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Alle nuove piazze di Milano manca il verde

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Progetto Freedom Plaza - New York

A Milano molte piazze si sono rifatte o rifaranno il look. Come quelle del centro: San Babila, Augusto, Castello e la futura Cordusio. Ma qualcosa salta agli occhi: perché solo cemento? Anche perché nel mondo vanno in un’altra direzione.

Alle nuove piazze di Milano manca il verde

# Le nuove piazze che sorgono nel mondo…

Place des Martyrs – Antibes

Una tendenza consolidata ormai nelle nuove piazze delle città del mondo è quella di utilizzare il verde. Meno cemento, più alberi, soprattutto dove serve di più creare delle isole contro smog e calore, coinvolgendo rilevanti studi di architetti. Qualche esempio?

  • Entrance Plaza, Operation Storm Park – Varsavia (2024): sono state eliminate superfici in cemento, piantati oltre 70 alberi, più di 2.000 piante, prati fioriti e realizzato un rain garden.

Entrance Plaza, Operation Storm Park
  • South Quay Plaza – Londra (2021): Trasformata una vasta area docklands, oggi offre un “public realm” verde con filari di alberi, aiuole naturalistiche a beneficio della biodiversità e dello spirito di comunità.
South Quay Plaza – Londra
  • Roemer Plaza – Boston (2023): sopra un garage sotterraneo, sono state create serie di fioriere sospese con suolo profondo per alberi, integrati con arredi e sedute urbane.
Central Square in East Boston – Ph. Christian Phillips
  • Freedom Plaza – New York (Progetto): la trasformazione dell’East River 
Progetto Freedom Plaza – New York

# …e quelle di Milano

  • Piazza San Babila
betta_andrioli IG – Piazza San Babila
  • Largo Augusto
Pierfrancesco Maran FB – Largo Augusto
  • Piazza Castello
Ph. @fabi8landi IG
  • Piazza Cordusio (progetto)
La nuova piazza Cordusio sarà così

Continua la lettura con: La nuova piazza Cordusio

ANDREA ZOPPOLATO

La «Notthing Hill di Milano»: la sua storia e come arrivarci

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cnt_mtn IG - Via Lincoln

La celebre Notting Hill di Milano. I suoi segreti. 

La «Notthing Hill di Milano»: la sua storia e come arrivarci

# Il contesto urbano

giovanna.rosada IG – Via Lincoln

Quartiere Arcobaleno, Burano di Milano e non ultima la Notting Hill meneghina, a cui potremmo aggiungere svariati soprannomi di variopinti quartieri sparsi per il mondo, per definire questo piccolo ma celebre angolo non lontano dal centro. Ci troviamo in via Abramo Lincoln e nella minuscola e quasi del tutto nascosta via Beniamino Franklin, quadrante centro orientale della città a nord di Corso XXII Marzo. Queste graziose unità abitative oggi così borghesi nacquero durante un progetto di riqualificazione urbana per operai, in particolar modo ferrovieri. Il periodo si colloca alla fine del diciannovesimo secolo e l’area interessata altro non era che il terreno non lontano dalla defunta stazione ferroviaria di Porta Tosa. Fu un’intuizione di Riccardo Pavesi, a capo della Società Edificatrice Abitazioni Operaie (Seao) che diede i natali a questa zona. Intuizione urbanistica, certo, ma anche spiccatamente imprenditoriale.

# Lo sviluppo

Maps – Quartiere Arcobaleno

Il contributo in affitto del personale ferroviario che l’avrebbe occupata, infatti, fu più che decisivo per lo sviluppo del quartiere. Messo su con un investimento iniziale del Pavesi, trovò linfa e autoalimentazione per mano degli stessi residenti che anziché abbandonare le strade che abitavano a loro stessi promosero e supportarono la crescita delle stesse, trasformando semplici alloggi in dei veri e proprio fabbricati via via più dignitosi. Per arrivare al colore, però, manca ancora qualche decennio.

# Le case oggi

Perché come spesso accadde durante il dopoguerra e gli anni del boom economico, la città andò incontro a rimescolamento abitativo e rinnovamenti urbani che portarno alcune zone ad arricchirsi ed altre a spopolarsi, ed è quel che successe anche in via Lincoln. La Seao vendette tutte le case, e la zona sarebbe certamente scivolata nel degrado se non ci fossero stati i tre ingegneri Poggi, Mazzocchi e Cerruti, che anziché avallare la vendita acquistarono in blocco tutte le villette, diedero loro queste sgargianti tonalità per poi rivenderle negli anni a benestanti compratori, più che mai orgogliosi di abitare nelle case più colorate di Milano.

loreterrestre IG – Via Lincoln

Oggi le villette sono protette da un ingresso privato sprovvisto di parcheggi ai non residenti, conferendo alla zona tutta la tranquillità che un posto così originale merita. Soprattutto quando a cercarlo sono i turisti. Per visitare la Notting Hill milanese si deve scendere alla nuova fermata della Metro 4 (linea blu) di piazza Tricolore, e passeggiare per non più di dieci minuti.

Continua la lettura con: Le Case Igloo di Milano tra atmosfere eschimesi e capanne dei puffi

CARLO CHIODO

Addio WOW: Milano perde la casa del fumetto

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Andrea Cherchi - Esterno Spazio WOW

Dopo quattordici anni di mostre, corsi, incontri e fumetti, WOW Spazio Fumetto chiude i battenti. La notizia lascia l’amaro in bocca: il museo milanese dedicato alla Nona Arte termina ufficialmente le sue attività domenica 15 giugno 2025.

Addio WOW: Milano perde la sua casa del fumetto

Situato in viale Campania 12, nell’edificio riconvertito dell’ex fabbrica Motta, WOW non era semplicemente uno spazio espositivo: era un punto di riferimento per appassionati, famiglie, disegnatori, curiosi, studiosi e studenti. Era uno spazio vivo, dove la cultura si disegnava a mano libera.

# Una fine annunciata

wowspaziofumetto IG – Sala interna

La chiusura arriva al termine di un braccio di ferro tra la Fondazione Franco Fossati, che gestiva lo spazio, e il Comune di Milano, proprietario dell’immobile. Il contratto di concessione è scaduto lo scorso aprile, e il debito accumulato per l’affitto – circa 180.000 euro – sembrava essere la pietra tombale dell’intera operazione.

Eppure, una soluzione era stata trovata: la Fondazione aveva raggiunto un accordo con l’Avvocatura comunale per estinguere il debito tramite la cessione di parte della collezione museale. Ma il Comune ha comunque deciso per lo sgombero. Nessuna proroga, nessun margine: entro il 15 giugno, tutto deve essere smontato, inscatolato, portato via. Trasferire un archivio con oltre mezzo milione di pezzi, tra volumi, tavole originali, manifesti, gadget, sceneggiature e materiali rari? Impossibile in così poco tempo. E così, la fine è diventata definitiva.

# Una perdita difficile da rimpiazzare

wowspaziofumetto IG – Fumetti

Nel corso degli anni WOW ha portato a Milano mostre di livello internazionale: Batman, Hugo Pratt, Peanuts, Dragon Ball, ma anche omaggi a Milo Manara, Jacovitti, Sergio Bonelli, e tanti autori emergenti. Ha ospitato workshop, campus estivi, eventi con le scuole, incontri con autori, e mostre che intrecciavano fumetto, cinema, storia e attualità.

La sua biblioteca contava oltre 9.000 volumi ed era uno dei pochi spazi in Italia a offrire una lettura pubblica e gratuita sul fumetto in tutte le sue declinazioni. Non si trattava solo di cultura “pop”: era formazione, educazione, memoria.

# Il silenzio delle istituzioni

Andrea Cherchi – Esterno Spazio WOW

A nulla sono valse le oltre 12.000 firme raccolte in pochi giorni da una petizione, né le iniziative di crowdfunding e sostegno popolare. L’appello lanciato da lettori, illustratori, critici e cittadini non ha smosso l’inerzia della macchina comunale, che ha difeso la scelta come necessaria per “garantire equità tra tutti i soggetti che chiedono spazi pubblici”.

Una decisione che fa male soprattutto in una città che si fregia di essere capitale culturale e creativa. Perché si può discutere sulla burocrazia, ma resta una domanda che brucia: quanto vale, davvero, la cultura per chi amministra una città come Milano?

# Un ultimo saluto (tra lacrime e fumetti)

wowspaziofumetto IG – Ultimo ballo

Domenica 15 giugno, dalle 15 alle 20, WOW accoglierà il pubblico per un ultimo evento: una festa, un abbraccio collettivo, un arrivederci pieno di tristezza ma anche di gratitudine. Luigi Bona, direttore e anima del museo, saluta con ironia amara: «Altro non resta che dirci addio con un SOB».

Non si sa cosa succederà dopo. La Fondazione è disposta a collaborare con altri enti, privati o pubblici, per far rinascere il progetto altrove. Ma l’incertezza regna, e il rischio è che questo piccolo tesoro culturale si disperda, inghiottito dall’indifferenza.

# Milano senza WOW: e ora?

Questa non è solo la fine di un museo. È la chiusura di una finestra sul possibile. WOW Spazio Fumetto era uno di quei luoghi dove i sogni diventano carta, inchiostro e dialoghi. Dove un bambino poteva scoprire che disegnare è una forma di pensiero. Dove il passato e il futuro del fumetto italiano convivevano nello stesso scaffale.

Milano perde un pezzo della sua anima creativa. E forse non se ne accorgerà subito. Ma tra qualche anno, quando ci si chiederà dove siano finiti i lettori, i sogni, i supereroi senza mantello, qualcuno risponderà: «Erano qui. In viale Campania. Poi abbiamo chiuso.»

Continua la lettura con: Addio allo storico Coin: al suo posto ci sarà questo

MICHELE LAROTONDA

«Prima la casa»: così la Finlandia ha risolto il problema dei senzatetto

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ChatGPT - Senzatetto Finlandia

In Finlandia non esistono più dormitori pieni, tende in strada o liste d’attesa infinite. Questa la strategia adottata e i risultati ottenuti.

«Prima la casa»: così la Finlandia ha risolto il problema dei senzatetto

# Il modello che ha capovolto l’approccio al disagio

credit: guidominciotti.blog.ilsole24ore.com

Nel 2007 la Finlandia ha fatto una scelta che oggi sembra rivoluzionaria: offrire una casa prima di tutto, senza chiedere nulla in cambio. Non serve dimostrare sobrietà, un lavoro o un progetto: il tetto arriva subito, il resto si costruisce dopo. È il modello Housing First, sviluppato dalla Y-Foundation, adottato su scala nazionale e diventato il cuore della politica abitativa per le persone senza fissa dimora. In pochi anni, i senzatetto cronici sono calati del 68%, e a Helsinki del 72%. Quasi tutti i centri d’accoglienza d’emergenza sono stati chiusi. La casa è trattata come un diritto umano di base, non un premio da meritarsi. 

# Riconosciuta all’individuo la capacità di autodeterminare il proprio cambiamento

housingfirsteurope.eu – Finlandia

L’Housing First non è però solo una strategia abitativa, ma anche una visione della persona. Riconosce la casa come diritto umano fondamentale e, insieme, la capacità dell’individuo di autodeterminare il proprio cambiamento. Non si tratta di “rimettere in riga” chi è ai margini, ma di offrirgli il punto di partenza per scegliere da sé la propria strada. L’investimento iniziale è stato alto, ma i risparmi lo sono stati ancora di più. Ogni persona reintegrata costa alla società da 9.000 a 15.000 euro in meno all’anno: meno interventi d’emergenza, meno ricoveri, meno giornate in carcere. In dieci anni sono state costruite o riconvertite 4.600 abitazioni permanenti, molte a canone agevolato. Il modello si basa su appartamenti indipendenti, distribuiti nei quartieri, con supporto psicologico e sociale sul posto. L’80% degli inserimenti ha avuto esito stabile. 

# I programmati attivati

Due programmi pubblici, PAAVO I e II, hanno reso strutturale l’approccio Housing First, affidando all’agenzia statale ARA il compito di coordinare fondi, edilizia e operatori locali. Il sistema è oggi studiato da tutta Europa, perché ha ridotto davvero il numero di senzatetto, e non solo tamponato l’emergenza. Rimangono alcune sfide: negli ultimi mesi i casi sono leggermente aumentati e i finanziamenti restano fragili. Ma l’impianto regge. Nel 2016, la Y-Foundation, insieme a FEANTSA, ha anche dato vita all’Housing First Europe Hub, con l’obiettivo di diffondere il modello finlandese in tutta Europa.

Continua le lettura con: A Milano nasce un nuovo quartiere verde: 700 case low cost e un parco nella vecchia pista dei cavalli

FABIO MARCOMIN

Quando ti prepari per una serata in via Gola

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L’immancabile to-do-list.

Qui il video: Quando ti prepari per una serata in via Gola

Continua con: Sui bus di Milano si testa la nuova aria condizionata supergreen

SMAILAND, “il sorriso di Milano”: ogni giorno su milanocittastato.it

Milano città stato è anche su Youtube: clicca qui per il canale con i video su Milano. Iscriviti: ti aspettiamo

Febo Conti, pioniere della televisione educativa e Ridolini italiano

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Febo

“Squillino le trombe, entrino le squadre !!”, tra gli anni sessanta e settanta fu uno dei “motti” più popolari d’Italia. Una sorta di inno nazionale dell’era del boom economico, un simbolo di un’Italia che aveva superato gli anni della ricostruzione post-bellica, si trovava nel bel mezzo del boom economico, vedeva l’aumento esponenziale dei beni di consumo di massa e, attraverso la forte migrazione dal Sud al Nord della Nazione, sembrava potesse davvero sancire quell’unità nazionale che un secolo prima cambiò la nostra storia.

Febo Conti, pioniere della televisione educativa e Ridolini italiano

# 80 anni fa il suo debutto nella radio della Svizzera Italiana

“Squillino le trombe, entrino le squadre” in un certo senso voleva ribadire l’unità nazionale, attraverso i ragazzi delle scuole medie che, partecipando alla trasmissione televisiva che iniziava proprio con quel motto, si sfidavano in giochi e quiz di cultura generale, toccando a turno tutte le regioni d’Italia. Parliamo del programma “Chissà chi lo sa?”, ma soprattutto del proprio storico conduttore, Febo Conti, un milanese che seppe interpretare il mondo della televisione con un entusiastico garbo e con una buona dose di poliedricità. Proprio 80 anni fa debuttava davanti al grande pubblico in Radio, quella della Svizzera Italiana: era infatti il 1945, quando il diciannovenne Conti conduceva i programmi “La costa dei barbari” e “Il Dante avvelenato”.

# L’imitazione del clown Ridolini

quibrescia.it – Febo Conti

Era nato il giorno di Natale, del 1926, a Bresso: dopo le scuole di avviamento, si iscrive all’istituto tecnico statale e, attorno ai 18 anni, lo troviamo sui palchi di piccoli teatri ad esibirsi nell’imitazione di “Ridolini”, il personaggio clownesco interpretato dal 1918 dall’attore statunitense Larry Semon. Ridolini, anche dopo la morte dello stesso Semon, avvenuta nel 1928, in Italia fu un personaggio popolarissimo e Febo Conti era un sosia straordinario, sia nella rigida estetica che nelle movenze.

L’artista di Bresso dopo la Liberazione si mette a lavorare per Radio Milano, al fianco di Liliana Feldman, Evelina Sironi, Gianni Bortolotto e Checco Rissone. Ma il teatro rimaneva comunque un’entità espressiva che attirava troppo la voglia di esibirsi di Febo, così si aggregò alla compagnia della quale faceva parte Giustino Durano, per lavorare nell’avanspettacolo.

# Le esperienze in radio e tv con il successo di “Chissà chi lo sa?”

sorriso.it – Chissà chi lo sa?

Dopo varie esperienze tra Radio e Televisione (di quest’ultima fu uno dei principali pionieri) e dopo un periodo trascorso in Brasile, ecco che nel luglio 1961, debutta con “Chissà chi lo sa?”, programma televisivo ideato e diretto da Cino Tortorella (il Mago Zurlì), che al sabato pomeriggio andava in onda dagli studi Rai milanesi di Corso Sempione. Doveva essere una trasmissione sperimentale per i ragazzi, destinata a durare poco, magari per lasciare spazio ad altri progetti simili, invece durò dal 1961 al 1974, con sole due stagioni di sospensione.

# La vita privata 

Febo

Nel frattempo Febo aveva sposato la cantante Jugoslava Italia Vaniglio, e aveva avuto il figlio Fabio, mancato alcuni anni fa. Aveva condotto il Gazzettino Padano, si era ancora esibito in teatro anche con opere in dialetto milanese e, con “Chissà chi lo sa”, divenne una sorta di secondo padre per molti ragazzi.

Febo Conti incise dischi, di canzoni e di giochi. Negli anni settanta condusse con Enza Sampò “Il circolo dei castori”, per passare poi a “Circodieci”. Poi ci fu un periodo di allontanamento dal mondo della televisione, per tornarci nelle trasmissioni revival.

Morì il 16 dicembre 2012 all’Ospedale Montecroce di Desenzano, località nella quale si era trasferito da diversi anni. Poco dopo mancò la moglie.   

FABIO BUFFA

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I 7 difetti di Milano più gravi… sono risolvibili: queste le soluzioni

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Andrea Cherchi - Spazio Wow

C’è chi la ama a prescindere e chi la critica senza pietà. Abbiamo chiesto qual è il difetto più grande di Milano e sono arrivate valanghe di commenti. Questi sono i sette problemi reali più risolvibili che sono emersi. 

I 7 difetti di Milano più gravi… sono risolvibili: queste le soluzioni

#1 Una città troppo cara per chi la vive: serve tornare a essere inclusivi, invece che esclusivi

wonderfulhousesitaly IG – Attico Milano

Il primo difetto citato da molti è il costo della vita, ormai alle stelle. Acquistare o prendere una casa in affitto sono fuori portata per la maggioranza delle persone, ma anche un semplice caffè in centro può sembrare un piccolo lusso. Non si tratta solo di prezzi alti: il problema è che i salari medi non seguono lo stesso ritmo. Milano sembra sempre più pensata per chi è ricco o per chi arriva a spendere da fuori, non per chi ci abita da sempre. È una città che lavora molto, produce molto, ma chiede troppo in cambio. E chi non ce la fa, si sente lentamente espulso.

La soluzione? Semplice: adottare i modelli delle città più sostenibili d’Europa. Come Vienna che “obbliga” i costruttori a destinare una quota dei nuovi appartamenti ad affitti da case popolari, oppure come la Finlandia che regala le case a chi non se lo può permettere. In breve, serve una amministrazione che abbia la priorità di fare tornare Milano la città delle opportunità per chi non ha niente, non una fortezza che protegge chi vive di rendita. 

«Prezzi altissimi e non più alla portata. Milano è bella ma non è New York o Londra» – Nicola Orsi

#2 Degrado e insicurezza: occorre severità contro chi offende la città 

milano_degrado IG – Cumuli rifiuti

Un altro punto ricorrente nei commenti è il crescente senso di insicurezza. Non tanto per grandi crimini, quanto per il degrado quotidiano: sporcizia, microcriminalità, zone trascurate anche in pieno centro. I marciapiedi sconnessi, le scritte ovunque, i maranza come simbolo del caos urbano. Le periferie poi sembrano dimenticate: lasciate a sé stesse, senza manutenzione né servizi. Una città moderna non può permettersi questi buchi neri a pochi chilometri dal Duomo. 

La soluzione? Anche in questo caso prendere esempio da città europee che risultano pulite e sicure. Parigi usa il pugno d’uro contro chi imbratta la città: multe record e carcere per i graffitari abusivi. Singapore non ha pietà anche con chi getta una cicca sul marciapiede. Nelle città svizzere si interviene in modo rapido e severo contro chiunque infranga la legge. 

#3 Un’amministrazione divisiva: serve una politica che non divida i cittadini in buoni e cattivi per motivi ideologici

beppesala IG

In tantissimi individuano nell’attuale amministrazione uno dei difetti maggiori. Non solo per motivi politici, ma per la percezione diffusa che manchi una visione concreta, o che si governi solo a favore una parte della città. Le critiche vanno da chi denuncia la “città dei divieti” a chi lamenta decisioni su traffico e urbanistica prese senza ascoltare. Milano pare spaccata in due: chi approva ogni scelta in nome del green e chi invece si sente vittima di politiche ideologiche e scollegate dalla realtà quotidiana.

Soluzione? O un radicale cambio di rotta nella attuale giunta. O una nuova giunta. 

#4 Accoglienza senza limiti e senza ritorni: bisogna pretendere l’adesione ai valori tipici della milanesità. 

Un altro tema che torna spesso è quello dell’accoglienza. Se da sempre Milano è città aperta, oggi in molti la vivono come “troppo buona”. Si parla di chi arriva, sfrutta e poi sputa nel piatto: atteggiamento che genera rabbia. L’accoglienza diventa un difetto se non è accompagnata da integrazione e rispetto reciproco. Il problema non è chi viene da fuori, ma chi viene solo per prendere. E nel frattempo, il senso di appartenenza, anche tra i vecchi immigrati interni, sembra svanire. Un milanese che non si sente più a casa sua è un campanello d’allarme serio.

Soluzione? Pretendere che tutti i nuovi milanesi rispettino i valori fondanti della città: generosità, concretezza, darsi da fare contribuendo alla comunità. E chi rifiuta questo o delinque deve essere cacciato. 

«Accogliere da sempre tutti,aiutarli e sentirsi criticati da gente che sputa nel piatto che gli hai dato e non mi riferisco agli stranieri» – Elenoire Ziccardi

#5 Troppo cemento: si devono inserire dure penalità per i costruttori che eliminano il verde con cui si erano aggiudicati i progetti 

Credits archdaily – Torri Cascina Merlata

L’eccesso edilizio è un altro difetto concreto. Palazzi alti in vie strette, cantieri ovunque, nessuna cura per l’armonia urbana. Molti segnalano lo scempio di periferie costruite male nel dopoguerra, mai ripensate. Si costruisce tanto, spesso per fare cassa o favorire interessi. Intanto il verde scarseggia, i servizi si saturano e i quartieri diventano dormitori o parchi giochi per investitori. La città sembra progettata più per il business che per i cittadini. 

Soluzione? Porre limiti al cemento. Inserire regole più dure per chi vince assegnazioni edilizie con ampio uso di spazi verdi ma che poi spariscono una volta che i palazzi vengono costruiti. 

#6 L’inquinamento: non serve ridurre le emissioni, bisogna anche agire sulla depurazione dell’aria

Che Milano sia inquinata è risaputo. Ma ciò che colpisce nei commenti è che lo smog non viene più vissuto come un dato naturale, bensì come un fallimento. Le politiche anti-traffico sembrano non bastare, anzi: per molti creano disagi senza risolvere. L’aria resta pesante, il caldo estivo soffocante e il verde, ancora una volta, troppo poco. Anche chi si muove in bici o a piedi si lamenta: poche piste ciclabili, marciapiedi dissestati. 

Soluzione? Le auto contribuiscono appena per il 12% all’inquinamento. Serve altro per contrastare il restante 90%: un cambio di rotta da limitarsi alla riduzione delle emissioni a diventare un’avanguardia nella depurazione dell’aria. 

#7 La perdita della milanesità nei cittadini: si deve ritrovare l’autentico spirito milanese

ChatGPT – Milanesi che giudicano

Ultimo difetto? I milanesi stessi, secondo alcuni. Molti si sentono estranei in casa loro, altri hanno perso il senso del civismo. Si giudica molto, si aiuta poco. C’è chi predica bene e razzola male. Forse è il segno di una città che corre troppo, senza tempo per guardarsi in faccia. Un tempo chiunque diventava milanese contribuendo ai valori della città. Oggi pure i milanesi non sembrano essere più quelli di un tempo. Anzi. Stanno diventando molto poco milanesi. 

Soluzione? Vale un discorso simile a quello per gli immigrati. La milanesità deve essere come una patente a punti: si deve promuovere i suoi valori fondanti e incentivarli ogni giorno tra gli stessi cittadini. Milanesi e non. 

«Le persone che giudicano….PREDICANO BENE E RAZZOLANO MALE!!» – Isabella Soldani

Continua la lettura con: Milano sei bella perché…Le dieci risposte dei milanesi

MILANO CITTA’ STATO

Le 5 nuove linee metro più rivoluzionarie in arrivo nel mondo: dalla sub-oceanica al «progetto del secolo»

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Media office Dubai - Modellino stazione metro più alta del mondo

Cinque progetti in corso tra Asia, Oceania e Americhe che puntano a rivoluzionare i trasporti locali. Tra questi ci sono la stazione più alta del mondo, la linea sotto l’oceano e il “progetto del secolo”.

Le 5 nuove linee metro più rivoluzionarie in arrivo nel mondo: dalla sub-oceanica al «progetto del secolo»

#1 Linea blu di Dubai: il fiore all’occhiello verticale con la stazione metropolitana più alta del mondo

Media office Dubai – Modellino stazione metro più alta del mondo

Dubai sta realizzando la nuova Blue Line, un progetto avveniristico da 30 km con 14 stazioni driverless, la cui apertura è prevista per il 2029. Il suo simbolo è la Emaar Station (ex Dubai Creek Harbour), che con i suoi 74 metri di altezza diventerà la stazione metropolitana più alta del mondo. Il suo design, come mostra il modellino ufficiale, è imponente e rigoroso: una struttura rettangolare, rivestita da facciate a vetro e lame verticali, con un atrio a tutta altezza e volumi sospesi. L’obiettivo è raggiungere 320.000 passeggeri al giorno entro il 2040. Con la nuova linea, la rete metropolitana crescerà da 101 km a 131 km

#2 Panama Metro Linea 3: il collegamento sotto il canale

panama-metro-line-3-map

A Panama City è in costruzione la Linea 3 della metro, un’opera da 34 km che attraverserà il Canale, con tecnologia monorotaia e infrastrutture avanzate BIM. Il tracciato passerà a 60 metri di profondità per andare da una sponda all’altra. Il costo stimato è di 2,5 miliardi di dollari e il completamento è previsto per il 2026. Il tracciato collegherà le zone più congestionate, offrendo un’alternativa rapida e sostenibile al traffico veicolare. Hyundai E&C e POSCO guidano la realizzazione, con modalità costruttive integrate e innovazione digitale per garantire coordinamento efficace e riduzione dell’impatto.

#3 Metro Manila Subway:  the “Project of the Century”

The Philippine Infomation Agency – Metro Manila

Le Filippine stanno costruendo la Metro Manila Subway, la prima linea sotterranea del paese, lunga 33 km con 17 stazioni, collegata anche all’aeroporto. Avviata nel 2019, la realizzazione procede con grandi macchinari Tbm, ma i ritardi dovuti al COVID e ai diritti di passaggio hanno spostato la fine al 2032/2033. Il progetto, soprannominato “Project of the Century”, ha un costo di circa 5,5 miliardi di euro e viene gestito con tecnologia giapponese JICA e Nippon Signal. È pensato per servire 370.000 utenti giornalieri, con un potenziale di 1,5 milioni nel lungo periodo. Una linea pensata per integrarsi con i sistemi di mobilità locale, LRT, MRT e PNR. 

#4 Sydney Metro: la metropolitana che si tuffa sotto l’oceano

sydneymetro.info – Tracciato metro aperto

La Sydney Metro ha inaugurato il tratto City & Southwest con 15,5 km di gallerie che passano sotto il porto, dando vita alla prima “metropolitana sotto l’oceano”. Il tunnel sottomarino collega sei nuove stazioni, tra cui Barangaroo e Martin Place, e ha richiesto tecnologie estreme per resistere alla pressione dell’acqua. Il giorno dell’apertura, 190.000 passeggeri hanno viaggiato su 425 treni driverless, stabilendo un primato. La rete raggiunge oggi 52 km, rendendola la seconda metro automatica più lunga del mondo dopo quella di Dubai. Entro il 2032 dovrebbe arrivare a 113 km con due nuove linee: una verso l’aeroporto di Western Sydney e l’altra verso Parramatta. Martin Place sarà il cuore verticale del sistema, con due grattacieli sopra la stazione. 

Leggi anche: La metro nell’oceano: la rivoluzionaria linea dell’«altro mondo»

#5 San Paolo Linea 16‑Violeta: la sfida ingegneristica della “Linea dei Parchi” 

mobilidade.estadao.com.br – Linea 16

La Linea 16‑Violeta, soprannominata “Linea dei Parchi”, è in fase di progettazione avanzata, con studi affidati alla spagnola Acciona tramite partenariato pubblico-privato, già inserito nei programmi strategici dello Stato. Prevede un tracciato iniziale di 16 km con 16 stazioni tra Oscar Freire e Abel Ferreira, e una capacità stimata di 550.000 passeggeri al giorno. La gara d’appalto per l’assegnazione della linea è prevista nel primo trimestre del 2026. Se le scadenze saranno rispettate, il contratto potrebbe essere firmato entro marzo 2026, con l’inizio dei lavori nello stesso anno. Una sfida ingegneristica incredibile: le gallerie dovranno passare infatti attraverso barriere naturali come i fiumi Tamanduateì, Tatuapè e Aricanduva..

Continua la lettura con: I futuri capolinea da sogno per le 5 linee della metro di Milano

FABIO MARCOMIN

Questo è il condominio più verde del mondo

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zekiller IG - Les Étoiles

Con le sue terrazze verdi, geometrie spezzate e abitazioni tutte diverse, questo complesso sfida cinquant’anni dopo ogni idea convenzionale di edilizia popolare. E prima del Bosco Verticale ha creato una sinergia tra architettura e natura.

Questo è il condominio più verde del mondo

# Il condominio che non voleva essere un condominio

A Ivry-sur-Seine, banlieue a sud-est di Parigi, esiste un complesso residenziale che sembra uscito da un altro pianeta: si chiama Les Étoiles. Realizzato tra il 1969 e il 1975, è l’opera congiunta di Jean Renaudie e Renée Gailhoustet, due architetti che decisero di rompere con la geometria rigida dei grandi palazzoni modernisti del dopoguerra. Il loro sogno era semplice: costruire un’abitazione collettiva dove ogni unità fosse unica, diversa, organica. Il risultato? Un’esplosione di terrazze sfalsate, volumi inclinati, passaggi obliqui e piante ovunque. Le forme stellate spezzano la griglia urbana e trasformano l’idea stessa di case popolari. Più che un condominio sembra un villaggio. E soprattutto: non c’è separazione tra architettura e natura.

# Ogni balcone un giardino

gwenaelmignon IG – Altra vista Les Étoiles

Les Étoiles è stato progettato per essere verde non solo fuori, ma dentro. Ogni appartamento ha almeno una terrazza pensile che funge da giardino, filtro climatico, luogo di socialità e di isolamento insieme. Le piante non decorano, ma isolano acusticamente, trattengono il calore d’inverno e rinfrescano d’estate. Un concetto oggi sbandierato come avanguardia ecologica, ma qui applicato mezzo secolo fa. La struttura in cemento armato a getto continuo, combinata a elementi prefabbricati sagomati su misura, ha reso la costruzione un incubo per le imprese. Les Étoiles è però diventato un esempio riuscito di architettura organica e brutalista insieme: geometrie dure al servizio della complessità umana, in cui non esiste un solo punto di vista, ma infinite traiettorie pedonali e visive.

# Dall’abbandono al riscatto

gwenaelmignon IG – Les Étoiles

Negli anni ’90 sembrava destinato a scomparire, soffocato dall’incuria e dai costi di manutenzione elevatissimi. Ma Les Étoiles è sopravvissuto. Grazie alla mobilitazione di associazioni, enti locali e una nuova sensibilità urbana, sono partiti progetti di restauro e recupero. Oggi il complesso è tornato a essere un simbolo, non solo dell’architettura utopica degli anni Settanta, ma anche di una possibile via alternativa all’abitare di massa. Oggi è studiato da architetti di tutto il mondo e ammirato da chi sogna di vivere in una casa che somiglia più a un giardino che a un appartamento. 

Continua la lettura con: La «foresta urbana» sopra la stazione Cadorna: si farà?

FABIO MARCOMIN

La cosa più bella che c’è in ogni quartiere di Milano (secondo chi ci vive)

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Credits Andrea Cherchi - Citylife tra gli alberi

Quartiere per quartiere ecco che cosa risulta più amato da chi ci vive.

La cosa più bella che c’è in ogni quartiere di Milano (secondo chi ci vive)

# Navigli-Ticinese: Naviglio Grande 

Credits Andrea Cherchi – Navigli al tramonto

Per chi vive in zona Navigli e Ticinese il simbolo non può che essere uno dei corsi d’acqua simbolo di Milano. Naviglio Grande, Naviglio Pavese e Darsena costituiscono un intreccio molto amato da milanesi e turisti. Una curiosità? A Milano ancora molti confondono il Naviglio Grande con quello Pavese. Come riconoscerli? Il Naviglio Grande, considerato “il re dei Navigli”, è stata la prima opera del genere a essere realizzata in Europa e storicamente è il più importante dei Navigli milanesi. Riceve le sue acque dal Ticino nei pressi di Tornavento (VA), è il più turistico e il più affascinante tra i Navigli ed offre scorci di antica bellezza con le sue case che si rispecchiano sull’acqua. Caratteristici sono i suoi cortili, i suoi tanti locali, hanno una storia lunga e complessa della quale possiamo indicare la data della nascita attorno al 1200.

Per orientarsi, il Naviglio Grande è quello che dalla Darsena costeggia Porta Genova. Il Naviglio Pavese lo si riconosce perchè inizia il suo corso direttamente in Darsena e la corrente lo porta fino a Pavia. Progettato intorno al 1359 con i Visconti, per realizzare il sogno di collegare Milano al mare. Contraddistinto nel tratto milanese da brutti condomini anni 50/60 ma da una vivace vita notturna grazie ai numerosi locali presenti lungo le sponde. 

Leggi anche: Grande o Pavese? La GUIDA DEFINITIVA DEI NAVIGLI di Milano

# Quarto Oggiaro: Villa Scheibler 

Credits chiara.214 IG – Villa Scheibler

E’ considerata la piccola Versailles di Milano. Progettata come tenuta di caccia per Cicco Simonetta, utilizzata poi anche da Ludovico il Moro, è stata costruita nella seconda metà del ‘400 ed ampliata nel ‘700. All’interno del Parco di Villa Scheibler si trova anche Villa Caimi, dimora settecentesca nata come casa di campagna di una ricca famiglia milanese (i Caimi) che da decenni risulta in stato di abbandono. Sembra che, un tempo, Villa Scheibler e Villa Caimi fossero collegate da un passaggio sotterraneo.

Leggi anche: Villa Scheibler, la PICCOLA VERSAILLES di Quarto Oggiaro

# Zona Cagnola-Certosa: Certosa di Garegnano 

Credits juliagoldmine IG – Certosa di Garegnano

Un tempo era in aperta campagna, costruita nel trecento per consentire ai monaci di potersi ritirare dal mondo. Un po’ quello che sogna ogni milanese. Fondata nel 1349, è stata uno dei più importanti monasteri certosini d’Italia

All’interno di questa chiesa si trova la “pietà” di Paterzano, eseguita nel 1584/88 per l’ormai demolita chiesa di Santa Maria della Scala durante il periodo di apprendistato del giovane Caravaggio. Al suo interno è presente anche il Museo della Scultura Contemporanea di Garegnano.

Leggi anche: La CAGNOLA: castelli, crocifissi magici e navi in città? Le sorprese del quartiere più ignorato di Milano

# Crescenzago – Lambrate: Parco Lambro 

Parco Lambro – Andrea Cherchi.jpg

Il Parco Lambro, per anni il più grande della città, si estende per oltre 700.000 mq tra Cimiano, via Crescenzago e la tangenziale est all’interno del Municipio 3. Lambro viene dal greco ambros e significa limpido. Si riferisce ovviamente al fiume che dà il nome al Parco. Così lo descrisse il Petrarca nel 1353: «A piè del colle scorre il Lambro limpidissimo fiume e benché piccolo, è capace di sostenere barche di ordinaria grandezza, il quale scendendo per Monza, di qui non lungi, si scarica nel Po.»
La sua caratteristica di un tempo viene confermata dal detto milanese: ciar com’el Làmber, “limpido come il Lambro“.

Leggi anche: I segreti del LAMBRO, il maggiore dei fiumi milanesi anche se, forse, il meno amato

# Baggio- Quarto Cagnino: Parco delle Cave 

Parco delle Cave
Credits: instagram @moni.bigh

Di parco in parco, eccoci al Parco delle Cave. Terzo parco di Milano per dimensioni, nato dalla riconversione di una zona adibita a cave estrattive presenta quattro bacini artificiali, il prato erboso solcato da percorsi equestri e ciclabili, i boschi, gli orti urbani e la cascina Linterno. I lavori di rigenerazione si sono completati nel 2009: il Parco è oggi gestito dalla facoltà di Biologia dell’Università degli Studi di Milano. 

Leggi anche: La storia del PARCO DELLE CAVE

# San Siro: Bosco in Città 

Ph. corv71_ultrarunner IG

Poco più a nord sempre nel Municipio 7 confinante con il Parco delle Cave, tra via Novara e il quartiere Trenno, c’è il Bosco in Città. Realizzato a partire dagli anni ’70, è stato il primo progetto italiano di riforestazione urbana. La sua estensione è di 110.000 mq. Uno dei pochi luoghi in città dove si perde la cognizione di trovarsi a Milano. 

# CityLife: i tre grattacieli 

Credits Andrea Cherchi – Citylife tra gli alberi

I tre grattacieli di CityLife: il Dritto, lo Storto e il Curvo. Sono il simbolo del quartiere rinato sulle ceneri dell’ex Fiera, sul lato più centrale del Municipio 8. Il primo, progettato dal compianto Isozaki, è ad oggi il più alto d’Italia al piano con i suoi 209 metri.

Leggi anche: 10 cose da vedere a CityLife

# Porta Romana: Giannasi 

La polleria di Giannasi in Piazza Buozzi

C’è chi ha detto le Terme, chi la stessa Porta, ma su tutti la spunta una vera e propria istituzione nel quartiere. Da oltre 50 anni, conosciuto da tutti per il pollo allo spiedo più buono di Milano, si trova in piazza Buozzi e oltre alla rosticceria propone carni crude, i fritti, i primi piatti come lasagne, parmigiana, timballo, risotti di ogni genere. Ultimamente è stato al centro delle cronache il taglio del platano accanto

Leggi anche: Giannasi e gli altri personaggi iconici della Milano di oggi

# Città Studi: Orto Botanico 

Credits travelling.phoenix IG – Orto botanico Città Studi

L’Orto Botanico di Città Studi, fondato nel 1774, è uno dei giardini botanici più antichi d’Italia. Occupa un’area di circa 2,5 ettari e ospita una vasta collezione di piante, tra cui numerose specie rare e in via di estinzione. Un grande motivo d’orgoglio per gli abitanti di Città Studi. 

Leggi anche: 10 motivi per amare Città studi

# Affori: Villa Litta

Credits piccini_d IG – Villa Litta

Splendida villa storica, vero e proprio simbolo del quartiere di Affori nel Municipio 9. Circondata da un vasto parco di circa 40.000 mq, la sua costruzione risale al XVII secolo e nel corso della sua storia ha ospitato importanti personalità storiche come il principe Eugenio di Savoia. 

Leggi anche: Villa Litta e gli altri motivi per amare Affori

# Brera: Pinacoteca

Pinacoteca di Brera – dimitrisvetsikas1969

Nel quartiere bohémien di Milano sgomitano molte bellezze per un posto al sole. Su tutte sembra spuntarla la Pinacoteca, uno dei musei d’arte più importanti di Milano nel cuore di Brera. Tra le opere più famose conservate nella Pinacoteca di Brera ci sono la “Cena in Emmaus” di Caravaggio, il “Bacio” di Francesco Hayez e il “Cristo Morto” di Andrea Mantegna.

Leggi anche: 7 capolavori che rendono la Pinacoteca di Brera unica al mondo

# Sempione: Arco della Pace

Credits dimitrisvetsikas1969-pixabay – Arco della Pace

Chi vive nei dintorni la considera il suo grande punto di riferimento. Più ancora del parco o del Castello, si tratta del monumento progettato dal Cagnola e costruito a inizio del XIX secolo in stile neoclassico durante l’era napoleonica: puntava verso Parigi creando un ipotetico viale di collegamento tra Milano e la capitale francese. Con gli austriaci è cambiato il nome, da Arco della Vittoria ad Arco della Pace, dedicato al congresso di Vienna del 1815) e l’orientamento dei cavali, che sono stati girati per volgere le terga proprio in direzione degli odiati francesi. Misura 25 metri di altezza. 

Leggi anche: Arco della Pace: storia di una grande beffa

Continua la lettura con: I QUARTIERI DORMITORIO di Milano

FABIO MARCOMIN (Ultimo aggiornamento: 13 giugno 2025)

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Sui bus di Milano si testa la nuova aria condizionata supergreen

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Nessuna paura con Scipione.

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13 giugno 313. La rivoluzione epocale dell’Editto di Milano

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Credits: altervista.org - Editto di Milano

Vi invito a salire con me a bordo di una macchina del tempo per un viaggio davvero speciale che ci riporta indietro di più di millesettecento anni, sino a una data che sancì la ratifica di un importantissimo trattato, nato per trovare una conciliazione di stampo religioso ma che, come vedremo, ebbe significative conseguenze nei secoli a seguire.  La giornata è quella del 13 giugno 313 dC, e nelle sue varie denominazioni l’evento è ricordato come editto di Licinio e Costantino, editto (o rescritto) di tolleranza o, più semplicemente, Editto di Milano.

13 giugno 313. La rivoluzione epocale dell’Editto di Milano

# Milano capitale dell’impero romano

Busto di Costantino

Siamo nell’anno 293 quando Diocleziano diede vita a un’importante riforma delle funzioni imperiali, cercando di porre un freno ai pericoli e salvaguardando soprattutto l’incolumità degli imperatori stessi. Considerando che ben trenta su trentatré imperatori nell’ultimo secolo erano stati assassinati da esponenti di varie congiure non doveva sembrare una cattiva idea. Diocleziano divise così l’Impero Romano in due macroaree: Oriente ed Occidente, governati da una tetrarchia composta dagli imperatori (titolati Augusti) che a loro volta avrebbero avuto come successori due Cesari. Ma, mentre Diocleziano si stabilì a Nicomedia (l’odierna Izmit in Turchia), l’Impero d’Occidente con sede a Mediolanum fu assegnato ad Augusto Massimiliano, e solo sette anni dopo i neo-nominati Licinio e Costantino divennero protagonisti dell’evento epocale a cui viene dedicato questo articolo. 

# In hoc signo vinces

Credits: altervista.org – Editto di Milano

Nella primavera del 312, con la battaglia di Ponte Milvio, Costantino divenuto imperatore sconfisse l’usurpatore Massenzio nei pressi del celebre ponte romano e, a seguito di questa vittoria, divenne l’unico sovrano dell’Impero Romano d’Occidente, ponendo di fatto fine al controverso e ben poco riuscito esperimento della tetrarchia. Ciò che ci interessa sapere è che la sera prima della battaglia finale, secondo quanto riportano le fonti, Costantino non eseguì i sacrifici religiosi rituali affermando che “un sommo Dio lo avrebbe guidato nella battaglia”. Inoltre, a seguito della vittoria, Costantino non celebrerà il trionfo come era stato fatto sino ad allora. Non salì al Campidoglio, sede del tempio più sacro ai romani, e in tal mondo abbracciò completamente la religione cristiana.

# L’editto: i due elementi rivoluzionari da cui nasce la civiltà occidentale

Credits: studiarapido.it

Costantino non rimase a lungo a Roma: nel gennaio 313 si recò alla nostra Mediolanum, città scelta per il matrimonio della sorella Costanza con Licinio. Nella capitale dell’Occidente, Costantino e Licinio concordarono una linea comune in materia di religione. Fu così che venne creato l’editto: per la prima volta nella storia venne proclamata la libertà di culto in tutto l’impero. Fu anche sancito che tutti i beni precedentemente requisiti ai cristiani durante il lungo periodo delle persecuzioni dovessero essere restituiti agli stessi.

La libertà di culto è considerato uno dei pilastri fondativi della moderna civiltà occidentale. Ma non solo. Da questo momento, inevitabilmente, si svilupperà un accordo non scritto che prevedeva l’inalienabilità dei beni della Chiesa e che di fatto avrebbe poi portato la stessa e i suoi rappresentati ad essere intoccabili per buona parte della storia seguente. Un’intoccabilità che sarebbe poi sfociata nelle crociate e nelle dispute infinite fra Chiesa e Imperatori per tutta la storia dell’Alto e del Basso Medioevo.

La rivoluzione epocale dell’editto di Milano fu pertanto l’istituzione della libertà di culto e il riconoscimento del ruolo della Chiesa. Due innovazioni che aprirono la strada a secoli di progressi e di scontri che forgiarono l’intera civiltà occidentali. 

Continua la lettura con: 10 giornate storiche di Milano: dall’editto di Costantino all’inchiesta Mani Pulite

CARLO CHIODO

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«Vado a vivere in Lombardia»: le 7 località più ambite dai milanesi per rifarsi una vita

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Ph. @lago_di_como_official IG

Se ti dovessi trasferire in un’altra località della Lombardia, dove andresti a vivere e perché? Così hanno risposto i milanesi: queste le sette superstar più ambite da chi vive a Milano. 

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«Vado a vivere in Lombardia»: le 7 località più ambite dai milanesi per rifarsi una vita

#7 Varesotto

credits: wikipedia

Sta tornando in auge la città giardino. Soprattutto per i suoi dintorni. Tra i luoghi citati piace Busto Arsizio per la sua posizione strategica e, sul versante opposto, Porto Ceresio per le sue atmosfere mediterranee ma con vista sulla Svizzera. 

Leggi anche: L’incognita Busto Arsizio

#6 Pavia/Oltrepò

Ph. @camminandoinoltrepo IG

La cuginetta di Milano. Pavia. L’antica capitale che ancora non capiamo a che cosa pensavano i longobardi quando l’hanno preferita a Milano. Città universitaria, viene apprezzata per la sua vicinanza al mare. E per l’Oltrepò con i suoi paesaggi che sembra di essere in Toscana. 

Leggi anche: Perché i Longobardi hanno preferito Pavia a Milano

#5 Bergamo

Milano vista da Bergamo – Scatto di Moris Lorenzi (c)

La rivale di Milano. Così almeno si sta affermando. Con le nuove infrastrutture, l’aeroporto internazionale e la squadra da champions. Le manca solo una bella metropolitana. E poi è una mezzoretta da Milano. 

Leggi anche: I 5 progetti che stanno trasformando Bergamo

#4 Valtellina

Si entra in un clima olimpico con il quarto posto delle montagne più care ai milanesi. Qui la regina delle preferenze è Livigno. I milanesi hanno tanta voglia di aria fresca, natura incontaminata e agevolazioni fiscali. 

Leggi anche: Livigno e dintorni

#3 Lago di Garda

Credits: @drinkeatwithlove
Isola di Garda

Tra i posti al vertice ci sono Desenzano, Sirmione e Limone «perché sembra di essere sulle rive del mar Mediterraneo».

Leggi anche: Lago di Garda: il progetto di metro veloce

#2 Brianza

Ideale per i milanesi costretti a spostarsi ma che non vogliono fare troppa strada. Al primo posto c’è la sua capitale: Monza. Che ancora in molti non capiscono perché non sia un quartiere di Milano. E poi c’è la verde Brianza con i suoi boschi e le sue colline. 

Leggi anche: Il super passante per Monza

#1 Lago di Como

Due derby. Il primo è tra basso e alto lago. Nella parte di sopra primeggiano Dongo, Domaso e Colico. Tra le motivazioni: «Clima meraviglioso anche d’inverno, tutti i servizi, zone bellissime dove vivere» (Giovanna L.). Il secondo è tra le città: Como e Lecco, in rapida ascesa. 

Leggi anche: Passare una giornata a Como

Continua la lettura con: I consigli dei milanesi a chi viene a vivere a Milano

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Il supermercato più amato dai milanesi (edizione 2025): quasi un plebiscito incorona il numero 1

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Ph. @angelo_vaccariello IG

Quali sono i marchi di supermercati preferiti dai milanesi? Abbiamo cercato di scoprirlo chiedendolo a un campione di 600 cittadini. Le risposte le abbiamo ordinate in una classifica con i primi 15. Per chi vuole approfondire: i punti vendita dei supermercati preferiti dai milanesi. 

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Il supermercato più amato dai milanesi (edizione 2025): quasi un plebiscito incorona il numero 1

Ph. Alexas_Fotos

#15 Aldi (0,7%)

#14 Viaggiator Goloso (0,7%)

#13 Natura Sì (0,8%)

#12 Lidl (0,9%)

#11 Conad (1%)

#10 Unes (1,1%)

#9 Iperal (1,2%)

#8 Coop (1,4%)

#7 Tigros (1,4%)

#6 PAM (1,5%)

#5 Carrefour (1,6%)

#4 Eurospin (1,8%)

#3 Il Gigante (1,9%)

#2 Iper (2,3%)

opening nuovo ipermercato

#1 Esselunga (80,6%)

Credits pietro verzi -Esselunga Solari

Sondaggio eseguito sul gruppo social a domanda aperta: oltre 600 menzioni e voti. 

Continua la lettura con: I migliori mercati di Milano

MILANO CITTA’ STATO (Ultimo aggiornamento: 12 giugno 2025)

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Acqua non potabile per pulire la città: perché Milano non fa come Parigi?

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italianiaparigi.wordpress.com - Lavaggio strade a Parigi

A Parigi, da quasi due secoli, l’acqua non potabile scorre silenziosa per pulire le strade. A Milano, invece, si continua a usare quella potabile. Ma perché?

Acqua non potabile per pulire la città: perché Milano non fa come Parigi?

# Un sistema doppio, inventato nell’ottocento

jpnanterre – pixabay – Scorcio di Parigi

Parigi è dotata di una rete idrica parallela a quella potabile: si chiama “réseau d’eau non potable” e corre sotto tutte le 20 zone della città. Ideato nel XIX secolo da Eugène Belgrand, su spinta di Napoleone III e del barone Haussmann, è un impianto pensato apposta per lavare le strade e irrigare i parchi. L’acqua arriva dalla Senna e dal canale dell’Ourcq, viene convogliata attraverso 1.700 km di tubazioni e fuoriesce da oltre 13.000 bocchette idrauliche incassate nei marciapiedi, chiamate “bouches de lavage”. Ogni bocchetta può essere aperta manualmente o a distanza: l’acqua scorre lungo le cunette, trascina via polvere e sporco, e finisce nelle fogne. L’intero ciclo è separato da quello per l’acqua potabile: più igienico, sostenibile e intelligente.

# Pulizia, raffrescamento, zero sprechi

Il sistema parigino è molto più che un’eredità storica. È una rete funzionale e in continua evoluzione. Oggi copre l’80% della città e viene utilizzato anche per alimentare fontane pubbliche, raffrescare le strade in estate e irrigare il verde urbano. Secondo il piano aggiornato (Atlas des usages 2021), il 95% delle bocchette è ancora attivo e il tasso di spreco d’acqua non potabile è inferiore al 5%. I modelli più recenti, come i sistemi “Dauphine”, possono essere regolati da remoto e adattati alle variazioni climatiche. Alcuni tratti sono già integrati con pavimentazioni drenanti e sensori termici per contrastare le isole di calore. 

Leggi anche: La «Riviera Verde» sul Lambro: cascata, ponti tibetani e una piscina naturale

# E se si implementasse lo stesso sistema anche a Milano?

Fiumi interrarti Milano

L’obiettivo entro il 2034? Espandere la rete, ridurre i punti sottoutilizzati e integrarla nel piano urbano contro il cambiamento climatico. Milano, con il suo asfalto che trattiene il calore, perderebbe meno risorsa potabile, ridurrebbe l’effetto isola di calore e abbasserebbe la spesa energetica e potrebbe usare i mezzi AMSA come integrazione. Oggi in città le bocche sotto il marciapiede vengono utilizzate solo per far confluire quella piovana nel sistema fognario. Un’infrastruttura del genere contribuirebbe inoltre alla gestione delle piene, come quella del Seveso la cui acqua potrebbe servire proprio per pulire le strade così come quella degli altri fiumi e canali cittadini, Lambro, Olona e Navigli. Insieme all’acqua piovana o di recupero potrebbe essere utilizzata anche per rinfrescare marciapiedi e pavimentazioni. 

Continua la lettura con: Usare la pioggia per lavare le strade: ecco dove e come

FABIO MARCOMIN

La torre Prada apre la sera: si balla con dj set. L’ingresso è libero

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torre_ristorante IG - Jam in Torre

In cima alla torre della Fondazione Prada ha aperto al pubblico uno spazio prima dedicato solo a eventi e feste private. In uno dei contesti più scenografici della città ci si può scatenare con musica selezionata, provare preparazioni gourmet e sorseggiare cocktail raffinati.

La torre Prada apre la sera: si balla con dj set. L’ingresso è libero

# Apre la terrazza più alta della Fondazione, per ballare, mangiare e brindare sotto le stelle

nssmag.com – Rooftop Prada

Fino a ieri era un sogno riservato a pochi: eventi privati, feste blindate e appuntamenti esclusivi. Oggi il rooftop della Torre Prada apre ogni giovedì sera al pubblico con una nuova formula chiamata Jam in Torre. Si sale sopra il Ristorante Torre al settimo piano, sulla terrazza più alta della Fondazione, per ballare, mangiare e brindare sotto le stelle. Il contesto è tra i più scenografici della città: uno skyline insolito, decentrato, che spazia da CityLife fino a Gae Aulenti. La vista, incorniciata dall’architettura di Rem Koolhaas, si anima grazie a un format musicale e gastronomico pensato per far vibrare Milano. L’ingresso è libero, dalle 22 all’1. Basta presentarsi in via Lorenzini, nel cuore dello Scalo Romana.

Leggi anche: I sette ristoranti con terrazza panoramica da provare a Milano

# Dj set e mixology

torre_ristorante IG

La serata ha un’identità precisa: musica elettronica, contaminazioni hip hop e atmosfere house curate da Giorgio Di Salvo, mente creativa dietro a Bene Bene e protagonista della scena milanese. A lui il compito di disegnare un paesaggio sonoro che dialoga con l’architettura audace della torre e con l’energia sospesa del rooftop. Ogni giovedì è diverso, con ospiti selezionati e una consolle affacciata sulla città. A rendere il tutto più fluido ci pensano cocktail impeccabili, tra cui spicca il Dirty Martini. L’esperienza è pensata per coinvolgere tutti i sensi, con luci, suoni e sapori che si rincorrono su un pavimento optical e sotto un cielo che sembra più vicino.

Leggi anche: La doppia terrazza panoramica con skybar sopra i Navigli: riapre la novità dell’estate

# Hot dog gourmet e gelato firmato Marchesi 1824

torre_ristorante IG – Hot dog

Non c’è solo musica: a firmare l’offerta food è lo chef Lorenzo Lunghi, già al timone del ristorante Torre. Il suo hot dog si reinventa in chiave creativa: classico, con peperone crusco o speziato, fino alla versione dolce con gelato alla vaniglia, caramello salato e nocciole. A completare l’esperienza arriva il gelato artigianale della storica Pasticceria Marchesi 1824, in gusti come crema, pistacchio e fragola. Il risultato è una serata che unisce lo street food d’autore alla mixology raffinata, in un ambiente che sfugge alle regole del rooftop standard. Jam in Torre diventerà il nuovo rito urbano di Sopra?

Leggi: SoPra, sarà il nuovo quartiere glam-chic di Milano?

Fonti: CiboToday, torreinristorante.com

I social network sono diventati il quinto potere: il primo strumento di libertà

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In teoria doveva essere la funzione della stampa e dei media: fare da guardiani per la libertà dei cittadini. Erano definiti il quarto potere, perché vigilavano sull’operato dei politici, contro gli abusi di potere ai danni dei cittadini. Per questo la libertà di stampa è da sempre un pilastro delle democrazie liberali. Ma qualcosa è cambiato. E sempre più la stampa è diventata uno strumento del potere. Spesso usata ai danni del cittadino e della sua libertà. Ma la libertà vince su tutto e dove declinano i media tradizionali stanno emergendo quelli nuovi. I social network. Che stanno assumendo sempre più la funzione di guardiani della libertà del cittadino contro il potere. Ed è per questo che sono così temuti. Ma non solo: potrebbero evolvere.

Continua la lettura dell’articolo qui:

Il nuovo quinto potere: i social diventeranno i guardiani della libertà?

Di Raffaele Pergolizzi

Le tue analisi del sangue dopo un aperitivo a Milano

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Colpa delle patate carbonizzate o dello spritz al metanolo?

Qui il video: Le tue analisi del sangue dopo un aperitivo a Milano

Continua con: Quando dici che cerchi un posto letto a Milano a meno di 500 euro

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A Milano c’è una via che… non esiste

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Tra via Solferino e Largo La Foppa c’è via Saterna. O meglio, ci dovrebbe essere perché in realtà non esiste. L’ha inventata Dino Buzzati per collocarvi la porta dell’Inferno nel suo “Poema a fumetti”.

Buzzati, che fu giornalista e disegnatore oltre che scrittore, amava intrecciare Milano con il surreale. Via Saterna è uno di quei luoghi “paralleli”, sospesi tra la mappa urbana e l’immaginazione, che danno corpo a una città invisibile sotto la città reale. Il Poema a fumetti, pubblicato nel 1969, è un’opera pionieristica nel panorama italiano, un ibrido tra graphic novel e poema esistenziale, in cui Buzzati reinterpreta il mito di Orfeo calandolo tra i neon, i tram e le ombre milanesi. La via inventata diventa così varco simbolico, una fenditura tra il quotidiano e l’oltremondo.

Negli anni, via Saterna è stata cercata, persino citata da artisti urbani e appassionati di letteratura fantastica. Alcuni hanno affisso targhe finte, altri l’hanno mappata su Google Maps come provocazione culturale. È diventata un piccolo culto per chi ama il lato segreto delle città: come la Macondo di García Márquez o la Baker Street di Sherlock Holmes. Però in realtà via Saterna esiste davvero. Anche se non è una strada: è diventata il nome di una galleria d’arte contemporanea a Milano, chiamata “Viasaterna”, che rende omaggio all’opera di Buzzati. La galleria, aperta nel 2015, si propone come un luogo di incontro tra realtà e immaginazione.

Ph. @zero.eu/

Continua la lettura con: La strada più fiabesca di Milano

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La Madonna miracolosa nel centro di Milano

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Anche Milano ha una Madonna miracolosa. 

La Madonna miracolosa nel centro di Milano

Santa Maria dei Miracoli presso San Celso si trova in corso Italia al civico 37. È affiancato dall’antica chiesa di San Celso.
Rappresenta un notevole esempio di architettura rinascimentale a Milano e la sua facciata è considerata un capolavoro del manierismo italiano.

L’antico affresco della Madonna miracolosa, celebre per i miracoli e per l’apparizione del 30 ottobre 1485, si trova sotto un altare alla sinistra del presbiterio ed è visibile solo durante alcune feste. Nel 1620 la Madonna fu vista da molti versare lacrime

Continua la lettura con: La fontana miracolosa di Milano

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