ufficio e dai nostri rapporti familiari o sentimentali. Un’usanza a dir poco becera, che deve finire, una volta per tutte.

Quale di queste sette cose vi urtano di più in assoluto? Diteci la vostra!

CARLO CHIODO

Continua a leggere con: Leggi “non scritte” di Milano: 7 COSE da NON FARE in città

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Quello che i milanesi fanno più spesso

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Sondaggio rivolto ai milanesi: qual è l’attività che ripetete più spesso a Milano? Questa la classifica delle attività più “ossessive” dei milanesi. 

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Quello che i milanesi fanno più spesso

#7 Andare a San Siro

Credits Andrea Cherchi – Stadio Meazza

#6 Aspettare i mezzi pubblici

Credits ilgiorno.it – Coda fuori dalla fermata Pasteur

#5 Andare in un parco pubblico

Credits: @milanoclik
Giardini della Guastalla

#4 Prendere la metro

Qual è la linea metropolitana più lunga di Milano?
Credits rollina18 IG – Metropolitana Milano vagone

#3 L’aperitivo

stokpic-pixabay – Aperitivo

#2 Ricevere una multa

credits: insella.it

#1 Camminare

fietzfotos – Camminare a Milano

Continua la lettura con: L’andamento lento dell’inflazione a Milano: tra le meno colpite in Italia. Eppure è seconda per caro vita

MATTEO RESPINTI

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Qualità della vita: Milano torna in vetta, incalzata dalla sua “sorellina”

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Ph. @andreacherchi_foto IG

La città dove si vive meglio in Italia? Milano. Questo il risultati della nuova edizione della classifica sulla qualità della vita di Italia Oggi. Non è l’unica sorpresa: plana sul podio anche la piccola sorella di Milano. Foto cover: @andreacherchi_foto IG

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Qualità della vita: Milano torna in vetta, incalzata dalla sua “sorellina”

I risultati della nuova edizione dell’indagine annuale sulla qualità della vita 2024 realizzata da ItaliaOggi e Ital Communications, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma: Milano si riprende il primo posto scalzando Bolzano che si piazza al secondo posto. Al terzo posto sale Monza, premiata soprattutto per la qualità ambientale. Completano la cinquina delle prime città in cui vivere Bologna (quarta) e Trento (quinta). 

I parametri dell’analisi sono: affari e lavoro, ambiente, reati e sicurezza, sicurezza sociale, istruzione e formazione, popolazione, sistema salute, turismo, reddito e ricchezza.

Milano ottiene altissimi voti in tutte le classi di merito. Invece va male per la sicurezza dove, invece, è Enna a primeggiare in Italia. 

Spettacolare la crescita annuale di Ferrare che recupera 21 posizioni approdando al 27esimo posto. Crescono le metropoli e aumenta il divario tra Nord e Sud. Passiamo alle note dolenti. 

Chiudono la classifica Caltanissetta (107esima), insieme a Reggio Calabria (10 6esima, che ha perso 11 posizioni dal 2023) e Agrigento (105esima).Crolla Savona che ha perso 20 posizioni, precipitando al 63esimo posto.

Continua la lettura con: I 7 luoghi dove Milano è già futuro

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Le 10 ragazze milanesi da evitare

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dolce vita, milano
dolce vita, milano

Le ragazze milanesi non sono tutte uguali, questo opera immediatamente una divisione duale tra due categorie di esse: quelle da frequentare e quelle da non frequentare.

Prendete appunti e scegliete con cautela.

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Le 10 ragazze milanesi da evitare

#1 La vegana

Credits: @edisabornatural.dompedro IG

Essere vegani a Milano significa quantomeno voltare le spalle alle tradizioni culinarie locali. Quindi ai nostri nonni. Quindi al concetto di famiglia. Quindi al pilastro della stabilità sociale e culturale. E invece strizzare l’occhio al tofu.

#2 La patita di moda

Credits: lorellaflego.com

Impossibile starle dietro. Soprattutto se nell’armadio hai solo un paio di pantaloni e tre magliette.

#3 La workaholer

Credits: @celinasellsaz IG

È la donna ideale se ti fa schifo avere una relazione sentimentale e preferisci startene da solo a farti i fatti tuoi. Però dieci giorni di ferie ti tocca farli.

#4 La profumiera

Credits: @aleleuci_pergliamici IG

Esiste una buona scuola di teatro a Milano, nessuno sa dove sia eccetto quelle ragazze che lì hanno studiato come far credere a un uomo di avere delle chance di conquistarle.

#5 Quella di Londra

Credits: @paolo_streetshooting IG

Il problema della londinese è il suo libertinaggio vittoriano che la rende una partner poco credibile. Inoltre oggi potrebbe interessarsi a te solo per ottenere il visto.

#6 La patita degli animali

Anche se sei disposto a chiudere un occhio circa i suoi ex, è difficile non notare il trasporto con il quale bacia in bocca il suo cane. E dopo si avvicina alle tue labbra per fare lo stesso con te.

#7 La festaiola

Credits: @jenna.jameson.rules IG

Le feste servono a rimorchiare. Avere una fidanzata che ti trascina alle feste è un paradosso peggiore di quello del barbiere di Russell.

#8 La punkabestia

Credits: @tina_tinedda IG

Ti seduce con la sua vita nomade e i suoi modi di fare liberi e trasgressivi. Poi scopri che suo padre di lavoro possiede delle miniere di diamanti in Sud America.

#9 Quella con più cognomi

Di solito è soggiogata a regole di etichetta molto rigide e vincolanti. Non so se queste regole facciano di lei una buona partner sessuale. Dopo 50 sfumature di grigio non so più in cosa credere.

#10 La social addicted

Credits: @xoxsarahh IG

Quando state insieme sta tutto il giorno con il viso incollato allo smartphone. Quando non ci sei e le scrivi visualizza ma non risponde.

#smailand: a Milano si ride

Continua la lettura: come riconoscere che chi hai davanti fa parte della upper class milanese

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Ma quanto sono alti i milanesi?

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statura italia (in rosso media sopra 1,77 - in giallo tra 1,75 e 1,77, in blu tra 1,73 e 1,75, in verde sotto 1,73)
statura italia (in rosso media sopra 1,77 - in giallo tra 1,75 e 1,77, in blu tra 1,73 e 1,75, in verde sotto 1,73)

Gli abitanti di Milano sono un miscuglio di geni diversi. La nostra città è forse unica per tipo e numero di dominazioni straniere: è stata fondata dai celti, poi parte dell’impero romano, quindi è stata sotto il dominio di Longobardi, Spagnoli, Francesi, Austriaci e parzialmente indipendente all’interno del Sacro Romano Impero teutonico. Praticamente di qui ci sono passati tutti e in più è stata meta di numerose migrazioni, in prevalenza da sud e da est.
Qual è il risultato di tutto questo in termini di altezza? E come si pone Milano rispetto ad altre regioni o nazioni?

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Ma quanto sono alti i milanesi?

# I milanesi sono alti 1,77: superati dai friulani e dai veneti. I più bassi sono i sardi

Danilo Gallinari

L’ultimo dato è l’altezza media dei nati a Milano nell’anno 2000. I maschi sono alti in media 1,77 centimetri.

Siamo poco sopra Bologna (1,76), Firenze (1,76), Genova (1,76) e Roma (1,75). Più indietro ci sono Torino (1,74), Bari (1,73), Napoli (1,73). I più bassi d’Italia sono calabresi, siciliani e sardi che non raggiungono l’1,73.
Superano Milano invece veneti, trentini e soprattutto i friulani, i più alti d’Italia, con una media di 1,80.

# I milanesi nel mondo: più bassi degli austriaci, più alti dei francesi

statura mondo
statura mondo

In un confronto internazionale i milanesi risultano più bassi di austriaci (1,79), tedeschi (1,79), danesi (1,80), finlandesi (1,80), islandesi (1,81), svedesi (1,81), olandesi (1,85). Tra i paesi che ci superano a sorpresa ci sono la Corea del Sud (1,78), i greci (1,80), gli spagnoli (1,80) e gli spilungoni del Montenegro (1,85).

Siamo più alti invece di francesi (1,76), estoni (1,75), svizzeri (1,75), canadesi (1,74), cinesi (1,73), brasiliani (1,69), nigeriani (1,63), indiani (1,61)

Alla stessa altezza di Milano ci sono Stati Uniti, Russia e Australia.

Continua la lettura con: quanti abitanti ci sono a Milano?

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In Italia c’è l’albero più vecchio d’Europa: questa la sua incredibile età

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Credits: renneritalia.it

Ha festeggiato l’anno mille. E anche il duemila. E’ Italus, l’albero più antico d’Europa, si trova nel Parco Nazionale del Pollino in Calabria. La specie è un pino loricato e viene definito un fossile vivente.  

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In Italia c’è l’albero più vecchio d’Europa: questa la sua incredibile età

Ph. @eurekalabria IG

# Ha un’età di 1.230 anni e si trova a 1.900 metri d’altezza

Italus è un Pino Loricato dall’età di 1.230 anni, si trova ad una quota di 1.900 metri sul livello del mare, sul versante Sud di Serra della Ciavole, vegeta su un pendio roccioso molto scosceso al riparo da incendi e fulmini. La scoperta è avvenuta casualmente nel 2017, a seguito di una ricerca di dendrocronologia sul pino loricato condotta dal Parco Nazionale del Pollino. 

# Il nome Italus si rifà alla storia della Calabria, tornando indietro al tempo degli antichi greci

Il funzionario del parco del Pollino Carmelo Pizzuti racconta il motivo della scelta del nome Italus: “è venuto spontaneo, ci siamo rifatti alla storia della nostra regione, la Calabria“. Infatti “Quando gli antichi greci arrivavano sulle nostre coste, sapevano che esisteva già un popolo Enotrio, il loro re era Italus. Possiamo dire che, in un certo senso, la Calabria è stata la prima Italia e su questa base abbiamo scelto il nome per l’albero più vetusto del parco“.

 

# Nel Parco del Pollino ci sono 200 alberi di pino loricato, simbolo del parco stesso. Raggiungono i 40 metri di altezza e il tronco 160 cm di diametro 

Il pino loricato in alcuni casi raggiunge anche i 40 metri di altezza, con un diametro del tronco di circa 160 cm. Caratterizzati da una corteccia ruvida dalla trama del tutto peculiare è ad essa che si deve parte del nome della pianta, “loricato” infatti deriva dalla “lorica” ovvero dalla corazza indossata dagli antichi guerrieri romani. In molti paragonano l’aspetto della corteccia del pino loricato anche alla pelle dei rettili, tanto che i rami più sottili sono talvolta paragonati a lunghe zampe.

Fonti: Ansa e Renner

Continua la lettura con: l’albero più antico e famoso di Milano

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La «Grande Vela», il benzinaio del futuro alle porte di Milano

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Q8Italia YT - Flagship Q8

Questo hub offre una varietà di attività e servizi, caratterizzato da un design all’avanguardia. Non solo Milano, però, sta facendo passi avanti: anche Napoli si sta muovendo rapidamente con la sua prima stazione di servizio completamente convertita per l’elettrico.

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La «Grande Vela», il benzinaio del futuro alle porte di Milano

# Sulla Milano – Meda l’energia del futuro in un flagship station

Flasghip Q8 Paderno Dugnano

Superato da tempo il tradizionale concetto di “benzinaio”, il servizio di rifornimento ha saputo evolversi nel corso degli anni, diventando un luogo versatile e multifunzionale. Situato nel primo hinterland nord di Milano, a Paderno Dugnano, il distributore Q8 si distingue come un hub completo, capace di soddisfare le esigenze di tutti coloro che transitano sulla Milano-Meda.

Con un design all’avanguardia e un’ampia gamma di servizi, questa stazione di servizio offre un’esperienza che farebbe invidia anche alle grandi capitali internazionali, rappresentando un modello innovativo nel panorama dei punti di rifornimento carburante.

# Sei postazioni di ricarica elettrica di cui due ultrafast

Stazione di Servizio Paderno Dugnano

L’area di servizio si estende su 8.000 mq e, oltre a offrire rifornimenti per veicoli a motore tradizionale, include anche sei postazioni per la ricarica elettrica, di cui due ultrafast, e punti per metano e GPL. Già orientata verso un’interconnessione digitale con gli utenti, questa stazione è progettata nel segno della sostenibilità. L’illuminazione è a LED con sensori di movimento, e vi è un ampio impiego di materiali rigenerati.

L’efficienza energetica è particolarmente avanzata: il sistema prevede il recupero delle acque piovane e il nuovo compressore del metano sarà a zero emissioni. Inoltre, il fabbricato commerciale è progettato per filtrare la luce solare e garantire una termoregolazione a zone. Le pensiline sono realizzate con materiali altamente riflettenti, che canalizzano l’energia solare verso i pannelli fotovoltaici installati su ogni superficie.

# Il restyling a vela che richiama le imbarcazioni tipiche del Kuwait

flagship Q8 Credits: q8.it.

Il rinnovamento della stazione è un perfetto connubio di tradizione e modernità, conferendo un aspetto affascinante e scenografico all’intera area. Ispirato alle vele delle tradizionali imbarcazioni “Dhow” del Kuwait, simbolo distintivo della catena, il progetto include un imponente albero maestro di 25 metri che unisce le due pensiline a forma di vela triangolare, coprendo un’area di 2.000 mq. Una delle vele è dedicata ai punti di distribuzione dei carburanti tradizionali, mentre l‘innovativa “pensivela” sovrasta gli erogatori per i combustibili alternativi, segnando così una transizione verso un futuro sostenibile.

# Le prossime stazioni di questo tipo in arrivo

Anche il design del fabbricato commerciale è ispirato alle forme e ai colori tipici della tradizione mediorientale, completando così un intervento che celebra il legame tra passato e innovazione, ed è realizzato all’insegna della sostenibilità: 1.200 mq a basso impatto ambientale, per ospitare utenti e clienti e soddisfare decine di esigenze. “Svolta”, questo il nome dello spazio commerciale, mette a disposizione oltre 60 stalli per la sosta delle auto e ospita soluzioni di Food&Beverage come il tradizionale bar, una catena di bakery e un noto brand di offerta di carne di qualità.

All’inaugurazione della stazione di servizio del futuro nell’autunno scorso erano presenti il Presidente di Kuwait Petroleum, Nawaf S. Al-Sabah, insieme al Vice Presidente esecutivo, Azzam Al Mutawa, a testimoniare l’importanza e il rispetto che il colosso petrolifero nutrono nei confronti dell’Italia e del mercato di area sud europea.

Le prossime stazioni di questo tipo al nord sono in programma a Carate Brianza (MB), Erbusco (BS) e Padova.

 

# Le nuove colonnine frutto della collaborazione tra Enel X e le stazioni IP

Credits inside-x – Distributori con colonnine

Ci sono però altri distributori che stanno accogliendo l’elettrico. La collaborazione tra Enel X e IP nasce con questo obiettivo e ha portato alla realizzazione di un’area con 4 colonnine per la ricarica in un distributore di Peschiera del Garda, in provincia di Verona, in uno in provincia di Zanica (Bergamo) e in un altro a Biandrate (Novara). In totale sono 7 quelli coinvolti. In ciascuno dei siti è possibile ricaricare contemporaneamente fino a 4 auto. La gamma di servizi offerti è però limitata rispetto al distributore della catena Q8.

# A Napoli il primo distributore tradizionale riconvertito alla ricarica elettrica

Unicogo distributore elettrico

Spostandoci al sud, all’inizio del mese di febbraio 2023 a Napoli è stato inaugurato il primo distributore riconvertito totalmente alla ricarica elettrica. Nonostante si proceda lentamente nell’introduzione di colonnine per la ricarica elettrica nei classici distributori, grazie alla collaborazione tra il polo fieristico Mostra d’Oltremare e UnicoGo, divisione di eMobility di Unicoenergia, è stata realizzata una struttura dotata di due colonnine di design superfast della Starcharge, ognuna con due prese di ricarica e una potenza complessiva di 360 kW.

FABIO MARCOMIN

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