Una delle piazze più note e frequentate di Milano: crocevia tra Cadorna e Pagano da una parte e tra via Venti Settembre e piazzale Baracca dall’altra. Ospita anche una fermata della M1. Ma cosa concilia? Per scoprirlo facciamo qualche passo indietro.
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11 febbraio 1929: la firma del trattato che ha dato il nome a questa celebre piazza di Milano
Nella zona compresa tra piazzale Baracca e piazza Conciliazione un tempo insisteva la cinta dei bastioni spagnoli di porta Vercellina, poi Magenta (in onore della storica battaglia).
La presenza dei caselli daziari e della porta segnava il confine tra Milano e il Comune dei Corpi Santi: dalla città (lungo il borgo delle Grazie, oggi corso Magenta) si usciva imboccando lo stradone postale per Novara (oggi corso Vercelli). E facendo il percorso inverso, le merci qui pagavano il dazio d’entrata.
# Anni Trenta: nasce piazza Conciliazione
Gli ampi spazi che si aprirono con la trasformazione urbanistica di Milano divennero presto il palcoscenico di una nuova élite borghese. Sorse qui la raffinata via XX settembre, omaggio alla storica “breccia” di Porta Pia del 1870, cuore pulsante di un quartiere che il Piano Regolatore Beruto – definitivamente approvato nel 1889 – aveva immaginato per una Milano moderna e ambiziosa. Lotti studiati per ospitare le ville di industriali e commercianti, simbolo di un’alta borghesia in ascesa, pronta a ridisegnare il volto della città.
Nel fermento urbanistico del periodo, lo slargo di Porta Magenta si trasformò negli anni Trenta in piazzale Francesco Baracca, tributo all’aviatore eroe della Grande Guerra. Poco distante, il nodo viario da cui si diparte via XX Settembre trovò anch’esso una nuova identità e un nuovo nome: piazza Conciliazione.
# Perché si chiama Conciliazione?
Il toponimo della piazza è un tributo all’accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede, siglato l’11 febbraio 1929 con i Patti Lateranensi. Un’intesa che poneva fine alla lunga “questione romana”, aperta con la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 e il conseguente attrito tra il neonato Regno d’Italia e il Papato.
In tempi più recenti, il cuore della piazza – di fatto una grande rotatoria stradale – ha accolto un’opera simbolica di forte impatto: il Gesto per la libertà di Carlo Ramous (1926-2003). Inizialmente esposta nel 1974 in piazzetta Reale, la scultura è stata poi collocata qui, come segno tangibile di un’idea di libertà che attraversa epoche e mutamenti urbani.
Credits milano sparita e da ricordare FB - Via Broletto anni '20 e oggi
Nel corso dei decenni e dei secoli sono state molte le trasformazioni urbanistiche che hanno avuto luogo in città, ma alcune strade sono rimaste ancora come un tempo. Come queste dieci.
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10 strade famose di Milano rimaste uguali a come erano una volta: le immagini di ieri e di oggi
#1 Via Brera
Credits Milano sparita a da ricordare Fb – Via Brera
Nella foto via Brera negli anni ’50. La differenza con oggi è che il transito dei veicoli a motore è vietato, eccetto autorizzati.
#2 Via Borgonuovo
Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Via Borgonuovo
In Brera un’altra via che non ha cambiato aspetto è via Borgonuovo.
#3 Via Broletto in Cordusio
Credits milano sparita e da ricordare FB – Via Broletto anni ’20 e oggi
Nei pressi di piazza Cordusio troviamo via Broletto che ha mantenuto ancora oggi i binari tranviari e il pavé, mentre alcuni edifici hanno cambiato sembianze.
#4 Via Manzoni
Credits stagniweb – Via Manzoni-piazz della Scala
A pochi passi dal Duomo troviamo nell’immagine via Manzoni e piazza della Scala con il pavé, i tram e gli edifici identici a come si vedono ora.
#5 Piazza San Sepolcro nel cuore antico della città
Milano Sparita – Piazza San Sepolcro
Piazza San Sepolcro, nel cuore più antico della città, e le vie laterali dell’Ambrosiana e del Cardinal Federico non sono sostanzialmente cambiate. L’unica modifica degna di nota è lo spostamento della statua di Federico Borromeo all’interno della cancellata che delimita la chiesa.
Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Vicolo Lavandai
Lungo il Naviglio Grande una piccola strada che è rimasta immutata nel corso del tempo è Vicolo dei Lavandai, dove le donne lavavano i panni.
#7 Incrocio tra viale Gorizia e via Vigevano
Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Incrocio via Vigevano
Sul lato sinistra della Darsena l’incrocio tra via Vigevano e viale Gorizia non è molto diverso da come appare oggi. L’edificio al centro dell’immagine è quello che si può vedere ricoperto da un murales passandoci ai giorni nostri.
#8 Via Conte Rosso in Lambrate
Credits Milano sparita e da ricordare Fb – Luca Sassi – Via Conte Rosso
In zona Lambrate si può trovare via Conte Rosso, rimasta identica a come era un tempo e ben conservata.
#9 Via Pusiano in zona Cimiano
Credits Milano sparita a da ricordare Fb- Via Pusiano ieri e oggi
In zona Cimiano la via Pusiano è rimasta pressoché identica al passato, salvo gli edifici sulla destra, comprese le auto in divieto di sosta.
#10 Via degli Imbriani al Derganino
Credits Milano Sparita – Via degli Imbriani
Nella periferia nord della città, nel quartiere di Derganino, c’è via degli Imbriani che non è cambiata dagli inizi del ‘900.
Riccardo Mastrapasqua FB - Scale mobili fuori servizio
Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso alle fermate del mezzi pubblici in superficie: che cosa sta succedendo ad ATM? Dopo il taglio delle corse arranca anche la manutenzione.
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Ascensori fermi, scale mobili guaste, pensiline fuori uso: ATM ha tagliato anche la manutenzione?
# Scale mobili e ascensori fuori uso da troppo tempo
Riccardo Mastrapasqua FB – Scale mobili fuori servizio
Campanello d’allarme per i milanesi: ATM ha perso la sua efficienza secolare? Negli ultimi mesi aumentano le segnalazioni di malfunzionamenti di scale mobili e ascensori che si aggiungono ai guasti alle linee metropolitane più frequenti che in passato, complice anche la neonata M4 che ha bisogno di un po’ di rodaggio. Quello che più preoccupa è però la lentezza con cui i problemi vengono risolti.Nell’immagine in alto, scattata da Riccardo Mastrapasqua, vediamo la situazione alla fermata della stazione Ca’ Granda della M5 dove un impianto di scale mobili è fermo ormai da 4 mesi.
Nel cartello, dove è scritto che è in corso la verifica della causa del problema, gli utenti hanno riportato il proprio disappunto senza troppi giri di parole. ATM spiega in un altro cartello che è in attesa dei pezzi di ricambio e che la scala dovrebbe essere ripristinata entro la fine di febbraio. Non sfugge però un particolare increscioso: il cartello ne sostituisce una altro in cui la data di fine cantiere era indicata il 31 gennaio.
Anche sulla linea M3, tra Maciachini e Comasina, come segnalato dall’ex consigliere comunale Gabriele Luigi Abbiati, scale mobili e ascensori non funzionano. In sintesi: la manutenzione scarseggia, i tempi si dilatano per ripristinare gli impianti e spesso la fine lavori viene ulteriormente posticipata, come successo anche per i nuovi ascensori previsti sulla linea M3 in vista delle Olimpiadi. Ma se le cose sottoterra sono avvolte nelle tenebre, anche in superficie si brancola nel buio.
# In superficie le cose non vanno meglio
Credits mezzi_di_milano IG – Bus Atm
Salendo in superficie le cose non migliorano. Nell’ultimo periodo, sempre come segnalato da Gabriele Luigi Abbiati, le pensiline della linea 70 sono spente. Ancora Riccardo Mastrapasqua segnala la condizione disastrosa degli Eurotram in servizio sulla linea 15, con perdite d’acqua, aria condizionata fuori uso e, in alcuni casi, addirittura principi di incendio.
Rimane poi un miraggio l’asservimento semaforico per velocizzare la rete, che aumenterebbe la frequenza delle corse a parità del numero di autisti, di cui si iniziò a parlare negli anni ’90. Stupisce poi come, dopo due anni dall’arrivo del nuovo tram bidirezionale, il Tramlink di Stadtler stia continuando a fare le prove sui binari senza essere stato ancora messo in servizio. I sospetti di riduzione di budget dedicato alla rimessa in sesto sono alimentati dalla strategia in atto sulle corse. Dove si sta tagliando più che si può.
# Il taglio drastico alle corse: 90 linee su 130
Ritardi bus
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Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Enrico Fedrighini
Ph. Silvia Manzo FB
Alla scarsa manutenzione si aggiunge il calo del servizio con la progressiva riduzione della frequenza di bus e tram: i tagli hanno colpito a Milano 90 linee su 130, a partire dal novembre 2023. Il motivo principale di questa scelta sembra la carenza di autisti, che se ne stanno alla larga da Milano per l’alto costo della vita, insieme alla carenza di risorse economiche. Che poi è la stessa causa del primo punto. Alla fine dello scorso è arrivata anche la notizia dell’affidamento del servizio di una linea urbana a una società privata, mai successo prima.
Il risultato di tutto questo? I milanesi aspettano anche fino a 45 minuti prima del passaggio del bus o del tram. Il ritorno alla normalità viene annunciato entro la prima parte del 2025, ma sembra che i problemi di ATM siano ancora più grossi di quelli che si poteva immaginare. Nel 2026 è prevista la gara europea o l’affidamento in house, tra le ipotesi una fusione tra ATM e FNM, per la gestione del trasporto pubblico di Milano e Monza Brianza: potrebbe essere una mossa chiave per recuperare l’efficienza perduta?
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Berlino chiama, Milano risponde. Berlino Magazine ha fatto una ricerca tra i berlinesi per capire perché amino la loro città. Qui i risultati. Prendiamo la palla al balzo e facciamo lo stesso. Per capire quali siano i motivi che fanno battere forte il cuore quando si pensa a Milano, lo abbiamo chiesto ai milanesi.
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7 buoni motivi per amare Milano (secondo i milanesi)
Credits: finedininglovers.it
#1 Milano è la città che accoglie tutti
Il suo tratto distintivo. Chiunque arriva può diventare milanese come tutti gli altri. A Milano non importa da dove vieni, importa solo che cosa fai e qual è il tuo grande sogno. Lo spiega Antonietta Pecora: «Perché mi ha adottato 52 anni fa e che se ne dica per me Milano altro che fredda e quella che accoglie tutti (Salerno ti amo è ti amerò anche oltre a Milano riconoscenza sempre e anche oltre)»
#2 Milano funziona
In un Paese dove spesso anche le cose più elementari faticano a funzionare, Milano pretende l’efficienza. Intesa come ottenere il massimo risultato senza sprechi. Non sempre ci riesce, ma (quasi) sempre prova a farcela comunque.
#3 Milano è unica
C’è chi ha detto che Milano non è una città bella ma è ricca di cose belle. In questo è unica. E come tutte le cose uniche o la ami o la molli.
#4 A Milano c’è sempre da fare
Appena arrivi ti inonda con la sua energia. A Milano è impossibile stare fermi. Ci si trova come in un torrente in piena dove basta seguire la corrente per ritrovarsi a fare un milione di cose.
#5 Milano è elegante
In un mondo che tende sempre più a gridare e a fare casino, Milano resta compatta nel suo stile e nella sua raffinatezza. Anche quando critica, Milano lo fa senza mai andare oltre le righe.
#6 A Milano tutto il mondo diventa paese
Una città che ha le caratteristiche della metropoli, ma mantenendo le distanze da paese. Dal centro ai confini ci sono 5 chilometri. Poco più di un’ora a piedi. Non solo: a Milano tutto il mondo è di casa. Come racconta Leonardo Sfragaro: «I cannoli siciliani in Pzza San Babila in un bar con un tizio della provincia di Catania che fa panini con la frittata cipolle e patate strepitose ( cotte sul momento in padella) da paura!!! Altro che Mc Donald, Sushi e cotolette di tacchino… concorrenza sbaragliata!!»
#7 «Perché senza di lei l’Italia sarebbe fallita»
Chiudiamo con la risposta di Stefano Ceriani che racchiude un concetto ripreso da molti. Di Milano piace anche il suo senso di sacrificio, quella sua capacità di farcela contro tutto e contro tutti. E anche il suo sconfinato senso di responsabilità: in una situazione come quella italiana, all’estero sicuramente qualunque città con un simile residuo fiscale (Milano riceve dal Governo l’1% di quello che versa) e con una simile assenza di poteri (in pratica Milano ha la stessa autonomia di Caronno Pertusella) sarebbe già scappata, rivendicando la sua indipendenza. Ma Milano è fatta così, nel bene o nel male. Subisce ma non molla mai.
Una domanda che ci facciamo tutti in occasione di un lungo viaggio in Italia: meglio il treno o l’aereo? Per capire qual è migliore bisogna considerare i vantaggi del treno al di là del tragitto: la posizione delle stazioni e le più agevoli pratiche dei controlli. Ecco quindi quali sono i percorsi per cui è meglio prendere un biglietto del treno piuttosto che dell’aereo.
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Aereo o treno? Le 4 «lunghe» tratte in Italia dove il treno è più veloce dell’aereo
# Le 4 tratte italiane più frequentate che sono più veloci in treno piuttosto che in aereo
Credits: @misterphoto195 Roma Termini
In Italia ci sono alcune tratte più veloci da fare in treno piuttosto che in aereo. Ecco quali sono tra quelle più frequentate.
Tra Napoli e Roma: in aereo ci si impiega circa 1 ora e 44 minuti (un’ora di controlli più 44 minuti di volo) e si emettono mediamente 100,4 kg di CO2 nell’atmosfera. Al contrario, se si sceglie il treno, per fare lo stesso percorso ci si mette 1 ora e 13 minuti e si inquina dieci volte meno (10, 7 kg di CO2).
Altro viaggio che conviene fare in treno è quello tra Roma e Firenze. Con 116,6 kg di CO2 emessi nell’atmosfera e 1 ora e 55 minuti di viaggio (sempre un’ora di controlli e 55 minuti di volo) l’aereo non è il mezzo più conveniente. In treno infatti il viaggio dura 1 ora e 27 minuti e si producono 13,2 kg di CO2.
Anche per viaggiare tra Bologna a Roma si dovrebbe preferire il treno. In treno ci si impiega 1 ora e 58 minuti e si emettono nell’atmosfera in media 17,3 kg di CO2, mentre in aereo ci si mette 1 ora e 55 minuti (considerando l’ora di controlli) e 116,1 kg di CO2.
Infine, secondo uno studio del sito Omio, anche la Milano-Roma conviene farla in treno piuttosto che in aereo. Considerando i controlli, i tempi morti dell’aereo e quanto questo inquina, facendo la tratta volando si risparmierebbe poco meno di un’ora. Risparmio che sarebbe spazzato via dal tempo necessario per andare in centro città.
Gli elettrodomestici non si rompono da soli, smettono di funzionare perché qualcuno ha deciso così? Un video virale su TikTok rilancia l’allarme: esisterebbe un chip che impone un limite alla durata dei dispositivi elettronici. Ma cosa c’è di vero?
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Il chip che limita la durata dei nostri apparecchi elettronici
Un montaggio tratto da un servizio della trasmissione La Gabbia (La7), andato in onda sette anni fa, è tornato a circolare sui social, riaccendendo l’attenzione dei consumatori sull’obsolescenza programmata. Nel filmato, Luca Mercatanti, esperto del settore, mostra un chip che, secondo la sua analisi, sarebbe presente in molti dispositivi elettronici, regolando il numero di accensioni e spegnimenti.
Nello specifico, Mercatanti estrae un chip da quella che sembra essere la scheda di una stampante e afferma che questo componente impone un numero massimo di stampe eseguibili, dopo il quale la macchina smette di funzionare. Non solo: l’esperto sostiene che meccanismi simili siano presenti anche in forni e altri elettrodomestici, determinando arbitrariamente il momento della loro “morte programmata”.
Come dimostrazione di ciò, nel video, viene costruito un circuito composto da un PCB (una scheda madre con dei relè) e dal chip incriminato, per programmare la “morte” di una lampadina. Dopo quattro accensioni, come previsto, la lampadina smette di funzionare. Mercatanti è sicuro nell’affermare che la causa della “morte” della lampadina è proprio il chip, il quale “ordina” lo spegnimento definitivo.
# Come funziona l’obsolescenza programmata
Credits: messanuovo.it
La “scoperta” del video, come dichiara l’esperto, non è un mistero. Al contrario, si tratta di una nota strategia industriale volta a ridurre deliberatamente la vita di un prodotto, per spingere il consumatore a sostituirlo con uno nuovo.
Le aziende, nel tempo, hanno adottato tecniche diverse per ottenere questo risultato:
Componenti deboli: materiali meno resistenti o progettati per deteriorarsi rapidamente.
Batterie non sostituibili: dispositivi con batterie integrate che non possono essere cambiate senza costosi interventi tecnici.
Aggiornamenti software: riduzione progressiva delle prestazioni tramite aggiornamenti che rallentano il dispositivo o lo rendono incompatibile con nuove applicazioni.
Ricambi costosi o introvabili: pezzi di ricambio venduti a prezzi sproporzionati o resi indisponibili poco dopo il lancio del prodotto.
Questa pratica non solo svuota le tasche dei consumatori, ma genera anche un enorme problema ambientale legato allo smaltimento dei rifiuti elettronici
# Il ruolo della tecnologia nei guasti programmati
Credits: altraconsapevolezza.it
Ma esiste davvero un chip che determina la fine degli apparecchi elettronici? La risposta è più complessa di quanto sembri.
È vero che alcuni dispositivi contengono EEPROM (memorie programmabili) che registrano cicli di utilizzo e altre informazioni diagnostiche. Questo consente, ad esempio, alle stampanti di bloccare l’uso dopo un certo numero di stampe per obbligare l’utente alla manutenzione.
Tuttavia, non esistono prove definitive di un “chip killer” universale che imponga una scadenza arbitraria a ogni dispositivo elettronico. Piuttosto, molte aziende implementano strategie software e hardware per limitare la riparabilità dei prodotti, favorendo il consumo continuo.
Alcuni produttori giustificano queste scelte con la necessità di garantire prestazioni ottimali e sicurezza per l’utente. Ad esempio, alcune batterie vengono bloccate dopo un certo numero di cicli per prevenire rischi di surriscaldamento o esplosione.Spesso queste limitazioni sembrano più orientate a incentivare l’acquisto di nuovi dispositivi piuttosto che a tutelare il consumatore.
# Quando L’AGCOM multò Apple e Samsung per pratiche scorrette
Nel 2018, al termine di due complesse istruttorie, l’AGCOM ha inflitto ad Apple e Samsung multe rispettivamente di 10 e 5 milioni di euro, dopo aver accertato la realizzazione di pratiche commerciali scorrette in violazione del Codice del Consumo. L’indagine ha rivelato che entrambe le società hanno rilasciato aggiornamenti firmware che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto significativamente le prestazioni dei dispositivi, accelerandone così la sostituzione.
Secondo l’Authority, Samsung ha insistentemente proposto dal maggio 2016 ai possessori del Note 4 di installare un aggiornamento pensato per il modello Note 7, senza informare dei gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware. Per le riparazioni fuori garanzia legate a questi problemi, venivano richiesti costi elevati.
Apple, invece, ha spinto i possessori di iPhone 6 ad installare iOS 10, sviluppato per iPhone 7, senza avvertire che il nuovo sistema operativo avrebbe richiesto più energia, causando spegnimenti improvvisi. Solo nel 2017 Apple ha introdotto la possibilità di sostituire le batterie a un prezzo inferiore, ma senza fornire assistenza adeguata per chi aveva già sperimentato problemi.
# La battaglia contro l’obsolescenza programmata
Credits: giardiniblog.it
Negli ultimi anni, alcuni governi e istituzioni stanno cercando di contrastare l’obsolescenza programmata con regolamenti più rigidi. Ad esempio:
In Francia è stato introdotto un indice di riparabilità per i dispositivi elettronici, obbligando i produttori a fornire informazioni sulla facilità di riparazione.
L’Unione Europea ha proposto il “diritto alla riparazione”, una serie di norme che impongono alle aziende di garantire la disponibilità di pezzi di ricambio per un certo numero di anni.
Le associazioni dei consumatori stanno spingendo per una maggiore trasparenza da parte dei produttori e per normative più severe contro le pratiche sleali.
Il consumatore ha un ruolo fondamentale in questa battaglia: scegliere marchi che promuovono la riparabilità, evitare di sostituire dispositivi ancora funzionanti e sostenere iniziative a favore di una produzione più etica può fare la differenza.
In quella che oggi è la via Toti n.2 (naturale continuazione dell’attuale piazzale Baracca) sorge un palazzo di 5 piani degli anni Cinquanta.
A ben guardare però si nota come il piano terra e il primo piano siano di stile ed epoca ben diversi: è ciò che rimane di quella che all’inizio del novecento era una villa nobiliare.
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Lo chalet bavarese in piazzale Baracca, «nido d’amore» di un principe austriaco
# Là dove c’era l’erba venne costruito un villino bavarese
vignale facciata anni venti
Alla fine dell’Ottocento questa zona di Milano, destinata a nuova urbanizzazione, era ancora caratterizzata da ortaglie e terreni agricoli. La porta Vercellina o Magenta, che si apriva nella cinta muraria di epoca spagnola, era stata demolita a partire dal 1895, e identica sorte subivano progressivamente le possenti mura difensive, permettendo così di unire due territori separati. In questo contesto urbano in forte mutamento, un nobile austriaco commissionò la costruzione di un caratteristico villino che ben si contestualizzasse con l’aspetto ancora campestre del circondario, per meglio seguire le proprie passioni amorose in terra milanese.
# L’alcova di uno dei figli dell’imperatore?
Ufficialmente, l’area sulla quale doveva sorgere l’edificio di due livelli affacciato sul piazzale Magenta e sul tratto di strada ancora detto dei Bastioni di porta Sempione, era stata acquistata nel 1905 da un certo Umberto Locarno che altri non era se non un prestanome di un non meglio identificato principe d’Austria-Ungheria, il cui nome rimase per vari motivi segreto, cosa che ha fatto anche pensare alla presenza, in questa strana committenza, di uno dei tanti figli illegittimi dell’imperatore Francesco Giuseppe.
# Coinvolto il più celebre archistar austriaco dei tempi
Adolf Loos
Il principe, tuttavia, abitò la residenza milanese, terminata nel 1909, solo per pochi anni, trovando la morte nel 1914, in una delle battaglie polacche della I guerra mondiale.
La progettazione dell’edificio, pensato come una piccola villetta in stile liberty, fu affidata all’architetto Gattermayer, che in Italia lavorò anche per progetti di restauro storico, come nella chiesa di Abbiategrasso. Questi, si avvalse dell’aiuto del più noto architetto austriaco Adolf Loos, per lo studio delle decorazioni e degli inserti artistici.
# La Residenza Vignale: lo Chalet Bavarese
Residenza Vignale: lo chalet
L’edificio nato da tale collaborazione risultò così essere una abitazione di dimensioni contenute con affaccio su strada e cortiletto: il piano terreno, pensato per le occasioni mondane e i piccoli ricevimenti, caratterizzato da due ampi saloni e alcune salette o fumoir; il primo piano, al quale si accede attraverso un grazioso scalone, per ospitare l’appartamento privato, quindi le camera da letto e un piccolo studio-biblioteca con affaccio sul terrazzino.
In fondo al cortiletto venne edificato il curioso spazio per la servitù, i cavalli e le carrozze, ospitati in una sorta di chalet bavarese tanto caratteristico quanto insolito per gli stili presenti in città. Gli interni vennero arredati secondo uno stile settecentesco e ottocentesco, probabilmente frutto di acquisti effettuati direttamente dal proprietario o comunque provenienti dalla sua collezione austriaca. Il suo nome con cui è nota a Milano è Residenza Vignale.
Attivato nel giugno 2018, il sistema risulta sempre più usato. Dal 2023, questo tipo di pagamento è sbarcato anche sui bus e sui tram. Ancora oggi, però, chi viaggia si pone alcune domande in cerca di una risposta. Vediamo le più comuni.
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Il boom del contactless sui mezzi di Milano: le 7+1 risposte alle domande più frequenti tra chi viaggia «senza biglietto»
Credits Ufficio Stampa Atm – Nuova convalidatrice contactless su bus 73 (2)
#1 Cosa bisogna fare nelle stazioni prive di tornelli contactless?
Occorre passare sempre la carta sia per entrare sia per uscire dai tornelli, anche nelle stazioni dove l’uscita è libera.
Se uscendo dalla metropolitana un tornello non funziona, occorre provare con un altro, visto che tutte le 134 stazioni sono dotate di almeno due tornelli contactless, sia in entrata che in uscita.
#2 Quanto costa dimenticarsi di passarlo all’uscita?
Il sistema addebita la tariffa massima da pagare per raggiungere la stazione più lontana.
#3 Cosa faccio se il tornello della metropolitana non si apre?
In questo caso occorre controllare il colore del segnale luminoso sul lettore. Se è rosso, è probabile che la carta non appartenga a uno dei circuiti abilitati, sia scaduta, oppure non sia compatibile.
#4 Ho ricevuto un addebito di 1,30 euro per un viaggio che non ho mai fatto. Perchè?
Probabilmente si tratta di un costo extra per un viaggio, svolto anche diversi giorni prima e al termine del quale non si è avvicinata la carta al lettore. Senza questo passaggio, infatti, il sistema calcola un costo extra proprio perché non riesce a risalire al tragitto effettivo che è stato effettuato.
#5 Posso usare la carta anche sulle linee del passante ferroviario?
No. Il sistema non è ad oggi in servizio sulle linee S, né sui treni che attraversano il passante ferroviario, né sugli altri treni Trenord o di altri operatori. Quindi, se siete entrati in metropolitana con la carta di credito e dovete cambiare con una linea del passante, dovete uscire dalla metropolitana nelle stazioni di cambio, avvicinando la carta o il dispositivo ai tornelli.
#6 Bisogna passare la carta anche prima di scendere da un mezzo di superficie?
Sì. In particolare sulle linee in servizio tra Milano e l’hinterland. Questo perchè fuori Milano le tariffe cambiano a seconda delle zone che si attraversano. In caso la carta non venisse avvicinata prima di salire e prima di scendere, il sistema non potrebbe capire il tragitto che è stato seguito. Non potrebbe, dunque, applicare la tariffa più conveniente.
#7 Il pagamento funziona con Apple Pay, Samsung Pay e altri servizi bancari su telefoni, orologi o altri dispositivi?
Sì. Il sistema funziona con tutti i dispositivi dov’è stata digitalizzata una carta appartenente ai circuiti abilitati.
#7+1 Sì, ma se poi i controllori mi fermano?
In caso di controlli, sulla metro o sui mezzi di superficie, basta fornire la carta di pagamento utilizzata e attraverso un dispositivo il controllore verifica se il passeggero è in regola o meno.
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Fino all’anno scorso era rimasta la flebile speranza di vederla completata, almeno nelle due tratte principali rimaste, per i giochi olimpici. Ma è arrivata la triste conferma. Vediamo perchè, il punto sui lavori e le altre opere attese per Milano Cortina 2026 che non arriveranno in tempo. O che non ci saranno affatto.
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Anche la Pedemontana ha perso le Olimpiadi
# I lavori sulle tratte principali rimanenti sono iniziati solo alla fine del 2024
Manuele Mariani – Aggiornamento lavori Pedemonta Lombarda
Anche la Pedemontana Lombarda non sarà pronta per le Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026. Il vizietto è sempre il solito: non si rispettano mai i tempi programmati. A confermarlo indirettamente proprio il profilo instagram di Regione Lombardia, in risposta alla domanda dell’utente varesealtop e segnalato da Manuele Mariani: «i lavori delle Tratte B2 e C della Pedemontana da Lentate sul Seveso fino a Vimercate sulla Tangenziale Est A51 sono stati avviati nel dicembre 2024». In base alle precedenti informazioni, ne avevamo parlato in questo articolo, per avere speranze concrete di inaugurare in tempo i cantieri sarebbero dovuti partire al massimo entro la primavera dello scorso anno.
# Malpensa ha perso Orio: il punto sui cantieri dell’opera
Tracciato Pedemontana
Come detto, i lavori per realizzare l’opera nella sua interezza vanno a rilento. Il sistema viabilistico della Pedemontana Lombarda, che si sviluppa nell’area di Monza, Como e Varese, ha una lunghezza complessiva di 160 km, di cui 89 km deltratto autostradale (A36) da Cassano Magnago (Va) ad Agrate Brianza (MB). Un dato che comprende svincoli e opere connesse.
Dell’arteria autostradale sono in funzione dal 2015 però solo due delle cinque tratte previste, per un totale di 22,5 km: la “A” tra le autostrade A8 e A9 e la “B1” dall’interconnessione con la A9 alla SP ex SS 35 a Lentate sul Seveso. Per le tratte B2 e C i lavori sono partiti, ma non si concluderanno per le Olimpiadi Invernali. Mentre per la “D breve“, tra l’interconnessione con la Tangenziale Est a quella con l’autostrada A4, non è stato invece definito nemmeno il cronoprogramma: difficilmente verrà terminata prima del 2031.
Tracciati vecchi Pedemontanta
A questo si aggiunge il fatto che, rispetto alle precedenti ipotesi, il tratto autostradale della Pedemontana sarebbe dovuta arrivare quasi a Bergamo, per la precisione a Osio Sotto, e quindi molto più vicina all’Aeroporto di Orio al Serio. In questo modo si è andato a perdere il collegamento “rapido” con lo scalo di Malpensa.
# Le altre opere “olimpiche” in ritardo o saltate: metro13, estensioni metro, preferenziale e Palasharp
Percorso Metrotranvia 13
Partiamo dalla Metrotranvia 13 di 4,7 km con 17 fermate, di cui 9 già esistenti e 8 da realizzare, tra il quartiere Santa Giulia e la stazione M3 di Rogoredo. Pensata per far arrivare i tifosi al PalaItalia per le gare di hockey maschile durante Milano-Cortina 2026, dovrebbe essere pronta solo un anno e mezzo dopo la conclusione della manifestazione internazionale.
Tracciato M5 wikipedia
Tra le opere che sarebbero state utili, c’è il prolungamento della linea M5 verso Monza di 13,5 km e 11 fermate, rinviata almeno al 2033. A questa si può aggiungere persino la mini estensione di 2 km della M1 a nord fino a Cinisello Bettola, che in realtà avrebbe dovuto essere in funzione per Expo2015, mentre forse lo sarà nel 2029. Nemmeno la chiusura della preferenziale della 90-91 sarà pronta, tenendo conto che i primi cantieri erano stati attivati una decina di anni fa ma interrotti a causa di tangenti e possibili infiltrazioni mafiose. Per il tratto est mancante, da viale Umbria a piazza Caiazzo, i lavori devono invece ancora iniziare.
coordinamentotutelaparcoovest IG – Palasharp
Infine il Palasharp che avrebbe dovuto essere riqualificato per ospitare le gare di hockey su ghiaccio femminile. La proposta di riqualificazione è stata abbandonata, lasciando l’impianto in stato di degrado e strascichi legali al seguito. Le gare vengono così trasferite nei padiglioni di Rho Fiera, mentre al suo posto dovrebbe sorgere un quartiere di social housing.
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Da oltre un secolo i confini del Comune di Milano sono rimasti immutati non rispecchiando le reali dimensioni del territorio. È giunta l’ora di estenderli? Vediamo come potrebbe essere la nuova Milano.
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Milano deve tornare grande: i confini vanno estesi fino a qui
# I confini di Milano sono rimasti uguali a un secolo fa
SamFan2 – wikipedia – Evoluzione territoriale di Milano
Nel gruppo facebook “l’altra Milano” ci si è posti l’interrogativo, a cento anni esatti dall’ultimo grande inglobamento da parte del Comune di Milano di alcuni piccoli comuni esterni, se sia giunto il momento di una nuova estensione dei confini territoriali. Con la riforma decisa dal governo fascista nel 1923, passarono sotto l’amministrazione milanese 11 comuni, tra cui Affori, Baggio, Greco, Niguarda e Vigentino. Da allora, salvo qualche piccolo aggiustamento negli anni successivi, i confini del Comune di Milano sono rimasti immutati.
# Come potrebbe diventare Milano: una metropoli da 4 a 8 milioni di abitanti
I veri confini del Comune di Milano non sono quelli determinati dal Regio Decreto del 1923. Basta osservare l’immagine satellitare, qui rielaborata da Urbanfile, per vedere come il suo territorio si estenda ben oltre. L’abitato si diffonde senza soluzione di continuità oltre Monza ad est, verso Busto Arsizio e Gallarate a ovest e nella provincia di Como a nord.
Prendendo in considerazione i soli comuni della prima e seconda corona dell’hinterland si contano 1,23 milioni di residenti, poco meno di 200.000 rispetto a quelli del Comune di Milano, e aggiungendo gli 880.000 della provincia di Monza e Brianza si arriva a un totale di 3,5 milioni. Sommando i restanti della Città Metropolitana di Milano si superano i 4 milioni.
Ci sono diversi studi che ipotizzano una più veritiera estensione del capoluogo lombardo. In base all’analisi di Demographia, il nucleo aggregante della più vasta area metropolitana sarebbe seconda nell’UE per popolazione dopo Parigi con una superficie di 2.225 kmq e 5,5 milioni di abitanti. Secondo l’OCSEl’area metropolitana milanese comprenderebbe anche i territori delle province di Varese, Bergamo, Como, Lecco, Cremona, Lodi, Pavia, Novara, Alessandria, Brescia e Piacenza avvicinandosi agli 8 milioni di abitanti.
# Perché sarebbe utile ingrandire la città: una sola regia per i trasporti e per i collegamenti
Mappa metro Grande Milano
L’idea del gruppo facebook “l’altra Milano” è quella di sollecitare un confronto pubblico, partendo dai 47 comuni che compongono le prime due corone dell’hinterland, per capire la reale esigenza di estendere i confini di Milano. In molti infatti sostengono che quelli attuali siano troppo limitati, anche in confronto con altre realtà italiane come Roma o di tante altre metropoli europee. Un primo passo di coordinamento e gestione di un territorio più vasto è arrivato con l‘introduzione del nuovo sistema tariffario STIBM che riunisce sotto “lo stesso tetto” la Città Metropolitana di Milano e le province di Monza Brianza, di Lodi, queste due un tempo all’interno della provincia milanese, e di Pavia.
La soluzione più simile sembrerebbe quella di Parigi, che ha un comune di dimensioni più ridotte rispetto a quelle del Comune di Milano ma ha un’area metropolitana più vasta e gestita in maniera unitaria da un ente con propri poteri e risorse. Il capoluogo lombardo avrebbe bisogno di ampliare i suoi confini amministrativi, tramite l’incorporamento di comuni o in alternativa trasformandosi in una città regione che comprenda lo stesso comune di Milano e tutti quelli dell’area metropolitana allargata, per competere con le altre metropoli internazionali, aumentare la capillarità del trasporto pubblico e offrire servizi migliori a tutti i cittadini che gravitano su e attorno al capoluogo.
Siamo entrati nella seconda metà di quello che dovrebbe essere il suo ultimo mandato. Al volgere del mandato all’orizzonte, è il momento di chiedersi cosa resterà di Beppe Sala quando la sua avventura sarà terminata.
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Che cosa resterà di Beppe Sala a Milano?
#1 Il sindaco olimpico
A un anno dai Giochi Olimpici c’è ancora la nebbia su molte delle opere in costruzione. Sia che verranno completate tutte che solo in parte, Sala sarà per sempre abbinato alle Olimpiadi invernali a Milano.
#2 Il sindaco proibizionista
Nel suo secondo mandato, Sala ha sfoggiato la sua versione proibizionista. Nel nome dell’ecologismo, infatti, dal 1 gennaio 2025 il sindaco ha imposto il divieto di fumo all’aperto di sigari e sigarette. In pratica non si può più fumare? Non proprio. Lo si può fare, a patto che si rispetti una distanza di sicurezza uguale a 10 metri. Comunque sia si tratta di una norma senza eguali in Europa.
#3 Il sindaco social
La Moratti si faceva ritrarre con la scorta anche se doveva attraversare la Galleria, Pisapia azzardava ogni tanto solo qualche post stiracchiato. Sala si è presentato subito come di un altro pianeta diventando il primo sindaco social della storia di Milano. Tra i selfie più celebri e discussi, quello in versione velista oppure a piedi nudi in Myanmar. O, ancora, con i calzini arcobaleno su divano ultrachic.
#4 Il sindaco d’opposizione
Durante i suoi due mandati si sono alternati diversi governi. Soprattutto con quelli pendenti a destra, il sindaco non ha lesinato scontri, a volte anche duri. In particolare, Sala ha bisticciato con Salvini, su qualsiasi tema, dalle politiche degli immigrati, all’aumento del prezzo del biglietto. Senza poi contare le numerose volte che il sindaco ha battuto i pugni sul tavolo per avere più fondi da Roma.
Anche se non c’entra con quello che ha fatto come sindaco, a distanza di anni l’esposizione universale rimane ancora uno dei principali motivi di successo di Sala tra i milanesi. Non solo: più volte il sindaco ha mostrato di rincorrere quella stagione magica, forse irripetibile, di Milano.
#6 Il sindaco dell’insicurezza (percepita o reale?)
Mai come nel secondo mandato il sindaco ha dovuto fronteggiare gli attacchi sul tema della sicurezza. Sala ha però voluto rassicurare i cittadini, smentendo diversi studi che etichettano Milano come insicura. «C’è un’evidente campagna politico-mediatica contro Milano» è stata la sua difesa in una diretta Instagram. Sarà realtà oppure solo percezione però è indiscutibile che l’immagine che lascerà con il suo mandato sarà di una città che sembra più pericolosa di quando aveva iniziato a governarla.
#7 Il sindaco di Gotham City
E nella percezione della città insicura Sala ci ha messo anche il suo zampino. Rimarrà ai posteri anche la sua interpretazione come attore. Perchè diciamo questo? Tutto nasce da un video del 2023 che annuncia il ritorno del Club Dogo sotto i riflettori. A questo video partecipa anche il sindaco Sala, che dà vita ad un dialogo stile Batman con Claudio Santamaria. Il tema del dialogo è ovviamente quello della sicurezza, e alla fine del video Santamaria aziona il riflettore per richiamare un Batman virtuale ad occuparsi del problema. Tutto questo avrà il risultato di accentuale l’idea di una città ormai allo sbando. Un gesto provocatorio oppure un autosabotaggio inconscio?
#8 Il sindaco ciclabile
Ma Sala evocherà sempre anche tanto amore. Per le ciclabili, che a Milano la fanno ormai da padrone. Nel 2015 si contavano 137 chilometri di strada destinate alle piste, nel 2024 il numero è più che raddoppiato. Su questo tema il sindaco è sempre andato avanti a testa alta, nonostante anche ad alcuni episodi che hanno visto queste piste sul banco degli imputati. Uno su tutti, l’inchiesta su Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e alla Protezione Civile, indagato per omicidio colposo a seguito della morte della ciclista Cristina Scozia.
Credit: e-gazette.it
#9 The International Mayor
Resterà anche impresso nella memoria come il sindaco dell’internazionalità. Per ora più che aver portato Milano sui mercati internazionali gli è riuscito il contrario. Sala verrà ricordato per l’ingresso di Starbucks in Italia (con relative palme), per l’inaugurazione di Apple con la trasformazione di piazza Liberty, per l’impennata di investitori stranieri nel mercato immobiliare. Sul fronte opposto, portare Milano all’estero, sembra svanito il sogno di Milano di prendere il posto di Londra dopo la Brexit. Qualche speranza di successo in più ha il tentativo di creare a Milano l’equivalente di London & Partners, anche se per ora partners non ci sono.
#10 Il sindaco slow: i 30 km/h e gli autovelox
Nella città del passo spedito dove bisogna sempre darsi una mossa, Sala ha avviato una controrivoluzione: quella della città lenta. Molto scalpore ha sollevato il suo pallino per il limite di velocità a 30 km/h. Annunciato la scorsa estate, il limite è già stato imposto su 100 vie di Milano. Ma non è tutto. Anche il tema dell’autovelox è stato sempre all’ordine del giorno per il primo cittadino. Sala infatti si è sempre mostrato favorevole ad installare questi strumenti, in particolare in prossimità delle scuole, per garantire la sicurezza dei cittadini. A suo dire. Ma per le opposizioni sarebbero uno strumento per fare cassa.
#10+1 Il sindaco «SalvaMilano»?
Va menzionato, anche se come 10+1. Potrebbe aggiungersi o scomparire tra gli elementi di ricordo della sua azione. Soprattutto è ancora incerto il come questo fatto sarà ricordato. Sicuramente Sala resterà nella memoria come un sindaco amico dei costruttori. Durante il suo mandato l’industria più fiorente a Milano è stata sicuramente quella dell’edilizia o, per dirla alla romana, dei palazzinari. Secondo molti si è esagerato. Soprattutto secondo quei giudici che hanno inondato la città, e anche alcune archistar, di avvisi di garanzia, bloccando numerosi cantieri per irregolarità di vario livello. Il risultato è stato quello di arrestare un processo che sembrava a tratti parossistico. Un processo che si vuole far ripartire con il noto decreto «SalvaMilano» di cui Sala si è autonominato come suo massimo paladino. Vincerà anche questa partita? E, soprattutto, questo passerà alla memoria come qualcosa di positivo oppure come una macchia nera indelebile sul suo operato? Lasciamo la sentenza ai posteri. O ai giudici di Milano.
Sono passati poco più di 70 anni. Ma sembra fantascienza.
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10 febbraio 1952: in San Babila appare la prima cabina telefonica d’Italia
10 febbraio 1952. In Piazza San Babila fa la sua prima comparsa in Italia una cabina del telefono. L’iniziativa è della concessionaria Stipel e la struttura inizialmente è in metallo e vetro. In realtà non si tratta del primo telefono disponibile per il pubblico: in precedenza i telefoni pubblici si trovavano solo in esercizi pubblici quali bar, edicole, ecc. o nei Posti Telefonici Pubblici (PTP).
Ph. @manlay6 IG
Nel corso degli anni le cabine telefoniche in Italia hanno ospitato diversi tipi di apparecchi: dai telefoni con combinatore a disco, con selezione dei numeri analoga al modello S62 “Bigrigio” si è passati ai primi telefoni a tastiera, poi all’apparecchio Rotor in funzione dal 1987. Nel 1998 si è arrivati a un telefono pubblico chiamato “tuo” (il tuo telefono), un modello only card di colore rosso con cornetta nera. L’ultimo apparso è il modello Digito in funzione dal 2002, tuttora presente nelle cabine rimaste attive.
Ph. @cabina_ndoperlecitta IG
In data odierna in Italia risultano ancora attivi 16.073 telefoni pubblici. A questi si aggiungono 1.801 postazioni negli ospedali, nelle carceri e nelle caserme, oltre alle 470 che si trovano nei rifugi di montagna.
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Milano ha le sue regole, si sa, ma non sono universali. Alcune sue abitudini e pretese non sono infatti tipiche della provincia, ecco allora alcuni comportamenti che il milanese dovrebbe evitare quando si sposta fuori città.
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Fuori Milano non si fa: quello che i milanesi devono evitare quando si trovano in provincia
#1 Non vestitevi da hipster
Credits: @QNM Pinterest Camicia e foulard
Un milanese lo si riconosce perché è sempre vestito a festa. E non significa che chi vive in provincia è vestito male, ma semplicemente che non bisogna ogni volta indossare gli abiti delle grandi occasioni. Il o la milanese solitamente li riconosci dalla giacchetta e il foulard rigorosamente annodato che indossano. Senza vestirsi da hipster, in provincia vanno bene anche abbinamenti più casual.
#2 Non correte (e godetevi la calma – e l’aria pulita)
alba1970-pixabay – Corsa
Quando ci si allontana da Milano, la regola del camminare veloce non funziona più. In provincia ci si prende i propri tempi e non per forza è una cosa negativa, non significa annoiarsi e nemmeno non saper sfruttare al meglio il proprio tempo, ma semplicemente godersi il momento. Anche in provincia si è produttivi ma si fa tutto più lentamente. Una volta messo fuori il piede dalla città, al milanese converrà quindi rallentare il proprio passo e viversi ogni minuto della giornata. E poi allontanarsi dalla città ogni tanto fa bene, soprattutto per respirare un po’ d’aria pulita. In provincia si sente subito che l’aria è meno pesante e meno inquinata.
#3 Non improvvisate col dialetto
Credits: @lamilanesediprovincia Vignetta in dialetto
Ormai il dialetto milanese lo sanno più i provinciali piuttosto che chi abita in città. Quindi se vieni da Milano Milano e decidi di andare nei dintorni della città ti conviene non provare a parlare in milanese. In molti paesi della provincia si parla ancora il dialetto, ma è un dialetto diverso dal milanese doc, una lingua contaminata da influenze bergamasche, lodigiane, brianzole, lecchesi, di Como o di Cremona che hanno fatto sì che in ogni zona dell’hinterland si creasse un proprio modo di parlare. Il problema è che quando un milanese arriva in provincia sentirà spesso utilizzare in dialetto, ma non gli sarà così facile rispondere. Perché? Perché al novanta per cento il tuo interlocutore provinciale capirà anche il tuo maccheronico dialetto milanese doc, ma le probabilità che tu capisca il suo non sono molto alte. Quindi consiglio: meglio parlare in italiano.
#4 Non aspettatevi il Medio Evo
La vita in provincia – Credits: www.ilparmense.net
Provincia non significa arretratezza. Ormai anche in un classico bar di provincia puoi pagare con la carta un semplice caffè, sempre se il nuovo governo continuerà a permetterlo. Sì è vero che in alcune zone della provincia c’è ancora la cultura del contante, ma ora anche fuori dai confini della città si sta iniziando a ricorrere solamente al pagamento con carta, piuttosto che girare con tanti contanti nel portafoglio.
#5 Non fate parcheggi creativi
È vero che in provincia difficilmente i parcheggi sono tutti pieni ma se non lo trovate, cercatene uno un po’ più in là e al massimo camminate, perché in provincia non si parcheggia a caso. È già tanto che i provinciali accettano le quattro frecce in doppia fila, accompagnate ovviamente da qualche insulto, ma sicuramente non si apprezzano i parcheggi creativi tipici dei milanesi. E in realtà non è che non si possa parcheggiare in modo creativo perché si rischia di prendere la multa, anche in provincia la polizia e i carabinieri non passano così spesso, ma perché il parcheggio sui marciapiedi non è una cosa normale! Ovviamente non troverete parcheggi su tutte le strade ma con una piccola ricerca prima o poi lo si trova. Spoiler alert. Seppure anche in provincia ci si sta adattando sempre di più alle strisce blu, a volte si trovano anche parcheggi non a pagamento.
#6 Non pretendete che sia tutto a portata di mano
Credits: @milandiamo Naviglio Martesana
In provincia non ci sono tutte le comodità di Milano. Per raggiungere la maggior parte delle zone fuori conviene innanzitutto prendere la macchina, la scelta dei mezzi non è la più ottimale, anzi. Una volta arrivati nel paese di provincia muoversi con i mezzi (soprattutto se weekend) sarà molto difficile. Non pensare inoltre che tutto quello di cui hai bisogno sia vicino a te, se devi andare al bar, poi al ristorante, poi al cinema e poi a casa di un amica, potresti fare chilometri prima di raggiungere tutti.
#7 Non fate i bauscia
credit: remember8090.it
“Quest chì l’è on bauscia”. In realtà questa regola potrebbe riassumerle tutte. Cari milanesi, non fate i bauscia e in provincia starete benissimo. Come voi non amate quando chi viene da fuori si comporta da “provincialotto” nella vostra città, così i provinciali non amano che voi vi comportiate da “milanesotti” nei loro paesi. Non tiratevela e non fate gli snob, non sentitevi superiori come se stesse entrando nel terzo mondo e voi venite da un’area civilizzata, perché altrimenti vi farete riconoscere subito. Non aspettatevi che tutto vi sia dovuto. E considerando l’astio un po’ stereotipato che c’è tra milanesi e provinciali, tra bauscia e giargiana, forse è meglio una pacifica convivenza piuttosto che il farsi riconoscere subito e di conseguenza essere sulla bocca di tutti gli abitanti del paese. Sì perché in provincia si parla e se vi farete notare, sappiate che tutto il paese saprà che siete lì nel giro di poco tempo. Quindi meglio non fare il bauscia perché poi non lamentatevi se al vostro passaggio sentirete un corteo di voci che parlano di voi.
Milano è una città che si ama o si odia, ma anche chi la adora a volte sogna una fuga altrove. Dall’ultimo sondaggio condotto tra i milanesi sono emersi sette luoghi «fuori dagli schemi» che spiccano tra i desideri di fuga degli abitanti di Milano. L’ultimo è davvero insospettabile.
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Le 7 città «fuori dagli schemi» dove ai milanesi piacerebbe vivere: l’ultima è insospettabile
#1 Perugia, Umbria
Credits: Italia.it
Apriamo la top 7 con la risposta forse più scontata tra quelle più «fuori dagli schemi». Non è una sorpresa che all’idea di fuga molti milanesi immaginino la terra verda dell’Umbria. Città d’arte dal fascino medievale, Perugia è una scelta ideale per i milanesi che cercano un mix tra storia, cultura e un clima più mite rispetto alla metropoli lombarda. Con il suo centro storico suggestivo, i vicoli stretti e le piazze affacciate su una valle spettacolare, la città offre un ambiente tranquillo senza rinunciare alle comodità moderne.
La sua offerta gastronomica e culturale, unita a una qualità della vita altissima, la rende una destinazione perfetta per chi desidera vivere in una città a misura d’uomo, ma ricca di stimoli.
Se si parla di fuga non può certo mancare la Svizzera. Tra le numerose opzioni, Sankt Gallen, nella Svizzera tedesca, affascina per la sua efficienza, tranquillità e per la qualità della vita elevata. Conosciuta per la celebre abbazia, la città offre pulizia, ordine. Vicina al confine italiano, è un’opzione ideale per chi vuole cambiare senza allontanarsi troppo dalle proprie radici.
La sua atmosfera serena e l’efficienza dei servizi la rendono una destinazione perfetta per chi cerca equilibrio e qualità della vita senza sacrificare la vicinanza alle grandi metropoli europee.
Si resta nella Confederazione. Ma ci spostiamo sulle rive del Lago di Ginevra, Montreux ha un fascino sofisticato che conquista molti milanesi. Famosa per il suo festival jazz, la città offre un clima mite, paesaggi incantevoli e una vita culturale vivace.
Montreux è ideale per chi cerca una vita tranquilla ma stimolante, con una vista sul lago ogni mattina e una comunità internazionale che anima la città. La sua eleganza e la sua offerta culturale la rendono una meta ambita per chi sogna di vivere in un luogo dove natura e cultura si incontrano perfettamente.
Per chi invece ha voglia di mare la prima scelta di fuga è la Corsica. Un angolo di paradiso a poche ore di traghetto dall’Italia, Bonifacio ha sedotto i milanesi in cerca di una vita più lenta e immersa nella natura. La città, con le sue scogliere spettacolari e il mare cristallino, offre un’atmosfera autentica e una qualità della vita che unisce il meglio della vita isolana con la vicinanza alla Francia continentale.
La Corsica, con la sua cultura unica e la sua storia, è il posto ideale per chi ama il mare e la tranquillità, ma non vuole rinunciare a una certa indipendenza e a un legame forte con la tradizione.
La «porta delle Highlands» è un piccolo gioiello scozzese che attrae i milanesi per la sua dimensione umana e la natura incontaminata. Lontana dal caos cittadino, la città offre un ritmo di vita più lento ma senza rinunciare a un buon livello di servizi.
Con paesaggi mozzafiato, lunghe passeggiate nei boschi e un’aria pulita, Inverness rappresenta una fuga idilliaca dalla frenesia milanese, un luogo dove riscoprire il contatto con la natura e godersi la bellezza del paesaggio scozzese, senza rinunciare alla vicinanza ad altre città.
Arriviamo alla grande sorpresa italiana. Chi mai avrebbe pensato che tra le città fuori dagli schemi dove fuggire i milanesi indicassero proprio Cuneo? Anche se viene considerata una cittadina piuttosto noiosa, la città piemontese attrae per la sua organizzazione, il costo della vita contenuto e la qualità della vita che unisce il meglio della città e della campagna. Non guasta la posizione: a pochi passi dalle montagne la città offre numerose opportunità per attività all’aria aperta, e la Costa Azzurra con le sue spiagge è a un tiro di schioppo. È il posto ideale per chi desidera una vita più calma ma attiva, con una buona qualità dei servizi e senza spingersi fino in Scozia.
Un’opzione decisamente fuori dagli schemi, Calcutta è una metropoli caotica, chiassosa, ma, dicono, profondamente spirituale. Lontana dal rigore organizzativo milanese, la città indiana deve aver attratto i milanesi più estrosi per la sua cultura ricca, il “fascino decadente” e il costo della vita nettamente inferiore.
La vita quotidiana è un mix di colori, suoni e profumi intensi, ma ciò che affascina di più è la comunità accogliente e la possibilità di vivere un’esperienza unica. Calcutta rappresenta un cambiamento radicale e, quindi, la possibilità di immergersi in una realtà completamente diversa.
Credits 3tiprogetti-Urbanfile - Stazione MIND-Merlata lato passerella
Fino a pochi anni fa erano zone abbandonate a se stesse. Ora si stanno trasformando o si preparano a farlo come quartieri completamente nuovi negli anni a vedere. Questi i progetti che trasformeranno la città e il punto sui cantieri di quelli già avviati.
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La Milano del futuro: i 7 «quartieri nascenti» che rivoluzioneranno la città (Mappa)
#1 Rogoredo: il “bosco della musica” del Conservatorio Verdi con il recupero della palazzina “ex-chimici”
Rendering Bosco della Musica
Uno dei tasselli del rilancio di una zona famosa per essere vicina al tristemente noto “boschetto della droga” è quello che il Presidente del Conservatorio Giuseppe Verdi ha definito “bosco della musica” o meglio “Campus della Musica”.
Bosco della Musica
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Rendering vista laterale Bosco della Musica
Rendering aereo Campus della Musica
La necessità di nuovi spazi per il boom di iscrizioni e di proporre nuovi corsi di musica ha portato il Conservatorio ad ampliarsi, andando a riqualificare anche la palazzina Ex Chimici meta di pellegrinaggi di tossicodipendenti. Nel progetto sono previsti:
metà della superficie a verde;
un grande auditorium da 350 sedute per i concerti;
un bar e un ristorante,;
decine di aule e laboratori all’avanguardia;
sale prova;
fab lab;
co-working;
uno studentato da 200 posti letto.
Credits: Urbanfile – Corte interna Campus della musica
Un investimento di circa 47 milioni di euro per un campus pronto a ospitare circa 600-800 studenti, il dipartimento dei nuovi linguaggi, dall’elettronica alla musica applicata, al jazz, al rock, al pop. La palazzina “ex chimici”, sopravvissuta alle acciaierie Redaelli, è al centro del progetto come rimo nucleo di un complesso di riqualificazione urbana emblematica anche dal punto di vista ambientale, data la sua posizione immersa nel verde.
Il progetto è stato affidato nel 2022 allo studio Settanta7, quello definitivo dovrebbe arrivare a marzo 2024. L’obiettivo è inaugurare entro nell’anno accademico 2026-2027.
#2 Santa Giulia Nord: la rigenerazione con un grande parco, il PalaItalia e il sogno della metrotranvia tra Repetti M4 e Rogoredo M3
Credits: financecommunity.it – Masterplan Santa Giulia Nord
Spostiamoci poco più in su, nel quadrante nord del quartiere di Santa Giulia. In questa zona è previsto un progetto sensibilmente rivisitato rispetto a quello originale a firma di Norman Foster, con all’interno: un grande parco urbano di 330.000 mq, una nuova area con residenze, uffici, un’area commerciale e di svago in un reticolo di vie pedonali, piazze e spazi pubblici. Ad attraversare il nuovo quartiere è in programma, anche se spesso rimandata, la metrotranvia 13, dalla Stazione Repetti M4 alla stazione AV M3 di Rogoredo, esercita dai nuovi Tramlink bidirezionali.
Tra le opere la più importante ed iconica è sicuramente il “Pala Italia”, il palazzetto dello sport da circa 16.000 posti che ospiterà le gare di hockey su ghiaccio delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Una fermata della metrotranvia è prevista proprio nei pressi della struttura, anche se non verrà realizzata in tempo utile alla manifestazione internazionale.
pH. area-arch.it – PalaItalia
La “prima pietra” è stata posata a novembre 2023, la conclusione del cantiere è prevista entro la fine del 2025, in tempo per i collaudi prima delle gare ufficiali di gennaio-febbraio 2026.
#3 Cascina Merlata: lo smart district di Milano con il lifestyle center più grande della città
Stato dei lavori Cascina Merlata
Cascina Merlata, in fase di completamento su una superficie di circa 900.000 mq, è un quartiere di Milano adiacente all’ex sito espositivo di Expo 2015, oggi MIND. Nell’area c’è grande parco urbano di 250.000 mq, un plesso scolastico di 12.000 mq, Merlata Bloom Milano, il lifestyle center più grande di Milano sviluppato della società di servizi immobiliari Nhood e inaugurato a novembre 2023, oltre alle abitazioni suddivise in più lotti, di cui molte in housing sociale.
Credits: idealista – Primo lotto costruito e consegnato di Uptown
In fase di ultimazione gli ultimi lotti degli alloggi di UpTown, presentato come il primo smart district di Milano e d’Italia. Un quartiere nel quartiere pensato per le famiglie a edilizia convenzionata: si tratta dell’unico distretto a Milano e in Italia pensato per coniugare casa e lavoro, benessere e salute, oltre ad essere il primo quartiere in Italia in lizza per la certificazione GBC Quartieri. Al termine dei cantieri, il nuovo quartiere dovrebbe contare tra i 12 e 15.000 residenti.
MIND-Merlata-Progetto preliminare stazione
Prevista inoltre anche una stazione della futura Circle per servire la zona, quella di MIND-Merlata, il cui studio di fattibilità è stato da poco finanziato.
#4 Bisceglie: Seimilano, il nuovo quartiere residenziale con un parco ispirato alla Pianura Padana
Credits: boriimangiarotti.eu – SeiMilano
Il progetto di rigenerazione urbana di Sei Milano, nelle ex aree inquinate delle cave Calchi Taeggi, è in fase avanzata di realizzazione. Si trova in un’area di oltre 300.000 mq in prossimità della metro Bisceglie e prevede un nuovo quartiere multifunzionale con uffici, spazi commerciali e residenze, immerse in un parco di oltre 16 ettari. La firma è di un noto archistar italiano famoso per il Nido Verticale in Porta Nuova, Mario Cucinella.
Masterplan SeiMilano
Sono tre i settori in cui è suddiviso:
quello destinato al terziario nel nord-est dell’area;
le residenze nell’asse sud-nord e est-ovest;
il polo commerciale tra il nuovo boulevard lungo la direttrice nord-sud e via Bisceglie.
Al centro un grande parco urbano di 160.000 mq accessibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, disegnato da Michel Desvigne – Studio MDP, inserito all’interno di una catena di parchi urbani tra loro collegati da una pista ciclopedonale. Connesso al vicino Parco dei Fontanili con il quale forma una delle aree verdi più estese della città, prevede 116mila mq di tappeti erbosi, 4.100 arbusti e 2.300 alberi ad alto fusto.
La realizzazione del primo e lotto residenziale è prossimo alla conclusione, alle rifiniture la parte delle torri ad uffici Park West. Per il secondo lotto, 11 palazzi per un totale di 650 appartamenti, i lavori sono programmati in conclusione entro il 2025. Tutto il progetto tra il 2026 e il 2027.
#5 Mind: il parco scientifico tecnologico con Ospedale Galeazzi, Human Tecnnopole, Università Statale e West Gate
Credits: milanofanpage.it – Masterplan Mind
Dove c’è stata Expo2015, che accolto oltre 20 milioni di visitatori, sta sorgendo MIND ovvero Milano Innovation District. Si tratta di un Parco tematico scientifico tecnologico di 650mila metri quadrati, nel quale è previsto l’insediamento di tre importanti funzioni pubbliche prevalentemente: il nuovo polo ospedaliero IRCCS Galeazzi, il polo di ricerca per le Scienze della vita Human Technopole e il Campus dell’Università Statale.
L‘ospedale Galeazzi di 16 piani che con 90 metri è tra gli 8 più alti d’Europa, è in funzione da agosto 2022.
Credits Andrea Cherchi – Ospedale Galeazzi
Lo Human Technopole, composto a regime da 7 centri di ricerca, è già in parte operativo con Palazzo Italia ad uso ufficio amministrativi e laboratori, in costruzione il secondo building da 10 piani che lo affiancherà. Altri seguiranno nei prossimi anni, in parte rifunzionalizzando edifici costruiti per l’Expo.
Credits: startpitalia.eu – Nuovo building con Palazzo Italia sullo sfondo
Il polo scientifico dell’Università Statale che realizzerà qui il suo campus, cinque corti distribuite su una superficie di oltre 190.000 mq e circondate da cinque palazzi in mattoni, ha visto la posa della prima pietra a Ottobre 2023. Inaugurazione per l’anno accademico 2026/2027.
West Gate di Mind, rendering dal lato ovest
L’area di West Gate, sviluppata su un’area di 300.000 mq, prevede uffici e 400 appartamenti. Localizzata nella zona ovest di MIND, verrà realizzata senza l’impiego di combustibili fossili di carbonio e sarà alimentata al 100% da energia rinnovabile. Tra gli edifici previsti quelli in legno più alto d’Italia e un Mobility Hub, di 3.000 mq e con un parcheggio multipiano con 1500 posti auto tra pubblici e privati, e l’Innovation Hub.
Lo sviluppo di tutto il nuovo quartiere dovrebbe terminare entro il 2032.
#6 SoPra: la rinascita del sud della città su un’area di 125.000 mq tra Fondazione Prada e Scalo Romana, con l’arrivo LVMH, Snai e Moncler
Masterplan Symbiosis
Il progetto di Symbiosis sviluppato su un’area di 125.000 mq della società immobiliare Covivio sulla base del masterplan dello studio Antonio Citterio Patricia Viel, dovrebbe arrivare a compimento entro il 2026. Tra gli edifici in costruzione ci sono:
“Vitae” caratterizzato da una “Spirale verde”, un sentiero con una pergola di vite che sale in cima all’edificio, filari sui tetti che si alternano a terrazze e orti e serre stagionali;
la nuova sede di Snam con un edificio tre volumi sovrapposti articolati in 14 piani;
un grande parco con specchi d’acqua e persino un “Teatro Verde”;
il nuovo Hq di Moncler, nell’area retrostante la scuola internazionale.
La zona, già ribattezzata SoPra (South of Prada), vede da tempo la presenza dell’headquarter di Fastweb con la piazza Olivetti e le sue vasche d’acqua, l’ICS InternationalSchool e la nuova sede di LVMH ospitata nell’edificio D sta completando il puzzle di rigenerazione poco alla volta.
#7 Farini: il più grosso progetto di rigenerazione degli scali ferroviari con il campus dell’Accademia di Brera e il nuovo HQ Unicredit
Masterplan OMA Scalo Farini
Il progetto di trasformazione più grande tra tutti quelli che verranno rigenerati nei prossimi anni. Lo Scalo Farini è anche lo scalo più esteso a essere riqualificato, su un’area di 468.000 mq, di cui 300.000 mq destinati a parco. Al suo interno sono previste anche aree verdi diffuse, residenziale, commerciale e uffici, il campus dell’Accademia di Brera e il futuro HQ di Unicredit in uscita da Porta Nuova non prima del 2030-2035.
Il masterplan realizzato da “Agenti Climatici” del team Oma, prevede una nuova configurazione dello scalo Farini capace di raffreddare i venti caldi, provenienti da sud-ovest, e di depurare l’aria dalle particelle più tossiche grazie alla presenza del parco di 300 mila metri quadrati. A questo si aggiungono servizi e 1.800 alloggi di edilizia convenzionata.
Rendering del distaccamento dell’Accademia di Brera
Gli edifici attualmente presenti nello scalo saranno riqualificati, sono previsti:
una promenade;
una ciclofficina;
una “corte aperta” per lo scambio culturale tra studenti, docenti e visitatori del quartiere;
uno spazio eventi e concerti e un “Giardino d’Inverno” con all’interno un’area per le startup;
dentro un edificio preesistente, riqualificato e rimodulato, lo spazio destinato al Campus delle Arti dell’Accademia di Brera su una superficie complessiva a regime di 15.000 metri quadrati per 1.800 studenti. I lavori di quest’ultimo sono partiti nell’estate del 2022 per terminare entro la fine del 2025.
Il masterplan rappresenta solamente una base di partenza da sviluppare a moduli in funzione delle necessità del contesto storico e degli scenari immobiliari al momento del suo completo sviluppo.
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Uno studio coordinato dalla paleopatologa Lucie Biehler-Gomez per il Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano, e pubblicato su Scientific Reports, ha portato a dei risultati sorprendenti. Scopriamo quali sono.
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Milano: come è cambiata l’altezza dei milanesi negli ultimi duemila anni? I risultati a sorpresa
# Negli ultimi 2000 anni l’altezza media dei milanesi… è rimasta uguale!
Credits dimitrisvetsikas1969-pixabay – Milano via Dante
Uno studio coordinato dalla paleopatologa Lucie Biehler-Gomez per il Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano, e pubblicato su Scientific Reports, ha portato alla conclusione che nell’arco degli ultimi 2.000 anni l’altezza media dei milanesi è rimasta uguale: 168,5 centimetri per gli uomini, con valori compresi tra 152cm e 195.4cm, e 157,8 centimetri per le donne, con valori compresi 143.5cm a 177.6cm. Il risultato è stato ottenuto analizzando i resti di 549 individui sepolti a Milano e di Milano dall’età Romana ai nostri giorni, oltre 50 scheletri maschili e 50 femminili per ogni periodo storico appartenenti ad un ceto medio basso e possibilmente civili.
# Nelle città europee un andamento diverso: siamo ai massimi nell’età contemporanea
Credits DUOTONE_-pixabay – Parigi dall’alto
Lo studio certifica anche come nel capoluogo lombardo si sia registrato un andamento diverso, una linea retta, rispetto alle altre indagini fatte in Europa dove invece il fenomeno ha avuto una forma ad U: valori più alti in età Romana e nell’Alto Medioevo, significativamente più bassi tra Basso Medioevo e età Moderna e poi di nuovo più alti nell’età Contemporanea. Tra le motivazioni più probabili sono state indicate la ricchezza del territorio e le mura difensive della città che hanno permesso di mantenere condizioni di vita migliori in maniera costante.
# Il confronto con il resto d’Italia: milanesi dietro a friulani e veneti, davanti a tutti gli altri
Credits marantoni2004-pixabay – Trieste
Eppure se si guardano gli ultimissimi dati, calcolati sui più giovani, le cose sembrano cambiare anche per Milano. L’altezza media dei nati maschi a Milano nell’anno 2000 raggiunge i 177 centimetri. Un numero che consente di mettere dietro in Italia le città di Bologna, Firenze e Genova con 1,76, Roma con 1,75, Torino con 1,74 e Bari e Napoli con 1,73. Non arrivano a questa misura sardi, calabresi e siciliani.
Davanti agli abitanti del capoluogo lombardo ci sono veneti, trentini e soprattutto i friulani che con una media di 180 centimetri sono i più alti d’Italia.
# I milanesi sono più alti dei francesi, ma più bassi degli spagnoli
Credits WikiImages -pixabay – Mondo
Nel raffronto con il resto del mondo ci vede più alti invece di francesi con 176 centimetri, estoni e svizzeri con 175, canadesi con 174, cinesi con 173, brasiliani con 169, nigeriani con 163 e indiani con 161. Alla stessa altezza media troviamo invece i cittadini degli Stati Uniti, della Russia e della Australia.
I milanesi sono invece superati dagli austriaci e tedeschi con 179 centimetri, danesi e finlandesi con 180, islandesi e svedesi con 181 e olandesi con 185. Tra le sorprese troviamo sono la Corea del Sud dove è stata registrata un’altezza media di 178 centimetri, i greci e gli spagnoli con 180 e gli spilungoni del Montenegro con 185.
A Milano si viaggia in tram, per andare a fare compere, per raggiungere amici, posti di lavoro, destinazioni vicine e lontane dalla propria zona, ma a volte anche solo per fare un giro sul tram più antico del mondo in utilizzo di linea.
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Il tram più antico del mondo è a Milano
# I 150 highlander
Credits: pixabay.com
La linea tramviaria di Milano è composta da diciassette linee urbane: la serie più antica ancora in circolo di mezzi è il “tram tipo 1928”, 502 tram costruiti tra il 1928 e il 1932, di cui 150 solcano ancora le vie centrali della città. Oggi la linea 1 ospita questi mezzi di trasporto, colorati con i caratteristici giallo e panna, con strutture interne in legno, forme spigolose e una cabina sollevata da terra, accessibile solo tramite un gradino.
Si tratta di un autentico pezzo da museo: infatti uno di questi è esposto al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia insieme a una collezione storica che comprende altri celebri mezzi del trasporto urbano, come l’Omnibus a cavalli e il Gamba de Legn. Eppure questi “pezzi da museo” girano ancora per il centro della città, offrendo una visuale dei luoghi storici di Milano tramite i grandi finestroni, e garantendo il servizio quotidiano di mobilità pubblica.
I tram milanesi sono arrivati anche a San Francisco, ma il 1928 si trova solo a Milano, a bordo si respira un’aria vintage e si attraversa la storia della città attraverso il centro.
Certamente dall’inizio del Novecento sono cambiate diverse cose: oggi i biglietti si timbrano in macchine elettriche arancioni, che possono registrare anche l’accesso tramite tessere magnetiche. Le linee tramviarie odierne sono di 4 o 5 tipi diversi e alcune sono molto moderne, con linee sinuose, un accesso a livello della strada e sedute in plastica più comode di quelle della linea 1.
I tram milanesi hanno diverse caratteristiche a seconda dell’epoca in cui sono stati realizzati, colori, sedute, appigli, ogni serie di mezzi ha una caratteristica riconoscibile e unica. Il tipo 1928 è la linea vintage che permette di fare un viaggio nel tempo comodamente seduti su panchine di legno, il suo aspetto retrò deve però fare i conti con l’assenza di aria condizionata e altre comodità più tecnologiche, necessarie nel periodo odierno.
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Se si confronta Milano con le città d’arte italiane, uno dei maggiori punti di debolezza sono le piazze. Perché alcune sono davvero davvero brutte. E pensare che valorizzandole potrebbero diventare le più intriganti. Vediamo quali. E soprattutto come.
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Le «7 piazze più brutte di Milano»: le idee per renderle le più interessanti della città
#1 Piazzale Porta Genova: da groviglio urbano a «piazza della confusione creativa»
Credits paolavignelli IG – Piazzale Stazione Porta Genova
L’urbanistica tattica mirava a ridare dignità a una delle piazze peggio tenute della città, quella di fronte alla stazione di Porta Genova. La creazione di una piccola area pedonale, con disegni colorati di vernice sull’asfalto e vasi con piante a delimitarne il perimetro, non solo non ha migliorato l’estetica del piazzale ma ha reso il traffico della zona un inferno.
L’idea per il futuro? «La piazza della confusione creativa». Una delle piazze più caotiche e confuse di Milano potrebbe trasformare questo suo punto di debolezza in un fattore di forza. Si dovrebbe accentuare ancora di più la confusione di elementi, ad esempio con installazioni alla Cattelan, neon esagerati, animazioni. Senza considerare il ruolo centrale di cosa verrà fatto al posto della Stazione di Porta Genova ormai in fase di demolizione. Potrebbe diventare una specie di Beaubourg.
#2 Piazzale Cantore: da snodo anonimo a «porta della Darsena»
Credits maritzaromero1234 IG – Piazzale Cantore
Più che una piazza è uno snodo viabilistico intricato, senza una logica nemmeno dal punto di vista dei materiali utilizzati. In parte asfalto, in parte pietra, con auto parcheggiate a vanvera e tag diffuse sulle pareti dei palazzi circostanti. Anch’essi piuttosto brutti, peraltro.
L’idea per il futuro? «La porta della Darsena». E pensare che si trova in una posizione magnifica. All’imbocco della Darsena, raccordo tra il centro e la zona Solari. Da snodo dovrebbe tirare fuori il suo protagonismo diventando la porta d’accesso della Darsena. Si dovrebbero inserire elementi che attestino questo suo rinnovato ruolo, mettendo in competizione le migliori archistar.
#3 Piazzale Selinunte: da luogo insozzato a «medina di Milano»
Credits ellefilios IG – Piazzale Selinunte
Non è solo una delle piazze più brutte di Milano: Piazza Selinunte è anche tra le più pericolose di Milano. Si trova al centro del “quadrilatero dell’illegalità“, il quartiere popolare di San Siro con massiccia presenza di immigrati, dove furti, spaccio e rapine sono all’ordine del giorno. Non è tanto la piazza in sé ad essere inguardabile, quanto gli edifici attorno: scrostati, sporchi e pieni di graffiti. Lungo le strade colme di sudiciume.
L’idea per il futuro? «La medina di Milano». Il modello lo abbiamo a casa nostra. A qualche chilometro di distanza. Chinatown. Altra zona inizialmente esclusiva di immigrati in cerca di fortuna ha saputo trasformare questo suo elemento critico in uno straordinario fattore di attrazione. Perché non replicare il modello anche a Piazza Selinunte e alle strade adiacenti? Dovrebbe essere il luogo che valorizza al meglio la migliore cultura araba, quella che attira in città come Marrakesh, Dubai, Abu Dhabi o Casablanca, persone da tutto il mondo.
#4 Piazzale Lagosta: da spazio orribile a «Isola Square»
Credits Andrea Cherchi – Piazzale Lagosta
Nel quartiere più “cool” di Milano (l’Isola) c’è la piazza più sfigata. Difficile anche definirla piazza. Uno spazio irrisolto e senza identità. Piazzale Lagosta con il mercato comunale al centrocircondato solo da asfalto, oltre alle case popolari occupate o in attesa di riqualificazione che vi affacciano, è tra i più orrendi della città. Pure la circolazione è caotica.
L’idea per il futuro? «Isola Square». Anche in questo caso la soluzione è davanti ai nostri occhi. Piazzale Ferrara dovrebbe trasformarsi nella piazza simbolo di Isola, anche perchè si tratta dell’unica di una certa dimensione. Si dovrebbe osare portando la circolazione o sottoterra o sospesa in aria, rendendo così la piazza pedonale, valorizzando con luci e installazioni il mercato, e inserendo lungo la piazza gli elementi più distintivi di un quartiere già entrato nel mito.
#5 Piazzale Zavattari: da deserto pedonale a «disco-piazza sospesa»
Piazzale Zavattari 12
Si sono fatti molti sforzi ultimamente. Con murales, il rifacimento dell’aiuola al centro e in itinere con i lavori della preferenziale della 90/91. Ma la sensazione per chi la percorra resta invariata. Si tratta di un punto nevralgico per il traffico ma ostile all’estetica e alla vita di chi la abita. Assenza di pedoni. E anche i negozi attorno piangono miseria. Allora che fare?
L’idea per il futuro? «La disco-piazza sospesa». Sembra assurdo vederla ridotta così considerando dove si trova. E’ un raccordo tra la Milano ruggente del quartiere ex Fiera, con Citylife e il quartiere gioiellino delle ville color pastello, e l’immensa area di San Siro. Anche in questo caso la soluzione è semplicemente trasformarla da semplice nodo autostradale a luogo di connessione tra due tra le zone più vitali di Milano. Come? Agendo su due livelli. Auto in superficie e collegamenti bici-pedonali sollevati. Una piazza sospesa, dove a quel punto le auto sono nascoste sotto un disco ricco di verde e di persone.
#6 Piazzale Cuoco: da campo degradato a «piazza delle periferie»
Piazzale Cuoco
Tristemente famoso per il mercatino di oggetti rubati, più volte sgomberato e poi riapparso, in una vicina area privata che si estende a ridosso di viale Puglia. Una brutta immagine per chi arriva a Milano da sud.
L’idea per il futuro? «La piazza delle periferie». Dovrebbe diventare per le periferie quello che il Duomo era, almeno un tempo, per il centro. Un punto di riferimento per aggiornare in tempo reale tutto il meglio che avviene nella cintura dei quartieri periferici. Dovrebbe essere uno spazio permanente di eventi vetrina. Ogni giorno l’appuntamento più interessante in programma in una periferia di Milano dovrebbe essere risaltato in questa piazza. Dai concerti alle manifestazioni sportive, dai mercati alle iniziative culturali.
#7 Piazza Gino Valle: da gigantesco non-luogo a «Live Square» di Milano
Credits zubackis IG – Piazza Gino Valle
Piazza Gino Valle è la più grande di Milano. Eppure Milano la ignora e la tiene emarginata tra le novità urbanistiche degli ultimi venti anni per due ragioni. La prima è quella di essere un “non luogo” o comunque una zona di passaggio, servendo solo le aziende circostanti e le persone dirette al parco del Portello. La seconda è di essere un’enorme distesa di mattonelle in pietrasenza nemmeno una piccola aiuola o qualche arbusto a fare ombra e rinfrescare durante l’estate e a renderla meno asettica.
L’idea per il futuro? «Live Square». Bisogna dare vita alla piazza più morta di Milano. Come? Utilizzando i suoi spazi immensi per trasformarla nel tempio degli eventi dal vivo. Dai concertoni agli show, tutti i grandi appuntamenti che di solito si tengono in piazza Duomo si dovrebbero portare qui.
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